VITA E OPERE DI HAROLD PINTER
STAGIONE 2015 2016
TRADIMENTI
di Harold Pinter
Libretto di sala a cura di Claudia Braida
Giovedì 14 gennaio 2016
Ore 21.00
Drammaturgo,
attore,
regista e sceneggiatore
cinematografico, H. Pinter
nacque a Hackney (Londra)
il 10 ottobre 1930. Figlio di
un sarto di origine ebrea
sefardita,
dopo
aver
frequentato per breve
tempo la Royal Academy of
Dramatic Arts di Londra,
iniziò a recitare con il nome d'arte di David Baron. Esordì come autore
con l'atto unico The room (1957), cui seguirono The birthday party
(1958), The dumb waiter (1959), i radiodrammi A slight ache (1959) e A
night out (1960), e The caretaker (1960), il primo dei suoi lavori accolto
con favore dalla critica. Riconosciuto come una delle voci più originali
della nuova drammaturgia inglese, applaudito come interprete e regista,
non solo dei propri testi, P. ha lavorato anche nel cinema scrivendo
sceneggiature per I. Losey (The servant, 1963, Il servo), E. Kazan, K. Reisz
(The French lieutenant's woman, 1981, La donna del tenente francese),
P. Schrader e altri. A coronamento di una lunga serie di riconoscimenti,
nel 2005 gli è stato conferito il premio Nobel per la letteratura, per aver
saputo svelare nelle sue opere - recita la motivazione ufficiale - "il
baratro nascosto sotto le chiacchiere di ogni giorno" costringendoci "a
entrare nelle chiuse stanze dell'oppressione". Nel discorso inviato
all'Accademia svedese in quell'occasione, ribadendo la necessaria
distinzione tra il diritto all'ambiguità dell'arte e il dovere della verità
nell'azione pubblica, P. ha svolto una dura requisitoria contro la politica
estera degli Stati Uniti e il ricorso alla guerra.
Dopo le prime commedie che si caratterizzano per alcune forti
ambientazioni sottoproletarie e situazioni claustrofobiche (si pensi ai
due killer professionisti di The dumb waiter, o al barbone che tenta
d'installarsi come guardiano nello squallido appartamento dei due
fratelli Aston e Mick in The caretaker; e si vedano The room e A slight
ache, dove luoghi intimi e domestici stanno
per essere violati dall'irrompere di una
minaccia esterna tanto improvvisa quanto
inesplicabile), P. ha via via privilegiato
ambienti borghesi e intellettuali, senza mai
smentire la sua propensione a una
drammaturgia disturbante, che non offre
allo spettatore né la gratificante
indignazione del teatro di denuncia, né la
sorridente evasione della commedia
d'intreccio e piuttosto rinvia alle atmosfere
enigmatiche di S. Beckett e di F. Kafka.
Nascono così i drammi maggiori, teatrali e
televisivi, in cui l'ambiguità di rapporti,
segnati spesso dall'ombra di un passato
misterioso, le fedi tradite e i fallimenti,
trovano espressione in dialoghi magistralmente orchestrati sui toni del
parlato, ricchi di equivoci, fraintendimenti, inconcludenze: The lover
(1963), dove Sarah e Richard riescono a trovare il loro equilibrio di
coppia solo fingendo reciprocamente di essere l'uno l'amante dell'altro;
Tea party (1965); The homecoming (1965), un testo tanto imbarazzante
nella sua improbabile conclusione quanto drammaturgicamente
efficace; The basement (1967); Silence (1969); Old times (1971);
Monologue (1973); No man's land (1975) e il complesso Betrayal (1978).
Seguono The hothouse, feroce satira delle istituzioni manicomiali scritta
nel 1958 e rappresentata nel 1980; A kind of Alaska (1982); Victoria
Station (1982), una delle più felici realizzazioni del tipo di situazioni e di
dialoghi assurdi per cui si è coniato il termine pinteresque; i durissimi
One for the road (1984) e Mountain language (1988), dove la dialettica
di violenza e asservimento che sottende gran parte del teatro di Pinter
assume le forme del delirio poliziesco contro qualunque forma di
opposizione; Party time (1991), che affronta la stessa tematica in un
contesto di artefatta mondanità. Tornato ai suoi modi più classici, dopo
Moonlight (1993), dolente riflessione sul tema della morte, e Ashes to
ashes (1996), in cui la violenza della passione s'incrocia con l'esperienza
della Shoah, con Celebration (2000) P. ha fornito una travolgente satira
dei nuovi ricchi e della loro pericolosa ideologia.
Tra le altre sue opere vanno ricordati anche il romanzo giovanile The
dwarfs (1990; trad. it. 1993), da cui è tratto il dramma omonimo del
1960, e i non pochi scritti poetici (da Poems, 1968, a War, 2003;
disponibile in italiano la silloge Poesie d'amore, di silenzio, di guerra,
2006) e narrativi (Collected poems and prose, 1986).
