Vita e opere

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1
MARX
1818-1883
Vita e opere
Nascita: Treviri, 1818 presso una famiglia
ebrea. Dal padre, avvocato brillante e colto,
riceve un'educazione di stampo razionalistico e
liberale.
Nel 1835 si iscrive a giurisprudenza a Bonn, ma
nel 1836 si trasferisce a Berlino, dove studia
diritto e filosofia, in particolare studia a fondo
il pensiero di Hegel. Si avvicina al gruppo dei
giovani
hegeliani,
condividendone
l'interpretazione progressista della filosofia
hegeliana. Stringe amicizia con B. Bauer e altri
giovani hegeliani. A Berlino entra in contatto
anche con gli ambienti del radicalismo
(borghese) tedesco [Treccani]. La Prussia del
tempo era caratterizzata da un'anacronistica
struttura politica semifeudale, che contrastava
con le esigenze di unità politica e di libertà
economica della sua ricca e fiorente borghesia.
Passa, quindi, da giurisprudenza a filosofia, laureandosi all'università di Jena con una tesi dal titolo: Differenza tra la filosofia della natura di
Democrito e quella di Epicuro [1841].
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Si dedica al giornalismo politico. È chiamato nell'ottobre 1842 alla direzione della Rheinische Zeitung (Gazzetta renana), a cui ha già preso a
collaborare da alcuni mesi insieme a Bruno Bauer e a Max Stirner1. Il giornale viene soppresso dal governo nel 1843. Gli scritti del giornale hanno
un'ispirazione liberal-radicale, come quelli sulla libertà di stampa e sui diritti negati ai contadini della Mosella. Nel mese di giugno dello stesso
anno, sposa Jenny von Westphalen, con la quale, dopo un breve soggiorno a Kreuznach, emigra a Parigi nel mese di ottobre [1843] per dare vita,
insieme con Arnold Ruge2, ai Deutsch-französische Jahrbücher (Annali franco-tedeschi). Risale al periodo trascorso a Kreuznach la stesura di una
delle più importanti opere giovanili incompiute, rimasta inedita fino al 1927, Kritik des Hegelschen Staatsrechtes (Critica della filosofia hegeliana
del diritto pubblico), in cui si misura polemicamente con i problemi della filosofia politica moderna e mette a punto la sua critica all'hegelismo. Nel
Poscritto del 1873 alla seconda edizione del Capitale, Marx stesso indica l'opera come il luogo ove ebbe a «confutare l'aspetto mistificatore della
dialettica hegeliana».
Nel 1844 della rivista Annali franco-tedeschi esce un solo fascicolo che riporta di Marx gli scritti: Sulla questione ebraicai e Per la critica della
filosofia del diritto di Hegel. Introduzione. Testi che segnano il passaggio di Marx dal radicalismo democratico al comunismo (pur non aderendo a
nessuna delle forme allora presenti nella capitale francese) e il definitivo abbandono sia delle posizioni dei giovani hegeliani di sinistra sia della
filosofia di Feuerbach. A Parigi stringe amicizia con Engels che si sarebbe protratta per l'intero arco della sua vita (i due si erano conosciuti a
Colonia durante l'esperienza della Gazzetta renana).
Sempre nel corso del 1844 stende tre quaderni di appunti, frutto del suo coscienzioso studio dell'economia politica. Verranno pubblicati con il
titolo di Manoscritti economico-filosofici nel 1932.
1
Stirner ⟨štìrnër⟩, Max. - Pseudonimo del filosofo tedesco Johann Caspar Schmidt (Bayreuth 1806 - Berlino 1856). Esponente della sinistra hegeliana, combatté qualsiasi entità
reale o astratta (dallo Stato alla religione, dalla morale al diritto, sino ai nuovi ideali liberali o socialisti) che pretendesse di collocarsi al di sopra dell'individuo, unica vera realtà,
sovrano del proprio mondo e creatore dei propri valori. La sua opera più famosa (Der Einzige und sein Eigenthum, 1a ed. 1845, cui seguirono numerose altre ed.; trad. it.
L'Unico, 1902) influì su J.P. Proudhon e F. Nietzsche; a S. si richiamarono anche i teorici dell'anarchismo. (Treccani online)
2
Ruge ‹rùuġë›, Arnold. - Uomo politico e pubblicista (Bergen, Rügen, 1803 - Brighton 1880). Educato nelle univ. di Halle, Jena e Heidelberg alle idee liberali, fu condannato
(1825), per aver partecipato ad agitazioni studentesche, a 14 anni di fortezza. Rilasciato (1830), si stabilì a Halle (1832), dove insegnò filosofia. Pubblicista politico, diresse la
rivista Hallische Jahrbücher, che divenne il centro del dibattito sugli sviluppi filosofici e politici del sistema hegeliano. Fu inoltre esponente della "Giovane Germania". Critico
della destra hegeliana, che accusò di "pigrizia teorica", fautore di un'interpretazione storico-progressista della dialettica hegeliana che rifiutasse l'equazione razionalità-realtà
da più parti troppo facilmente piegata a una legittimazione dello stato prussiano, fu uno dei più autorevoli sostenitori di un uso radicale e politico degli strumenti teorici
dell'hegelismo (in questo suo atteggiamento andando nettamente oltre le applicazioni critiche avutesi nel campo religioso: v. Strauss, David Friedrich). Trasferitosi a Parigi
(1843) per le continue controversie con la Camera tedesca, fondò i Deutsch-französische Jahrbücher, cui collaborò anche K. Marx, col quale peraltro giunse presto alla rottura,
disapprovandone l'evoluzione dal radicalismo al comunismo. Ritornato in Germania, ne ripartì dopo il fallimento della rivoluzione tedesca e si stabilì in Inghilterra a Brighton,
dove fu in relazione con l'emigrazione democratica europea, specialmente con Mazzini e Kossuth. Dopo il 1866 seguì con simpatia la politica bismarckiana. (Treccani online)
3
Espulso dalla Francia nel febbraio del 1845 su insistenza del governo prussiano, si trasferisce a Bruxelles. Inizia con Engels una collaborazione
politica e teorica. Il primo frutto è l'opera La sacra famiglia (1845), dedicato alla critica e alla stroncatura delle posizioni di Bruno Bauer 3 e dei suoi
seguaci. A Bruxelles tuttavia Marx è costretto a rinunciare all'attività di pubblicista per la condizione posta dal governo belga in cambio della sua
ospitalità.
Nel 1845 Marx scrive le Tesi su Feuerbach (edite da Engels nel 1888). A differenza di Feuerbach che nella sua polemica antihegeliana si limita a
rivendicare la naturalità dell'uomo, Marx sostitusce l'essenza umana di Feuerbach, che è pur sempre qualcosa di indefinito che indica un individuo
astratto, con l'insieme dei rapporti sociali che caratterizzano l'individuo concreto. Avviene così l'abbandono dell'antropologia filosofica di
Feuerbach.
Insieme a Engels nel 1845-46 redige l'opera Ideologia tedesca (pubblicata nel 1932). In essa prende forma la cosiddetta concezione materialistica
della storia, che, però, non ha nulla a che fare col materialismo settecentesco di La Mettrie e di Holbach: l'essere dell'uomo non è la materia, ma è
costituito dai rapporti sociali4 di produzione.
Nel 1847 si tiene a Londra il primo congresso della Lega dei comunisti5, a cui Marx non può partecipare. Per la lega Marx e Engels elaborano un
documento teorico-programmatico, il famoso Manifesto del partito comunista (1848) scritto poche settimane prima dell'inizio delle rivoluzioni
democratiche europee del 1848.
3
Bauer, Bruno. - Storico (Eisenberg 1809 - Rixdorf 1882). Si occupò in varie riprese di storia politica contemporanea, inclinando verso le correnti reazionarie (Geschichte der
politischen Kultur und Aufklärung des 18. Jahrhunderts, 4 voll., 1843-45; Disraelis romantischer und Bismarcks socialistischer Imperialismus, 1882). Ma è noto soprattutto per
i suoi lavori sulle origini del cristianesimo. Dopo una Kritik der Geschichte der Offenbarung (2 voll., 1838), scritta sotto l'influsso della destra hegeliana, pubblicò (1840) una
Kritik der evangelischen Geschichte des Johannes e poi (1841) la Kritik der evangelischen Geschichte der Synoptiker: nella quale ultima, partendo dalla tesi dello Strauss sul
carattere "mitico" del Vangelo giovanneo, intese chiarire per analogia i rapporti di dipendenza dal proto-evangelo di Marco degli altri due sinottici, ma insistendo nel
considerare Marco come il creatore del mito evangelico, senza contenuto storico (Gesù sarebbe una figura tutta fantastica); sicché il mito del proto-evangelo in qualche modo
precede e determina il formarsi della comunità cristiana. Radicalismo critico che suscitava nuovi problemi sui quali dovrà tornare la critica biblica, ma che rendeva anche
difficile la ricostruzione di una storia unitaria e persuasiva dei primi secoli cristiani. Altre sue opere: Kritik der Evangelien (4 voll., 1850-52), Die Apostelgeschichte (1850),
Kritik der paulinischen Briefe (3 voll., 1850-52: vi si sostiene che le lettere paoline sono falsificazioni del 2º sec.).
