Le operazioni economiche I settori economici

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ECONOMIA
Per economia - dal greco οἴκος (oikos), "casa" inteso anche come "beni di famiglia", e νόμος
(nomos), "norma" o "legge" - si intende sia l'utilizzo di risorse scarse per soddisfare al meglio
bisogni individuali e collettivi contenendo la spesa, sia un sistema di organizzazione delle attività di
tale natura poste in essere da un insieme di persone, organizzazioni e istituzioni (sistema
economico).
Normalmente si considerano i soggetti (detti anche "agenti" o "operatori" economici) attivi
nell'ambito di un dato territorio. Si tiene conto, peraltro, anche delle interazioni con altri soggetti
attivi fuori del territorio, ovvero con il "resto del mondo".
Le operazioni economiche
Gli operatori interagiscono tramite operazioni economiche che possono essere:
• operazioni su beni e servizi: sono sia quelle che danno origine a beni e servizi mediante la
produzione o l'importazione, sia quelle che ad essi danno destinazione (consumi intermedi o
finali, investimenti, esportazioni);
• operazioni finanziarie: consistono nell'acquisizione o cessione di attività finanziarie
(acquisto di azioni o altri titoli, apertura di depositi, erogazione di prestiti ecc.);
• operazioni di distribuzione e redistribuzione del reddito e della ricchezza: fanno sì che il
valore aggiunto generato dall'attività produttiva venga distribuito fra i fattori della
produzione.
Le operazioni possono avere o non avere una contropartita. Nel primo caso (ad esempio, la vendita
di un bene), ad un flusso di denaro o in natura corrisponde un flusso di beni o servizi di pari valore;
nel secondo caso (ad esempio, l'erogazione delle stipendio) non vi è una diretta contropartita e si
parla di operazioni unilaterali o trasferimenti.
I settori economici
Le diverse attività di produzione di beni e servizi vengono classificate in settori economici.
Al livello più generale si usa la tradizionale distinzione tra:
• settore primario, che comprende l'agricoltura, la selvicoltura, la pesca, lo sfruttamento delle
cave e delle miniere;
• settore secondario, che comprende l'industria in senso stretto, l'edilizia e l'artigianato;
• settore terziario, che produce e fornisce servizi.
La ricchezza di un sistema economico
Le attività si dividono in non finanziarie e finanziarie. Tra le prime rientrano:
• attività fisse materiali: terreni, abitazioni, macchine e impianti, mezzi di trasporto,
giacimenti minerari ecc.;
• attività fisse immateriali: opere artistiche, software, brevetti ecc.;
• scorte di materie prime, prodotti in corso di lavorazione, prodotti finiti;
• oggetti di valore: pietre e metalli preziosi, oggetti di antiquariato ecc.
Tra le attività finanziarie vi sono monete, depositi, azioni ed altri titoli ecc.
La misurazione delle attività ad una certa data consente di determinare la ricchezza, a quella data, di
un sistema economico (si tratta di uno stock, non di un flusso).
Tipi di sistemi economici
Si possono individuare diversi tipi di sistemi economici, sulla base della presenza di tutti, o solo di
alcuni, degli operatori sopra indicati, della maggiore importanza di alcuni rispetto ad altri, di diverse
modalità di esplicazione delle loro funzioni, di diverse regole per l'esecuzione delle operazioni. Su
tali aspetti influiscono le istituzioni politiche e sociali, le tecnologie disponibili, aspetti culturali e
ideologici.
Nel corso della storia si sono susseguiti diversi sistemi economici, mentre altri sono stati solo ideati
e mai realizzati.
tà contemporanea [modifica]
L'età contemporanea inizia, da un punto di vista economico, con la rivoluzione industriale: un
processo di evoluzione che da un'economia agricola-artigianale-commerciale portò ad un'economia
industriale moderna, caratterizzata dall'uso generalizzato di macchine azionate da energia
meccanica e dall'utilizzo di nuove fonti energetiche inanimate (in primo luogo i combustibili
fossili).