Luigi M. Cesaretti Salvi
TRADIMENTO DEL TEMPO E INFEDELTA’ DELLA MEMORIA IN
BETRAYAL
L’idea stessa di un testo per il teatro pone il lettore/spettatore di fronte
a considerazioni sulla sua dimensione temporale e sul rapporto che
s’instaura tra scena e scena, o all’interno stesso di una di esse. Tutta la
speculazione attuata nei secoli riguardo a una teoria dell’arte
drammatica discende dai precetti della Poetica di Aristotele, che
forniscono uno schema tripartito – composto di tragedia, epopea e
commedia – entro cui circoscrivere le possibilità mimetiche e catartiche
dei testi letterari: tuttavia, nonostante la canonica tripartizione delle
unità – che tanto ebbe successo nel corso dei secoli – nella Poetica viene
citata unicamente l’unità d’azione. Se, dunque, le unità di tempo e luogo
sono preferibili ma non necessarie, ecco che il discorso sul genere
drammatico si fa più aperto a considerazioni particolari, da valutare di
caso in caso, piuttosto che a definizioni astratte e generalizzanti.
Riguardo al caso specifico di un’organizzazione inconsueta dei piani
temporali, emblematico è
Betrayal, testo drammatico di Harold Pinter del 1978; esso narra della
relazione extraconiugale di Jerry ed Emma, che si protrae per sette anni
a discapito di Robert, marito di Emma e migliore amico di Jerry. La
vicenda è, sull’onda strutturalista, sintetizzabile in un ampliamento
dell’espressione “X tradisce Y”, poiché Pinter sfrutta questo nucleo
centrale per incanalarvi
una serie di ulteriori
inganni:
così,
Emma
tradisce Robert con Jerry (e
viceversa), Jerry tradisce
Judith, la moglie, con
Emma; Robert tradisce la
moglie, e inganna Jerry nel
non rivelargli che Emma gli
ha confessato della loro
tresca anni prima: anche
Emma, dunque, tradisce
Jerry. Ma non finisce qui:
dopo la prima scena
sapremo già che Emma è,
al 1977, amante di Casey,
lo scrittore pubblicato da Robert e scoperto da Jerry; lo stesso scrittore
che, nel corso (o ricorso?) della vicenda viene giudicato disonesto dai
due e banale da lei. Ci si trova, dunque, di fronte a una fitta serie
d’inganni e voltafaccia.
Come riferisce lo stesso Pinter, tuttavia, l’opera non va giudicata
semplicemente in relazione alle superficiali nozioni di amore e fedeltà;
Betrayal ha come motivo portante la memoria collettiva piuttosto che la
verità, e la ricerca di un’identità piuttosto che quella (nel presente o nel
passato) di un amore. Attraverso questo ménage à trois, Pinter
schematizza il difficile rapporto che ciascuno instaura con l’altro,
generando immagini di sé differenti a ogni incontro e su ogni piano
temporale; inoltre, illustra il meccanismo memoriale che ogni soggetto
instaura con la propria materia passata, con la quale dispone di un
rapporto di mutuale infedeltà.
Quest’ultima riflessione è sintetizzata in maniera efficace da Dario
Calimani: “Betrayal è il tradimento della memoria che cancella e
rimuove i ricordi; è il tradimento del passato a opera del presente; il
tradimento del tempo che cambia il significato delle cose, dei
sentimenti, delle persone, e delude le aspettative dell’uomo, le sue
speranze, le sue illusioni; è il tradimento della ragione che spinge
l’individuo a giustificare per sé l’uso di una doppia morale; è il
tradimento della realtà, nelle mezze verità/mezze bugie a cui porta
l’intricata trama di inganni tessuta dai personaggi”.
O, come viene osservato da Piermario Vescovo: “Il tradimento è una
forma della memoria che agisce a un livello ben più profondo,
inevitabile perché involontario, rispetto alla trama superficiale
dell’esercizio della volontà di dire il falso o di nascondere”.
L’opera si struttura come un più o meno regolare ricorso a flashback
sulla vita di Jerry, Robert ed Emma; il loro statuto è quello di personaggi
relativi, in quanto giustificano la loro presenza attraverso il rapporto con
gli altri; anzi, potremmo dire che questi sono giustificati a esistere
unicamente in base alle relazioni – benché contraddittorie – che legano
e hanno legato l’uno all’altro, in un gioco che si ricrea dal principio in
ogni tempo presentato nel corso del dramma. Appare dunque evidente
una tendenza alla manipolazione del ricordo, presa come simbolo della
labilità della memoria, di stampo proustiano; difatti, la fragile memoria
dei personaggi sta alla base del tradimento che essi perpetrano nei
confronti di se stessi e delle proprie vite. Un’ulteriore citazione da
Calimani esprime efficacemente questo concetto: “Il ricorso ai flashback
costituisce il tradimento dell’aspettativa di una struttura drammatica
lineare, e quando il dramma si chiude sull’inizio della storia d’amore tra
Jerry ed Emma, si ha chiara in mente tutta la povertà spirituale dei
piccoli inganni che seguiranno e l’ipocrisia di ogni nuovo inizio”.
