Oscar Wilde. Cenni biografici STAGIONE 2015 2016 UN MARITO IDEALE Oscar Fingal O'Flahertie Wills Wilde (Dublino, 16 ottobre 1854 – Parigi, 30 novembre 1900) è stato un grandissimo poeta, scrittore e drammaturgo della Londra Vittoriana. Nasce a Dublino, in Irlanda; il padre è un medico stimato e la madre una poetessa. Si laurea nel 1878 al Magdalen College di Oxford, dove studia con grande interesse i classici greci. Dopo aver ottenuto la laurea si trasferisce a Londra, dove pubblica il suo primo volume intitolato “Poesie” (1881), che riscuote un grande successo tra il pubblico londinese. Dopo il matrimonio scrive il romanzo che lo renderà celebre, “Il ritratto di Dorian Gray” (1890), per poi dedicarsi al teatro trattando temi irriverenti e satirici verso la società londinese. Il suo declino inizia nel 1895, quando viene querelato in tribunale a causa della sua relazione omosessuale clandestina con il giovane Alfred Douglas. Alla fine del processo viene incarcerato e costretto a due anni di lavori forzati. Scontata la pena, nel 1897 si trasferisce in Italia, dove si ricongiunge temporaneamente con l’amato e inizia a scrivere “La ballata del carcere di Reading”, che descrive la sua recente e traumatica esperienza. Rimasto solo e ripudiato dalla benpensante società londinese si trasferisce a Parigi, dove muore a causa di una grave infezione all’orecchio degenerata in meningite a soli quarantasei anni. di Oscar Wilde Opere teatrali di Oscar Wilde Libretto di sala a cura di Claudia Braida Sabato 5 dicembre 2015 Ore 21.00 - Vera, or the Nihilists (1880). La trama narra di una giovane donna che vorrebbe porre fine alla vita dello Zar finendo poi per salvargli la vita. Qui, secondo l’autore, l'intento è quello di far emergere il dissenso dei sudditi di fronte alla tirannia ed esprimere la loro voglia di libertà, preoccupazione dell’autore per l’Europa dell’epoca, anche se in realtà il soggetto del dramma era ben altro, la passione. L'opera era costituita da un prologo a cui seguivano 4 atti ambientati 5 anni dopo di esso, nel 1800. Per evitare ogni possibile attacco politico, Wilde cambiò il nome ai due zar protagonisti; per la documentazione necessaria si rivolse ad un rivoluzionario russo, suo amico, che si mise a disposizione: Sergej Mihailovič Kravčinsky. -The duchess of Padua (1883), definita dallo stesso Wilde il capolavoro della sua giovinezza, in tale opera si narra la storia di Guido Ferrati, figlio di un duca ucciso da un personaggio misterioso, e della sua ricerca di vendetta, che lo porterà di fronte al nuovo duca. La moglie di costui, la duchessa, innamoratasi di Guido, arriva a compiere ciò che il suo amato non era riuscito a fare. Wilde, in una lettera a Mary Anderson, presentava la passione in senso negativo, una sorta di entità che possedeva i corpi e spingeva le persone a commettere atti criminali, ma quando essa si spegneva la persona vittima di tale artificio poteva chiederne perdono, ottenendolo. - Lady Windermere's Fan (1892) tratta di una ricattatrice divorziata che arriva a sacrificare se stessa per l'amore materno. Wilde offrì la parte della madre a Lillie Langtry nel 1891, soltanto che la figlia le appariva troppo adulta per la sua età, anche se aveva 39 anni. Wilde sentendo ciò modificò i dialoghi, inserendo una battuta che ricordasse tale risposta dell'attrice. - Salomè (in francese) (1893, prima rappresentazione a Parigi nel 1896), che inizialmente Wilde avrebbe voluto chiamare “The Decapitation of Salome”, come all’epoca raccontò a Maurice Maeterlinck. Nel dramma il personaggio principale in realtà è Erode, che supera le tentazioni che gli vengono poste. Wilde decise di scriverlo in francese per conferire un tocco di colore in più, una lingua che non conosceva bene come l’inglese ma che amava: l’unica lingua vera oltre al greco per lui. Affascinato dall'”Erodiade” di Mallarmé e dalla descrizione di due dipinti di Gustave Moreau, tra il 1891 e il 1892 Wilde scrisse per Sarah Bernhardt quest'opera che fu pubblicata nel 1893 a Parigi e nel 1894 a Londra, nella traduzione di Alfred Douglas e con le illustrazioni di Aubrey Beardsley. Il testo, che nel Regno Unito poté essere rappresentato in pubblico soltanto nel 1931, funse da libretto all'opera omonima di Richard Strauss (1905) e al film omonimo di Carmelo Bene (1972). - A woman with no Importance (1893), in parte ripreso da Family