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IL FASCINO DELLA MATEMATICA
MARIA CANTONI - DONATELLA MERLO
(La Casa degli Insegnanti)
Le nuove indicazioni per la scuola superiore presentano un biennio impegnativo alla ricerca di una
strutturazione della matematica che permetta di portare lo studente nel proseguo del triennio (in
particolare al liceo scientifico) ad inquadrare le varie teorie matematiche “nel contesto storico entro
cui si sono sviluppate comprendendone il significato concettuale”. La matematica, come
modello della realtà, nel passaggio all’astrazione, garantisce la generalità come il rigore della
deduzione in forza delle sole leggi sintattiche dei simboli adottati.
Con la sua consapevole ironia B. Russell paradossalmente diceva della matematica: è una scienza in
cui non si sa di che cosa si parla e non si sa se ciò che si dice è vero.
Ma nello stesso tempo dice anche: “La matematica, vista nella giusta luce, possiede non soltanto
verità ma anche suprema bellezza – una bellezza fredda e austera, come quella della scultura.” (da
Misticismo e logica, 1917)
Tutto ciò è straordinario e nello stesso tempo delicatissimo da vivere anche perché gli allievi, a
questo punto hanno già percorso, con la mente in forte evoluzione, otto anni di “esperienza
matematica”. Ma come, quale?
Le problematiche didattiche e culturali relativi ai nostri discorsi richiederebbero molto tempo per
essere analizzate. Qui ci limitiamo a dare qualche flash. Noi pensiamo che tutto sia legato infatti
ai primi passi che i bambini riescono a fare, cioè alle immagini mentali che costruiscono
(secondo l’età), manipolando la realtà, poi ai concetti astratti, che da quelle immagini
prendono vita, diventando stabili strumenti operativi da socializzare in una dinamica di
classe.
Se parliamo di geometria, intendiamo tener conto che il XIX° secolo, dopo millenni di riflessioni e
ricerche, ha portato alle geometrie non euclidee e ad una visione della geometria di particolare
nuovo interesse strutturandola, dalla proiettività alle isometrie, nel cosiddetto “Programma di
Erlangen” di Felix di Klein nel 1872. Il matematico tedesco in essa stabilisce infatti una specie di
classificazione delle ricerche di geometrie esistenti all’epoca ricorrendo al concetto di “gruppo”
sotto l’aspetto di “gruppo di trasformazioni”. Con ciò intende dire che gli oggetti di cui si occupa il
geometra sono le proprietà invarianti delle figure di fronte alle trasformazioni di un certo gruppo. In
particolare la geometria euclidea tradizionale è caratterizzata dal gruppo dei movimenti rigidi e
delle similitudini.
Ciò che abbiamo sottolineato ci porta a considerare la geometria non come una dottrina precisata da
certi “oggetti”, ma come una dottrina che rende razionali i nostri comportamenti nei riguardi degli
oggetti materiali che manipoliamo e dei fenomeni che osserviamo. In questo modo essa diviene
particolarmente vicina a quello che inconsciamente facciamo ogni giorno, anche in classe per
gioco, che, divenuto cosciente, permette davvero di entrare nella conoscenza e si rivela di
particolare interesse da un punto di vista didattico.
Dalla realtà può infatti nascere davvero un suggerimento perché ognuno di noi è attivo e
dinamicamente la manipola, la “trasforma”, la “adatta” anche semplicemente con l’intuitiva
coscienza del trasporto rigido degli oggetti che mantengono le loro caratteristiche
indipendentemente dalla posizione in cui si trovano o degli ingrandimenti che entrano nella vita
quotidiana di ciascuno come cosa “naturale”. Essi generano allora classi di equivalenza all’interno
delle quali ogni oggetto può essere sostituito da un altro a seconda delle necessità. La geometria che
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deriva dalla presa di coscienza di questi nostri concreti comportamenti diventa allora un’astrazione
che studia le caratteristiche non di una figura, ma di tutte quelle che appartengono ad una stessa
classe di equivalenza, cioè le caratteristiche che sono invarianti nella trasformazione che abbiamo
compiuto. Se vogliamo limitarci alle cosiddette isometrie, trasformazioni che sono “spostamenti” e
lasciano quindi inalterate le distanze e gli angoli, possiamo facilmente osservare che esse,
traslazioni e rotazioni, sono composizioni di simmetrie e che quindi è quest’ultima, con le sue
proprietà, (soprattutto alla scuola primaria, all’inizio del percorso) che può farsi garante
dell’invarianza delle forme trasformate. E la simmetria è un’esperienza che già i bambini della
scuola materna, a livello di gioco, possono analizzare, discutere, riproporre, in un certo senso
assumere come punto fermo ed è quindi già contenitore di enormi idee come parallelismo e
perpendicolarità.
