Una delle poche cose, anzi forse la sola ch'io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia
Pascal. E me ne approfittavo. Ogni qual volta qualcuno de' miei amici o conoscenti dimostrava
d'aver perduto il senno fino al punto di venire da me per qualche consiglio o suggerimento, mi
stringevo nelle spalle, socchiudevo gli occhi e gli rispondevo:
— Io mi chiamo Mattia Pascal.
— Grazie, caro. Questo lo so.
— E ti par poco?
— Non pareva molto, per dir la verità, neanche a me. Ma ignoravo allora che cosa volesse
dire il non sapere neppur questo, il non poter più rispondere, cioè, come prima,
all'occorrenza:
— Io mi chiamo Mattia Pascal
È questa la Premessa del Fu Mattia Pascal, il romanzo del 1904 di Luigi Pirandello (1867 -1936)
considerato tra i capolavori della letteratura, non solo italiana.
Quando l’opera viene pubblicata, Pirandello sta già lavorando a L’umorismo, il saggio che vede la
luce nel 1908, in cui condensa la sua estetica, e dedica, appunto, a Mattia Pascal. Uno studio denso
di riferimenti filosofici e letterari, diviso in due parti, in cui mette a fuoco il concetto di umorismo
quale “sentimento del contrario”, tenendolo distinto dal “comico”.
Per farlo, ricorre all’immagine della “signora imbellettata”:
“Ebbene, noi vedremo che nella concezione di ogni opera umoristica, la riflessione non si nasconde,
non resta invisibile, non resta cioè quasi una forma del sentimento, quasi uno specchio in cui il
sentimento si rimira; ma gli si pone innanzi, da giudice; lo analizza, spassionandosene; ne
scompone l’immagine; da questa analisi però, da questa scomposizione, un altro sentimento sorge o
spira: quello che potrebbe chiamarsi, e che io difatti chiamo il sentimento del contrario.
Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di quale orribile manteca, e poi tutta
goffamente imbellettata e parata d’abiti giovanili. Mi metto a ridere. Avverto che quella vecchia
signora è il contrario di ciò che una vecchia rispettabile signora dovrebbe essere. Posso così, a
prima giunta e superficialmente, arrestarmi a questa impressione comica. Il comico è appunto un
avvertimento del contrario. Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella
vecchia signora non prova forse nessun piacere a pararsi così come un pappagallo, ma che forse ne
soffre e lo fa soltanto perché pietosamente s’inganna che parata così, nascondendo così le rughe e la
canizie, riesca a trattenere a sé l’amore del marito molto più giovane di lei, ecco che io non posso
più riderne come prima, perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a
quel primo avvertimento, o piuttosto, più addentro: da quel primo avvertimento del contrario mi ha
fatto passare a questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui la differenza tra il comico e
l’umoristico”.
Tato Russo trasferisce in palcoscenico
«IL FU MATTIA PASCAL» di Pirandello
Sarà in scena da giovedì 14 a domenica 17 gennaio 2016 al Teatro Sociale di
Trento «IL FU MATTIA PASCAL», quinto appuntamento con la Stagione di
Prosa 2015/2016 del Centro Servizi Culturali Santa Chiara. Si tratta della
versione teatrale – scritta, diretta e interpretata da Tato Russo – del celebre
romanzo di Luigi Pirandello.
Giunto al quinto anno di repliche con il “tutto esaurito” in ogni Teatro in cui
è stato ospitato, arriva al “Sociale” di Trento, nell'ambito del cartellone “Grande
Prosa” del Centro Servizi Culturali S. Chiara, l'adattamento teatrale curato da
Tato Russo del romanzo di Luigi Pirandello «IL FU MATTIA PASCAL». Le
recite sono programmate da giovedì 14 a domenica 17 gennaio.