Herald su stessa ammissione di Wilde, narra di un figlio illegittimo che è diviso tra suo padre e sua madre - An Ideal Husband (1895), una vicenda di ricatti, corruzione politica ed onore pubblico e privato. - The Importance of Being Earnest (1895), la cui morale è che bisogna trattare con serietà le cose che non ci sembrano serie e al contrario trattare senza importanza tutto ciò che è serio nella vita, è una commedia che vuole essere una satira nei confronti del mondo delle alte classi. Il titolo in inglese si basa sul gioco di parole fra il termine Ernest ("Ernesto") e l'aggettivo earnest, che significa "onesto", "sincero"; per mantenere il gioco di parole originale è anche stato tradotto in italiano anche come “L'importanza di essere Franco”. - La sainte courtisane or the woman covered with jewels, opera incompleta, prima pubblicazione, nel 1908, in Collected Works (editore Methuen). - A Florentine Tragedy, opera incompleta; prima pubblicazione, nel 1908, in Collected Works (editore Methuen). Tratta di un mercante che trova sua moglie in compagnia di un nobile, lo sfida a duello e lo uccide per poi fare pace con la moglie. Un Marito Ideale Sir Robert Childern è il marito ideale per lady Childern; secondo lei, egli è incapace di qualsiasi atto immorale; se fosse diverso non potrebbe amarlo. Sir Robert Childern, uomo rispettabilissimo di grandi capacità, è ormai una personalità; occupa una importante posizione nella vita politica: è sottosegretario agli affari esteri. Tuttavia egli porta una spina nella sua coscienza: ha iniziato la sua ascesa con un atto disonesto e tace alla moglie quell'inizio immorale per paura di perdere il suo amore. Mentre la vita dei coniugi scorre nella tranquillità dell'agio e dell'ammirazione di tutti, appare una ricattatrice, la signora Cheveley. Essa è a conoscenza della macchia iniziale della carriera di Sir Robert Childern e intende avvalersene per i suoi loschi traffici. Quando Sir Robert rifiuterà di agire come essa vuole, lo minaccerà di smascherarlo e di rovinargli, quindi, la carriera e la felicità coniugale. In soccorso di Sir Robert interviene un amico, il visconte Goring, che abilmente riesce non soltanto ad annientare tutte le manovre della signora Cheveley, ma anche a convincere lady Childern a tornare tra le braccia del marito. Venuta a conoscere l'intero imbroglio ed assicurata che il marito è salvo per opera di Goring, lady Childern, per la sua concezione morale, vorrebbe che il marito si ritirasse dalla vita pubblica. E qui si svolge l'interessante dialogo fra Goring e lei, che alla fine è costretta a rivedere le proprie opinioni "Un marito ideale" è sicuramente la migliore commedia di Oscar Wilde, la commedia in cui riesce meglio a fondere una trama seria e la leggerezza della sua scrittura. Tema centrale della commedia è il problema della corruzione politica e dell'integrità dei governanti: un tema drammaticamente presente nella nostra società. Ne deriva uno spettacolo che, scarnificando il testo all'osso, si propone di mettere la lente di ingrandimento su interrogativi di sconcertante attualità: è possibile una politica senza compromessi? La questione morale è un fatto privato o pubblico? Esiste ancora un limite oltrepassato il quale si prova vergogna delle proprie azioni? Al tema pubblico della politica se ne aggiunge un altro di carattere privato: un marito, per essere ideale, deve anche impersonare la perfezione morale? Essere incapace di qualsiasi debolezza e indifferente a qualsiasi tentazione? E se l'uomo potesse arrivare a tanta perfezione, il sentimento della moglie sarebbe l'amore o diverrebbe piuttosto venerazione degna di un essere celestiale? Ma il marito è un uomo: ha egli bisogno di questa venerazione, o di un amore che lo circondi, che lo comprenda, che lo conforti, lo sorregga? Tutti i personaggi ancorati alla loro eleganza, si muovono per spazi angosciosi dove s'annidano duelli, ricatti e compromessi. Nessun personaggio è come sembra. Sir Robert, considerato da tutti il marito ideale, il politico perfetto, nasconde nel suo passato un losco segreto. Sua moglie Gertrudh, apparentemente modello di amore virtuoso, è pronta ad abbandonare il marito appena costui si rivela moralmente poco limpido: vero amore o piuttosto devozione a un ideale? La signora Cheveley, dietro la maschera dell'eleganza e del fascino femminile, nasconde un