DAL LABORATORIO ALLA CURA Dall’invecchiamento al tumore Senescenza e ringiovanimento, due facce della stessa medaglia La ricerca sui meccanismi di invecchiamento cellulare è nata con lo scopo di fermare, o rallentare, i processi di degenerazione a cui è sottoposto l’organismo umano. Col tempo, però, si è scoperto che è molto utile nella lotta contro il cancro a cura di AGNESE CODIGNOLA e DANIELA OVADIA nche le cellule vanno incontro alla terza età, modificando le loro caratteristiche fisiologiche e, soprattutto, perdendo la capacità di replicarsi. Questo processo, che viene chiamato senescenza, ha importanti ERRY conseguenELINO ze: comprenderle è molBIOLOGO MOLECOLA to utile per combattere RE A OR il cancro. ERGATA Anzi, secondo alcuni la senescenza è messa in atto dall’organismo proprio per evitare che una A G M V , T - cellula, arrivata a un numero limite di cicli di divisione, avendo accumulato molte mutazioni (dovute, per esempio, al sole, agli agenti chimici e a tutto ciò che può aver incontrato nel suo percorso vitale), perda la capacità di controllo e inizi a proliferare senza limiti. Se si riuscisse a intervenire sui passaggi chiave di questo fenomeno, per esempio indirizzando tutte le cellule verso la senescenza quando è il momento giusto, si potrebbe trovare un approccio efficace per combattere i tumori. La ricerca di terapie capaci di “invecchiare” la cellula a comando è l’altra faccia della medaglia della cosiddetta medicina rigenerativa, quella che si propone invece di bloccare l’invecchiamento dei tessuti, oppure di creare nuovi tessuti da cellule staminali per sostituire quelli usurati. Quando si conosce un meccanismo cel- lulare, infatti, è sempre possibile (per lo meno in laboratorio) approcciarlo nei due sensi: la strada dell’invecchiamento può quindi essere percorsa a ritroso per “ringiovanire” una cellula o un tessuto, oppure può essere accelerata per indurre una morte cellulare precoce, come si tenta di fare nel caso di tumori. E se da un lato si spera di prolungare la vita dell’uomo (e la qualità della stessa), lavorando alla creazione di nuovi tessuti e persino di organi di ricambio, dall’altro il medesimo obiettivo finale è però perseguito attraverso il blocco della proliferazione cancerosa. salgono agli anni sessanta, con le prime osservazioni in vitro del meccanismo naturale di senescenza nelle cellule di mammifero. Negli anni seguenti si è capito che la senescenza è un sistema di difesa che si attiva per rispondere ai danni che la cellula riceve dall’interazione con l’esterno: solo all’inizio del Duemila è apparso chiaro che tra questi rientra anche il cancro. Da quel momento molti gruppi si sono attivati per cercare di trasformare le scoperte fatte fino ad allora in vere armi anticancro. Tra questi c’è quello diretto da Gerry Melino, docente di biologia molecolare e direttore del Dipartimento di medicina sperimentale e scienze biochimiche dell’Università Tor Vergata di Roma che, di recente, ha pubblicato, su Genes Vivere più a lungo ma anche vivere meglio CINQUANT’ANNI DI STUDI Le prime indicazioni di fattibilità di questa strategia ri- GENNAIO 2013 | FONDAMENTALE | 7 DAL LABORATORIO ALLA CURA Dall’invecchiamento al tumore p63 governa l’invecchiamento della pelle e della cellula 8 | FONDAMENTALE | GENNAIO 2013 In questo articolo: medicina rigenerativa senescenza telomeri & Development e su PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences), gli ultimi studi sull’argomento, realizzati principalmente con fondi ottenuti da AIRC. Spiega Melino: “Lo scopo di alcune delle nostre ricerche è inquadrare al meglio il ruolo dei geni coinvolti nella senescenza, per comprendere il fenomeno in ogni dettaglio e individuare i punti dove potrebbe essere più facile intervenire. In particolare, negli ultimi anni abbiamo scoperto che due geni chiamati p63 e p73, molto simili per struttura al più noto p53, sono cruciali per l’invecchiamento”. Melino e il suo gruppo hanno capito che p63 è collegato alla senescenza dei cheratinociti, le cellule della pelle che, per difendersi dai danni (tipicamente del sole) e non innescare la formazione dei tumori cutanei, invecchiano: un processo che si vede dall’esterno, poiché è all’origine di rughe e macchie. Hanno inoltre dimostrato che p73 è collegato al circuito che porta alternativamente alla senescenza o ai tumori. I modelli sperimentali privi del gene p73 vanno infatti incontro a un invecchiamento molto spinto e precoce, dovuto a modificazioni dell’intero metabolismo di un organismo. La ricerca ha poi appurato che bassissime dosi di p73 sono necessarie per mantenere l’efficienza del metabolismo, in particolare dei mitocondri (gli organelli cellulari deputati alla respirazione della cellula) prevenendo la senescenza, mentre se le concentrazioni di p73 sono troppo alte il metabolismo spinge verso la morte programmata (apoptosi). Tutta la famiglia di p53 quindi, inclusi p63 e p73, regola il metabolismo delle cellule e, di conseguenza, il loro destino: senescenza o morte. Si tratta di un equilibrio molto delicato, con valori-soglia di un solo gene che riescono a orientare tutto il destino di una cellula verso una direzione che, nel caso dei tumori, può essere positiva e, soprattutto, sfruttabile a fini terapeutici. Non solo: teoricamente, la via della senescenza potrebbe essere