Esercitazioni di Analisi Matematica 1 Corso di laurea in Ingegneria Clinica. A.A. 2008-2009 Soluzioni Foglio 4 Esercizio 1. Sia assegnata la funzione f (x) = cos2 x − sin2 x . e 2 + cos x · sin x 1) Stabiliti il dominio della funzione f e l’insieme in cui f è continua, verificare che la funzione F (x) = ln(e + sin 2x) ne è una primitiva. Il dominio D della funzione f è costituito da tutte quelle x reali per cui non si annulla il denominatore della frazione che definisce la f ovvero da tutte quelle x reali che soddisfano la disuguaglianza e + cos x · sin x 6= 0. 2 Questa disuguaglianza è verificata per tutte le x ∈ R, visto che se x ∈ R allora sin 2x 1 e cos x sin x = ≥− >− . 2 2 2 Dunque D = R e la funzione f è continua e derivabile in D (convinti?). Dobbiamo verificare che la funzione F è una primitiva di f in tutto R. Cosa vuol dire? Va controllato che la funzione F è definita in D = R, è continua e derivabile in D e che risulta F 0 (x) = f (x) ∀x ∈ D. Dato che per ogni x ∈ R si ha (convinti?) e + sin 2x > 0, la funzione F risulta definita in tutto D = R. Inoltre la F è continua e derivabile in D perchè composizione di funzioni continue e derivabili in D. In particolare, per ogni x ∈ D, risulta F 0 (x) = 2 cos 2x = e + sin 2x cos 2x e 2 + 2 cos x sin x 2 = cos2 x − sin2 x = f (x). e 2 + cos x · sin x 2) Determinare la primitiva di f passante per il punto P = ( 32 Π, 43 ). 1 Nel punto 1) abbiamo verificato che la funzione F è una primitiva di f in R. Visto che tutte le primitive di f differiscono l’una dall’altra per una costante additiva, possiamo concludere che una generica primitiva G di f ha la seguente espressione G(x) = F (x) + C ∀x ∈ R. La primitiva di f che passa per il punto P è quella primitiva G per cui si ha µ ¶ 3 4 G Π = . 2 3 Sostituendo le coordinate del punto P nell’espressione per G, otteniamo µ ¶ µ µ ¶¶ 4 3 3 1 =F Π +C = ln e + sin 2 · Π +C = ln e+C = 1+C ⇒ C = . 3 2 2 3 La primitiva di f cercata è dunque la funzione G(x) = ln(e + sin 2x) + 1 ∀x ∈ R. 3 3) Determinare l’area della porzione di piano delimitata dal grafico della funzione f e dalle rette x = Π2 e x = Π. Si tratta evidentemente di calcolare l’integrale definito Z Π f (x) dx. Π 2 Quest’integrale è di semplice calcolo, visto che abbiamo già a disposizione una primitiva F di f . Ricorrendo al teorema fondamentale del calcolo integrale troviamo µ ¶ Z Π Π = 0. f (x) dx = F (Π) − F Π 2 2 Quesito: quali considerazioni qualitative possiamo trarre da questo risultato sul grafico della funzione f ristretta all’intervallo [ Π2 , Π]? 4) Calcolare la media µ della funzione f nell’intervallo [ 32 Π, 2Π]. Dimostrare che esiste un punto x ∈ [ 32 Π, 2Π] tale che f (x) = µ. Ricordiamo preliminarmente che la media µ di una funzione f su un intervallo I = [a, b] è data da Z b 1 µ= f (x) dx. b−a a 2 Osservate che, per poter calcolare la media di una funzione f su un intervallo limitato I, è necessario che abbia senso calcolare l’integrale definito di f sull’intervallo I ovvero che la f sia integrabile in I. La funzione f sotto esame è continua in I = [ 32 Π, 2Π] e dunque è integrabile in I. Calcoliamone la media µ su I. Risulta · µ ¶¸ Z 2Π 2 3 1 f (x) dx = F (2Π) − F µ= Π = 0. 3 Π 2 2Π − 2 Π 3 Π 2 Dobbiamo dimostrare che esiste un punto x ∈ [ 32 Π, 2Π] tale che f (x) = µ. In realtà non c’è nulla da dimostrare, dato che siamo nelle ipotesi del teorema della media di cui vi ricordo l’enunciato. Teorema 1 (Teorema della media). Sia I = [a, b] e sia f : I ⊂ R → R una funzione continua sull’intervallo I. Allora, denotata con µ la media di f su I, i.e. Z b 1 µ= f (x) dx, b−a a esiste x ∈ I tale che f (x) = µ. 5) Sia assegnata, per ogni x reale, la funzione ½ −1 x ≤ 0, g(x) = +1 x > 0. Nonostante g presenti una discontinuità (di quale tipo?) in x = 0, questa funzione è integrabile in un qualunque intervallo limitato di R. Determinare un intervallo I chiuso e limitato di R tale che, denotata di nuovo con µ la media di g sull’intervallo I, non esista alcun punto x ∈ I tale che g(x) = µ. Parafrasiamo il testo del quesito. Bisogna dimostrare che per la funzione g, definita in R e continua in R \ {0}, non valgono le conclusioni del teorema della media. Il nodo della questione sta nel fatto che la funzione g presenta una discontinuità di salto finito (non eliminabile) in x = 0! Se proviamo a negare le conclusioni del teorema della media per la funzione g in un intervallo I = [a, b] con a < b < 0, non arriviamo a nessun risultato. Infatti la funzione g vale costantemente −1 in I, è quindi continua in I e le conclusioni del teorema della media sono ancora vere. Analogamente, non arriviamo a nessun risultato, se scegliamo come intervallo in cui negare il teorema della media per g un intervallo I = [a, b] con 0 < a < b. In un intervallo di questo tipo la funzione g vale costantemente 1 ed è pertanto continua in I. Il teorema della media vale ancora in un intervallo di questo tipo. 3 Ci rendiamo conto quindi che non ha senso prendere in esame intervalli in cui la funzione g è continua. In questi intervalli infatti la g verifica le ipotesi del teorema della media. Ecco che il punto di discontinuità (x = 0) della g comincia ad avere un certo peso. Proviamo a scegliere un qualunque intervallo I = [a, b] che contenga x = 0 al suo interno, tale cioè che a < 0 < b. Calcoliamo la media µ di g su un I siffatto. Risulta ·Z 0 ¸ Z b Z b 1 1 µ= g(x) dx = g(x) dx + g(x) dx = b−a a b−a a 0 ·Z 0 ¸ Z b ´ a+b 1 ³ 1 x=b (−1) dx + 1 dx = = [−x]x=0 . x=a + [x]x=0 = b−a a b−a b−a 0 Osservate che (è facile convincersene!), comunque si scelgano a e b (a patto che siano ordinati come prima, cioè a < 0 < b), risulta µ= a+b 6= ±1. b−a Dunque le conclusioni del teorema della media non valgono per la funzione g in un qualunque intervallo I = [a, b] con a < 0 < b. Infatti, per ogni x ∈ I si ha che g(x) = 1 oppure g(x) = −1 mentre µ 6= ±1 (i.e. non esiste alcuna x ∈ I per cui si abbia g(x) = µ). Abbiamo cosı̀ verificato rigorosamente che il teorema della media non vale più se ne indeboliamo le ipotesi, richiedendo che la funzione f dell’enunciato sia per esempio discontinua. Esercizio 2. Usando le proprietà degli integrali studiate, le tabelle degli integrali elementari nonchè i metodi di integrazione per sostituzione o per parti, calcolare i seguenti integrali indefiniti e verificare i risultati ottenuti. Cominciamo con l’integrale Z (tan x)3 dx. (cos x)2 Usiamo il metodo di integrazione per sostituzione. Poniamo t = t(x) = tan x ⇒ dt = t0 (x)dx = 1 dx. cos2 x Ne segue che Z F (x) = (tan x)3 dx = (cos x)2 Z t3 dt = t4 tan4 x +C = + C. 4 4 Controlliamo (lo faccio solo per questo primo integrale indefinito, per i prossimi integrali lascio a voi il piacere di effettuare la verifica) che F è una 4 primitiva di f . È semplice rendersi conto che le funzioni f e F sono definite sullo stesso sottoinsieme D di R (quale?) e che la funzione F è continua e derivabile in D. Inoltre si ha F 0 (x) = 1 1 · 4 tan3 x · = f (x) ∀x ∈ D. 4 cos2 x Passiamo al prossimo integrale indefinito ¶ Z µ 1 1 dx. · 1 + ln2 x x Ricorriamo anche questa volta al metodo di integrazione per sostituzione. Poniamo 1 t = t(x) = ln x ⇒ dt = t0 (x)dx = dx. x Ne segue che ¶ Z µ Z 1 1 1 F (x) = · dx = dt = arctan(t)+C = arctan(ln x)+C. 2 x 1 + t2 1 + ln x Lascio a voi la semplice verifica del fatto che la funzione F è una primitiva della f in D = (0, +∞) (dominio della f e della F ). D’ora in poi indicherò con f la funzione integranda di cui va calcolato l’integrale indefinito F . Passiamo al prossimo integrale indefinito Z Z Z x + arcsin2 (x) x arcsin2 (x) √ √ √ dx = dx + dx. 1 − x2 1 − x2 1 − x2 Per calcolare il primo integrale della somma usiamo la sostituzione p x t = t(x) = 1 − x2 ⇒ dt = t0 (x)dx = − √ dx. 1 − x2 Ne segue che Z Z Z p x x √ dx = − − √ dx = − dt = −t + C1 = − 1 − x2 + C1 . 1 − x2 1 − x2 Resta da calcolare il secondo integrale della somma. Ricordando che (per quali x reali?) 