Pinter applica dunque una forza uguale e contraria alla linearità degli
eventi, alterando le sequenze temporali, seguendo quasi una
retrocessione regolare. Il testo si compone di nove scene, durante le
quali si applica una catarsi capovolta: partendo da una risoluzione –
rappresentata dalla prima scena, che, secondo l’ordine cronologico, è la
più avanzata nel tempo – prendiamo progressivamente coscienza della
situazione man mano che la vicenda si riavvolge.
L’intento di Pinter è proprio quello di ricreare un tempo che sia insieme
assoluto e relativo: un tempo della storia (o dovremmo dire delle
storie?), a cavallo tra un presente inafferrabile e un passato mutevole,
che si rapporta con se stesso – in quanto definisce, in sé uno statuto
ancora non tradito e proiettabile nel futuro (un tempo del mito) – ma,
contemporaneamente, anche con gli altri tempi che costituiscono la
vicenda – che testimoniano il progressivo tradimento di se stessi. Quello
che Pinter compie, nei confronti del tempo e dei personaggi, è una sorta
di mise en abyme: temporalità e soggetti generano, ogni scena, una
trama principale proiettabile su di un piano futuro, che esiste ed è
valutata soltanto in relazione alla precedente – che il lettore conosce
grazie al procedimento retrogrado del testo. Un quesito permane, dopo
una considerazione del genere: è questa una vera e propria mise en
abyme, o è piuttosto il suo capovolgimento? Il gioco di specchi è,
probabilmente, da seguire verso il punto di fuga, il più lontano possibile
da ogni catarsi, da ogni salvezza.
Massimiliano Cappello
rilievo ad uno dei settori
fondamentali per una
casa di produzione: la
ricerca e lo sviluppo.
Produce
nel
2006
“SoloMetro”, commedia
diretta dal regista Marco Cucurnia, il quale ha maturato un’esperienza di
circa 10 anni in qualità di aiuto regista del maestro Mario Monicelli; nel
2007 produce invece, in collaborazione con RAI CINEMA, il film “L’uomo
giusto”, diretto da Toni Trupia.
Sempre nel 2007 si è occupata della pre-produzione del film di Michele
Placido sul ’68 “Il grande sogno” e nel 2012 produce (con RAI CINEMA,
Trentini Film Commissione in coproduzione con Mandragora) il film
lungometraggio “ITAKER”, con Michele Placido e Francesco Scianna, per
la regia di Toni Trupia.
Dal 2012 “Goldenart Production” estende la sua competenza ideando
un programma teatrale che mira alla ricerca e alla sperimentazione di
nuovi stili di rappresentazione. Intende quindi creare un’officina di
giovani talenti che consenta lo scambio generazionale che sta alla base
del rinnovamento del nostro patrimonio culturale.
La regia
LA MESSA IN SCENA
La produzione
La casa di Produzione “Goldenart Production” nasce con il nome “Metro
Golden Minor” nel 2004, fondata dall’attrice Federica Vincenti,
diplomata alla Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico”
di Roma. Ha già prodotto lungometraggi e numerosi spettacoli teatrali.
“Goldenart Production” è strutturata sin dall’inizio per dare maggior
Michele Placido, dopo aver frequentato l'Accademia d'Arte Drammatica
di Roma, inizia la carriera alternando teatro e cinema. Sul palcoscenico
lavora con registi come Ronconi, Strehler e Patroni Griffi. La sua prima
interpretazione di successo al cinema è, nel 1974, "Romanzo popolare"
di Monicelli. Ma la popolarità, anche internazionale, arriva con il ruolo
del commissario Cattani de "La piovra" che interpreta dalla prima serie
nel 1984 fino alla 4° nel 1989 in cui viene ucciso anche perché Placido
non vuole rimanere legato al suo personaggio. Nello stesso anno
esordisce alla regia con "Pummarò", cui seguono "Le amiche del cuore"
(1992), "Un eroe borghese" (1995, che gli è valso un David speciale),
"Del perduto amore" (1998). Continua
la sua attività di attore e la alterna a
quella di regista-autore. Nel 2002
presenta alla Mostra del cinema di
Venezia "Un viaggio chiamato amore"
e nel 2004 lo sfortunato "Ovunque
sei". Nel 2005 ha grande successo con
"Romanzo criminale", tratto dal best
seller di Giancarlo Di Cataldo, storia
della banda della Magliana, grande
successo in Italia e ottimamente
accolto anche alla Berlinale 2006;
seguono Il grande sogno (2009), film
sul '68 parzialmente autobiografico,
presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, Vallanzasca Gli angeli del male (2010), sulla storia del bandito Renato Vallanzasca, Il
cecchino (2012) e La scelta (2015).