Ne sono seguiti il progressivo declino dell'agricoltura (il numero degli occupati nel settore agricolo
iniziò a diminuire costantemente dopo la Grande depressione del 1873-1895, detta Long
Depression) e, con esso, quello dell'aristocrazia, la crescente importanza della borghesia produttiva,
lo sviluppo sostenuto delle città, l'estensione della produzione per il mercato e la tendenziale
scomparsa di quella per l'autoconsumo, la nascita di un mercato del lavoro.
Attraverso grandi momenti di crisi economica (la Long Depression e il crollo di Wall Street del
1929) e politica (la Prima guerra mondiale, la Rivoluzione russa, la Repubblica di Weimar), si sono
affermati nel XX secolo tre diversi sistemi economici:
• l'economia di mercato: è basata sull'interazione degli operatori economici privati, con un
ruolo limitato dello Stato (ordine pubblico, difesa, giustizia, istruzione, costruzione di
infrastrutture);
• l'economia pianificata: in essa la gestione delle dinamiche del sistema economico compete
allo Stato, che elabora piani di breve-media durata che stabiliscono gli obiettivi e regolano
conseguentemente l'impiego delle risorse;
• l'economia mista: accanto all'interazione degli operatori privati, lo Stato interviene
direttamente nel funzionamento del sistema economico, a sostegno della produzione e
dell'occupazione, utilizzando la spesa pubblica ed avvalendosi di politiche fiscali e
monetarie.
Studio dei sistemi economici
L'Economia politica studia i sistemi economici per individuarne le leggi di funzionamento.
L'economia politica in senso moderno nasce quando si afferma la separazione tra etica e politica e ci
si pone espressamente il problema della potenza economica degli Stati. Per lungo tempo tale
disciplina si è occupata prevalentemente di sistemi economici nazionali;[3] i suoi concetti e metodi
si sono tuttavia progressivamente estesi allo studio sia di sistemi sociali di ogni genere (economia
aziendale), sia di singoli settori economici (economia agraria, economia industriale ecc.).
Il budget
Il budget (dal francese bougette, borsa) è il bilancio di previsione e rientra tra gli strumenti
fondamentali di programmazione e controllo dell'azienda.
Partendo dalla previsione delle vendite e tenendo conto delle scorte esistenti e dei costi da sostenere
(ore uomo, materie prime, servizi esterni, ecc.) espone i ricavi presunti.
Di norma si riferisce all'anno contabile (detto: esercizio) successivo a quello in cui viene elaborato.
Il termine è anche utilizzato fuori dell'ambito aziendale, sia con il suo significato di base, ristretto,
ad esempio all'ambito familiare, ed anche, impropriamente ma diffusamente, per indicare quanto c'è
in cassa da spendere ossia la disponibilità del momento.
Il budget come strumento familiare o personale
Il budget familiare o personale è costituito essenzialmente dall'elenco delle entrate, quali
retribuzioni, pensioni, e qualsiasi altro tipo di ricavo, e una previsione delle uscite ossia delle spese
di qualsiasi natura, sia variabili che fisse quali, ad esempio, affitto, mutuo, assicurazioni, ma anche
cibo, acqua, luce, telefono, ecc.
Le entrate dovrebbero essere sufficienti a coprire (pareggiare) le uscite. In caso negativo è
necessario prevedere come coprire la parte mancante, ad esempio con un prestito, oppure tagliare
eventuali spese, od ancora rimandare al futuro la parte non disponibile usufruendo di acquisti a rate
(con finanziamento).