1 , (arcsin x)0 = √ 1 − x2 poniamo 1 y = y(x) = arcsin x ⇒ dy = y 0 (x)dx = √ dx. 1 − x2 5 Ne segue che Z Z arcsin3 (x) arcsin2 (x) y3 √ + C2 = + C2 . dx = y 2 dy = 3 3 1 − x2 In definitiva, risulta quindi che Z p x + arcsin2 (x) arcsin3 (x) √ F (x) = dx = − 1 − x2 + + C. 3 1 − x2 Come al solito, lascio a voi la verifica del risultato. Calcoliamo l’integrale indefinito Z √ 1+e √ x x dx. Procediamo ancora una volta con il metodo di integrazione per sostituzione. Poniamo t = t(x) = √ √ 1 x ⇒ dt = t0 (x)dx = √ dx ⇒ dx = 2 x dt. 2 x Ne segue che √ Z F (x) = Z =2 1+e √ x √ x Z dx = 1+e √ x x √ · 2 x dt = √ √ (1 + et ) dt = 2(t + et ) + C = 2( x + e x ) + C. Osservate che questa volta non ho saltato nessun passaggio: ho sostituito a dx la sua espressione e ho riscritto la funzione integranda nella nuova variabile di integrazione t. Verificate per ultima cosa che la funzione F è una primitiva di f in D = (0, +∞). Passiamo al calcolo dell’integrale indefinito Z 1 dx. √ √ x· 1−x Effettuiamo la seguente sostituzione t = t(x) = √ 1 − x. Ne segue che √ 1 t2 = 1−x ⇒ x = 1−t2 e dt = t0 (x)dx = − √ dx ⇒ dx = −2 1 − x dt. 2 1−x 6 Effettuando la sostituzione, otteniamo Z Z √ Z 1 2 1 − x dt dt = F (x) = dx = − = −2 √ √ √ √ √ x· 1−x x 1−x 1 − t2 √ = −2 arcsin(t) + C = −2 arcsin( 1 − x) + C. Verificate che la F è una primitiva della f in D = (0, 1). Calcoliamo l’integrale indefinito Z sin x dx. 1 + cos2 x La sostituzione da fare è molto semplice. Poniamo t = t(x) = cos x ⇒ dt = t0 (x)dx = − sin xdx. Ne segue che Z F (x) = Z =− sin x dx = − 1 + cos2 x Z − sin x dx = 1 + cos2 x dt = − arctan(t) + C = − arctan(cos x) + C. 1 + t2 Si controlla facilmente che la funzione F è una primitiva della funzione f in D = R. La risoluzione dell’integrale che segue si scoprirà essere un buon esercizio teorico. Calcoliamo l’integrale indefinito Z 6x4 − 5x3 + 4x2 dx. 2x2 − x + 1 La funzione integranda f (x) = 6x4 − 5x3 + 4x2 2x2 − x + 1 è una funzione razionale ovvero un rapporto di polinomi. L’integrazione delle funzioni razionali si presta ad un algoritmo di calcolo che seguiremo passo dopo passo. PASSO 1 (Divisione fra polinomi). Qualora possibile, si effettua la divisione del polinomio al numeratore per quello al denominatore. Nel nostro caso il grado del polinomio al numeratore (4) è maggiore del grado del polinomio al denominatore (2). Ha dunque senso eseguire la divisione fra i polinomi 7 in esame (la divisione ha in generale senso se il grado del polinomio al numeratore è maggiore o uguale del grado del polinomio al denominatore). Si ottiene 6x4 − 5x3 + 4x2 = (2x2 − x + 1)(3x2 − x) + x. Ne segue dunque che Z Z 6x4 − 5x3 + 4x2 (2x2 − x + 1)(3x2 − x) + x F (x) = dx = dx = 2x2 − x + 1 2x2 − x + 1 Z Z Z Z Z x x 2 = (3x2 −x) dx + dx = 3 x dx− x dx + dx = 2x2 − x + 1 2x2 − x + 1 Z x x2 3 + dx. =x − 2 2 2x − x + 1 PASSO 2 (Strategia). Resta da calcolare Z x dx. 2 2x − x + 1 La strategia di fattorizzare il denominatore (scriverlo cioè come prodotto di polinomi di grado più basso) per poi ricorrere al metodo dei coefficienti indeterminati non può essere adottata, dal momento che il polinomio al denominatore non ha radici reali e dunque non può fattorizzarsi nel prodotto di due polinomi di primo grado. In questo caso ci si deve ricondurre al calcolo di un integrale della forma Z 1 dx, x 2 + A2 con A una costante reale. PASSO 3 (Calcolo dell’integrale di cui al passo 2). Supponiamo di riuscire a ricondurci a un integrale della forma Z 1 dx. 2 x + A2 Lo sapremmo calcolare? In questo passo ci proponiamo esattamente l’intento di calcolare questo notevole integrale. Si ha Z Z Z 1 1 1 1 dx = dx = 2 ¡ x ¢2 dx. 2 2 2 x 2 x +A A A (1 + A2 ) 1+ A Procediamo per sostituzione. Poniamo t = t(x) = x 1 ⇒ dt = t0 (x)dx = dx ⇒ dx = A dt. A A 8 Ne segue che Z Z ³x´ 1 1 A 1 1 dx = dt = arctan(t) + C = arctan + C. x2 + A2 A2 1 + t2 A A A PASSO 4 (Come ci si riconduce all’integrale notevole esaminato al Passo 3). L’integrale indefinito sotto esame è Z x dx. 2 2x − x + 1 Ci farebbe comodo avere al numeratore la derivata del polinomio al denominatore (4x − 1)(perchè?). Proviamo a ritrovare questo primo risultato parziale con dei semplici passaggi algebrici. Fate attenzione, vi capiterà spesso di dover ricorrere a questi passaggi tecnici. Z Z Z x 1 4x 1 4x − 1 + 1 dx = dx = dx = 2 2 2x − x + 1 4 2x − x + 1 4 2x2 − x + 1 Z Z Z 1 4x − 1 1 dx 1 1 dx 2 = dx+ = ln |2x −x+1|+ . 2 2 2 4 2x − x + 1 4 2x − x + 1 4 4 2x − x + 1 Osservate che ho saltato un passaggio. Ho infatti risolto il primo dei due integrali che compongono la somma con il metodo dell’integrazione per sostituzione, ponendo t = 2x2 − x + 1. Vi dovrebbe essere chiaro a questo punto perchè abbia cercato a ogni costo di ritrovare al numeratore la derivata del polinomio al denominatore all’inizio di questo passo. Ricapitoliamo il punto a cui siamo. Per ora abbiamo Z Z 2 1 6x4 − 5x3 + 4x2 1 1 3 x 2 F (x) = dx = x − + ln |2x −x+1|+ dx. 2 2 2x − x + 1 2 4 4 2x − x + 1 Resta da calcolare solo l’integrale Z 2x2 1 dx. −x+1 Cerchiamo di rispettare la strategia stabilita al Passo 2. Fate attenzione ai trucchi del mestiere! Si ha µ ¶ µ ¶ µ ¶ x 1 x 1 7 x 1 7 2 2 2 2 =2 x − + + =2 x − + + = 2x −x+1 = 2 x − + 2 2 2 16 16 2 16 8 µ ¶ 1 2 7 =2 x− + . 4 8 Dopo aver isolato il coefficiente davanti a x2 ho cercato (giocando solo con il termine senza la x) di ritrovare un quadrato di binomio. Se qualcuno non conoscesse questo trucco molto usato, allora può ragionare per esteso come 9 segue. Si parte da ¶ µ x 1 2 . 2 x − + 2 2 Si cercano due costanti reali B e C in modo tale che per ogni x reale si abbia x2 − x 1 + = (x − B)2 + C = x2 + B 2 − 2Bx + C. 2 2 Dal principio di identità dei polinomi segue che devono valere le seguenti relazioni ½ −2B = − 21 B 2 + C = 21 . La soluzione di questo sistema fornisce la coppia B= 7 1 e C= . 4 16 Ne segue quindi che x 1 x − + = 2 2 2 e µ ¶ 1 2 7 x− + 4 16 ¶ µ ¶ µ 1 2 7 x 1 2 =2 x− + . 2 x − + 2 2 4 8 Tornando all’integrale, abbiamo Z Z Z 1 1 1 1 dx = dx = 1 2 7 1 2 2x2 − x + 1 2 2(x − 4 ) + 8 (x − 4 ) + Z 1 1 = ³ √ ´2 dy, 2 y 2 + 47 dopo aver sostituito x con y = x − 14 . 1 1 dx = 2x2 − x + 1 2 Z y2 + dx = √ 7 4 e y = x − 14 ) à ! 1 1 1 y ³ √ ´2 dy = · √7 arctan √7 + C = 2 7 Ricorrendo a quanto visto al Passo 3, otteniamo (A = Z 7 16 4 4 2 = √ arctan 7 µ 4x − 1 √ 7 4 ¶ + C. Infine, si ha Z Z 2 1 6x4 − 5x3 + 4x2 1 1 3 x 2 F (x) = dx = x − + ln |2x −x+1|+ dx = 2x2 − x + 1 2 4 4 2x2 − x + 1 10 µ ¶ x2 1 4x − 1 1 2 √ =x − + C. + ln |2x − x + 1| + √ arctan 2 4 2 7 7 Lascio a voi la solita verifica e passo al calcolo dell’integrale Z dx √ . 2 5x − x − 1 3 PASSO 1 (Strategia: riportarsi a un integrale notevole!). Anche in questo caso si è soliti riportarsi al calcolo di un integrale notevole della forma (A > 0) Z 1 √ dx. 2 x ± A2 Questo integrale ha una soluzione nota. Si ha infatti Z p 1 √ F (x) = dx = ln |x ± x2 ± A2 | + C. x 2 ± A2 Vi invito a verificare che la funzione F è una primitiva della funzione f nell’insieme di definizione della f (stabilite il dominio D della f nei due casi distinti con la f definita prima con il + e poi con il −. In entrambi i casi controllate che anche la F è definita in D, che è continua e derivabile in D e che la sua derivata in D coincide con la f ). Per coloro che volessero capire come si ricava l’espressione per la F apro una breve parentesi. Diciamo che ai più zelanti dovrebbe essere più che sufficiente quanto dico per ritrovare il risultato. Supponiamo di voler calcolare l’integrale indefinito Z 1 √ dx. 2 x + A2 Risulta Z Z Z 1 1 dy √ q¡ ¢ p dx = dx = , 2 2 2 2 x +A x 1 + y A +1 A avendo posto y = x A. Questo integrale si calcola, ricorrendo alla sostituzione y = sinh t. Provate per credere (aiutandovi magari con i risultati dell’Esercizio 1 del Foglio 5). PASSO 2 (Ricondursi all’integrale notevole). Vogliamo ricondurci all’integrale notevole introdotto al Passo 1. Lo faremo in due riprese. Svolgerò tutti i passaggi. Partiamo dall’espressione sotto radice al denominatore 5x2 − x − 1. 