Il sistema dei servizi per l'impiego in Toscana Lavoro - Studi / 85 Collana Lavoro - Studi e Ricerche / 85 ISBN 978-88-6517-018-2 Il sistema dei Servizi per l'impiego in Toscana Regione Toscana - Rapporto 2010 COLLANA LAVORO studi e ricerche 85 Il sistema dei Servizi per l’impiego in Toscana Regione Toscana - Rapporto 2010 IRPET Istituto Regionale Programmazione Economica Toscana Attribuzioni e Ringraziamenti Il rapporto, frutto delle attività in collaborazione fra l’Area di ricerca Lavoro, Istruzione e Welfare dell’IRPET (Istituto Regionale per la Programmazione Economica della Toscana) e il Settore Lavoro-Direzione Generale Politiche Formative, Beni e Attività culturali della Regione Toscana, è stato curato da Teresa Savino. Pur essendo il risultato di un lavoro comune, l’attribuzione dei capitoli è la seguente: -- capitolo 1: Teresa Savino, con la collaborazione di tutto il gruppo di ricerca; -- capitolo 2: Roberto Landi (ISFOL); -- capitolo 3: Barbara Marchetiello (Regione Toscana) e Teresa Savino; -- capitolo 4: Simona Baldanzi, Germana Berni (IRIS) e Teresa Savino; -- capitolo 5: Simona Baldanzi, Germana Berni (IRIS), Francesca Ricci e Teresa Savino; -- capitolo 6: Michele Beudò, Fabio Bracci e Stella Milani; -- capitolo 7: Michele Beudò, Francesca Ricci, Teresa Savino e Filippo Tosi (Eurema). Le interviste qualitative ai dirigenti, ai funzionari provinciali e agli operatori dei CPI sono state realizzate da Simona Baldanzi. L’indagine diretta presso le Province, i Centri per l’impiego e i Servizi territoriali è stata effettuata da IRIS (capitolo 4). L’indagine telefonica alle imprese è stata effettuata da Scenari S.r.l. (capitolo 5). Veronica Gherardini e Elena Vannuccini hanno partecipato alla fase empirica dell’indagine sugli utenti stranieri (capitolo 6). Eurema ha coordinato la fase empirica relativa alla CIG in deroga (capitolo 7). Si ringraziano Barbara Marchetiello (Regione Toscana), Silvia Frondi e Stefania Pampaloni (Provincia di Arezzo), Simonetta Lungani e Daniele Terenzi, (Provincia di Firenze), Laura Fulceri e Silvia Meoli (Circondario Empolese Valdelsa), per i preziosi suggerimenti nella stesura degli strumenti di rilevazione. Un sincero ringraziamento per la disponibilità e la collaborazione va a tutti i dirigenti e funzionari delle Amministrazioni provinciali e del Circondario, ai responsabili dei Centri per l’impiego e agli operatori, che hanno dedicato parte del loro tempo, accettando di svolgere con noi interviste dirette e fornendo dati preziosi per lo svolgimento dell’indagine. Un ringraziamento particolare agli intervistati, imprese e lavoratori, che hanno dedicato il loro tempo per raccontare la propria esperienza. L’allestimento del testo è stato curato da Elena Zangheri del Servizio editoriale dell’IRPET. Giunta Regionale Direzione Generale Politiche Formative, Beni e Attività culturali Area di Coordinamento Orientamento, Istruzione, Formazione e Lavoro Settore Lavoro ISBN 978-88-6517-018-2 Indice Presentazione 1. INTRODUZIONE 1.1 Le politiche del lavoro in Europa: un quadro di sintesi 1.2 Come si cerca e si trova lavoro 1.3 Le tendenze più recenti del mercato del lavoro in Toscana 1.4 Alcune anticipazioni sui contenuti del Rapporto 7 9 9 13 18 20 Parte I Il sistema regionale dei Servizi per l’impiego 2. Il sistema dei serviZi per l’impiego della Toscana all’interno del quadro nazionale 2.1 Introduzione 2.2 Presentazione del sistema regionale 2.3 Servizi alla persona 2.4 Servizi alla domanda 2.5 Alcune riflessioni sul posizionamento territoriale dei Servizi per l’impiego 2.6 Considerazioni conclusive 43 43 47 52 62 72 75 3. IL masterplan regionale dei Servizi per l’impiego. Il bilancio del biennio 2008-2009 3.1 Introduzione 3.2Gli sportelli dei Servizi per l’impiego 3.3 I servizi di front office erogati 77 77 78 91 4. I risultati delle indagini dirette presso le province e i Centri per l’impiego 4.1 La riforma 4.2 Decentramento e modalità di gestione 4.3Reti e relazioni sul territorio 4.4 I servizi e le specificità 4.5 Il personale 4.6 Considerazioni conclusive 101 101 106 116 124 133 141 Parte II Le indagini sugli utenti 5. I servizi alle imprese 5.1 Introduzione 5.2 I servizi alle imprese: il quadro delle province toscane 5.3 Tre casi di studio 5.4 I risultati dell’indagine diretta: le caratteristiche delle imprese intervistate 5.5 Le dinamiche occupazionali presenti e future 5.6 Le modalità di ricerca del personale 5.7 L’accesso ai servizi di ricerca e selezione del personale offerti dai Centri per l’impiego 5.8 Conoscenza, utilizzo e valutazione dei servizi offerti dai Centri per l’impiego 5.9 Considerazioni conclusive 151 151 153 156 190 195 200 205 209 218 6. Stranieri e Centri per l’impiego: rappresentazione e uso dei servizi 6.1 Introduzione 6.2 Le politiche e i progetti in Toscana 6.3 Meccanismi dell’incontro domanda e offerta di lavoro 6.4 I percorsi di accesso e il primo contatto 6.5 La fruizione dei servizi: una possibile tipologia dei profili di utilizzo dell’utenza migrante 6.6 Percezioni dei Centri per l’impiego da parte dell’utenza migrante 6.7 Il ruolo della formazione 6.8 Una prospettiva di genere 6.9 I modelli organizzativi: i casi di Firenze e di Prato 6.10 Considerazioni conclusive 223 223 231 237 242 249 257 263 269 281 294 Parte III Approfondimenti 7. l’impatto della cig in deroga SUI SERVIZI PER L’IMPIEGO DELLA TOSCANA 7.1 Introduzione 7.2 La CIG in deroga e l’attuazione delle politiche attive 7.3 L’introduzione della CIG in deroga e l’inevitabile riorganizzazione dei Servizi per l’impiego 7.4 Priorità e nuovi servizi per sostenere i lavoratori 7.5 L’effetto “spiazzamento”, le conseguenze positive e la sostenibilità futura dell’intervento 7.6 Efficacia, impatto e criticità 307 307 308 314 317 320 323 Riferimenti bibliografici 329 Appendice A: Indagine sulle province e i Centri per l’impiego Appendice B: Indagine sulle imprese Appendice C: INDAGINE SUGLI STRANIERI Appendice D: CRISI E CENTRI PER L’IMPIEGO 333 343 355 357 Presentazione Nell’attuale situazione di crisi economica e occupazionale, il Rapporto sul sistema dei Centri per l’impiego in Toscana, realizzato da IRPET, assume un particolare rilievo, dato il ruolo strategico dei servizi pubblici nel supportare le persone in cerca di un’occupazione e in assenza dei quali appare del tutto impossibile parlare di politiche attive del lavoro. La lettura del volume evidenzia la strada percorsa dalla riforma epocale degli uffici di collocamento fino ad oggi e l’impegno che le Province toscane e i loro Centri hanno sostenuto nel tempo, consentendo di acquisire buoni livelli di efficacia ed efficienza dei servizi e di posizionarsi tra i sistemi più strutturati a livello nazionale. L’indagine si è concentrata non solo sull’approfondimento delle risorse, dei servizi e dei risultati conseguiti dalla rete regionale dei Centri, ma offre anche osservazioni ed indicazioni importanti sulle questioni nodali sulle quali occorre migliorare ed investire ulteriormente risorse umane e finanziarie, ad esempio per quanto concerne la dimensione di servizio e di collaborazione con il mondo delle imprese. Senza dubbio, il contesto economico e occupazionale, con le novità normative collegate, ha influito in maniera rilevante sui CPI, condizionandone le attività negli ultimi due anni: come evidenziato nel Rapporto, nel corso del 2009 sono state registrate presso gli sportelli oltre 670mila prese in carico relative a quasi 435mila individui, con un incremento significativo rispetto all’anno precedente, sia in termini di numero di utenti che in termini di probabilità che ciascun lavoratore si rivolga più volte ai CPI. A partire da maggio 2009, infatti, i CPI sono diventati titolari della gestione complessiva degli interventi di politica attiva nei confronti dei lavoratori in Cassa integrazione in deroga, secondo un modello di accompagnamento personalizzato, che prevede l’accertamento della disponibilità del lavoratore a seguire un piano di azione individuale (pena la decadenza del sostegno), che sia coerente con le 7 esigenze effettive del singolo, soprattutto in riferimento all’effettiva durata e distribuzione temporale della sospensione dal lavoro. I CPI sono diventati, dunque, il riferimento attraverso il quale è stata resa operativa la strategia di intervento della Regione Toscana per salvaguardare i posti di lavoro e sostenere i redditi delle famiglie toscane colpite dalla crisi. I tempi di recessione economica hanno reso ancora più strategici i servizi pubblici per l’impiego, sia per la prossimità al bisogno delle persone e delle imprese sul territorio, sia per la capacità di sviluppare e rafforzare le reti di collaborazione con altri soggetti pubblici e privati nei territori, aspetto questo che se consolidato e reso strutturale rappresenta una risorsa importante per lo sviluppo futuro dei servizi. In generale, possiamo affermare che la fase di avvio dei servizi pubblici per l’impiego si è chiusa e si è aperta quella successiva di consolidamento e specializzazione dei CPI quali punti istituzionali di riferimento territoriale per i servizi al lavoro. Forte deve restare l’impegno della Regione nel potenziare e qualificare sempre più il sistema regionale dei Centri per l’impiego per renderlo più adeguato alle sfide che deve sostenere. Gianfranco Simoncini Assessore alle Attività Produttive, al Lavoro e alla Formazione della Regione Toscana 8 1. Introduzione 1.1 Le politiche del lavoro in Europa: un quadro di sintesi L’attuale crisi economica e occupazionale ha senza dubbio avuto il merito di aver riportato al centro della discussione il tema delle politiche del lavoro, un ambito questo dell’intervento pubblico la cui rilevanza politica non è stata per lungo tempo confermata dall’impegno finanziario profuso dai paesi europei, poiché nessun governo nazionale -almeno nel periodo pre-crisi- vi ha dedicato più del 3% del PIL. Per quanto concerne l’Italia, al 2007 la spesa per l’insieme delle politiche del lavoro (sia attive che passive)1 superava di poco l’1% del PIL contro una media europea dell’1,7%, lontano dai massimi livelli che si osservavano in Belgio (3,3%), Danimarca (2,7%), Germania (2,4%) e Paesi Bassi (2,5%). Il divario che separava l’Italia dagli altri paesi europei era imputabile alla quota esigua di spesa che il governo nazionale destinava al finanziamento delle misure di politica passiva (0,7% del PIL, contro una media europea dell’1%); inoltre nel panorama europeo l’Italia si è sempre distinta per avere il sistema di sussidi meno generoso, fortemente polarizzato tra una fascia ristretta di lavoratori protetti, provenienti dalle grandi imprese, e la larga maggioranza di lavoratori che, invece, potevano accedere a sussidi di esigua entità e di durata limitata. Ovviamente l’eccezionalità della crisi economica ha reso indispensabili altrettanto eccezionali interventi di sostegno per imprese e lavoratori; è stata confermata la tendenza recente del governo nazionale ad una logica derogatoria della normativa vigente, attraverso l’approvazione di alcuni provvedimenti, Eurostat suddivide le spese in politiche del lavoro in tre grandi categorie: le spese per i servizi pubblici per l’impiego; le misure di politica attiva (dalla formazione continua alla promozione dell’incontro tra domanda e offerta tramite i Servizi per l’impiego, incentivi per l’occupazione ecc.); le misure di politica passiva, che riguardano gli interventi di sostegno al reddito in caso di perdita dell’impiego (ad esempio i sussidi di disoccupazione) e i pre-pensionamenti. 1 9 contenuti in larga parte nelle Leggi Finanziarie, volti a introdurre aggiustamenti, a prorogare o comunque disporre trattamenti di cassa integrazione, mobilità, disoccupazione per gestire situazioni di crisi occupazionale, riferite a specifici settori produttivi o aree regionali, rimandando nel tempo un intervento complessivo di riforma degli ammortizzatori sociali. L’esempio più recente è senza dubbio rappresentato dalla Cassa integrazione straordinaria in deroga (e degli altri interventi in deroga in materia di mobilità e di indennità di disoccupazione) previsti a partire dalla Finanziaria dello scorso anno, e poi attraverso la Legge 2 del 28 gennaio 2009 e le successive integrazioni, per contrastare gli effetti occupazionali derivanti dalla recessione in atto. La legge è intervenuta sulla questione degli ammortizzatori sociali, rimodulando alcuni strumenti di sostegno, ampliando la platea dei destinatari e introducendo un collegamento diretto con la sfera delle politiche attive. In generale, infatti, l’accesso alle diverse tipologie di indennità è subordinato alla dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro o a un percorso di riqualificazione professionale che il lavoratore ha l’obbligo di rilasciare presso i servizi competenti, ovvero i Centri per l’impiego (CPI) e servizi privati accreditati2. Se nella fase pre-crisi la spesa per politiche passive ci poneva al di sotto della media europea, altrettanto contenuta risultava la quota di spesa destinata agli interventi di politica attiva del lavoro, ma in questo caso maggiormente allineata al dato medio europeo: rispettivamente 0,4% contro 0,5% (Tab. 1.1). Come sottolinea Reyneri (2005), la ridotta distanza dalla media europea non rende conto dello stato di arretratezza in cui versa il nostro paese, dove in larga parte le spese di politica attiva riguardano sgravi contributivi alle imprese (circa il 40% sul totale delle misure contro una media europea di circa il 25%), mentre solo in misura contenuta le risorse vengono investite in interventi innovativi e mirati (dalla formazione continua alla promozione dell’incontro tra domanda e offerta tramite i Servizi per l’impiego -SPI-, ecc.). Così come decisamente marginale è l’impegno finanziario dedicato ai Servizi pubblici per l’impiego: 0,03% sul Pil, pari al 18% della media europea, valore che ci colloca in fondo alla graduatoria europea (Graf. 1.2). Il tema degli ammortizzatori sociali in deroga è approfondito nel capitolo 7. 2 10 Tabella 1.1 SPESA PUBBLICA PER LE POLITICHE DEL LAVORO (PER TIPOLOGIA DI INTERVENTO): % SUL PIL. PAESI EUROPEI. 2007 Spesa per SPI Belgio 0,22 Danimarca 0,15 Paesi Bassi 0,41 Germania 0,27 Finlandia 0,13 Spagna 0,09 Francia 0,22 Austria 0,17 UE15 0,20 Svezia 0,17 UE27 0,19 Portogallo 0,12 Irlanda 0,21 Italia 0,04 Polonia 0,10 Norvegia 0,11 Lussemburgo 0,05 Ungheria 0,08 Cipro 0,04 Slovacchia 0,11 Bulgaria 0,05 Malta 0,11 Slovenia 0,09 Regno Unito 0,27 Repubblica Ceca 0,13 Latvia 0,06 Lituania 0,09 Romania 0,04 Estonia 0,03 Grecia 0,00 Fonte: nostre elaborazioni su dati Eurostat Spesa per misure di politica attiva 1,08 1,02 0,68 0,51 0,70 0,63 0,69 0,51 0,49 0,91 0,47 0,39 0,47 0,37 0,41 0,45 0,39 0,21 0,09 0,12 0,31 0,03 0,11 0,05 0,12 0,10 0,23 0,08 0,03 0,00 Spesa per misure di politica passiva 2,00 1,50 1,39 1,63 1,43 1,45 1,24 1,25 1,07 0,67 1,02 1,09 0,91 0,71 0,51 0,42 0,54 0,36 0,48 0,36 0,15 0,36 0,30 0,16 0,20 0,30 0,11 0,23 0,10 0,00 Spesa totale in politiche del lavoro 3,29 2,67 2,49 2,40 2,25 2,17 2,15 1,93 1,76 1,74 1,68 1,60 1,59 1,12 1,02 0,97 0,97 0,65 0,61 0,59 0,51 0,50 0,50 0,48 0,46 0,46 0,43 0,35 0,15 0,00 Grafico 1.2 SPESA PUBBLICA DESTINATA AI SERVIZI PUBBLICI PER L’IMPIEGO. ALCUNI PAESI EUROPEI. 2007 UE27= 100 250 200 150 100 Fonte: nostre elaborazioni su dati Eurostat 11 ITALIA Spagna Portogallo Finalndia Danimarca Svezia Ue 27 Irlanda Belgio Francia Germania 0 Paesi Bassi 50 Carattere essenziale delle politiche del lavoro nei paesi europei è la stretta connessione tra politiche passive e attive, sia in termini economici (chi più spende nelle prime, più spende anche nelle seconde) che operativi: ovunque gli interventi di riqualificazione, di inserimento assistito, di orientamento sono indirizzati principalmente a quei soggetti che percepiscono un’indennità e devono rispettare il “patto di servizio” pena la perdita del sostegno; così come vi è uno strettissimo legame tra chi gestisce questi interventi e chi eroga le indennità. Tutto questo è possibile grazie a sistemi collaudati di servizi locali di natura prevalentemente pubblica, organizzati su base nazionale, ma con una forte autonomia gestionale e operativa a livello regionale. L’Italia, invece, si è trovata ad affrontare questa questione con qualche decennio di ritardo rispetto a quasi tutti gli altri paesi europei. Solo sul finire degli anni Novanta è stato avviato il processo di riforma delle politiche del lavoro, che ha determinato il passaggio dal vecchio sistema di collocamento centralizzato ad un nuovo sistema di SPI, con il massimo grado di decentramento in Europa, preceduto solo dal Belgio. La reimpostazione dei SPI deriva dal decentramento di competenze dallo Stato alle Regioni e agli Enti locali, superando la tradizionale concezione amministrativa del collocamento a favore di un modello organizzativo improntato allo sviluppo di politiche attive del lavoro. Si tratta di una vera e propria rivoluzione copernicana, come la definisce Reyneri (2007), che ha l’indubbio vantaggio di aver recepito l’idea che il mercato del lavoro sia una questione il cui ambito naturale di gestione è collocato a scala locale (identificazione dei problemi, adeguamento delle azioni, coinvolgimento dei soggetti istituzionali e delle parti sociali, ecc.). Tuttavia non è esente da alcune criticità nel percorso di attuazione. Come mostrano i monitoraggi periodici dell’ISFOL, il processo di attuazione della riforma dei SPI si è avviato attraverso una vasta iniziativa a livello locale, che ha prodotto uno scenario composito, con rilevanti differenze in termini istituzionali, organizzativi e di avanzamento tra le regioni, ma anche tra le province se non addirittura tra i CPI di una stessa area territoriale (cfr. capitolo 2). In secondo luogo, il trasferimento “in periferia” delle competenze avrebbe dovuto essere associato ad una “metamorfosi” delle funzioni svolte: se l’intervento pubblico non mira più ad applicare norme, ma a fornire servizi alle imprese e ai lavoratori, diventa prioritaria la questione del rinnovamento delle competenze professionali e dei 12 codici di comportamento non più ispirati ad una filosofia giuridicoamministrativa, bensì ad una cultura dei servizi. Gli operatori dei CPI non devono più applicare norme e procedure amministrative, ma devono essere in grado di valutare posti di lavoro e capacità personali, offrire orientamento ai lavoratori e consulenza alle imprese, elaborare progetti di formazione. Quella di operatore dei SPI e di funzionario delle politiche attive del lavoro è una vera e propria professione sulla quale fino ad oggi in Italia, se non in rare eccezioni, si è investito poco, sia in termini di riqualificazione degli operatori trasferiti dagli ex uffici di collocamento, sia in termini di formazione dei nuovi operatori, che in non pochi casi sono impiegati con rapporti di lavoro a termine. 1.2 Come si cerca e si trova lavoro3 Sul versante dell’offerta dei servizi da parte dei CPI è evidente la centralità assoluta delle attività dedicate al complesso processo di incontro tra domanda e offerta di lavoro. Si tratta di uno degli aspetti solitamente utilizzati per valutare l’efficacia dei servizi pubblici per l’impiego, sui quali si fondano anche le maggiori critiche relative alla presenza pubblica nel mercato del lavoro. In realtà è necessario tener conto di alcuni aspetti: in primo luogo le caratteristiche del mercato del lavoro italiano e le implicazioni sui processi di incontro tra domanda e offerta di lavoro. “Eppur si muove” è uno dei più autorevoli studi sul mercato del lavoro italiano (Contini e Trivellato, 2005), nel quale sulla scorta di dati sui flussi occupazionali (spesso di origine amministrativa) si contesta il luogo comune dell’estrema rigidità del mercato del lavoro italiano, sottolineandone al contrario l’estrema mobilità: “sotto la calma dell’occupazione aggregata si cela una continua turbolenza” notano a proposito Sestito e Pirrone (2006). Molte delle transizioni occupazionali, dentro e fuori dal mercato del lavoro, in realtà non richiedono alcun supporto specifico, perché avvengono in maniera del tutto incidentale. Ciononostante non sono prive di effetti economici, dal momento che la realizzazione del giusto matching tra posto di lavoro e risorsa umana contribuisce a innalzare la produttività e a massimizzare i benefici, reddituali e non, associati al lavoro, con effetti positivi sul benessere del sistema complessivo. 3 Le elaborazioni statistiche sono a cura di Valentina Patacchini. 13 Inoltre, anche in sistemi in cui gli intermediari specializzati (sia pubblici che privati) sono da tempo attivi e organizzati solo parte degli incontri transita attraverso tali soggetti, come ci insegna Granovetter (1974). Nei paesi con sistemi più avanzati, con la sola eccezione della Francia, la percentuale di matching realizzata dai servizi pubblici non supera il 20%, mentre rimane molto elevata l’autonomia nella ricerca/offerta da parte dei lavoratori e delle imprese (Pirrone e Sestito, 2006; Reyneri, 2007). Se guardiamo i dati toscani, così come accade a livello nazionale, l’incontro tra domanda e offerta di lavoro continua a realizzarsi per lo più spontaneamente, attraverso la mobilitazione dei network sociali. La rilevazione ISTAT sulle forze di lavoro consente di esplorare i canali utilizzati nella ricerca di un impiego dai disoccupati nelle quattro settimane precedenti l’intervista. I dati mostrano come in generale la ricerca del lavoro in Toscana, così come a livello nazionale, rimanga prevalentemente affidata a canali informali. Oltre l’80% delle persone in cerca di lavoro dichiara di rivolgersi a conoscenti, parenti, amici, un dato questo solo in lieve diminuzione rispetto al 2005, ma comunque superiore alla media italiana (75%). Il ricorso ai canali informali non è una prerogativa italiana. Altri paesi dell’area mediterranea presentano incidenze di questa modalità di ricerca molto superiori alla media europea (58%). I canali formali non professionali (offerte su stampa, curriculum a privati), nei quali conta molto l’iniziativa del singolo, sono praticati ciascuno da circa il 65% dei disoccupati. Per quanto riguarda il CPI, il dato seppure in diminuzione rispetto al 2005, si attesta al di sopra del 40% a fronte di una media nazionale inferiore al 30%. Il ricorso alle agenzie per il lavoro è inferiore a quello dei CPI: nel 2008, in diminuzione rispetto al 2005, meno di ¼ dei disoccupati toscani ha fatto ricorso ai servizi offerti dalle strutture di intermediazione privata. Infine, in crescita è risultato l’uso di internet per cercare lavoro: dal 31% a oltre il 37% nel 2008 (Graf. 1.3). Come evidente dalla tabella 1.4, le caratteristiche socioanagrafiche di chi cerca lavoro incidono sulla scelta dei metodi utilizzati, che possono differire per grado di formalità e tradizionalismo. Le donne si affidano in misura maggiore sia ai canali informali, attivando reti amicali e parentali, sia a canali formali, come il concorso pubblico, mentre in misura minore dei maschi ricorrono a modalità di ricerca attive, come la domanda diretta ai possibili datori di lavoro, oppure al CPI. Rispetto alle classi di età più mature, i giovani fanno ricorso 14 in misura maggiore ai giornali, alle iniziative personali con contatti diretti ai datori di lavoro, a internet, ai concorsi pubblici, mentre per quanto riguarda le strutture di intermediazione sia pubbliche che private non sembrano mostrare differenze di rilievo. Grafico 1.3 DISOCCUPATI PER TIPOLOGIA DI AZIONE DI RICERCA DEL LAVORO. TOSCANA. 