Nel 2008 riceve il Premio Città dei Cavalieri di Malta. Nel 2009 il Premio
Federico Fellini 8 1/2 per l'eccellenza artistica al Bif&st di Bari e nel 2011
il Premio per i 40 anni di carriera dal Foggia Film Festival.
“Leggendo la commedia di Pinter, che va a ritroso dal 1977 al 1968, con i
miei attori Angiolini, Scianna e Biscione, abbiamo fatto un gioco, cioè
leggerla dall’ultima scena, che si svolge appunto nel 1968, per poi
procedere fino al 1977. È chiaro che Pinter si diverte a spiazzare il
lettore/spettatore con il gioco a ritroso, partendo da un dialogo che
segna la fine del sentimento che coinvolge i tre protagonisti e che si
svolge in un bar nell’anno 1977. Scena che, appunto, segna l’inizio della
commedia e che prosegue andando indietro negli anni fino alla
bellissima descrizione della festa in pieno stile sessantottino, con alcool e
droghe leggere, ambientata a casa di Robert ed Emma, in cui Jerry tenta
di sedurre la moglie dell’amico Robert. La riflessione che ho raccontato
ai miei attori è che il Sessantotto cambiò e rivoluzionò il comportamento
di un’intera generazione di giovani, come giovani sono appunto i tre
protagonisti della festicciola che segna l’inizio di un tacito ménage a
trois. Ora, essendo stato personalmente coinvolto in quegli anni
sessantottini (avevo 22-23 anni) sia da un punto di vista politico che
sentimentale, mi sono confessato e rivelato agli attori della compagnia,
raccontando il mio Sessantotto e come la commedia di Pinter mi abbia
toccato anche da un punto di vista autobiografico. Ho raccontato di una
personale parabola sentimentale e politica e di come quegli amori
di gruppo, la libertà sessuale, le prime trasgressioni i furori rivoluzionari
siano stati poi, negli anni a venire, traditi e a volte falliti miseramente. La
storia di quegli anni parla, e non solo per me, di amori finiti, ma
soprattutto di tradimenti politici, ideologici e sociali. Ecco, sì, forse
questo testo si può leggere non solo come la fine di una storia d’amore
più o meno grande, ma anche come un totale fallimento di un’utopia
rivoluzionaria che voleva migliorare e cambiare il pensiero occidentale.
E, proprio come nel testo di Pinter, anch’io, che facevo parte di quella
generazione, mi ritrovo oggi di nuovo punto e accapo.”
Michele Placido
Gli attori
Ambra Angiolini Attrice,
cantante,
conduttrice
radiofonica e televisiva,
nasce a Roma e, a soli
quindici anni, esordisce sul
piccolo
schermo
nel
varietà estivo di Canale 5
"Bulli & Pupe", diretto da
Gianni
Boncompagni.
Appena un mese dopo, quest'ultimo la include nel cast della seconda
edizione di "Non è la Rai", programma diventato un vero e proprio
fenomeno di costume, nel quale si ritaglia via via uno spazio maggiore,
fino a conquistare, nella terza edizione, la conduzione dell'intero
spettacolo. Durante la quarta edizione dello show, Ambra debutta come
cantante con l'album "T'appartengo", che solo in Italia vende 370.000
copie e vince tre Dischi di Platino e un Disco d'Oro. Per tutti gli anni 90 e
oltre, la Angiolini continua con la musica e la televisione, sommando a
queste esperienze la radio ("40 gradi all'Ambra", "Luci e Ambre") e il
teatro, a cui si accosta per la prima volta nel 2000, recitando nella
commedia di Plauto "I Menecmi". L’esordio cinematografico avviene
grazie a Ferzan Ozpetek, in “Saturno contro” (2007); la sua performance
convince tutti e, puntuali, arrivano per lei Il David di Donatello, il
Nastro d'Argento, il Ciak d'Oro e il Globo d'Oro. Seguono “Bianco e
nero” (2008), di Cristina Comencini, “Immaturi” (2011), di Paolo
Genovese, il sequel “Immaturi – Il viaggio”. Successivamente lavora in
“Mai Stati Uniti” (2013) dei Vanzina e “Stai lontana da me” (2013); da
questi film "leggeri" si distingue il poetico “Ti ricordi di me?” (2014),
adattamento diretto da Rolando Ravello dell'omonima commedia
teatrale di Massimiliano Bruno. Il 2015 le regala un bellissimo ruolo
drammatico ne “La scelta”, di Michele Placido, libera trasposizione della
pièce di Luigi Pirandello "L'innesto", in cui è una donna che subisce
violenza sessuale e rimane incinta.