11 Prima ripresa. Eseguiamo un raccoglimento totale in modo da avere 1 come coefficiente del termine in x2 . Si ha µ ¶ x 1 2 5 x − − . 5 5 Concentriamoci sul termine tra parentesi e determiniamo due costanti reali B e C in modo che per ogni x reale si abbia µ ¶ x 1 2 x − − = (x − B)2 + C = x2 − 2Bx + B 2 + C. 5 5 Ricorrendo al principio di identità dei polinomi otteniamo il seguente sistema in B e C ½ −2B = − 15 B 2 + C = − 15 . 1 21 La soluzione di questo sistema è fornita dalla coppia B = 10 e C = − 100 e risulta õ ! ¶ ¶ µ 21 x 1 1 2 2 2 =5 − . 5x − x − 1 = 5 x − − x− 5 5 10 100 Seconda ripresa. Torniamo all’integrale. Risulta Z Z dx 1 dx √ r =√ ³ √ ´2 = 2 5 5x − x − 1 1 2 (x − 10 ) − 1021 1 =√ 5 Z dy ³ √ ´2 , 2 y − 1021 r dopo aver eseguito la sostituzione y = x − 1 10 . Ci siamo ricondotti all’integrale notevole di cui al Passo 1. Il valore di √ 21 A è 10 . Ne segue che ¯ ¯ r Z Z ¯ ¯ dx 1 dy 1 21 ¯ ¯ 2− √ r √ y + F (x) = =√ = ln y ¯ ¯+C = ³ ´ √ 2 ¯ ¯ 2 100 5 5 5x − x − 1 21 y 2 − 10 ¯ ¯ sµ ¯ ¯ ¶2 ¯ 1 1 21 ¯¯ 1 ¯ = √ ln ¯x − + x− − + C. 10 10 100 ¯¯ 5 ¯ A voi il compito di derivare la F e controllare che F 0 sia uguale a f (in quale insieme?). 12 Passiamo al calcolo dell’integrale Z arcsin x √ dx. x+1 Utilizziamo il metodo di integrazione per parti, ponendo f (x) = arcsin x e g 0 (x) = √ 1 . x+1 Risulta f 0 (x) = √ 1 e g(x) = 1 − x2 Z 1 √ dx = 2 x+1 Infatti, ponendo t = t(x) = si ha e √ Z √ 1 √ dx = 2 x + 1. 2 x+1 x+1 1 dt = t0 (x)dx = √ dx 2 x+1 Z Z √ 1 √ dx = dt = t + C = x + 1 + C. 2 x+1 Torniamo all’integrale di partenza. Integrando per parti, si ha Z Z √ √ arcsin x x+1 √ dx = F (x) = dx = 2 x + 1 · arcsin x − 2 √ x+1 1 − x2 Z √ √ √ dx = 2 x + 1 · arcsin x − 2 √ = 2 x + 1 · arcsin x + 4 1 − x + C, 1−x √ dopo aver effettuato la sostituzione t = t(x) = 1 − x e integrato come per il calcolo di g di poco prima. Come di regola la verifica è lasciata a voi. Passiamo al calcolo dell’integrale Z Z Z Z (x2 − 2x + 5)e−x dx = x2 e−x dx − 2 xe−x dx + 5 e−x dx. Risolviamo per parti il primo integrale della somma. Poniamo f (x) = x2 ⇒ f 0 (x) = 2x e 0 g (x) = e −x Z ⇒ g(x) = 13 e−x dx = −e−x . Integrando per parti, si ottiene Z Z 2 −x 2 −x x e dx = −x e + 2 xe−x dx. Torniamo all’integrale di partenza. Si ha Z Z Z Z 2 −x 2 −x −x −x F (x) = (x −2x+5)e dx = −x e +2 xe dx−2 xe dx+5 e−x dx = = −x2 e−x − 5e−x + C = −(x2 + 5)e−x + C. A voi la verifica di routine. Calcoliamo l’integrale Z ln x dx. x3 Integriamo ancora per parti. Poniamo f (x) = ln x ⇒ f 0 (x) = 1 x e g 0 (x) = 1 = x−3 ⇒ g(x) = x3 Z x−3 dx = x−2 1 = − 2. −2 2x Integrando per parti, si trova Z Z ln x ln x dx ln x 1 F (x) = dx = − 2 + = − 2 − 2 + C. 3 3 x 2x 2x 2x 4x Verificate che la funzione F è una primitiva della f in D = (0, +∞). Calcoliamo l’integrale indefinito Z Z sin2 x dx = sin2 (x)e−x dx. ex Questo esercizio richiede una buona dose di osservazione e perspicacia oltre che della praticità nell’integrare per parti. Poniamo f (x) = sin2 x ⇒ f 0 (x) = 2 sin x cos x = sin 2x e g 0 (x) = e−x ⇒ g(x) = −e−x . Integrando per parti, si ha Z Z 2 −x 2 −x sin (x)e dx = − sin (x)e + sin(2x) · e−x dx. 14 La strategia che adottiamo è quella di far comparire a secondo membro un multiplo reale dell’integrale indefinito a primo membro ovvero un’espressione del tipo Z sin2 (x)e−x dx con k ∈ R \ {0}. k Se qualcuno dubitasse della bontà di questa strategia, resterà sorpreso dalla sua efficacia, capendone anche a fondo le motivazioni. Continuaimo a integrare per parti, ponendo f (x) = sin 2x ⇒ f 0 (x) = 2 cos 2x = 2(1 − 2 sin2 x) = 2 − 4 sin2 x e g 0 (x) = e−x ⇒ g(x) = −e−x . Integrando per parti, otteniamo Z Z 2 −x 2 −x sin (x)e dx = − sin (x)e + sin(2x) · e−x dx = −x 2 = − sin (x)e 2 = − sin (x)e −x − sin(2x)e − sin(2x)e −x −x Z + Z + 2e (2 − 4 sin2 x)e−x dx = −x Z dx − 4 sin2 (x)e−x dx. Portando l’ultimo integrale di questa lunga somma a primo membro e sommando, si ottiene Z 5 · sin2 (x)e−x dx = − sin2 (x)e−x − sin(2x)e−x − 2e−x + C. Ne segue che Z F (x) = 1 sin2 (x)e−x dx = − (sin2 x + sin(2x) + 2)e−x + C. 5 Vi resta ancora la verifica! Determiniamo l’integrale indefinito Z 3x2 + 1 dx (x2 − 1)3 Si tratta di calcolare la primitiva di una funzione razionale. Osservate che il grado del polinomio al numeratore è 2, mentre il grado del polinomio al denominatore è 6 (convinti?). Dunque non ha senso divedere il numeratore per il denominatore della frazione sotto esame. Applichiamo il metodo dei coefficienti indeterminati. 15 Cerchiamo due costanti reali A e B in modo che per ogni x reale si abbia 3x2 + 1 A B A(x3 + 3x2 + 3x + 1) + B(x3 − 3x2 + 3x − 1) = + = = (x2 − 1)3 (x − 1)3 (x + 1)3 (x + 1)3 (x − 1)3 = (A + B)x3 + (3A − 3B)x2 + (3A + 3B)x + A − B . (x2 − 1)3 Per il principio di identità dei polinomi si deve avere A+B =0 3A − 3B = 3 3A + 3B = 0 A − B = 1. Osservate che il sistema è determinato e ammette come soluzione la coppia A = 12 e B = − 12 . Dunque, tornando all’integrale, risulta Z F (x) = 3x2 + 1 1 dx = 2 3 (x − 1) 2 Z 1 1 dx − 3 (x + 1) 2 Z 1 dx. (x − 1)3 Entrambi gli integrali si risolvono per sostituzione, ponendo t = t(x) = x + 1 nel primo caso e t = t(x) = x − 1 nel secondo. Lascio a voi eseguire questa semplice sostituzione. In definitiva, si ottiene Z 1 1 3x2 + 1 dx = − + C. F (x) = 2 3 2 (x − 1) 4(x − 1) 4(x + 1)2 Eseguite come al solito la verifica. Passiamo al calcolo dell’integrale Z x4 + 1 dx. x3 − x2 + x − 1 Procediamo per gradi. Ha senso eseguire la divisione fra il polinomio al numeratore e quello al denominatore della frazione sotto esame. Si ha x4 + 1 = (x + 1)(x3 − x2 + x − 1) + 2. Ne segue che Z Z x4 + 1 (x + 1)(x3 − x2 + x − 1) + 2 dx = dx = x3 − x2 + x − 1 x3 − x2 + x − 1 Z Z Z 1 1 x2 dx = + x + 2 dx. = (x + 1) dx + 2 (x − 1)(x2 + 1) 2 (x2 + 1)(x − 1) 16 Ricorriamo al metodo dei coefficienti indeterminati per risolvere quest’ultimo integrale. Cerchiamo tre costanti reali A, B e C tali che per ogni x reale si abbia 1 Ax + B C (A + C)x2 + (B − A)x + C − B = + = . (x2 + 1)(x − 1) x2 + 1 x−1 (x2 + 1)(x − 1) Dobbiamo risolvere il seguente sistema, determinato dall’applicazione del principio di identità dei polinomi A+C =0 B−A=0 C − B = 1. La soluzione di questo sistema è data da 1 1 A=B=− , C= . 2 2 Ne segue che Z F (x) = Z Z x2 x+1 1 x4 + 1 dx = +x− dx + dx = x3 − x2 + x − 1 2 x2 + 1 x−1 Z Z x2 x 1 = + x + ln |x − 1| − dx − dx = 2 2 2 x +1 x +1 x2 1 + x + ln |x − 1| − arctan(x) − ln(x2 + 1) + K, 2 2 dopo aver risolto il penultimo integrale, utilizzando la sostituzione t = t(x) = x2 + 1. Verificate il risultato. = Passiamo al calcolo dell’integrale indefinito Z x arctan2 (x) dx. Utilizziamo il metodo di integrazione per parti, ponendo f (x) = arctan2 (x) ⇒ f 0 (x) = 2 · arctan x · e g 0 (x) = x ⇒ g(x) = 1 1 + x2 x2 . 2 Integrando per parti, si ottiene Z Z x2 x2 2 2 x arctan (x) dx = · arctan (x) − arctan x · dx. 2 1 + x2 17 Possiamo ancora ricorrere all’integrazione per parti, ponendo questa volta f (x) = arctan x ⇒ f 0 (x) = 1 1 + x2 e g 0 (x) = x2 ⇒ g(x) = 1 + x2 Z x2 + 1 − 1 dx = 1 + x2 Z Z 1 dx− 1 dx = x−arctan x. 1 + x2 Integrando per parti ancora una volta, si trova Z x2 F (x) = x arctan2 (x) dx = · arctan2 (x) − x arctan x + arctan2 (x)+ 2 µ 2 ¶ Z Z 1 x 1 2x 2 + (x − arctan x)· dx = + 1 ·arctan (x)−x arctan x+ dx− 1 + x2 2 2 x2 + 1 µ 2 ¶ Z x 1 1 arctan x dx = + 1 ·arctan2 (x)−x arctan x+ ln(x2 +1)− arctan2 (x)+C = − 2 1+x 2 2 2 µ 2 ¶ x +1 1 = · arctan2 (x) − x arctan x + ln(x2 + 1) + C. 2 2 Gli ultimi due integrali in questa catena di uguaglianze sono risolvibili facilmente, ricorrendo al metodo di integrazione per sostituzione (provateci!). Controllate anche che la funzione F è la primitiva in tutto R della funzione f. Passiamo allo studio dell’integrale Z x2 e3x dx. Per calcolare questo integrale indefinito ricorriamo a due successive integrazioni per parti. Poniamo dapprima f (x) = x2 ⇒ f 0 (x) = 2x e 1 g 0 (x) = e3x ⇒ g(x) = e3x . 