4
La struttura fondamentale di una società è di natura economica, l'ambito produttivo non è quindi separato dalla società ma strettamente connesso con la sua stessa essenza,
determina le relazioni sociali stesse.
4
Nel marzo del 1848 viene espulso dal Belgio e ritorna a Parigi, partecipando attivamente, a capo della Lega dei comunisti, al biennio rivoluzionario
1848-1849 che sconvolge l'Europa. Rientra in Germania, a Colonia, e partecipa al tentativo rivoluzionario in atto. La sconfitta che il movimento
democratico subisce e la conseguente repressione lo costringono a rientrare a Parigi dove assiste nel giugno del 1849 allo scontro tra borghesia e
proletariato. Nell'agosto del 1849 viene espulso dalla Francia.
Si trasferisce a Londra, dove nel 1851 avviene il ritiro dalla politica attiva e l'impiego al British Museum per motivi economici.
Negli anni 1857-59 stende i Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica. Nel 1859 pubblica Per la critica dell'economia politica.
Nel 1864 partecipa alla creazione della I internazionaleii.
Nel 1866 redige il 1° volume de Il capitale, pubblicato ad Amburgo nel 1867 (il secondo e il terzo volume saranno pubblicati postumi a cura di
Engels che decifrerà gli appunti marxiani rispettivamente nel 1885 e nel 1894).
Nel 1875 scrive gli Appunti sul libro di Bakunin" Stato e anarchia" e la Critica del programma di Gotha.
Nel 1881 muore Jenny.
Morte: 1883.
Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico
Pubblicata postuma nel 1927 nell'opera viene intrapresa l'analisi critica della dottrina hegeliana dello Stato. Per Hegel la società civile è in potenza
già Stato, essendo un momento dialettico del concetto di Stato.
Riprendendo la critica di Feurbach, Marx osserva che Hegel ha rovesciato il rapporto di predicazione soggetto-oggetto:
lo Stato che è l'oggetto, l'idea prodotta dagli uomini diventa il soggetto e gli uomini che in realtà rappresentano il soggetto vengono trasformati
nell'oggetto. Così sembra che sia l'idea dello Stato a incarnarsi necessariamente nella realtà, gli uomini fanno da tramite.
5
Fondata da profughi tedeschi.
5
Si è di fronte a una sorta di misticismo logico, in cui le realtà empiriche diventano manifestazioni necessarie dello Spirito. Le istituzioni in questo
modo sono personificazioni di una realtà spirituale occultata dietro di esse.
Lo Spirito crea così la realtà: errore dell'idealismo, riconosciuto già da Feuerbach, che consiste come si è detto nel capovolgimento tra soggetto e
predicato, tra concreto e astratto. Marx si spinge oltre Feurbach evidenziando l'assunzione surrettizia dei contenuti empirici che avviene nel
pensiero hegeliano. Infatti, Hegel dopo essersi costruito il concetto astratto di Spirito partendo dalla realtà, finisce per fare della realtà la
manifestazione dello Spirito (concreto → concetto astratto; quindi capovolgimento: l'astratto viene reso concreto trasformandolo in cosa, in
ente e il concreto diventa manifestazione apparente, transitoria del divenire dello Spirito che è soggetto-sostanzaiii).
Inoltre, il metodo mistico di Hegel non solo contiene un errore filosofico di base, ma è anche sbagliato sul piano politico perché attraverso il
giustificazionismo della realtà conduce a un atteggiamento conservatore, di accettazione delle istituzioni statali vigenti.
La concreta realtà storica dello Stato prussiano viene assolutizzata, trasformata in essenza immutabile. In questo modo sottrae le istituzioni del
suo tempo alla possibilità di un'indagine scientifica. L'errore di Hegel non è stato quello di aver descritto lo Stato moderno, ma di averlo
giustificato come essenza universale di Stato.
Riconosce con Hegel che la categoria che contraddistingue il moderno è quella della scissione. Nella fattispecie la scissione si manifesta nella
frattura tra società civile e Stato, tra la vita civile e la vita politica [Philosophia pag. 252]. L'uomo moderno a differenza dell'uomo greco in perfetta
sintonia con la comunità - polis - di appartenenza, è costretto a vivere due vite: una in terra come borghese, cioè all'interno della società civile,
che è caratterizzata dall'egoismo individuale e dagli interessi di parte; l'altra in cielo come cittadino, cioè nell'ambito dello Stato che rappresenta
l'interesse comune.
Ora, Il cielo che corrisponde allo Stato, è illusorio, perché lo Stato non persegue l'interesse comune, non si pone come l'universale che media gli
interessi particolari della società, ma è in realtà lo strumento con cui le classi più forti e ricche impongono i propri interessi particolari
camuffandoli con l'idea del bene e dei diritti comuni.
La civiltà moderna è quindi la società dell'egoismo e delle particolarità reali e allo stesso tempo la società della fratellanza e delle universalità
illusorie. L'affermazione dell'uguaglianza formale dei cittadini di fronte alla legge (conquista della rivoluzione francese) contrasta con la loro reale
disuguaglianza sostanziale.
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Così come i cristiani, disuguali sulla terra, si consolano con l'uguaglianza che avranno in cielo, gli individui moderni, disuguali nella società civile, si
consolano pensando di essere tutti uguali davanti allo Stato.
La società borghese ha al suo centro l'individuo e non è un caso che siano riconosciuti tra i diritti dell'uomo la libertà individuale (intesa come
tutto ciò che l'individuo può fare senza recare danno agli altri) e la proprietà privata (diritto di godere arbitrariamente dei propri beni).
L'individualismo borghese mantiene la scissione e coerentemente Marx rifiuta, oltre al principio della libertà individuale, il principio base della
rivoluzione francese, la rappresentanza, perché ribadisce la separazione tra società civile e Stato.
Marx contrappone a questa società un suo ideale di società in cui avvenga una compenetrazione perfetta tra individuo e comunità, ma non nel
senso hegeliano dell'individuo che attinge all'universalità nell'istanza superiore dello Stato. Questa è una visione mistificatrice, per Marx invece la
strada per realizzare una società solidale passa attraverso l'eliminazione delle disuguaglianze reali e in particolare del fondamento di ogni
disuguaglianza: la proprietà privata.
Annali franco-tedeschi
I due articoli dell'unico numero uscito, La questione ebraica e l' Introduzione alla critica del diritto pubblico di Hegel [Per la critica della filosofia del
diritto di Hegel. Introduzione?], rappresentano il passaggio dal radicalismo democratico al comunismo.
La questione ebraica
L'emancipazione umana non avviene con la rivoluzione politica borghese che sancisce una serie di libertà il cui principio base è la proprietà
privata. Questo diritto è principalmente diritto di disporre del proprio senza curarsi degli altri. Solo la rivoluzione sociale può liberare realmente
l'uomo. Così la vera emancipazione dell'ebreo avviene con una nuova organizzazione sociale senza traffici e denaro: emancipazione degli ebrei =
emancipazione dell'umanità dall'ebraismo (inteso come condizione materiale segnata dal denaro, dai traffici).
Introduzione alla critica della filosofia hegeliana del diritto [Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione?]
Nuova funzione della filosofia: teoria critica funzionale all'azione sociale. Da speculazione la filosofia deve trasformarsi in teoria funzionale alla
prassi, all'azione. Il mondo non va contemplato, ma compreso e cambiato.
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In Germania il fallimento della rivoluzione borghese crea il presupposto che a farsi carico di una rivoluzione radicale sia quella classe che subisce
tutte intere le ingiustizie sociali: il proletariato. La sua emancipazione libererà l'intera umanità; infatti per l'universalità delle sofferenze subite non
potrà fare altro che universalizzare la sua emancipazione.
Manoscritti economico-filosofici: critica dell'economia borghese
Manoscritti economico-filosofici del 1844: applicazione in campo economico degli schemi critico-dialettici impiegati nell'analisi politica.