2005 E 2008 Valori % Amici, parenti, conoscenti Offerte di lavoro su stampa 65,6 65,1 66,1 Curriculum a privati 44,9 41,4 43,0 Centro per l'impiego Colloquio, selezione presso privati 33,4 30,8 37,3 27,9 24,3 Internet Agenzia per il lavoro Concorsi pubblici 1,7 1,5 Altro 0 82,3 80,6 75,6 9,1 8,0 2005 2008 10 20 30 40 50 60 70 80 90 Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT - RCFL Tabella 1.4 DISOCCUPATI PER TIPOLOGIA DI AZIONE DI RICERCA DEL LAVORO E PER CARATTERISTICHE. TOSCANA. MEDIA 2006-2008 Valori % Amici parenti conoscenti Invio curriculum privati Colloquio, selezione presso privati Offerte di lavoro su stampa Internet CPI Sesso Maschi Femmine 78,3 81,7 66,6 64,4 39,3 32,6 69,7 71,9 32,6 31,0 44,5 40,8 24,5 25,6 6,0 9,2 Classi di età 15-29 30-44 45 e + 77,7 81,0 78,1 72,3 69,2 50,7 37,5 36,6 29,5 72,9 72,7 65,3 39,8 35,1 18,8 43,2 41,9 43,3 24,0 25,5 24,1 6,4 5,1 5,0 Titolo studio Basso Medio Alto 84,6 80,7 66,0 56,0 72,4 77,0 32,0 36,0 42,8 68,8 74,3 70,6 14,4 40,7 64,6 43,7 43,7 33,2 21,0 27,5 33,2 4,1 8,5 19,7 36,9 26,2 72,8 62,7 35,4 13,0 42,5 40,8 27,4 14,6 9,3 1,6 Cittadinanza Italiani 78,7 68,4 Stranieri 88,8 49,6 Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT - RCFL 15 Agenzie Concorso per il lavoro pubblico Altrettanto rilevante è il livello di istruzione: i soggetti con titolo di studio elevato usano più spesso dei meno istruiti l’invio di curriculum a datori di lavoro, internet, le agenzie per il lavoro, i concorsi pubblici e per contro usano meno frequentemente le relazioni personali, ma ancor meno al CPI. Infine, nel caso dei cittadini stranieri si conferma il ruolo nettamente prevalente dei canali informali: l’89% contro il 79% degli italiani. Come vedremo nella seconda parte del Rapporto (cfr. capitolo 6), le strategie di ricerca di lavoro messe in atto dagli immigrati, e i canali attraverso i quali vengono assunti, non solo sono coerenti con le modalità informali di incontro tra domanda e offerta, ma la enfatizzano, con effetti non sempre positivi sia sulle condizioni di inserimento nel mercato del lavoro, sia nelle rappresentazioni e nell’uso dei servizi erogati dai CPI. Il ricorso ai CPI non è una prerogativa dei soli disoccupati, ma anche individui in altre condizioni professionali, usufruiscono dei servizi forniti da tali strutture: sebbene si tratti in larga prevalenza di persone in cerca di occupazione (42%), rilevante è anche la quota di soggetti occupati (32%) e di inattivi (26%). In particolare nel 2008 circa 100mila individui dichiarano di essersi rivolti al CPI nel semestre precedente l’intervista, un dato peraltro in crescita nel corso degli anni (poco più di 83mila nel 2005). Inferiore, invece, risulta il ricorso alle agenzie interinali e alle altre strutture di intermediazione, che complessivamente hanno coinvolto circa 64mila individui toscani nel 2008 (Graf. 1.5). Grafico 1.5 PERSONE CHE HANNO AVUTO CONTATTI CON I CPI, AGENZIE INTERINALI E ALTRE STRUTTURE DI INTERMEDIAZIONE NEL SEMESTRE PRECEDENTE L’INTERVISTA. TOSCANA. 2007-2008 Valori assoluti (sx) e % (dx) 120.000 2007 100.000 2008 Var. % 27 18 80.000 9 60.000 0 40.000 -9 20.000 -18 0 -27 CPI Agenzia interinale Fonte: nostre elaborazioni su dati ISTAT - RCFL 16 Altra struttura Il forte rilievo delle reti sociali nell’incontro tra domanda e offerta di lavoro trova conferma anche sul fronte delle imprese in riferimento alle modalità di ricerca e selezione del personale. I risultati dell’Indagine Excelsior evidenziano il ruolo di assoluta preminenza del canale informale, sostanzialmente in linea con quanto emerso a livello nazionale: circa il 37% degli imprenditori dichiara di utilizzare come modalità principale per la ricerca e la selezione del personale la conoscenza diretta, il 17% segnalazioni da parte di conoscenti. Il dato relativo alle strutture per l’intermediazione è abbastanza contenuto, anche se con interessanti differenze rispetto alla media nazionale: quasi l’8% delle imprese toscane ha utilizzato il CPI come canale di reclutamento del personale, una percentuale quasi doppia rispetto al dato italiano (4%), mentre si attesta su livelli decisamente inferiori il ricorso alle agenzie di lavoro (4%) e alle società di selezione, associazioni di categoria (3%). Per quanto concerne la dimensione aziendale, i dati sembrano indicare una maggiore propensione da parte delle imprese più piccole a ricorrere ai servizi pubblici, probabilmente da imputare all’assenza di specifiche competenze legate alle risorse umane, mentre il ricorso agli intermediari privati (nonché all’uso di internet e di banche dati aziendali) cresce sistematicamente con la dimensione aziendale (Tab. 1.6). CPI Altre modalità Dipendenti 1-9 38,1 18,9 3,2 3,3 3 22,3 10-49 38,2 13,9 3,2 5,4 2,1 28,5 50-249 21,4 1,9 2,8 10,4 6,4 50,3 250 e oltre 9,5 1,3 3,9 8,3 10,5 51,5 TOSCANA 36,8 17,1 3,2 4 3,2 25 ITALIA 38,7 15,1 5 4,4 2,5 24,7 Fonte: Unioncamere, Ministero del Lavoro - Sistema Informativo Excelsior, 2009 Internet Banche dati interne aziendali Società di selezione, ss. categoria Soc. di lavoro interinale Quotidiani e stampa Segnalazioni IMPRESE SECONDO LA PRINCIPALE MODALITÀ UTILIZZATA PER LA RICERCA E SELEZIONE DEL PERSONALE PER CLASSE DIMENSIONALE. TOSCANA E ITALIA. 2008 Valori % Conoscenza diretta Tabella 1.6 0,4 0,4 1,3 5,1 0,6 1,4 8,4 6,3 3,3 1,5 7,7 4,4 2,4 2 2,2 6,1 2,5 3,9 Oltre ai canali attivati nella ricerca di un impiego, taluni pongono particolare attenzione anche alla modalità effettiva di ottenimento del lavoro, individuata come indicatore della “quota di mercato” di ciascuno dei canali di incontro tra domanda e offerta. In Toscana si 17 stima che circa il 4% dei nuovi occupati (negli ultimi 24 mesi) abbia trovato lavoro mediante il CPI, un dato peraltro in crescita rispetto al 2005 quando si attestava al 2,5%, e superiore alla media nazionale pari al 2,8%. In ogni caso si tratta ancora di valori molto contenuti. In realtà, una semplice valutazione dell’azione dei CPI sulla base della quota di mercato raggiunta è assai riduttiva, in primo luogo perché non tiene conto di tutta l’attività che viene svolta nei confronti dell’utenza, mettendo a disposizione informazioni sulle occasioni di lavoro che poi i lavoratori stessi verificano, oppure orientando e formando le persone sulle tecniche di ricerca di un impiego. In secondo luogo di tratta un indicatore fuorviante, perché non evidenzia il ruolo e le funzioni attribuite in questo campo all’intervento pubblico. I servizi pubblici dovrebbero, infatti, favorire lo sviluppo e la trasparenza complessivi del mercato, favorendo la circolazione delle informazioni, favorire l’inclusione nel mercato dei soggetti meno dotati in termini di capitale sociale e che per vari motivi sono tagliati fuori dai canali informali, che risultano ancora fondamentali per l’accesso al mondo del lavoro, aiutare particolari soggetti identificati come destinatari specifici di politiche pubbliche. E ancora più rilevante diventa il ruolo dei CPI nell’attuale fase di profonda crisi economica e occupazionale, chiamati a intervenire per il supporto dei lavoratori sospesi e per la ricollocazione dei lavoratori espulsi dal mercato del lavoro. 1.3 Le tendenze più recenti del mercato del lavoro in Toscana Il contesto di riferimento all’interno del quale si colloca questa analisi del sistema regionale dei SPI è quello della crisi economica e occupazionale che ormai da circa due anni ha investito anche la nostra regione. Ad una fase di espansione occupazionale e di calo della disoccupazione durata fino alla metà del 2008, ha fatto seguito la rapida caduta della domanda di lavoro, soprattutto nel settore industriale, portando all’espulsione delle componenti della forza lavoro meno tutelate e all’incremento delle persone in cerca di un’occupazione (IRPET-Regione Toscana, 2010a). Se almeno fino al II trimestre del 2009 si è verificata una sostanziale tenuta occupazionale (+0,2%)4, a partire dai mesi successivi si L’impatto occupazionale ancora contenuto della crisi economica fino alla metà del 2009 deve tener conto dell’azione congiunta di più fattori: il fisiologico ritardo con cui la dinamica occupazionale reagisce alla diminuzione del PIL; la regolarizzazione degli immigrati, che da diversi anni influenza le statistiche 4 18 registra la prima seria battuta di arresto, che determina una perdita di 7,5mila occupati (-0,5%), determinando una diminuzione anche del tasso di occupazione (dal 65,4% al 64,8%). Il tasso di disoccupazione continua a crescere arrivando al 5,8% (rispetto al 5% del 2008): si parla di 96mila persone in cerca di un impiego (+12mila rispetto all’anno precedente). Se alla disoccupazione ufficiale, intesa come condizione di quanti mantengono una ricerca attiva, così come definita in maniera stringente dall’ISTAT, si aggiungono i cassaintegrati e soprattutto i comportamenti di quanti (in larga maggioranza donne) non sono classificati alla ricerca attiva di un impiego, perché non hanno svolto azioni di ricerca nell’ultimo mese, il tasso di disoccupazione salirebbe all’8,6%, quasi 3 punti percentuali in più del tasso ufficiale (IRPET-Unioncamere, 2010). Le dinamiche evidenziate non sono altro che la sintesi di aspetti di criticità, che riguardano non in maniera uniforme la forza lavoro toscana. Esiste, infatti, un problema distributivo rilevante, ossia vi sono categorie di lavoratori che dalla crisi risultano essere fortemente penalizzati: -- i lavoratori dell’industria, dove le perdite occupazionali risultano più accentuate (-6,7%) rispetto a quanto non avvenga nel terziario (+1,8%); -- la flessione è maggiore per le donne che per gli uomini (rispettivamente -0,6% e 0,4%); -- si conferma l’elevata vulnerabilità dei giovani con perdite occupazionali pari a circa 11 punti percentuali in meno: minori assunzioni e maggiori difficoltà di rinnovo dei contratti a termine si sono riflesse sul tasso di disoccupazione giovanile in sensibile crescita (dal 14,4% al 17,8%); -- per quanto concerne i lavoratori stranieri, si registra un peggioramento delle condizioni di inserimento nel mercato del lavoro, nonostante in valori assoluti le forza lavoro straniere continuino ad aumentare. Il peggioramento si riflette nella sensibile riduzione del tasso di occupazione (dal 68% del 2008 al 66% del 2009), e parallelamente nella crescita del tasso di disoccupazione più accentuata rispetto al dato degli autoctoni, riportandolo abbondantemente al di sopra del 10%. della RCFL dell’Istat; la funzione di contenimento esercitata dal ricorso crescente alla cassa integrazione, che ha consentito di mantenere come occupati quote significative di forza lavoro, soprattutto del settore industriale, altrimenti già licenziati e passati alla condizione di disoccupazione. 19 1.4 Alcune anticipazioni sui contenuti del Rapporto La natura sostanzialmente spontanea dei meccanismi di incontro tra domanda e offerta di lavoro indica come non vi sia alcuna ragione a priori per contrastare tali processi, ma al contempo si rende necessario porsi come obiettivo di policy il rafforzamento del ruolo degli intermediari professionali. Il loro compito, pur limitato sul piano quantitativo, rimane fondamentale per far funzionare in modo efficace ed equo l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. In primo luogo la presenza di intermediari professionali può favorire l’inclusione nel mercato di chi, per vari motivi, sia tagliato fuori da quei canali informali. è noto che ciò che conta è il capitale sociale, che è una risorsa distribuita in modo diseguale tra le classi sociali e tende a riprodurre i vantaggi ascritti delle persone in cerca di un impiego. Se questo è il meccanismo spontaneo e prevalente di funzionamento dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro, all’intervento pubblico spetta di garantire una distribuzione imparziale delle opportunità di lavoro e promuovere le persone meno dotate di relazioni sociali. Tuttavia per riuscire a collocare i soggetti meno occupabili, è necessario riuscire a svolgere almeno in parte l’attività di collocamento anche per i soggetti più forti e qualificati. Quindi, occorre stabilire rapporti frequenti e normali con le imprese, interrompendo il processo di stigmatizzazione dei servizi pubblici, percepiti dalle imprese come chi offre lavoro solo ai soggetti più deboli. In secondo luogo i servizi pubblici hanno il compito di aumentare la trasparenza complessiva del mercato del lavoro, raccogliendo e diffondendo senza costi le informazioni sui posti di lavoro vacanti e sui lavoratori in cerca di un’occupazione. Ma per risolvere l’incontro tra domanda e offerta del lavoro non è sufficiente che le informazioni circolino meglio, occorre anche che le politiche attive del lavoro riescano ad avvicinare le caratteristiche e le disponibilità dell’offerta di lavoro ai requisiti della domanda, quindi che l’offerta e in una certa misura la domanda modifichino la propria natura. A tal fine risulta prioritaria l’integrazione delle diverse funzioni che ricadono nell’ambito delle politiche attive del lavoro: informazione e orientamento professionale, incontro domanda e offerta, promozione dell’occupazione e sostegno ai soggetti deboli. Alla luce di queste osservazioni abbiamo condotto un’indagine ad hoc sul sistema dei SPI in Toscana, di cui riportiamo i principali risultati in questo Rapporto. 20 L’obiettivo è stato quello di realizzare il monitoraggio del sistema dei SPI in Toscana e verificarne lo stato di avanzamento, coniugando l’analisi delle basi dati amministrative già esistenti lungo le direzioni indicate dal Masterplan, con la realizzazione di indagini sul campo e approfondimenti specifici, attraverso il coinvolgimento e la partecipazione attiva di tutti i soggetti istituzionali coinvolti nella rete dei servizi. I risultati di questa prima fase sono illustrati nella parte I del Rapporto. Nella parte II è stato dato ampio spazio ai risultati di due indagini sul campo relativi a due particolari categorie di utenza, da un lato le imprese dall’altro i cittadini stranieri, che rappresentano ambiti più recenti dell’intervento dei CPI. Infine nella parte III è presentato un approfondimento relativo all’impatto della CIG in deroga sull’attività dei CPI. •• Il sistema toscano nel quadro nazionale dei SPI Nel capitolo 2, sulla base di una batteria di indicatori derivanti dal monitoraggio nazionale dei sistemi per l’impiego realizzato dall’ISFOL, viene presentato il sistema toscano in un’ottica comparata con il contesto nazionale e con alcune regioni simili alla nostra per una serie di caratteristiche (dinamiche del mercato del lavoro, omogeneità dei finanziamenti ricevuti, livelli di performances, ecc.). L’analisi è stata condotta combinando due ordini di criteri: da un lato la dimensione istituzionale, ossia la relazione tra la presenza di comportamenti istituzionali e organizzativi a livello regionale e provinciale e il livello dei servizi espressi dai CPI; dall’altro la dimensione più operativa legata all’offerta dei servizi sia alla persona che alle imprese. Il sistema della Regione Toscana si posiziona nell’area dei sistemi più strutturati del Paese e risulta caratterizzato dalla presenza di elementi istituzionali, organizzativi e operativi ormai consolidati e sedimentati. Nell’osservazione dei c.d. “fondamentali” di sistema, alcuni elementi ancora largamente disattesi nel complesso del sistema nazionale, appaiono come risultati ormai acquisiti nella nostra regione. Sul versante dei servizi alla persona, il profilo toscano risulta essere attestato su livelli decisamente superiori rispetto a quanto riscontrato nella media nazionale. Tutte le province toscane soddisfano le condizioni relative alla presa in carico dei disoccupati e alla stipula del patto di servizio (a fronte di una media nazionale rispettivamente dell’88% e del 70%), la cui presenza è indicativa dell’avvenuto recepimento delle norme nazionali. Altrettanto 21 efficace sembra essere la capacità di raccordo con la formazione professionale (80%), anche attraverso la definizione di percorsi individuali tramite l’erogazione di voucher (70%) o di pacchetti formativi on demand (50%). Le ricadute in termini di operatività dei CPI sono evidentemente positive, per cui se da un lato risulta ormai acquisita una erogazione minimalista dei servizi di orientamento e rinvio alla formazione in linea con quanto avviene a livello nazionale e soprattutto rispetto al Centro Nord, la nostra regione ottiene valori decisamente migliori per quanto concerne l’offerta di servizi più specializzati: l’82% dei CPI toscani effettua il bilancio di competenze, un valore addirittura doppio rispetto alla media nazionale ma anche rispetto alle regioni del Centro Nord, il 67% offre la possibilità di attivare voucher e/o pacchetti formativi ad hoc, contro valori inferiori per la media nazionale (42%) e quella delle regioni centro settentrionali (51%). Così come accade a livello nazionale, un aspetto di maggiore criticità (inteso anche come maggiore spazio di intervento futuro) riguarda l’ambito dei servizi rivolti ai datori di lavoro, che in generale sconta una sostanziale assenza di indicazioni di riferimento, a differenza di quanto accade per la filiera dei servizi alla persona. In questo ambito operativo, per quanto riguarda la Toscana emergono aspetti contraddittori. Rispetto ad una serie di precondizioni all’interno delle province individuate dall’ISFOL come propedeutiche all’erogazione dei servizi alle imprese, la nostra regione mostra un’ampia copertura in termini di analisi (anche non sistematica) dei fabbisogni professionali (80%) e di realizzazione di attività di marketing alle imprese (90%), mentre registra valori più contenuti e inferiori alla media nazionale per quanto concerne l’adozione di strumenti di trasparenza nella gestione del rapporto di servizio con le imprese (il c.d. patto di servizio) (10%), ma anche per la possibilità di utilizzare le banche dati relative alle imprese e ai lavoratori come supporto per il processo di matching on line (30%). Se osserviamo i sistemi di raccolta delle vacancies, si conferma la prevalenza di modalità molto vicine alla tradizione collocativa (presso lo sportello, tramite telefono, fax per il 93% dei CPI toscani) affiancate da un intenso uso di internet (93% superiore al dato delle regioni del Centro Nord), mentre il dato scende al 68% per quanto concerne la sollecitazione diretta presso l’impresa (a fronte di oltre il 70% registrato nel Centro Nord). Un quadro sostanzialmente analogo risulta dai dati relativi alle modalità di erogazione dei servizi di preselezione, dove il sistema 22 regionale senza dubbio mostra performances migliori rispetto alla media nazionale e valori prossimi a quelle delle regioni centro settentrionali, con una gestione che viene definita “a distanza” dei servizi richiesti da parte delle imprese: circa il 93% realizza attività di preselezione basate sull’invio di candidati disponibili e coerenti con le richieste aziendali (96% la media delle regioni del Centro Nord), mentre il ricorso a modalità più complesse basate su un rapporto continuativo con le imprese si attesta al 65% (contro il 62% del Centro Nord). La consistente qualificazione e omogeneità organizzativa riscontrata è ritenuta in buona parte correlata alla scelta istituzionale di un forte investimento quali-quantitativo sul versante della dotazione (e dell’organizzazione) delle risorse umane attive nei sistemi locali. Ciò porta con se aspetti contraddittori: -- seppure soggette ad una forte varianza, come in tutte le altre regioni, i CPI della Toscana appaiono mediamente più dotati, più omogenei nella distribuzione delle risorse (soprattutto in relazione agli scarti tra strutture più dotate e meno dotate di personale) rispetto al resto delle circoscrizioni territoriali considerate; sul piano qualitativo, ciò si traduce in una potenziale capacità di fronteggiare volumi di attività più elevati rispetto ad altre realtà regionali, senza gravare proporzionalmente più che altrove sui carichi medi individuali delle strutture e del personale; -- l’altra faccia della medaglia è rappresentata dalla presenza di una componente di personale non di ruolo più che doppia rispetto a quella osservata in tutti gli altri quadranti (44% contro una media di circa il 20%); conseguentemente, il sistema può risentire di una maggiore esposizione alle variazioni di risorse economiche, dovuta alla dipendenza per il mantenimento di una buona parte delle risorse umane (e conseguentemente dei servizi), spesso anche quelle più dotate da un punto di vista di competenze e professionalità, da risorse comunitarie. •• Un bilancio delle attività dei Centri per l’impiego nel biennio 2008-2009 II contesto economico, occupazionale e normativo ha senza dubbio influito sulle condizioni di operatività dei CPI, come ben evidenziato dai dati di monitoraggio del Masterplan Regionale. Nel corso del 2009, le “prese in carico” di individui agli sportelli sono state oltre 670 mila, con un trend espansivo rilevato già a partire dal secondo trimestre del 2008 (+16%), ma che si accentua a partire dal 2009. 