Il processo di preparazione del budget finanziario
Il budget, nella sua essenza fisica, è il documento formale risultante da un processo di elaborazione
che dura alcuni mesi durante il quale:
si indicano gli obiettivi del periodo (direzione),
si indicano i limiti (di risorse) da impiegare (direzione),
si definiscono i programmi e progetti (sintetici) (ciascun responsabile di area aziendale),
si quantificano i fabbisogni di risorse (ciascun responsabile di area aziendale),
si elabora una prima stesura del piano generale degli impegni (staff direzione),
si definiscono le priorità sugli impegni risultanti (direzione),
si definisce il piano di copertura delle risorse mancanti (responsabili delle risorse),
si correggono i programmi ed i progetti sulla base delle effettive coperture dei fabbisogni
(ciascun responsabile di area),
• si elabora una nuova versione del piano degli impegni generale (staff direzione),
• e, se va bene, si produce il budget. Altrimenti si esegue un altro ciclo di correzioni
(riprevisioni).
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Bilancio d'esercizio
Il bilancio d'esercizio è l'insieme dei documenti che un'impresa deve redigere periodicamente, allo
scopo di rappresentare in modo veritiero, chiaro e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria al
termine del periodo amministrativo, nonché il risultato economico dell'esercizio.
Definizione
Il bilancio d'esercizio è un documento contabile, redatto (compilato) dagli amministratori alla fine
di ogni periodo amministrativo, che determina il risultato economico d'esercizio (reddito) e
rappresenta la situazione patrimoniale e finanziaria dell'impresa alla fine del medesimo. Dev'essere
compilato secondo le norme previste:
1. Dal codice civile;
2. Dal testo unico delle imposte sui redditi (tuir);
3. Dai principi contabili.
Per giungere alla sua determinazione bisogna rispettare alcune fasi:
1.
2.
3.
4.
5.
Redazione dell'inventario d'esercizio;
Registrazione delle scritture di assestamento;
Determinazione del saldo dei conti;
Redazione della situazione contabile;
Chiusura dei conti nel conto economico di fine anno e nello stato patrimoniale.
I documenti che devono essere redatti sono:
1. lo Stato patrimoniale
2. il Conto economico
3. la Nota integrativa
4. la Relazione sulla gestione
Altro documento giudicato di complemento è il rendiconto finanziario.
La redazione del bilancio ha due obiettivi: rispondere agli obblighi contabili e fiscali previsti dal
codice civile e mettere a disposizione di operatori esterni ed interni all'impresa (fornitori, creditori,
risparmiatori, analisti finanziari, Stato, soci, dipendenti) informazioni sull'andamento dell'impresa.
Il bilancio può essere assoggettato o meno a revisione contabile.
Quindi, il bilancio d'esercizio non è soltanto un insieme di documenti da redigere secondo gli
obblighi di legge, ma è la fonte principale d'informazione dei dati economici, patrimoniali e
finanziari dell'impresa per tutte le classi di portatori di interesse nei suoi confronti: creditori,
dipendenti, clienti e fornitori, organi statali di controllo, fisco, pubblica amministrazione; soggetto
economico e/o management; azionisti di maggioranza e di minoranza.
Struttura del bilancio
Lo Stato Patrimoniale
Lo Stato Patrimoniale è il documento che definisce la situazione patrimoniale di una società in un
determinato momento.
Attività o Investimenti:
Liquidità immediate
Liquidità differite
Rimanenze (che possono essere riassunte con la voce Attività correnti o attivo circolante)
Immobilizzazioni tecniche (materiali e immateriali)
Immobilizzazioni finanziarie, che possono essere riassunte nella voce Attività fisse (o attivo
immobilizzato)
Fonti di finanziamento:
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Passività a breve scadenza
Passività a media e lunga scadenza (che rappresentano le fonti esterne)
Capitale sociale
Riserve di utili, che rappresentano le fonti interne
Il Conto Economico
Il Conto Economico è il documento del bilancio che contiene i costi e i ricavi di competenza
dell'esercizio preso in considerazione dal bilancio. La differenza tra costi e ricavi illustra il risultato
economico conseguito dalla società: se positivo è detto utile e va ad incrementare il capitale netto,
se negativo è detto perdita e va a decrementare il capitale netto.