L'economia politica assume come dato a priori ciò che deve ancora spiegare, assolutizza contenuti empirici e li descrive come naturali. La
proprietà privata, il profitto, la divisione del lavoro nelle opere di Smith, Ricardo sono considerate leggi economiche naturali. In realtà l'economia
politica descrive i meccanismi del modo di produzione capitalistico nella sua forma attuale. In breve, essa fornisce un'immagine mistificata della
società capitalistica: infatti, eternizza il sistema capitalistico considerandolo non uno dei sistemi della storia, ma il sistema, il modo naturale di
produrre e di distribuire la ricchezza, e la proprietà privata un dato metastorico. Il capitalismo è invece connesso a una determinata formazione
sociale.
Inoltre, l'economia politica non coglie la conflittualità insita nel sistema capitalistico tra capitale e lavoro salariato, tra borghesia e proletariato.
Alla base della conflittualità sta il fatto che il lavoro salariato produce alienazione, che è la manifestazione dell'inversione soggetto-predicato nel
dominio del capitale sull'operaio (il lavoratore lavora, produce ma il lavoro e il prodotto non gli appartengono).
L'alienazione comprende alcuni aspetti fondamentali:
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il lavoratore è alienato rispetto al prodotto del proprio lavoro (egli produce un oggetto - il capitale6 - che non gli appartiene)
il lavoratore è alienato rispetto alla propria attività; se è alienato rispetto al prodotto è perché la stessa attività lavorativa non gli
appartiene, è stata comprata
Secondo Marx, infatti, l'oggetto ultimo della produzione capitalistica non è la merce, ma il capitale, l'accumulazione capitalistica.
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A questo punto si possono fare delle considerazioni sulla natura umana. Marx attribuisce all'uomo, al genere umano, la proprietà di trasformare
la natura attraverso il lavoro. Il lavoro produttivo è quindi l'essenza propria dell'uomo in quanto genere, attraverso esso soddisfai suoi naturali
bisogni. Quindi l'espropriazione dell'attività lavorativa aliena l'uomo dal suo stesso genere.
Il lavoro, nella sua forma alienata, non è più «soddisfazione di un bisogno, bensì soltanto un mezzo per soddisfare dei bisogni esterni a esso». Non
realizzandosi nel lavoro, che si è trasformato in lavoro forzato per il conseguimento di un fine a lui estraneo: il profitto del capitalista, egli cerca la
propria realizzazione nelle funzioni che condivide con le bestie: mangiare, bere, procreare.
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il lavoratore è così alienato rispetto alla propria essenza (non compie un lavoro libero, creativo e universale, che gli consente di soddisfare
i suoi bisogni naturali e che costituisce la differenza tra l'essenza dell'uomo e quella dell'animale, ma forzato e ripetitivo)
il lavoratore è alienato anche rispetto al prossimo (perché l'altro, per lui, è soprattutto il capitalista che lo espropria del frutto del suo
lavoro e con cui, perciò, entra in conflitto)
L'espropriazione del lavoro porta alla formazione della proprietà privata. Non è, come sostenevano gli economisti classici, la proprietà privata il
presupposto delle relazioni economiche, ma è il frutto dell'espropriazione del lavoro.
Se la causa dell'alienazione è la proprietà privata dei mezzi di produzione, allora, la dis-alienazione consisterà nel superamento del regime della
proprietà privata e nell'avvento del comunismo. Il comunismo «in quanto effettiva soppressione della proprietà privata è la verace soluzione del
contrasto dell'uomo con la natura e con l'uomo», è compiuto naturalismo e compiuto umanesimo. il superamento dell'alienazione economica
porta con sé anche il superamento dell'alienazione religiosa e politica che da essa dipendono.
La storia è il luogo della perdita e della riconquista, da parte dell'uomo, della propria essenza. Il comunismo è «la soluzione dell'enigma della
storia7», cioè l'uomo ritrova la propria essenza (lavoro libero, creativo e universale).
Influsso della hegeliana Fenomenologia dello Spirito:
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Hegel, la coscienza, dopo essersi perduta in tante figure, ritrova se stessa nell'eticità e nello Spirito assoluto.
Marx, l'uomo, dopo essersi smarrito nella civiltà di classe, ritrova se stesso nella società assoluta del comunismo.
L'enigma è l'espressione di un dilemma composto da due alternative apparentemente inconciliabili. Nel caso specifico «l'antagonismo tra natura e uomo, tra uomo e uomo
[...] tra la libertà e la necessità».
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Tesi su Feuerbach (1845)
Feuerbach per Marx ebbe il merito di demistificare la dialettica hegeliana smascherando «il rovesciamento dei rapporti di predicazione». Il limite di Feuerbach
fu quello di concepire l'uomo come essere naturale, non cogliendone la dimensione sociale e storica.
VI tesi: «l'essere umano non è un'astrazione immanente all'individuo singolo», bensì «l'insieme dei rapporti sociali». La critica di Marx è rivolta quindi contro
Feuerbach e l'antropologia filosofica tradizionale che si fondano su un'idea dell'uomo come essere atemporale, dotato di proprietà immutabili. Marx sostiene
invece che l'individuo è il prodotto di una determinata società e di uno specifico mondo storico.
Feuerbach ebbe il merito di aver scoperto il meccanismo generale dell'alienazione religiosa, ma concependo l'uomo in termini naturalistici non comprese che la
religione è il frutto di una particolare società storica: una società ingiusta che spinge il popolo a cercare nell'aldilà ciò che gli viene negato nell'aldiquà. La
religione è l'Opium des Volks.
La disalienazione religiosa non può quindi prescindere dall'abbattimento della società che l'ha prodotta.
Altro limite del pensiero di Feuerbach è il tendenziale contemplativismo e teoreticismo che ignora la práxis, che fa sì che egli sia l'ultimo esponente del
materialismo speculativo e contemplante. Ad esso Marx contrappone un materialismo d'azione: «i filosofi hanno solo interpretato il mondo; si tratta ora di
cambiarlo» (XI tesi).
Questa tesi annuncia il passaggio dall'umanismo di Feuerbach al materialismo storico di Marx, al centro della riflessione dell'opera L'ideologia tedesca.
L'ideologia tedesca e la concezione materialistica della storia
L'ideologia tedesca fu scritta da Marx ed Engels, con la collaborazione di Moses Hess, durante il soggiorno a Bruxelles negli anni 1845-1846. Verrà
pubblicata nel 1932. Gli autori dichiarano di voler fare i conti con la loro «anteriore coscienza filosofica» prendendo a bersaglio della loro critica:
Feuerbach, la sinistra hegeliana e le posizioni «profetiche» dei socialisti tedeschi.
In sintesi i temi trattati sono: la critica a Feuerbach, l'uomo e la storia; la nozione di ideologia; le forze produttive e i rapporti di produzione.
La critica a Feuerbach (primo capitolo dell'opera)
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Feuerbach ha sviluppato un materialismo naturalistico in cui l'uomo pur ricondotto al suo essere in carne e ossa (contrariamente alla concezione
hegeliana dell'uomo come coscienza speculativa) è visto ancora in una prospettiva essenzialistica che coincide con la natura dell'uomo. Essenza
questa al di fuori del tempo, di ogni storia, dei rapporti reali, sociali.
Feuerbach risolve l'essenza religiosa nell'essenza umana. Ma l'essenza umana non è qualcosa di astratto che sia immanente all'individuo singolo. Nella
sua realtà essa è l'insieme dei rapporti sociali. Feuerbach, che non penetra nella critica di questa essenza reale, è perciò costretto:
1. ad astrarre dal corso della storia, a fissare il sentimento religioso per sé, e a presupporre un individuo umano astratto-isolato.
2. L'essenza può dunque essere concepita soltanto come «genere», cioè come universalità interna, muta, che leghi molti individui naturalmente.
K. Marx, F. Engels, Ideologia tedesca
L'uomo e la storia
La definizione di uomo è possibile a partire dalla sua storia: l'attenzione è rivolta ad uomini concreti storicamente determinati e non ad esseri
atemporali. Gli uomini che «cominciano a distinguersi dagli animali allorché cominciano a produrre i loro mezzi di sussistenza [...] producendo i
loro mezzi di sussistenza, gli uomini producono indirettamente la loro stessa vita materiale». È dunque il lavoro, con il quale gli uomini producono
i propri mezzi di sussistenza, a distinguere gli uomini dagli animali. Il lavoro che è trasformazione della natura, produzione di vita materiale. Ma
l'uomo produce anche idee e trasformando le proprie condizioni materiali trasforma anche le sue idee:
non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina la coscienza
Nel corso della storia si è verificata una divisione del lavoro tra gli uomini, tra città e campagna, tra attività commerciale e industriale e all'interno
della stessa attività tra individui che svolgono lavori diversi. Tale divisione assunse una significato nuovo quando all'originale divisione generata
dalla forza, dal caso e dal genere (maschile e femminile?) ne è subentrata un'altra caratterizzata dalla separazione tra lavoro manuale e lavoro
intellettuale. La conseguenza fu la distinzione tra godimento e lavoro, produzione e consumo, spettanti a individui diversi. La conseguenza fu la
ripartizione ineguale del lavoro, dei suoi prodotti e della proprietà. Si formò così la società divisa in classi, in cui una classe soltanto dispone dei
mezzi produttivi. Lo Stato si presenta come espressione della collettività, ma di fatto è manifestazione degli interessi della classe dominante.
