Il quarto quarto: la saggezza La Megera, vecchia e furiosa Luna nuova Il significato La megera è un altro archetipo di difficile comprensione, occupato negativamente dalla cultura odierna. Nel suo significato simbolico, la megera diventa madre della società, con capacità di leader, in grado di guidare un Paese. La sua saggezza diventa cristallina, la sua visione cosmica, la sua intuizione profonda, la sua espressione chiara. Non ha più interessi mondani da difendere né approvazioni da cercare. Si infuria per le ingiustizie sociali, lo spreco, la superficialità. Punta all’essenziale, è in grado di fornire un esempio sociale. Raccoglie la storia. Come donna è in pace, ma attiva, è limpida e chiara fino al punto da fare da specchio agli altri. Offre un confronto diretto, senza mediazioni. Abbandona l’inessenziale, si distacca dalle cose superflue, rompe con gli schemi mentali e sociali. Vive secondo le proprie leggi. In questo senso è considerata spesso trasgressiva. È una persona scomoda, ma anche molto ricercata, quando si tratta di questioni essenziali. Corrisponde al simbolo dell’oracolo le cui sentenze non sempre sono comprensibili di primo acchito. È capace di ironia e umorismo date dalla distaccata consapevolezza delle debolezze proprie e umane. Nell’immagine popolare, la sua saggezza deriva dalla ritenzione del sangue mestruale (simile alla madre). Può guidare le società e prevedere il futuro. È mediatrice tra il mondo interiore ed esteriore, possiede la capacità di fare tutto, ha esperienza nell’assumersi rischi, ha fede e intuizione profonda. Rappresenta un paradigma tra forza di controllo e forza di abbandono, forza e debolezza, bellezza e bruttezza. La leggenda la disegna come vecchia seduta ad una sorgente d’acqua, che si pettina i capelli bianchi. È gentile e quieta, finchè non viene disturbata o presa in giro. Allora si infuria. Si muove lentamente verso l’oscurità, ma ha ancora bisogno della luce sociale del mondo, ha ancora dei compiti da svolgere, non deve essere lasciata sola, il fuoco della maga si raffredda lentamente e la megera ha bisogno del calore umano. A livello personale tende ad entrare progressivamente nella solitudine fino a diventare traslucente, una luce che guida, appunto. Produce i semi per la propria rinascita. Se condannata all’isolamento, tende a ripiegarsi su di se, a raffreddarsi troppo nel corpo e nello spirito, ad ammalarsi, forse a morire. Assomiglia al bambino piccolo, che senza relazione umana non può vivere. Ma quando ne può godere, tutta la sua ricchezza si dispiega e diventa fruibile dalla comunità. La megera e la madre hanno in comune il nutrire e il prendersi cura, la prima della società o della comunità, la seconda dei bimbi o di progetti nuovi. La madre si trova in apertura, la megera in chiusura. La madre è espansa, la megera concentrata. La madre apprende, la megera conosce. La maternità o comunque l’esperienza della madre, vissuta in modo creativo, da protagonista, è una premessa importante per la capacità di presa in carico dei compiti sociali della megera. Nella vita attiviamo l’energia della megera quando abbiamo raggiunto chiarezza su un aspetto e non siamo più disposte a fare compromessi al proposito. In genere questo comporta resistenze sociali ed emarginazione prima, considerazione e richiesta di guida poi. I vissuti Nell’esperienza del cerchio l’archetipo della megera intimorisce, tiene lontano. La “megera” è forse l’archetipo più difficile nel suggerire identificazioni. Risulta gravoso raggiungere la cristallina trasparenza che l’archetipo esprime. Frugando però nelle memorie familiari, molte partecipanti tirano fuori una “megera” dal cassetto, riuscendo finalmente a collocare queste figure anziane della famiglia, autoritarie, dotate di una forza particolare e di riferimento per tutti, ma non sempre di riferimento affettivo. Guardando le vecchie donne, loro antenate, le partecipanti possono riconoscere meglio in sé tratti della “megera”. Sicuramente è un archetipo che chiede molta responsabilità per incarnarlo, quindi è piuttosto temuto. Le partecipanti madri si sono rispecchiate nella “megera” quando pensavano ai momenti in cui non sopportavano più i bambini, si sentivano soffocate da loro e li respingevano per avere uno spazio per sé. In ogni madre coabitano la parte di “madre buona” (madre che si dona) e quella di “madre cattiva” (madre che si nega). La madre che si nega è stata vista come “megera”. Approfondendo meglio, è emerso come la “madre cattiva” in realtà abbia una funzione molto importante nel dare ciclicità, nello spingere la prole a sviluppare le proprie risorse e soprattutto nell’esternare con chiarezza la propria condizione. Una volta resa esplicita questa parte tabù, chiunque si può rapportare ad essa. Quando invece viene taciuta, può diventare pericolosa. È quella parte della madre che si nega nella sua espressione chiara, che rispecchia limiti e responsabilità della maternità, responsabilità che non sono solo individuali ma anche collettive. Tratto da "Apprendere la maternità" di Verena Schmid, a sua volta tratto da "The Circle of Life, Thirteen Archetypes for every woman"di Elisabeth Davis e Carol Leonard