PASSEGGIATE ROMANE 18/12/2012 CHIESA DI SANT’AGOSTINO La facciata della chiesa risale al 1483 ed è realizzata con travertino tolto dal Colosseo. All'interno è venera una statua della Madonna col bambino, detta del Parto, opera di Jacopo Sansovino, che il popolino crede invece sia il simulacro di Agrippina con il piccolo Nerone in braccio. L'altare maggiore eseguito da Bernini nel 1627. La cappella di Santa Monica, madre di Sant'Agostino, contiene il sarcofago col corpo della Santa. Annesso alla chiesa vi è il convento e la Biblioteca Angelica. Il profeta dipinto con due puttini su di un pilastro a sinistra è prodigioso lavoro di Raffaello d'Urbino. Madonna dei Pellegrini La Madonna dei Pellegrini , o di Loreto ,è un dipinto a olio su tela (260x150 cm ) di Caravaggio, databile al 1604-1606 conservato nella Cappella Cavalletti a sinistra entrando nella chiesa. Il dipinto ci mostra la Madonna vestita in abiti da popolana con Gesù Bambino in braccio e due pellegrini davanti a lei, riconoscibili dalla mani giunte in atteggiamento di preghiera e dai bastoni, nonché dalle vesti sdrucite e dai piedi nudi e gonfi messi in primissimo piano. Fu proprio a causa di questo particolare che, non appena il quadro fu messo sull’altare, come dice Baglione, “ne fu fatto dai preti e dà popolani estremo schiamazzo”. In realtà, il tema dei piedi nudi e gonfi è uno dei “dogmi” fondamentali di quella corrente pauperistica alla quale Caravaggio aderiva con entusiasmo: essi sono il simbolo dell’ubbidienza e della devozione. I due pellegrini, dopo un viaggio pieno di stenti, vengono ricompensati con l’accoglienza da parte di Maria e di Gesù. Altro motivo di scandalo fu l’apparente “scalcinatezza” della casa e il mondo in cui Caravaggio aveva stravolto il racconto biblico: la casa ha l’intonaco scrostato che scopre i mattoni sottostanti, Caravaggio vuol ribadire l’adesione alla povertà della Sacra Famiglia. Modella per la Madonna fu una nota prostituta nonché amante del pittore, Lena, che poserà anche per altri quadri. La fede rappresentata da Caravaggio non è paludata e formale ma assolutamente interiore e vicina alla vera essenza del cristianesimo. L’opera fu frutto di un’intuizione geniale, dovuta al suo desiderio di dare una visione umana e “terrestre” della religione lontana da lussi, dai formalismi e dei trionfalismi. CHIESA DI SAN LUIGI dei FRANCESI La chiesa affaccia sulla piazza omonima, non distante da Piazza Navona, nel rione Sant'Eustachio. È la chiesa nazionale dei Francesi di Roma dal 1589; la comunità francese già possedeva una piccola cappella nei pressi di Sant'Andrea della Valle dalla fine del XV secolo. I lavori furono eseguiti grazie alla munificenza di Caterina de' Medici. Sebbene consacrata a Maria vergine, a San Dionigi l'Areopagita e al re San Luigi IX, essa è conosciuta soprattutto con quest'ultimo nome. Dal punto di vista artistico, è un'esaltazione della Francia attraverso la rappresentazione dei suoi santi e dei suoi personaggi storici. Nella facciata sono rappresentate le statue di Carlo Magno, san Luigi, santa Clotilde, santa Giovanna di Valois. All'interno vi sono affreschi con le Apoteosi di san Luigi e san Dionigi ed il racconto della vita di Clodoveo. Due sono i luoghi che racchiudono veri e propri capolavori dell'arte del XVII secolo:nella seconda cappella della navata di destra vi è l'affresco con storie di santa Cecilia del Domenichino (1616-17); mentre nella quinta cappella della navata di sinistra (cappella Contarelli) vi sono tre capolavori assoluti del Caravaggio: il Martirio di San Matteo, San Matteo e l'angelo e la Vocazione di san Matteo. La chiesa ospita inoltre diverse tombe, tra cui la tomba di Pauline de Beaumont, fatta