animo scaltro e senza scrupoli. E lord Goring, autoritratto di Oscar Wilde, apparentemente frivolo e superficiale, in realtà è profondamente umano ed equilibrato. “Ogni uomo ambizioso deve combattere il proprio secolo con le sue stesse armi”. Le armi che l'autore impugna per combattere il perbenismo e l'ipocrisia della sua epoca sono proprio quelle del teatro di genere, in voga soprattutto tra un pubblico che vuole solo divertirsi con soggetti di ambientazione borghese. Ma sul canovaccio stereotipato della commedia vittoriana Wilde innesta il suo formidabile gusto per la battuta caustica, l'aforisma fulminante, il dialogo frizzante, il nonsense, il paradosso, il virtuosismo verbale, gettando via in un soffio tutto il vecchiume e la polverosa ipocrisia di un'epoca. Il linguaggio di Wilde, così complesso e raffinato, dona alla commedia, nonostante la gravità dei temi trattati, un soffio costante di leggerezza. Leggerezza intesa non come superficialità, bensì come qualità fondamentale di un'opera d'arte. Personaggi principali Descrizioni tratte da Un marito ideale di O.Wilde Lord Arthur Goring, Nobile, figlio di un conte. “Trentaquattrenne, ma dice sempre d’essere più giovane. Un volto ben formato, privo d’espressione. E’ intelligente, ma non vorrebbe esser reputato tale. Da perfetto dandy, si seccherebbe d’esser considerato un romantico. Giuoca con la vita ed è assolutamente in ottimi termini col mondo. Gli piace essere frainteso. Questo lo mette in una posizione vantaggiosa.” Battute L'amor di sé è l'inizio di un romanzo che dura una vita. Mi dispiace di non aver tardato di più. Sono felice che si soffra per la mia assenza. Sir Robert Chiltern, Baronetto. “Un uomo di quarant’anni, ma che sembra alquanto più giovane. Rasato di fresco, lineamenti fini, capelli neri, occhi scuri. Un personaggio di rilievo. Non benvoluto (pochi personaggi lo sono). Ma intensamente ammirato dai pochi e profondamente rispettato dai molti. Il tono delle sue maniere è quello della perfetta distinzione, con una leggiera sfumatura di orgoglio. Si sente ch’egli è consapevole del successo avuto nella vita. E’ un temperamento nervoso, con uno sguardo stanco. La bocca energicamente cesellata e il mento contrastano violentemente con l’espressione romantica degli occhi infossati profondamente. Il contrasto suggerisce una separazione quasi completa del sentimento e dell’intelletto, come se il pensiero e la commozione fossero tenuti isolati ognuno nella propria sfera da qualche costrizione della forza di volontà. C’è nervosità nelle narici e nelle mani pallide, sottili, appuntite. Sarebbe inesatto chiamarlo pittoresco. Il pittoresco non può sopravvivere alla Camera dei Comuni. Ma a Vandyck sarebbe piaciuto dipingere questa testa.” Lady Gertrude Chiltern “Una donna di una severe bellezza greca, di circa ventisette anni e di rigidi principi morali. Ritiene che nella vita non ci debbano essere compromessi, ed ha sempre vissuto in tale modo. Si interessa di polita ed è impegnata per la causa femminile. E' molto innamorata del marito, che ammira. Lo considera un uomo perfetto e senza macchia. Del resto non potrebbe amarlo se non fosse così: è orgogliosa della sua carriera politica. E' legata da una amicizia di vecchia data a Lord Goring e sarebbe felice di vederlo sposato con la sua giovane cognata, Mabel. Odia profondamente Laura Cheveley, compagna di scuola, una donna falsa, ladra e indegna. Laura rappresenta tutto ciò che lei combatte nella vita. Pensa che la sua sola vicinanza possa corrompere le persone.” Battute Un'azione disonesta non può mai essere necessaria. Quando qualcuno ha commesso una volta una colpa grave e vergognosa, si renderà facilmente colpevole una seconda volta. Miss Mabel Chiltern, sorella di Sir Robert. “Mabel Chiltern è un perfetto esempio del tipo di leggiadria inglese, il tipo del melo fiorito. Ha tutta la fragranza e la spontaneità d’un fiore. I suoi capelli sono una successione di ondulazione di luce solare, e la piccola bocca, con le labbra dischiuse, sembra in attesa come la bocca della bimbetta. In lei c’è l’affascinante tirannia della giovinezza e il sorprendente coraggio dell’innocenza. Alle persone equilibrate non richiama alla mente alcuna opera d’arte. Ma è davvero simile ad una statuetta di Tanagra e sarebbe piuttosto seccata se qualcuno glielo dicesse.” Mrs Laura Cheveley “Alta e piuttosto esile, labbra