23 A fronte di oltre 670 mila contatti, gli individui che si sono rivolti agli sportelli sono stati quasi 435mila, con tassi di variazione anche in questo caso di segno positivo, che si attestano al 38% nei due semestri del 2009. L’incremento della mole di lavoro per gli operatori deve essere imputata da un lato all’incremento del numero di utenti, dall’altro al fatto che aumenta la probabilità che gli utenti si rivolgano più di una volta ai servizi. Come nel precedente Rapporto (Regione Toscana, 2008), sono stati confrontati i dati relativi all’utenza effettiva, costituita dalle persone che quotidianamente si rivolgono ai servizi (e registrata dal sistema IDOL) con quella potenziale, rappresentata da un sottoinsieme delle persone appartenenti alle forze di lavoro, stimate dalla Rilevazione Continua dell’Istat, in cui sono stati inclusi, oltre ai soggetti disoccupati e in cerca di prima occupazione, gli occupati a termine, gli occupati stabili (autonomi e dipendenti) che hanno dichiarato di essere comunque alla ricerca di un altro lavoro, gli occupati in cassa integrazione e gli studenti. Se nel corso del 2007, gli utenti dei servizi rappresentavano poco più della metà del bacino potenziale di utenti (54%), nel corso del 2008 (58%) e soprattutto nel 2009 la quota è cresciuta in maniera significativa sfiorando l’82%. Si tratta in prevalenza di donne (53%), anche se negli ultimi tre anni osserviamo una progressiva diminuzione (erano il 60% nel 2007). Il dato è probabilmente da leggere alla luce delle dinamiche più recenti del mercato del lavoro e al diverso impatto della crisi economica sulle diverse componenti della forza lavoro (IRPET-Regione Toscana, 2010a). Sebbene la disoccupazione si confermi come un fenomeno prevalentemente femminile (circa i 2/3 delle persone in cerca di un’occupazione sono donne) gli ultimi dati evidenziano nel corso del 2009 un aumento degli uomini alla ricerca di un’occupazione, diretta conseguenza della crisi in atto, che colpisce settori come l’industria e le costruzioni, caratterizzati da una minore femminilizzazione della forza lavoro. In secondo luogo, occorre tener conto anche dei possibili effetti di scoraggiamento che tendono a colpire in misura più rilevante proprio le donne in fasi congiunturali negative come quella attuale, riducendo l’intensità delle azioni di ricerca di un impiego, contribuendo all’aumento dei tassi di inattività e riducendo pertanto le probabilità di rivolgersi ai CPI. Infine, sulla composizione degli utenti in carico ai servizi è probabile influiscano anche le recenti disposizioni anticrisi predisposte dalla Regione Toscana, in particolare la CIG in deroga: nelle richieste presentate, in effetti, la composizione risulta essere 24 sbilanciata a favore della componente maschile (56% contro il 44% delle donne). Per quanto concerne la distribuzione per età, si conferma la concentrazione in corrispondenza delle fasce di età centrali e una rarefazione in corrispondenza dei gruppi di età più giovani e più adulti, una tendenza che si accentua nel corso dell’ultimo triennio. Anche in questo caso il dato è presumibilmente da collegare al fatto che non tutte le categorie di lavoratori risentono in egual misura degli effetti della crisi e al contempo non tutti i lavoratori sono soggetti in egual misura a procedure di messa in cassa integrazione, che hanno contribuito nell’ultimo anno all’incremento degli accessi presso i CPI. Un’altra categoria di utenza in crescita è rappresentata dai cittadini di origine straniera: quasi 88mila nel corso del 2009 (+70% rispetto al 2007), pari al 20% sul totale degli utenti. La sovrarappresentazione della componente straniera sull’utenza dei CPI, rispetto alla presenza complessiva nel mercato del lavoro (9,4%) è probabilmente da imputare da un lato alle esigenze burocratiche che spesso determinano la necessità di rivolgersi al CPI (ad esempio la necessità di dimostrare formalmente il proprio stato di disoccupazione per quanti sono in scadenza del permesso di soggiorno); dall’altro alle specifiche modalità di inserimento nel mercato del lavoro, caratterizzate da un maggior turnover occupazionale e contrassegnate da un progressivo peggioramento a seguito della fase recessiva attuale, che ha contribuito nel corso del 2009 ad un brusco calo del tasso di occupazione e ad un significativo incremento della disoccupazione, più accentuato di quanto non sia avvenuto per la componente autoctona. Inoltre, occorre tener conto del fatto che quasi tutte le province negli ultimi anni si sono attrezzate attraverso sportelli dedicati, servizi di mediazione linguisticoculturale, di consulenza legale, ecc., per affrontare le richieste di questa componente della forza lavoro (cfr. capitolo 6). Le “prese in carico” da parte dei CPI risultano in crescita anche per quanto concerne gli utenti del collocamento mirato: nel 2009 sono state oltre 18mila (+34% rispetto al 2007). A fronte di tale trend, si registra una sostanziale stabilità del numero di individui presi in carico dai servizi nel biennio 2008-2009 (circa 7.500), tuttavia in diminuzione rispetto al 2007, quando gli utenti risultavano 9.200. Anche sul versante delle imprese, la crisi economica in atto ha senza dubbio rappresentato un vincolo all’operatività dei CPI. Nel corso del 2009, si sono registrati presso gli sportelli poco più di 16mila 25 contatti da parte di aziende (o consulenti del lavoro o soggetti abilitati a rappresentarle) in netta diminuzione rispetto agli anni precedenti: -72% rispetto al 2007 e -30% rispetto al 2008. Coerentemente con quanto rilevato nell’analisi delle prese in carico, nel corso degli ultimi due anni si registra una significativa contrazione delle attività di servizio erogate da parte dei CPI alle imprese. Una corretta lettura dei dati deve, tuttavia, tener conto della progressiva messa a regime delle procedure di informatizzazione di tutte le comunicazioni relative all’instaurazione, alla trasformazione, alla proroga e alla cessazione di tutti i rapporti di lavoro, per tutte le imprese, sia private che pubbliche, senza alcuna esclusione settoriale. Dopo un regime transitorio da luglio 2007 a febbraio 2008 che consentiva l’invio delle comunicazioni anche in formato cartaceo, dal 1° marzo 2008 è stato stabilito l’obbligo di trasmissione on line delle comunicazioni relative ai rapporti di lavoro. Senza dubbio questa modifica normativa ha influito sulle attività relative agli adempimenti aziendali allo sportello da parte degli operatori dei CPI, pur non esaurendone l’attività informativa che continua a sussistere in modalità di back office. Nella stessa direzione può aver influito anche la dinamica congiunturale negativa alla quale le aziende toscane hanno risposto in prima battuta attraverso una sensibile contrazione dei flussi di avviamento al lavoro, come peraltro indica il dato negativo relativo alle richieste di personale. In lieve crescita, invece, rispetto al 2008 è la consulenza alle imprese, che include attività di marketing, sulle quali tutte le province stanno investendo per estendere e rafforzare i rapporti con il versante datoriale. •• I risultati dell’indagine diretta presso le Province e i Centri per l’impiego Nel capitolo 4 sono presentati i risultati dell’indagine diretta che ha coinvolto dirigenti provinciali del lavoro, responsabili e operatori dei CPI. Dall’analisi incrociata dei dati rilevati tramite i questionari e dei risultati delle interviste rivolte ai responsabili dei servizi, emerge un modello organizzativo e di intervento, quello del sistema regionale dei CPI, che mostra di aver compiuto i passaggi fondamentali della transizione verso l’affermazione di un modello agenziale e aver definitivamente superato la concezione classica del collocamento, in cui prevale la connotazione burocratica nell’approccio verso l’utenza. è questo un sistema che nell’attuale periodo di programmazione dei 26 fondi europei, nonostante le difficoltà e le prospettive di riduzione delle risorse, tende ad ampliare il proprio orizzonte di sviluppo, mirando verso standard qualitativi sempre più elevati, fino a prefigurare per i CPI un ruolo di veri e propri animatori territoriali. Le leve su cui agire nel perseguimento di questi nuovi traguardi appaiono due, sostanzialmente: da un lato una sempre maggiore specializzazione dei servizi (per tema, settore, tipi di utenza) e dall’altro, la capacità di attivare e mettere in rete le risorse e i soggetti operanti sul territorio per connettere più efficacemente gli interventi per l’occupazione alle politiche di sviluppo locale. è in questa prospettiva, restituita in modo efficace dai dirigenti e dagli operatori dei servizi coinvolti nella prima fase dell’indagine, che può essere utile sintetizzare e ricondurre i principali punti di forza e le criticità osservati. L’obiettivo è stato quello di ricavarne indicazioni che possano contribuire alla definizione di nuove priorità e linee di intervento di un possibile percorso di sviluppo e posizionamento strategico della rete regionale dei SPI. I temi toccati sono stati molteplici, gran parte di questi, per complessità e rilevanza, meriterebbero di essere approfonditi tramite ulteriori indagini, disegnate ad hoc. Tuttavia vi sono questioni che più di altre ricorrono nelle risposte degli intervistati, connesse in particolare a questi ambiti: problemi e necessità avvertiti con maggior urgenza, punti di forza e vocazioni tramite i quali i sistemi provinciali hanno costruito la propria identità di servizio, idee sullo sviluppo dei servizi da qui al 2013. Un primo elemento che ha spostato con forza il focus delle riflessioni, vissuto per i suoi effetti come una sorta di spartiacque nella storia recente di operatività dei servizi, è la crisi economica e occupazionale. In particolare due sono gli aspetti di criticità segnalati a questo proposito: da un lato la forte condizione di tensione in cui viene a trovarsi la programmazione provinciale (e non solo) FSE, a seguito del dirottamento in funzione anticrisi di cospicue quote di risorse finanziarie (attinte dagli assi 1 Adattabilità e 2 Occupabilità del POR OB 2); dall’altro è stato sottolineato come nella maggior parte delle realtà, i servizi si siano trovati ad affrontare forti aumenti nei flussi di utenza e nei carichi di lavoro pressochè con le stesse condizioni strutturali e di organico della situazione “pre-crisi”. I rischi avvertiti più diffusamente, dei quali è importante tenere conto per mettere in campo adeguate misure correttive, sono legati ai possibili effetti di spiazzamento che potrebbero essere registrati a carico di quelle categorie di destinatari non interessate da crisi 27 o ristrutturazioni aziendali, ma che nonostante questo continuano a rappresentare un target prioritario, sia per il FSE che per la stessa strategia regionale per l’occupazione. Rispetto a queste fasce di utenza potrebbe essere seriamente messa in discussione la possibilità di offrire risposte adeguate e di raggiungere gli obiettivi di copertura prefissati: giovani in entrata nel mercato del lavoro, donne che intendono reinserirvisi dopo un periodo di maternità, lavoratori anziani nel quadro di strategie di invecchiamento attivo, ecc. Un altro timore è che, nel perdurare della situazione di crisi, i CPI possano progressivamente perdere l’orientamento al servizio e alla qualità, per connotarsi sempre più come strutture di assistenza. Tuttavia si possono individuare anche esternalità positive prodotte dalla necessità di affrontare questa difficile situazione attraverso l’integrazione tra politiche attive e politiche passive. Una conseguenza importante è rappresentata dal rafforzamento dei legami di rete e del grado di cooperazione con soggetti diversi (INPS, agenzie interinali, parti sociali, privato sociale), aspetto questo che se consolidato e reso strutturale potrebbe costituire una risorsa importante per lo sviluppo futuro dei servizi. Un aspetto caratteristico della rete regionale dei CPI è costituito dalla multiformità delle soluzioni adottate per l’organizzazione e per la gestione delle attività, all’interno dei diversi contesti provinciali. Tuttavia, nella varietà delle scelte operate dalle province, nel tentativo di ovviare ai gap iniziali di competenze, tenendo conto dei limiti e delle rigidità nella spesa posti dal patto di stabilità interna e dai regolamenti comunitari, si possono individuare delle costanti nei problemi osservati presso le diverse realtà. In particolare sono state rilevate criticità associate al grado di decentramento dei servizi e al ricorso a forme di esternalizzazione e reclutamento del personale che non sempre hanno assicurato la continuità necessaria per tesaurizzare le competenze e i saperi costruiti attraverso l’esperienza lavorativa e gli investimenti in formazione della provincia. Il decentramento delle strutture, che per molte realtà si è rivelato una risorsa, anche per lo sviluppo dei legami di rete, quando viene spinto oltre l’effettiva necessità, porta con sé una serie di problemi per la sostenibilità del sistema e di frammentazione del servizio. In questi casi ciò che generalmente costituisce un vantaggio in termini di prossimità al cittadino potrebbe tradursi in disservizio e disparità territoriali nei livelli di prestazione. Un punto di forza importante della rete toscana dei CPI è dato dalla presenza di realtà con vocazioni e culture locali positive 28 rispetto ad aree funzionali considerate “strategiche” (ad esempio l’orientamento, i servizi alle imprese, l’accompagnamento al lavoro di persone in condizioni di svantaggio, servizi specifici per lavoratori stranieri, ecc.) che danno luogo a esperienze consolidate che meritano di essere potenziate e diffuse. In particolare, abbiamo avuto modo di constatare come tutti gli intervistati concordino sul fatto che la promozione nei confronti delle imprese rappresenti un ambito di intervento prioritario per accrescere l’efficacia dei CPI e, in non pochi casi, molto si è investito in questa area, conseguendo risultati interessanti. Rispetto a questo aspetto però permangono alcuni elementi di criticità interni ed esterni alle strutture, riferibili sostanzialmente a: scarso sviluppo di strategie articolate di marketing, carenze anche in termini di competenze, il persistere di barriere di natura culturale che rendono difficoltoso l’approccio con le imprese. Considerazioni analoghe possono essere fatte anche per l’orientamento. All’interno della strategia regionale di lifelong learning l’orientamento rappresenta un fattore essenziale per l’integrazione dei sistemi oltre che per l’esercizio del diritto di cittadinanza degli individui. Nell’attuazione degli indirizzi regionali in merito allo sviluppo del sistema dell’orientamento i CPI possono giocare un ruolo determinante ancora non pienamente valorizzato. In particolare occorre investire maggiormente affinché si completi tutto l’arco potenziale di operatività dei servizi. Anche in virtù del fatto che i CPI costituiscono la sede naturalmente destinata all’erogazione di questo tipo di attività, i segmenti dell’orientamento a supporto di scelte e transizioni in campo professionale e formativo risultano pienamente presidiati; per contro appare meno consolidato il modello di raccordo con la scuola e l’università. Tanto in questo caso quanto negli altri richiamati è possibile attingere dall’esperienza di realtà in cui sono state osservate pratiche di successo ormai consolidate. Queste realtà rappresentano infatti un patrimonio prezioso (da valorizzare e mettere a sistema) da cui prendere le mosse per azioni volte a generare processi apprendimento organizzativo anche promuovendo le comunità di pratiche. Complessivamente emerge come per alcuni settori di intervento la genericità del quadro degli indirizzi e degli strumenti a sostegno all’operatività del sistema abbia contribuito ad alimentare condizioni di incertezza e variabilità nelle procedure e nei modelli di prestazione. Ciò vale in modo particolare per le funzioni più complesse che poi sono le stesse che più diffusamente hanno fatto 29 registrare ritardi e differenze nel grado di sviluppo, come nel caso della promozione e dei servizi rivolti alle imprese nell’ambito della funzione di matching tra domanda e offerta di lavoro. Più in generale queste considerazioni valgono per tutti quegli interventi che travalicano la mera funzione adempimentale, normata da leggi. è importante infatti sottolineare che nel caso appena richiamato le cause di questi ritardi devono essere ricercate all’interno di una pluralità di fattori, anche correlati alle peculiarità del tessuto produttivo regionale: forte prevalenza di imprese di piccole o piccolissime dimensioni che generalmente utilizzano canali informali per il reperimento di personale e che tendenzialmente presentano una scarsa propensione all’innovazione e allo sviluppo di strategie strutturate di valorizzazione del capitale umano; a questo si associa il permanere di pregiudizi nei confronti dei servizi pubblici per l’impiego, visti come canali inefficienti o come strumenti di controllo. Ciò detto occorre però sottolineare come i referenti provinciali reputino necessario per favorire il decollo di queste attività, la possibilità di operare in modo coordinato, di disporre di strumenti condivisi (linee guida, descrittori, indicatori e sistemi di monitoraggio esaustivi, formazione congiunta degli operatori, con particolare riguardo agli addetti all’aggiornamento delle banche dati) sulla base dei quali sviluppare modelli di intervento che, pur salvaguardando il dovuto grado di flessibilità nell’applicazione, concorrano a rendere più omogenee le modalità di interpretazione delle norme e di definizione dei processi. In particolare questo è ritenuto essenziale per le linee di servizio più innovative, per le aree grigie di intervento che vanno al di là di quanto richiesto o esplicitato dalle norme. Alla base delle istanze che sono emerse circa l’opportunità di un’azione di coordinamento regionale c’è la necessità diffusa di potersi confrontare sui processi, sulle soluzioni adottate e i risultati raggiunti. Alcuni intravedono nell’interesse crescente nei confronti degli strumenti a presidio della qualità dei servizi (certificazione di qualità, carta dei servizi, rilevazioni di customer satisfaction), un’opportunità da cogliere gestendo in modo coordinato per tutte le province l’adozione o l’aggiornamento di questi dispositivi che per la loro implementazione richiedono innanzitutto uno sforzo definitorio dei processi, realizzazioni e risultati. Tutti questi passaggi potrebbero essere proficuamente inseriti in un quadro di raccordo e coerenza con il processo di definizione dei nuovi indirizzi del Masterplan 2007-2013. 30 L’ultima considerazione riguarda il rapporto con il territorio. La possibilità che i CPI evolvano il proprio ruolo verso una funzione propulsiva di dinamiche positive per la competitività dei territori è fortemente condizionata dalla loro capacità di agganciare saldamente gli interventi per l’occupabilità alle politiche di sviluppo locale. In questa prospettiva, i legami di rete e di cooperazione che i servizi sono stati in grado di stabilire all’interno della propria area di intervento rappresentano un fattore di radicamento determinante. Occorre ricordare, infatti, come il peculiare modello di governance dei SPI in Toscana, incentrato sulla sussidiarietà, abbia di fatto favorito l’avvio di relazioni, anche formalizzate, di collaborazione con soggetti che rivestono un ruolo rilevante nelle politiche di sviluppo e di sostegno all’occupabilità. Tali reti sono state ampliate anche grazie a iniziative progettuali che in molti casi hanno dato origine a forme di integrazione divenute in seguito strutturali. •• I servizi alle imprese Come abbiamo già avuto modo di rilevare nel corso di questo Rapporto, in Toscana la riforma del collocamento, sotto il profilo del decentramento e del trasferimento delle funzioni, può ritenersi pienamente compiuta; l’analisi condotta mostra, tuttavia, un sistema di servizi pubblici per l’impiego ancora fortemente impegnato nell’obiettivo di consolidare il proprio rapporto con il sistema economico locale, a partire dalla progettazione dei contenuti e delle modalità di erogazione di servizi innovativi specificamente rivolti alle imprese. Se da una parte viene ormai riconosciuto il ruolo dell’utenza “persona”, non sembra altrettanto maturo il modello di interazione tra servizi pubblici per l’impiego con l’utenza “impresa”. Come evidenziano gli studi ISFOL di monitoraggio nazionale dei SPI, nei primi anni successivi alla riforma si è manifestata in tutte le aree del paese la tendenza a privilegiare un’ottica orientata all’offerta di lavoro, piuttosto che alle attività destinate specificatamente alla domanda. Tale dato, tuttavia, deve tener conto del fatto che, a differenza di quanto accade per le persone in cerca di un impiego, non esiste alcun tipo di regolazione normativa che definisca il rapporto di servizio tra CPI e azienda: le imprese sono infatti vincolate soltanto in riferimento alle comunicazioni obbligatorie on line e non esiste un protocollo standard simile a quello definito per i disoccupati (ad esempio le procedure previste dal D.Lgs. 181/2000 e successive integrazioni) a cui sono collegate una serie di funzioni e di azioni che i CPI devono erogare alle aziende, entro forme e 31 tempi definiti. Ciononostante è evidente come le attività di raccolta, pubblicizzazione e diffusione della domanda di lavoro costituiscano una precondizione funzionale per la “presa in carico” delle persone (ISFOL 2009). Oltre ai condizionamenti di natura normativa, sulle attività dei CPI rivolte al versante datoriale influiscono anche fattori di altra natura, ad esempio culturale/valoriale (per cui prevale tra i datori di lavoro l’immagine del servizio pubblico ancora condizionato dalla tradizione del vecchio collocamento) oppure congiunturale (come l’attuale crisi economica sta evidenziando in termini di forte riduzione delle richieste di lavoro da parte delle imprese). Nonostante, tali limiti e vincoli esogeni, il percorso che si è delineato negli ultimi anni sembra essere quello di un ampliamento dell’offerta di servizi al “sistema imprese”, tale cioè da contemplare, oltre alla preselezione e all’incontro domanda-offerta, anche l’analisi critica dei fabbisogni di professionalità, del territorio in funzione delle potenzialità di sviluppo aziendali, la progettazione di azioni formative e/o di riqualificazione-riconversione dei lavoratori in contesti di crisi e di riorganizzazioni aziendali o settoriali, nella consapevolezza che, affrontando le difficoltà di reperimento del personale espresse dalle aziende e prendendo in esame l’evoluzione dei fabbisogni del mercato nel contesto locale, aumentino proporzionalmente le possibilità di successo anche dei candidati alla ricerca di occupazione. Particolare attenzione è stata dedicata da parte delle province e dei CPI anche alla promozione del servizio, che viene considerata un’ulteriore leva per potenziare il rapporto con le imprese, sia in termini “quantitativi”, di ampliamento delle fasce raggiunte, sia in termini qualitativi, relativamente alla modalità della percezione dei SPI da parte delle stesse. Per approfondire la questione relativa alle relazioni tra CPI e imprese è stata realizzata un’indagine diretta mediante tecnica CATI ad un campione di 900 imprese estratto dalla banca dati regionale di imprese che risultano avere usufruito dei servizi di ricerca del personale e destinatarie di attività di marketing negli ultimi quattro anni, in modo da indagarne: le caratteristiche aziendali, le motivazioni del ricorso al CPI o ad altri canali per la ricerca del personale, la conoscenza dei servizi offerti, il grado di soddisfazione, valutazioni sul ruolo dei CPI, ecc.. Coerentemente con le caratteristiche della struttura produttiva della nostra regione, si tratta prevalentemente di piccole e piccolissime aziende (il 58% ha meno di 9 addetti) anche se non trascurabile è la quota di imprese che ha dimensioni medio-grandi 32 (l’11% dichiara di avere più di 50 addetti), che presumibilmente muovono un numero superiore di vacancies. Il dato settoriale rispecchia sostanzialmente le caratteristiche dell’universo di partenza, con un’ampia prevalenza di imprese dei servizi (circa due su tre), seguono le aziende commerciali e del comparto alberghi e ristoranti, mentre sono sottorappresentate quelle industriali (16%). Naturalmente correlate con la classe dimensionale sono sia la dimensione geografica del mercato di riferimento, ampiamente ancorata al livello locale (51%) e a quello regionale (24%), sia la scarsa propensione all’innovazione (due aziende su tre dichiarano di non aver introdotto alcuna innovazione nell’ultimo triennio). Negli ultimi tre anni si tratta di aziende che hanno effettuato assunzioni (ben il 72%), concentrate soprattutto in profili mediobassi (commessi, camerieri venditori 34%, operai specializzati o qualificati 27%, operai generici 16%). Sono anche questi gli ambiti dove una quota non trascurabile di aziende dichiara di avere in genere difficoltà di reperimento del personale (circa il 28%). Ovviamente sulle dinamiche occupazionali future pesa l’attuale fase congiunturale, come è confermato dal fatto che la quasi totalità dichiara di non voler procedere ad assunzioni per i prossimi tre anni, mantenendo stabile l’attuale livello occupazionale (83%) oppure di ridurlo (8%). Entrando nel merito dei rapporti tra imprese e CPI, il primo dato rilevante emerso dall’indagine riguarda l’ampio ricorso ai CPI come canale per la ricerca di personale: oltre la metà delle aziende intervistate dichiara di aver utilizzato il CPI come strumento di reclutamento del personale. Un dato questo che in parte risente delle caratteristiche dell’universo di partenza, costituito da aziende che negli ultimi tre anni appunto si erano rivolte ai CPI per attività di recruiting, ma che a nostro avviso è anche indicativo del progressivo costituirsi di un nucleo di imprese “fidelizzate” che trovano nei servizi offerti dai CPI risposte adeguate alle proprie esigenze (come vedremo in seguito anche in relazione ai buoni livelli di gradimento dei servizi offerti). Alle imprese che invece hanno dichiarato di non aver utilizzato il CPI per la ricerca del personale (circa il 44%), è stato chiesto di indicare il motivo principale: il 53% dichiara che gli altri canali sono stati efficaci e dunque non c’è stato bisogno di modificare strategia di ricerca; il 42% preferisce una conoscenza diretta dei candidati, esprimendo così un atteggiamento di diffidenza rispetto alla presenza di un soggetto terzo nel processo di selezione del 33 personale e confermando la centralità che ancora mantengono nel nostro mercato del lavoro le reti informali. Il numero e la tipologia di canali che le aziende attivano dipendono dalle caratteristiche dell’azienda, in particolare la dimensione aziendale, per cui si registra come al crescere del numero di addetti aumenta il numero e il mix di canali attivati: il ricorso al canale pubblico appare più diffuso tra le imprese di minore dimensioni e tende a diminuire al crescere della dimensione aziendale. Quali servizi risultano essere stati maggiormente utilizzati? Delle 900 imprese che si sono rivolte ai centri per l’impiego negli ultimi tre anni, oltre la metà (51%) ha attivato il servizio di avviso di ricerca del personale, ricorrendo al CPI come canale di pubblicizzazione dell’offerta di lavoro e ben il 54% ha scelto di fruire di un servizio a maggior valore aggiunto, cioè la preselezione del personale. Per contro, ancora limitato risulta il ricorso al servizio di selezione (9%) e alla consulenza su incentivi e assunzioni agevolate (7%). Oltre la metà delle aziende che si rivolgono ai CPI, dunque, utilizzano il servizio di preselezione rispetto al quale tanto le indicazioni oggettive sul livello di efficacia, quanto le valutazioni delineano un quadro decisamente positivo. Infatti, tra le imprese che hanno attivato il servizio di preselezione, soltanto nel 13% dei casi gli operatori predisposti ad erogare il servizio di preselezione non sono stati in grado di individuare candidati con profili adeguati rispetto alle esigenze delle aziende clienti. Tra quelle che hanno ricevuto un elenco di nominativi oltre i 2/3 dichiara di aver assunto almeno uno dei candidati scegliendo fra i profili presentati dai SPI; il 21,5% delle aziende, per contro, dopo aver visionato i profili proposti dagli operatori del servizio, non ne ha assunto nessuno. Il dato oggettivo trova conferma nelle valutazioni qualitative formulate dalle aziende intervistate: oltre un terzo delle aziende si dichiara molto soddisfatto, il 57% abbastanza soddisfatto, soprattutto per aspetti relativi alla tempestività del servizio (42%), alla disponibilità e la competenza degli operatori (27%), all’adeguatezza delle candidature ricevute rispetto alle richieste formulate (23%), al numero elevato di curricula ricevuti fra cui poter scegliere (20%). L’elevato livello di apprezzamento rispetto al servizio offerto trova conferma anche nel fatto che, nonostante la domanda fosse stata posta a tutti coloro che hanno utilizzato il servizio, a prescindere dal giudizio espresso, oltre il 70% delle aziende-clienti non riscontra alcun motivo di insoddisfazione. Per quanto riguarda le altre -che, dunque, rappresentano una quota circoscritta della clientela dei CPI34 il principale motivo di insoddisfazione è da ricercare nella qualità delle candidature individuate dagli operatori (troppo generiche e inadeguate per oltre il 65% degli intervistati). Allargando la prospettiva oltre i servizi di incontro domanda offerta di lavoro, si registra una discreta conoscenza da parte delle aziende intervistate dell’intera gamma di servizi: informazioni e consulenza su opportunità formative e tirocini (54%); informazioni e consulenza su assunzioni agevolate e incentivi alle imprese (52%); informazioni e consulenza relative al collocamento mirato (49%); informazioni relative alle comunicazioni previste per legge (46%). Il servizio meno conosciuto dalle aziende intervistate è quello relativo alle crisi aziendali (32%). Il grado di conoscenza delle attività svolte da parte dei CPI a favore delle aziende ovviamente ne condiziona anche il grado di utilizzo, con livelli di accesso decisamente più contenuti, ma valutazioni sostanzialmente positive circa l’utilità di tali servizi. La parte finale del questionario prevedeva una serie di quesiti volti ad indagare le aspettative delle imprese nei confronti dei CPI e le possibilità di miglioramento e/o integrazione dei servizi esistenti. Oltre 1/3 del campione ritiene sia importante investire sulla capacità dei CPI di offrire informazioni aggiornate sulla presenza di incentivi alle imprese, così come altrettanto importante è ritenuto l’informazione relativa alla legislazione in materia di lavoro e di contratti (27%). Circa ¼ degli intervistati ritiene anche sia necessario investire su una maggiore diffusione e pubblicità dei servizi offerti dai CPI. •• Immigrati e centri per l’impiego Nel capitolo 6 sono presentati i risultati di un’indagine diretta volta ad analizzare le peculiarità e le criticità rilevabili nei percorsi attraverso i quali i CPI cercano di rispondere ai bisogni specifici espressi dalla componente straniera dell’utenza. Il primo obiettivo è stato quello di individuare quegli elementi contestuali che, funzionando come vincoli esogeni rispetto alle attività messe in campo dai CPI, necessariamente ne limitano l’azione e, ancora prima, ipotecano per lo più in senso negativo la qualità dei rapporti intrattenuti con gli iscritti di origine straniera. Alcuni di questi fattori attengono alle conseguenze della crisi economica, le quali costringono l’operatività dei CPI entro una condizione “emergenziale” di fondo, che ne condiziona gran parte delle scelte strategiche. Altri hanno invece a che fare con le caratteristiche strutturali delle migrazioni in Italia, in particolare 35 l’accresciuta precarizzazione dei rapporti di lavoro e del sommerso e l’esasperazione del ruolo già intensamente svolto dalle reti comunitarie dei connazionali nel tentativo di arginare, appunto, l’impatto della recessione. Sia il primo che il secondo fattore accentuano il “tasso” di informalità che si rinviene nei meccanismi di funzionamento del mercato del lavoro, e quindi determinano sfavorevoli condizioni di “contorno” dei CPI. La sottolineatura della natura strutturale di tali fattori è essenziale perché permette di distinguere le variabili che non sono aggredibili dai SPI, da quelle che sono invece suscettibili di modifiche ed adattamenti attraverso misure appropriate. Successivamente, attraverso la realizzazione di quaranta interviste qualitative a utenti stranieri, si è cercato di comprendere come e perché gli stranieri usano i diversi servizi a disposizione. I risultati dell’indagine diretta hanno evidenziato l’esistenza di differenti modalità di relazione tra utenza non italiana e CPI: percorsi di tipo strumentale, cioè basati sulla percezione del passaggio al CPI come mero adempimento formale, ad esempio nel caso delle richieste di certificazioni; di tipo marginale, se l’utenza immigrata attua delle prassi che si limitano all’uso sostanzialmente superficiale dei servizi di primo livello, come accoglienza ed autoconsultazione delle offerte di lavoro; mirato, quando accade che gli stranieri si accostino ai servizi con un obiettivo prefissato, come ad esempio frequentare un corso di formazione, oppure essere avviati a un’esperienza di tirocinio, possibilità di cui a volte si è venuti a conoscenza grazie al passa-parola diffuso nella propria comunità, e che ad ogni modo denota una rappresentazione delle attività svolte dai CPI più avanzata; infine, di tipo pienamente consapevole, nei casi in cui, nel tentativo di sfuggire all’ineluttabilità dei destini lavorativi, solitamente dequalificanti, che si associano all’esperienza migratoria in Italia, l’approccio ai servizi evoca la disponibilità a mettersi in gioco, a ripensare la propria occupabilità, a recuperare titoli di studio e competenze pregresse, riconoscendo nei CPI un soggetto utile per il raggiungimento di questi propositi. In situazioni di questo genere, che la ricerca ipotizza essere minoritarie, anche le azioni predisposte dai Centri si posizionano meglio e hanno una più elevata probabilità di successo. L’indagine ha poi consentito di distinguere alcune variabili che orientano gli utenti immigrati verso le varie tipologie di utilizzo citate. Ad esempio, è stato riscontrato come -in particolare per le donne straniere- la precondizione per un uso dei servizi di tipo 36 consapevole sia il poter contare su sufficienti risorse personali o familiari: rispettivamente, un titolo di studio alto e la presenza di almeno un altro percettore di reddito all’interno del nucleo. Lasciando alla lettura del capitolo dedicato ulteriori approfondimenti, pare comunque opportuno anticipare qui alcuni “nodi”, cui corrispondono possibili linee di riforma. A partire da una delle attività core dei CPI: l’intermediazione tra domanda e offerta, la quale si fonda sulla capacità di intercettare le vacancies per reindirizzarle ai propri iscritti. E invece, i CPI sono citati tra i canali meno utilizzati dalle imprese, e peraltro anche dagli stessi lavoratori, come canale di “successo” per l’incontro tra fabbisogni professionali espressi dalle imprese, e candidature avanzate da chi è in cerca di un lavoro. La questione della crescita delle capacità di dialogo e relazione con le imprese è quindi un aspetto imprescindibile, anche per assicurare la connessione tra i servizi di orientamento e quelli di intermediazione, nell’ottica di far guadagnare ai Cpi un modello operativo più incisivo. Se le due attività resteranno scarsamente collegate, infatti, sarà difficile rendere traducibile sul piano concreto il principio della personalizzazione dei servizi offerti, ed il passaggio dalla comprensione dei percorsi individuali alla loro messa a frutto sul mercato del lavoro. La formazione, ovvero il principale strumento per l’aggiornamento e la variazione delle competenze professionali, appare un’opzione troppo poco conosciuta e utilizzata, anche per certe modalità attuative che la caratterizzano e che si dimostrano incompatibili con le concrete possibilità di frequentazione dichiarate dai lavoratori stranieri. Nei loro racconti, gli intervistati lamentano il fatto che i corsi hanno una durata talvolta eccessiva, almeno rispetto alle loro disponibilità di tempo, o che sono condotti in orari di lavoro e quindi difficilmente riescono a essere seguiti da chi ha un’occupazione. Non a caso, le occasioni formative sono sfruttate maggiormente quando ci si trova in disoccupazione (ma in tal modo, si limita fortemente la possibilità di intraprendere percorsi professionalizzanti per chi è già occupato), oppure quando queste sono percepite come un investimento che darà i suoi frutti a breve, come nel caso dei corsi per operatori socio-assistenziali o socio-sanitari, molto ricercati dalle donne immigrate che vi vedono un’opportunità per passare dal regime di co-residenzialità tipico dell’impiego presso le famiglie, al lavoro in strutture pubbliche o private. Il pre-requisito di ogni iniziativa volta ad estendere l’efficacia delle attività rivolte ai migranti è però il rafforzamento degli 37 strumenti di comunicazione istituzionale, nei confronti di un target di utenza che indubbiamente ne necessita fortemente, non solo ai fini di una migliore rappresentazione dell’operato dei CPI e delle possibilità da questi offerti, ma anche e soprattutto per consentire un utilizzo appropriato dei servizi. Una più capillare rete di mediatori culturali, per esempio, e in particolare il suo posizionamento nelle fasi strategiche del primo colloquio e dell’accoglienza in genere, aiuterebbe a far prevalere fin dal momento del primo contatto con i Centri, un atteggiamento che abbiamo definito di tipo consapevole. •• L’impatto della Cassa integrazione in deroga sull’organizzazione dei servizi dei Centri per l’impiego L’aspetto che forse più di altri ha segnato l’attività dei CPI nel corso del 2009 è rappresentato dalla crisi economica, che ormai dalla seconda metà del 2008 influisce sulle dinamiche del mercato del lavoro regionale, da un lato con una forte riduzione della domanda di lavoro, un incremento delle situazioni di crisi aziendali e delle richieste di cassa integrazione, dall’altro con la crescita delle persone in cerca di una nuova occupazione. Su questo scenario economico e occupazionale si sono innestate poi le novità normative che a partire dallo scorso anno sono state introdotte a livello nazionale e regionale per far fronte all’eccezionalità della crisi in atto. A partire dalla Finanziaria per il 2009 il governo nazionale è intervenuto con provvedimenti specifici volti a contrastare gli effetti occupazionali derivanti dalla recessione in atto. In particolare la Legge 2 del 28 gennaio 2009 (e le successive integrazioni) è intervenuta sulla questione degli ammortizzatori sociali (in particolare la cassa integrazione), ampliando la platea dei destinatari e introducendo un collegamento diretto con la sfera delle politiche attive. Ai sensi dell’Accordo tra Stato e Regioni del 12 febbraio 2009, che prevede l’utilizzo delle risorse regionali del Fondo Sociale Europeo ad integrazione delle risorse statali, l’accesso alla CIG in deroga è subordinato alla dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro o a un percorso di riqualificazione professionale che il lavoratore ha l’obbligo di rilasciare presso i SPI. L’Accordo quadro per l’erogazione della CIG in deroga del 30 aprile 2009, sottoscritto tra la Regione Toscana, sindacati e associazioni di categoria (e successive modifiche), estende la possibilità di usufruire del sostegno a tutti i settori produttivi. A partire dal 4 maggio 2009, la Regione Toscana riceve e autorizza le richieste di concessione della CIG in deroga. I lavoratori entro 38 48 ore dall’inizio effettivo della CIG in deroga devono presentarsi al CPI e, a seconda della durata della sospensione, ricevere misure ad hoc (stabilite in apposita tabella decretata dalla regione), pena la decadenza del sostegno. I CPI sono, dunque, titolari della gestione complessiva degli interventi di politica attiva che, pur nel rispetto degli standard regionali, realizzano percorsi personalizzati per ogni singolo cassaintegrato. Per tutti i lavoratori posti in CIG in deroga, una volta formulata la dichiarazione di disponibilità, è prevista la formalizzazione del piano di azione individuale presso i CPI, in modo che sia coerente con il bisogno effettivo della persona e compatibile con le caratteristiche del suo stato, soprattutto in riferimento all’effettiva durata e distribuzione temporale della CIG in deroga. Nell’intero periodo di operatività di tali disposizioni (dal 1 luglio 2009 al 1 ottobre 2010), gli sportelli dei CPI hanno ricevuto oltre 27mila lavoratori in CIG in deroga, cui sono state complessivamente erogate 110.045 azioni di politica attiva, in media 4 per ciascun lavoratore, con un’ampia prevalenza delle attività di natura informativa e consulenziale destinate a tutti i lavoratori indipendentemente dal periodo di cassa integrazione previsto. Con l’attivazione della CIG in deroga si è introdotta una policy che ha complessivamente consentito la salvaguardia dei posti di lavoro e il reddito di molti lavoratori toscani, oltre al fatto di poter sperimentare un primo tentativo di avvicinamento delle politiche passive a quelle attive. Questo ha senza dubbio avuto ripercussioni in termini di flussi di utenza e di carichi di lavoro, affrontati dai Centri pressoché con le stesse condizioni strutturali e di organico della fase pre-crisi. Tuttavia, la rete regionale dei Spi ha mostrato grande capacità di adattamento: per gli intervistati, in molti casi gli standard delle prestazioni fornite agli utenti sono quasi paradossalmente migliorati. Ciononostante, l’immagine restituita dalle interviste con i funzionari provinciali e gli operatori dei CPI non è priva di alcuni aspetti di criticità che nel futuro potrebbero essere oggetto di riflessione e anche di intervento. In primo luogo è emersa una frammentazione degli interventi di politica attiva, nei casi in cui le aziende hanno avviato periodi di CIG in deroga brevi e ripetuti a intervalli di tempo, oppure preventivati per una certa durata, ma che poi hanno visto le imprese richiamare al lavoro il personale. In queste situazioni, i CPI hanno avuto difficoltà a organizzare dei piani di azione individuale coerenti. Si è reagito cercando delle soluzioni nel contatto diretto -in una migliore 39 comunicazione- con le imprese, oppure approntando una gestione dell’“agenda” delle azioni erogate, anche di tipo innovativo. Per il futuro, questo resta comunque un punto su cui lavorare. In secondo luogo, a fronte dell’ipotesi di rinnovare un importante strumento come la CIG in deroga, si pone la questione di come rendere maggiormente sostenibile per i CPI lo sforzo che ne deriva, in termini di risorse umane e finanziarie impegnate -inadeguate, secondo l’opinione dei responsabili- e quindi nell’ottica di garantire gli utenti “ordinari” da un effetto-spiazzamento che l’afflusso dei lavoratori in CIG in deroga ha determinato. 40 Parte I Il sistema regionale dei Servizi per l’impiego 2. Il sistema dei Servizi per l’impiego della Toscana all’interno del quadro nazionale 2.1 Introduzione Prima di delineare il posizionamento dei SPI toscani nel quadro nazionale, è opportuno spendere alcune parole in merito alle dimensioni geografiche e amministrative di riferimento e agli indicatori utilizzati nelle pagine seguenti. Una prima domanda da porsi potrebbe formularsi nel modo seguente: “a quale «paradigma di riferimento» ricondurre una osservazione ragionata, in grado cioè di fornire una risposta al bisogno di autorappresentazione di un sistema regionale?”. L’individuazione di un paradigma di riferimento dovrebbe, anzitutto, tener conto di un elemento di natura generale, attinente al percorso di sviluppo del sistema di erogazione delle politiche attive del lavoro in Italia. Altresì esso dovrebbe tener conto di un secondo elemento di natura congiunturale, relativo cioè alla pressione derivante dal contesto economico (repentinamente deterioratosi) nel quale i SPI operano. Un ulteriore elemento, derivante dalla combinazione dei primi due, è costituito dalle “attese” recentemente sviluppatesi sul piano normativo/operativo nei confronti dei SPI, in risposta alla congiuntura mutata per effetto del loro organico coinvolgimento nelle misure di intervento previste a livello nazionale. La risposta ad una simile questione dovrebbe sostanzialmente tener conto del fatto che: -- i SPI sono al termine di un processo di sviluppo intrapreso 10 anni or sono. Dopo una fase di natura “fondativa”, essi attraversano una incerta e non molto dinamica fase di consolidamento generale, solo recentemente richiamata ad un più sistematico ordine, per effetto del deterioramento del quadro economico; -- sono stati da ultimo chiamati a rappresentare la loro più o meno sviluppata capacità di supportare l’attuazione di politiche nazionale e locali, e questo dato costituisce un banco di prova del cammino prodottosi nell’ultimo decennio. 43 È sotto gli occhi di tutti che il sistema nazionale dei SPI risenta dell’assenza di un quadro nazionale di riferimento che aggiorni e attualizzi il tenore del vecchio Masterplan del 2000, che risultava orientato alla individuazione di parametri (e di relativi indicatori di avanzamento e risultato) in grado di codificare per tappe successive il processo di “fondazione” dei sistemi locali dei spi, ponendo l’attenzione sugli elementi logistico-organizzativi, informatici, nonché su quelli attinenti la qualificazione del capitale umano e sulla fondazione ex novo di servizi innovativi (rispetto all’offerta funzionale del vecchio collocamento). Nel corso dell’ultimo decennio, il quadro è profondamente mutato sulla scorta di una produzione normativa che ha definito ed esplicitato i contorni del sistema SPI così come attualmente conosciuto5. La progressiva attività di recepimento regionale e locale delle norme nazionali, con la messa a regime dei sistemi decentrati e la definizione di modelli di servizio e di intervento, rende necessario adottare un’osservazione più aderente ad una realtà “maturata” o comunque uscita dalla sua fase meramente fondativa. Appare dunque opportuno rivolgersi ad aspetti salienti, relativi: -- alla capacità dei CPI e dei sistemi locali di offrire combinazioni di servizi coerenti con i modelli di “presa in carico dell’utenza” previsti dai citati D.Lgs. 181 e 297; -- alla capacità di intervenire in senso complementare e integrativo nei confronti della normativa nazionale, adottando opportune strumentazioni di trasparenza nel rapporto con l’utenza, in modo da affinare la capacità di intervento e di incardinarne la realizzazione in un quadro di mutua (ancorché asimmetrica) responsabilizzazione delle parti (es. adozione di patti di servizio). Conseguentemente, a queste considerazioni dovrà risultare ispirata la scelta degli indicatori da utilizzare. Nella logica di forte decentramento organizzativo che i sistemi regionali hanno perseguito, altrettanto saliente appare il ricorso a indicatori in grado di cogliere il dispiegarsi della dialettica istituzionale decentrata, intercorsa negli anni tra Regioni, Province e CPI, ossia tra 5 Tra il 2000 e il 2002 si è, anzitutto, regolato il plesso delle procedure di accertamento della disoccupazione, definendo accanto ad esse un corollario operativo costituito dai “tempi e modi di accesso ai servizi di politica attiva offerta dai CPI” (D.Lgs. 181 e 297). Nello stesso tempo si è concluso il processo di decentramento istituzionale, con la riforma del Titolo V della Costituzione e l’introduzione di una forte componente d’azione di esclusiva competenza locale nella gestione di queste materie. Nel biennio 20032004, con il D.Lgs. 276/03 e s.m., si è conclusa la fase di liberalizzazione e regolazione del mercato misto “pubblico-privato” dell’intermediazione, ancora largamente inapplicata al livello locale. Infine, negli ultimi anni si è potuta osservare una fase, collocabile tra il 2007 ed il 2009, di revisione e profonda (nonché motivata) attualizzazione del ruolo dei SPI in un quadro di stringente emergenza economica. il livello programmatorio e attuativo degli indirizzi di funzionamento dei SPI (appannaggio di Regioni e Province) e il livello di erogazione effettiva dei servizi alle persone e ai datori di lavoro. In sostanza il rapporto tra “precondizioni istituzionali e organizzative” soddisfatte al livello provinciale/ regionale (a seconda degli ambienti operativi, e dei contesti istituzionali analizzati) e “livelli di servizio” espressi dai CPI, consente di cogliere, al di là della mera offerta funzionale -che costituisce il “prodotto finito” di un processo organizzativo dai molteplici e articolati passaggi- alcuni elementi del disegno istituzionale che presiede il funzionamento dei sistemi e la loro funzionalità. Fatto salvo il palinsesto operativo costruito attorno alla “presa in carico” dell’utenza, il rapporto tra precondizioni istituzionali e organizzazione dell’offerta funzionale permette di spingere l’osservazione alle c.d. funzioni di raccordo6, in una duplice declinazione. Per ciò che attiene ai servizi alla persona, ad esempio, esso è rivolto al raccordo tra SPI e formazione professionale. Si tratta di un punto di intersezione attinente allo sviluppo dell’offerta di filiere personalizzate di politiche attive che richiama molteplici aspetti relativi all’ingegneria istituzionale e finanziaria che presiedono al funzionamento delle istituzioni del lavoro. Tra questi, vale la pena di richiamare: l’integrazione degli interventi, la razionalizzazione e ottimizzazione dell’uso di risorse finanziarie, la pianificazione delle attività partendo dai “fabbisogni individuali degli utenti” piuttosto che dalla “potestà dei singoli settori dell’Amministrazione” su determinati segmenti di politiche. La crescente attenzione alle filiere di servizio finalizzate alla profilatura, diagnostica e miglioramento dell’occupabilità, ovvero alla predisposizione di azioni per la riqualificazione e la ricollocazione delle persone nel mercato del lavoro, richiama una seconda “gamba” del funzionamento del sistema SPI nel suo complesso. Si tratta dell’area costituita dalle filiere di servizi propedeutici e funzionali alla intermediazione tra domanda e offerta di lavoro, che, più in generale, costituiscono il versante del c.d. raccordo con la domanda di lavoro. L’area dei servizi di intermediazione costituisce il complemento alla realizzazione mirata La centralità di tali funzioni è stata progressivamente richiamata negli anni successivi al 2007 (con riferimento al “Protocollo sul welfare” e alla L. 247/2007) e almeno in parte, con un certo grado di rilievo, nella più recente normativa nazionale (con riferimento alla L. 2/2009 che, per certi aspetti, può a ben vedere costituire un quadro logico “maturo” del funzionamento e degli obiettivi dei SPI ancorché dettato da un forte elemento di contingenza). 