Entriamo allora nella geometria senza mai dimenticare Euclide, ma osservandolo con gli occhi di
coloro che gli si accostano più di 2000 anni dopo.
Nella “STORIA DELLA MATEMATICA” di Carl Boyer, leggiamo che “dopo la morte di
Alessandro Magno, nel 306 a.C la parte egiziana dell’impero era ormai saldamente nelle mani di
Tolomeo I. Fra i primi decreti di questo monarca illuminato vi fu l’istituzione ad Alessandria di una
scuola o accademia, nota come il Museo, che non aveva pari a quei tempi. A insegnare in quella
scuola chiamò un gruppo di eminenti studiosi, tra cui l’autore del più fortunato manuale di
matematica che sia mai stato scritto: gli “Elementi”. A lui non viene attribuita nessuna nuova
scoperta e la sua fama era dovuta alle sue capacità espositive. E’ questa la chiave del successo
incontrato dagli Elementi, composti da tredici libri.
Guardiamo alla geometria euclidea come a un metodo ancor prima di esplicitare la parola
‘assiomatica’, ma analizzando i suoi risultati in una luce del tutto nuova, quella delineata dal
discorso sulle trasformazioni geometriche.
Guardiamo alla geometria euclidea perché per la prima volta incontriamo un uomo, Euclide, che,
analizzando tutti gli sforzi di ricerca di conoscenza di coloro che lo avevano preceduto, ha cercato
di farci entrare in questo mondo delle idee prendendoci per mano, esplicitando passo passo i suoi
comportamenti per passare dalla realtà delle cose alla realtà dei concetti. Ogni pezzo di
cammino diviene un’esperienza a cui far riferimento che si trasforma da elemento base di
conoscenza a strumento per proseguire.
Gli allievi all’inizio della scuola superiore, come dicevamo all’inizio, hanno già percorso, con la
mente in forte evoluzione, otto anni di “esperienza matematica” che tocca, almeno in embrione,
moltissimi dei punti che dovrebbero essere poi raggiunti. Il problema è che generalmente il tutto viene portato in classe come un insieme di “oggetti” che
troviamo disegnati sul libro di testo o sulle “lavagne” più o meno tecnologiche e che non si capisce
che cosa siano e dove stiano, di cui si indicano le parti, le si nomina, le si descrive, le si elabora e le
si mette in relazione all’interno di un insieme di leggi quasi sempre logicamente incompatibili con
ciò che i bambini-ragazzi sperimentano nel quotidiano rapporto con la realtà che devono gestire. È
come se facessimo finta di distribuire loro delle caramelle, ma le caramelle vere non ci sono e
quindi non potrebbero essere scartate!
Seguendo le prassi didattiche consolidate e diffuse, che nemmeno le ‘nuove’ indicazioni nazionali
mettono in crisi, ci sembra scontato che gli allievi non possano comprendere una “realtà” del tutto
nuova, come quella che ci mostra la geometria, costruita dall’uomo a partire dall’osservazione
e manipolazione della realtà concreta. Non perché in queste pratiche manchino gli elementi di
concretezza o le manipolazioni concrete, ma perché tutto ciò rimane fine a se stesso, non va mai
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oltre, non raggiunge quel livello di presa di coscienza indispensabile per arrivare a concettualizzare
in modo stabile ciò che la matematica stessa ci propone, una visione del mondo e delle cose che
consente poi un ritorno sulla realtà stessa per trasformarla, avendo scarnificato il sensibile per
arrivare alla sua struttura.
Solo sperimentando direttamente si possono socializzare in immagini mentali le esperienze di tali
osservazioni e manipolazioni, si può “portarle in testa”, per ciascuno e fare riferimento ad esse
per riuscire a renderle modello generalizzato della realtà che nuovamente ci sollecita per essere
approfondita. In tal modo la matematica diventa esperienza di osservazione, di manipolazione,
di astrazione, di attivazione di connessioni logiche di cui si sa rendere ragione certa.