sottilissime e molto dipinte, una riga scarlatta su una faccia pallida. Capelli rosso veneziano, naso aquilino e collo lungo. Il belletto accentua il naturale pallore della sua carnagione . Occhio grigioverdi che si muovono incessantemente. Indossa un vestito color eliotropio con diamanti. Ha piuttosto l’aspetto di un’orchidea e suscita moltissima curiosità. E’ estremamente piena di grazia in ogni suo movimento. Un’opera d’arte, nel complesso, ma che mostra l’influsso di troppe scuole.” Lady Markby “Una donna piacente, gentile e apprezzata, con capelli grigi à la marquise e bei merletti.” Morale e matrimonio negli aforismi di Wilde Matrimonio Gli uomini si sposano perché sono stanchi; le donne perché sono curiose; entrambi sono delusi. L’unico fascino del matrimonio è che rende una vita di sotterfugi assolutamente necessaria per entrambi i partner. C’è solo una cosa peggiore di un matrimonio senza amore. Un matrimonio in cui c’è l’amore, ma da una sola parte. Non sono a favore dei lunghi fidanzamenti. Danno l’opportunità alla gente di scoprire reciprocamente il proprio carattere prima del matrimonio, cosa che ritengo assolutamente sconsigliabile. La felicità di un uomo sposato dipende dalle persone che non ha sposato. E’ pericolosissimo oggi per un marito dedicare attenzioni alla propria moglie in pubblico. Induce invariabilmente le persone a pensare che egli la picchi in privato. Poligamia- com’è più poetico sposarne una sola e amarne molte. Nessuno dovrebbe avere segreti per la propria moglie- lei li scopre regolarmente. Nella vita matrimoniale l’affetto arriva quando le persone si disprezzano profondamente in maniera reciproca. La base giusta per il matrimonio è un fraintendimento reciproco. Per quanto riguarda la vita domestica , posso dire che fa invecchiare rapidamente e distrae la mente da cose superiori. Morale Non ho mai incontrato nessuno in cui il senso morale fosse predominante che non fosse senza cuore, crudele, vendicativo, stupido e interamente privo del minimo senso di umanità. Le persone morali, così come sono definite, sono semplicemente bestie. Preferirei avere cinquanta vizi innaturali che una virtù innaturale. Se fingi di essere buono, il mondo ti prenderà molto sul serio. Se fingi di essere cattivo, no. Questa è la sorprendente stupidità dell’ottimismo. Essere buoni, secondo lo standard popolare di bontà, è ovviamente molto facile. Richiede solo una certa quantità di lurido terrore, una certa mancanza di pensiero fantasioso e una certa scarsa passione per la rispettabilità borghese. La moralità è semplicemente un atteggiamento che adottiamo nei confronti delle persone che personalmente disprezziamo. Quando siamo felici siamo sempre buoni, ma quando siamo buoni non siamo sempre felici. La moralità moderna consiste nell’accettare lo standard della propria epoca. Penso che per qualsiasi uomo di cultura accettare lo standard della propria epoca sia un’espressione della più rozza immoralità. Pensiamo di essere generosi perché attribuiamo al nostro prossimo il possesso di quelle virtù che probabilmente ci possono essere di vantaggio LA MESSA IN SCENA La produzione: Compagnia Umberto Orsini Umberto Orsini rifugge qualsiasi definizione paludata. Esordisce per caso, si afferma per talento, sorvola con leggerezza fin de siècle e debutto del terzo millennio, continua a stupire e a stupirsi. Leggiadro ma serio, scanzonato ma professionale, tombeur des femmes per definizione, sportivo per innato piacere. Poche righe sono già troppe per non rasentare l'apologia. Meglio, allora, fonti esterne. Eccole. Iniziamo dall'autorevolezza, quella della Treccani, che alla voce Umberto Orsini, stabilisce: Orsini, Umberto. - Attore italiano (n. Novara 1934). Formatosi all'Accademia nazionale d'arte drammatica, ha esordito in teatro con la compagnia De Lullo-Falk-Valli-Guarnieri (1957), recitando in seguito con la compagnia Morelli-Stoppa, con S. Ferrati (Chi ha paura di Virginia Woolf?, 1963; Chi è Claire Lannes?, 1969) e con G. Lavia per la compagnia del Teatro Eliseo, di cui è stato a lungo direttore artistico (1982-97). Interprete moderno e controllato, convincente nei ruoli classici (I masnadieri, 1981; Otello, 1994), si è distinto soprattutto con gli antieroi del repertorio contemporaneo (Old times di H. Pinter, 1973; Servo di scena di Ronald Harwood, 1981; Amadeus di P. Schaffer, 1987; Besucher