medicina
Ci sono farmaci che hanno avuto una storia davvero curiosa, guidata più dal caso che dalla
programmazione. Tra questi il litio, usatissimo ancora oggi per curare la depressione ciclotimia o
"sindrome affettiva bipolare", quella cioè in cui si alternano periodi di depressione e disperazione a
periodi di euforia maniacale.
L'idea di usare il litio a questo scopo nasce dal puro caso. A proporla, del tutto inconsciamente, fu
uno psichiatra australiano, John Cade, negli anni quaranta. Egli era convinto che alla base della
depressione ci fosse una carenza di acido urico, causata da un'alterazione nel suo
metabolismo.Pensò allora di usare l'acido urico per curare tale malattia, e in effetti provò a
confermare la propria teoria su alcuni pazienti, usando l'acido urico sottoforma di un sale di litio. Il
farmaco ebbe l'effetto desiderato, ma l'osservazione di Cade non venne ripresa fino alla metà degli
anni cinquanta, quando uno psichiatra danese, Mogens Schou, lesse l'articolo originale di Cade e
provò a sua volta a valutare l'efficacia dell'acido urico nella terapia della depressione. Si accorse
però, usando vari sali, che ad agire non era l'acido urico, quanto il sale di litio. Provò allora a usare
semplicemente il litio per trattare la depressione, e ne dimostrò la notevole efficacia nel controllare
la malattia. Cercò subito qualche casa farmaceutica che lo producesse su larga scala, ma nessuna
sembrava interessata a produrre una molecola che non poteva essere brevettata poichè i sali di litio
sono composti comuni, già presenti in natura. Ben presto, però, visto i buoni risultati, i sali di litio
vennero prodotti e usati ampiamente. Fu proprio questo ampio uso a trovare un altro possibile
utilizzo per il litio. Ci si accorse per caso, infatti, che nei malati che prendevano il farmaco potevano
aumentare i globuli bianchi.
Venne approfondito questo aspetto inedito della terapia e si confermò che il litio, con un
meccanismo sconosciuto, fa incrementare il numero dei leucociti. Venne allora impiegato, e lo è
tuttora anche se molto meno, come farmaco ideale nei pazienti che per qualunque motivo avevano
pochi globuli bianchi ed erano per ciò a grave rischio di infezione.
Ultimamente si è scoperto che il Li riduce la produzione e l'accumulo di beta-amiloide (la proteina
che causa la degenerazione delle cellule nervose) in colture cellulari e nel cervello di topi che
sviluppano patologia Alzheimer. Il litio potrebbe anche inibire una modificazione patologica di
un'altra proteina (tau) coinvolta nella malattia. È ancora da verificare se sono di utilità clinica
nell'uomo. Intanto aggiungono un altro candidato alla crescente lista (vari antinfiammatori, statine)
dei farmaci già introdotti dei quali si scopre solo ora un possibile effetto protettivo per la malattia di
Alzheimer
Tuttavia l’uso eccessivo di Sali di Li può comportare conseguenze gravi
Va evidenziato che livelli di litiemia (ovvero presenza di Litio nel sangue) superiori a 1,3 - 1,4
mEg/I sono da considerare indice di tossicità.
Per gli effetti teratogeni del Litio la gravidanza va considerata una controindicazione assoluta.
Effetti collaterali a cui si può andare incontro nell'utilizzo del Litio sono:
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Disturbi renali quali sete eccessiva, urinazione abbondante, diabete insipido (ovvero sete
intensa, urinazione abbondante).
Disturbi neurologici quali alterazione della memoria e dell'attenzione, tremori alle mani,
debolezza muscolare.
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Disturbi al cuore con aritmie.
Problemi cutanei quali eruzioni cutanee (simili all'acne), alterazioni del pigmento, psoriasi.
Disturbi gastroenterici quali nausea, diarrea, coliche addominali.
Ipertiroidismo (il Litio interferisce nella sintesi e nella liberazione dell'ormone tiroideo).
Epilessia (diminuzione della soglia convulsiva).
Altri disturbi quali aumento di peso, edema agli arti inferiori e leucocitosi.
I primi sintomi di tossicità possono già comparire a livelli di poco superiori a quelli terapeutici.
Sintomi premonitori dei sovradosaggio sono:
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tremori, vomito, difficoltà di parlare, sonnolenza e in alcuni casi anche coma.