6 45 delle attività rivolte all’offerta di lavoro, attraverso l’acquisizione di un bagaglio informativo proveniente direttamente dal segmento di mercato datoriale che si rivolge ai SPI, nell’ambito delle proprie strategie di reclutamento. Ma non solo. Basti pensare, in tal senso, all’apporto informativo e conoscitivo delle caratteristiche e degli andamenti dei mercati locali del lavoro che la normativa sulle Comunicazioni Obbligatorie (D.M. 30 Ottobre 2007) ha configurato, ampliando tali procedure anche a tipologie di lavoro (parasubordinate, forme associate, ecc.) precedentemente escluse dall’imputazione amministrativa. La filiera di funzioni finalizzate alla costruzione di processi di intermediazione richiama e combina differenti capacità di azione politica e organizzativa dei sistemi locali: -- funzioni di governance (ad es. attivazione e animazione di reti territoriali finalizzate alla condivisione di basi informative qualificate sul mercato del lavoro, ovvero all’intervento combinato e integrato in caso di crisi aziendali o difficili condizioni congiunturali); -- funzioni di presidio informativo (intelligence) del mercato del lavoro (ad es. sviluppo di prassi volte alla esplicitazione di eventi informativi, nonché alla raccolta, stoccaggio e riutilizzo di informazioni amministrative e non, relative al mercato del lavoro). Tali attività possono produrre ricadute sensibili per la trasparenza del mercato del lavoro locale, sia in termini di circolazione delle informazioni istituzionali, amministrative e statistiche, sia in termini di possibilità di codificare percorsi individuali, accesso ai servizi e tempi di erogazione degli stessi (orizzonte, quest’ultimo, ancora futuribile su scala nazionale) da parte di datori di lavoro e persone. Ciò sta a significare che esse possono considerarsi alla stregua di eventi ai quali è possibile attribuire un elevato grado di significatività. Come si potrà osservare, infatti, esse costituiscono il prodotto di processi organizzativi e filiere di attività che si snodano lungo diversi livelli amministrativi, ovvero coinvolgendo il lavoro di una vasta rete di attori, oppure ancora presupponendo e/o richiamando azioni organizzative e amministrative di una certa complessità, tenendo presente l’ambiente organizzativo mediamente presente nei sistemi amministrativi decentrati. Gli ambiti di osservazione ora elencati possono costituire un primo canovaccio di riferimento per un’analisi dei sistemi locali per l’impiego in grado di tener conto, almeno in parte, della maturazione 46 da essi conosciuta in larga parte del territorio nazionale nel corso dell’ultimo decennio. Essi costituiranno, pertanto, lo sfondo nel quale si procederà all’esercizio di posizionamento del sistema toscano dei SPI. In merito alle dimensioni amministrative e geografiche utilizzate, oltre al livello nazionale nel suo complesso, si farà ricorso a ulteriori dimensioni di dettaglio, la cui scelta è ragionata sulla base di due criteri: un primo è quello geografico-amministrativo, talché è possibile rilevare che il quadrante Centro Nord del Paese costituisca il milieu di più immediato e coerente riferimento per il sistema toscano, per dinamiche del mercato del lavoro, omogeneità di tipologia di finanziamenti ricevuti in ambito SPI, livelli complessivi di performances e capacità di conduzione e finalizzazione dell’azione amministrativa. Un secondo criterio è quello della coerenza organizzativa e funzionale, oltreché istituzionale, per cui un secondo livello di raffronto sarà garantito dalla costituzione di un gruppo di confronto, costituito da un insieme di tre sistemi regionali per l’impiego (Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte) che, per posizione geografica, numerosità dei CPI, popolosità dei bacini di utenza e affinità di condizioni del mercato del lavoro, costituisce il più immediato riferimento per il sistema SPI della Toscana. L’osservazione, infine, combinerà tra di loro due ordini di criteri: il primo è quello relativo alla relazione che intercorre tra la presenza di comportamenti istituzionali dei livelli regionale e provinciale e un dato disegno dell’offerta funzionale; il secondo è quello relativo alla distinzione tra filiera dei servizi alla persona e filiera dei servizi ai datori di lavoro. 2.2 Presentazione del sistema regionale Sul piano del dimensionamento fisico e amministrativo, la Toscana costituisce uno dei principali sistemi locali per l’impiego di dimensioni medio-grandi, con i suoi 40 CPI, pari al 7,5% del totale nazionale (539) e a ben il 44% del totale dei CPI dell’Italia centrale (91). Il profilo della sua geografia amministrativa appare moderatamente “multipolare”, caratterizzato cioè da una distribuzione dei CPI lungo più poli provinciali, alcuni dei quali aventi una relativa consistenza, anche per ciò che attiene il peso specifico del bacino di popolazione residente servita. 47 Simili considerazioni possono essere tratte dalla tabella 2.1, nella quale sono raggruppati i sistemi regionali che, per dimensioni amministrative e fisiche7, costituiscono il più immediato riferimento al sistema toscano e tra le quali sarà selezionato il gruppo di confronto. Tabella 2.1 Sistemi regionali per l’impiego: distribuzione delle grandezze fisiche e amministrative N. CPI Incidenza bacino d’utenza della provincia capoluogo Val. ass. Val. % Toscana 40 Lazio 32 Emilia Romagna 38 Piemonte 29 Veneto 41 Fonte: ISFOL - Monitoraggio SPI, 2008 Incidenza bacino d’utenza: media altre province Val. % N. cpi provincia capoluogo % su tot. CPI Val. ass. Val. % 8,2 6,8 9,6 7,2 13,7 9 16 7 13 6 22,5 50,0 18,4 44,8 14,6 26,6 73,9 22,9 49,9 18,0 La tabella, infatti, propone un’osservazione combinata della distribuzione del bacino d’utenza e delle strutture lungo la coppia dicotomica “sistema provinciale capoluogo/sistemi provinciali non capoluogo” per ciascuna regione. Sono assunti quali indicatori specifici l’incidenza della provincia capoluogo tanto in termini di popolosità di bacino, quanto in termini di popolosità delle strutture ad essa afferenti, e l’incidenza media delle province non capoluogo di ogni regione in termini di bacino d’utenza. è evidente il configurarsi di due tipologie: una prima con caratteristiche “distribuite”, sebbene secondo modalità differenti, che accomuna Toscana, Emilia Romagna e Veneto; una seconda tipologia con una fisionomia più marcatamente “polarizzata”, che accomuna Lazio e Piemonte. Il raffronto del sistema provinciale capoluogo e di quelli non capoluogo consente di dettagliare i profili emersi: nel caso della prima tipologia si segnalano modesti valori di incidenza assoluta del bacino d’utenza del sistema provinciale capoluogo, compresi tra 18% e 26,6% a fronte di valori medi espressi dalle restanti province senz’altro inferiori (tra 8,2% e 13,7%). È il profilo della Toscana a risultare moderato, con il più alto valore di incidenza della provincia capoluogo ed il più basso valore medio delle province non capoluogo. All’opposto, il profilo distributivo più “accentuato” è quello del Veneto, dietro ai cui valori (18% di incidenza della provincia Si tratta di sistemi regionali SPI che, come quello toscano, risultano compresi in una classe di numerosità di bacino d’utenza compresa tra 2,3 e 3,4 mln di abitanti in età attiva (15-64 anni) e in una classe di numerosità di CPI compresa tra 29 e 41 strutture per regione. 7 48 capoluogo e 13,7% di incidenza media delle restanti) si cela una realtà territoriale avente ben cinque poli provinciali (capoluogo compreso) di consistenza amministrativa equivalente (con valori compresi tra il 17,5% e il 18,8% del bacino d’utenza complessiva). Nel caso della seconda tipologia, si osservano proporzioni nettamente invertite, con i sistemi provinciali capoluogo in grado di costituire dei veri e propri poli maggioritari (è il caso del Piemonte) o prevalenti (è il caso del Lazio, con tre quarti della massa amministrativa orbitante nel sistema romano). Conseguentemente diversificata appare l’incidenza dei sistemi capoluogo in termini di consistenza “fisica” (è calcolata la percentuale del numero di CPI afferenti alla provincia capoluogo sul totale dei CPI regionali in ciascun caso), prevedibilmente dimensionata sul profilo amministrativo e distributivo emerso. Una simile analisi costituisce un complemento puramente indicativo e compilativo delle caratteristiche fisiche di un sistema locale. Ben altro spessore informativo è possibile ricavare dall’osservazione della interazione dei sistemi locali per l’impiego -con la propria struttura e dotazione organizzativa- con i mercati del lavoro di immediato riferimento, in particolare con la domanda di servizi da essa espressa. Anche in questo caso sono state individuate due dimensioni fisiche una, per così dire, “endogena” al sistema, ed un’altra “esogena”. La prima è costituita dalla numerosità del personale attivo presso i CPI8, così come dichiarato dalle stesse strutture per l’impiego nel corso della rilevazione ISFOL, articolata per composizione della dotazione organica in ciascun sistema (totale degli addetti e dettaglio dei consulenti/collaboratori) e per distribuzione media della stessa per ciascun CPI. È innegabile che il riferimento alla consistenza del personale di natura consulenziale costituisca un primo indicatore (tutto sommato ancora valido) della esposizione a fonti finanziarie non istituzionali, e dunque a possibili incognite legate alla variabilità e disponibilità di esse in una prospettiva di consolidamento dei livelli organizzativi e di performance. La seconda è costituita dal valore medio del numero di contatti avuti nell’ultimo mese da ciascun sistema considerato, tratto dalla Rilevazione Continua delle Forze di Lavoro dell’Istat. Per “contatto” si intende un’ampia gamma di modalità di interazione del singolo con la struttura per l’impiego che, pur non essendo comparabile per Il dato rilevato è relativo ai CPI e alle sedi ad essi collegati (es. sportelli comunali, ove presenti, sedi distaccate, recapiti periodici, ecc.). 8 49 ampiezza e consistenza con i dati di flusso amministrativi presenti negli archivi dei SPI, tuttavia, ha il pregio di essere costruito in modo omogeneo per tutto il territorio nazionale. Il sistema toscano (Tab. 2.2) risultava composto da 720 addetti operanti nei 40 CPI attivi, con una media di 18 addetti per CPI, superiore sia a quella delle regioni del Centro Nord, sia a quelle che compongono il gruppo di confronto (in entrambi i casi pari a 15,4, a fronte di un dato medio nazionale di 18,6 addetti per struttura). Tabella 2.2 CPI: composizione del personale, media per CPI, stima dei volumi di attività Valori assoluti e % Addetti Val. ass. Di cui collaboratori o consulenti Val. ass. Val. % Toscana 720 320 44,4 Centro Nord 4.874 1.004 20,6 Gruppo di confronto 1.677 347 20,7 Italia 9.989 2.014 20,2 Fonte: ISFOL - Monitoraggio SPI, 2008; Istat - RCFL, 2008 N. CPI Val. ass. Media addetti per CPI 40 317 109 537 18,0 15,4 15,4 18,6 Contatti nelle 4 sett.ne precedenti Per CPI Per addetto 797,3 734,5 658,1 812,7 44,3 47,8 42,8 43,7 Tale dato propone una dicotomia rovesciata, tipica del sistema nazionale dei SPI, in cui i sistemi locali del Mezzogiorno -caratterizzati da un profilo funzionale più minimalista e adempimentale ancorché operanti in mercati del lavoro tradizionalmente meno competitivicontano una maggiore numerosità media di addetti per struttura (23,4), sebbene caratterizzati da una quota di personale consulenziale leggermente inferiore (19,7%). In termini di composizione delle risorse umane attive presso i CPI, il sistema toscano si differenzia fortemente rispetto sia al dato nazionale che ai dati del Centro Nord e del gruppo di confronto: ben 4 addetti su 10 in Toscana sono fuori organico, a fronte di appena 2 nel resto del Paese. Se, come si potrà osservare, questo insieme di evidenze consente al sistema regionale toscano di sopportare, almeno sulla carta, carichi specifici di lavoro più consistenti di quelli dei quadranti di immediato riferimento, esso mette in evidenza un dato che, nell’ultimo decennio di storia dei SPI riformati, ha caratterizzato -diventandone pressoché un tratto organico- il profilo di funzionamento del sistema pubblico italiano per l’impiego: si tratta della forte dipendenza dalle fonti di finanziamento non a carattere istituzionale, qui colta solo sul versante della composizione delle risorse umane, ma ancor più evidente laddove si sposti l’attenzione al tema del finanziamento degli interventi e dei progetti di politica attiva del lavoro. 50 La seconda dimensione di analisi attiene alla “pressione ambientale” generata dal contesto di riferimento nel quale i sistemi regionali operano. Sono considerati i valori medi annuali dei contatti, quali che siano, avuti dagli intervistati nelle quattro settimane antecedenti l’indagine. L’interazione tra questa stima della domanda di servizi e il plesso organizzativo dei CPI è osservata attraverso due chiavi di lettura: quella della numerosità del personale e quella della numerosità degli uffici territoriali che compongono i sistemi regionali. Si ribadisce il valore esclusivamente indicativo di tali dimensioni: in particolare, è doveroso sottolineare come il dato della numerosità delle risorse umane, singolarmente considerato, poco può dire dell’effettivo impatto organizzativo che il quotidiano carico di lavoro esercita sulle strutture. Oltre alla notevole variabilità della consistenza organizzativa dei CPI9, occorre considerare, peraltro, che essi insistono su bacini di utenza diversificati, dispongono di una struttura organizzativa e funzionale della quale, in queste pagine, ci si limita ad una osservazione, per così dire, “orientativa”, cioè basata su valori medi. Tanto più che, vista la pluralità di servizi e il loro diverso grado di complessità, è possibile assumere che il peso specifico del volume d’utenza risulti differente a seconda che si tratti di servizi immediati (es. informazione) o altamente personalizzati (orientamento, counselling)10. Le ultime due colonne della tabella 2.2 stimano in 797,3 contatti avvenuti nelle quattro settimane precedenti la rilevazione, il carico di lavoro che mediamente nel 2008 ha caratterizzato il sistema regionale toscano dei SPI. Si tratta di un valore complessivamente più elevato rispetto al dato del Centro Nord (734,5) e a quello del gruppo di confronto (658,1), ma inferiore al dato complessivo nazionale (812,7 contatti per CPI). Se le strutture toscane appaiono dunque conoscere un maggior grado di sollecitazione dal proprio territorio, è pur vero che il sovradimensionamento relativo riscontrato in termini di numerosità e articolazione delle risorse umane, rispetto a quelle del Centro Nord Se dall’osservazione dei valori medi si sposta l’attenzione agli estremi delle singole distribuzioni (cioè al n. massimo e al n. minimo di risorse umane presenti nei CPI in ciascuna ripartizione) si osserverà la giustapposizione di realtà fortemente differenziate tra loro: in Italia e nel Centro Nord, infatti, il numero di addetti presenti nei CPI oscilla da un minimo di 2 ad un massimo di 85; nel gruppo di confronto si oscilla da 3 a 85 unità. In Toscana, tale dato oscilla da un minimo di 6 ad un massimo di 62 addetti, il che attesta una distribuzione eterogenea, ma relativamente meno polarizzata del personale. 10 Il carico su ciascun addetto, prendendo come riferimento la media, costituisce un riferimento indicativo: sovrastimato nel caso di operatori che presiedono la gestione di servizi specialistici (cioè relativi ad una domanda di secondo livello, posteriore al primo contatto dell’utente con il CPI); sottostimato nel caso di quegli operatori che gestiscono i servizi di primo contatto (e che fungono da filtro con l’utenza, indirizzandola de visu, ma anche telefonicamente, verso gli altri servizi). Tale dato, tuttavia, risulterà immediatamente riconducibile alle considerazioni effettuate pocanzi in merito alla composizione e consistenza del plesso di risorse umane. 9 51 e del gruppo di confronto, agisce prevedibilmente nel senso di un riequilibrio dei carichi individuali stimati: si oscilla da un minimo di 42,8 ad un massimo di 47,8 contatti/addetto, con i SPI toscani che si attestano ad un valore intermedio di 44,3. Pur con tutti i caveat considerati, è possibile dunque osservare che la maggiore sopportabilità, da parte del sistema regionale, di un carico di lavoro più elevato è ottenuta alla condizione di una proporzionalmente maggiore dotazione di risorse umane disponibile, dovuta ad una elevata componente di figure professionali fuori organico. Le esperienze di analisi del sistema nazionale dei SPI realizzate nell’ultimo decennio dall’ISFOL hanno permesso di poter associare, con un buon grado di approssimazione, la componente di personale costituita da consulenti/collaboratori ad un plesso di risorse umane più qualificate, spesso dedicate all’espletamento di servizi consulenziali o altamente specializzate. Quanto questa descrizione possa attagliarsi anche al caso qui considerato è questione che potrà solo in parte essere affrontata nell’osservazione dell’offerta funzionale dei CPI regionali, soprattutto nel caso delle filiere funzionali più complesse (ad esempio relative alla domanda di lavoro). 2.3 Servizi alla persona Un primo livello di osservazione è rappresentato dalla presenza di una serie di parametri e condizioni istituzionali che consentono ai CPI di attenersi al disegno operativo ed istituzionale previsto dalla normativa, ossia alla possibilità di offrire all’utenza, che abbia manifestato la propria disponibilità alla ricerca attiva, interventi finalizzati all’accompagnamento nel mercato del lavoro, al miglioramento delle competenze, all’inserimento lavorativo e alla riduzione dei tempi di permanenza nella disoccupazione. Le tabella 2.3 propone un’analisi di alcuni dei principali parametri attraverso i quali delineare il grado di diffusione delle condizioni istituzionali per l’operatività dei CPI. Tra questi figura l’avvio delle procedure di “presa in carico dei disoccupati” regolate dal D.Lgs. 181/2000 e s.m., la cui presenza è indice dell’avvenuto recepimento a livello locale della norma nazionale e dell’avvio di processi di adeguamento organizzativo, informatico e funzionale delle strutture locali alle modalità di funzionamento previste dalla norma. 52 Tabella 2.3 Sistemi per l’impiego provinciali: condizioni istituzionali per l’erogazione di politiche attive integrate Valori assoluti e % Avvio procedure di Stipula del presa in carico dei patto di servizio disoccupati (art. 3 con l’utenza D.Lgs. 297/02) N. % riga N. % riga Iniziative di Erogazione Attivazione Raccolta dei dati raccordo con voucher pacchetti on amministrativi la formazione demand dei CPI professionale N. % riga N. % riga N. % riga N. % riga Toscana 10 100,0 10 100,0 8 80,0 Centro Nord 64 97,0 57 86,4 54 81,8 Gruppo di confronto 24 100,0 23 95,8 22 91,7 Italia 90 88,2 71 69,6 61 59,8 Fonte: ISFOL - Monitoraggio SPI, 2008 7 31 10 35 70,0 47,0 41,7 34,3 5 35 17 36 50,0 53,0 70,8 35,3 10 100,0 65 98,5 24 100,0 93 92,1 La previsione della stipula del patto di servizio con l’utenza, per contro, attiene alla presenza di normative regionali -ulteriori e complementari a quella nazionale- che hanno, nel corso degli anni, agito in forme surrogatorie e di completamento ad un disegno nazionale (quello del D.Lgs. 181/2000 e poi del successivo 297/2002) sul quale, peraltro, solo recentemente si è soffermata l’attenzione del legislatore (con interventi di razionalizzazione e armonizzazione con la normativa relativa alla condizionalità nel godimento di trattamenti di indennità). Infine, un grande dettaglio è stato dato al raccordo tra SPI e formazione professionale e alle sue modalità di applicazione11, che costituiscono il perno attorno al quale si realizzano forme di sinergia e integrazione tra sistemi in grado di offrire politiche complementari (orientamento, consulenza e inserimento lavorativo i SPI, formazione e aggiornamento il sistema della formazione professionale), la cui effettività può rendere più competitiva l’offerta del sistema di politiche attive non solo nei confronti dell’utenza individuale, ma anche delle imprese. La disamina delle condizioni di attuazione di questo raccordo prende in considerazione la possibilità di un’allocazione efficiente di risorse provenienti da settori diversi (SPI e FP), attraverso uno sforzo progettuale ed una vera e propria sinergia istituzionale che si manifesta nella possibilità di erogare voucher formativi attraverso i CPI. Vale la pena di osservare come la Legge n. 2/2009 sembra conferire -pur nel quadro di interventi fortemente dettati dall’attuale congiuntura economica- un rilievo precedentemente sconosciuto a questo snodo. Significativa, in tal senso, è la previsione, anche per i percettori di sussidi, di un protocollo speculare a quello già previsto dal D.Lgs. 181/2000 per le persone in cerca di lavoro, mediante resa ai CPI di una dichiarazione di disponibilità “al lavoro o a un processo di riqualificazione professionale”, armonizzandolo chiaramente con il dettato della normativa vigente in queste materie; (art. 19 Co 1-bis); ne deriva il conseguente ampliamento delle fattispecie di revoca della DID al rifiuto di un’offerta congrua di riqualificazione (con conseguente decadenza dalla percezione di un sussidio economico); (art. 19, Co. 1-bis e Co 10). 