Un'altra conseguenza della divisione del lavoro è che il capitale, frutto del lavoro alienato del lavoratore, diventa una potenza «che lo sovrasta,
che lo soggioga, invece di essere da lui dominata». Il comunismo eliminando la proprietà privata pone fine all'espropriazione del frutto del lavoro
e toglie quindi il dominio del capitale.
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Ideologia
In ogni epoca «le idee dominanti sono le idee della classe dominante». In altre parole, ogni epoca sviluppa la sua ideologia che restituisce
un'immagine falsata della realtà, mascherando la forma di dominio di classe operante nella realtà. Ne sono un esempio la filosofia hegeliana e
l'economia politica classica, che sono state rese possibili dalla divisione tra lavoro intellettuale e lavoro manuale, per cui una parte della classe
dominante è costituita dai pensatori della classe, che costruiscono un'immagine distorta che questa classe ha di sé e della realtà. All'ideologia va
sostituita una nuova scienza che smascheri gli inganni e indichi la strada del cambiamento.
I filosofi hanno finora interpretato il mondo, da ora in poi si tratta di cambiarlo
[Tesi su Feuerbach]
In altre parole, l'ideologia è una falsa rappresentazione della realtà, che consiste nel descrivere gli uomini così come appaiono nella mente degli
studiosi e non per come sono nella realtà.
All'ideologia, alla concezione ideologica propria della filosofia tedesca Marx ed Engels contrappongono una «scienza reale e positiva8», ovvero un
sapere storico-filosofico che presta attenzione a come gli uomini sono realmente e non a come appaiono nella rappresentazione propria o altrui,
così come avviene nella vecchia filosofia idealistica.
Forze produttive e rapporti di produzione
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le forze produttive (tutti gli elementi necessari al processo produttivo):
o mezzi di produzione (terra, macchinari, ecc.)
o conoscenze tecniche e scientifiche impiegate per organizzare e migliorare la produzione
o lavoro, in seguito definito meglio come forza-lavoro
Per la nuova scienza l'umanità è una specie evoluta, composta di individui associati che lottano per la sopravvivenza. La storia allora non è un evento spirituale, ma un
processo MATERIALE fondato sulla dialettica bisogno-soddisfacimento. Gli uomini cominciarono a distinguersi dagli animali, cominciarono cioè ad umanizzarsi, quando
iniziarono a produrre da sé i loro mezzi di sussistenza. Quindi ciò che distingue l'uomo dagli animali è innanzitutto il lavoro, ossia la capacità di produrre i mezzi di
sostentamento. Nella formazione sociale che indichiamo con l'espressione società capitalistica o borghese, il lavoro è stato ridotto a un'accezione negativa di sfruttamento e
alienazione. È necessario quindi recuperare la dimensione originaria del lavoro, quella di un'attività libera e creativa.
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
i rapporti di produzione (i rapporti che si instaurano tra gli uomini nel corso della produzione, che sono di due tipi: di proprietà e di uso):
o i proprietari dei mezzi produttivi (società industriale: capitalisti o industriali) detengono il potere economico e sociale che si
esprime nelle forme della politica e della cultura
o i lavoratori possiedono solo la loro capacità lavorativa
Struttura e sovrastruttura
Rapporti di produzione e forze produttive costituiscono la struttura della società.
l'organizzazione sociale, le istituzioni in genere, in particolare lo Stato, le variegate forme della cultura, le concezioni morali e religiose
rappresentano la sovrastruttura.
Materialismo storico
«Non è la coscienza degli uomini che determina il loro ESSERE, ma è, al contrario, il loro ESSERE SOCIALE che determina la loro coscienza». [Per la critica
dell'economia politica di Hegel, Introduzione - pubblicato nel 1859]
Per Marx le vere forze motrici della storia non sono di natura spirituale, come ritenevano i filosofi idealisti, ma di natura socio-economica. Quindi
Marx elabora una concezione materialistica della storia che si distingue da una materialismo filosofico in base al quale la materia è la sostanza e la
causa delle cose (soltanto con Engels si avrà un materialismo inteso come dottrina complessiva dell'universo).
Vi è una differenza fondamentale tra l'idealismo storico e il materialismo storico di Marx:

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idealismo storico: LE LEGGI, LO STATO, LE FORZE POLITICHE, LA RELIGIONE E LA FILOSOFIA determinano la struttura economica della
società; cioè la sovrastruttura condiziona la struttura.
materialismo storico: la STRUTTURA ECONOMICA determina le leggi, lo Stato, le forze politiche, ecc.; cioè la struttura condiziona la
sovrastruttura
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La dialettica della storia
Nella storia opera una dialettica tra forze produttive e rapporti di produzione (i rapporti sociali che si instaurano tra gli uomini nel corso della produzione e che
hanno la loro espressione giuridica nei rapporti di proprietà). Infatti, le forze produttive hanno un'evoluzione più rapida dei rapporti di produzione, che
tendono invece a perpetuarsi in quanto inerenti alla proprietà. Tutto ciò innesca un conflitto a livello sociale, ma anche politico e culturale, in cui alla fine quasi
sempre ha la meglio la classe espressione delle nuove forze produttive. Ad esempio, nella Francia del Settecento si assisté allo scontro tra la borghesia (la
classe in ascesa) e l'aristocrazia (la classe in declino) che si concluse con la vittoria della prima sancita dalla rivoluzione francese. Nella fase successiva che è
quella del capitalismo moderno è venuta in luce una contraddizione che genera conflitto, tra forze produttive sociali (proletariato, ma anche tecnici, impiegati
dirigenti) e rapporti di produzione privatistici (capitalista o gruppo di azionisti). Il luogo di questa contraddizione è la fabbrica.
La produzione della ricchezza è sociale perché sociali sono le forze produttive che la generano9 e questo giustifica il fatto che la ricchezza venga distribuita a
livello sociale (il capitalismo per la sua stessa caratteristica di essere una produzione sociale, porta con sé il socialismo). La storia ha visto il passaggio dal
comunismo primitivo alla società di classe, che inevitabilmente verrà sostituita dal comunismo in un futuro prossimo.
Il Manifesto del partito comunista
Alla fine del 1847 a Londra si sciolse la Lega dei giusti e si formò la Lega dei comunisti, il cui programma fu redatto nel 1848, a poche settimane
dalle rivoluzioni, da Marx e Engels. Si tratta del Manifesto del partito comunista, un pamphlet10 politico, semplice ed incisivo.
Punti salienti:
 analisi della funzione storica della borghesia
 storia come lotta di classe
 critica dei socialismi non scientifici
Analisi della funzione storica della borghesia
La borghesia non è come tutte le altre classi dominanti che si sono succedute nella storia. Essa per la natura stessa della sua attività economica
svolge un ruolo incessante di cambiamento in tutti i campi. Non soltanto ha rotto in maniera radicale con il passato, ha permesso un formidabile
progresso della conoscenza, ma è in sé rivoluzionaria e quindi «non può esistere senza rivoluzionare di continuo gli strumenti della produzione,
9
Il proletario e il capitalista, l'operaio e il padrone non sono il risultato di semplici rapporti di forza che si giocano all'interno di un ambito strettamente economico, ma
categorie formatesi all'interno delle dinamiche di una certa formazione sociale.
10
Libello, breve scritto di carattere polemico o satirico.
14
quindi i rapporti di produzione, quindi tutto l'insieme dei rapporti sociali [essendo i rapporti di produzione l'espressione delle relazioni sociali tra le
classi, tra chi detiene i mezzi di produzione e chi non li detiene, ecc.]».
La borghesia è una classe costituzionalmente dinamica perché rivoluziona continuamente gli strumenti di produzione e l'insieme dei rapporti sociali. Essa stessa
favorisce quindi che le forze produttive, sempre più sociali, finiscano per rivoltarsi contro i vecchi rapporti di proprietà.