In particolare, il Conto Economico:
1. individua tutti i fattori che hanno partecipato al ciclo gestionale e costituisce una verifica di
come hanno contribuito al risultato d'esercizio le voci dello Stato patrimoniale;
2. permette d'individuare i risultati parziali di tutte le fasi gestionali in cui può essere
scomposta l'attività dell'impresa;
3. permette di individuare, in via di prima approssimazione, le responsabilità di ciascun
dirigente (responsabili di funzione).
Mercato
In economia, si intende per mercato il luogo deputato all'effettuazione degli scambi economici del
sistema economico di riferimento. Secondo un'altra definizione, più finalistica, il mercato è
l'insieme della domanda e dell'offerta, cioè degli acquirenti e dei venditori. In termini equivalenti, il
mercato è definito come il punto di incontro della domanda e dell'offerta. Queste definizioni
possono quindi riferirsi ad un luogo fisico, od ad un concetto immateriale. Spesso con il termine
mercato si suole anche intendere sinteticamente il sistema economico più precisamente definito
economia di mercato.
I soggetti del mercato
I singoli agenti economici sogliono essere distinti, a seconda della loro funzione, in due categorie
principali, compratori e venditori.
I compratori includono i consumatori (che acquistano beni e servizi per uso personale), e le
imprese, che strumentalmente acquistano lavoro, capitale e materie prime per produrre beni e
servizi.
I venditori includono le imprese, che vendono i beni ed i servizi da loro prodotti, i lavoratori che
vendono i propri servizi ed i proprietari di risorse produttive (ad esempio beni immobili) che
possono essere cedute a titolo definitivo (vendita, o meglio alienazione) al fine di ricavarne il
prezzo, oppure a titolo temporaneo (per locazione o altri tipi di diritto di godimento) al fine di
ricavarne la rendita.
La maggior parte degli individui e delle imprese sono allo stesso tempo compratori e venditori, ma
è più semplice a volte considerarli separatamente, come compratori nel momento in cui acquistano
e come venditori nel momento in cui vendono.
Compratori e venditori, secondo una delle citate definizioni, interagiscono per formare i mercati. Un
mercato è in questo senso un insieme di compratori e venditori che interagiscono, generando così
delle opportunità di scambio.
Mercati concorrenziali e mercati non concorrenziali
Un mercato perfettamente concorrenziale soddisfa quattro condizioni:
a) tutti i partecipanti al mercato sono in ogni momento al corrente delle opportunità che il mercato
offre,
b) i compratori e i venditori sono piccoli e indipendenti,
c) l'inserimento di nuovi prodotti è semplice,
d) esiste facilità di movimento di capitali da un settore ad un altro.
I modi del mercato e della concorrenza
A seconda del tipo di sistema economico in uso, in dipendenza quindi delle previsioni ordinamentali
in materia di proprietà, di commercio e di impresa, che sono di fonte politica, le azioni dei soggetti
del mercato possono essere sottoposte a regolamentazione (in genere statale, spesso applicata da
enti regolatori appositi) oppure lasciate al libero arbitrio degli operatori.
Nei sistemi di tipo liberista, si ha la tendenza a lasciare la massima libertà d'azione agli operatori,
mentre in sistemi a forte influenza politica (come nel caso d'estremo dei sistemi collettivistici)
precise regole determinano le quantità di prodotto che possono essere fatte confluire sul mercato, i
loro prezzi, le condizioni di vendita ed altri aspetti minori.
Cresce anche nei sistemi liberisti, per la sopravvivenza stessa del principio libertario, l'esigenza di
combattere la tentazione monopolistica dell'operatore, o la sua forma minore che è l'abuso di
posizione dominante, contrastando l'affermarsi di posizioni di controllo di fatto di un mercato da
parte di un singolo operatore (o di un cartello di operatori). Sono le cosiddette "politiche antitrust",
che anche in Italia sono da tempo allo studio di appositi enti governativi.