Francesco Scianna comincia la propria
carriera di attore in teatro, debuttando
nel 1997 con il recital di poesie di
Salvatore Quasimodo "C.E.I.". In seguito
partecipa a molte altre opere e si diploma
presso l'Accademia Nazionale d'Arte
Drammatica Silvio D'Amico. Nel 2002
esordisce nel cinema con “Il più bel
giorno della mia vita” di Cristina
Comencini, a cui fa seguito “L'odore del
sangue”, regia di Mario Martone, del
2004. Dopo questi film gira alcune fiction
televisive; il grande successo arriva nel
2009 quando interpreta il ruolo di Peppino Torrenuova, protagonista
maschile del film “Baarìa”, regia di Giuseppe Tornatore, candidato a
partecipare come film italiano agli Oscar 2010. Nel 2012 viene scelto per
la campagna pubblicitaria di Dolce&Gabbana primavera/estate e
successivamente riconfermato per quella autunno/inverno. È stato
impegnato nelle riprese di “I Milionari”, di Alessandro Piva. Nel marzo
2015 fa parte del cast della commedia “Latin Lover”.
Francesco Biscione debutta in
teatro nel 1990 con- “Gli ultimi
giorni dell'umanità” di K. Kraus,
regia di Luca Ronconi; lavora
successivamente in numerosi
commedie e tragedie della
grande
tradizione
drammaturgica:
Euripide,
Shakespeare, Goldoni, Cechov,
De Filippo… In televisione prende parte a diverse serie di successo, tra
cui, “Gomorra” - la serie, regia di Stefano Sollima, di Sky,”Centovetrine”
R.R. V.V. di Mediaset e “La squadra” (4° ed.), regia di Italo Pesce
Delfino/Stefano Amatucci in RAI. Diverse le esperienze
cinematografiche, tra cui l’ultima e per certi aspetti più interessante è
quella al film Reality News (2014) di Salvatore Vitiello.
DALLA RASSEGNA STAMPA
Ombre d’Ambra
di Luisa Gasbarri, da:Teatro.persinsala.it, 12-04-2015
Il tema del tradimento amplifica la finzione scenica nel testo di Pinter
riletto da Placido. Ambra Angiolini attraversa i colori della seduzione, ma
resta l’impermeabile il travestimento più adatto per sconfessarsi.
C’è qualcosa di cinematografico in Tradimenti, andato in scena ieri sera
all’Eliseo di Roma. Non solo per la regia di Michele Placido o per la
formazione attoriale dei suoi protagonisti. Affiora un che di
cinematografico e fuori fuoco proprio nella recitazione,
sorprendentemente asciutta, senza sbavature, ineccepibile, da saggio
conclusivo, patinata fino al sospetto del doppiaggio, del playback.
Qualcosa di stonato, di falso. Emma, un’incrinata Ambra Angiolini, e
Jerry, un istrionico Francesco Scianna, sono amanti da anni, con piena
consapevolezza da parte del marito di lei, un Francesco Biscione
perfetto nella parte del coniuge tradito e pur capace di destreggiarsi nel
triangolo con naturalezza e anglosassone aplomb. Se siamo abituati a
veder sfiorire e annacquarsi matrimoni, meno consueta la carrellata di
scene da interno attraverso cui ci viene fatto assistere qui allo
sgretolarsi del rapporto dei due amanti che, quasi per crudele par
condicio, patisce al pari lo scorrere del tempo. Che cosa segna un
rapporto di coppia? La leggerezza, la consuetudine fedifraga, sprazzi di
follia, incarnati dall’agente letterario Jerry, ma anche il cortocircuito
singolare tra un desiderio di stabilità volto alla costruzione d’un nuovo
nido e l’attrazione per l’atto trasgressivo, covato, inatteso, espresso da
Emma. Verrebbe da chiedersi di quale trasgressione in fin dei conti si
parli, dal momento che la protagonista è così ansiosa di rivelare il suo
adulterio al marito, confessione assolutamente non richiesta. Harold
Pinter, come è noto, ebbe buon agio nel rielaborare artisticamente la
sua lunghissima frequentazione della presentatrice Joan Bakewell,
relazione adulterina cui s’ispirò per scrivere questo testo. Piuttosto
scontato allora che l’autobiografia si coniughi con l’ironia e la crudeltà,
in uno scambio di parti dove i confini del tradimento evaporano, dove il
tradito appare vincente e i traditori, più che carnefici involontari,
vagolano tra i chiaroscuri esistenziali e sentimentali del loro fantasticato
ménage raccontato a ritroso, dal 1977 al 1968. Il fantasticato è