di B. Strauss, 1989; Il nipote di Wittgenstein da T. Bernhard, 1991; Affabulazione di P. P. Pasolini, 1993;Morte di un commesso viaggiatore di A. Miller, 1997;Copenhagen di M. Frayn, 2001). Nel 2006 è diretto da M. Castri in Il padre di A. Strindberg e nel 2008 è tornato sulle scene con La ballata del carcere di Reading di O.Wilde, regia di E. De Capitani. Dopo il debutto nel cinema con F. Fellini (La dolce vita, 1959), è stato valorizzato da L. Visconti (La caduta degli dei, 1969; Ludwig, 1972), segnalandosi in ruoli di fine ambiguità (Al di là del bene e del male, 1977; Pasolini, un delitto italiano, 1995; Il viaggio della sposa, 1997; Il partigiano Johnny, 2000). Francesco Feletti nasce a Milano nel 1976. Nel ’94 consegue la maturità classica. Dal ‘95 al ‘98 frequenta il Corso attori della Civica Scuola d’Arte Drammatica “Paolo Grassi” di Milano, lavorando tra gli altri con Gabriele Vacis, Giampiero Solari, Massimo Navone, Kuniaki Ida. Nel ‘96 costituisce (insieme ad allievi ed ex-allievi della Scuola “Paolo Grassi”, della Scuola del Teatro Stabile di Torino, della Scuola dei Filodrammatici di Milano e della Scuola “Quelli di Grock”) la Compagnia degli Indesiderati con la quale recita in “Mascherata” di G. Frigerio da Genet (Teatro Out-off e C.R.T. Salone a Milano e Castiglioncello); mette in scena “Hamlet Machine” di H. Muller e “Tranci d’Improvviso” di G. Frigerio e F. Feletti. Dal 1998 al 2011 è impegnato come attore in alcuni spettacoli in turneè italiane ed internazionali tra gli altri “Differenti Opinioni” di David Hare per la regia di Piero Maccarinelli con Rossella Falk (‘98/’99), “Felicita Colombo” di G. Adami con Valeria Valeri regia di P. Rossi Castaldi (2001/02), “La Vedova Scaltra” di Goldoni regia Lina Wertmüller (2007/2008), nel 2009 è diretto da Roberto Valerio ne “Il Vantone” di Pasolini e nella stagione 2010 e 2011 è a fianco di Umberto Orsini ne “La Tempesta” di Shakespeare diretta da Andrea De Rosa. Dal 2000 al 2007 partecipa come attore a progetti televisivi in ruoli primari tra gli altri “L’attentatuni – Il grande attentato” (2000) e “Soldati di Pace”(2002) entrambi per Rai 1 con la regia di C. Bonivento. “La figlia di Elisa – Ritorno a Rivombrosa” regia di Stefano Alleva per Canale 5 (2007). Sul grande schermo lavora con Salvatore Maira in “Amor nello Specchio” (1998) e in “Valzer” (2007) e in “Se sarà luce, sarà bellissimo” di Aurelio Grimaldi (2003). Alla carriera di attore ha sempre accostato esperienze di produzione e organizzazione in ambito teatrale, televisivo e cinematografico, in alcuni casi coadiuvando lo zio Gian Mario Feletti, produttore ed esperto di finanza dello spettacolo. E’ aiuto regista in “Elettra” e “Oreste” per il Teatro Greco di Siracusa, regia di P. Maccarinelli (2000), “Vecchi Tempi” regia di R. Andò (Dialogue Coach” per Greta Scacchi)(2003) con Antonio Capuano; collabora nei film “Pianese Nunzio, 14 anni a Maggio”(1995) e “Polvere di Napoli”(1997), è aiuto regista nel film-tv “Il Pirata” di C. Bonivento (2006), qui inizia la collaborazione e l’amicizia con Rolando Ravello e gli sarà accanto nella realizzazione del film “Tutti contro Tutti” prodotto nel 2012 da Fandango. Roberto Valerio, attore e regista, si è diplomato all'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica "Silvio D'Amico" nel 1996. Nella stagione 1996/97 ha esordito in una produzione del Teatro Eliseo di Roma, Il giuoco delle parti di Luigi Pirandello, per la regia di Gabriele Lavia, cui ha fatto seguito, durante la stagione successiva, Morte di un commesso viaggiatore di Arthur Miller, per la regia di Giancarlo Cobelli. Nel 1999 ha diretto e interpretato Piagnistei di Steven Berkoff. L'anno seguente ha recitato in Leone d'inverno di S. Goldman, per la regia di Mauro Avogadro; è stato poi diretto da Luca De Filippo ne L'arte della commedia di Eduardo De Filippo. Nel 2001 ha curato per Teatridithalia la regia di Bambole di Pia Fontana e Woyzeck e il futuro del male di Rocco D'Onghia. Nel febbraio 2002 debutta in Erano tutti miei figli di Miller, regia di Cesare Lievi. Ha vinto il premio "Wanda Capodaglio" nel 1998 e il premio "Fondi-La Pastora" nel 2000. Umberto Orsini: perché ho fondato la compagnia In un momento di crisi economica che tocca tutti i settori produttivi del nostro paese e che per quanto riguarda il nostro si può toccare con mano ogni giorno, ed in maniera sempre