11 53 Inoltre essa prende in considerazione la possibilità di rendere più tempestiva l’offerta formativa al manifestarsi dei fabbisogni dell’utenza, osservando la messa in opera di pacchetti formativi attivabili direttamente dai SPI sulla base della diagnosi e della relativa pianificazione dei percorsi individuali. In generale, è possibile osservare (cfr. Tab. 2.3) come il grado di soddisfacimento delle “condizioni istituzionali” ora presentate conosca al livello nazionale un andamento assai altalenante e decrescente man mano che dall’esplicito dettato normativo nazionale (“avvio delle procedure di presa in carico dei disoccupati”) si passa ad ambienti istituzionali forse meno espliciti (come il raccordo con la formazione professionale), benché indirettamente richiamati da esso. Se 90 province su 102 (88,2%) hanno avviato le procedure di richiamo e scrematura dell’utenza da avviare a percorsi di politica attiva, soltanto 61 hanno realizzato una qualsiasi iniziativa di raccordo con la formazione (59,8%). Tale valore si riduce a poco più di un terzo del totale tra quelle che hanno predisposto specifiche strumentazioni (voucher formativi o pacchetti formativi attivabili dai CPI) in grado di rendere più fluida ed incisiva l’azione dei CPI. L’intervento della legislazione regionale a favore di strumenti di trasparenza e di maggiore condizionalità nel rapporto con l’utenza (patto di servizio, PAI) risulta circoscritto a poco più dei due terzi delle province italiane, per la maggior parte concentrate nelle aree obiettivo 2. In questo quadro il profilo toscano si presenta senz’altro sovraordinato, laddove si possono considerare acquisiti gli elementi relativi alle principali direttrici di funzionamento “maturo” dei sistemi per l’impiego: se totalitaria è la soddisfazione delle condizioni relative alla “presa in carico” dell’utenza e alla stipula del patto di servizio, su valori significativi si attesta la realizzazione di iniziative istituzionali di raccordo con la formazione (8 province su 10), poggiante su una relativamente diffusa propensione alla previsione, in fase di progettazione integrata o programmazione di risorse, di specifiche strumentazioni di supporto. In particolare, all’epoca della rilevazione risultavano predisporre misure per la gestione dell’erogazione di voucher formativi da parte dei CPI, 7 province su 10, mentre in 5 si realizzava la possibilità di attivare pacchetti formativi on demand: comunque, in 5 province su 10 (sono circa il 71% di quelle che erogano voucher formativi) si riscontra l’adozione di entrambe le strumentazioni, dunque il doppio ricorso ad una leva finanziaria e strumentale funzionale alla possibilità per i CPI di poter svolgere una funzione 54 attiva nell’accompagnamento degli utenti nella transizione tra le politiche del lavoro e quelle formative. Si tratta di un dato più alto rispetto alle altre circoscrizioni geografiche considerate, nelle quali la combinazione delle due leve programmatorie (finanziaria e strumentale) è riscontrabile in una quota oscillante tra il 24,5% (Italia) e il 37,5% (Centro Nord) dei sistemi provinciali, con il gruppo di confronto attestato appena al di sopra dei livelli medi (36,4%). In questo senso, non si ritiene certo che il numero faccia necessariamente sostanza, ma si intende sottolineare come vada affermandosi la tendenza ad una diversificazione di strumenti, dettata dalla possibile combinazione di fonti di finanziamento comunitario (comunque prevalente in questo ambito) afferenti a specifici target (vecchia programmazione) o a dettagliati ambiti di intervento (nuova programmazione), eletti a priorità nell’azione locale. Un ulteriore aspetto è quello relativo al trattamento delle informazioni e allo sviluppo di specifiche attività, e relative capacità organizzative e operative, anche in prospettiva di riutilizzo in chiave di programmazione e pianificazione. La progressiva e faticosa messa a regime di sistemi informativi del lavoro -che tanto su scala locale quanto a livello nazionale, ha accompagnato il percorso di sviluppo dei SPI nell’ultimo decennio- ha reso opportuno prendere in considerazione un indicatore assai minimalista. Esso è individuato nella presenza, presso i sistemi provinciali, di attività di mera raccolta dei dati amministrativi provenienti dai CPI. Il dato riportato nell’ultima colonna della tabella 2.3 evidenzia una certa diffusione delle attività di raccolta delle informazioni amministrative relative agli ingressi e alle uscite dalla disoccupazione, nonché alla movimentazione connessa alle comunicazioni obbligatorie che i datori di lavoro sono tenuti per legge a presentare ai CPI. Nel complesso, più di nove province su dieci dichiarano di attivare -quale che ne sia la forma- una simile attività12. La presenza di un dato totalitario per il sistema toscano -che risulta ulteriormente corroborato dalla presenza, come si vedrà a breve, di regolari attività finalizzate all’analisi dei fabbisogni delle impresepuò far ritenere una simile attività come “assodata” tra i fondamentali di funzionamento del sistema. Tanto più che, come risulta dall’ultimo monitoraggio nazionale, la capacità di elaborazione e restituzione delle informazioni relative alle principali linee di movimentazione Ciò, chiaramente, nulla dice sulla effettiva capacità di utilizzo, normalizzazione e gestione delle stesse. Tuttavia, nel quadro piuttosto arretrato che il nostro Paese esprime in materia di sistemi informativi del lavoro, esso rappresenta un dato di un certo interesse che, ove confermato negli anni e nei risultati effettivi, costituirebbe un primo passo verso una gestione più “oggettiva” di questo sistema amministrativo. 12 55 (ingressi nella disoccupazione, disponibili al lavoro, uscite dalla disoccupazione, sospensioni) tracciate dai SIL e dal sistema delle comunicazioni obbligatorie, nonché di quelle relative all’accesso dei disponibili alle principali linee di politica attiva previste dal D.Lgs. 181/2000 e s.m. (colloqui di orientamento; avviamento a tirocini) è apparsa completa e rappresentativa di tutte le realtà provinciali. Ciò va notato in quanto, al di là dei valori comunque ottimali riscontrati nelle principali circoscrizioni geografiche di riferimento in merito alla raccolta tout court, nel dettaglio della restituzione informativa alcune realtà centro settentrionali e appartenenti anche al gruppo di confronto presentano delle difficoltà di reperimento e fornitura informativa: tanto per ciò che attiene ai dati amministrativi, quanto (e soprattutto) per ciò che attiene ai dati relativi alle politiche. L’analisi del grado di soddisfazione delle “condizioni istituzionali” all’erogazione di politiche attive integrate nei SPI della Toscana, restituisce un profilo sostanzialmente strutturato, nel quale è possibile rinvenire una sostanziale organicità di esse e dei loro livelli di implementazione al disegno organizzativo che presiede i sistemi locali regionali. Ciò permette di osservare, altresì, come -sia pure sostanzialmente in linea con i risultati del Centro Nord e dai sistemi confluiti nel gruppo di confronto- un simile giudizio possa essere esteso anche ad ambienti istituzionali e operativi (raccordo con la formazione professionale e supporto ad essa con strumentazioni integrate; raccolta e restituzione dei dati amministrativi) che ancora ad oggi costituiscono, per il sistema italiano (talvolta anche nelle sue realtà più qualificate) degli approdi di sviluppo purtroppo ancora futuribili. In linea generale, a livello nazionale le ricadute di un milieu istituzionale così articolato si manifestano nelle forme di una generale ed abbastanza diffusa messa in opera del sistema dei CPI in base ai modelli di azione minimalisti stabiliti dalla normativa nazionale. Per contro, va registrata una minoritaria e diseguale capacità di associare a tale disegno minimalista una effettiva capacità di intervento progettuale e proattivo nei confronti degli utenti e della domanda di servizi proveniente dai territori. È infatti, soprattutto in questo secondo ambito -attinente ai servizi consulenziali alla persona, al rinvio alla formazione, piuttosto che ai servizi proattivi ai datori di lavoro- che si conoscono i differenziali territoriali più marcati: tradizionalmente appannaggio dell’autonomia organizzativa regionale, essi sono dunque più esposti alle differenti capacità di tradurre gli indirizzi in standard operativi e comportamenti organizzativi presso i CPI. 56 Proprio in questi ambiti, peraltro, è possibile osservare con una certa nettezza gli elementi caratteristici di un processo di decentramento istituzionale, di durata più che decennale, nel quale il rapporto dialettico tra “centro e periferia” del sistema (cioè tra Amministrazione Centrale e Regioni/Province) è per lungo tempo risultato asimmetrico. Esso è risultato assai sbilanciato verso i livelli periferici (province, regioni), chiamati a sobbarcarsi del peso effettivo dell’implementazione del sistema, del rapporto con la domanda di servizi dell’utenza, del “riposizionamento” nei confronti delle imprese, della fondazione e messa a regime di linee di servizio sconosciute al vecchio collocamento, oltre che a supportare la gestione e riorganizzazione del plesso amministrativo ereditato dalla tradizione collocativa. Per contro è risultato per lungo tempo assai defilato il ruolo dell’Amministrazione centrale, soprattutto in termini di regia (non solo normativa, ma anche amministrativa: si pensi all’annosa questione del SIL), di capacità di individuazione di modelli e di disseminazione di pratiche, di fare rete tra i sistemi locali e sintesi tra le prassi emergenti. Talché la geografia funzionale del sistema nazionale dei SPI, specie se osservata nelle forme più avanzate e complesse di organizzazione di servizi e supporto alle politiche locali, è risultata punteggiata da molte buone prassi locali ed è stata al contempo caratterizzata da una bassa capacità di fare sistema. Questo quadro di contesto è delineato nelle tabelle relative alla messa in opera, da parte dei CPI, dei dispositivi nazionali relativi alla presa in carico delle persone (Tab. 2.4) e all’erogazione di servizi alla persona con riferimento particolare nell’area della diagnostica, del miglioramento dell’occupabilità e della riqualificazione degli utenti (vedi in seguito Tab. 2.5). Tabella 2.4 CPI: attuazione del D.Lgs. 181/2000 e s.m. e “presa in carico” dell’utenza Valori assoluti e % Offerta di mix di politiche Strutture che attive previste dal D.Lgs. garantiscono l’accesso 181/2000 (a) alle politiche entro 90 gg. dalla DID (b) N. % riga N. CPI che stipulano il patto o il PAI (c) % riga N. Toscana 35 87,5 35 87,5 Centro Nord 295 93,1 224 70,7 Gruppo di confronto 107 98,2 95 87,2 Italia 448 83,4 310 57,7 Fonte: ISFOL - Monitoraggio SPI, 2008 36 236 99 298 57 % riga CPI che soddisfano a+b+c N. % riga 90,0 33 74,4 192 90,8 89 55,5 230 82,5 60,6 81,7 42,8 Nella tabella 2.4 sono presentati gli indicatori in grado di raffigurare la capacità dei CPI di soddisfare le condizioni operative previste dalla normativa nazionale (in termini di tempi e modi di accesso dei disoccupati ai servizi erogati), con l’addentellato della possibile loro integrazione con ulteriori condizioni previste dalla normativa regionale in materia di patto di servizio. Nel dettaglio è considerato: -- l’offerta da parte dei CPI, agli utenti effettivamente disponibili, di un mix di politiche attive che, secondo la normativa italiana, non è soggetta a nessuna particolare indicazione in merito alla complessità dei servizi che ne sono alla base. Ciò nel rispetto dell’autonomia regionale nel definire i propri assetti organizzativi e operativi. Si tratta, ovunque, di un mix piuttosto minimalista di orientamento, informazione più o meno qualificata sulle possibilità di lavoro, tirocinio o formazione professionale; -- la capacità di garantire ai disoccupati l’accesso all’offerta di politiche attive entro un intervallo temporale codificato (il colloquio di orientamento dovrebbe essere fornito entro 90 giorni dalla dichiarazione di disponibilità, come previsto dalla legge): in questo caso è stato chiesto agli intervistati una stima della quantità di tempo necessario, nelle prassi di funzionamento dei rispettivi CPI; -- il ricorso a strumenti in grado di dettagliare il percorso individuale pattuito tra CPI e utente, vincolando al rispetto di esso l’azione del CPI (seppur non sanzionabile in alcun modo) e quella dell’utente (che può perdere lo stato di disoccupato). Infine è riportato il dato ricostruito dei CPI in grado di soddisfare contemporaneamente l’intero set di indicatori osservato13. I dati restituiti dalla tabella 2.4 evidenziano sul piano nazionale e -seppure con diverse proporzioni- nel quadrante di Centro Nord una tendenza alla progressiva riduzione della quota di strutture in grado di soddisfare le condizioni poste, man mano che da quelle meramente adempimentali e minimaliste, si passa a quelle che presuppongono un maggiore consolidamento organizzativo (codifica dei tempi di accesso alle politiche) e più raffinate scelte istituzionali (adozione di strumenti Questa prospettiva di analisi consente di adottare una chiave di lettura più “matura”: in primo luogo, in termini di analisi e valutazione dei processi istituzionali, proponendo un modello che tenga conto della pluralità di variabili che agiscono contemporaneamente nella realizzazione di un processo istituzionale e di servizio. In secondo luogo in termini di contributo alla definizione di un modello di osservazione più realistico e rispondente all’effettivo ruolo assunto dai SPI nell’ambito delle politiche del lavoro. Quest’ultima notazione può essere estesa anche all’attuale quadro congiunturale, essendo la filiera di azioni presa in considerazione assai sovrapponibile al disegno operativo definito nella recente legislazione (L. 2/2009) per ciò che attiene il contributo dei SPI alle politiche di contrasto alla crisi economica. 13 58 di trasparenza). Su scala nazionale, se poco più di 8 CPI su 10 garantisce l’offerta minima di politiche previste dal D.Lgs. 181/2000 e s.m., la quota di quelle che stimano di realizzare l’accesso a queste ultime entro i 90 giorni previsti non supera il 57,7%, per contrarsi ad un 55,5% in corrispondenza dell’adozione di strumenti di trasparenza nel rapporto tra CPI e disoccupato. Appare evidente come il sistema nazionale sconti il peso delle strutture che, nel Mezzogiorno, operano in mercati del lavoro tradizionalmente meno competitivi, peraltro non disponendo di una struttura istituzionale in grado di supportare un’adeguata (sul piano quantitativo) e tempestiva (sul piano qualitativo) offerta di politiche di intervento, con relativa difficoltà nel codificare e pianificare gli interventi individuali. Si riduce infatti ad appena il 42,8% (230 strutture su 537) la quota di CPI in grado di soddisfare contemporaneamente l’intera filiera di condizioni osservate, delle quali ben 8 su 10 (192 su 230) si collocano nei quadranti di Centro Nord. In questo quadro, il sistema toscano -pur esprimendo valori inizialmente meno elevati di quelli dei quadranti di immediato riferimento- si presenta complessivamente più omogeneo nei suoi valori: che taluni elementi siano ormai acquisiti è evidente nel fatto che il numero di strutture che soddisfa le singole condizioni oscilli tra le 35 e le 36 unità (87,5-90% del totale), delle quali ben 33 (oltre 9 su 10) sono in condizione di soddisfarle contemporaneamente. Tale caratteristica risulta ancor più avvalorata in rapporto ai valori del gruppo di confronto, talché dei 107 CPI che soddisfano la condizione più minimalista (98,2% dei casi) “solo” 89 (81,7%) realizza l’intera filiera, con una oscillazione percentuale tra l’87 e il 90% (9599 CPI) per ciò che attiene le restanti condizioni. Il quadro fin qui tratteggiato può essere completato da un breve cenno alla presenza dei pre-requisiti operativi e funzionali in grado di determinare, almeno in parte, la possibilità per i CPI di offrire almeno il “mix di politiche attive” previste dal D.Lgs. 181/2000 e di configurare un’offerta potenziale di servizi che, per complessità e diffusione territoriale, si collochi al di sopra del profilo organizzativo “di minima” previsto per tutti. In questo senso la tabella 2.5 apporta ulteriori elementi che sembrano rafforzare le evidenze complessivamente emerse fin qui, almeno sotto due punti di vista: -- in termini di erogazione “assoluta” di singoli servizi (osservati tanto in modalità minimalista, quanto in modalità complessa), laddove si riscontra un andamento regionale coerente con quello dei quadranti di immediato riferimento; 59 -- in corrispondenza di alcune tra le filiere di azione più complesse (bilancio di competenze, gestione di voucher o pacchetti formativi on demand), il sistema regionale risulta in grado di far prevalere la presenza delle già citate caratteristiche istituzionali e strutturali: da un lato la presenza di una dotazione di personale più congrua e con una maggior componente di figure specialistiche, rispetto ai sistemi simili a quello toscano; dall’altro la presenza di condizioni di sistema che ampliano la filiera di strumenti di governo dei percorsi individuali integrati, a quote maggioritarie di CPI nella regione. Tabella 2.5 CPI: servizi alla persona Valori assoluti e % Toscana N. % riga Colloqui individuali di orientamento/compilazione CV Rinvio alla FP - autoconsultazione, informazione assistita Ricognizione delle competenze trasversali dei disoccupati Bilancio di competenze Gestione/erog.ne voucher formativi (α) Attivazione pacchetti formativi on demand (β) Gestione/attivazione di voucher o di pacchetti (α o β) Fonte: ISFOL - Monitoraggio SPI, 2008 37 36 35 33 21 19 27 92,5 90,0 87,5 82,5 52,5 47,5 67,5 Centro Gruppo di Nord confronto N. % riga N. % riga 304 301 229 133 133 100 161 95,9 95,0 72,2 42,0 42,0 31,5 50,8 107 107 81 34 59 44 67 98,2 98,2 74,3 31,2 54,1 40,4 61,5 Italia N. % riga 513 487 381 234 193 121 225 95,5 90,7 70,9 43,6 35,9 22,5 41,9 L’osservazione complessiva dei dati restituisce un’immagine del sistema nazionale dei SPI in cui risulta ormai acquisita una erogazione minimalista dei servizi di orientamento e rinvio alla formazione professionale, secondo una chiave prevalentemente “info-orientativa”, basata sull’offerta assistita di informazioni e sull’assistenza di personale specializzato (realizzazione di colloqui, assistenza nella compilazione dei CV o nell’autoconsultazione del catalogo dell’offerta formativa). Ciò avviene in almeno il 90% delle strutture italiane, con valori superiori nei restanti quadranti considerati (anche fino al 98% del totale). Questa offerta risulta, inoltre, accompagnata abbastanza spesso (almeno nel 70,9% dei casi nazionali, ma con punte più elevate negli altri quadranti) da una ricognizione delle competenze e capacità trasversali dei disoccupati, al fine di affinare il patrimonio informativo del CPI sulle candidature e armonizzarlo con le richieste delle aziende. Complessivamente minoritaria è la realizzazione di percorsi strutturati e complessi di orientamento finalizzati alla redazione 60 del bilancio di competenze: in tutte le circoscrizioni territoriali di riferimento, salvo quella regionale, si registrano valori compresi tra il 31,2% del gruppo di confronto e il 43,6% nazionale. Egualmente minoritaria risulta la consistenza dei più avanzati sistemi di gestione del rinvio alla formazione professionale a livello nazionale, come al Centro Nord: l’effetto “rifrattivo” della presenza piuttosto eterogenea a livello provinciale delle “premesse istituzionali” ad un raccordo istituzionale tra i settori ai quali afferiscono i due sistemi (lavoro e formazione), si manifesta sottoforma di valori complessivamente attenuati per ciò che attiene i CPI in grado di attivare pacchetti formativi on demand, ovvero di gestire o concorrere alla gestione di voucher formativi. Nel complesso, le strutture che sono messe in condizione di far leva su almeno una delle due strumentazioni considerate non superano la quota del 41,9%, con punte più elevate nel Centro Nord (50,8%) e complessivamente significative presso il gruppo di confronto (61,5%). Il profilo toscano risulta in linea a quello osservato solo per ciò che attiene la prima generale offerta di servizi info-orientativi (colloqui individuali, compilazione CV) o di assistenza all’informazione sui corsi di formazione disponibili. A partire dalle filiere di servizio successive esso assume valori superiori rispetto al dato nazionale e a quello delle regioni centrosettentrionali. In particolare, in ambito orientativo-consulenziale non si registra alcuna contrazione repentina delle quote di CPI in grado di offrire servizi più approfonditi (ricognizione delle competenze trasversali) ovvero più strutturati (bilancio di competenza): ferma restando una maggiore diffusione della tipologia di azioni info-orientative (tra il 90 e il 92% del totale dei CPI toscani), la quota di quelle ascrivibili alla filiera consulenziale si attesta tra l’82,5 e l’87,5% delle strutture, con valori quasi doppi rispetto a quelli altrove osservati in corrispondenza del bilancio di competenze. Vale la pena di richiamare quanto emerso nelle pagine iniziali relativamente alla dotazione di risorse umane attive presso i CPI toscani. Tale caratteristica avvalora la suggestione in base alla quale una composizione delle risorse umane più sbilanciata a favore della componente consulenziale (più che doppia rispetto agli altri quadranti) permette di supportare l’erogazione di un’offerta funzionale più complessa presso una quota molto ampia di CPI, attenuando eventuali disparità territoriali, specie tra CPI capoluogo di provincia e CPI non capoluogo. 61 Appare del tutto evidente che ad una simile ed auspicabile opzione (quella della qualificazione e integrazione degli organici) corrispondano anche nodi organizzativi di fondo, legati alla capacità di istituzionalizzare e consolidare “a regime” il modello di servizio raggiunto, nonché alla necessità di mantenere (quando non di accrescere) il grado di omogeneità di servizio che, almeno sulla base degli indicatori utilizzati, il sistema regionale sembra esprimere. Volgendo lo sguardo al rinvio alla formazione professionale dell’utenza dei CPI, il sistema toscano segue la traiettoria già osservata di una relativa mitigazione dei valori, rispetto all’ambito orientativo, sebbene con proporzioni più contenute. Come osservato, incidono in queste evidenze, le ricadute di un quadro istituzionale nel quale il raccordo tra i settori del lavoro e della formazione appare quanto meno più organico che in altre realtà italiane. Conseguentemente, il profilo funzionale si presenta sovraordinato rispetto ai quadranti di immediato riferimento ed appare a tratti più strutturato (pur nel quadro di valori solo parzialmente maggioritari) di quello del gruppo di confronto. La “copertura effettiva” delle strutture in condizione di disporre di voucher o di poter concorrere alla gestione di pacchetti on demand è in Toscana pari al 67,5% del totale, a fronte di un 61,5% del gruppo di confronto (50,8% Centro Nord, 41,9% Italia) ed in entrambi i casi, almeno un terzo dei CPI di ciascuna circoscrizione territoriale è in condizione di disporre di entrambi gli strumenti (22,7% Centro Nord, 16,6% Italia). 2.4 Servizi alla domanda A differenza di quanto emerso per i servizi alla persona, nel caso della filiera di attività rivolte al miglioramento dei processi di intermediazione della domanda e dell’offerta, nonché al supporto e all’assistenza tecnica e giuridica alle imprese, è possibile riscontrare una sostanziale assenza di indicazioni di riferimento. In primo luogo per la specificità dell’utenza di riferimento: le imprese esprimono una minore “dipendenza” dai servizi della P.A., per capacità di organizzazione dei propri interessi strategici, economici ed operativi, per modalità di azione (associazioni di categoria, associazioni di servizio, ad esempio nel reclutamento) e di condizionamento dei territori di elezione. L’unica eccezione si ravvisa ovviamente negli adempimenti obbligatori previsti dalla legge. 