CARAVAGGIO è un personaggio dalla contorta e violenta indole, molto introverso e tendente
all’isolamento; questi tratti del suo carattere segneranno il suo intero percorso. Originario del bergamasco, è
appunto nel Lombardo che ha la sua prima formazione artistica. Trasferitosi poi a Roma, comincia a lavorare
in una bottega in cui si distingue particolarmente per la bravura nella pittura di nature morte. Entra così nelle
grazie del cardinale Del Monte (come le banane), estimatore dell’arte e collezionista di opere. Tuttavia la sua
indole lo porta a frequentare cantine e imbattersi spesso in risse, finché durante una di queste uccide un
uomo. Viene condannato a morte, quindi scappa da Roma e si rifugia prima a Napoli, poi a Malta (dove lavora
presso l’Ordine dei Cavalieri), e poi in Sicilia. Muore poi nel 1610 nel grossetano.
Alla sua pittura si associa un uso teatrale della luce, con dipinti bui dove vengono illuminati solo i personaggi
principali.
Si parla inoltre di realismo caravaggesco, che consiste nella sua concezione di rappresentare la realtà per
come è, senza filtri. Caratteristica che tuttavia gli è costata anche numerose critiche al tempo.
Ad esempio in CANESTRA DI FRUTTA si ha un olio su tela di piccole dimensioni che rivela il desiderio
innovativo di Caravaggio di rappresentare una realtà oggettiva, priva di correzioni o abbellimenti artificiali.
Indaga in ogni aspetto naturale un semplicissimo cesto di frutta solo protagonista della rappresentazione. La
visione è frontale, e nonostante questo potesse risultare un problema per la resa della profondità prospettica,
Caravaggio lo risolve in modo estremamente semplice e raffinato:
- La base del cesto sporge leggermente dal tavolo su cui è poggiato, proiettando la sua ombra sul bordo
di questo
- Inoltre allontana la percezione dello sfondo usando una tinta neutra e inondata di luce cada e diffusa
per la parete retrostante, facendo risaltare i toni freddi del cesto.
Particolare attenzione va poi riservata alla natura morta: la mela bucata; le foglie rovinate dagli uccellini che le
vanno a beccare, forate da qualche parassita o dalla grandine, o, ancora, accorciate per la perdita di
freschezza; nonché i grappoli d’uva con acini mancanti.
La stessa concezione la applica, ovviamente con espedienti diversi, in TESTA DI MEDUSA, un tondo
conservato agli Uffizi. Si tratta di un olio su tela applicato su uno scudo di legno dalla forma leggermente
convessa, conferendo rilievo e quindi realisticità all’opera, già di per sé dal forte impatto. Infatti è la prima
volta che un ritratto è tanto crudo, si rappresenta il momento in cui la testa di Medusa viene mozzata, quindi
con il sangue che sgorga copiosa dal collo, gli occhi atterriti, la bocca spalancata nell’ultimo angoscioso grido e
l’intrico aggrovigliato di serpenti al posto dei capelli.
Nella VOCAZIONE DI SAN MATTEO (Cappella Contarelli), viene raffigurato il passo evangelico in cui Cristo
sceglie Matteo, esattore delle tasse, come suo apostolo.
La scena è ambientata all’interno di una locanda, in cui Cristo è raffigurato con San Pietro (aggiunto in un
secondo momento) all’estrema destra del dipinto e tende il braccio a indicare Matteo, che in un gesto
interrogativo molto spontaneo fa cenno per chiedere se si riferisse effettivamente lui. Infatti San Matteo è
seduto al tavolo con altri quattro personaggi di cui i due anziani, intenti a contare il denaro, a differenza dei
due giovani, non si accorgono di ciò che sta accadendo. A simboleggiare che la chiamata di Dio è rivolta a
chiunque sia disposta ad accoglierla.
In ogni caso è la luce ad essere vera protagonista. In alto è posta una finestra che tuttavia non illumina la
stanza; la fonte di luce deriva dalle spalle del Cristo (da destra) e segue la direzione del braccio teso,
trattandosi quindi di una luce divina.
Questo elemento e l’appena intravedibile aureola sul capo di Cristo (aggiunta successivamente) sono i soli
elementi esplicitamente sacri; per il resto, dall’ambientazione agli abiti dei personaggi Caravaggio mantiene
sempre un livello di verosimiglianza.
SAN MATTEO E L’ANGELO (Cappella Contarelli) è una pala d’altare rappresentate l’anziano santo guidato
dall’angelo nello scrivere il vangelo.
La versione attuale dell’opera era però preceduta da un altro dipinto che i committenti rifiutarono per due
motivazioni:
- San Matteo era rappresentato con i piedi sporchi e le gambe scoperte e accavallate, come se fosse un
contadino (realismo caravaggesco) e non un santo.
- L’angelo, dalle sembianze fanciullesche, guida fisicamente la mano di San Matteo nello scrivere,
unendo così la dimensione umana e divina.
In ogni caso questa versione è andata perduta durante la II Guerra Mondiale.
La seconda e attuale versione vede quindi la correzione di tali elementi disprezzati:
- San Matteo indossa una lunga e apparentemente pregiata tunica all’antica sui toni del rosso e
dell’arancione.
- L’angelo si libra in volo e l’unico contatto che ha con il santo riguarda i loro sguardi, riconducendo la
narrazione al suo significato simbolico.
La prospettiva è realizzata principalmente attraverso la posizione di san Matteo, posto in ginocchio sullo
sgabello di uno scrittoio rappresentato con un’angolazione tale dare l’idea che l’azione stia fuoriuscendo dal
dipinto.
Il tutto è posto su uno sfondo buio adducendo teatralità alla scena.
Premettendo che San Pietro, non ritenendosi degno di morire come Gesù, chiese di essere crocifisso a testa in
giù, ne la CROCIFISSIONE DI SAN PIETRO di Caravaggio la scena è cupa e drammatica: i tre carnefici che
lavorano per ribaltare la croce, e la luce divina risalta San Pietro, che, con una torsione del busto in senso
contrario (discontinuità compositiva), cerca ti opporsi al rovesciamento. Come in San Matteo e l’Angelo anche
qui la rappresentazione del santo, ad esempio per i piedi sporchi in primo piano, è stata giudicata blasfema.
Ancora per come è accaduto con San Matteo e l’Angelo, anche de la MORTE DELLA VERGINE Caravaggio ha
dovuto creare due versioni, poiché la prima era stata rifiutata dal committente, poiché il momento appare
troppo terreno e non dà l’idea di ascensione ai Cieli.
Infatti la prima rappresentazione di Caravaggio si ispira a un fatto di cronaca del tempo: una prostituta era
affogata nel Tevere. Quindi gli attacchi mossi all’opera riguardavano:
- la somiglianza del volto della prostituta morta con quello della Vergine rappresentata;
- il ventre della Vergine che sembra gonfio, proprio come se fosse morta per annegamento.
Al che Caravaggio risponde che:
- per la questione del volto si trattava semplicemente di una suggestione;
- mentre il ventre appariva in questo modo poiché ha accolto il Cristo per 9 mesi.
In generale la scena vede anche altri personaggi che tra l’altro aggiungono pathos all’ambientazione che di
base è spoglia. In primo piano troviamo Maddalena seduta su una sedia a piangere con la testa tra le
ginocchia, e dietro gli apostoli anche loro in lacrime. Le espressioni dei volti sono accentuate dalla luce divina,
che probabilmente proveniva da una alta finestra sul retro.