utilizzata anche a scopi preventivi in tutti i tumori, proprio perché il meccanismo è universale e condiviso da tutte le cellule. “Nel mondo iniziano a esserci sperimentazioni precliniche di farmaci che intervengono sulle vie metaboliche della senescenza” conclude Melino. “Il fatto che alcune aziende stiano investendo notevoli risorse e capacità dimostra che siamo in molti a pensare che i presupposti teorici siano validi e che questa potrebbe essere una nuova strada per comprendere meglio e sconfiggere il cancro”. SI ACCORCIANO CON L’ETÀ Il fenomeno della senescenza e il suo rapporto con l’evoluzione tumorale può anche essere affrontato da un altro punto di vista: quello dei telomeri, le strutture la cui lunghezza è collegata al numero di replicazioni del DNA e quindi alla durata della vita della cellula. Infatti, quando i telomeri raggiungono una lunghezza limite, la cellula smette di re- plicarsi, un evento che può essere positivo o negativo. È negativo se la cellula che si ferma è normale, perché fermandosi non può più sostituire altre cellule danneggiate o morte. Ma è positivo se la cellula che smette di replicarsi è pretumorale, perché se non prolifera più la probabilità che dia origine a un tumore si riduce drasticamente fino ad annullarsi. Sui legami tra lunghezza dei telomeri, senescenza e cancro sta lavorando ormai da alcuni anni Fabrizio d’Adda di Fagagna, il ricercatore che guida il programma “Telomeri e senescenza”, finanziato da AIRC, dell’Istituto FIRC di oncologia molecolare (IFOM) di Milano. D’Adda di Fagagna, autore di molte prestigiose pubblicazioni sull’argomento, ha scoperto che quando i telomeri sono troppo corti la cellula attiva una sorta di sistema di allarme, perché percepisce i telomeri corti come DNA danneggiato. Anche in questo caso ciò che emerge è la dualità tra senescenza e tumori, che sembrano sempre di più due vie alternative da sfruttare a scopi terapeutici. Gli studi di d’Adda di Fagagna, inoltre, si incontrano con quelli di Melino, perché anche il ricercatore milanese ha descritto il ruolo di oncogeni simili a p73 in questi complessi fenomeni e dimostrato che quando si attiva un oncogene, la cellula è avviata a generare un tumore, ma la senescenza cellulare la blocca, riconoscendo la presenza di DNA danneggiato. In questo modo il tumore non si instaura, a meno che altre mutazioni impediscano all’invecchiamento cellulare di concludersi con il suo destino naturale, ovvero la morte di quell’elemento ormai troppo usurato. UNA FABBRICA DI “PEZZI DI RICAMBIO” L’ aumento della vita media ha scatenato una corsa al miglioramento dell’efficienza fisica e mentale delle persone in là con gli anni: vivere a lungo è infatti inutile se la qualità di vita è compromessa e, soprattutto, se si manifestano malattie non facilmente curabili come il cancro, le malattie cardiovascolari e il diabete. È da questa esigenza che nasce la necessità di sviluppare tecniche capaci di riparare o sostituire organi danneggiati dall’invecchiamento patologico. Queste, note con il termine di medicina rigenerativa, sono basate principalmente sulle particolari proprietà delle cellule staminali, progenitrici non ancora mature di tutti i tessuti dell’organismo. Come è noto, anche i tumori possiedono un tipo di cellula staminale, la staminale tumorale, che funge da serbatoio di mantenimento della replicazione di elementi maligni e che condivide con tutte le altre staminali i principali meccanismi di funzionamento. Ecco perché la ricerca sulla staminalità (cioè sulle caratteristiche di questo particolare tipo di cellule) è utile sia nell’ambito degli studi sul ringiovanimento sia in quelli sul cancro. La medicina rigenerativa, che vede la sua punta di diamante nell’ingegneria tissutale, è un campo multidisciplinare che cerca di sviluppare cellule, tessuti o sostituti di organi: non sempre lo scopo è sostituire ciò che non funziona più, ma talvolta è quello di migliorare le prestazioni dell’organismo. Ne fanno parte anche la terapia genica (cioè le tecniche di sostituzione di geni difettosi all’interno delle cellule dell’organismo) e la terapia cellulare somatica, cioè l’uso di staminali. La terapia genica è stata finora utilizzata solo in alcuni rari casi di malattie congenite (per lo più neurodegenerative, ma vi sono sperimentazioni in atto in tumori particolari, legati all’alterazione di un singolo gene), mentre le staminali sono ormai entrate a far parte delle terapie di “routine”. Basta infatti pensare ai trapianti di midollo (che altro non sono se non un trasferimento di elementi staminali del sangue) o all’uso di pelle o cornee coltivate in laboratorio. Il prossimo passo della medicina rigenerativa consiste nella possibilità di programmare alcune cellule staminali (per esempio le staminali adulte presenti nel tessuto adiposo) perché diano origine a elem e n t i super specializzati, in grado di svolgere compiti importanti per la salute della persona. Gli esperimenti più avanzati in questo ambito sono stati effettuati per sostituire le cellule della sostanza nera del cervello, che producono dopamina e non funzionano più nel morbo di Parkinson, e per creare in laboratorio nuove isole pancreatiche, che producono l’insulina e sono andate distrutte nei diabetici. Il futuro? L’ingegneria dei tessuti e la terapia genica GENNAIO 2013 | FONDAMENTALE | 9