più preoccupante, io Umberto Orsini, ho deciso di fondare una compagnia teatrale andando apparentemente in controtendenza. Sappiamo che dai momenti di crisi può nascere una spinta verso il nuovo, un desiderio che ci porti fuori dal tunnel e vedere finalmente la luce. Io credo che questo possa succedere. Le mie proposte non avranno niente di rivoluzionario o di inedito, lo premetto. Si concentreranno soprattutto su un elemento fondamentale: il profondo desiderio di aggregare al mio nome una serie di persone con le quali ho già lavorato o con le quali avrei sempre voluto lavorare e trasmettere loro tutta la mia passione, la mia esperienza e il persistente desiderio di ricerca e di qualità che ha guidato la mia vita artistica attraverso una seria preparazione professionale. Vengo da lontano, vengo dalla Compagnia dei Giovani, da Visconti, da Zeffirelli, da Lavia, da Ronconi, da Castri fino ad arrivare ai giovani registi come De Rosa o Pietro Babina. Per diciotto anni, fino al 2000, sono stato direttore artistico del più importante Teatro Privato di Roma e parlo dell'Eliseo e per dodici anni ho avuto presso un Teatro Pubblico come l' ERT il ruolo di direttore artistico della Compagnia che faceva capo alla mia persona. Mi sembra di essere stato capace di riassumere in poche righe il mio passato. Per quanto riguarda il mio futuro amerei parlarne più diffusamente ma non genericamente. Al momento la mia Compagnia ha tre testi sui quali basa la propria attività principale e sono: "La leggenda del Grande Inquisitore" scritto da Babina Capuano e da me e basato sul mondo di Dostoevskij, "Il marito ideale" di Oscar Wilde con la regia di Roberto Valerio e la messa in cantiere in questi giorni di uno spettacolo di Luigi Pirandello e cioè ""Il gioco delle parti " che debutterà nel febbraio del 2014 ma le cui prove avverranno negli ultimi mesi del 2013 dando vita ad un sistema che voglio perseguire e che sarà uno dei punti di forza della mia Compagnia e che è quello di un laboratorio di lavoro permanente sul modello del mio maestro Luca Ronconi. Tutto questo lavoro, che non sarà di semplice rapporto tra scritturati e scritturante, ma di collaborazione artigianale e di progetto a lungo termine fra me e i miei collaboratori, dovrebbe creare quel terreno fertile sul quale la mia esperienza ( e la conoscenza dei molti errori di gestione che i miei rapporti coi Teatri Pubblici mi hanno reso evidenti e che non vorrei ripetere: personale in eccedenza, investimenti che arrivano nei migliore dei casi al 40% delle risorse da destinarsi a quello che si vede e si sente in scena…,e potrei andare oltre...) dovrebbe portare quei frutti utili per far vivere a questa Compagnia un' esperienza che si allontani dalla "routine" e che si avvicini a qualcosa che assomigli di più ai nostri piccoli sogni, se siamo ancora capaci di averne. Utopia? Forse. Rischio? Molto e personale. Scopo di tutto questo? La libertà di sentirsi fuori dagli schemi ma dentro un sistema distributivo senza il quale i talenti giovani che stanno con me non avrebbero visibilità. Ho attinto tanto da tutti quelli che mi hanno preceduto e vorrei lasciare questa eredità a quanti camminano con me ora e cammineranno un giorno senza di me ma carichi, come lo saranno, di una conoscenza che viene da molto lontano e che io mi sento felice di trasmettere. La crisi la si combatte con la qualità e l'arrogante consapevolezza di fare un mestiere bello e utile. Umberto Orsini. Dalla Rassegna stampa Un marito ideale: corruzione, integrità e ideali ai tempi di Oscar Wilde Di Diana Della Mura, da: La Platea (rivista di cultura teatrale) La prima volta che "Un marito ideale" è andato in scena era il 1895: con la sua scrittura leggera eppure carica di significati e sentimenti, e con quella vena d'ironia e di umorismo con cui Wilde solo sapeva scherzare su argomenti seri se non scottanti che caratterizzavano già la società londinese, la commedia riscosse il meritato successo. Il grande pregio di Wilde infatti, è quello di aver compreso che si poteva dire qualsiasi cosa a un inglese pur di farlo scherzando e lui nei suoi testi presentava al pubblico borghese i problemi di cui la società ottocentesca londinese era afflitta. E' proprio dei testi di Wilde far scaturire una risata, e in "Un marito ideale" il sorriso e a volte il riso non manca anche di fronte alla rappresentazione dei mali