3 Integrando per parti, otteniamo Z Z 1 2 3x 2 2 3x x e dx = x e − xe3x dx. 3 3 Poniamo ora f (x) = x ⇒ f 0 (x) = 1 18 e 1 g 0 (x) = e3x ⇒ g(x) = e3x . 3 Integrando per parti, si ottiene Z Z 2 2 1 e3x dx = F (x) = x2 e3x dx = x2 e3x − xe3x + 3 9 9 µ ¶ 1 2 2 2 1 2 3x = x2 e3x − xe3x + e3x + C = x2 − x + e + C. 3 9 27 3 3 9 Verificate il risultato. Concludiamo l’esercizio, calcolando l’integrale Z p x 4 − x2 dx. Utilizziamo il metodo di integrazione per sostituzione, ponendo √ p 4 − x2 x 0 2 dx ⇒ dx = − dt. t = t(x) = 4 − x ⇒ dt = t (x)dx = − √ x 4 − x2 Dato che 4 − x2 = t2 , effettuando la sostituzione, si trova p Z p Z 3 (4 − x2 )3 t 2 + C. F (x) = x 4 − x2 dx = − t dt = − + C = − 3 3 Controllate che la funzione F è una primitiva della funzione f in D = [−2, 2]. Esercizio 3. Una volta stabilito che la funzione sotto esame è integrabile sull’intervallo di integrazione, calcolare i seguenti integrali definiti. Per il calcolo degli integrali definiti bisogna ricorrere, qualora possibile, all’utilizzo del teorema fondamentale del calcolo integrale, di cui ricordiamo l’enunciato. Teorema 2 (Teorema Fondamentale del Calcolo Integrale). Sia I = [a, b] ⊂ R un intervallo chiuso e limitato. Sia f : I → R una funzione continua in I. Sia F una primitiva di f in I. Allora Z b f (x) dx = F (b) − F (a). a L’uguaglianza nelle conclusioni del teorema si chiama formula fondamentale del calcolo integrale. La strategia risolutiva dell’esercizio dovrebbe a questo punto essere chiara 19 a tutti. Si determina di volta in volta l’intervallo di integrazione I = [a, b] sotto esame, si controlla che la funzione integranda f è continua in I, si calcola una primitiva F della funzione f in I e si ricorre alle conclusioni del teorema fondamentale del calcolo integrale per calcolare b Z f (x) dx. a Osservate che una funzione f continua in I ammette sempre una primitiva F in I, data da Z x F (x) = f (t) dt, x ∈ I. a Sono queste le conclusioni del teorema di Torricelli-Barrow. Procediamo per gradi. Calcoliamo l’integrale √ Z 4 1+ x dx. x2 1 L’intervallo d’integrazione è I = [1, 4] e la funzione integranda f = f (x) = √ 1+ x è definita e continua in I. Calcoliamo una primitiva F di f in I. Si x2 ha √ Z Z Z √ Z Z 3 1+ x 1 x 1 2 −2 F (x) = dx = dx+ dx = x dx+ x− 2 dx = − − √ +C. 2 2 2 x x x x x Utilizzando il teorema fondamentale del calcolo integrale (abbreviato TFCI), si ottiene √ Z 4 1 2 1 2 7 1+ x dx = F (4) − F (1) = − − + + = . 2 x 4 2 1 1 4 1 Calcoliamo l’integrale Z 0 1 x2 x dx. + 3x + 2 L’intervallo d’integrazione è I = [0, 1] e la funzione integranda f = f (x) = x è definita e continua in I. Calcoliamo una primitiva F di f in I. x2 +3x+2 Dal momento che il denominatore della funzione integranda si fattorizza come x2 + 3x + 2 = (x + 1)(x + 2), possiamo ricorrere al metodo dei coefficienti indeterminati. Cerchiamo due costanti reali A e B in modo tale che si abbia x A B (A + B)x + 2A + B = + = . x2 + 3x + 2 x+1 x+2 (x + 1)(x + 2) 20 In virtù del principio d’identità dei polinomi, le costanti A e B soddisfano il seguente sistema ½ A+B =1 2A + B = 0. La soluzione di questo sistema è data dalle costanti A = −1 e B = 2. Ne segue dunque che Z Z Z x 1 2 F (x) = dx = − dx+ dx = − ln |x+1|+2 ln |x+2|. 2 x + 3x + 2 x+1 x+2 Per il TFCI si ha che µ ¶ Z 1 x 9 . dx = F (1)−F (0) = 2 ln 3−ln 2−2 ln 2 = 2 ln 3−3 ln 2 = ln 2 + 3x + 2 x 8 0 Passiamo a calcolare l’integrale definito Z 3 2 x sin 2x dx. 2 −3 x + 1 L’intervallo d’integrazione è l’intervallo I = [−3, 3] e la funzione integranda 2 è definita e continua in I. Si arriva sotto esame f = f (x) = x xsin(2x) 2 +1 con estrema facilità a concludere che l’integrale definito sotto esame vale 0. Infatti, la funzione f , definita in D = R, è una funzione dispari, ovvero f (x) = −f (−x) ∀x ∈ D. Nel nostro caso si ha infatti (per ogni x ∈ R) −f (−x) = − x2 sin(−2x) x2 sin(2x) (−x)2 sin(2(−x)) = − = = f (x), (−x)2 + 1 x2 + 1 x2 + 1 dal momento che sin(−2x) = − sin(2x) per ogni x ∈ R. Domanda: cosa sapete dire sul grafico di una funzione dispari? Supponete ora di avere una funzione f , continua e dispari in R. Allora, per ogni scelta di intervallo I = [−a, a] (con a > 0), simmetrico rispetto all’origine, risulta Z a f (x) dx = 0. −a Infatti Z a Z f (x) dx = −a 0 Z f (x) dx + −a a Z 0 f (x) dx = Z f (x) dx + −a 0 Poniamo nell’ultimo integrale t = t(x) = −x ⇒ dt = −dx. 21 a (−f (−x)) dx. 0 Ne segue che x = 0 ⇒ t = 0, x = a ⇒ t = −a. Effettuata la sostituzione, otteniamo Z Z −a Z 0 Z a f (t) dt = f (x) dx + f (x) dx = −a −a 0 Z f (x) dx = 0. −a −a 0 0 f (x) dx − Osservate che ho fatto ricorso al metodo di integrazione per sostituzione per gli integrali definiti. Questo metodo, come sapete, richiede di tener conto in modo opportuno degli estremi di integrazione al momento di effettuare la sostituzione. Lo rivedremo tra poco in dettaglio. Nessuno si stupisca del fatto che nell’ultimo integrale è ricomparsa la variabile d’integrazione x. Rinominare la variabile d’integrazione equivale infatti a eseguire la sostituzione x = t che non comporta alcuna modificazione della funzione integranda e degli estremi di integrazione. Passiamo al calcolo dell’integrale Z 1 2 ex dx. x2 1 Per i primi due integrali calcolati finora (tralasciando quello calcolato ricorrendo alle proprietà degli integrali delle funzioni dispari) abbiamo sempre lavorato nel modo seguente. Abbiamo determinato una primitiva della funzione integranda e siamo ricorsi alle conclusioni del TFCI, utilizzando la formula fondamentale del calcolo integrale. Gli estremi di integrazione entravano quindi in gioco solo all’ultimo. Nel metodo di integrazione per sostituzione (per integrali definiti) che ci accingiamo ad utilizzare, gli estremi di integrazione vanno tenuti sotto osservazione dall’inizio sino alla fine del calcolo (in particolare, anch’essi si modificano, nel momento in cui viene cambiata la variabile di integrazione!). Nel caso sotto studio, l’intervallo d’integrazione è I = [1, 2] e la funzione 1 integranda f = f (x) = exx2 è definita e continua in I. Poniamo 1 1 t = ⇒ dt = t0 (x)dx = − 2 dx. x x Cosa succede agli estremi di integrazione? Si ha 1 x = 1 ⇒ t = 1, x = 2 ⇒ t = . 2 Se ne deduce che Z 1 2 1 ex dx = − x2 1 2 Z 1 22 t 1 Z et dt. e dt = 1 2 Ricorriamo ora, come al solito, al TFCI per ottenere 2 Z 1 1 ex dx = x2 1 Z 1 et dt = e1 − e 2 = e − √ e. 1 2 Calcoliamo l’integrale definito Z Π x3 sin x dx. 0 L’intervallo d’integrazione è I = [0, Π] e la funzione integranda f = f (x) = x3 sin x è definita e continua in I. Calcoliamo una primitiva F di f in I. Utilizziamo il metodo di integrazione per parti. Poniamo f (x) = x3 ⇒ f 0 (x) = 3x2 e g 0 (x) = sin x ⇒ g(x) = − cos x. Integrando per parti, si ottiene che Z Z 3 3 F (x) = x sin x dx = −x cos x + 3 x2 cos x dx. Poniamo ora f (x) = x2 ⇒ f 0 (x) = 2x e g 0 (x) = cos x ⇒ g(x) = sin x. Integrando per parti, otteniamo Z Z F (x) = x3 sin x dx = −x3 cos x + 3x2 sin x − 6 x sin x dx. Poniamo infine f (x) = x ⇒ f 0 (x) = 1 e g 0 (x) = sin x ⇒ g(x) = − cos x. Integrando per parti, si ha Z Z 3 3 2 F (x) = x sin x dx = −x cos x + 3x sin x + 6x cos x − 6 cos x dx = = (3x2 − 6) sin x + (6x − x3 ) cos x + C. Applicando la formula fondamentale del calcolo integrale, si ottiene Z Π x3 sin x dx = F (Π) − F (0) = Π3 − 6Π. 0 23 Calcoliamo l’integrale definito Z 1 arctan x dx. 0 L’intervallo d’integrazione è I = [0, 1] e la funzione integranda f = f (x) = arctan x è definita e continua in I. Calcoliamo una primitiva F di f in I. Ricorriamo ancora una volta al metodo di integrazione per parti. Poniamo f (x) = arctan x ⇒ f 0 (x) = 1 1 + x2 e g 0 (x) = 1 ⇒ g(x) = x. Integrando per parti, si ha Z Z 1 2x 1 F (x) = arctan x dx = x arctan x− dx = x arctan x− ln(1+x2 )+C. 2 2 1+x 2 Applicando il TFCI, si trova Z 1 Π ln 2 arctan x dx = F (1) − F (0) = − . 