Quaderni Jura Gentium - Feltrinelli MARXISMO E DEMOCRAZIA (*) Franco Sbarberi Dall'inizio degli anni settanta Bobbio è stato per Zolo, come si legge nella Premessa del libro, "un punto di riferimento intellettuale e morale", soprattutto per le riflessioni filosofico-politiche contenute in tre opere: Politica e cultura (1955), Quale socialismo? (1976), Il futuro della democrazia (1984). A questi tre libri fondamentali si deve, oltre al "carattere vivo, aperto, esplorativo" della ricerca di Bobbio, anche il suo "stile di pensiero": "la disposizione al dialogo con l'avversario, la dignitosa sobrietà del linguaggio, la chiarezza adamantina, l'atteggiamento di austera indipendenza intellettuale" (1). Concordo pienamente con questo giudizio, che completerei evidenziando, nel modo di essere di Bobbio, una quarta componente: l'assenza di arroganza intellettuale. In un passo del 1999 sul significato del dialogo, si legge quanto segue: "Il dialogo è l'opposto dello sbandieramento delle proprie opinioni, è il rifiuto di fare da protagonista, l'uomo del monologo. [...] Il dialogo è perfettamente compatibile con quel motto che io considero uno dei caratteri del piemontesismo: «Esageroma nen». Non esagerare neppure nell'autostima, nella sopravvalutazione di se stesso. La disposizione al dialogo non può fare a meno di questo atteggiamento. Non c'è nulla che renda più difficile il dialogo che l'eccessiva stima di se stesso, il pretendere di aver sempre ragione e che le proprie idee non abbiano bisogno di essere confrontate con quelle degli altri" (2). A ben vedere, alcuni aspetti dello stile e della scrittura di Bobbio hanno molto a che fare con le caratteristiche classiche che sono richieste all'epistola come genere letterario. L'antichità greco-romana ha tramandato numerosi testi che contengono una vera e propria "teoria epistolare", organizzata non solo per genere (la nutrita casistica delle lettere private e di quelle pubbliche), ma anche per caratteri. Questi ultimi vengono distinti per il tono, che va commisurato alla figura del destinatario; per l'esposizione, che deve essere breve, chiara ed elegante; per lo stile, che deve essere cotidianus, e quindi improntato al dialogo; per i fatti, che devono essere esposti con ordine. Cura per la chiarezza dell'esposizione, per lo stile dialogico, per l'ordine dei fatti. Elementi virtuosi che appartengono anche alla scrittura pubblica di Bobbio. Del resto, fin dall'antichità, sono stati proprio i filosofi (Epicuro, Platone, Aristotele, Cicerone, Seneca) che hanno usato le lettere come genere politico, filosofico-morale e scientifico per far conoscere il loro pensiero e discutere quello altrui. Il rapporto intellettuale ed epistolare (in seguito anche di amicizia, come si apprende da una lettera del '97, in cui il collega fiorentino viene chiamato "Caro Danilo") tra Bobbio e Zolo inizia nel 1974, con una lettera-recensione del libro di quest'ultimo su La teoria comunista dell'estinzione dello Stato. Lo scambio prosegue poi nel 1976, dopo la pubblicazione, sempre da parte di Zolo, di Stato socialista e libertà borghesi. Una discussione sui fondamenti della teoria politica marxista; e continua per più di un ventennio in lettere, libri e articoli sui problemi della democrazia, dell'ordine internazionale, della pace e della guerra. Consensi e dissensi si alternano sino alla fine. Ma la diversità di vedute non si risolve mai in asprezza, anche perché sorretta, in entrambi, da una profonda passione per la ricerca. I temi sui quali mi soffermerò sono quelli dell'interpretazione di Marx e della democrazia. E' su questi due terreni, infatti, che il pensiero di Bobbio ha esercitato nel lungo periodo la maggiore influenza su Zolo. Ora, per capire il modo in cui Bobbio si è posto dinanzi all'opera di Marx è utile partire da un suo appunto del 1969, da me pubblicato nel gennaio del 2006 (3). Ecco l' 1 Quaderni Jura Gentium - Feltrinelli annotazione: "I miei incontri con Marx sono avvenuti in momenti cruciali della mia vita. Antifascismo militante (Padova 1941-42); problemi della ricostruzione (45-50); crisi universitaria (1968..), che hanno coinciso con la ripresa dei miei studi gramsciani e mondolfiani. Ne sono sempre rimasto affascinato, ma non mai convinto. I tre piani su cui si pone l'incontro con Marx. Filosofico: la fil[osofia] della storia di M[arx] è ottimistica, la società senza classi, intravista a breve