Ma tutto questo deve prima di tutto essere ‘nella testa degli insegnanti’.
Per comunicare meglio il nostro pensiero proponiamo due problemi che possono essere visti come
adatti a rilevare competenze nel loro percorso risolutivo, oppure come qualche cosa che stimoli
l’andare alla ricerca degli strumenti che possediamo per scoprire la necessità di nuove conquiste per
essere in grado di gestirlo.
Siamo partiti da una forma complessa perché le ‘forme’ sono il punto fondamentale del discorso
geometrico. Abbiamo proposto questo problema a insegnanti dei vari livelli della scuola
dell’obbligo, però ci pare interessante proprio per un’analisi dei prerequisiti all’inizio delle
superiori così come per spunti e approfondimenti per conquiste maggiori.
Primo problema: L’area dell’esagono
Queste erano le consegne:
Fase 1: ascoltate con attenzione il testo del problema
Fase 2: scrivete con parole vostre il testo del problema che avete appena sentito
Fase 3: realizzate un disegno che lo modellizzi
Fase 4: risolvetelo scrivendo il ragionamento che avete fatto
Il problema è noto e può avere diverse versioni a seconda del livello che vuol essere raggiunto
1. Questa una versione semplificata:
Lungo i lati di un triangolo equilatero ed esternamente ad esso, si costruiscano tre quadrati.
Congiungendo i vertici liberi dei quadrati otteniamo un esagono di cui si vuole conoscere
l’area sapendo la misura del lato del triangolo.
2. La versione proposta da Flatlandia Cabrinews nel marzo 2002 a) Disegnare un quadrato su ciascun lato di un triangolo rettangolo isoscele. Congiungendo i
vertici dei quadrati, come nella figura allegata, si ottengono tre triangoli T1, T2, T3 fra loro
equivalenti. Dimostrare tale affermazione.
b) La proprietà precedente vale anche nel caso di un qualsiasi triangolo?
Giustificare la risposta.
3. La versione proposta da Polymath (Politecnico di Torino) nel febbraio 2003.
L’area dell’esagono
Il triangolo di figura ABC ha i lati che misurano rispettivamente AB = 7 cm,
BC = 6 cm e AC = 5 cm. Sui suoi lati sono costruiti tre quadrati ADEB, BFCG
e CHIA. Trovare l’area dell’esagono DEFGHI.
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Ecco che cosa ne è nato.
Gli insegnanti di scuola primaria lavorando con carta, matita e forbici hanno
modellizzato più o meno come da Immagine 1
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Immagine 1
Nel discutere con loro le “strutture” elaborate si è scoperto che il richiamo alle isometrie rese
concrete nella realtà dei movimenti, era legato alle intuizioni visive che il disegno suggeriva e
all’utilizzo di un “capitolo di geometria” che in qualche modo viene suggerito dalle indicazioni,
senza una vera presa di coscienza di quale finalità debba avere il parlare di “isometrie” e come e
quando esse possano essere affrontate per divenire strumento di elaborazione. Il disegno 3, che
forse sarebbe stato utile per “criticare” il lavoro fatto non è invece stato espresso.
Non abbiamo potuto ovviamente soffermarci a suggerire un percorso coerente verso “le forme”, ma
abbiamo sottolineato un approccio al triangolo equilatero richiamando Euclide. La scoperta del
triangolo equilatero e delle sue proprietà porta alla costruzione di nuovi “oggetti” adatti alla
risoluzione del problema.
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Immagine 2
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Ma una definitiva capacità di “avere in mano” il problema nasce da un lavoro che sempre viene
fatto alla scuola primaria: “lavorare” con le “tassellazioni”, con la costruzione anche di puzzle che
per il fatto di essere tali “dicono” come sono fatte le forme che lo compongono! Anche le
dimostrazioni grafiche del teorema di Pitagora ci potrebbero dare tale suggerimento!
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Immagine 3
Esse rimangono però a livello di constatazione di “accostamenti” concreti che non portano a
comprendere il reale punto focale di come debbano essere le “forme” in generale, i poligoni in
particolare perché il tutto si “incastri” a dare continuità a ciò che man mano si struttura: “il teorema
in atto” (come sottolinea con forza la professoressa Elisa Gallo) cioè che ogni vertice la somma di
angoli porta all’angolo giro.