Altri tipi di regolamentazione dei mercati tendono, ad esempio nel mercato azionario, a contrastare
le manovre speculative, non in quanto potenzialmente lesive degli interessi dell'azienda che avrebbe
a subirle, quanto invece per tutelare i piccoli risparmiatori che hanno investito in tali aziende. Sono
di questo genere, ad esempio, le sospensioni di un titolo per eccesso di ribasso.
Mercato del lavoro
Il concetto di mercato del lavoro è utilizzato di norma per indicare l'insieme dei meccanismi che
regolano l'incontro tra i posti di lavoro vacanti e le persone in cerca di occupazione e che
sottostanno alla formazione dei salari pagati dalle imprese ai lavoratori.
Oggetto di studio multidisciplinare, il mercato del lavoro può essere considerato sia da un punto di
vista economico che da un punto di vista sociologico. Il primo approccio si basa prevalentemente
sull'analisi del meccanismo di mercato di domanda/offerta che regola lo scambio di lavoro in
maniera sostanzialmente analogo a qualsiasi altra merce; l'approccio sociologico, invece, si
focalizza sui meccanismi istituzionali che regolano lo scambio di lavoro in contesti storicogeografici specifici.
La prospettiva economica
Il mercato del lavoro, alla stregua degli altri mercati di beni o servizi, è un luogo teorico dove vige
il criterio della concorrenza e dell'equilibrio ottenibile grazie al sistema dei prezzi. Il massimo
equilibrio possibile corrisponde alla situazione di pieno impiego.
Tuttavia, mentre è antichissima l'origine degli altri mercati, il mercato del lavoro è tipico del
capitalismo, in quanto presuppone la separazione tra la proprietà e l'utilizzo dei mezzi di produzione
(v. enclosures): il lavoratore si pone sul mercato in quanto, non disponendo di propri mezzi di
produzione, non ha altra alternativa per procurarsi quanto necessario al proprio sostentamento.
Nell'economia politica neoclassica la forza lavoro è considerata una risorsa scarsa che può essere
comprata e venduta come qualsiasi altra merce anonima su un libero mercato. Gli individui
agiscono in quanto aspirano a massimizzare la propria utilità, ossia il reddito. La nascita e
l'evoluzione di questo mercato non sono problematiche poiché gli attori economici adoperano il
criterio della razionalità e sono naturalmente propensi allo scambio. L'autoregolazione del mercato
garantisce l'ottimizzazione del lavoro come risorsa, ossia il suo allocamento e l'uso che se ne fa.
Infine, ipotesi socialmente più rilevante, il mercato del lavoro è unitario: esiste una concorrenza
anche fra i lavoratori e fra i datori di lavoro in virtù della sostituibilità rispetto al prezzo.
Fattori che incidono sulla domanda e sull'offerta
È possibile analizzare quali sono i fattori sociali e culturali che provocano un discostamento della
domanda e dell'offerta di lavoro dalle teorie economiche pure:
In particolare l'offerta di lavoro è condizionata:
• Dalle aspirazioni professionali dei lavoratori. Esse a loro volta sono condizionate dai livelli
di istruzione e dalla cultura del lavoro.
• Dalla capacità dei lavoratori di mobilitare relazioni (forti e deboli) e risorse sociali.
• Dal ruolo della famiglia; in particolare le differenze di genere nel processo di formazione
dell'offerta sono fondamentali.
• Dai vincoli dovuti alle responsabilità extra-lavorative (in termini di orari, mobilità, etc).
Allo stesso modo la domanda di lavoro è condizionata:
• Dal tipo di posizionamento competitivo delle imprese.
• Dalle strategie di reclutamento e gestione del personale scelte dalle imprese.
• Dalle rappresentazioni condivise in ordine al ruolo di specifiche categorie di lavoratori (per
es. la segregazione di genere e la discriminazione razziale).
L'incontro domanda/offerta di lavoro non avviene su un mercato impersonale e in corrispondenza di
un salario d'equilibrio, ma è condizionato:
• Dall'esistenza di una pluralità di mercati della domanda e dell'offerta, in relazione alle
caratteristiche delle società locali.