e delle tentazioni cui l'uomo è sottoposto. Temi principali che muovono le redini della commedia sono la corruzione politica e l'integrità dei governanti, tematiche quanto mai attuali che la compagnia Umberto Orsini ritrae in modo impeccabile attraverso i personaggi che si alternano sul palcoscenico, dimostrando di aver saputo cogliere in pieno lo spirito leggero e ironico del testo di Wilde. La storia di "Un marito ideale" ruota principalmente intorno a quattro personaggi: sir Robert Chiltern, sir Arthur Goring, Mrs Cheveley e Mrs Chiltern, personaggi magistralmente interpretati e che sul palco fanno "fuoco e fiamme" determinando le sorti gli uni degli altri in una spirale di complicità, sotterfugi, bugie e interessi tale che lo spettatore ne viene irrimediabilmente rapito e portato a seguire le loro vicende con interesse e coinvolgimento nonostante sappia già come andrà a finire. Senza un attimo di pausa, le due ore di spettacolo volano: Roberto Valerio ha vestito perfettamente i panni dell' integerrimo e incorruttibile sir Robert Chiltern, che si vede nuovamente minacciato dal suo passato non troppo immacolato che torna a perseguitarlo nelle sembianze di Mrs Cheveley, l'affascinante tentatrice Valentina Sperlì. Per l'aura di immacolata rettitudine di Robert, la moglie Gertrud, sul palco Chiara Degani, prende il marito a modello di virtù al punto da affibbiargli la nomea di 'marito ideale'. Chi di ideali non osa nemmeno parlare è sir Arthur Goring, incarnato da un irresistibile Pietro Bontempo, migliore amico di Robert e perfetta incarnazione del dandy wildiano (se non proprio di Wilde stesso), la cui maggiore preoccupazione nella vita è quella di concedersi la più grande quantità di piaceri evitando ogni genere di impegni e responsabilità. Il personaggio che rimane fedele a se stesso e alle proprie idee, infatti, è Arthur che, risparmiando agli altri la saggezza delle sue convinzioni, sa come gira il mondo e perdona all'amico l'attimo di debolezza di cui fu vittima decidendo di aiutare lui e Gertrud a non rovinare la propria vita matrimoniale per colpa di un 'ideale'. Tra battute caustiche, dialoghi frizzanti, nonsense e paradossi e virtuosismo verbale, si dipana la commedia che strizza l'occhio al nostro tempo e alla più recente attualità: qui si manifesta bene il genio di Wilde che sa comprendere l'umana natura e debolezza e sa descriverla con una verve e una leggerezza che non vogliono conferire al testo una vena di superficialità, ma sono piuttosto da interpetare come qualità fondamentali di un'opera d'arte quale "Un marito ideale" è. Opera d'arte che la compagnia ha saputo magistralmente portare in scena al Vittoria: cercando di inseguire una perfezione che non è loro, ogni personaggio è stato ritratto dai rispettivi interpreti con un'imperfezione perfetta che si evince dal testo wildiano, per cui lo spettatore ora condanna le debolezze dell'uno e dell'altro senza però affibbiare alcuna etichetta ma piuttosto sorridendo con un po' di amarezza dei pregi e difetti tipici di ogni uomo su questa terra. Roberto Valerio mette in scena la "frivola" causticità di Wilde Di Niccolò Lucarelli, da: Pratoreporter (notizie online di cultura da Prato) Meritati applausi, ieri sera al Teatro della Pergola, per Un marito ideale, pungente society drama nato dalla caustica penna di Oscar Wilde, una pièce squisitamente femminile, che si concentra sulla ricchezza e il potere come orpelli irrinunciabili per una vita appagante, i quali si scontrano però con la morale dell’età vittoriana, cui il drammaturgo irlandese non ha mai risparmiate raffinate critiche. Lady Chiltern, moglie fedele e innamorata del marito, convinta della sua rigidezza morale, scopre che la fortuna economica di questi, e la carriera politica, hanno avuto origine da una vicenda di corruzione, ovvero la vendita di un segreto di Stato a uno speculatore. Ricattato dalla perfida, quanto affascinante Mrs Cheveley, Sir Chiltern è costretto a scegliere fra la stima e l’amore della moglie, o la carriera politica, per la quale ha sempre dimostrata inclinazione, e dove gode della stima dei colleghi. Chiede consiglio a Lord Goring, che incarna l’aristocratico decadente per eccellenza, una sorta di “proiezione” dello stesso Wilde, disposto a fare la vita a pezzi con i suoi aforismi. Da qui, si sviluppa una situazione a tratti comica, a tratti più