scadenza. La dittatura del proletariato e poi il gioco è fatto (veramente questa semplificazione è più di Engels e di Lenin). Questa visione della storia mi pare semplicistica e superficiale: smentita dalla storia, ecc. Scientifico: che Marx abbia dato contributi decisivi allo sviluppo della scienza sociale, nessun dubbio. Ma si tratta di contributi, non come pretendono i marxisti convinti, come Della Volpe, Korsch, Lukacs, ecc. delle scoperte della scienza della società. Quali sono le novità metodologiche di Marx. L'astrazione determinata, la totalità, la dialettica. La sociologia di M[arx] come sociologia critica, come critica dell'esistente. Critica della critica. Politico: la storia procede per rivoluzioni, necessità della rivoluzione, critica dell'evoluzionismo, del riformismo. La rivoluzione socialista come atto risolutivo. Non è avvenuto nulla di quel che Marx ha previsto (la scienza cosiddetta borghese ha fatto previsioni molto più giuste sulle degenerazioni della rivoluzione sovietica di quel che il marxismo abbia fatto rispetto alla crisi della società capitalistica, ecc."). Come si vede, l'interesse di Bobbio per Marx non è tanto legato a una lettura particolare che abbia fatto sua (anche se l'edizione del 1923 di Sozialismus und Staat di Kelsen è stata da lui accuratamente annotata proprio negli anni dell' "apprendistato"), quanto ai "momenti cruciali" del suo impegno civile, l'ultimo dei quali si è manifestato all'inizio degli anni novanta, dopo l'implosione del comunismo. In ognuno di questi periodi Bobbio ha messo in luce due limiti fondamentali del pensiero di Marx: 1) la visione provvidenzialistica della vicenda umana, scandita dai movimenti della caduta (il lavoro salariato ridotto a merce) e della redenzione (il comunismo come "soluzione dell'enigma della storia"), e in quanto tale ritenuta espressione di un habitus religioso "completamente estraneo all'ethos democratico" (4); 2) la pretesa di concepire il materialismo storico come la definitiva "scienza della società". Penso che il rifiuto di questa seconda credenza sia legata, in Bobbio, anche alla convinzione che ogni filosofia e cultura, ancorché elaborate con sapienza, siano costitutivamente fragili e non possano mai suggerire soluzioni estreme. Ciò nondimeno, il pensiero di Marx, inteso "come sociologia critica, come critica dell'esistente", ha sollevato per Bobbio alcuni problemi ineludibili, che riassumerei in questi termini: a) il primato del potere economico sul potere politico; b) la tendenza alla mercificazione universale del lavoro salariato; c) il risvolto mistificante delle ideologie; d) la concezione dello stato come apparato di forza e come strumento di difesa di interessi di parte. Sia negli anni cinquanta sia alla fine del secolo, i primi due motivi marxiani sono stati sostanziamente tradotti da Bobbio nell'idea che la libertà vada concepita non solo come assenza di interferenza e come autonomia - alla maniera del pensiero liberaldemocratico moderno - ma anche come potere, ossia come redistribuzione permanente di risorse economiche e come sviluppo delle capacità politiche e culturali dei soggetti attraverso l'intervento mirato dello stato. In altri termini: B. ha sottoposto Marx a una contaminazione teorico-politica (ad una vera e propria 'revisione') che ne ha modificato profondamente l'impianto originario: quello legato alla rottura rivoluzionaria. Ma, parallelamente, l'ordinamento democratico è stato da lui concepito non solo come un insieme di regole volte a garantire il dispiegamento pacifico della conflittualità sociale, ma anche come un tramite istituzionale privilegiato per promuovere libertà attraverso una maggiore eguaglianza di potere, e quindi per avvicinare, pragmaticamente, liberalismo e socialismo. "Questa eguaglianza - ha ricordato B. negli 2 Quaderni Jura Gentium - Feltrinelli anni novanta - richiede [...] il riconoscimento dei diritti sociali, a partire da quelli essenziali (istruzione, lavoro, salute) che rendono fra l'altro possibile un migliore esercizio dei diritti di libertà. I diritti sociali, l'impegno a soddisfarli e difenderli: ecco il criterio di base per distinguere la sinistra dalla destra" (5). Se l'argomentazione per coppie oppositive (democrazia/dittatura, pubblico/privato, società civile/stato, pace/guerra, individualismo/organicismo) è l'approccio abituale del Bobbio filosofo, i valori del liberalismo coniugati