Lotta di classe
Il soggetto autentico della storia è la lotta tra le classi (ne L'ideologia tedesca era la dialettica tra forze produttive e rapporti di produzione, ma il messaggio è lo
stesso in quanto le forze produttive non sono «strutture senza soggetto» e s'identificano con quei gruppi di «individui umani viventi» che sono le classi ).
La lotta di classe giunge al suo culmine quando il proletariato si organizza in classe e quindi in partito politico. L'azione rivoluzionaria del proletariato acquista
una valenza universale, perché libera tutti gli uomini abolendo la proprietà privata, che è espressione del dominio dell'uomo sull'uomo. Per proprietà privata
non si intende ciò che è stato acquisito «per via di penoso lavoro», ma la proprietà privata dei mezzi di produzione con cui l'operaio viene espropriato del suo
lavoro. «I proletariato si servirà della sua supremazia politica...il libero sviluppo di ciascuno è la condizione per il libero sviluppo di tutti». Leggere pag. 261
Critica dei socialismi
Vengono classificati e criticati diversi tipi di socialismo:



socialismo reazionario: tende a negare il presente proponendo un ritorno al passato, a un passato pre-industriale, pre-borghese e pre-industriale
socialismo conservatore: è possibile rimediare agli inconvenienti sociali del capitalismo senza distruggere il capitalismo stesso
socialismo utopistico: vengono rilevati gli elementi di contraddizione del mondo moderno, ma non viene riconosciuta al proletariato una funzione
storica e rivoluzionaria autonoma. Si fa appello a tutti i membri della società per una pacifica azione di riforme finalizzate alla costruzione di una società
ideale
Al socialismo utopistico Marx contrappone il proprio socialismo scientifico che consiste nell'analisi critico-scientifica dei meccanismi sociali del capitalismo e
nell'individuazione nel proletariato della forza rivoluzionaria che abbatterà il sistema borghese.
IL CAPITALE
Nella Prefazione al libro I si legge: «svelare la legge economica del movimento della società moderna». L'intento di Marx è quindi quello di trovare una
spiegazione scientifica della realtà economico-sociale, che sia tuttavia diversa da quella proposta dall'economia politica classica.
Il sottotitolo dell'opera è: Critica dell'economia politica
15
Per Marx non esistono a differenza dell'economia politica classica leggi universali dell'economia, ma leggi storiche proprie di ogni formazione sociale, quelle
che valgono per il feudalesimo non possono allora valere per il capitalismo. Inoltre, la società borghese contiene in sé le contraddizioni strutturali che la
condurranno alla sua fine.
Lo studio dell'economia dovrebbe impiegare lo schema dialettico della totalità organica (→ Hegel), in base al quale il capitalismo va studiato come una
struttura i cui elementi risultano strettamente connessi.
Un altro aspetto del metodo di Marx nello studio del capitalismo è la distinzione tra elementi di fondo, strutturali che caratterizzano una formazione storica e
tendenze di sviluppo a partire da questi elementi. È allora possibile formulare delle previsioni che non dovrebbero essere confuse con profezie, perché le leggi di
sviluppo rilevate grazie all'individuazione degli elementi di fondo, hanno un carattere tendenziale (nel senso che può sempre intervenire una forza che frena la
tendenza prevista). Il linguaggio di Marx su questo argomento risulta poco rigoroso tanto da alimentare la convinzione che il marxismo sia una scienza
predittiva. Egli stesso, infatti, scrive a proposito del Capitale: «un libro di predizioni circa i destini futuri del capitalismo moderno».
Nel Capitale la dialettica hegeliana ritorna in auge dopo una fase centrale del pensiero di Marx in cui sembrava essere stata accantonata.
Metodo scientifico
Gli elementi strutturali vanno distinti da quelli accidentali. Ciò che a prima vista appare concreto risulta astratto e viceversa. Ad esempio, il concetto di
popolazione sembra concreto ma in realtà non lo è, perché è astratto rispetto a classi sociali e a rapporti di produzione. La scienza quindi non si limita a
fotografare i fatti ma individua al di sotto di essi le LEGGI che regolano il loro accadere. Le leggi, tuttavia, non esistono prima dell'accadere degli eventi della
realtà, ma si ricavano a posteriori.
Valore
A fondamento del modo di produzione capitalistico, Marx individua il concetto di VALORE, a cui ogni aspetto del sistema economico è riconducibile e con il
quale si può spiegare la contraddittorietà dell'intero sistema.
Il valore è connesso alla merce11. La merce possiede, infatti, un valore d'uso e un valore di scambio.
Valore d'uso
La merce ha una sua utilità, soddisfa un bisogno proveniente dallo stomaco o dalla fantasia.
11
La specificità del modo di produzione capitalistico è la produzione generalizzata di merci.
16
Valore di scambio
La merce non ha un valore di per sé12, ma corrisponde a una determinata quantità di lavoro socialmente necessaria per produrla. Il valore della merce equivale
allora al lavoro in essa contenuto, e non va confuso con il prezzo, che può fluttuare e non corrispondere al valore reale della merce.
Marx svolge una critica del feticismo delle merci: le merci non sono feticci, non hanno valore per se stesse ma il valore è appunto dato dalla quantità di lavoro
per produrla e il lavoro è l'espressione di relazioni sociali in cui pochi detengono i mezzi di produzione e molti lavorano come schiavi.
Sul feticismo: lettura di pag. 265.
Ciclo economico capitalistico: plusvalore e profitto
Il fine della produzione capitalistica non è il consumo ma l'accumulazione del denaro. Vi è una differenza fondamentale tra il ciclo delle società pre-borghesi e
quello del capitalismo:
ciclo dello società pre-borghesi, M.D.M. (merce - denaro - merce); la produzione di una merce è finalizzata all'acquisto di un'altra merce (ad esempio,
un contadino vende del grano per acquistare un vestito)
ciclo del capitalismo, D.M.D'. (denaro - merce - più denaro); il capitalista investe denaro in una merce per ottenere, alla fine, più denaro
Da dove deriva questo più monetario o, essendo il denaro l'equivalente del valore, questo plusvalore? Non dallo scambio delle merci, ma dalla produzione
capitalistica delle merci: il capitalista, infatti, dispone di una merce che produce valore, si tratta dell'operaio, «merce umana». L'operaio è comprato con il
SALARIO, che è il suo valore, corrispondente ai mezzi che gli sono necessari per vivere, lavorare e generare. Con il suo lavoro l'operaio produce un valore
maggiore di quello del salario. Il pluslavoro dell'operaio produce allora un plusvalore, da cui deriva il PROFITTO.
Tuttavia, il profitto non coincide del tutto con il plusvalore. Perché? Per rispondere è necessario tenere presente la distinzione marxiana tra capitale variabile e
capitale costante. Il capitale variabile è composto dai salari (capitale mobile), il capitale costante dalle macchine, le materie prime, ecc. (capitale fisso). Il tasso
del plusvalore sta nel rapporto, espresso in percentuale, tra il plusvalore e il capitale variabile, in quanto il plusvalore dipende dal pluslavoro, il lavoro in più
rispetto al salario che percepisce compiuto dall'operaio.
Ma ci sono anche i costi degli impianti, ovvero il capitale costante. Allora il tasso del profitto non coincide esattamente con il tasso del plusvalore, in quanto nel
calcolo va inserito anche il capitale costante.
Quindi il profitto risulta essere inferiore al plusvalore, tenendo conto del costo del capitale fisso.
12
Marx critica il cosiddetto feticismo delle merci.
17
Tendenze e contraddizioni del capitalismo
La tendenza di base del capitalismo è l'incremento del plusvalore, per aumentare di conseguenza il profitto. Ciò innesca un processo che fa esplodere delle
contraddizioni. Inizialmente il capitalista cerca di accrescere il plusvalore dilatando l'orario degli operai [plusvalore assoluto = prolungamento della giornata
lavorativa]. L'inconveniente è rappresentato dal limite oltre il quale la forza-lavoro dell'operaio non è più produttiva. Si punta, allora, a ridurre il tempo
necessario per reintegrare il salario [plusvalore relativo = riduzione di quella parte della giornata lavorativa necessaria a recuperare la spesa del salario]. In
questo caso si cerca di rendere il lavoro più produttivo introducendo, di continuo, nuovi e più efficaci metodi e strumenti di lavoro. La fabbrica con
l'introduzione della macchina rappresenta il «mezzo più potente per l'accorciamento del lavoro»: in una stessa unità di tempo la quantità di merce prodotta
aumenta considerevolmente. S'incrementa così il plusvalore relativo ma anche il plusvalore assoluto perché le macchine non hanno bisogno di riposo.