62 Un altro aspetto attiene alla notevole polverizzazione del tessuto imprenditoriale e dell’impatto che tutte le caratteristiche di esso (tasso di natalità/mortalità molto elevato; molteplicità di comportamenti in funzione dell’ampiezza e del settore di appartenenza; ecc.) hanno nella gestione di un rapporto tra esse e SPI. Rapporto che, peraltro, risulta condizionato da due fattori: l’uno costituito dalla cultura organizzativa e l’altro dall’immaginario istituzionale delle parti: -- sul versante datoriale, appare evidente che le imprese siano portatrici di proprie strategie di “segmentazione” del mercato dei canali di intermediazione e scontino una radicata visione dei CPI come canali di intermediazione dell’offerta di lavoro portatrice di vantaggi fiscali, oppure genericamente qualificata; -- sul versante SPI, il sistema eredita un impianto logico e funzionale asimmetrico, cioè sbilanciato più verso l’offerta di lavoro (con un’organizzazione territoriale da servizio di prossimità al cittadino) che verso la domanda, nei confronti della quale esso è debitore di un’organizzazione non coerente con le caratteristiche specifiche del target imprese. In secondo luogo nel rapporto di servizio tra CPI e azienda, influisce l’assenza di alcun tipo di regolazione normativa essendo le imprese vincolate unicamente agli adempimenti di natura obbligatoria (comunicazioni obbligatorie on line). Non esiste, cioè, un protocollo standard simile e/o speculare a quello definito dal D.Lgs. 181/2000 e s.m. per i disoccupati, in grado di individuare un plesso di funzioni o una combinazione di azioni che i SPI sono chiamati ad erogare alle aziende, entro forme e tempi codificati. È tuttavia possibile assumere che le attività legate alla raccolta, pubblicizzazione e diffusione della domanda di lavoro costituiscano una precondizione funzionale alla possibile messa in opera del dispositivo di “presa in carico” delle persone. Questa premessa è necessaria per introdurre all’osservazione della filiera di servizi rivolti al versante datoriale, che -ancor più di quanto non osservabile per i servizi alla persona- ha conosciuto uno sviluppo variegato e diversificato nelle forme e nella tempistica, risultando condizionato dagli elementi di natura istituzionale e operativa sopra citati, nonché ancor più esposto alle dinamiche dei mercati del lavoro. Uno sviluppo che, inoltre, risulta particolarmente esposto alla combinazione di diversi fattori, tra i quali: la diversa capacità di ingegneria istituzionale espressa ai livelli locali; la capacità di organizzazione e animazione delle reti di dialogo territoriale con l’addentellato della individuazione, raccolta, 63 codifica e somministrazione dei contenuti di servizio veicolati dai CPI (onde evitare il più possibile l’ingenerare attese che non si è in grado di mantenere nei confronti dell’utenza). Non ultima, del resto, è da considerare anche la componente legata alla possibilità organizzativa -assai diversificata su scala locale- di poter disporre di risorse, mezzi e modalità di azione sganciate dai protocolli di interazione tradizionali con le persone ed espressamente dedicate e ritagliate sulle modalità di azione e comportamento nel mercato della ricerca di lavoro, da parte delle aziende. Pur in assenza di un paradigma generale, e scontando la diversificazione di scelte e prassi a livello locale, nell’osservazione dell’area dei servizi alla domanda di lavoro, si tenterà di mutuare l’impianto già adottato per i servizi alla persona. Si rivolgerà pertanto l’attenzione: -- ad alcune aree di azione in grado di ricostruire l’attività di coordinamento e indirizzo operata dagli uffici provinciali dei SPI; -- all’erogazione di servizi finalizzati all’intermediazione e al supporto alle imprese, tentando di rappresentare come esse costituiscano il punto di intersezione di diverse attività (raccolta, diffusione della domanda di lavoro, preselezione, ma anche analisi e utilizzo delle informazioni), ciascuna con le proprie inferenze organizzative e le sue dinamiche. In particolare sono stati presi in considerazione quattro ambiti operativi e/o istituzionali, per ciascuno dei quali sono state individuate le condizioni minime di soddisfazione: 1. analisi dei fabbisogni: realizzazione di almeno un’attività di analisi dei fabbisogni professionali o formativi delle aziende; 2. attività promozionali: realizzazione di almeno due (una relativa alla mera diffusione informativa a prescindere dal canale, l’altra relativa al contatto più diretto con il destinatario della promozione) modalità o realizzazione di un piano di marketing; 3. patto di servizio: adozione del patto con le imprese (patto di servizio, piano di azione aziendale, ecc.); 4. supporti informatici: possibilità di utilizzare entrambe le banche dati, eventualmente prodotte dalla presenza di sistemi di gestione on line delle rispettive filiere della domanda e dell’offerta di lavoro, al fine di supportare i processi di matching on line. Com’è osservabile per tre delle quattro condizioni istituzionali è stata posta una soglia minima di ingresso corrispondente alla manifestazione di un fenomeno, quale che sia, ascrivibile all’ambito 64 di azione osservato, con la sola eccezione relativa all’adozione di strumenti di trasparenza nella gestione del rapporto di servizio con le imprese, dove la condizione è univoca, non essendovi alternative operative da considerare. Per ciò che attiene la prima e la seconda condizione, trovandosi in presenza di più modalità di azione o di una varietà di attività in grado di corrispondere al disegno condizionale, si è optato per la scelta di una soglia qualificata: nel primo caso ponendo che sia sufficiente la realizzazione di una qualsiasi attività di analisi dei fabbisogni delle imprese, indipendentemente dalla periodicità od occasionalità delle stesse. Nel secondo caso si è optato per un doppio ordine di soglie di soddisfabilità: una prima, in assenza di una strategia di comunicazione strutturata, è costituita dall’utilizzo combinato di più modalità di marketing verso le aziende a patto che vi sia almeno una modalità dell’area dell’informazione tout court (invio materiale per posta o via web) e, al contempo, almeno una modalità dell’area del contatto diretto, mediato o immediato, con i datori di lavoro (visite dirette, incontri istituzionali, telemarketing). La seconda soglia, in alternativa alla prima, è costituita dalla adozione di una strategia strutturata di promozione nei confronti dei datori di lavoro. Per quanto concerne la quarta condizione, in luogo di legare la soglia di soddisfabilità alla mera presenza di applicativi informatizzati, si è optato per un indicatore più robusto, e coerente rispetto ai tempi e all’evoluzione dei canali e delle strategie di ricerca di personale da parte delle imprese: quello legato alla possibilità di utilizzare entrambe le banche dati (relative alla domanda e all’offerta) per gestire il matching on line. La tabella 2.6 restituisce i risultati. A livello nazionale si evidenzia una maggiore copertura in corrispondenza delle prime due condizioni, legate alla realizzazione di attività di analisi dei fabbisogni e al dispiegamento di un comportamento promozionale dei SPI avente un minimo di articolazione o strutturazione. Tali caratteristiche sono estese ad una quota di uffici provinciali compresa tra il 70,6% e il 72,5% del totale. Complessivamente più contenuta è la copertura della terza14 e quarta condizione15 (18,8% e 46,1% delle province), sulle quali In particolare, sulla condizione n. 3 a pesare è lo storicamente tortuoso e faticoso processo di codifica dell’ampiezza dei servizi alla domanda e della loro tempistica, del quale la predisposizione di un patto di servizio si pone a valle o, se si vuole, a compimento. 15 Dal canto suo la condizione n. 4 può costituire una cartina di tornasole dei processi di implementazione della informatizzazione e gestione delle informazioni. Essi sono stati largamente dispiegati in assenza di chiare e strutturate direttive nazionali (da ultimo introdotte sullo scorcio del 2007, con alcuni interessanti risultati) e in presenza di una forte autonomia dell’iniziativa locale (provinciale) nella definizione degli apparati e delle infrastrutture. 14 65 pesano i condizionamenti derivanti dalla lentezza o farraginosità con le quali, nella nostra pubblica amministrazione, si sono storicamente realizzati alcuni processi istituzionali (es. informatizzazione, codifica di servizi a carattere “proattivo”). Tabella 2.6 sistemi provinciali per l’impiego: presenza di condizioni propedeutiche all’erogazione dei servizi alle imprese Valori assoluti e % Analisi fabbisogni occupazionali e/o qualifiche richieste Marketing alle imprese Stipula del patto di servizio con le imprese Possibilità per i CPI di utilizzare entrambe le banche dati (domanda e offerta) per il matching on line Totale Fonte: ISFOL - Monitoraggio SPI, 2008 Toscana Centro Nord Gruppo di Italia confronto Val. ass. Val. % Val. ass. Val. % Val. ass. Val. % Val. ass. Val. % 8 80,0 54 81,8 20 83,3 72 70,6 9 1 90,0 10,0 55 13 83,3 19,7 20 6 83,3 25,0 74 19 72,5 18,8 3 30,0 36 54,5 16 66,7 47 46,1 10 100,0 66 100,0 24 100,0 102 100,0 Il sistema toscano segue una traiettoria originale e parzialmente non sovrapponibile con quello dei quadranti di immediato riferimento. Per ciò che attiene le prime due condizioni, appare evidente come in Toscana -non diversamente che nel gruppo di confronto e nel Centro Nord- le attività di analisi dei fabbisogni delle aziende e quelle di marketing strutturato, risultino organiche ai comportamenti e agli indirizzi istituzionali che presiedono l’attenzione al versante datoriale. Per ciò che attiene le seconde due condizioni, quelle grosso modo più “futuribili” rispetto al percorso di sviluppo conosciuto dai nostri SPI, il sistema regionale presenta nel caso dell’attivazione di strumenti di trasparenza e codifica del rapporto con l’utenza, un dato di marginalità che è inscrivibile nello scenario generale anzidetto. Nel caso della disponibilità di banche dati in grado di supportare, contemporaneamente sul versante della domanda e dell’offerta, il matching on line, si denota un profilo minimalista, con appena 3 sistemi provinciali su 10 in grado di soddisfare la condizione posta. Il tessuto operativo sul quale poggiano i servizi di raccolta delle vacancies (Tab. 2.7) risulta costituito da una forte componente operativa basata su protocolli tradizionali, in base ai quali i CPI attendono che l’utenza si manifesti presso i propri uffici. Essi sono attuati secondo modalità molto prossime alla vecchia tradizione collocativa (sportello, telefono, fax in almeno il 90% degli uffici) ovvero ricorrendo agli strumenti più moderni, come il web (almeno 66 l’81% dei CPI), ma comunque coerenti con il disegno organizzativo dei CPI basato largamente su protocolli di interazione passivi con l’utenza. In effetti si attesta su valori modesti il ricorso alla sollecitazione delle vacancies mediante contatto diretto presso l’impresa (poco più della metà dei CPI). Abbastanza impermeabili al territorio, inoltre, risultano i CPI in tutti i quadranti, per ciò che attiene la possibilità di raccordo con altri soggetti, pubblici e privati per realizzare tali attività. Queste ultime, a ben vedere, costituiscono una prima cartina di tornasole della capacità di rete e nella propensione all’investimento in essa da parte dei SPI, avendo come core dell’interlocuzione una tipologia di informazioni che, per la natura e lo scopo di tali attori, si potrebbe definire “qualificata”, risultando essenziale per la realizzazione di processi di intermediazione. Tabella 2.7 CPI, modalità di raccolta della domanda di lavoro delle imprese Valori assoluti e % Sportello, telefono, Internet Sollecitazione Attraverso altri Attraverso fax (e-mail) presso l’impresa soggetti pubblici agenzie private Val. ass. Val. % Val. ass. Val. % Val. ass. Val. % Val. ass. Val. % Val. ass. Val. % Toscana 37 92,5 Gruppo di confronto 106 97,2 Centro Nord 305 96,2 Italia 484 90,1 Fonte: ISFOL - Monitoraggio SPI, 2008 37 102 275 437 92,5 93,6 86,8 81,4 27 90 223 289 67,5 82,6 70,3 53,8 12 28 86 172 30,0 25,7 27,1 32,0 9 11 77 168 22,5 10,1 24,3 31,3 I profili riconducibili agli altri quadranti geografici e al sistema toscano dei SPI possono considerarsi almeno parzialmente sovrapponibili con quello appena tratteggiato, laddove si riscontra la diffusa contaminazione di modelli e protocolli di servizio mutuati dal vecchio collocamento (servizi a sportello, raccolta informativa per telefono o fax, con quote largamente superiori al 90%, con un 92,5% nei CPI della Toscana) o comunque coerenti con questo modello operativo che ancora informa i CPI (ricorso ad Internet, con il sistema regionale e il gruppo di confronto esprimenti quote superiori non solo al dato nazionale, ma anche a quello del Centro Nord). La sovrapponibilità dei profili si dissolve in corrispondenza delle modalità di contatto più proattive. Un indicatore di questo fenomeno è dato dal valore dei CPI che nel Centro Nord e nel gruppo di confronto dichiarano di realizzare forme di sollecitazione diretta delle vacancies presso le imprese, pari rispettivamente al 70,8% e all’82,6% del totale. Il dato del sistema toscano si attesta leggermente al di sotto di tali valori, talché circa i due terzi dei CPI risultano adottare, tra le altre, anche simili modalità. 67 In via generale, quel profilo mediamente sovraordinato, espresso dai CPI toscani in corrispondenza della filiera dei servizi alla persona, risulta ora attenuato, soprattutto in relazione alle funzioni più proattive, benché largamente attestate su valori che ne confermano il relativamente alto grado di strutturazione e organizzazione. Un quadro sostanzialmente analogo si delinea nell’osservazione della filiera dei servizi di preselezione (Tab. 2.8). In questo ambiente si riscontra la presenza di un impianto basato su una gestione “a distanza” dei servizi richiesti sul quale si innesta “pro quota” il ricorso a modalità basate sull’interazione e la negoziazione del prodotto finale direttamente con l’impresa: circa l’87% dei CPI realizza, infatti, attività di preselezione basate sull’invio di rose di disponibili coerenti con i profili segnalati dalle aziende, con punte fino al 95% negli altri quadranti e del 92,5% in Toscana. Poco meno di 6 CPI su 10, invece, fa ricorso a modalità più complesse, basate su un rapporto continuativo con l’impresa, di “preselezione con o per conto dell’impresa”, anche in questo caso con punte del 66% nel Centro Nord e del 65% in Toscana. Tabella 2.8 CPI: modalità di erogazione dei servizi di preselezione del personale Valori assoluti e % Invio di una rosa di candidature rispondenti al profilo richiesto ed effettivamente disponibili all’impiego Preselezione con o per conto delle imprese Invio di una rosa di candidature: definizione di un termine temporale Verifica dell’esito della preselezione Preselezione per conto di Agenzie di somministrazione Fonte: ISFOL - Monitoraggio SPI, 2008 Toscana Gruppo di confronto Centro Nord Italia Val. ass. Val. % Val. ass. Val. % Val. ass. Val. % Val. ass. Val. % 37 92,5 105 96,3 303 95,6 467 87,0 26 65,0 72 66,1 197 62,1 319 59,4 33 82,5 94 86,2 246 77,6 360 67,0 36 90,0 103 94,5 291 91,8 422 78,6 8 20,0 27 24,8 79 24,9 114 21,2 Dove il sistema regionale, coerentemente con gli altri due quadranti ad esso più prossimi, segna i valori di maggior differenza rispetto al quadro nazionale, è in corrispondenza degli eventi di servizio, o delle soluzioni organizzative che presuppongono una migliore capacità di gestione del carico di lavoro, una migliore conoscenza dei propri archivi, ovvero un loro grado di attualizzazione maggiore ed una coerente necessità di reperire informazioni relative agli esiti del servizio realizzato. 68 In questo senso, i valori relativi ai CPI che fissano un termine temporale entro il quale fornire la rosa di nominativi alle imprese, ovvero adotta una procedura di feedback sull’esito dell’invio di essi, risulta ampiamente al di sopra dei valori medi nazionali: oltre 8 CPI toscani su 10 fissano un termine temporale per l’espletamento delle procedure preselettive, mentre 9 su 10 predispongono per un ritorno informativo su esse. Valori allineati a questi si osservano nei quadranti del Centro Nord e del gruppo di confronto. Analizzati in “controluce” i dati relativi all’area funzionale dell’intermediazione evidenziano senz’altro l’appartenenza dei CPI toscani agli estremi più elevati e consolidati di un sistema per l’impiego nazionale caratterizzato, in questo ambito, da elementi contraddittori e da inframmettenze legate al vecchio collocamento che, nel tempo, ne hanno accompagnato lo sviluppo. Ciò viene a spiegare la maggiore “sovrapponibilità” del profilo regionale con quello nazionale e di quadrante geografico in corrispondenza di quelle modalità e impostazioni di servizio più immediatamente riconducibili a quella “eredità”. D’altro canto, il sistema regionale riflette, con proporzioni talvolta allineate (utilizzo del web, preselezione con o per le imprese, verifica degli esiti), talvolta leggermente sottodimensionate (sollecitazione diretta delle vacancies), i tratti caratteristici dell’area proporzionalmente più strutturata del sistema dei SPI italiano. Alla luce del complesso delle caratteristiche fin qui emerse, si avvalora la considerazione in merito ad un posizionamento complessivo nel quadro nazionale, poggiante su una solidità operativa e istituzionale ed una omogeneità dei livelli operativi e di servizio, forse più esplicita sul versante dei servizi di diagnostica e di “presa in carico” delle persone, che non su quello dei servizi alla domanda di lavoro. L’osservazione della filiera dei servizi dedicati ai datori di lavoro si conclude con un ultimo affondo relativo ai servizi di carattere consulenziale (Tab. 2.9), intesi nella doppia declinazione dell’offerta più o meno strutturata e ampia di informazioni, e in quella del coinvolgimento dei CPI in servizi più complessi. Tra questi ultimi si individuano quelli in grado di disegnare una certa capacità consulenziale e progettuale, basata sull’utilizzo delle informazioni a propria disposizione, nonché delle relazioni di rete intessute direttamente o grazie alla mediazione istituzionale delle rispettive province, o ancora sulla capacità di prestare supporto operativo alle azioni di politica attiva promosse su scala provinciale o regionale. 69 Tabella 2.9 CPI, servizi consulenziali alle imprese Valori assoluti e % Informazioni su tipologie contrattuali e altre agevolazioni Informazioni su adempimenti amministrativi Informazioni sul mercato del lavoro locale Informazioni su formazione professionale Consulenza per adempimenti legali e amministrativi Servizi di analisi, progett., accompagnam. e A.T. alle imprese Coinvolgimento in azioni di riqualificazione/ ricollocazione dei lavoratori in mobilità Fonte: ISFOL - Monitoraggio SPI, 2008 Toscana Centro Nord Gruppo di confronto Val. ass. Val. % Val. ass. Val. % Val. ass. Italia Val. % Val. ass. Val. % 35 87,5 293 92,4 105 96,3 454 84,5 33 28 30 82,5 70,0 75,0 290 227 225 91,5 71,6 71,0 105 81 90 96,3 74,3 82,6 450 359 347 83,8 66,9 64,6 26 65,0 234 73,8 87 79,8 352 65,5 29 72,5 200 63,1 73 67,0 276 51,4 23 57,5 182 57,4 69 63,3 243 45,3 In generale, si osserva un progressivo decremento dell’ampiezza dell’offerta di servizi man mano che si abbandona il versante meramente informativo di carattere strettamente amministrativo e legale (83-84% dei CPI), per abbracciare un orizzonte informativo più ampio (mercato del lavoro, offerta di politiche, ecc.), o più qualificato (consulenza tout court) -non più dei due terzi dei CPIovvero uno strettamente attinente all’utilizzo e/o organizzazione delle informazioni e delle conoscenze locali, e/o alla valorizzazione del “mestiere” dei propri operatori (tra il 45 e il 51% dei Centri). Il medesimo andamento, sebbene attestato su livelli superiori, è riscontrabile presso il quadrante centro-settentrionale, il gruppo di confronto e in quello toscano. Quest’ultimo si colloca in posizione intermedia tra il dato nazionale nel suo complesso e quello degli altri due quadranti geografici. Se si osserva (Graf. 2.10), invece la compresenza effettiva e l’ampiezza di tipologie di informazioni offerte da ciascun CPI si nota un certo riallineamento tra il dato regionale toscano e quello dei quadranti di immediato riferimento: in tutti e tre i casi, l’intera filiera informativa (tipologie contrattuali, adempimenti, mercato del lavoro e formazione professionale) è offerta nel 60% dei CPI considerati (59,7% nel Centro Nord, 68% nel gruppo di confronto), a fronte di un 54,7% nazionale. Analogo ordine di considerazioni e di proporzioni emerge in relazione alla quota di CPI che, nei vari quadranti, risulta in grado di offrire l’intera gamma di servizi osservati. Coerentemente con quanto osservato in via generale (contrazione dell’offerta in 70 corrispondenza dei servizi più complessi) i valori risultano più contenuti e mai superiori alla metà delle strutture appartenenti a ciascuna circoscrizione territoriale, con un generale incremento del differenziale rispetto al dato nazionale (circoscritto a non più di una struttura su tre). Grafico 2.10 CPI: offerta combinata di servizi consulenziali alle imprese. Quota di CPI che offre la filiera più estesa Valori % 80% 70% Filiera consulenziale/progettuale 60,0 60% 50% 42,5 Filiera informativa 67,9 59,6 54,7 49,5 41,3 40% 32,8 30% 20% 10% 0% TOSCANA Centro Nord Gruppo di Confronto ITALIA Fonte: ISFOL - Monitoraggio SPI, 2008 In termini di posizionamento relativo, questa visione d’insieme consente di osservare come, per entità “assoluta” dell’offerta di servizi consulenziali ai datori di lavoro, la Toscana si attesti su livelli intermedi tra il dato nazionale e quelli di quadrante geografico, ancorché distanziata, talvolta significativamente, dal gruppo di confronto. Quando da un’ottica meramente compilativa si passa ad una chiave di lettura più “realistica”, che prende in considerazione l’effettiva ampiezza dello spettro di funzioni contestualmente erogabili dalle singole strutture, lo scenario presenta un profilo differente. In questo secondo caso, infatti, è osservabile un posizionamento regionale nel quadro delle dinamiche funzionali dei sistemi regionali del Centro Nord, in particolare presso gli estremi superiori di esso. Tutto ciò al netto delle consolidate distanze dal gruppo di confronto la cui offerta funzionale, per ampiezza assoluta e dimensione della filiera osservata, risulta senz’altro maggiormente strutturata. 