un’ottima chiave di lettura dell’amore, mette a nudo le trappole delle
relazioni umane, siano sancite o no da contratti: il fantasticato, il
sognato, sono terreni fertili per riplasmare recite e ruoli, per le
falsificazioni in agguato. Per quel perfezionismo misurato e elegante di
cui dicevamo pocanzi. Non è un po’
forzato l’entusiasmo di Jerry? Non
suona un po’ falso, come il suo
pentimento tardivo, spiattellato al
marito di lei per ristabilire
l’irrinunciabile, virile amicizia? La
stessa acquiescenza dell’ingannato
non è un separé troppo abusato,
dietro cui celarsi e bearsi sgravati da
colpe? Non imbraccia forse l’arma
dell’ipocrisia più tagliente questo
Robert
nemmeno
equidistante
(preferisce apertamente Jerry a
Emma!), che lascia la moglie
all’amico, selezionando buoni e cattivi
solo per le sue maschilistiche partite
di squash? La morale, se c’è una
morale per l’a-morale, è che tutti tradiscono tutti, impegnati come sono
a tradire se stessi. Ambra è molto concentrata, rende benissimo
l’interiore disastro della sua Emma, gallerista non esente da bovarismo,
in quanto tale del tutto incapace di lasciarsi andare dunque davvero. In
lei un’eco di quel rivoluzionario Sessantotto non emerge neppure nella
scena d’incipit, dislocata nella pièce a finale, se si eccettua il rosso che la
avvolge come seconda pelle rutilante e leggiadramente aerea, facendo
crollare ai suoi piedi Jerry, testimone di nozze e futuro amante. Un rosso
che non seduce il pubblico, né fa vibrare d’erotico trasporto: viene
semmai alla mente il porpora cardinalizio dei prelati eternati da
Velasquez e sbugiardati da Bacon. Un colore ardito indossato per
entrare nella parte dell’oggetto del desiderio, per assumerne il potere,
allo stesso modo in cui s’indossa una stola o una sottoveste, tanto la
mise non c’appartiene, come in fondo la passione non appartiene a
Emma, che l’ha relegata a qualcosa d’artefatto e puerile, giusto per
restare ai feuilleton tardo ottocenteschi. L’amore è tra le recite la più
virtuosistica del resto. Quella che fragile, intermittente, mutevole,
ravvisa da sempre la sua peggior minaccia nella possibilità del
tradimento appunto. E poiché i tradimenti sono potenzialmente infiniti,
non meravigli se l’eroina di Pinter sfoggia lo stesso nome dell’eroina di
Flaubert.
“Tradimenti” di Harold Pinter al Teatro Eliseo di Roma
Di: Fabiana Raponi , da: Teatrionline.com, 25.11.2015
Ambra Angiolini, Francesco Scianna e Francesco Biscione diretti da
Michele Placido. Dal 1 al 20 dicembre
Lei, lui e l’altro: Ambra Angiolini, Francesco Scianna e Francesco
Biscione diretti da Michele Placido sono i protagonisti di Tradimenti,
magnifico testo del Premio Nobel Harold Pinter in scena da martedì 1 al
20 dicembre al Teatro Eliseo di Roma.
Pinter, scrittura tagliente con un tocco di sadismo (qui nella traduzione
di Alessandra Serra) abilissimo nel trasformare il testo teatrale e
trattare temi importanti con un linguaggio immediato e diretto,
racconta la parabola di Emma, Jerry e Robert non limitandosi al classico
triangolo amoroso, al ménage a trois dai risvolti amari e inaspettati, ma
scandagliando il tema del tradimento anche nei rapporti relazionali.
“Amo molto questo teatro, si presta molto agli attori. Mi piacerebbe
recitare qui anche perché
si accorcia la distanza fra
il palco e il pubblico –
dice Michele Placido,
regista e produttore
dello spettacolo con la
Goldenart insieme alla
moglie Federica Vincenti
– Leggendo la commedia
di Pinter, che va a ritroso
dal 1977 al 1968, con i
miei attori, abbiamo fatto un gioco e abbiamo costruito lo spettacolo al
contrario. È chiaro che Pinter si diverte a spiazzare il lettore/spettatore
con il gioco a ritroso, ma questo è un testo che parte dal ’68 e racconta il
tradimento di un’epoca, l’impossibilità di essere coppia, ma anche il
fallimento della famiglia che finisce per influenzare la società”. Un testo
attuale e crudo che di fatto è
un dramma, ma che viene
proposto come fosse una
commedia
scatenando
l’empatia, le risate del
pubblico e che verte su un
trittico di attori.