4 2 0 Calcoliamo l’integrale definito Z ln 5 0 √ ex ex − 1 dx. ex + 3 L’intervallo d’integrazione è I = [0, ln 5] e la funzione integranda sotto esame √ ex ex −1 f = f (x) = ex +3 è definita e continua in I. Poniamo √ √ ex 2 ex − 1 0 x √ t = t(x) = e − 1 ⇒ dt = t (x)dx = dx ⇒ dx = dt. ex 2 ex − 1 Inoltre x = 0 ⇒ t = 0, x = ln 5 ⇒ t = 2. Effettuando la sostituzione, si ottiene Z ln 5 x √ x Z 2 e e −1 t2 dx = 2 dt, 2 ex + 3 0 0 t +4 dal momento che ex = t2 + 1 per ogni x ∈ [0, ln 5]. Calcoliamo una primitiva G della funzione g = g(t) = Z G(t) = t2 + 4 − 4 dt = t2 + 4 Z t2 + 4 dt−4 t2 + 4 24 Z t2 t2 +4 in [0, 2]. Si ha 1 dt = t−2 arctan t2 + 4 µ ¶ t +C, 2 dal momento che l’ultimo integrale è della forma (A = 2) Z 1 dt 2 t + A2 e sappiamo calcolarlo dall’esercizio sugli integrali indefiniti. Tornando all’integrale definito di partenza e ricorrendo alla formula fondamentale del calcolo integrale, si ottiene Z ln 5 x √ x Z 2 e e −1 t2 dx = 2 dt = 2[G(2) − G(0)] = 4 − Π. 2 ex + 3 0 0 t +4 Calcoliamo infine l’integrale definito Z Π 2 p 1 + sin2 x · cos x dx. 0 L’intervallo d’integrazione è I = [0, Π2 ] e la funzione integranda sotto esame p f = f (x) = 1 + sin2 x · cos x è definita e continua in I. Procedendo con il metodo di sostituzione per integrali definiti, poniamo t = t(x) = sin x ⇒ dt = t0 (x)dx = cos xdx. Si ha inoltre x = 0 ⇒ t = 0, x = Π ⇒ t = 1. 2 Effettuando la sostituzione, si trova Z Π 2 p Z 2 1 + sin x · cos x dx = 0 1p 1 + t2 dt. 0 L’integrale si è semplificato notevolmente. Tuttavia non siete ancora in grado di calcolarlo. Bisogna effettuare un’ulteriore sostituzione, ricorrendo alle funzioni seno e coseno iperboliche. Torneremo a completare questo calcolo, non appena tratteremo tali funzioni nelle soluzioni del Foglio 5 di esercizi. Esercizio 4. Studiare il carattere dei seguenti integrali impropri. Nei casi di convergenza, stabilire, qualora possibile, il valore dell’integrale. Procediamo per gradi. Studiamo molto ma molto in dettaglio il carattere dell’integrale improprio Z +∞ 1 √ dx. x x2 − 9 3 Accordiamoci sin da subito sulle questioni da tenere a mente quando si ha a che fare con lo studio di un integrale improprio. A) Per prima cosa va stabilito il dominio della funzione integranda f . Una 25 volta determinato il dominio della f (che negli esercizi che affronteremo sarà sempre possibile scrivere come unione di intervalli reali) ci si concentra sull’insieme di integrazione assegnato. In particolare, vanno identificati quelli che chiamerò punti problematici della funzione f sul dominio di integrazione. Se il dominio di integrazione è un insieme illimitato (ovvero se uno dei due estremi d’integrazione è rappresentato da +∞ o da −∞) allora diremo che la funzione presenta un punto problematico all’infinito. Chiameremo invece punto problematico sul finito della funzione f un punto x0 ∈ R che goda delle seguenti proprietà: i) x0 è un estremo finito del dominio della funzione f in cui la f non è definita. In parole semplici, se avete determinato l’espressione del dominio della funzione f come unione di intervalli reali, i punti problematici sul finito sono da ricercarsi fra gli estremi finiti di questi intervalli, che non siano inclusi nel dominio (quelli cioè con accanto una parentesi tonda e non quadra). ii) x0 è un punto interno o un estremo del dominio di integrazione. iii) Il limite lim f (x) x→x0 o non esiste o esiste ma è infinito. Riassumendo, le condizioni i) − iii), che definiscono un punto problematico sul finito della funzione integranda f , fan sı̀ che un tale punto x0 ∈ R debba essere un punto interno o un estremo del dominio di integrazione. Inoltre o la retta verticale di equazione x = x0 rappresenta un asintoto verticale per la funzione f oppure non esiste il limite lim f (x). x→x0 B) A questo punto va controllato se la funzione f è continua sull’insieme di integrazione (sarà quasi sempre cosı̀). Fatto ciò, si stabilisce se la funzione integranda f è limitata sul dominio di integrazione. Evidentemente, basta che la f presenti un punto problematico sul finito in corrispondenza del quale ci sia un asintoto verticale per la f o che il limite per x che tende a +∞ o a −∞ della f esista e sia infinito perchè si possa concludere che la funzione è illimitata (perchè?). Se invece non ci sono punti problematici sul finito e il limite per x che tende a +∞ (o a −∞) esiste ed è finito allora la funzione sarà sicuramente limitata sul dominio di integrazione (di nuovo perchè?) 26 C) A questo punto, bisogna fare particolare attenzione al segno della funzione f nel dominio di integrazione. Si possono presentare due diverse situazioni. CASO 1. La funzione integranda (continua) mantiene un segno costante su tutto l’intervallo di integrazione (ovvero è sempre positiva o sempre negativa sull’insieme di integrazione). Fate particolare attenzione a quanto segue. Nel CASO 1 possono rientrare anche quelle funzioni integrande (continue) a segno variabile nel dominio di integrazione che però mantengono lo stesso segno costante in un intorno di ciascun punto problematico sul finito e all’infinito della funzione integranda f . Cosa vuol dire? Prima di tutto, quando si parla di intorno di +∞ si intende che si prendono in esame x reali sufficientemente grandi (ovvero intervalli del tipo (x0 , +∞)) e, analogamente, quando si parla di intorno di −∞ si intende che si prendono in esame x reali sufficientemente piccole (ovvero intervalli del tipo (−∞, x0 )). Nel CASO 1 faremo dunque rientrare quelle funzioni che godono della seguente proprietà: determinati tutti i punti problematici della funzione integranda f nel dominio di integrazione (sul finito e all’infinito), ognuno di tali punti ammette un intorno in cui la funzione f mantiene lo stesso segno costante. CASO 2. La funzione integranda f è continua, ma a segno variabile e almeno uno dei punti problematici della f non ammette nessun intorno in cui la funzione mantenga segno costante. Oppure, ogni punto problematico della f ammette un intorno in cui la f mantiene segno costante, ma questo segno non è lo stesso in tutti i suddetti intorni. Questo è un caso molto delicato, in cui si prospetta addirittura la possibilità che l’integrale improprio non sia ben definito. Torniamo all’esercizio sotto esame. L’intervallo di integrazione è I = (3, +∞). La funzione integranda presenta due punti problematici relativi a tale dominio di integrazione (+∞ e x0 = 3), è continua in I ed è illimitata in I, dal momento che lim f (x) = +∞. x→3+ Inoltre la funzione f è sempre positiva in I (facile). Appartiene cioè a quelle funzioni che rientrano nel CASO 1, definito in precedenza. Come si procede in questo caso? PASSO 1. Per prima cosa si deve scrivere (se necessario; è in questo caso lo è), l’integrale assegnato come somma di integrali addendi su sottoinsiemi 27 del dominio di integrazione di partenza, in ognuno dei quali la funzione presenta un solo punto problematico. PASSO 2. A questo punto si deve studiare il carattere di ciascun integrale addendo. Se tutti gli integrali addendi della somma convergono allora l’integrale somma converge, se almeno uno degli integrali diverge allora l’integrale somma diverge. Ottemperando al PASSO 1, scriviamo l’integrale di partenza come somma di integrali Z +∞ Z 4 Z +∞ f (x) dx, f (x) dx + f (x) dx = 4 3 3 In effetti, in ognuno degli intervalli di integrazione (3, 4] e [4, +∞) la funzione integranda presenta un solo punto problematico (siete d’accordo?). Osservate che invece di 4 avremmo potuto scegliere come secondo estremo d’integrazione nel primo integrale della somma (ovvero primo estremo d’integrazione del secondo integrale della somma) un qualunque altro numero reale strettamente maggiore di 3. Studiamo, una lente di ingrandimento alla mano, il carattere di ciascuno dei due integrali addendi. Concediamoci una considerazione di carattere preliminare. L’integrale 4 Z f (x) dx 3 è il classico integrale improprio su un insieme limitato di una funzione non negativa, continua, ma illimitata. Va osservato inoltre che in ogni intervallo del tipo [3 + ², 4] (con ² > 0) ha senso (dato che la f è continua