Apparso dapprima a puntate sulla rivista "Nuova Antologia" nel 1904 e
pubblicato in volume nello stesso anno, il romanzo narra la singolare vicenda di
Mattia Pascal che, cercando una momentanea evasione da un matrimonio
fallimentare e dal noioso impiego nella biblioteca di un centro di provincia,
arriva a Montecarlo, dove vince una grossa somma al gioco. Per caso, apprende
dai giornali la propria morte: la moglie, i parenti e gli amici lo hanno
riconosciuto nel cadavere di uno sconosciuto trovato in un canale. Decide allora
di approfittare della situazione e di costruirsi una nuova identità e una nuova
vita. Si inventa il nome di Adriano Meis, si costruisce un passato plausibile e si
stabilisce a Roma, dove pian piano gli si ricrea attorno la rete dei rapporti sociali,
gli amici, i nemici, l’amore. Presto però si rende conto dell’impossibilità di
esistere al di fuori di ogni legge: non può trovarsi un lavoro, non può far valere i
propri diritti, non può abbandonarsi con sincerità al sentimento amoroso né
difendere la donna amata. La sua libertà senza anagrafe non serve a nulla,
perché rimane sempre un morto e, come vivo, è un clandestino. Tenta quindi di
riacquistare la sua primitiva identità, simulando il suicidio di Adriano Meis. Ma,
tornato al paese natale, scopre di essere ormai un estraneo per i compaesani e
per la moglie, che si è felicemente risposata. Non gli resta quindi che
sopravvivere a se stesso, adattandosi a non essere altro che “il fu Mattia Pascal”.
Si legge nel testo pirandelliano: «Una delle poche cose, anzi forse la sola ch'io
sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal. E me ne approfittavo.
Ogni qual volta qualcuno de' miei amici o conoscenti dimostrava d'aver perduto il
senno fino al punto di venire da me per qualche consiglio o suggerimento, mi
stringevo nelle spalle, socchiudevo gli occhi e gli rispondevo: io mi chiamo Mattia
Pascal.»
Ma cosa corrisponde a un semplice nome proprio? È questa la domanda alla
quale intende rispondere il protagonista del romanzo, che così inizia il suo
viaggio attraverso i vari modi d’apparire di se stesso a se stesso e agli altri. Un
viaggio tra gli intrighi di una vita moltiplicata forse all’infinito che ci impedisce,
tra convenzioni e compromessi, di capire chi siamo veramente. Alla ricerca
dell’altra parte di sé, o della propria vera identità. Morire per vivere una vita
diversa. Scoprire la propria vera identità al di là delle convenzioni che ci hanno
formato. Insomma viaggiare a ritroso, abbandonando la scorza delle apparenze
per tentare una scoperta definitiva del proprio io. Questo il viaggio di Mattia
Pascal nell’abisso della contraddizione tra essere e apparire.
La riduzione in commedia tralascia la tecnica della narrazione propria del
romanzo e trasferisce a una dimensione teatrale il racconto. Liberandosi dalla
pesantezza d’una proposta troppo vincolata alla struttura letteraria Tato Russo
fa propria la materia del testo per riscriverla nello stesso linguaggio
drammaturgico che sarebbe stato di Pirandello, nello sforzo palese e riuscito di
una costruzione per il teatro, “alla maniera” insomma che immaginariamente
avrebbe operata lo stesso autore del romanzo nel momento in cui avesse scelto
di trasferirlo in commedia. Il romanzo sembra così recuperato e acquisito al
repertorio delle opere teatrali di Pirandello in modo definitivo.
«Ho ridotto per la scena molti romanzi – scrive Tato Russo nelle note di regia
– e più d’ogni altro il 'Mattia Pascal' mi ha imposto un ritmo forsennato di
rifacimenti e rielaborazioni. Un Pirandello troppo giovane, che in sé covava il
germe di tutto quello che sarebbe stato, non era facile da ridurre a un tutt’uno
omogeneo. Nel romanzo si rincorrono e si agitano, infatti, tutti i temi che saranno
svolti con coerenza acquisita negli anni successivi e che formeranno poi la poetica
costante del teatro pirandelliano: si sommano le esperienze giovanili legate al
mondo siciliano con le indagini piccolo-borghesi dei vari giochi delle parti, per
sovrapporsi poi alle tematiche del mito e alle intuizioni para-filosofiche dell’età di
mezzo. Tutto però con approssimazione e quasi come in una sorta di 'work in
progress', di Pirandello 'in fieri'. L’idea registica tuttavia ha concorso a tracciare la
strada, ha favorito il percorso drammaturgico e ha dato unità di stile e di intenti
alla messinscena.»