Nel ruolo di Emma, c’è
Ambra Angiolini che con
Placido (che sta per dirigerla
per la seconda volta al cinema) e consorte (che è diventata la sua
agente) ha instaurato un vero e proprio sodalizio professionale e
umano. “Sono molto grata a Michele e Federica per avermi scelta. Dopo
anni di esperienze teatrali diverse mi trovo a lavorare su un palco così
importante – racconta l’attrice – Sono molto emozionata perché
lavorare su Pinter è una bella sfida, ma al tempo stesso mi piace essere
qui ed essere in un certo senso di aiuto in un momento importante per la
riapertura del Teatro Eliseo. In questo particolare momento è positivo
dare segnali di coraggio e non si terrore”.
“Il tradimento è la conseguenza iniqua di un rapporto iniquo – spiega
Francesco Scianna che interpreta Jerry, l’amante, citando Dostoevskij o
menzionando Galimberti e Sant’Agostino e ritrovando Placido che l’ha
già diretto al cinema in Vallanzasca – Nella carriera spesso arrivano testi
e opportunità per crescere anche come individuo ed è quello che sta
accadendo a me anche come persona nel tentativo di vivere in modo
diverso le relazioni e l’amore. Mi sono subito innamorato di questo testo
di Pinter che rappresenta una sfida per l’attore e che richiede forte
agilità emotiva”.
“Ho voluto fare uno spettacolo che si avvicinasse al pubblico. Come
regista non mi piace imporre nulla, ma ho l’istinto attoriale che mi
consente di creare lo spettacolo insieme ai miei interpreti – prosegue
Placido – Nel testo ho ritrovato noi stessi: non si parla solo di tradimenti
di coppia, ma anche di tradimenti affettivi e relazionali che hanno
mostrato tutta la fragilità emotiva di una generazione. Ecco, Pinter
riesce a cogliere perfettamente il nostro essere nulla e la nostra
pochezza anche nei momenti più importanti” conclude il regista
raccontando l’attualità del testo che nel 1983 è stato portato sul grande
schermo da David Hugh Jones che ha diretto Jeremy Irons, Ben Kingsley
e Patricia Hodge.
“Emma è un tipo di donna silenziosa che non ama raccontarsi e ho
trovato interessante che sia disposta innanzitutto a tradire sé stessa –
continua la Angiolini commentando il suo personaggio – Il testo di Pinter
racconta una crisi profonda, ma in realtà è, e viene percepita come una
vera e propria commedia. I personaggi sono pronti a tradire sé stessi e la
loro memoria. D’altra parte il tradimento può anche essere positivo se si
stenta a riconoscere anche sé stessi”.
“Il teatro Eliseo è un luogo cui sono particolarmente legato – spiega
Francesco Biscione che interpreta Robert, il marito – Il mio incontroscontro con Michele Placido nasce in occasione del Re Lear e continua
anche adesso con un lavoro costruito come un work in progress e
indirizzato alla ricerca del vero. D’altra parte il teatro è una malattia che
produce arte”.
Tradimenti arriva a Roma dopo una tournée che ha toccato diverse città
italiane e dopo la Capitale lo spettacolo approderà a Trieste, Lodi,
Bologna, Savona, Luca, Cagliari, Poggibonsi, Cento. Dopo il debutto di
martedì 1 dicembre alle ore 20, Tradimenti resta in scena fino a
domenica 20 dicembre 2015.
“Tradimenti” con Ambra Angiolini apre la stagione al Comunale di
Teramo
Di Maria Cristina Marroni, da: Ilfattoteramano.com, 11.11.2015
A proposito del tradimento Erri De Luca scrive: “Non esiste il tradito, il
traditore, il giusto e l’empio, esiste l’amore finché dura e la città finché
non crolla.”
Sembra proprio una bizzarra coincidenza che lo spettacolo teatrale
“Tradimenti” del premio Nobel Harold Pinter venga rappresentato a
Teramo, presso il Teatro Comunale, proprio l’11 novembre, festa di San
Martino e di tutti i cornuti, questo pomeriggio alle ore 17,00 e questa
sera alle ore
21,00, per le
due
repliche
della commedia
iniziale
della
stagione
di
prosa.
La
tradizione fa di
San Martino il
protettore dei
cornuti non si sa
bene se a causa
del fatto che
Martino è diminutivo di Marte, che cornificò Vulcano tradendolo con la
di lui moglie Venere, oppure se a causa del fatto che la ricorrenza dell’11
novembre coincida con numerose fiere di bestiame, laddove un tempo
avevano luogo compravendite di numerosi animali dotati di corna.