• Dalla regolazione giuridica del mercato del lavoro e dalla possibilità di eluderla.
• Dalle politiche del lavoro e dell'occupazione (nazionali e/o locali).
• Dai sistemi di relazioni industriali.
• Dall'intervento di istituzioni di sostegno all'incontro domanda/offerta (centri per l'impiego,
agenzie private d'intermediazione, uffici di collocamento).
• Dalla persistenza di segmenti dell'economia regolati dalla tradizione e da vincoli familistici
e comunitari.
• Dall'operare di organizzazioni illegali quali ad es. il caporalato.
Contratto di lavoro
Il contratto individuale di lavoro dipendente è stipulato tra un datore di lavoro (persona fisica,
giuridica o ente dotato di soggettività) e un lavoratore, necessariamente persona fisica per la
costituzione di un rapporto di lavoro. Mentre la prestazione deve essere unica, è prevista la
possibilità di più datori o più lavoratori stipulanti lo stesso contratto.
Le parti
Il contratto di lavoro dipendente si costituisce attraverso il consenso delle parti (accordo). La
capacità di stipulare validamente un contratto di lavoro da parte del prestatore si acquista al
raggiungimento dell'età minima per l'ammissione al lavoro, elevata dal 1º gennaio 2007 dalla legge
finanziaria 2007, del 27 dicembre 2006 n. 296, art. 1 comma 622, al compimento del 16º anno di
età. In precedenza la legge stabiliva in 15 anni, età abbassata a 14 per date attività, come le agricole,
ed elevata a 16 per certi lavori pesanti o pericolosi, l'età minima per l'inizio dell'attività lavorativa.
In deroga al principio generale, secondo il quale la capacità di concludere un contratto si acquista
con il conseguimento della maggiore età, per l'inizio dell'attività lavorativa si ha un'eccezione, con
la possibilità di concludere validamente un contratto di lavoro.Bisogna precisare che in taluni settori
quali il lavoro domestico, il genitore deve autorizzare comunque il minore all'effettuazione
dell'attività lavorativa, come dispone la legge 2 aprile 1958 n. 359.
A differenza del lavoratore, il datore di lavoro non è sottoposto a una disciplina particolare, per cui
trovano applicazione, anche in relazione alla sua capacità giuridica e d'agire, le disposizioni generali
in materia contrattuale.
La causa
La causa tipica del contratto di lavoro è lo scambio tra il lavoro (intellettuale o manuale) prestato in
posizione subordinata e la retribuzione.
Dal contratto derivano pertanto due obbligazioni speculari: quella del datore di lavoro di
corrispondere la retribuzione dovuta, e quella del lavoratore subordinato di prestare la propria opera
"alle dipendenze e sotto la direzione" del datore (art. 2094 c.c.).
La forma
L'ordinamento italiano non prevede una particolare forma per il contratto di lavoro, che può
pertanto essere concluso anche oralmente o per atti concludenti alla luce del principio generale di
libertà della forma.
La forma scritta può tuttavia essere imposta dalla contrattazione collettiva o dalla legge.
La forma scritta è imposta inoltre, seppur indirettamente, da altre norme, che di fatto la rendono
indispensabile per assolvere a vari obblighi che il legislatore pone in capo al datore di lavoro a pena
di sanzioni amministrative. A titolo di esempio si ricordano:
• l'obbligo di consegnare al lavoratore, ai sensi del D. Lgs. n. 152/1997 art. 1, della legge n.
608/1996, della legge n. 133/2008, al momento dell'assunzione, un documento riportante
generalità del datore di lavoro e del lavoratore, la durata delle ferie, la periodicità della
retribuzione, il termine di preavviso per il licenziamento e la durata normale giornaliera o
settimanale di lavoro, oppure il copia del contratto di lavoro o ancora copia della
Comunicazione obbligatoria di assunzione.
• l'obbligo del datore di lavoro di comunicare per il tramite dei servizi telematici del Ministero
del Lavoro che ha sostituito la comunicazione dal 1º marzo 2008 ai Centri per l'impiego,
almeno un giorno prima antecedentemente l'assunzione, il contenuto del contratto.