Gli insegnanti della scuola secondario di primo grado hanno risolto infatti esplicitando tale
problematica e rendendo evidente l’equivalenza di tutti i triangoli in questione.
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Immagine 4
Al biennio delle superiori il problema si può ampliare richiamando tutta la problematica relativa
all’equivalenza delle aree o alla trigonometria .
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Immagine 5a
La costruzione del parallelogrammo consente di trasformare il triangolo originale in un
altro, non solo equivalente come area perché ha la stessa base e la stessa altezza, ma
anche della stessa ‘forma’ perché si possono evidenziare lati e angoli uguali.
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Immagine 5b
Qui invece si ragiona sugli angoli supplementari e si usa la trigonometria per calcolare l’area con la
formula A = ½ ab sin α.
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Abbiamo parlato prima di forme come essenziali per tutto il cammino, facciamo ora un passo molto
lungo arrivando alla SIMILITUDINE e all’OMOTETIA.
Qui dobbiamo sapere che per capire ed approfondire entriamo in classi di equivalenza che alle
superiori ci portano alle proporzioni, a Talete, per riuscire a fare da base a tante situazioni
problematiche... per esempio alle bisettrici dei triangoli, al teorema della tangente e della secante,
ALLA RETTA DI EULERO, al teorema di Pitagora, alla geometria del piano cartesiano con una
nuova consapevolezza …
Richiamiamo la retta di Eulero dimostrata con le omotetie, per arrivare al secondo problema che
abbiamo proposto ai docenti. Il baricentro, il circocentro e l'ortocentro di un triangolo sono allineati
e con particolari distanze tra di loro. Con le omotetie, la dimostrazione ci pare molto facile ed
elegante. Ecco come è stata realizzata.
Abbiamo costruito un triangolo ABC, ed il suo omotetico GEF rispetto al baricentro con
coefficiente -1/2. I due triangoli hanno lo stesso baricentro. Gli assi di ABC coincidono con le
altezze di GEF, quindi il circocentro di ABC è ortocentro di GEF. Sempre con un'omotetia di coeff.
-2 rispetto al baricentro, operando su tale ortocentro, otteniamo l'ortocentro di ABC che
necessariamente sarà allineato con baricentro e circocentro precedenti…
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Immagine 6
Visto ciò che lo strumento ‘omotetia’ consente di costruire, facendo riferimento ad altre
esperienze condotte con insegnanti del primo ciclo, ci siamo chieste se già alla scuola
primaria fosse possibile raggiungere l'omotetia, partendo da esperienze quotidiane che
si fanno a scuola, come disegnare la stessa figura su quadrettature diverse o copiando
un disegno dalla lavagna sul quaderno.
Alla scuola dell’obbligo viene affrontata la similitudine, ma quasi come un capitolo a sé che porta a
calcoli di proporzioni e disegni ottenuti con sequenze esecutive poco significative. Possiamo però
vedere come già nella scuola primaria si possano affrontare certe situazioni acquistando
consapevolezza a partire proprio dalle domande sulle cose “scontate” che scontate non dovrebbero
essere.
Abbiamo così immaginato un possibile percorso che potrebbe portare in quella direzione dando per
scontata la conoscenza delle forme e delle loro caratteristiche e le isometrie come strumento.
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Ecco ad esempio un confronto concreto che si può realizzare con il trasporto rigido
delle forme e poi si può modellizzare col disegno manuale o virtuale.
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Immagine 8
In un primo momento i quadrati, costruiti in questo modo particolare, si possono sovrapporre con
una semplice traslazione che porta i vertici in basso a sinistra a coincidere.
In seguito si può provare a ricostruire lo stesso gioco ma con altri strumenti.
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Ed è proprio mettendo in evidenza la retta che unisce i vertici che si può avviare alla
lettura di quella situazione in un altro modo: costruiamo infatti tutta una classe di
quadrati omotetici e il triangolo rettangolo generato dalla retta stessa ci porta verso
nuove considerazioni legate sia al teorema di Talete e sia al teorema di Pitagora.
