Il disturbo dello “spettro autistico” l I disturbi collocabili in questa ampia gamma di disabilità/diversità si presentano con una grande variabilità l Le definizioni e le classificazioni oggi maggiormente condivise e utilizzate a livello nazionale si riferiscono a: l DSM-V (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) l ICD-10 (Classificazione Internazionale dei Disturbi e delle Malattie) Differenze del DSM-V rispetto al DSM-IV. l La prima sostanziale differenza tra le due edizioni del DSM è che nel DSM-IV (APA, 2000) si parlava di “Disturbi Pervasivi dello Sviluppo” che si distinguevano in: disturbo autistico, disturbo di Asperger, disturbo disintegrativo della fanciullezza (o disturbo di Heller), disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato e sindrome di Rett. l Ora con il DSM-V questi sottotipi sono stati riuniti in un’unica categoria denominata “Disturbi dello Spettro Autistico” (ASD – Autism Spectrum Disorders), ad eccezione della sindrome di Rett che è stata posta tra i disturbi neurologici. l Il DSM-V introduce inoltre il “disturbo della comunicazione sociale”, le cui caratteristiche diagnostiche si sovrappongono parzialmente con i disturbi dello spettro autistico, poiché la diagnosi di disturbo della comunicazione sociale richiede la presenza di una “menomazione del linguaggio pragmatico” e di una menomazione “nell’uso sociale della comunicazione verbale e non-verbale”; tuttavia la presenza di interessi rigidi e ripetitivi è un criterio di esclusione per questa diagnosi ed un criterio essenziale per la diagnosi di disturbo dello spettro autistico. l Un’altra novità introdotta è la necessità di indicare la gravità della sintomatologia del disturbo dello spettro autistico su una scala di tre punti. l L’unificazione dei diversi disturbi pervasivi dello sviluppo in un’unica categoria è la conseguenza di studi scientifici che hanno dimostrato come la distinzione in sottotipi diagnostici non sia coerente nel tempo e come le differenze nelle abilità sociali e cognitive dei sottogruppi si caratterizzino meglio in termini di un continuum. Inoltre è stato rilevato che la diagnosi dei diversi sottotipi di disturbi pervasivi dello sviluppo è molto variabile tra i diversi centri diagnostici ed è più spesso associata a severità, livello linguistico o QI, piuttosto che alle caratteristiche specifiche dei diversi disturbi. Inoltre… nel DSM-IV si parlava di: l menomazione della reciprocità sociale; l menomazione del linguaggio/comunicazione; l repertori ristretti e ripetitivi di interessi/attività. Ognuna di queste tre categorie comprendeva quattro sintomi; per effettuare una diagnosi di “disturbo pervasivo dello sviluppo” era necessario fossero presenti almeno sei sintomi, di cui almeno due nella prima categoria (menomazione della reciprocità sociale) e almeno uno per ciascuna delle altre due categorie. Con il DSM-V le categorie di sintomi vengono ridotte a due: l Deficit persistente nella comunicazione sociale e nell’interazione sociale (che comprende sia le difficoltà sociali che quelle di comunicazione); l Comportamenti e/o interessi e/o attività ristrette e ripetitive. La diagnosi di “disturbo dello spettro autistico” richiede la presenza di almeno tre sintomi nella categoria dei “deficit della comunicazione sociale” e di almeno due in quella dei “comportamenti ripetitivi” (Muggeo, 2012). l Importanti novità introdotte sono l’eliminazione del “ritardo/ menomazione del linguaggio” fra i sintomi necessari alla diagnosi e l’introduzione della “sensibilità insolita agli stimoli sensoriali” come sintomatologia compresa tra i “comportamenti ripetitivi”. l Ancora, mentre nel DSM-IV si parlava di esordio entro i 36 mesi di età, ora si parla più genericamente di un esordio nella prima infanzia. Infine, se il bambino presenta sintomi aggiuntivi sufficienti a rientrare nei criteri diagnostici di un altro disturbo, secondo il DSM-V è possibile assegnare una doppia diagnosi, cosa che non era possibile con il DSM-IV. l Con l’introduzione del DSM-V si assiste alla diminuzione della percentuale di persone diagnosticate con ASD, che naturalmente ha suscitato numerose perplessità e dibattiti