con quelli del socialismo mettono in luce, nel Bobbio militante, il teorico delle comparazioni inclusive. Il contemperamento costante, nell'opera di Bobbio, tra istanze di libertà e di giustizia sociale, tra realismo e normativismo etico è sottolineato anche da Zolo. E nel saggio del 2004 che ha suggerito anche il titolo del libro, contrariamente a quanto hanno sostenuto commentatori anche recenti, egli precisa che la concezione bobbiana della democrazia "non è né procedurale né ideologicamente neutrale", perché implica "la tutela dei diritti fondamentali di libertà" (6). Ma torniamo alla discussione degli anni settanta su Marx e alle ragioni del civile contendere tra i nostri due interlocutori, tralasciando, per ragioni di tempo, gli argomenti sviluppati da entrambi sul tema dell' "estinzione dello stato". Zolo, non diversamente da Bobbio e da Lucio Colletti, si dice convinto che esistano "due Marx", uno filosofo, "più esplicito e più esterno che sconta pesantemente i limiti della cultura ricevuta", l'altro scienziato, "più implicito e profondo che sembra in alcuni punti oltrepassarla nettamente" (7). Ancora: non diversamente da Bobbio, anche Zolo crede che la "profezia circa la necessaria o possibile fine dello Stato intesa come abolizione di ogni autorità dell'uomo sull'uomo" appartenga "di diritto al mondo delle utopie religiose" (8). Ma, contrariamente a Bobbio, egli sembra ritenere che la riflessione politica marxiana, depurata dalle incrostazioni saintsimoniane e babuviste, sia comunque "idonea a fondare una prospettiva di superamento rivoluzionario delle istituzioni democratico-rappresentative e del formalismo egualitario" (9), e quindi a legittimare l'ipotesi di una "società di transizione dal capitalismo al socialismo" che veda nella classe operaia il "potenziale agente collettivo della rivoluzione" (10). Se le cose stanno in questi termini, si capisce perché Bobbio, nella lettera del 30 settembre 1976, dopo avere espresso pieno consenso alla lezione «anche di severità filologica» data in varie occasioni da Zolo (soprattutto nella polemica con Althusser e con De Giovanni sul modo di leggere il rapporto Hegel-Marx), si dissoci invece dal "tentativo di «rifondare» ancora una volta il marxismo come scienza". "Un «ismo», obietta Bobbio, non può mai essere una scienza. E se c'è qualcosa di «scientifico» in Marx, questo è patrimonio di Marx e di tutti coloro che intendono procedere scientificamente nello studio dei fatti sociali. Nel momento stesso in cui lei pronuncia la parola "marxismo" ha fatto di Marx un filosofo e delle sue ricerche una filosofia, una concezione del mondo, ecc." (11). Una cosa è certa. Nel libro del '92 sul "principato democratico" Zolo non soltanto conferma la netta presa di distanza degli anni settanta dalle tesi engelsiane e leniniste sulla dittatura del proletariato e sull'estinzione dello stato, ma si dissocia sostanzialmente anche dal progetto politico di Marx, non diversamente dal Bobbio di Quale socialismo?, citato sempre positivamente. L' "obbiettivo che Marx persegue - egli scrive - è il superamento di ogni separazione fra 'società civile' e 'stato politico', secondo un progetto comunitario che di fatto oppone al processo di differenziazione della società moderna l'organicismo classico-medioevale e la sua concezione universalistica della politica" . E ancora: questa versione della convivenza sociale "contraddice in modo così netto le assunzioni e le ipotesi di una visione realistica del rapporto fra complessità e democrazia che io sono portato a negarne ogni valore propositivo" (12). Come si vede, l'ipotesi rivoluzionaria adombrata negli anni settanta 3 Quaderni Jura Gentium - Feltrinelli sembra ora definitivamente abbandonata (e per taluni silenzi di natura politica, si potrebbe aggiungere, ampiamente rimossa). Su un altro punto decisivo, invece, Zolo sembra richiamarsi ancora alla lezione "realistica" non di Bobbio, ma di Marx: l'irriducibile diffidenza verso lo stato rappresentativo moderno. Muovendo da una versione della democrazia tesa a regolare selettivamente i "rischi sociali" e a restituire la politica, come egli dice, "alle sue funzioni laiche di organizzazione degli interessi particolari, di mediazione dei conflitti, di garanzia della sicurezza e di tutela delle libertà civili" (13), egli nutre forti dubbi che nelle società complesse e post-industriali "l'assunzione classica della