Tornando sul piano dell'esperienza concreta, i bambini sperimentano situazioni comuni, le
discutono, possono ripensarle con l’aiuto di un disegno opportuno che tenga conto delle
osservazioni sul “gioco” concreto, come in questa situazione di proiezione in cui i raggi che toccano
i vertici producono proprio quella lettura di livello diverso.
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E partendo da questa esperienza, si possono approfondire i discorsi precedenti: se
spostiamo il centro dell'omotetia dal vertice dei quadrati ad un punto esterno vediamo
subito che le due situazioni hanno qualcosa che le accomuna.
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Ma possiamo anche spingerci oltre.
Coi rettangoli l’andare verso Talete diviene ancora più evidente, il Teorema di Pitagora alla
secondaria di primo e secondo grado diventa un primo strumento per arrivarci. La proporzionalità
dei cateti rende evidente la proporzionalità dell’ipotenusa. Se i lati del rettangolo, come era
avvenuto per i quadrai cono costruiti con la regola di raddoppiare, triplicare il lato di partenza
otteniamo un’immagine come quella sottostante.
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Tutto ciò ci permette di entrare nel piano cartesiano anche alla secondaria di I° grado ed analizzare
la proporzionalità diretta con la conquista della “retta”. I punti che ne derivano sono allineati
proprio per il richiamo all’omotetia che li modellizza.
Come in tutti i disegni precedenti il software GeoGebra ci ha aiutato a congetturare e a procedere
con un controllo continuo dell’avanzare nel processo di costruzione permettendoci di scegliere “i
disegni” più opportuni lavorando veramente in virtuali classi di equivalenza capaci di sollecitare la
mente al discorso “astratto”. Quindi partendo da un semplice problema di proporzionalità diretta,
usando contemporaneamente diversi strumenti del software, si raggiunge una visione a mano a
mano più decontestualizzata della situazione e si arriva all'astrazione della matematica. Da una
situazione quotidiana e quasi banale si arriva a livelli molto elevati con semplice passaggi deduttivi
e mettendo insieme tutti i diversi modi di guardare alla stessa situazione. E questo è ciò che noi
chiamiamo fascino della matematica.
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Possiamo ora concludere col secondo problema. Dove potremmo arrivare con esso?
Eccone il testo originale.
Il rettangolo di destra è la fotografia del grande rettangolo di sinistra.
Nel momento in cui la fotografia è stata scattata, una mosca si è posata sul rettangolo grande.
Il fotografo però quando ha stampato la fotografia l'ha cancellata.
Rimettete la mosca al posto giusto sulla foto.
Spiegate come avete proceduto.
(7° Rally Matematico Transalpino/I prova/problema n. 15, per le categorie 6, 7, 8
www.math.unipr.it/~rivista/RALLY/home.html)
http://
Per la primaria e la secondaria di primo grado abbiamo posto i due rettangoli lungo la medesima
retta. L’omotetia era di fatto suggerita, ma la soluzione ha comportato tutti i prerequisiti di cui
abbiamo parlato. La cosa interessante relativamente a GeoGebra è questa: il software permette di
porre virtualmente “la fotografia” in posizioni diverse vedendone l’equivalenza della soluzione con
una significativa “ricostruzione” di tutto il lavoro fatto per giungere alle trasformazioni.
Conoscendo le proprietà dell'omotetia, si sa di poter tracciare quelle rette parallele che consentono
di trovare il nuovo punto.
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Immagine 15
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Interessante notare come le insegnanti, nel cercare la soluzione, abbiano richiamato il concreto uso
della luce e della proiezione avendo compreso la struttura del problema. Nello stesso tempo però si
è rivelata la mancanza dell'omotetia come strumento e quindi l'incapacità di usarla per risolvere il
problema.
Di fatto, molti hanno poi fatto ricorso alle proporzioni e quindi alla misura per arrivare ad una
soluzione, ovviamente approssimata.
Immagine 17
Per la secondaria di secondo grado abbiamo posto il problema come una similitudine per mettere le
isometrie e l’omotetia in relazione.
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Immagine 18
Se il rettangolo si trova in una posizione diversa occorre una rotazione per poter realizzare
l'omotetia tracciando le rette parallele. Poi, il punto trovato, deve essere a sua volta ruotato.
Le soluzioni, del tutto equivalenti, sono naturalmente infinite.