Da notare che in caso di assenza di comunicazioni e di contratto il lavoratore viene considerato
irregolare ai sensi dell'art. 36-bis legge n. 248/2006, a pena di pesanti sanzioni amministrative.
L'oggetto
L'oggetto del contratto di lavoro è costituito dalla prestazione lavorativa (manuale o intellettuale) e
dalla retribuzione che il datore di lavoro ha l'obbligo di corrispondere come controprestazione.
La concreta prestazione lavorativa è determinata contrattualmente, nel senso che il lavoratore deve
essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto, mansioni che vengono specificate nella
lettera di assunzione.
L'oggetto del contratto, oltre ad essere determinato o determinabile, deve altresì essere lecito e
possibile (artt. 1346 c.c.), pena la nullità del contratto (art. 1418 c.c.). La prestazione dedotta in
contratto non può quindi risolversi in un'attività impossibile (di fatto o di diritto), né può porsi in
contrasto con norme imperative, con l'ordine pubblico o con il buon costume.
Il tempo determinato
Il contratto di lavoro può essere stipulato sia a tempo indeterminato che a tempo determinato
mediante l'apposizione di un termine finale di durata, c.d. contratto a tempo determinato.
Il datore di lavoro può ora ricorrere al contratto a termine qualora sussistano ragioni di carattere
1. tecnico (es. per assumere a termine personale con professionalità diversa da quella
normalmente impiegata in azienda)
2. produttivo e organizzativo (es. picchi di produzione, ecc.)
3. sostitutivo (ad esempio per sostituire lavoratori assenti)
Forma del Termine
L'apposizione del termine quale devono essere inserite anche specifiche motivazioni sul motivo del
termine, pena la conversione del contratto in contratto a tempo
Alla scadenza del termine, il rapporto si conclude di formale comunicazione.
L'apposizione del patto di prova
Il contratto di lavoro può prevedere un periodo di prova, durante il quale ciascuna parte può
recedere senza obbligo di preavviso.
La legge richiede la forma scritta, in difetto della quale il patto si ha per non apposto.
Oggetto del patto è la verifica delle capacità professionali e della personalità del lavoratore.
In capo al datore è posto l'obbligo di permettere l'effettivo svolgimento della prova.
Periodo di prova e recesso
Durante il periodo di prova non trova applicazione la disciplina sui licenziamenti: il recesso è
discrezionale, e non deve essere motivato. Va però precisato che l’unica ragione per cui si può
licenziare è il mancato superamento della prova. Di conseguenza, il licenziamento è illegittimo se il
datore non ha consentito l'esecuzione della prova o se ha licenziato per una ragione discriminatoria
La legge prevede un triplice regime in caso di licenziamento illegittimo intimato durante il periodo
di prova:
• nel caso di recesso invalido in un normale rapporto di prova, ad esempio per l'incongruità
del periodo, è previsto il solo risarcimento
• nel caso di recesso invalido da un rapporto di prova con l’avviato obbligatoriamente ex l.
482/68, è prevista la reintegrazione nel posto di lavoro qualora l’esperimento non sia stato
effettuato “con mansioni confacenti alla menomazione dell’invalido”.
• nel caso di recesso nullo per motivo discriminatorio, opera la l. 108/90, ed è quindi stabilito
l'obbligo di reintegrazione nel posto di lavoro ex art. 18 St.lav.