e limitata in questo intervallo per il Teorema di Weierstrass) calcolare Z 4 f (x) dx 3+² che è un ben preciso numero reale non negativo. L’integrale improprio in esame è definito come Z 4 Z 4 f (x) dx = lim f (x) dx. 3 ²→0 3+² 28 Fate particolare attenzione al fatto che il limite che definisce l’integrale improprio sotto esame esiste. Primo, perchè (come appena detto) per ogni ² > 0 è ben definito l’integrale della f sull’intervallo [3 + ², 4]. Secondo, perchè, essendo la f positiva in tutto l’intervallo (3, 4], la quantità Z 4 f (x) dx 3+² aumenta al diminuire di ² (e in particolare al tendere di ² a 0). Convincetevi infatti del fatto che, se ²1 e ²2 sono due arbitrari numeri reali positivi tali che ²1 ≥ ²2 , allora risulta (e la positività della f è cruciale) Z 4 Z 4 f (x) dx ≤ f (x) dx. 3+²1 3+²2 Dunque il limite che definisce l’integrale improprio su cui ci siamo soffermati (primo addendo) esiste e può valere o un numero reale positivo (in questo caso si dice che l’integrale improprio definito da questo limite converge a tale numero reale) oppure +∞ (in tal caso si dice che l’integrale improprio sotto esame diverge a +∞). Il secondo integrale addendo Z +∞ f (x) dx 4 è il classico integrale improprio su un insieme illimitato di una funzione limitata, dal momento che lim f (x) = 0 x→+∞ (dovrebbe essere chiaro perchè questa condizione implica che la f è limitata in [4, +∞); se non fosse chiro, aiutatevi con la definizione di limite). Inoltre, per ogni n ∈ N tale che n ≥ 4, è ben definito l’integrale Z n f (x) dx 4 (perchè?). L’integrale improprio sotto esame è definito come Z +∞ Z n f (x) dx = lim f (x) dx. 4 n→+∞ 4 29 Anche questo limite esiste (pensateci! Un aiuto: basta che vi convinciate che la successione Z n an = f (x) dx 4 è ben definita e crescente per n ≥ 4). Quanto può valere tale limite? Di nuovo, o un numero reale positivo (e in tal caso diremo ancora che l’integrale improprio definito da tale limite converge a tale valore) oppure +∞ (in questo caso diremo che l’integrale improprio sotto esame diverge a +∞). Un ultimo fatto di grande importanza: abbiamo osservato a lezione che lo studio di un integrale improprio di una funzione non negativa su un intervallo illimitato si conclude immediatamente se risulta che lim f (x) 6= 0 x→+∞ oppure, se è −∞ a essere coinvolto, se lim f (x) 6= 0. x→−∞ In questo caso infatti si può concludere senza esitazioni che l’integrale in esame diverge (vi ricordate perchè?). Torniamo al nostro esercizio. Studiamo separatamente il carattere di ciascun integrale addendo, concentrandoci sui diversi metodi che si possono usare per stabilire se ognuno di essi converge o diverge. Partiamo dal primo integrale addendo Z 4 1 √ dx. 2 3 x x −9 1) Il primo metodo di studio di questo integrale, il più semplice concettualmente, ma che purtroppo presenta a volte notevoli difficoltà computazionali, consiste nel calcolo del limite che definisce l’integrale improprio sotto esame. Proviamo a calcolare questo limite. Abbiamo innanzitutto bisogno di calcolare Z 4 1 √ dx. 2 3+² x x − 9 Calcoliamo una primitiva F di f in I = [3 + ², 4]. Poniamo p x t = t(x) = x2 − 9 ⇒ dt = t0 (x)dx = √ dx. 2 x −9 30 Ne segue che Z F (x) = 1 dx = x x2 − 9 √ Z 1 1 dt = arctan t2 + 9 3 ! Ã√ 1 x2 − 9 = arctan + C, 3 3 µ ¶ t +C = 3 dato che x2 = t2 + 9 e dal momento che conosciamo ormai troppo bene l’integrale indefinito (nel nostro caso A = 3) del tipo Z 1 dt. 2 t + A2 Ma allora Ãp ! Z 4 (3 + ²)2 − 9 1 1 √ dx = F (4) − F (3 + ²) = F (4) − arctan 2 3 3 3+² x x − 9 e Z 4 1 1 √ √ dx = lim dx = 2 ²→0 3+² x x2 − 9 3 x x −9 Ãp à !! (3 + ²)2 − 9 1 = lim F (4) − arctan = F (4) < +∞. ²→0 3 3 Z 4 Dunque il primo integrale della somma converge e siamo stati in grado addirittura di calcolarne il valore. Esso vale F (4). Se qualcuno volesse, potrebbe anche calcolare quanto vale F (4), ma lo troverà tra poco del tutto inutile. A volte calcolare un integrale improprio è piuttosto complicato. Tuttavia se ne può stabilire il carattere (convergenza o divergenza) con metodi ad hoc. Usando questi metodi, ritroviamo la convergenza del nostro Z 4 1 √ dx. 2 3 x x −9 2) Si può ricorrere al criterio del confronto asintotico. Si ha che 1 1 f (x) = √ ∼ g(x) = √ √ per x → 3+ , 2 3 6 x−3 x x −9 dal momento che (verificatelo!) lim x→3+ √1 x x2 −9 1 √ √ 3 6 x−3 31 = 1. Ma allora (criterio del confronto asintotico), il carattere del nostro integrale 4 Z 3 1 √ dx x x2 − 9 è lo stesso dell’integrale 4 Z 3 1 √ √ dx. 3 6 x−3 Quest’ultimo integrale è notoriamente convergente. A meno di un cambiamento di variabile di integrazione (e di una costante moltiplicativa) si tratta infatti dell’integrale Z 1 1 √ dx x 0 che è convergente. Se qualcuno non fosse convinto, può calcolare di fatto l’integrale Z 4 Z 4 1 1 √ √ √ √ dx = lim dx. ²→0 3+² 3 6 x − 3 3 3 6 x−3 Altrimenti, si osservi che (porremo t = x − 3 e useremo il metodo di integrazione per sostituzione per gli integrali definiti) Z 3 4 1 √ Z 4 1 √ √ √ dx = lim dx = lim ²→0 3+² 3 6 x − 3 ²→0 3 6x x − 3 Z 1 1 1 √ dx. = √ x 3 6 0 Z ² 1 1 √ √ dt = 3 6 t 3) Avremmo potuto stabilire la convergenza dell’integrale Z 3 4 1 dx, x x2 − 9 √ utilizzando il criterio del confronto. Per ritrovare la convergenza del nostro integrale, ricorrendo a questo criterio, abbiamo bisogno di maggiorare l’integrale con un integrale sullo stesso dominio di integrazione che sia convergente (generalmente si tratta dell’integrale di una funzione nota, maggiorante la funzione integranda f nell’insieme di integrazione), in modo da evitare che esso possa valere +∞. Osservate che, dal momento che per ogni x ∈ (3, 4] si ha 1 f (x) = √ > 0, x x2 − 9 32 possiamo sicuramente concludere (per la monotonia dell’integrale e ricorrendo alla definizione di integrale improprio come particolare limite) che Z 4 Z 4 0 dx = 0. f (x) dx ≥ 3 3 Riscopriamo un fatto arcinoto: cioè che l’integrale di una funzione non negativa è un numero reale positivo o +∞. Per mostrare che l’integrale sotto esame non possa valere +∞, si procede nel modo seguente. Scriviamo Z 4 Z 4 1 1 √ f (x) dx = ·√ dx. x−3 3 x x+3 3 Cerchiamo di maggiorare l’integrale con un integrale convergente notevole. Osserviamo che per ogni x ∈ (3, 4] si ha √ √ √ √ √ x>3 e x+3> 3+3= 6⇒x x+3>3 6⇒ 1 1 1 1 1 1 √ < √ ⇒ √ < √ √ . ⇒ √ x x+3 x x+3 x−3 3 6 3 6 x−3 L’ultimo passaggio è motivato dal fatto che per ogni x ∈ (3, 4] la quantità √ 1 , x−3 per cui dividiamo ambo i membri della disuguaglianza, è ben definita e strettamente positiva. Ne segue allora (ricorrendo implicitamente alla definizione di integrale improprio) che Z 4 Z 4 1 1 √ f (x) dx ≤ √ dx < +∞, x−3 3 6 3 3 per quanto visto al punto 2). Abbiamo di nuovo provato che l’integrale Z 4 1 √ dx 2 3 x x −9 converge. Osservate che, quando si utilizza il metodo del confronto e si vuole provare la divergenza di un integrale improprio a +∞, basta minorare l’integrale in esame con un integrale improprio divergente a +∞ (stesso modo di ragionare delle serie) o maggiorarlo con uno divergente a −∞ (qualora se ne vuole dimostrare la divergenza a −∞). Avete dunque tre strade diverse da poter percorrere per lo studio del carattere di un integrale improprio che rientri nel CASO 1: calcolare direttamente l’integrale, ricorrendo alla definizione oppure applicare il criterio del 33 confronto o del confronto asintotico. Potete anche utilizzare più metodi in successione. Torniamo al calcolo dell’integrale improprio Z Z +∞ Z 4 Z +∞ f (x) dx = F (4) + f (x) dx + f (x) dx = dove 1 F (x) = arctan 3 Ã√ f (x) dx, 4 4 3 3 +∞ x2 − 9 3 ! + C, x ∈ [3, +∞). Resta da controllare se converge (e eventualmente calcolare) o meno l’integrale Z +∞ Z n f (x) dx = lim f (x) dx. n→+∞ 4 4 Dato che F è una primitiva di f in [4, +∞], ricorrendo al TFCI, risulta à Ã√ ! ! Z +∞ 1 Π n2 − 9 f (x) dx = lim arctan − F (4) = − F (4). n→+∞ 3 3 6 4 In definitiva, l’integrale Z +∞ f (x) dx 3 converge e vale Π 6. Studiamo il carattere dell’integrale Z +∞ 0 √ sin x dx. x2 + x3 La funzione integranda f presenta due punti problematici (+∞ e x0 = 0) nel dominio di integrazione I = (0, +∞), è continua in I ed è illimitata nel suddetto intervallo, dal momento che lim f (x) = +∞. x→0+ Risulta anche che (perchè?) lim f (x) = 0. x→+∞ La f non è tuttavia a segno costante in (0, +∞), nè mantiene il segno costante in nessun intorno di +∞ (perchè? Osservate la funzione al numeratore della frazione che definisce la f !). Ricadiamo in quello che ho chiamato in precedenza CASO 2. Si deve procedere con la massima cautela. Avevo preannunciato che un integrale del genere (CASO 2) potrebbe non avere senso 34 (in questo caso si usa dire che la funzione f non è integrabile in senso improprio in (0, +∞)). Ora cerco di spiegarmi meglio. Sulla falsa riga dell’esercizio precedente, saremmo tentati di scrivere senza esitazione alcuna l’integrale sotto esame come somma di integrali del tipo √ √ Z a Z +∞ sin x sin x dx + dx 2 3 x2 + x3 0 x +x a con a un arbitrario numero reale maggiore di 0. Ognuno degli integrali addendi presenterebbe nel suo insieme di integrazione un solo punto problematico della f . Fate particolare attenzione a quanto segue. Se f appartenesse alla classe di funzioni inserite nel CASO 1 allora NON potrebbe mai verificarsi la seguente situazione: un integrale addendo vale +∞ e l’altro −∞ (mentre può invece succedere che entrambi valgano contemporaneamente +∞ o −∞). Questa situazione patologica può invece presentarsi nel caso delle funzioni appartenenti alla classe descritta nel CASO 2. E quanto dovrebbe valere un integrale la cui somma è formalmente data da una forma indeterminata +∞ − ∞? Un tale integrale non è definito. Procediamo come nell’esercizio precedente, studiando il carattere di ciascun integrale addendo, ma tenendo sempre a mente che, qualora un integrale addendo diverga a +∞ e l’altro diverga a −∞, dobbiamo concludere che l’integrale assegnato dall’esercizio non è ben definito ovvero la funzione integranda f non è integrabile in senso improprio nell’intervallo di integrazione I. Scegliamo a = 1. Non è una scelta casuale e tra un attimo ne capirete il motivo. Consideriamo ora il primo integrale (funzione illimitata su un intervallo limitato) della somma √ Z 1 sin x dx. 2 3 0 x +x La funzione integranda è positiva in (0, 1] (perchè? Se rispondete a questa domanda, vi sarà chiarissimo perchè ho scelto a = 1 (chiaramente avrei potuto scegliere infiniti altri valori di a, preservando la positività della f in (0, a])). Dato che √ √ x 1 1 sin x + f (x) = 2 ∼ g(x) = 2 = 5 3 ∼ 3 per x → 0 , 3 3 x +x x +x 2 2 2 x +x x 35 l’integrale sotto esame ha lo stesso carattere (criterio del confronto asintotico) dell’integrale Z 1 1 3 dx. 0 x2 Quest’integrale è, com’è noto, divergente a +∞, dunque anche il primo integrale addendo diverge a +∞. Ecco che cominciamo a temere il peggio. Se il secondo integrale addendo divergesse a −∞ (e questo è possibile, dato che la funzione è a segno variabile sul secondo dominio di integrazione), avremmo la situazione patologica descritta in precedenza e concluderemmo l’esercizio, affermando che la funzione non è integrabile in senso improprio in tutto I. Se invece il secondo integrale addendo convergesse a un numero reale (positivo o negativo, dato che la funzione cambia segno in [1, +∞)) o divergesse a +∞, concluderemmo che l’integrale somma è ben definito, ma divergente a +∞. Consideriamo dunque il secondo integrale della somma Z +∞ f (x) dx. 1 Quest’integrale improprio (funzione limitata su un intervallo illimitato) è convergente. Infatti, dato che per ogni x ∈ [1, +∞) si ha √ −1 ≤ sin x ≤ 1, risulta (per la monotonia dell’integrale e usando la definizione di integrale improprio) che √ Z +∞ Z +∞ Z +∞ −1 sin x 1 dx ≤ dx ≤ dx. 2 3 2 3 2 x +x x +x x + x3 1 1 1 Se mostrassimo che i due integrali agli estremi di questa doppia disuguaglianza convergono, proveremmo (criterio del confronto) che converge l’integrale addendo di partenza (essendo il suo valore intrappolato fra due costanti reali, rappresentate dai valori dei due integrali esterni). Osservate anche che non sarebbe bastato controllare che l’integrale addendo in esame fosse limitato solo dall’alto da una costante reale (impedendogli cosı̀ di divergere a +∞). Infatti, dato che la funzione f è a segno variabile in [1, +∞), l’integrale può divergere anche a −∞ (fatto che non può verificarsi per una funzione positiva). Pertanto è stato necessario fare anche un controllo dal basso. 36 I due integrali esterni convergono, dal momento che (criterio del confronto asintotico) l’integrale Z +∞ 1 dx 2 + x3 x 1 ha lo stesso carattere (controllate!) dell’integrale improprio convergente Z +∞ 1 dx. x3 1 In ultima analisi si ha che l’integrale improprio assegnato √ Z +∞ sin x dx x2 + x3 0 diverge a +∞. Un altro modo, più veloce, di stabilire la convergenza del secondo integrale addendo consiste nello studio dell’assoluta convergenza dell’integrale in esame, ovvero nello studio della convergenza dell’integrale √ ¯ √ Z +∞ Z +∞ ¯ Z +∞ ¯ sin x ¯ | sin x| ¯ ¯ |f (x)| dx = . ¯ x2 + x3 ¯ dx = x2 + x3 1 1 1 Se infatti questo integrale (di una funzione positiva in [1, +∞)) convergesse, allora convergerebbe facilmente l’integrale addendo in esame: perchè? Ne abbiamo parlato al tutoraggio, provate a ricostruire il mio ragionamento). L’integrale a cui ci siamo ricondotti è banalmente convergente (usate il criterio del confronto, maggiorando il numeratore con 1 e poi ricorrete al criterio del confronto asintotico). Studiamo il carattere dell’integrale improprio Z 1 dx √ dx. 0 ln(1 + x) Si tratta dell’integrale di una funzione illimitata su un intervallo limitato (l’unico punto problematico della f è x0 = 0). La funzione è continua e positiva in (0, 1]. Siamo nel CASO 1. Calcolare il valore (sto anticipando che converge) di questo integrale è piuttosto elaborato, tuttavia è semplicissimo dimostrarne la convergenza. Infatti, dato che (controllate!) f (x) = 1 1 √ ∼ g(x) = √ per x → 0+ , ln(1 + x) x il nostro integrale converge (criterio del confronto asintotico), dal momento che ha lo stesso carattere dell’integrale (convergente!) Z 1 1 √ dx. x 0 37 Studiamo il carattere dell’integrale Z +∞ 0 arctan x dx. x2 + 1 Si tratta di un integrale improrio (funzione limitata (perchè?) su un intervallo illimitato), convergente e facilmente calcolabile. L’unico punto problematico della f è dato da +∞. La funzione è continua e positiva sull’insieme di integrazione (di nuovo CASO 1). Risulta infatti Z +∞ Z n Z arctan n arctan x arctan x dx = lim dx = lim t dt, n→+∞ 0 n→+∞ 0 x2 + 1 x2 + 1 0 dopo aver posto t = t(x) = arctan x ed applicato il metodo d’integrazione per sostituzione per integrali definiti. Ne segue dunque (calcolando l’ultimo integrale definito) che µ ¶ Z +∞ arctan2 (n) Π2 arctan x dx = lim = . 2 n→+∞ x +1 2 8 0 Provate a ritrovare la convergenza dell’integrale assegnato, applicando il criterio del confronto asintotico e quello del confronto. Passiamo allo studio dell’integrale improprio (funzione limitata (di nuovo perchè?) su un intervallo illimitato) Z 0 Z 0 x xe dx = lim xex dx. n→+∞ −n −∞ L’integrale sotto esame è convergente e può essere semplicemente calcolato. Notiamo che l’unico punto problematico della f è dato da −∞. La funzione è continua e a segno costante (negativo) in (−∞, 0] (ancora CASO 1). Calcoliamo l’integrale Z 0 xex dx. −n Per prima cosa calcoliamo l’integrale indefinito Z F (x) = xex dx. Poniamo f (x) = x ⇒ f 0 (x) = 1 e g 0 (x) = ex ⇒ g(x) = ex . Procediamo quindi per parti per ottenere Z Z x x F (x) = xe dx = xe − ex dx = xex − ex + C. 38 Ne segue quindi (applicando il TFCI) che Z 0 Z 0 x xe dx = lim xex dx = lim (F (0) − F (−n)) = n→+∞ −n −∞ n→+∞ = lim (−1 + ne−n − e−n ) = −1. n→+∞ Studiamo il carattere dell’integrale improprio Z 1 Z 1 x ln x dx = lim x ln x dx. ²→0 ² 0 Anche in questo caso la convergenza dell’integrale sotto esame si prova con estrema facilità. Procediamo esattamente come nel calcolo dell’integrale precedente. Ponendo 1 f (x) = ln x ⇒ f 0 (x) = x e x2 g 0 (x) = x ⇒ g(x) = 2 e procedendo per parti, si trova Z Z 2 x2 ln x 1 x x2 ln x x2 F (x) = x ln x dx = − dx = − + C. 2 2 x 2 4 Ne segue che Z 1 Z x ln x dx = lim 0 ²→0 ² 1 x ln x = lim (F (1) − F (²)) ²→0 1 1 ²2 ²2 ln ² − )=− . = lim (− + ²→0 4 4 2 4 Domanda: si poteva dedurre la convergenza dell’integrale molto più facilmente, osservando che lim (x ln x) = 0. x→0 Perchè? Sono presenti quelli che abbiamo chiamato punti problematici della f in (0, 1]? Si poteva affermare da subito che il valore dell’integrale sarebbe stato un numero reale negativo? Studiamo il carattere dell’integrale improprio Z +∞ 2 + 3x + x2 dx. x(x2 + 1) 1 Si tratta di un integrale di una funzione limitata (perchè?) su un intervallo illimitato. Questo integrale è divergente a +∞ (criterio del confronto asintotico) perchè ha lo stesso carattere dell’integrale (divergente a +∞) Z +∞ 1 dx, x 1 39 dal momento che lim x→+∞ f (x) = 1. 