In breve, uso delle macchine = aumento della produttività.
Secondo volume dei Grundisse: descrizione delle conseguenze dell'introduzione delle macchine nella produzione. Nasceranno nuovi consumi e si
creeranno nuovi bisogni. Ma la produzione non regolata da interessi collettivi, si svilupperà indipendentemente dai bisogno umani che ha suscitato.
Emergerà così la contraddittorietà del capitalismo, tra le speranze e le attese per il soddisfacimento di nuovi bisogni e il parallelo aggravarsi della
condizione di alienazione dell'uomo a causa della natura dei rapporti di produzione. Infatti, il macchinismo genera un nuovo e più potente livello di
alienazione, perché il lavoratore è in totale sua balia: la sua attività è completamente dequalificata, ripetitiva e resa sempre più sostenuta.
D'altra parte il meccanismo di produzione delle merci, non essendo sottoposto a regole e a scelte condivise dalla comunità ma unicamente alla logica del
maggior profitto, genera il fenomeno ciclico delle crisi di sovrapproduzione. Nella società pre-capitalistica la crisi coincideva con la scarsità di beni (carestie),
nella società capitalistica la crisi è determinata da una sovrabbondanza di merci. La causa di questo è l'«anarchia della produzione». Le crisi di
sovrapproduzione determinano la chiusura degli stabilimenti più piccoli e la tendenza alla concentrazione del capitale in poche mani. Si arriverà così a una
situazione in cui si formerà un ristretto gruppo di industriali contrapposto a una gran massa di operai salariati.
Un altro inconveniente è rappresentato dal fatto che il capitalismo ha la necessità di un incessante rinnovamento tecnologico per la tendenza intrinseca ad
aumentare la produzione, ma questo genera la «CADUTA TENDENZIALE DEL SAGGIO - tasso - DI PROFITTO». In base a una vera e propria legge, aumentando a
dismisura il capitale costante rispetto al capitale variabile, diminuisce il saggio di profitto. Questa tendenza può essere contenuta acquisendo ad esempio le
materie prime all'estero, ma non si può arrestare. Questa legge per Marx è il vero «tallone d'Achille» del sistema capitalistico. L'effetto di una tale legge
sommandosi agli altri fenomeni negativi: anarchia produttiva, libera concorrenza, crisi cicliche di sovrapproduzione, produce l'ultima e decisiva caratteristica
del capitalismo, la tendenza alla scissione della società in due sole classi antagoniste13. La situazione finale del capitalismo che si prospetta è allora quella che
13
La ricerca di un sempre maggior profitto attraverso l'incremento del plusvalore determina una crescente alienazione del lavoro dell'operaio, sottoposto a un processo di
divisione del lavoro sempre più pesante e a un aumento corrispondente del livello di sfruttamento.
18
vede da un lato una minoranza industriale, ricca e potente in seguito a un processo di concentrazione del capitale; dall'altro una maggioranza proletaria
sfruttata.
Epilogo del I libro del capitale
«La centralizzazione dei mezzi di produzione e la socializzazione del lavoro raggiungono un punto in cui diventano incompatibili col loro involucro capitalistico.
Ed esso viene spezzato. Suona l'ultima ora della proprietà privata capitalistica. Gli espropriatori vengono espropriati». Arrivati a questo punto, avviene la
rivoluzione proletaria, gli operai devono prendere il potere per attuare il passaggio dal capitalismo al comunismo, in cui vengono tolti i presupposti
dell'esistenza della proprietà privata, della divisione del lavoro e del dominio di classe. Lo strumento per realizzare tale passaggio è la socializzazione dei mezzi
di produzione e di scambio.
Marx negli ultimi anni sembra disposto ad ammettere che per certi paesi la rivoluzione possa attuarsi con mezzi pacifici. In ogni caso, violenta o pacifica che sia,
la rivoluzione deve innanzitutto abbattere lo Stato borghese e le sue forme istituzionali. Perché è necessario abbattere lo Stato? Lo Stato è la sovrastruttura di
una società civile dominata dagli interessi di classe della borghesia, ne è l'espressione perché ogni classe dominante forgia il proprio meccanismo statale. Ed è
questo il motivo per cui il proletariato non può servirsi dello Stato borghese. Lo Stato del proletariato, funzionale al passaggio dalla società capitalistica a quella
comunista è la «dittatura rivoluzionaria del proletariato». La dittatura di una maggioranza di ex-oppressi su una minoranza di ex- oppressori.
La dittatura del proletariato non è definitiva ma è una misura storica di transizione, che si estingue attraverso il superamento di se medesima e di ogni forma di
Stato [«estinzione dello Stato»].
La società comunista
La dottrina di Marx accenna alla società comunista in modo frammentario e in scritti non destinati alla pubblicazione. Informazioni utili sono reperibili nella
sezione dei Manoscritti del 1844 intitolata Proprietà privata e comunismo e nella Critica del programma di Gotha14 (1875).
14
L'opera è diretta contro la posizione di compromesso uscita dal Congresso dei socialisti tedeschi tenutosi nel 1875, che sancì la nascita del Partito socialdemocratico tedesco
(SPD). Tale posizione negava la necessità di una dittatura del proletariato come fase ineludibile nella realizzazione della società socialista. Il programma, steso da W. Liebknecht
e di impostazione moderata, formulava appunto un compromesso tra la corrente di F. Lassalle e quella ispirata alle idee di K. Marx.
Liebknecht, Wilhelm. - Uomo politico tedesco (Giessen, Assia, 1826 - Charlottenburg 1900). Partecipò alle rivoluzioni del 1848-49 a Parigi e nel Baden. Costretto all'esilio a Londra (1850) entrò in
contatto con K. Marx e F. Engels. Rientrato in patria fu tra i fondatori, con A. Bebel, del Sozialdemokratische Arbeiterpartei (1869) e promosse (1875) il Congresso di Gotha. Deputato al Reichstag
fu un tenace oppositore della politica espansionistica di Bismarck.
Lassalle ‹lasàl›, Ferdinand. - Uomo politico e filosofo tedesco (Breslavia 1825 - Ginevra 1864). Partecipò ai moti del 1848 e si impegnò nell'organizzazione del movimento operaio. Elaborò
l'Arbeiter-Programm (1862), che costituì la base programmatica all'Associazione generale degli operai tedeschi (1863), nucleo del futuro Partito socialdemocratico. Nel Program indicò nella
conquista del suffragio universale il mezzo principale per la creazione di uno stato popolare tedesco: l'integrazione della classe lavoratrice nella vita politica e sociale avrebbe assicurato la
19
Nei Manoscritti distingue tra un comunismo rozzo e un comunismo superiore e autentico. Nel comunismo rozzo la proprietà non viene del tutto cancellata, ma
trasformata in proprietà di tutti (nazionalizzata). la comunità, che prende così il posto della vecchia classe borghese, assume il ruolo di un grande capitalista che
non abolisce ma universalizza la condizione dell'operaio: tutti sono ridotti ad operai con un medesimo salario. In modo analogo, avviene la comunanza delle
donne in campo sessuale: la donna passa dal matrimonio borghese alla prostituzione generale. In sintesi, pur rappresentando un passo in avanti rispetto al
capitalismo, il comunismo rozzo è ancora pervaso dalla mentalità proprietaria e dalla categoria dell'avere.
Il comunismo autentico coincide con l'effettiva soppressione della proprietà privata. Si realizza quando l'uomo cessa di intrattenere con il mondo rapporti di
puro possesso e consumo. All'uomo della civiltà proprietaria, ossessionato dall'avere, Marx contrappone un uomo nuovo che intrattiene un rapporto poliedrico
con la realtà e con gli altri uomini.
Critica al programma di Gotha15
Fallito il progetto della Prima Internazionale [1864-1872] di creare un organismo di collegamento tra le associazioni operaie esistenti nei diversi paesi, si apre
una nuova fase del movimento operaio in cui la classe operaia non faccia più riferimento soltanto a un'organizzazione internazionale, ma si radichi nelle diverse
realtà nazionali. Di lì a poco nasceranno i partiti operai, il primo dei quali è quello tedesco nel 1875. Il congresso inaugurale si tiene nella città di Gotha e Marx
in tale occasione svolge alcune critiche al programma del nuovo partito. Nella Critica del programma di Gotha troviamo alcune preziose indicazioni sulla
transizione al comunismo e sulla sua natura.
Marx su un terreno meno filosofico e più socio-politico distingue due fasi della società futura, che riprendono per alcuni aspetti quanto già detto nei
manoscritti.