Certificazione del contratto di lavoro
Dietro richiesta del datore e del lavoratore, il contratto di lavoro può essere certificato davanti alle
commissioni istituite presso le Provincie e le Direzioni Provinciali del Lavoro. Se certificato, il
contratto di lavoro da semplice scrittura privata assume maggiore forza di atto amministrativo, in
quanto stipulato alla presenza di entrambe le parti contraenti, si tratta di un certificato, emesso non
da un singolo pubblico ufficiale, ma da una commissione che rappresenta tutte le amministrazioni
coinvolte dagli effetti giuridici di tale contratto. Il contratto è opponibile dalle parti contraenti, da
INPS e INAIL
Il collegato lavoro approvato dal Senato il 3 marzo 2010 sostituisce nuovamente l'art. 75 della
Legge Biagi con il seguente: «Art. 75. – (Finalità). – 1. Al fine di ridurre il contenzioso in materia di
lavoro, le parti possono ottenere la certificazione dei contratti in cui sia dedotta, direttamente o
indirettamente, una prestazione di lavoro secondo la procedura volontaria stabilita nel presente
titolo». La nuova norma prevede che il giudice non possa discostarsi da quanto concordato fra le
parti, che il controllo giudiziale si limiti all'accertamento del presupposto di legittimità, e non
possano essere estese al sindacato di merito delle motivazioni tecniche, organizzative e produttive
che motivano l'atto di licenziamento.
Investimento
Per investimento si intende l'incremento dei beni capitali e l'acquisizione e la creazione di risorse da
usare nel processo produttivo.
Nelle imprese private e nel settore pubblico l'investimento serve ad acquistare o produrre in proprio
(nella terminologia aziendale si dice “in economia”) beni capitali materiali quali impianti,
macchinari, capannoni, beni immateriali, quali ricerche o campagne pubblicitarie, risorse da usare
nel processo produttivo, come le materie prime e infine scorte di prodotti finiti. Vi sono poi
investimenti che non rientrano nel bilancio d'esercizio di una impresa privata, ma, quando previsto,
nel bilancio sociale, come gli investimenti in formazione del personale o in sistemi produttivi meno
inquinanti. In questo caso si parla di investimento in senso lato, dal momento che i costi
corrispondenti rientrano nelle spese correnti.
La finanza aziendale considera l'investimento dal punto di vista dei capitali che esso richiede, del
costo delle diverse fonti di capitale, delle scelte tra diversi piani di ammortamento dei debiti
contratti per realizzare l'investimento e tra diversi investimenti che generano flussi finanziari
diversi.
Rischio finanziario
L'investimento comporta di per sè un rischio, connesso alla possibilità che il "bene"/strumento
finanziario acquisito vari il suo valore nel tempo. Quindi l'atto stesso di investire equivale ad
un'assunzione di rischio. Questo è connesso all'acquisto o alla vendita di una serie di
"beni"/strumenti finanziari legati a proprie intrinseche variabili, a loro volta funzioni di una serie di
elementi aleatori (andamento dei titoli, andamento dei cambi, rischi di un esito diverso da quello
previsto dell'investimento o per il sopraggiungere di elementi negativi imprevisti come attentati
terroristici, speculazioni di mercato, mode improvvise, ecc.)
Premio di rischio
La presenza del rischio induce gli investitori a diversificare gli investimenti per ridurre il rischio a
parità di rendimento atteso.
In un'ottica finanziaria, il tasso d'interesse deve essere pari a quello risk-free aumentato di un
premio di rischio che deve essere crescente col rischio d'investimento. Il rendimento di riferimento
per il tasso risk-free è quello dei titoli di Stato, che appunto garantiscono l'intero capitale investito e
l'interesse. Altrimenti, il riferimento del tasso risk-free è scelto fra gli strumenti aventi rating pari ad
A, o maggiore.
Diversificazione di portafoglio
La diversificazione del rischio e dell'investimento avviene per tutte le componenti del rischio di
investimento: durata, rischio di liquidità (legato alla società, al comparto, settore e alla congiuntura
economica/mercato di appartenenza), rischio valutario. Perciò, si diversifica investendo in tipologie
di titoli differenti (opzioni, azioni, obbligazioni), in titoli differenti per società e settore di afferenza,
moneta di denominazione e mercato di appartenenza (es. quotati alla Borsa Italiana e in un altro
Paese dell'area UE), durata (obbligazioni a 6 mesi e a 5 anni) e combinazioni di questi fattori.
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