Tato Russo sarà impegnato nel doppio ruolo di Mattia Pascal e di Adriano
Meis, ma anche gli altri personaggi che concorrono alla sua vicenda si rincorrono
nella storia, interpretata così dagli stessi attori in identità e personaggi diversi,
quasi a scegliere di non chiarire affatto, nello spettro delle rassomiglianze, la
distinzione tra i vari aspetti della realtà. Mattia e i suoi coinquilini della storia
muoiono tutti per rincontrarsi identici nella storia di Adriano Meis e rivivere poi
in quella nuova di Pascal. Accanto al grande attore e regista napoletano saranno
sul palcoscenico del Teatro Sociale Katia Terlizzi (Olivia, Adriana e Fantasia);
Renato De Rienzo (l'assessore Pomino e Pantogada); Massimo Sorrentino
(Romitelli); Salvatore Esposito (Pomino e un giocatore); Marina Lorenzi (la madre
e Silvia Caporale); Caterina Scalaprice (Marianna Dondi); Carmen Pommella
(Romilda e Pepita Pantogada); Peppe Mastrocinque (Papiano e Batta Malagna);
Francesco Ruotolo (Paleari); e Lorenzo Venturini (un viaggiatore e Berto).
Le scene sono state progettate da Tony Di Ronza e i costumi da Giusi
Giustino. Alessio Vlad ha curato le musiche e Roger La Fontaine il disegno
delle luci.
Uno spettacolo, «IL FU MATTIA PASCAL», al quale la critica nazionale non
ha certo lesinato apprezzamenti ed elogi: se per Il Corriere della Sera quella di
Tato Russo è «una vaticinante interpretazione», Il Dramma commenta che
l'allestimento del regista napoletano «calibrato ed essenziale, non si perde nella
fitta e complessa trama, ma va al cuore essenziale dell’opera». Il Gazzettino
sottolinea che «il teatro, le pause, i segmenti esistenziali determinati dalla penna
acuminata, tagliente, sottile di Luigi Pirandello hanno determinato un’appassionata
teoria di sequenze motivata dalla passione di Tato Russo, che ama la scena, il
rapporto con il testo e il riscontro del pubblico» mentre Arteatro definisce «arguta e
sottile l’astrazione di Tato Russo, nel gioco di scomparire pur restando in scena
perché lo spettatore, possibilmente, arrivi a perdersi in questo flusso di coscienza. Ad
entrare e ad uscire il sé, al buio di una conclusione inevitabilmente irraggiungibile.»
Giovedì 14 gennaio il sipario del Teatro “Sociale” si alzerà su «IL FU
MATTIA PASCAL» alle 20,30. Sono previste repliche venerdì 15 e sabato 16,
sempre alle 20.30, e domenica 17 gennaio con inizio alle ore 16.00. (F. L.)
Venerdì 15 gennaio «FOYER DELLA PROSA»
La rappresentazione dello spettacolo sarà accompagnata, nel pomeriggio di
venerdì 15 gennaio presso lo Spazio Ridotto del Teatro Sociale, da «FOYER
DELLA PROSA», incontro di approfondimento critico che il Centro Servizi
Culturali S. Chiara propone in collaborazione con il Dipartimento di Lettere e
Filosofia dell’Università di Trento. La discussione sarà introdotta dalla prof. Sandra
Pietrini.
La partecipazione è libera e aperta a tutti e l'appuntamento, al quale interverrà
Tato Russo, è fissato per le ore 17,30.