Prima fase:
dittatura del proletariato


società, unico datore di lavoro
tutti sono salariati e pagati allo stesso modo senza tener conto della qualità del lavoro, dei bisogni diversi, delle differenze individuali.
transizione pacifica dallo stato borghese, basato sul diritto di proprietà, a uno stato democratico, vero strumento del bene generale. Le sue teorie economiche sono esposte soprattutto nell'opera
Herr Bastiat - Schulze von Delitzsch, der ökonomische Julian, oder Kapital und Arbeit: con la conquista del suffragio universale prima, e con l'aiuto economico dello stato poi, le cooperative operaie
riusciranno a superare "la legge bronzea dei salarî", quella legge economica, già enunciata da Ricardo, per cui in regime capitalistico il salario dell'operaio si riduce al minimo di sussistenza
storicamente necessario alla sua riproduzione. [Treccani online]
15
(maggio 1875). Documento con cui, in un congresso svoltosi nella cittadina della Turingia, dopo lunga lotta si fusero nel Partito operaio socialdemocratico tedesco il partito
dei lavoratori detto di Eisenach, fondato da W. Liebknecht e A. Bebel, e il gruppo dei seguaci di F. Lassalle. Tale fusione costituì il fronte unico sia contro i sindacati apolitici
creati da Max Hirsch e Franz Demker, sia contro le varie unioni cattoliche moderate. [Dizionario di storia moderna e contemporanea]
20
Non è ancora il comunismo, ma piuttosto l'applicazione di una astratta forma di uguaglianza di stampo borghese che non tiene conto delle differenze naturali
tra gli individui.
Seconda fase:
comunismo
«Ognuno secondo le sue capacità; a ognun secondo i suoi bisogni»
società comunista: senza divisione del lavoro, senza proprietà privata, senza classi, senza sfruttamento, senza miseria, senza divisioni tra gli uomini, senza
Stato.
i
Marx critica l'opera di Bruno Bauer La questione ebraica, uscita nel 1843. Bauer aveva delineato come soluzione al problema dell’emancipazione degli ebrei l’eliminazione
della religione dalla sfera statale e la sua riduzione all’ambito della vita privata degli individui. Gli ebrei non possono infatti pretendere, in uno stato teocratico come la Prussia,
di avere gli stessi privilegi dei cristiani. Essi, invece, dovrebbero lottare contro il carattere teocratico dello stato. E questa sarebbe la liberazione di tutti, non solo degli ebrei.
Bauer incita gli ebrei a liberarsi della loro religione e ad andare verso la laicità. Marx nota che lo stato borghese e la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino
garantirebbero a ognuno la possibilità di professare le idee religiose che vuole. In un certo senso, lo stato borghese fa passare la religione da un fatto pubblico a un fatto
privato. In questo modo però si elegge a prototipo di uomo l’uomo egoista. La libertà di ognuno è quella di fare ciò che si vuole senza nuocere all’altro. L’uomo dello stato
borghese è solo libero di essere egoista. La società civile diventa principio dell’umanità. A Marx questo non basta. Egli vuole un modo di convivenza fra gli uomini che non sia
solo negativo, ma effettivamente costruttivo. Egli nota che il cristianesimo deriva dall’ebraismo. E poi afferma che l’ebraismo è traffico e denaro e conclude che in un certo
senso il cristianesimo si è ritrasformato in ebraismo. Marx vuole che l’uomo non si emancipi solo politicamente dalla religione, ma dalla religiosità in quanto tale. Se l’uomo
escludesse la mentalità religiosa l’uomo si emanciperebbe veramente fino in fondo. Non solo libertà religiosa, quindi, ma qualcosa di diverso che stia al posto della religione. Il
problema quindi non è l'ebraismo o i diritti degli ebrei, perché qualsiasi religione va superata affinché l'uomo sia libero non solo apparentemente ma sostanzialmente. Gli ebrei
sono identificati da Marx con il denaro, l'iniziativa individuale, insomma con la società borghese e quindi la loro richiesta di diritti non contribuisce alla liberazione generale
dell'uomo a cui bisogna tendere.
L’emancipazione politica a cui mira Bauer è allora un punto di partenza, e non di arrivo. Infatti, emancipato politicamente, l’uomo non è per ciò stesso emancipato socialmente:
si trova cioè a condurre contraddittoriamente una doppia esistenza, sperimentando l’uguaglianza nei cieli astratti della politica e della legge e, al tempo stesso, vivendo nella
disuguaglianza sulla terra della società civile. Per poter superare questa dicotomia, occorre attuare un’«emancipazione reale» che muti radicalmente lo stato di cose. Ecco
allora che, dall’iniziale questione dell’emancipazione degli ebrei, l’asse del problema si sposta sull’emancipazione dell’uomo in quanto tale, tema sul quale Marx si affaticherà
per il resto della sua vita.
21
Il testo Sulla questione ebraica di Karl Marx del 1844 ha suscitato molte polemiche. Da un lato alcuni sostengono che si tratta di un chiaro esempio di antisemitismo, una
malapianta che, come è ben noto, alligna anche fra gli ebrei; altri invece lo considerano un importante bozza del pensiero maturo di Marx, totalmente esente da antisemitismo,
che delinea un nuovo modo di pensare il rapporto fra stato e religione. Proviamo a chiarire un poco questa situazione. Il testo di Marx, come spesso succede con i suoi
pamphlet, è la critica di un precedente saggio di un altro autore, nella fattispecie di Bauer. Quest’ultimo dice sostanzialmente agli ebrei che non possono pretendere, in uno
stato teocratico come la Prussia, di avere gli stessi privilegi dei cristiani. Essi, invece, dovrebbero lottare contro il carattere teocratico dello stato. E questa sarebbe la
liberazione di tutti, non solo degli ebrei. Bauer incita gli ebrei a liberarsi della loro religione e ad andare verso la laicità. Marx approfitta di queste riflessioni per procedere
ulteriormente nella stessa direzione. Egli nota che lo stato borghese e la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino garantirebbero a ognuno la possibilità di professare le
idee religiose che vuole. In un certo senso, lo stato borghese fa passare la religione da un fatto pubblico a un fatto privato. In questo modo però si elegge a prototipo di uomo
l’uomo egoista. La libertà di ognuno è quella di fare ciò che si vuole senza nuocere all’altro. L’uomo dello stato borghese è solo libero di essere egoista. La società civile diventa
principio dell’umanità. A Marx questo non basta. Egli vuole un modo di convivenza fra gli uomini che non sia solo negativo, ma effettivamente costruttivo. Egli nota che il
cristianesimo deriva dall’ebraismo. E poi afferma che l’ebraismo è traffico e denaro e conclude che in un certo senso il cristianesimo si è ritrasformato in ebraismo. L’ebraismo
non è mai stato immerso nel feudalesimo, cioè non ha mai vissuto quella complicata rete di privilegi, tradizioni e immunità che ha caratterizzato la società cristiana. Per questo
è sempre stato più libera e moderna. In questo ha anticipato la società borghese basata sul profitto, l’iniziativa individuale, il commercio e il denaro. Marx vuole che l’uomo non
si emancipi solo politicamente dalla religione, ma dalla religiosità in quanto tale. Se l’uomo escludesse la mentalità religiosa l’uomo si emanciperebbe veramente fino in fondo.
Non solo libertà religiosa, quindi, ma qualcosa di diverso che stia al posto della religione. Bisogna escludere il denaro, il commercio, la proprietà privata e così si esclude
l’ebraismo. L’ebraismo, cioè, diventa in questo modo impossibile. L’interpretazione dell’ebraismo fornita da Marx è storicamente miope. E’ vero che gli ebrei sono rimasti fuori
dalla mentalità feudale e che in un certo senso hanno anticipato alcuni elementi del capitalismo. Ma questo deriva sostanzialmente dalla loro diffusa esclusione sociale. E’
anche difficile accettare l’identificazione dell’ebraismo con il traffico e il denaro, che sembra piuttosto un pregiudizio tipico. L’ebraismo ha, infatti, una spiritualità molto ricca,
come tutte le grandi religioni del mondo. E’ affascinante l’idea che si possa pensare una società in cui la religione scompaia e l’uomo si realizzi completamente sulla terra,
costruendo una nuova società, come sarà poi nel comunismo. Sappiamo purtroppo però dove hanno portato questo tipo di idee. Il meglio, come si dice, è nemico del bene.
