RITA LEVI MONTALCINI
Premio Nobel 1986 per la Medicina
Nata a Torino il 22 aprile 1909, Rita Levi Montalcini fin da bambina cercò di imporre la sua
passione per lo studio e il suo forte senso di indipendenza contro la severità del padre e
l'austerità delle tradizioni familiari.
Conseguita la maturità classica, fu spinta verso la medicina dalla dolorosa esperienza della
malattia e della morte di una persona a lei molto cara.
Nel 1938, a seguito del Manifesto sulla razza, fu costretta a lasciare il suo lavoro in ospedale e
a ripiegare sull'impegno nel
laboratorio allestito in casa. Nella cattiva sorte Rita Levi Montalcini ebbe la fortuna di trovare la
sua vera vocazione: la ricerca pura. A questa vocazione si dedicò con passione, canalizzandovi
tutta la sua vita affettiva e sentimentale, senza alcun rimpianto.
Tornata in Italia dopo l'invasione tedesca del Belgio, dove si era rifugiata, ritrovò il suo
illuminato mentore, Giuseppe Levi, che l'aveva indirizzata allo studio dell sistema nervoso.
Durante la guerra si era rifugiata a Firenze, dove si nascose per poi aderire alla lotta
partigiana, aiutando i compagni nella falsificazione dei documenti. Dopo la guerra tornò a
Torino per lavorare all'Istituto di Anatomia del professor Levi, accanto a Salvador Luria e
Renato Dulbecco, fino a quando non fu invitata dal prof. Viktor Hamburger a continuare i suoi
esperimenti di neuroembriologia a Saint Louis, per un periodo di sei mesi. Vi rimase venti anni,
messi a frutto nell'inseguimento e nella realizzazione del suo sogno: dimostrare che esiste un
fattore specifico che determina la crescita dei neuroni. E la scoperta arrivò puntuale, alla fine
degli anni cinquanta, così come la sua verifica, tra novembre e dicembre del 1952, a Rio de
Janeiro, mescolando cellule nervose e cellule tumorali.
Ma la lontananza non ha impedito a Rita Levi Montalcini di sentire sempre pressante e forte il
richiamo degli affetti e delle persone a lei più care e proprio questo intenso legame con la
famiglia la riportò in Italia, prima saltuariamente, infine definitivamente (1961-1969).
La sua équipe di ricercatori perfezionò le tecniche per la purificazione del NGF (fattore di
crescita dei neuroni) studiando le ghiandole salivari di topo e la sua identificazione in una
molecola scevra di contaminanti. Il metodo, una volta rifinito in ogni dettaglio, permise, due
anni dopo (1971), di rendere nota la struttura primaria del NGF e, dodici anni più tardi (1983),
consentì a due gruppi di ricerca statunitensi di identificare il gene che programma la sintesi di
questa molecola in molte specie animali e nell'uomo. Nel luglio del 1979 la ricercatrice torinese
lasciò la direzione dell'IBC per raggiunti limiti di età, ma continua a svolgervi quotidianamente
il suo lavoro. Oltre ai suoi lavori scientifici ha pubblicato: Elogio dell'imperfezione (Garzanti,
Milano 1987).
Persona di estrema riservatezza, sensibilità e indipendenza, Rita Levi Montalcini non sembrò
emozionarsi più di tanto neanche il giorno in cui, il 10 dicembre 1986, ricevette a Stoccolma il
Nobel per la Medicina, che invece ha rappresentato il coronamento di una delle ragioni di fondo
della sua esistenza, la ricerca e la scoperta di una porzione anche infinitesimale di verità in
quel grande mistero che sono ancora oggi l'uomo e la sua mente. Sulla strada della ricerca di
queste verità, Rita Levi Montalcini sembra essere ansiosa di riscattare l'uomo dal prevalere
delle sue qualità emotive, che in tante tragiche circostanze ne hanno segnato e degradato il
cammino, per restituirlo puro alle sue facoltà cognitive, le sole in grado di generare insieme
"virtute e conoscenza".