costruire dal suo amante, François-René de Chateaubriand, e la tomba del cardinale François Joachin de Bernis, ambasciatore a Roma dei re Luigi XV e Luigi XVI. La Vocazione di san Matteo è un dipinto ad olio su tela di cm 322 x 340 realizzato tra il 1599 ed il 1600 dal Caravaggio ; e' la prima opera, eseguita da Caravaggio, per una destinazione pubblica: e' il primo dipinto visto da tutta la popolazione della città di Roma e soprattutto dai pittori suoi colleghi e concorrenti. Il dipinto è realizzato su due piani paralleli, quello più alto vuoto, occupato solo dalla finestra, mentre quello in basso raffigura il momento preciso in cui Cristo indicando san Matteo lo chiama all'apostolato. Il santo è seduto ad un tavolo con un gruppo di persone, vestite come i contemporanei del Caravaggio, in una scena da osteria. È la prima grande tela nella quale Caravaggio, per accentuare la tensione drammatica dell'immagine e focalizzare sul gruppo dei protagonisti l'attenzione di chi guarda, ricorre all'espediente di immergere la scena in una fitta penombra tagliata da squarci di luce bianca, che fa emergere visi, mani (per evidenziare e guidare lo sguardo dello spettatore sull'intenso dialogo di gesti ed espressioni), o parti dell'abbigliamento e rende quasi invisibile tutto il resto. La tela è densa di significati allegorici. In primo luogo proprio la luce, grande protagonista della raffigurazione pittorica, assurge a simbolo della Grazia divina (non a caso non proviene dalla finestra dipinta in alto a destra che, anzi, resta del tutto priva di luminosità, ma dalle spalle di Cristo), Grazia che investe tutti gli uomini pur lasciandoli liberi di aderire o meno al Mistero della Rivelazione; non bisogna dimenticare, poi, che la chiesa di S. Luigi rappresentava la nazione francese, e l'allora Re di Francia, Enrico IV, s'era appena convertito al Cattolicesimo, scegliendo così la Salvezza. E così, solo alcuni dei personaggi investiti dalla luce (i destinatari della "vocazione" insieme a Matteo il Pubblicano), volgono lo sguardo verso Gesù. La luce inoltre ha la funzione di dare direzione di lettura alla scena, con l'umanissima espressione sbigottita ed il gesto di San Matteo che punta il dito contro se stesso al fine di ricevere una conferma, come chiedesse: "State chiamando proprio me?" Di grande intensità e valenza simbolica, nella Vocazione, è il dialogo dei gesti che si svolge tra Cristo, Pietro e Matteo. Il gesto di Cristo (che altro non è che l'immagine speculare della mano protesa nella famosissima scena della Creazione di Adamo – Cristo è il "nuovo Adamo"! – della Cappella Sistina michelangiolesca, che Caravaggio avrà certo avuto modo di studiare ed apprezzare) viene ripetuto da Pietro, simbolo della Chiesa Cattolica Romana che media tra il mondo divino e quello umano. “ Dopo ciò egli uscì e vide un pubblicano di nome Levi seduto al banco delle imposte, e gli disse: « Seguimi ! ». Egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì. Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C'era una folla di pubblicani e d'altra gente seduta con loro a tavola. I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Perché mangiate e bevete con i pubblicani e i peccatori?». Gesù rispose: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi». (Lc. 5, 27-32) ” Secondo la testimonianza dei biografi del Caravaggio, la prima versione di questa tela fu rifiutata dai committenti, perché il santo era presentato come un contadino. Questa prima versione, finì a Berlino, dove fu distrutta dagli eventi bellici nel 1945. Ne resta soltanto una copia fotografica. La 1^ versione di San Matteo L’attuale versione di San Matteo La seconda versione, raffigura