Il lavoro logora chi non ce l’ha!!
Il motto andreottiano riferito al “potere” si adatta a meraviglia anche al mondo del lavoro.
Sono stati scritti fiumi di articoli sull’opportunità o meno di continuare l’impegno lavorativo oltre
la pensione, con ponderate disquisizioni mediche elaborate da luminari del settore che
dimostrano i notevoli benefici che l’attività intellettuale e fisica apporta al sistema cerebrale,
allontanando i pericoli di malattie terribili, quali l’Alzheimer ed il morbo di Parkinson.
Non mancano esempi illustri tra i quali spicca, in primis quello di Rita Levi Montalcini, il premio
Nobel 1986 per la medicina, in relazione alla scoperta del “fattore di crescita nervoso”, nominata
senatrice a vita ed approdata, quest’anno, al secolo di vita.
Con la Montalcini, Montanelli, gli artisti nelle varie discipline, i politici, la cui filosofia di vita
insegna che la pensione, pur costituendo un momento importante e fondamentale, deve essere
mentalmente considerata alla stessa stregua di una fase meramente amministrativa che non
condizioni più di tanto la cosiddetta “Terza età”.
Proprio la terza età dovrebbe essere interpretata in termini creativi, tendendo a svolgere attività
che, oltre per se stessi, rivestano risvolti positivi anche per la collettività, mantenendo vitale
quell’indispensabile senso di utilità che ognuno di noi avverte, o ha avvertito, durante il lavoro
attivo.
Molte volte la pensione è sinonimo di perdita del potere esercitato durante il servizio: è il caso
emblematico dei magistrati che vengono collocati a riposo a 70 anni, con facoltà di permanere in
servizio fino ai 75.
Ebbene, questa è una categoria che registra uno degli indici di mortalità più alti nel periodo
immediatamente successivo alla data di pensionamento.
Traetene le conclusioni voi stessi!
Si innestano, in questi ragionamenti, i comportamenti ondivaghi e contraddittori del Governo,
inteso come entità istituzionale, sia esso di destra, di centro o di sinistra.
Da una parte, autorevoli rappresentanti – governatore della Banca d’Italia compreso – auspicano
a più riprese l’elevazione dell’età pensionabile, supportandola con l’esigenza di riequilibrio
rispetto agli altri stati componenti della UE che già vantano limiti più alti, con la sempre più lunga
aspettativa di vita, con la necessità di non appesantire i conti del sistema previdenziale riguardo
alla sua sostenibilità finanziaria.
Dall’altra parte, si mettono in atto, specialmente nel Pubblico Impiego, iniziative legislative (vedi
ad es. legge 133/2008) finalizzate alla riduzione del personale in servizio, limitando al massimo i
casi di trattenimento in servizio dai 65 ai 67anni, nonché quelli con anzianità contributiva di 40
anni.
La morale finale è che la classe politica del nostro paese dovrebbe cominciare a monitorare e
programmare le potenzialità, utilizzandole al meglio, dell’enorme area degli over 65, in continuo
aumento (dal 19,5% del 2005 al previsto 33,6% del 2050).
Programmare in questo campo significa individuare i settori di utilizzazione, dai no-profit a quelli
part-time sia amministrativi che industriali, tesorizzando la consolidata esperienza delle
generazioni in questione, ponendole in parallelo e/o affiancamento ai lavoratori emergenti.
Nesci Denis Domenico
Segretario Nazionale SNAP-FNA