1 x Esercizio 5. 1) Verificare che il seguente integrale improprio converge Z +∞ 2 e−x dx. −∞ Scriviamo l’integrale sotto esame come Z Z −1 Z +∞ −x2 −x2 e dx + e dx = e −x2 Z +∞ dx + −1 −∞ −∞ 1 2 e−x dx. 1 Per concludere che l’integrale assegnato è convergente, dobbiamo verificare la convergenza del primo e del terzo integrale di questa somma (perchè non prendo in considerazione il secondo integrale della somma?). Consideriamo il terzo integrale della somma Z +∞ Z 2 e−x dx = lim n n→+∞ 1 1 2 e−x dx. Osserviamo che per ogni x ≥ 1 si ha (userò il fatto che la funzione f (x) = ex è crescente nel suo insieme di definizione) 2 x2 ≥ x ⇒ −x2 ≤ −x ⇒ e−x ≤ e−x . Ne segue che (usiamo la monotonia dell’integrale), per ogni n ∈ N Z n Z n 2 e−x dx ≤ e−x dx 1 ovvero che Z +∞ Z −x2 e dx = lim 1 n→+∞ 1 1 n e −x2 Z dx ≤ lim n→+∞ 1 n e −x Z dx = +∞ e−x dx = 1 ¢ 1 1 [−e−x ]x=n = lim ( − e−n ) = . x=1 n→+∞ n→+∞ e e Domanda: sapreste tutti quanti giustificare rigorosamente la maggiorazione che ho effettuato nella lunga serie di passaggi appena conclusa? In definitiva, il terzo integrale della somma è convergente. Mostriamo che converge anche il primo integrale della somma Z −1 Z −1 2 −x2 e dx = lim e−x dx. = lim ¡ −∞ n→+∞ −n 40 Applichiamo il metodo di integrazione per sostituzione per gli integrali definiti, ponendo t = −x. Risulta Z −1 Z 1 Z n 2 −x2 −t2 e dx = − e dt = e−x dx. −n 1 n Osservate che, dopo aver cambiato gli estremi di integrazione, ho semplicemente rinominato la variabile di integrazione (abbiamo già ampiamente discusso questo modo di procedere.) Ma allora Z −1 Z −1 Z n Z +∞ 1 2 −x2 −x2 −x2 e dx = lim e dx = lim e dx = e−x dx ≤ , n→+∞ −n n→+∞ 1 e −∞ 1 per quanto visto appena prima. Quindi anche il primo integrale della somma converge. Ne deduciamo la convergenza dell’integrale assegnato. Notate che nel ragionamento che ha portato alla verifica della convergenza del primo e del terzo integrale della somma abbiamo utilizzato tacitamente il criterio del confronto. Risulta anche (si tratta di un risultato che con le attuali conoscenze a vostra disposizione non potreste ottenere) Z +∞ √ 2 e−x dx = Π. −∞ 2) Sia assegnata la seguente funzione integrale Z x t2 1 √ e− 2 dt. F (x) = 2Π −∞ Stabilire il dominio di F , l’insieme dove è continua e derivabile e calcolarne la derivata (sugg. usare il secondo torema fondamentale del calcolo integrale ovvero il teorema di Torricelli-Barrow). Verificare quindi che la funzione F è strettamente crescente dove definita e stabilire il comportamento della F quando x → ±∞. Il dominio di questa funzione integrale è costituito da tutto R. Dovremmo infatti escludere dal dominio tutte le x0 ∈ R per cui formalmente F (x0 ) = +∞ (è chiaro a tutti? Se qualcuno non riuscisse a cogliere il senso di quest’ultima affermazione, rifletta per un minuto su quali x0 escluderebbe da R, dovendo stabilire il dominio della funzione F (x) = x1 : che proprietà ha l’unica x0 che si esclude?) ovvero quelle x0 reali per cui l’integrale Z x0 −t2 1 F (x0 ) = √ e 2 dt 2Π −∞ 41 è divergente. Dato che per ogni x0 ∈ R (userò il metodo di sostituzione per integrali definiti, ponendo s = √t2 ) 1 F (x0 ) = √ 2Π Z x0 2 e −∞ − t2 1 dt = √ Π x √0 2 Z −s2 e −∞ 1 ds ≤ √ Π Z +∞ e −∞ −x2 √ Π dx = √ = 1 Π (perchè è valida la maggiorazione eseguita?), non esiste alcuna x0 ∈ R per cui si abbia F (x0 ) = +∞. Abbiamo dimostrato rigorosamente che il dominio di F coincide con R. Affermazione: la funzione F è continua e derivabile in D. Per dimostrare l’affermazione, è sufficiente provare che la F è derivabile in R, dal momento che una funzione reale di variabile reale, derivabile in R, è anche continua in R. Proviamo quindi che la funzione F è derivabile in ogni x0 ∈ R (i.e. è derivabile in tutto R). PASSO 1. Ricordiamo l’enunciato del teorema di Torricelli-Barrow. Teorema 3 (Teorema di Torricelli-Barrow). Sia I = [a, b] un intervallo chiuso e limitato in R. Sia f : I→R una funzione continua in I. Allora la funzione integrale Z x F (x) = f (t) dt, x ∈ [a, b] a è continua e derivabile in I (in x = a e x = b la F è derivabile risp. da destra e da sinistra) e risulta F 0 (x) = f (x), x ∈ [a, b]. PASSO 2. Fissiamo x0 ∈ R arbitario. Aiutandoci con l’enunciato del teorema di Torricelli-Barrow, cerchiamo di mostrare che la funzione F è derivabile in x0 . Non possiamo applicare direttamente il teorema di TorricelliBarrow (abbreviato TTB), dato che la nostra funzione integrale non ha un numero reale come primo estremo d’integrazione, bensı̀ −∞. In realtà è una difficoltà facilmente superabile. Scegliamo un numero reale a in modo tale che si abbia a < x0 e scriviamo Z x0 Z a Z x0 2 2 −t2 1 1 1 − t2 − t2 F (x0 ) = √ e e e 2 dt. dt = √ dt + √ 2Π −∞ 2Π −∞ 2Π a Ponendo otteniamo 1 A= √ 2Π Z a t2 e− 2 dt < +∞, −∞ 1 F (x0 ) = A + √ 2Π 42 Z x0 e a −t2 2 dt. Sia ora b un numero reale tale che b > x0 e consideriamo la seguente funzione integrale Z x −t2 e 2 dt, x ∈ [a, b]. G(x) = a L’espressione precedentemente trovata per F (x0 ) diventa a questo punto 1 F (x0 ) = A + √ G(x0 ). 2Π La nostra funzione F , valutata in x0 , altro non è che la somma di una costante e di un addendo costituito dal prodotto di un’altra costante con la funzione integrale G, valutata in x0 . Applicando il TTB alla funzione G (che è una funzione integrale adatta a questo scopo), si verifica che la funzione F è derivabile in x0 (dato che la G lo è per TTB) e che risulta 1 −x0 2 F 0 (x0 ) = √ e 2 . 2Π In definitiva, visto che potremmo ripetere il ragionamento per una qualunque x0 reale, risulta che la funzione integrale F è derivabile (e quindi continua) in tutto R e che risulta 1 −x2 F 0 (x) = √ e 2 . 2Π Il punto 2) è praticamente concluso. Infatti, dal fatto che F 0 (x) > 0 per ogni x ∈ R, segue che la funzione F è strettamente crescente in R, mentre si verifica facilmente che Z −∞ −t2 1 lim F (x) = √ e 2 dt = 0 x→−∞ 2Π −∞ e Z +∞ −t2 1 lim F (x) = √ e 2 dt = 1, x→+∞ 2Π −∞ avendo ricavato questo risultato numerico poco fa. Ne segue, in particolare, che la funzione F ammette due asintoti orizzontali (l’asse delle ascisse a −∞ e la retta y = 1 a +∞.) 3) Sia g la funzione definita nel punto 5) dell’Esercizio 1. Consideriamo la seguente funzione integrale Z x F (x) = g(t) dt. 0 Stabilire il dominio di F , l’insieme in cui F è continua e derivabile. Quale sostanziale novità si riscontra rispetto al punto 2)? 43 Osserviamo che se x < 0 si ha Z Z x g(t) dt = − F (x) = 0 Z x x 0 0 1 · dt = −x, g(t) dt = se x = 0 si ha banalmente F (x) = 0, mentre se x > 0 si ha Z x Z x 1 · dt = x. g(t) dt = F (x) = 0 0 Avete notato cosa abbiamo scoperto? Siamo riusciti a mostrare che per ogni x ∈ R risulta F (x) = |x|. Dunque la nostra funzione integrale è continua in R, ma derivabile solo in R \ {0}. La non derivabilità della F in x = 0 è una lampante conseguenza della disconinuità in x0 = 0 della funzione integranda g che definisce la funzione integrale F sotto esame. 44