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Più saggi per vivere meglio
Tempi moderni – Alcune ricerche internazionali studiano i modi per riuscire a
raggiungere la saggezza: un sano distacco dalla realtà porta a essere più lucidi,
concentrati, sereni e a vivere più a lungo
/ 03.04.2017
di Stefania Prandi
Saggi non si nasce, si diventa. Si può imparare a essere più equilibrati, senza perdere il controllo di
fronte alle avversità, evitando di lasciarsi abbattere dalle difficoltà, considerando i punti di vista
degli altri, le diverse prospettive, la visione di insieme, ricordandosi che il mondo è in continuo
cambiamento. Nelle università statunitensi e canadesi si studiano la saggezza e i modi per
raggiungerla perché, come sostengono filosofie orientali e occidentali, un sano distacco dalla realtà
porta a essere più lucidi, concentrati e ad affrontare meglio la quotidianità. È in corso la riscoperta
degli stoici, in particolare di Seneca, Epitteto e Marco Aurelio attraverso la ristampa di raccolte di
aforismi e convegni. Quest’ultimo è molto apprezzato: da quel che si dice, Bill Clinton legge una
volta all’anno i Pensieri dell’imperatore romano e, come suggerisce con una battuta un articolo del
«Guardian», è probabile che li abbia dati anche alla moglie Hillary, dopo la sconfitta alle scorse
elezioni americane.
La BBC ha dedicato alla saggezza un programma radiofonico, durante il quale sono stati citati gli
studi di Igor Grossmann, docente di Psicologia e direttore del Wisdom and Cultural Lab
dell’Università di Waterloo, in Ontario, Canada: le persone sagge hanno maggiori soddisfazioni,
soprattutto quando invecchiano, e vivono più a lungo. L’intelligenza da sola non porta gli stessi
benefici, perché non è detto che chi sia dotato di un alto quoziente intellettivo sappia costruire
buone relazioni e prendere decisioni giuste nella vita di tutti i giorni. Per riuscire a «elevarsi» serve
di più.
In una delle sue ultime ricerche Grossmann ha analizzato i modi in cui le persone affrontano le
difficoltà quotidiane, dal traffico, ai ritardi al lavoro, ai litigi con i colleghi e i familiari. Dal quadro
complessivo è emerso che chi ragiona in modo più saggio in certe circostanze non è detto che riesca
a fare lo stesso in altre. Ad esempio, quando si è insieme agli amici e si discute, si tende ad avere
una visione più complessiva e «oggettiva» della realtà rispetto a quando si è da soli e ci si perde nel
rimuginìo continuo. «Abbiamo osservato che quando si prendono decisioni da soli si tende a inibire
la saggezza, e di conseguenza la capacità di avere un strategia per distanziarsi da quello che sta
accadendo» spiega Grossmann ad «Azione». «Inoltre si è molto più bravi con le situazioni degli altri
che con le proprie». A riprova del fatto che sia più facile dare consigli che non ragionare su di sé, è
stato chiesto a un campione di studenti di stimare quanto tempo servisse per finire un compito e poi
di stabilire anche una previsione per i compagni. Il risultato è stato che gli studenti si sono
dimostrati molto più bravi a indovinare le tempistiche corrette degli altri, prendendo in
considerazione possibili ostacoli e interruzioni indipendenti dalla loro volontà, che venivano invece
ignorate per sé stessi.
Secondo un altro studioso, Robert Sternberg, psicologo della Cornell University, negli Stati Uniti, la
saggezza è una questione di equilibrio: saper bilanciare la contingenza con la progettualità, il
proprio interesse con quello degli altri, considerare le diverse opzioni, adattandosi alle situazioni ma
allo stesso tempo condizionandole, e cercandone di nuove, più favorevoli. Atteggiamenti che
potenzialmente potrebbero essere adottati da tutti, anche se non è così semplice. Come fa notare
Howard Nusbaum, professore di Psicologia alla Chicago University negli Stati Uniti, specializzato in
ricerche cognitive e sui meccanismi neuronali alla base della saggezza, «il fatto che la saggezza sia
qualcosa di acquisibile, non significa che tutti possiamo diventare saggi nel senso classico del
termine, perché siamo persone con esperienze, capacità, motivazioni, conoscenze diverse.
Comunque ognuno di noi può imparare a fare scelte o prendere decisioni migliori di quelle del
passato. Non è detto, invece, che esperienze negative o persino tragiche aiutino a migliorare il
nostro modo di essere. Si tratta di una credenza popolare che non ha trovato riscontro nelle nostre
analisi. Piuttosto aiuta avere vissuto situazioni che aumentano la capacità di riflessione, di essere
curiosi e interessati ai problemi del mondo, di avere a cuore il benessere degli altri».
Non esistono ricette sicure ed efficaci per riuscire a percorrere la via dell’equilibrio. Fondamentale,
da quel che emerge dalle ricerche di Nusbaum, è l’umiltà. «Questo significa riconoscere cosa
sappiamo e cosa no e rispettare i valori delle altre persone, anche se non coincidono con i nostri.
Risulta necessaria la capacità di sopportare l’incertezza e l’ambiguità. Crediamo, ma non abbiamo
ancora raccolto abbastanza conferme al riguardo, che sia fondamentale la disponibilità alla
perseveranza e a riflettere sui problemi, così come l’abilità di riuscire a tenere a mente più cose
insieme». Ci sono trucchetti che si possono imparare, che non garantiscono di ottenere il risultato,
ma possono essere utili per avvicinarsi – anche se con fatica – alla meta. Ad esempio, pensare a sé
stessi e ai propri problemi in terza persona, oppure immaginare di essere una mosca sul muro che
osserva la stanza in cui ci troviamo, i nostri movimenti, e che ascolta la nostre parole. Tutto ciò che
aiuta a distanziarci dalle situazioni, a riflettere con lucidità, senza perderci nella paranoia,
rappresenta un buon metodo per cambiare atteggiamento. Allenandoci, giorno dopo giorno,
riusciremo magari ad avere almeno un barlume di quell’illuminazione che ha portato saggi come
Epitteto a formulare massime che hanno resistito allo scorrere dei secoli. Ci sembrerà forse sempre
meno difficile fare come consiglia nel precetto 8 del Manuale: «Non devi adoperarti perché gli
avvenimenti seguano il tuo desiderio, ma desiderali così come avvengono, e la tua vita scorrerà
serena».
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