La regia di “Tradimenti” è di Michele Placido, l’attrice protagonista è
Ambra Angiolini egli altri interpreti sono Francesco Scianna e Francesco
Biscione. La trama si svolge a ritroso e inizia con la fine del rapporto
extraconiugale tra Emma (Ambra) e Jerry nel 1977, quando i due si
rincontrano due anni dopo aver interrotto definitivamente la loro
relazione. Le scene si dipanano in flashback per ricostruire momenti ed
emozioni dei tradimenti di Emma nei confronti di suo marito Robert, il
quale è il migliore amico di Jerry, l’amante di sua moglie. Il marito
tradito è in realtà il personaggio più riuscito e intelligente, in quanto
Robert intuisce dapprima e induce poi con grande finezza la moglie a
confessare la relazione
con Jerry, palesando i
contorni e i dettagli
della tresca, che ha
avuto la sua alcova in
un
appartamento
londinese preso in
affitto dai fedifraghi
per i loro convegni
amorosi. Non può
essere e non è un caso
che
l’autore,
il
drammaturgo inglese
Harold Pinter, abbia
voluto che la protagonista si chiamasse Emma proprio come Madame
Bovary, l’immortale personaggio di Flaubert che si dà all’adulterio per
fuggire la noia e la vacuità della vita. Non diversamente, la Emma di
Pinter si lancia nell’avventura con Jerry con l’incoscienza di chi – più che
fare un torto al marito – cerchi di trovare un senso alla propria infelicità
coniugale ed esistenziale, cosa che forse ha dato inizialmente qualche
risultato in termini di emozioni, ma che alla lunga si rivela come un
vuoto e sterile rapporto che spande tristezza e malinconia nelle vite dei
due amanti. Il marito Robert dimostra la sua superiorità non rivelando
nulla all’amico Jerry, consapevole di come la vita scorra inesorabilmente
verso il proprio destino, consapevole di quanto sia intellettualmente
povera sua moglie, consapevole di quanto sia ingenuo e infantile il suo
amante, consapevole di dover trovare da solo la strada per una
realizzazione personale che non può passare attraverso la famiglia, ma
che risiede nella poesia e nella filosofia. Anche Robert si consegna ad
una amante per un duraturo rapporto extraconiugale, sebbene la
vicenda rimanga in ombra e lasci adito al sospetto che sia solo una falsa
confessione che il marito tradito utilizza per far soffrire alla moglie le
stesse pene che ha sofferto lui.
Ma il centro della rappresentazione è l’idea stessa di tradimento, inteso
come condizione ineludibile che trascende il suo significato sessuale e
relazionale per espandersi ad ogni campo della vita: la bugia è la vera
cifra esistenziale che caratterizza la borghesia cittadina, l’inganno è
universale e tutti ne sono vittime (consapevoli o meno). In una struttura
sociale basata sull’apparenza, solo l’ipocrisia è lo strumento per restare
a galla e chi la padroneggia al meglio evita di andare a fondo.
Gli spettatori vengono trascinati in un vortice di particolari che rendono
sempre più insignificanti e vacui i motivi per i quali si compiono quelle
bassezze che marginalizzano il valore della famiglia al pari di quello del
lavoro. anche le precarie certezze degli amanti vengono spazzate via dal
turbine dei fatti, tanto che Emma tiene all’oscuro Jerry del fatto di aver
confessato l’adulterio al marito anni prima. E siccome Robert non lascia
trasparire alcun sentimento a Jerry, alla fine è lo stesso traditore a
prendersela con il tradito per non avergli rivelato che lui sapeva da
tempo della tresca, in un surreale ribaltamento dei ruoli che mostra
come ci si possa sentire imbrogliati e umiliati più nella condizione di
traditori che in quella di traditi. Il dipanarsi delle vicende lascia venire a
galla la tremenda constatazione che nella vita non ci si possa fidare di
nessuno: della moglie e del marito è fin troppo scontato, ma nemmeno
degli amici più intimi con i quali si condivide la doccia, lo sport, la birra, il
ristorante e tutto l’universo di confidenze che costituiscono l’esistenza.
L’ambiguità e la manierata condiscendenza dei protagonisti induce ad
una permanente sensazione di fastidio, dove i confini fra vero e falso
scompaiono per lasciar posto solo ai modi di un’educazione borgheseipocrita che mette in luce la miseria umana. È evidente che sia l’autore
(nel testo) sia il regista (nella rappresentazione) tentino un attacco alle
certezze condivise di una società in disfacimento, dove nulla è sincero,
nemmeno lo slancio emozionale, nemmeno i bisogni più reconditi, e il
contesto narrativo disegna una realtà kafkiana ed inquietante che si
rivela mostruosa non perché stravolga e metta in discussione le
convenzioni, ma perché apre una finestra sul vuoto incolmabile creatosi
negli interstizi della società del benessere.