all’interno della comunità scientifica e fra i pazienti e le loro famiglie. Caratteristiche tipiche del funzionamento psicologico di una persona con ADS l Difficoltà ad interagire con l’altro sviluppando l’intersoggettività. Con difficoltà il soggetto con ASD sviluppa: -attenzione congiunta -imitazione -emozione congiunta -intenzione congiunta -scambio di turni -motivazione sociale in grado di stimolare la ricerca di esperienze intersoggettive l Le difficoltà cognitive di conoscere e comprendere gli stati mentali propri e altrui Il bambino con un deficit di teoria della mente è carente rispetto alle proprie dimensioni psicologiche e soprattutto incapace di leggere la mente dell’altro. …il riconoscimento delle emozioni altrui poggia su un insieme di circuiti neurali che per quanto differenti condividono quelle proprietà specchio già riscontrate nel caso della compresione delle azioni l Le difficoltà percettive e cognitive di costruire dalle stimolazioni esterne un “tutto” coerente e globale. Il bambino con autismo elabora l’esperienza in modo frammentato senza ricostruire un tutto sensato e coerente. Il labirinto dei dettagli di Hilde De Clercq. Suo figlio si fida solo delle donne bionde con la coda di cavallo come la sua mamma; quando il nonno va via lo saluta solo se viaggia nella macchina verde; adora il gelato ma il pistacchio deve essere in fondo, l’arancia in mezzo e la fragola in cima. l Le difficoltà a organizzare e autoregolare i comportamenti anche in modo flessibile e creativo. Il bambino con autismo trova rilevanti difficoltà nelle cosiddette “funzioni esecutive” (capacità di pianificazione e di autoregolazione), per cui mantiene attiva continuativamente l’attenzione con grande difficoltà, formula difficoltosamente piani di azione e li porta avanti altrettanto incostantemente; inibisce con fatica la tendenza a rispondere in modo impulsivo, non usa feedback ambientali per correggere i propri comportamenti. l Difficoltà a usare i codici comunicativi verbali e non verbali Il bambino con autismo presenta un deficit nell’intento comunicativo, nella postura, nell’uso dello sguardo, nella gestualità e nella mimica. Sono spesso deficitari anche l’intonazione, il ritmo e le pause nell’eloquio, che costituiscono anch’essi una parte di forte rilevanza comunicativa del discorso. l Le difficoltà di gioco sociale e simbolico (far finta) L’area del gioco è fortemente compromessa, sia per quanto riguarda i giochi con una fondamentale base interattiva, ma anche per quanto riguarda i giochi di finzione, in cui il bambino trasforma una cosa in un’altra e la fa diventare simbolo di altro (la matita diventa una spada con cui trafiggere la gomma). Per fare questa attività mentale, il bambino deve sapersi sganciare da una visione e interpretazione “letterale” e percettiva del mondo e collocarsi su un piano di elaborazione simbolica. l I comportamenti ripetitivi, stereotipati, ristretti e talvolta problematici. Spesso il bambino con autismo ha interessi selettivi e ristretti, per poche cose o situazioni o addirittura parti di oggetti. Su questi aspetti può mostrare un interesse totale, ossessivo e rigido. Può anche sottoporsi a lunghi rituali e abitudini compulsive, con lo scopo di esercitare un totale controllo sull’ambiente e sull’ansia da cambiamento improvviso e da imprevedibilità epidemiologia l I dati più recenti indicano una prevalenza di 1 caso su 1000. l Per ogni femmina con autismo ci sono 3-4 maschi con questo disturbo. Screening precoce l Generalmente l’80% dei vari aspetti del quadro clinico si è ben stabilizzato ed è osservabile entro il ventesimo mese di vita. Dunque uno screening tra l’anno e mezzo e i due potrebbe individuare i bambini “a rischio”. l Dai 2 anni è possibile porre una diagnosi completa. Una diagnosi fatta al tempo giusto consentirà di attivare il prima possibile un percorso di abilitazione, di riadattamento e riorganizzazione attiva e più competente della famiglia e della scuola. Criteri diagnostici del DSM-V per l’autismo. Secondo il DSM-V il Disturbo dello Spettro Autistico deve soddisfare i criteri A, B, C e D: A. Deficit persistente nella comunicazione sociale e nell ́interazione sociale in diversi contesti, non spiegabile attraverso un ritardo generalizzato dello sviluppo e manifestato da tutti e tre i seguenti punti: 1. Deficit nella reciprocità socio-emotiva che va da un approccio sociale anormale e insuccesso nella normale conversazione (botta e risposta) attraverso una ridotta condivisione di interessi, emozioni, percezione mentale e reazione fino alla totale mancanza di iniziativa nell ́interazione sociale. 