IL DATORE DI LAVORO DEVE PAGARE I CONTRIBUTI AL

IL DATORE DI LAVORO DEVE PAGARE I CONTRIBUTI
ILLEGITTIMAMENTE
AL LAVORATORE LICENZIATO
Importante sentenza della Corte di Cassazione sulla questione riguardante gli obblighi contributivi
del datore di lavoro nei confronti di un dipendente licenziato. Il caso riguardava un’azienda
agricola che aveva sospeso sia la retribuzione sia i contributi previdenziali ad un dipendente
licenziato. La Corte di Cassazione, ha negato al datore di lavoro la possibilità di recuperare la parte
di contributi gravanti sul lavoratore.
Per la Cassazione la L. n. 218 del 1952, art. 19, confermando l'art. 2115 c.c., impone la
contribuzione previdenziale tanto al datore quanto al prestatore di lavoro, dichiara il primo
responsabile del pagamento anche per la parte a carico del secondo ed autorizza la trattenuta di
questa parte sulla retribuzione. A queste regole, però, il successivo art. 23, pone un'eccezione per
l'ipotesi in cui il datore di lavoro, non provveda al pagamento dei contributi entro il termine
stabilito, in tal caso egli è tenuto al pagamento “tanto per la quota a proprio carico quanto per
quella a carico dei lavoratori”. Secondo tale articolo, il datore di lavoro che ha licenziato
indebitamente il dipendente e che non ha versato i contributi nei termini entro i quali avrebbe
dovuto se non lo avesse licenziato, ha commesso un illecito contrattuale.
Che poi la contribuzione sia dovuta per il periodo in cui il lavoratore non abbia potuto rendere le
proprie prestazioni perché illegittimamente licenziato, è stabilito dalla L. n. 300 del 1990, art. 18,
nel testo modificato dalla L. n. 108 del 1990, art. 1. Così la Corte di Cassazione, confermando la
decisione di secondo grado, ha ritenuto che la stessa avesse risposto esattamente al quesito del
citato articolo 23 che avrebbe dovuto applicarsi anche nel caso in cui il ritardo nel pagamento dei
contributi fosse dipeso, come nel caso in questione, da un licenziamento illegittimo, seguito da
sentenza accertativa dell'illegittimità e ordinante la reintegrazione del lavoratore nel suo posto di
lavoro. Viene posta però un’eccezione all’applicabilità dell’art. 23, nel caso in cui il ritardo dei
pagamenti non possa essere imputato alla condotta volontaria del datore di lavoro. Nel caso preso
in esame non può essere presa in considerazione tale eccezione poiché l’interruzione del rapporto
di lavoro dipendeva solo dalla volontà del datore di lavoro.
Pasquale Zavaglia
Direttore Generale Epas