profonda, che, attraverso equivoci mutuati dalla lezione di Molière, giungerà a un epilogo che capovolgerà in parte quelle che sinora erano state le apparenze. L’impostazione registica di Roberto Valerio riduce considerevolmente il testo e ne elimina i personaggi minori, allestendo però una commedia pungente e godibile, mantenendo intatti lo stile e gli intenti di Oscar Wilde. Aforismi paradossali, giochi di parole, provocazioni e ipocrisie, scandiscono la recitazione e accompagnano il pubblico nei meandri di quella café society dove le donne sono più influenti di quanto si possa pensare, in quella che Wilde chiamava “la tirannia del debole sul forte”. Wilde si era sempre mostrato caustico nei confronti del mondo politico vittoriano, un po’ per questioni di stile, un po’ per autentica convinzione; come cinque anni prima aveva scritto ne Il ritratto di Dorian Gray, “In tutto il Parlamento non ce n’è uno buono per un ritratto, ma a nessuno farebbe male una mano di vernice”. Una riflessione valida ancora oggi per la politica italiana, e per questo motivo la regia vi lascia ampio spazio, persino più ampio che nella versione originale; un omaggio all’universalità del teatro come spazio di riflessione contemporanea. L’Italia, da almeno quattro decenni, è terra di corruzione, dove la questione morale sembra ridursi a barzelletta che non fa ridere, mentre il Paese continua a sprofondare. Oltre ad alzare il velo sulla piaga della corruzione politica, Wilde punta la sua personalissima lente d’ingrandimento sui complessi meccanismi che regolano il rapporto coniugale. Ovvero: per essere amato, un marito deve necessariamente incarnare, o fingere d’incarnare, le virtù della morale? Essere naturali è solo una posa, mentre interpretare una parte è indispensabile per poter esprimere al meglio il proprio Io. La vita non è né morale né immorale, ma, se affrontata come un’opera d’arte, com’è nello spirito decadente, allora diventa una questione puramente di stile. E, come suggerisce Wilde, ogni uomo ambizioso deve combattere il proprio secolo con le sue stesse armi. Una conclusione che può lasciare benevolmente interdetti, ma che va letta alla luce di una raffinata ironia. Essere seri, è la cosa meno seria di questo mondo, sembra dirci Wilde fra le pieghe della commedia, e tutto si svolge, assumendo la prospettiva di Lord Goring, sotto lo sguardo divertito, ma anche un po’ annoiato, di chi ironizza sulla presunta complessità della vita borghese, dove i sentimenti sono soltanto la maschera di ambizioni nascoste: Lady Cheveley è passata da un matrimonio di convenienza all’altro, Sir Chiltern insegue il prestigio politico. Nel muoversi tra i fili della commedia della vita, occorrono eleganza di modi, una certa scaltrezza, e la chiarezza del proprio obiettivo. Assistere a una commedia di Wilde è sempre un privilegio, accresciuto ieri sera dalla bravura di un cast perfettamente calatosi nell’atmosfera vittoriana con le sue movenze, i suoi tic e le sue manie, i suoi scontri generazionali, questi ultimi efficacemente riprodotti nei dialoghi fra Lord Caversham/Alarico Salaroli, e il figlio Lord Goring; una pièce che è un raffinato carosello, impercettibilmente mosso da mani femminili. Elegantissima e impeccabile Valentina Sperlì, assieme a Lord Goring la vera protagonista della pièce. Entra in scena con uno splendido abito ampio, di seta rossa bordata di nero, e lunghi guanti neri; colori della seduzione e del potere. Incede sul palco con grazia parigina, e vi porta tutta la raffinata cattiveria del suo sesso, unita alla certezza della propria bellezza. Pietro Contempo, nelle vesti di Lord Goring, è la “coscienza critica” dell’intera pièce, apparentemente confinato in un ozio improduttivo, in realtà occupato in attente considerazioni sull’umanità, e in manovre più o meno efficaci per aiutare l’amico Sir Chiltern. Recita a tratti quasi in falsetto, a voler accentuare anche nella voce, quello sguardo ironico che sempre riserva all’esistenza, in particolare quella altrui. Chiara Degani, che qui interpreta Lady Chiltern, offre una prova efficace e ingenuamente femminile, perfetta damina vittoriana attaccata ai valori tradizionali, l’opposto di Lady Cheveley con la quale ingaggia sul palco uno scontro non scevro di nascoste gelosie. Alla fine, applausi meritati per una commedia allestita in modo essenziale, che unisce ironia e causticità.