San Matteo vestito più dignitosamente che, fissa lo sguardo sull'angelo volteggiante sopra al suo capo intento a spiegargli cosa scrivere. La posizione delle dita dell'angelo sembra alludere ad una serie numerica; quella del III vangelo. La tela raffigura il Santo, vestito di candida veste bianca, riverso in terra in attesa di subire la condanna e con una mano protesa verso la palma simbolo del martirio, offertagli dall'angelo. La gestualità non è quella dell'iconografia classica del martirio, ma quella di un omicidio. Matteo è sorpreso dal sicario mentre celebra la Messa: il gruppo del martire e del carnefice,si inscrive perfettamente in un triangolo, simbolo della Trinità e tutta l'opera “nell'apparente casualità si risponde, retto come è il tumulto da rigorose armonie, da equilibrati incastri ad X, da sapienti compensi di volumi e di piani che si spingono e si richiamano” (A.Ottino Della Chiesa). I personaggi, sono colpiti dall'accecante luce della grazia divina che scaturisce dal corpo di Matteo, a differenza della Vocazione qui nessuno può rimane indifferente all'accaduto ed ogni volto mostra un diverso tipo di reazione all'evento: orrore, paura, stupore, incredulità o anche solamente curiosità, come il giovane con il cappello piumato sulla sinistra, o il chierichetto a destra che fugge inorridito. Perfino il pittore si ritrae sulla sinistra della tela, proprio dietro il carnefice; solo la sua testa emergente dall'oscurità, confuso tra gli spettatori per guardare ,con tristezza , l’opera della malvagità umana. La Biblioteca Angelica fu aperta al pubblico nel 1604 e rappresenta la più antica biblioteca pubblica di Roma. Deve il suo nome al vescovo agostiniano Angelo Rocca, che negli ultimi anni del XVI secolo affidò la sua raccolta libraria ai frati del convento della chiesa di Sant’Agostino. Il patrimonio bibliotecario iniziò molto presto ad accrescersi grazie a nuove donazioni, nel 1661 Lucas Holste, custode della Biblioteca Vaticana, lasciò ai frati agostiniani la sua preziosa collezione di volumi a stampa. Nel 1762 fu acquistata la ricchissima biblioteca del cardinale Passionei legato agli ambienti giansenisti romani, questo fece sì che si costituisse una collezione di testi fondamentali per gli studi e le ricerche sul periodo della Riforma e della Controriforma .La sistemazione attuale risale alla metà del XVIII secolo, quando l’intero edificio fu ristrutturato dal celebre architetto Luigi Vanvitelli. Il salone di lettura, il cosiddetto “Vaso Vanvitelliano”, è circondato da un’alta scaffalatura lignea che conserva 100.000 volumi del Fondo Antico; vi si accede tramite un vestibolo nel quale trovano posto i cataloghi. L'arricchimento del patrimonio librario continuò nel tempo. Nel 1919 fu incorporata un'importante collezione di libri rilegati da Giambattista Bodoni e, alla fine del secolo, pervenne all’Angelica la raccolta di 954 libretti d'opera ottocenteschi appartenuta a Nicola Santangelo .Dal 1940 l'Angelica è sede dell'Accademia letteraria dell'Arcadia, di cui conserva il patrimonio librario (circa 4000 pezzi). “Sdegna Clorinda a i femminili uffici chinar la destra, e sotto l'elmo accoglie i biondi crini e con guerriere voglie fa del proprio valor pompa a i nemici. Così gli alti natali e i lieti auspici e gli aurei tetti e le regali spoglie nulla curando, Amalasunta coglie de' fecondi Licei lauri felici. Mente capace d'ogni nobil cura ha il nostro sesso: or qual potente inganno dall'imprese d'onor l'alme ne fura? So ben che i fati a noi guerra non fanno, né i suoi doni contende a noi natura: sol del nostro valor l'uomo è tiranno.” Petronilla Paolini Massimi , arcade con il nome di Fidalma Partenide <<Gloria dei Marsi>>