GEOGEBRABOOK DELLE RELATRICI
2015 “Il fascino della Matematica” in http://ggbtu.be/bEdokNIsy
2014 “Un percorso ‘a ritroso’ di Geometria” in http://ggbtu.be/bN1i8D9OF
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA
1. Accomazzo, P. et al., “Esplorazioni matematiche con GeoGebra“, Manuale in pdf scaricabile da
http://www.ledizioni.it/prodotto/pierangela-accomazzo-silvia-beltramino-ada-sargentiesplorazioni-matematiche-geogebra/
2. Arzarello, F., Bazzini, L., Ferrara, F., Sabena, C., Andrà, C., Merlo, D., Savioli K., Villa, B.
(2011). “Matematica: non è solo questione di testa. Strumenti per osservare i processi di
apprendimento in classe”, Trento: Erickson.
3. Gallo, E., Cantoni, M. (2009). “La geometria nella realtà, la geometria come pensiero. “Podcast
in 8 episodi in http://www.lacasadegliinsegnanti.it/podcastgenerator/?
p=archive&cat=lezioni_di_matematica
4. Gallo, E., Cantoni, M., “Uso implicito delle trasformazioni: manipolare, congetturare,
dimostrare”, Conferenza dell'11 marzo 2014, in Podcast sul sito de 'La casa degli insegnanti',
Torino
5. Gallo, E., Cantoni, M.,“Uso esplicito delle trasformazioni nella soluzione di problemi”,
Conferenza del 15 aprile 2014, in Podcast sul sito de 'La casa degli insegnanti', Torino
6. Lakoff, G., Nùñez, R. (2000). “Where Mathematics Comes From: How the Embodied Mind
Brings Mathematics into Being”, Basic Books (trad. italiana, Da dove viene la matematica.
Come la mente embodied dà origine alla matematica, Torino: Bollati Boringhieri, 2005)
7. Manara, C. F., “La generalizzazione del concetto di geometria” in L’insegnamento della
matematica e delle scienze integrate, dicembre 1987, pp. 1197-1215, Centro Ricerche
Didattiche Ugo Morin, Paderno del Grappa
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8. Manara, C. F., “L’eguaglianza in geometria.1”, in Nuova Secondaria n.5 - 1988, pp. 65-67; 5,
9. Manara, C. F., “L’eguaglianza in geometria 2”, in Nuova Secondaria n.6 - 1988, pp. 71-74.
10. Manara, C. F., “L’evoluzione della geometria nel secolo XIX e conseguenze didattiche” in
L’insegnamento della matematica e delle scienze integrate, novembre 1994, pp. 619-661, Centro
Ricerche Didattiche Ugo Morin, Paderno del Grappa
11. Manara, C. F. , “Trasformazioni geometriche”, Appunti per il Corso di perfezionamento in
didattica della matematica, Brescia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Anno accademico
1994/95. (per il corso).
12. Manara, C. F. , “Costruire la geometria”, in L’insegnamento della matematica e delle scienze
integrate agosto 1997, pp. 337-349, Centro Ricerche Didattiche Ugo Morin, Paderno del Grappa
13. Manara, C. F. , Sito dell’autore da cui sono liberamente scaricabili tutti gli articoli http://
www.carlofelicemanara.it
14. Merlo, D. (2011). “Il ragionamento geometrico nello spazio e nel piano. Un percorso di
geometria per la scuola primaria”. Conferenze e Seminari 2010-2011 Associazione Subalpina
Mathesis
15. Sito Internet “matematicamente.it” con un intervento sulla retta di Eulero http://
www.matematicamente.it/forum/la-retta-di-eulero-t1332.html
16. Sito dell’Università della Calabria con un laboratorio in Cabrì sull’Omotetia. https://
www.mat.unical.it/~daprile/materiali/nono%20ciclo/Geometriadinamica.Omotetia.pdf
17. UMI-SIS-MIUR (2003), “Matematica 2001”, Raccolta di attività di supporto curricolare per la
scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado – Pubblicazione MIUR, nell'ambito del
protocollo d'intesa UMI-SIS-MIUR (a cura di G. Anichini, F. Arzarello, L. Ciarrapico, O.
Robutti) (il volume è interamente scaricabile da http://www.umi-ciim.it/materiali-umi-ciim/
primo-ciclo/
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