democrazia rappresentativa - la sovranità, la razionalità e l'autonomia morale dei soggetti individuali - possa essere mantenuta come tale, e cioè come un presupposto e non come un difficile obiettivo da realizzare" (14). Quanto all'analisi bobbiana delle "promesse non mantenute" della democrazia moderna, Zolo vede in essa la "più vigorosa denuncia delle menzogne e degli autoinganni della dottrina democratica che un pensatore liberaldemocratico abbia mai sottoscritto" (15) e ne sviluppa autonomamente le implicazioni, sotto la forma di "rischi evolutivi della democrazia" e di "principato multimediale". Ma su alcuni ragionamenti sviluppati nel libro Bobbio non concorda. E in una lettera del 23 marzo dello stesso anno solleva obbiezioni non secondarie sia al modo in cui è stato definito il suo approccio democratico sia al tentativo di Zolo di avviare "un'altra teoria della democrazia". Sulla prima questione: "non mi pare del tutto esatto che vi sia nella mia «definizione minima» di democrazia anche un riferimento a un contenuto minimo. I diritti civili non sono il contenuto ma le condizioni dello stato democratico. Il contenuto dipende dalle decisioni collettive che di volta in volta vengono prese con quelle regole, e può essere grande o piccolo secondo i partiti al potere" (16). In altri termini: i diritti di libertà, all'interno delle democrazie, devono essere tutelati da tutte le coalizioni di governo; le politiche sociali avanzate possono essere invece doverosamente richieste soltanto ai partiti di sinistra (si intende: di una coerente sinistra riformista). Sulla seconda questione: "ciò che mi sembra il punto più criticabile del tuo libro è che, dopo aver respinto tutte le teorie precedenti, alla fine non proponi alcun modello nuovo e lasci il lettore, che ti ha seguito sino alla fine, a bocca asciutta, a meno che non si voglia trarre dalla conclusione l'idea che l'unica alternativa alla degenerazione oligarchica dei regimi democratici sia il dispotismo illuminato: E' così?" (17). Non sappiamo che cosa Zolo abbia risposto all'imbarazzante domanda di Bobbio del 1992. Possiamo invece dire che nel libro del 2004 sulla Globalizzazione una risposta cauta, ma non per questo elusiva o scettica, è stata data sia sugli effettivi margini di manovra dello stato sociale all'interno dei regimi democratici sia sulla possibilità di sottoporre i mercati internazionali allo "strumento regolatore ed equilibratore del diritto" (18). Naturalmente, purché la sinistra politica abbia le idee chiare e si proponga di tradurle in pratica nel contesto transnazionale contemporaneo. Note *. Intervento tenuto il 20 novembre 2008 alla Fondazione G. Feltrinelli di Milano in occasione della presentazione del libro di Danilo Zolo, L'alito della libertà. Su Bobbio. Con venticinque lettere inedite di Norberto Bobbio a Danilo Zolo, Feltrinelli, Milano 2008. 1. D. Zolo, L'alito della libertà cit., pp. 9,16, 10. 2. N. Bobbio-P. Polito, Il mestiere di vivere. Il mestiere di insegnare. Il mestiere di scrivere, A colloquio in occasione dei novant'anni di Norberto Bobbio, "Nuova Antologia", fasc. 2211, luglio-settembre 1999, p. 10. 4 Quaderni Jura Gentium - Feltrinelli 3. L'appunto di Bobbio, contenuto nella cartella "Temi marxiani intorno allo Stato" (1/6/1969) depositata presso l'Archivio Norberto Bobbio di Torino, è stato da me riprodotto a lato dell'articolo Bobbio. Quel che resta di Marx, "La Stampa", 8 gennaio 2006. 4. N. Bobbio, Questione socialista e questione comunista, in "Mondoperaio", n. 9, settembre 1974, p. 50. 5. I miei dubbi sulla destra, Intervista a N. Bobbio di G. Bosetti, "la Repubblica", 11 febbraio 1995. 6. D. Zolo, L'alito della libertà cit., p. 17. 7. D. Zolo, Marx, Engels e la teoria dello Stato (una replica di Danilo Zolo), "Prassi e Teoria", Nº 3, 1975, p. 371. 8. Ivi, p. 374. 9. D. Zolo, La teoria comunista dell'estinzione dello Stato, De Donato, Bari 1974, p. 255. 10. D. Zolo, Stato socialista e libertà borghesi. Una discussione sui fondamenti della teoria politica marxista, Laterza, Bari 1976, p. 158. 11. D. Zolo, L'alito della libertà cit., p. 140. 12. D. Zolo, Il principato democratico. Per una teoria realistica della democrazia, Feltrinelli, Milano 1992, pp. 92, 95. 13. Ivi, p. 208. 14. Ivi, p. 11. 15. Ivi, p. 128. 16. Ivi, pp. 156-57. 17. Ivi, p. 157. 18. D. Zolo, Globalizzazione. Una mappa dei problemi, Laterza, Bari 2004, pp. 135-39. 5