2. Deficit nei comportamenti comunicativi non verbali usati per l ́interazione sociale, da una scarsa integrazione della comunicazione verbale e non verbale, attraverso anormalità nel contatto oculare e nel linguaggio del corpo, o deficit nella comprensione e nell ́uso della comunicazione non verbale, fino alla totale mancanza di espressività facciale e gestualità. 3. Deficit nella creazione e mantenimento di relazioni appropriate al livello di sviluppo (non comprese quelle con i genitori e caregiver); che vanno da difficoltà nell’adattare il comportamento ai diversi contesti sociali attraverso difficoltà nella condivisione del gioco immaginativo e nel fare amicizie fino all’apparente assenza di interesse per le persone. l B. Pattern di comportamenti, interessi o attività ristretti e ripetitivi come manifestato da almeno due dei seguenti punti: 1. Linguaggio, movimenti o uso di oggetti stereotipati o ripetitivi, come semplici stereotipie motorie, ecolalia, uso ripetitivo di oggetti, o frasi idiosincratiche. 2. Eccessiva fedeltà alla routine, comportamenti verbali o non verbali riutilizzati o eccessiva riluttanza ai cambiamenti: rituali motori, insistenza nel fare la stessa strada o mangiare lo stesso cibo, domande incessanti o estremo stress a seguito di piccoli cambiamenti. 3. Interessi altamente ristretti e fissati, anormali in intensità o argomenti: forte attaccamento o interesse per oggetti insoliti, interessi eccessivamente persistenti o circostanziati. 4. Iper o Ipo-reattività agli stimoli sensoriali o interessi insoliti verso aspetti sensoriali dell’ambiente: apparente indifferenza al caldo/ freddo/dolore, risposta avversa a suoni o consistenze specifiche, eccessivo annusare o toccare gli oggetti, attrazione per luci o oggetti roteanti. l C. I sintomi devono essere presenti nella prima infanzia (ma possono non diventare completamente manifesti finché le esigenze sociali non oltrepassano il limite delle capacità). l D. L’insieme dei sintomi deve limitare e compromettere il funzionamento quotidiano. I tre livelli di gravità l Livello 3: Richiede supporto molto sostanziale - Comunicazione sociale: i gravi deficit nella comunicazione sociale, verbale e non verbale, causano una grave difficoltà nel funzionamento; iniziativa molto limitata nell’interazione sociale e minima risposta all’iniziativa altrui. - Interessi ristretti e comportamenti ripetitivi: preoccupazioni, rituali fissi e/o comportamenti ripetitivi che interferiscono marcatamente con il funzionamento in tutte le sfere. Stress marcato quando i rituali o le routine sono interrotti; è molto difficile distogliere il soggetto dal suo focus di interesse, e se ciò avviene egli ritorna rapidamente ad esso. l Livello 2: Richiede supporto sostanziale - Comunicazione sociale: Deficit marcati nella comunicazione sociale, verbale e non verbale, l’impedimento sociale appare evidente anche quando è presente supporto; iniziativa limitata nell’interazione sociale e ridotta o anormale risposta all’iniziativa degli altri. - Interessi ristretti e comportamenti ripetitivi: preoccupazioni, rituali fissi e/o comportamenti ripetitivi appaiono abbastanza di frequente da essere evidenti per l’osservatore casuale e interferiscono con il funzionamento in diversi contesti. Stress o frustrazione appaiono quando sono interrotti ed è difficile ridirigere l’attenzione. l Livello 1: Richiede supporto - Comunicazione sociale: senza supporto i deficit nella comunicazione sociale causano impedimenti che possono essere notati. Il soggetto ha difficoltà a iniziare le interazioni sociali e mostra chiari esempi di atipicità o insuccesso nella risposta alle iniziative altrui. Può sembrare che abbia un ridotto interesse nell’interazione