Forse è opportuno accontentarsi dell’emancipazione politica dalla religione, che purtroppo invece di avvicinarsi, si sta sempre di più allontanando. [Vincenzo Fano, professore
di Logica e Filosofia della scienza]
ii
Associazione internazionale dei lavoratori o Prima internazionale come venne successivamente chiamata. Fu costituita a Londra nel 1864, per coordinare lo sviluppo del
movimento operaio. Il programma e lo statuto furono stesi da K. Marx che ne dettò pure i principi costitutivi ispirati alla solidarietà internazionale nella lotta per la
liberazione dal dominio del capitale, approvati nel congresso di Ginevra (1866). L’associazione istituì sezioni nazionali in vari paesi d’Europa e negli Stati Uniti d’America e
favorì la costituzione dei partiti socialisti.
Specie a partire dal 1869 emersero le polemiche politiche e di principio dell’ala anarchica, guidata da P.-J. Proudhon e soprattutto da M. Bakunin, contrari alla gestione
centralistica dell’associazione e all’indirizzo di costituire partiti socialisti in tutti i paesi. Il dibattito sulla sconfitta della Comune di Parigi provocò la rottura tra le due tendenze e
gli anarchici furono espulsi dall’associazione (congresso dell’Aia, 1872) la cui sede venne trasferita da Londra a New York. In questo modo Marx ne aveva decretato
consapevolmente la morte. L’associazione infatti si sciolse nel congresso di Filadelfia del 1876. Gli anarchici invece costituirono un’I. libertaria di breve vita ma che, come
tendenza, ebbe poi influenza nel movimento operaio.
Seconda I.
22
Si costituì a Parigi nel 1889 come luogo di discussione politica e strumento di coordinamento dei partiti operai e socialisti diffusisi in quasi tutti i paesi europei. Vennero
approvate alcune importanti deliberazioni, fra cui quella che fissava l'obiettivo della giornata lavorativa di otto ore e a tale scopo proclamava una giornata di lotta ogni anno il
primo maggio.
La Seconda I. segnò il prevalere delle concezioni politiche marxiste in seno al movimento operaio europeo. In tale ambito ormai prevalentemente socialista e marxista, emersero
con il nuovo secolo linee tra loro diverse, per es. riguardo alla tattica parlamentare e alla partecipazione ai governi borghesi. Engels e il leader dell'Spd Karl Kautsky non
rinnegavano la rivoluzione ma riconoscevano delle fasi intermedie del processo rivoluzionario che coincidevano con le lotte per la democrazia, per le riforme.
Più ancora, divenne centrale la discussione sui problemi del colonialismo, del patriottismo e della guerra. A determinare la crisi dell’I. intervenne nel 1914 lo scoppio del primo
conflitto mondiale: i partiti socialisti di Germania, Austria, Gran Bretagna, Francia e Belgio aderirono alle politiche nazionali dei rispettivi governi, altri (come l’italiano)
assunsero posizioni neutraliste o decisamente rivoluzionarie e antibelliciste. Ciò esplicitò il fallimento dell’internazionalismo proletario, ma fece emergere per opposizione una
sinistra rivoluzionaria (tra gli esponenti più noti V.I. Lenin e R. Luxemburg) che, dopo aver organizzato le conferenze socialiste contro la guerra di Zimmerwald (1915) e
Kienthal (1916), sarebbe confluita largamente nel movimento comunista.
Nel dopoguerra, i riformisti tentarono di rifondare la Seconda I. in opposizione al leninismo e un’altra tendenza diede vita all’Unione dei partiti socialisti per l’azione
internazionale, che si unificarono nell’I. operaia socialista (congresso di Amburgo, 1923): in bilico tra antifascismo e anticomunismo, tranne nel periodo dei fronti popolari e della
guerra di Spagna (1934-38), la sua azione si esaurì allo scoppio della guerra mondiale (1940).
Nel secondo dopoguerra l’I. socialista fu ricostituita nel 1951 (conferenza di Francoforte), emanazione dei partiti socialisti e socialdemocratici. Il marxismo non vi figura come
unico punto di riferimento dottrinario e il socialismo viene connotato come movimento per «la giustizia sociale, una vita migliore, la libertà, la pace mondiale». Vi aderiscono
circa 160 tra partiti socialisti e socialdemocratici.
Terza I.(o I. comunista o Komintern). Costituita con sede a Mosca nel 1919, ebbe i caratteri e le aspirazioni di partito della rivoluzione mondiale e vi aderirono decine di gruppi e
formazioni politiche di orientamento comunista. Nel secondo congresso (1920) furono stabilite le condizioni per l’adesione dei partiti e l’I. assunse l’aspetto di un organismo
centralizzato in cui i comunisti sovietici ebbero un ruolo egemone, mentre si approfondiva la rottura con la tradizione politica socialista. Falliti i tentativi rivoluzionari in Europa,
dalla metà degli anni 1920 l’I. comunista favorì la crescita di formazioni comuniste e rivoluzionarie in molti paesi dell’Asia e dell’America Latina; contemporaneamente, con il
predominio di Stalin l’I. divenne sempre più strumento della politica estera dell’URSS. L’ascesa del nazionalsocialismo costrinse il movimento comunista internazionale ad
aprire la strada alla politica dei fronti popolari (7° congresso, 1935); l’I. ebbe un’ultima fase espansiva dopo l’attacco tedesco all’URSS (1941), per essere finalmente sciolta, in
quanto ostacolo all’alleanza delle potenze antifasciste, nel 1943.
Quarta I.
Fondata nel 1938 da L.D. Trockij e dai suoi seguaci in opposizione alla Terza I., giudicata asservita alla politica estera dell’URSS staliniana, intese riproporre un programma
comunista e rivoluzionario ispirato ai principi internazionalisti della ‘rivoluzione permanente’. Lacerata da dissidi interni, subì poi molte scissioni.
(Treccani online, in parte rielaborata)
23
iii
Se io, dalle mele, pere, fragole, mandorle reali, mi formo la rappresentazione generale "frutto", se vado oltre e immagino che "il frutto", la mia rappresentazione astratta,
ricavata dalle frutta reali, sia un'essenza esistente fuori di me, sia anzi l'essenza vera della pera, della mela ecc., io dichiaro - con espressione speculativa - che "il frutto" è la
"sostanza" della pera, della mela, della mandorla ecc. lo dico quindi che per la pera non è essenziale essere pera, che per la mela non è essenziale essere mela. L'essenziale, in
queste cose, non sarebbe la loro esistenza reale, sensibilmente intuibile, ma l'essenza che io ho astratto da esse e ad esse ho attribuito, l'essenza della mia rappresentazione "il
frutto". lo dichiaro, allora, che mela, pera, mandorla ecc. sono semplici modi di esistenza, modi "del frutto". Il mio intelletto finito, sorretto dai sensi, distingue certamente una
mela da una pera e una pera da una mandorla, ma la mia ragione speculativa dichiara questa diversità sensibile in essenziale e indifferente. Essa vede nella mela la stessa cosa
che nella pera, e nella pera la stessa cosa che nella mandorla, cioè "il frutto". Le particolari frutta reali non valgono più che come frutta parventi, la cui vera essenza è "la
sostanza," "il frutto". [... ]
Se la mela, la pera, la mandorla, la fragola non sono in verità altro che "la sostanza", "il frutto", ci si chiede come avviene che "il frutto" mi si presenti ora come mela, ora come
pera, ora come mandorla; ci si chiede donde venga questa parvenza della molteplicità che contraddice così evidentemente la mia intuizione speculativa dell'unità, della
sostanza, "del frutto".
Questo avviene, risponde il filosofo speculativo, perché "il frutto" non è un'essenza morta, indistinta, immobile, ma un'essenza vivente, autodistinguentesi, in moto. La
diversità delle frutta profane ha senso non solo per il mio intelletto sensibile, ma anche per "il frutto" stesso, per la ragione speculativa. Le diverse frutta profane sono
estrinsecazioni vitali diverse dell'"unico frutto", sono cristallizzazioni che "il frutto" stesso forma. [... ]
È chiaro che il filosofo speculativo opera questa continua creazione solo perché tratta le proprietà universalmente note, della mela, della pera, ecc., trovantisi nell'intuizione
reale, come determinazioni inventate da lui; perché dà i nomi delle cose reali a ciò che solo l'astratto intelletto può creare, cioè alle astratte formule intellettuali; infine perché
dichiara la sua propria attività, mediante la quale egli passa dalla rappresentazione mela alla rappresentazione pera, essere l'autoattività del soggetto assoluto, "del frutto".
Questa operazione si chiama, con espressione speculativa: concepire la sostanza come soggetto, come processo interno, come persona assoluta, e questo concepire forma il
carattere essenziale del metodo hegeliano. (K. Marx, F. Engels, La Sacra Famiglia, in Opere di Marx-Engels, Editori Riuniti, Roma 1972, vol. 4, pp. 62, 65)
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