sociale. - Interessi ristretti e comportamenti ripetitivi: rituali e comportamenti ripetitivi causano un’interferenza significativa in uno o più contesti. Resiste ai tentativi da parte degli altri di interromperli. Interventi psicoeducativi basati sulle dinamiche relative alla psicologia dello sviluppo l Obiettivi socio-comunicativi: lo sguardo per regolare l’interazione, e la condivisione positiva degli affetti e le funzioni comunicative. l Metodo AERC/attivazione emotiva con reciprocità corporea. L’idea guida è che la reciprocità richiede 3 momenti: 1) Guardarsi negli occhi; 2) Rispettare i turni e condividere; 3) Dare lo stesso significato ai messaggi che ci si scambia Alcuni dei modi per creare una sintonia emotiva come premessa di una collaborazione sono: prendere il bambino per mano, farlo correre rendendolo allegro, poi metterselo di fronte sulle ginocchia, avviare una reciprocità mimica, toccarsi l’un l’altro le parti del viso, imitarne i vocalizzi, proporgli sillabe e parole brevi. l A tutto ciò si associa un’attenzione ai sistemi di relazione: come la famiglia e la scuola. l In alcune situazioni un gioco fisico, per esempio, di far finta, di far paura, o di mangiare l’altro può diventare reciproco con scambio dei ruoli fra genitore e bambino. Di lì il lavoro può evolvere verso altri modi come quello di farsi gesti di saluto, e di qui distanziarsi in giochi con scambio dei ruoli in situazioni di incontro a due in cui l’adulto va verso il bambino e gli propone poche parole e gesti, poi passa questa parte al bambino che la svolge verso l’adulto. Giorno dopo giorno questi modi relativi agli incontri si arricchiscono di più parole e gesti. l In parallelo un lavoro di questo tipo va condotto anche nel contesto scolastico. L’intervento educativo strutturato l Parte da una relazione fatta di ciò che il bambino propone e suggerisce: risorse personali, isole di abilità, etc. l Il programma TEACCH (treatment and education of autistic related communication handicapped children) consiste in una valutazione individualizzata e in un progetto educativo tagliato su misura. l 1) lavoro individuale. E’ importante rendere attraente il momento del lavoro e rilassante la gestione di una situazione scolastica che generalmente è fonte di stress. Occorre creare un ambiente empatico con il bambino attraverso un gioco che lo coinvolga e lo motivi a stare seduto o a guardarci negli occhi come, ad esempio, le bolle di sapone, il polistirolo sbriciolato che scende in una bottiglia trasparente, un oggetto dalla forma o dal suono interessante. 2) Partecipazione alla costruzione del programma per favorire da parte del bambino la prevedibilità di tempi e azioni 3) Le attività, partendo da ciò che il bambino sa fare con aiuto. L’utilizzo di contenitori a scomparti può agevolare l’esecuzione indipendente e favorire la comprensione del concetto di “insieme”, di “classe”, di “maggiore e minore” 4) Lavoro in piccolo gruppo 5) Interventi educativi in famiglia 6) Interventi educativi a scuola La comunicazione aumentativa e alternativa (CAA) l Il termine “alternativa” si riferisce all’uso di un certo codice “alternativo” al linguaggio. Ad esempio, un bambino con autismo che non parla in genere si fa capire utilizzando modalità motorie di comunicazione: prende i genitori per mano e li porta nel luogo dove si trova ciò che desidera, per esempio un gioco o un cibo. l Se consideriamo invece il caso di un bambino che dice qualche parola, la CAA può aiutarlo ad aumentare il linguaggio “aumentandone” l’efficacia comunicativa. Ciò può avvenire fornendo al bambino un codice visivo che potrà essere utilizzato insieme al linguaggio e a supporto dello stesso. La CAA si avvale innanzitutto di strumenti di tipo visivo iconico, come fotografie, disegni e pittogrammi. L’Applied behavior analysis (ABA) l E’ finalizzata ad applicare i dati emersi dal comportamento per comprendere le relazioni che intervengono fra i comportamenti e le varie condizioni esterne, formulando così delle ipotesi sul perché un dato comportamento si verifica in quel particolare contesto e, di conseguenza, mettere in atto una serie di interventi volti a modificare il comportamento.