71 2.5 Alcune riflessioni sul posizionamento territoriale dei Servizi per l’impiego Sulla base dei dati relativi all’ultimo monitoraggio ISFOL, è possibile evidenziare alcuni elementi in grado di delineare il posizionamento territoriale dei SPI, in particolare la capacità di porsi al centro di reti di relazione, interazione, cooperazione, con altri soggetti pubblici e privati, istituzionali e non, del proprio territorio. Si propone un’osservazione indiretta o “a posteriori” isolando, presso Uffici provinciali e CPI, le fattispecie in grado di configurare un ambiente di dialogo, di relazione, di interlocuzione qualificata e/o finalizzata con altri attori: -- per ciò che attiene il livello provinciale, infatti, si prenderà a riferimento l’attività di cooperazione con i soggetti pubblici e privati diversi dai SPI, ma autorizzati al livello nazionale ad erogare servizi per il lavoro. Per cooperazione si intende la realizzazione con tali soggetti di almeno una delle modalità di rapporto comprese tra “scambio di informazioni”, “ampliamento della rete di sportelli”, fino ad arrivare alla vera e propria sinergia operativa della “integrazione delle rispettive attività”. In secondo luogo sarà osservata la realizzazione di relazioni formalizzate (convenzioni, protocolli d’intesa, ecc.) con Comuni e organismi del terzo settore finalizzate all’ulteriore integrazione e ampliamento della filiera di servizi e politiche nel territorio, nonché con altri soggetti istituzionali per la realizzazione di iniziative locali, PIT, programmazione negoziata; -- per ciò che attiene ai CPI, la scelta risulterà circoscritta all’ambito dell’intermediazione, in particolare alla filiera della raccolta delle vacancies e a quella della diffusione e condivisione di informazioni sulla domanda di lavoro delle aziende. Si tratta di un ambito informativo qualificato, trattandosi di informazioni essenziali e propedeutiche per la realizzazione delle attività che costituiscono il core business dei SPI. Sul versante provinciale si osserva un profilo assai originale del sistema toscano di relazioni, se confrontato tanto con la media nazionale e nelle sue declinazioni più (Centro Nord) o meno (gruppo di confronto) differenziate. In tal senso, la tabella 2.11 evidenzia come a livello nazionale la fattispecie della cooperazione con gli altri soggetti autorizzati ad erogare servizi per il lavoro conosca un profilo accidentato e differenziato a seconda della tipologia dei soggetti (privata vs 72 istituzionale) con un sistema complessivamente più ampio di relazioni cooperative a favore dei c.d. “intermediari speciali” (università, sindacati, consulenti del lavoro, ecc.) che con i soggetti “privati” tout court. Con i primi, infatti, hanno relazioni di tale tipologia tra il 58,8% e il 63,7% delle province, quota che si contrae in corrispondenza dei secondi a valori compresi tra il 41,2% e il 50%. Sul versante della presenza di accordi formalizzati con altri enti e attori per l’integrazione delle politiche e l’ampliamento delle filiere di offerta di servizi (specie sul versante del welfare e dello sviluppo locale) si registrano forme di interlocuzione di una certa ampiezza con i Comuni (60,8% delle province) e finalizzate ad iniziative di sviluppo locale (61,8%), piuttosto che con organismi del terzo settore (42,2%). Tabella 2.11 Sistemi provinciali: presenza di rapporti di rete con soggetti pubblici e privati nel territorio Valori assoluti e % Cooperazione con Apl Agenzie di somministrazione Agenzie di intermediazione Società di ricerca & selezione Agenzie di outplacement Università Sindacati Fondazione dei consulenti del lavoro Organizzazioni datoriali Enti bilaterali Accordi formalizzati con altri enti/attori Comuni Organismi del terzo settore Per iniziative di sviluppo locale, PIT, programmazione negoziata Fonte: ISFOL - Monitoraggio SPI 2008 Toscana Centro Nord Gruppo di confronto Italia Val. ass. Val. % Val. ass. Val. % Val. ass. Val. % Val. ass. Val. % 2 2 2 2 10 10 8 10 6 20,0 20,0 20,0 20,0 100,0 100,0 80,0 100,0 60,0 33 28 27 30 45 49 48 47 44 50,0 42,4 40,9 45,5 68,2 74,2 72,7 71,2 66,7 14 12 12 12 15 16 16 16 17 58,3 50,0 50,0 50,0 62,5 66,7 66,7 66,7 70,8 51 43 42 46 61 64 65 64 60 50,0 42,2 41,2 45,1 59,8 62,7 63,7 62,7 58,8 9 6 90,0 60,0 45 31 68,2 47,0 16 10 66,7 41,7 62 43 60,8 42,2 7 70,0 44 66,7 16 66,7 63 61,8 I quadranti di immediato riferimento del sistema toscano -il Centro Nord e il gruppo di confronto- rispecchiano, pur con alcune differenze il profilo complessivo ora disegnato. Nel Centro Nord appare più accentuato della media il sistema di relazioni cooperative con gli “intermediari speciali” (tra il 66,7% e il 74,2%), mentre nel gruppo di confronto, oltre ad un più costante ed omogeneo profilo di interlocuzione cooperativa con gli “intermediari speciali” si riscontra una frequentazione più strutturata con i soggetti privati in genere. 73 Il profilo toscano appare decisamente orientato ad una omogenea e diffusa cooperazione locale con gli “intermediari speciali” (tra l’80 e il 100% delle province con la sola eccezione degli enti bilaterali, 60%), con quote specifiche pressoché sconosciute presso gli altri quadranti (non omogenei per numerosità specifica dei casi, beninteso). Per contro, molto meno strutturata appare l’interlocuzione in forme cooperative con i soggetti privati in senso stretto (20% in tutti i casi). A conferma di un profilo di networking regionale a “forte connotazione istituzionale”, è possibile osservare anche le relativamente elevate percentuali di sistemi provinciali che realizzano accordi formalizzati con Comuni e terzo settore, ovvero finalizzati all’integrazione della linea di servizi in direzione del supporto a processi di sviluppo locale: la quota inferiore (60%) di essi è grosso modo comparabile alla quota più elevata espressa, nei confronti delle medesime fattispecie, nei quadranti del Centro Nord, del gruppo di confronto e nazionale in genere. A livello territoriale (Tab. 2.12), limitatamente ai processi propedeutici all’intermediazione di manodopera, il profilo complessivo dell’interlocuzione con altri soggetti del territorio appare senz’altro omogeneo in tutti i quadranti, compreso quello regionale. A questo livello, infatti, la possibilità di “azione” concessa dall’organizzazione degli uffici -alla cui “rigidità” si è già fatto cenno nelle precedenti pagine- non sembra conferire ai rapporti di rete, sia pur basati sullo scambio e la condivisione di flussi informativi qualificati, un andamento particolarmente consistente. Esso appare orientato in via maggioritaria, e solo per la diffusione informativa, verso il livello comunale (Informagiovani, con quote tra il 51,8 e il 66,1% e il dato toscano attestato al 55%), presso il quale il sistema dei SPI spesso si “complementa” e capillarizza rispecchiando la logica di “servizio di prossimità alle persone” che ne caratterizza il funzionamento. Modesto è il ricorso effettivo al supporto di altri soggetti pubblici -sempre nel quadro della diffusione della domanda di lavoro- quali centri formativi (27,9% complessivo, 27,5% il dato regionale) o università (14,5% la media nazionale, 15% il dato nazionale). La “sponda” presso organizzazioni di categoria sindacali o datoriali, pur a fronte di un discreto e maggioritario ricorso a forme di interlocuzione diretta con il versante datoriale riscontrate nella sollecitazione delle vacancies, appare comunque limitata (19,9%), con il dato regionale superiore a quanto espresso altrove (27,5%). 74 Tabella 2.12 CPI: rapporti di rete con altri soggetti pubblici e privati nell’ambito della raccolta e diffusione delle informazioni sulla domanda di lavoro Valori assoluti e % Toscana Centro Nord Gruppo di confronto Italia Val. ass. Val. % Val. ass. Val. % Val. ass. Val. % Val. ass. Val. % Raccolta delle vacancies Attraverso altri soggetti pubblici Attraverso agenzie private Diffusione informazioni sulla domanda di lavoro delle imprese Comunicazione a Centri di formazione prof.le Comunicazione a Comuni/Informagiovani Comunicazione a Università Comunicazione ad agenzie di lavoro private (Apl) Comunicazione ad organizz. datoriali o sindacali Comunicazione a CCIAA Fonte: ISFOL - Monitoraggio SPI 2008 12 30,0 9 22,5 11 22 6 4 11 3 27,5 55,0 15,0 10,0 27,5 7,5 86 27,1 77 24,3 106 181 61 42 79 40 33,4 57,1 19,2 13,2 24,9 12,6 28 11 25,7 10,1 172 32,0 168 31,3 37 72 21 11 27 11 33,9 66,1 19,3 10,1 24,8 10,1 150 278 78 66 107 53 27,9 51,8 14,5 12,3 19,9 9,9 2.6 Considerazioni conclusive Alla luce dell’analisi fin qui svolta, il sistema della Regione Toscana sembra posizionarsi nell’area dei sistemi più strutturati del Paese e risulta caratterizzato dalla presenza di elementi istituzionali, organizzativi e operativi ormai consolidati e sedimentati. Si rammenta, infatti, come nell’osservazione dei c.d. “fondamentali” di sistema, alcuni aspetti ancora largamente futuribili nel complesso del sistema nazionale appaiono come acquisiti nel quadro regionale (raccordo con la formazione professionale, patto di servizio, ecc.). Omogeneità e solidità organizzativa e funzionale emergono soprattutto nella filiera dei servizi alla persona, con l’addentellato dell’implementazione delle procedure di presa in carico dell’utenza, a loro volta integrate e completate dal ricorso a strumenti di scrematura, selezione e trasparenza delle platee di utenze e del rapporto ad esse relativo. In questo quadro assai consolidato, tuttavia, il sistema regionale presenta alcuni aspetti di criticità (intesi anche come maggiori spazi di interventi futuri) in corrispondenza dei servizi rivolti ai datori di lavoro. In questo ambiente istituzionale e operativo, infatti, se da un lato è possibile ricostruire un profilo che per consistenza può essere sovrapponibile a quello già osservato per i servizi alla persona, da un altro lato esso appare caratterizzato da una minore intensità, venato 75 da una minore omogeneità operativa e dalla presenza di una quota minoritaria di situazioni interlocutorie. La consistente qualificazione e omogeneità organizzativa riscontrata appare in buona parte correlata alla scelta istituzionale di un forte investimento quali-quantitativo sul versante della dotazione (e dell’organizzazione) delle risorse umane attive nei sistemi locali. Ciò, storicamente, porta con se aspetti contraddittori: -- seppure soggette ad una forte varianza, come in tutte le altre regioni, le strutture CPI della Toscana appaiono mediamente più dotate, più omogenee nella distribuzione delle risorse (soprattutto in relazione agli scarti tra strutture più dotate e meno dotate di personale) rispetto al resto delle circoscrizioni territoriali considerate; -- sul piano qualitativo, ciò si traduce in una potenziale capacità di fronteggiare volumi di attività più elevati rispetto ad altri quadranti, senza gravare proporzionalmente più che altrove sui carichi medi individuali delle strutture e del personale; -- il “prezzo da pagare” per un simile quadro organizzativo è quello della presenza di una componente di personale non di ruolo più che doppia rispetto a quella osservata in tutti gli altri quadranti (44% contro una media di circa il 20%); -- conseguentemente, il sistema risente di una maggiore esposizione alle variazioni di risorse economiche, dovuta alla dipendenza della porzione più qualificata del plesso organizzativo (personale e, di conseguenza anche servizi) da risorse comunitarie. Il sistema regionale, in sostanza, appare informato a scelte di fondo nette, non soltanto sul piano organizzativo e di servizio, ma anche in termini di posizionamento territoriale, laddove risulta -molto più che altrove in Italia- marcata la scelta di investire su reti di cooperazione a forte connotazione istituzionale che coinvolgono soggetti come università, comuni, associazioni datoriali e sindacali in un reticolato che si snoda tanto sul supporto ai processi di intermediazione e riqualificazione, quanto sull’orientamento dell’utenza e il miglioramento della trasparenza del mercato del lavoro. 76 3. Il Masterplan regionale dei Servizi per l’impiego. Il bilancio del biennio 2008-2009 3.1 Introduzione Il Masterplan regionale dei SPI, approvato dalla Giunta Regionale con DGR 348/2004, rappresenta lo strumento di cui si è dotata la Regione Toscana per la valutazione annuale del funzionamento e dell’efficacia dei SPI. Sulla base dei dati estratti dal sistema informativo regionale IDOL, è possibile compiere l’analisi delle attività svolte dai SPI rivolti ad una duplice tipologia di utenza: gli individui da un lato e le aziende dall’altro16. L’analisi della composizione dell’utenza potenziale, rappresenta uno degli aspetti centrali per comprendere la portata delle attività svolte dai SPI. In secondo luogo è possibile analizzare la diversa tipologia di servizi offerti, seppure limitatamente alle attività di sportello, che ovviamente non esauriscono l’intera gamma di attività erogate e che rappresentano ambiti di intervento altrettanto cruciali (ad esempio i servizi di II livello, che presuppongono l’attivazione di servizi specialistici). Il volume di lavoro svolto dagli operatori dei servizi può essere approssimato, in prima battuta, dal numero delle “prese in carico”, che costituisce un indicatore particolarmente rappresentativo della mole di utenza che quotidianamente si presenta agli sportelli. Ogni volta che un individuo o un’azienda si rivolgono allo sportello -per chiedere informazioni o accedere a servizi- viene aperto un contatto, che viene chiuso soltanto nel momento in cui l’utente, individuo o azienda, lascia il servizio. Tutti i movimenti, così come le principali caratteristiche degli utenti, siano essi aziende o individui, sono registrati dal sistema IDOL e archiviati in un database. L’insieme di tali dati costituisce la fonte informativa utilizzata per ricostruire il quadro presentato nelle pagine che seguono. In realtà i SPI svolgono attività di servizio anche per una serie di organismi pubblici (ad esempio, l’INPS, le Aziende Sanitarie, ecc.), producendo dati e informazioni funzionali alla programmazione e al controllo delle politiche e dei servizi erogati. 16 77 3.2 Gli sportelli dei Servizi per l’impiego •• Gli utenti: dinamiche e caratteristiche Nel corso del 2009, le “prese in carico” di individui agli sportelli dei SPI sono state oltre 670 mila, con una distribuzione sostanzialmente omogenea fra il primo e il secondo semestre dell’anno (Tab. 3.1). Tabella 3.1 NUMERO “prese in carico” DI UTENTI PER PROVINCIA. 2008-2009 Valori assoluti I sem. 2008 II sem. 2008 2008 I sem 2009 II sem. 2009 Arezzo 17.589 16.506 34.095 20.434 Circondario Empolese V.E. 14.020 13.026 27.046 16.982 Firenze 40.130 38.090 78.220 47.752 Grosseto 14.091 16.319 30.410 17.421 Livorno 15.872 17.866 33.738 25.194 Lucca 29.645 44.831 74.476 59.611 Massa Carrara 13.626 18.807 32.433 27.435 Pisa 24.007 28.426 52.433 35.785 Pistoia 15.252 15.212 30.464 22.197 Prato 9.179 12.139 21.318 24.591 Siena 17.282 18.189 35.471 21.401 TOSCANA 210.693 239.411 450.104 318.803 Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana 25.544 20.704 53.959 17.833 25.655 59.228 28.219 40.787 27.461 27.072 25.470 351.932 2009 45.978 37.686 101.711 35.254 50.849 118.839 55.654 76.572 49.658 51.663 46.871 670.735 Il trend rilevato evidenzia un incremento delle pratiche relative agli utenti lavoratori gestite da parte dei servizi, già a partire dal secondo trimestre del 2008 (+16%), ma che si accentua a partire dal 2009: la mole di utenza quotidianamente trattata dagli operatori, infatti, è aumentata del 51% nel primo semestre 2009 e del 47% nel secondo semestre del 2009 (Graf. 3.2). Grafico 3.2 NUMERO DI “PRESE IN CARICO” DI UTENTI. TOSCANA. 2007-2009 Valori assoluti 400.000 320.000 240.000 160.000 80.000 0 I semestre 2007 II semestre 2007 I semestre 2008 Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana 78 II semestre 2008 I semestre 2009 II semestre 2009 A fronte di oltre 670 mila contatti, gli individui che si sono rivolti agli sportelli sono stati quasi 435mila (Tab. 3.3). Così come per le prese in carico, la dinamica è nettamente espansiva nel corso del biennio osservato, con tassi di variazione che tendono ad accentuarsi a partire dalla seconda metà del 2008 e attestarsi al 38% nei due semestri del 2009 (Graf. 3.4). Tabella 3.3 NUMERO DI UTENTI PRESI IN CARICO PER PROVINCIA. 2008-2009 Valori assoluti I sem. 2008 II sem. 2008 2008 I sem. 2009 II sem. 2009 2009 Arezzo 12.705 12.989 Circondario Empolese V.E. 9.211 8.888 Firenze 28.967 28.500 Grosseto 10.694 12.409 Livorno 12.618 14.863 Lucca 16.035 23.052 Massa Carrara 7.320 9.595 Pisa 17.678 21.504 Pistoia 12.309 12.763 Prato 7.392 9.656 Siena 12.135 13.384 TOSCANA 147.064 167.603 Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana 25.694 18.099 57.467 23.103 27.481 39.087 16.915 39.182 25.072 17.048 25.519 314.667 15.476 11.267 33.726 12.542 19.512 27.337 10.827 23.697 17.379 17.621 14.127 203.511 19.053 14.246 38.062 13.069 20.025 29.623 11.334 28.231 20.758 19.280 17.374 231.055 34.529 25.513 71.788 25.611 39.537 56.960 22.161 51.928 38.137 36.901 31.501 434.566 Grafico 3.4 NUMERO DI UTENTI PRESI IN CARICO. TOSCANA. 2007-2009 Valori assoluti 250.000 200.000 150.000 100.000 50.000 0 I semestre 2007 II semestre 2007 I semestre 2008 II semestre 2008 I semestre 2009 II semestre 2009 Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana Il confronto fra il numero di contatti e il numero di utenti evidenzia che ogni lavoratore, così come ogni azienda, si reca mediamente più di una volta presso gli sportelli dei SPI. Nel biennio 2008-2009 il rapporto si attesta tra l’1,4 e l’1,5, ad indicare che mediamente ogni utente-lavoratore si è recato quasi una volta e mezzo allo sportello, con una lieve tendenza alla crescita nel corso dell’ultimo anno (Tab. 3.5). 79 Tabella 3.5 CONFRONTO FRA IL NUMERO DI “PRESE IN CARICO” E IL NUMERO DI UTENTI PER PROVINCIA. 2008-2009 Valori % I sem. 2008 II sem. 2008 Arezzo 1,38 Circondario Empolese V.E. 1,52 Firenze 1,39 Grosseto 1,32 Livorno 1,26 Lucca 1,85 Massa Carrara 1,86 Pisa 1,36 Pistoia 1,24 Prato 1,24 Siena 1,42 TOSCANA 1,43 Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana 1,27 1,47 1,34 1,32 1,20 1,94 1,96 1,32 1,19 1,26 1,36 1,43 2008 I sem. 2009 II sem. 2009 2009 1,33 1,49 1,36 1,32 1,23 1,91 1,92 1,34 1,22 1,25 1,39 1,43 1,32 1,51 1,42 1,39 1,29 2,18 2,53 1,51 1,28 1,40 1,51 1,57 1,34 1,45 1,42 1,36 1,28 2,00 2,49 1,44 1,32 1,40 1,47 1,52 1,33 1,48 1,42 1,38 1,29 2,09 2,51 1,47 1,30 1,40 1,49 1,54 Si può osservare, dunque, che l’incremento della mole di lavoro per gli operatori deve essere imputata da un lato all’incremento del numero di utenti, dall’altro al fatto che aumenta la probabilità che gli utenti si rivolgano più di una volta ai servizi. La probabilità di rivolgersi più volte nel corso dello stesso anno ai SPI mostra un’interessante variabilità nel dettaglio territoriale. Il rapporto fra “prese in carico” e lavoratori assume i valori più elevati nelle province di Massa Carrara (2,51) e Lucca (2,09). I valori più contenuti, per contro, si registrano a Livorno (1,29), Pistoia (1,30), Arezzo (1,33) e Grosseto (1,38). Così come nel precedente Rapporto (Regione Toscana, 2008), sono stati confrontati i dati relativi all’utenza effettiva, costituita dalle persone che quotidianamente si rivolgono ai servizi (e registrata dal sistema IDOL) e a quella potenziale, rappresentata da un sottoinsieme delle persone appartenenti alle forze di lavoro, stimate dalla Rilevazione Continua dell’Istat, in cui sono stati inclusi, oltre ai soggetti disoccupati e in cerca di prima occupazione, gli occupati a termine, gli occupati stabili (autonomi e dipendenti) che hanno dichiarato di essere comunque alla ricerca di un altro lavoro, gli occupati in cassa integrazione e gli studenti. Se nel corso del 2007, gli utenti dei servizi rappresentavano poco più della metà del bacino potenziale di utenti (54%), nel corso del 2008 (58%) e soprattutto nel 2009 la quota è cresciuta in maniera significativa, sfiorando l’82%. Nella procedura di presa in carico degli utenti è prevista anche la rilevazione di una serie di informazioni socio-anagrafiche degli 80 individui (in particolare il genere, l’età, il titolo di studio e la nazionalità) che consentono di delineare una sorta di identikit dei soggetti che fruiscono dei servizi offerti dai CPI. Nel corso del 2009 le donne continuano a rappresentare la quota maggioritaria degli utenti dei CPI (53%), anche se nel corso degli ultimi tre anni osserviamo una progressiva diminuzione (Graf. 3.6), che seppure con intensità diverse riguarda tutte le province toscane (Tab. 3.7). Grafico 3.6 COMPOSIZIONE PER GENERE DEGLI UTENTI PRESI IN CARICO. TOSCANA. 2007-2009 Valori % 2009 47,0 53,0 2008 40,1 59,9 2007 0% 20% F M 42,5 57,5 40% 60% 80% 100% Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana Tabella 3.7 UTENTI presi in carico per PROVINCIA E genere. 2008-2009 Valori assoluti F M 2008 Totale % donne su tot. Arezzo 15.617 10.077 25.694 Circ. Empolese V.E. 10.833 7.266 18.099 Firenze 32.369 25.098 57.467 Grosseto 13.862 9.241 23.103 Livorno 16.075 11.406 27.481 Lucca 22.333 16.754 39.087 Massa Carrara 9.021 7.894 16.915 Pisa 21.727 17.455 39.182 Pistoia 14.759 10.313 25.072 Prato 9.580 7.468 17.048 Siena 14.655 10.864 25.519 TOSCANA 180.831 133.836 314.667 Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana F M 2009 Totale % donne su tot. 60,8 19.176 15.353 34.529 59,9 13.786 11.727 25.513 56,3 37.783 34.005 71.788 60,0 14.999 10.612 25.611 58,5 20.812 18.725 39.537 57,1 30.180 26.780 56.960 53,3 10.314 11.847 22.161 55,5 26.766 25.162 51.928 58,9 21.102 17.035 38.137 56,2 18.806 18.095 36.901 57,4 16.672 14.829 31.501 57,5 230.396 204.170 434.566 55,5 54,0 52,6 58,6 52,6 53,0 46,5 51,5 55,3 51,0 52,9 53,0 Il dato è probabilmente da leggere alla luce delle dinamiche più recenti del mercato del lavoro e al diverso impatto della crisi economica sulle diverse componenti della forza lavoro (IRPETRegione Toscana, 2010). Sebbene la disoccupazione si confermi come un fenomeno prevalentemente femminile (circa i 2/3 delle persone in cerca di un’occupazione sono donne) gli ultimi dati 81 evidenziano nel corso del 2009 un aumento anche degli uomini alla ricerca di un’occupazione, diretta conseguenza della crisi in atto, che colpisce settori come l’industria e le costruzioni, caratterizzati da una minore femminilizzazione della forza lavoro. In secondo luogo, occorre tener conto anche dei possibili effetti di scoraggiamento che tendono a colpire in misura più rilevante proprio le donne in fasi congiunturali negative come quella attuale, riducendo l’intensità delle azioni di ricerca di un impiego, contribuendo all’aumento dei tassi di inattività e riducendo pertanto le probabilità di rivolgersi ai CPI. Infine, sulla composizione degli utenti in carico ai servizi è probabile influiscano anche le disposizioni anticrisi emanate a livello nazionale e regionale in merito agli ammortizzatori sociali. In base a una serie di provvedimenti a livello nazionale (in particolare l’art. 19 della Legge 2 del 28 gennaio 2009 e le integrazioni previste dalla Legge 33 del 9 aprile 2009; l’Accordo tra Stato e Regioni del 12 febbraio 2009), e all’Accordo quadro per l’erogazione della CIGS in deroga del 30 aprile 2009, sottoscritto tra la Regione Toscana, sindacati e associazioni di categoria (e successive modifiche), la possibilità di fruire di misure di integrazione al reddito è stata estesa a tutti i settori produttivi e a tutte le tipologie di lavoro subordinato, ampliando così il numero di aziende e di lavoratori interessati. In generale l’accesso alle diverse tipologie di indennità è subordinato alla dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro o a un percorso di riqualificazione professionale; in Toscana tale dichiarazione deve essere allegata alla domanda di autorizzazione alla CIG in deroga che le aziende inviano alla Regione. A seguito della sottoscrizione della DID (dichiarazione di immediata disponibilità) il lavoratore ha l’obbligo di presentarsi agli sportelli del CPI, entro 48 ore, pena decadenza del diritto a percepire il sostegno richiesto. Se si osservano i dati relativi alle richieste di CIG in deroga, in effetti, la composizione risulta essere sbilanciata a favore della componente maschile (56% contro il 44% delle donne). Per quanto concerne la distribuzione per età, si conferma la concentrazione in corrispondenza delle fasce di età centrali e una rarefazione in corrispondenza dei gruppi di età più giovani e più maturi, con differenze territoriali non particolarmente marcate (Tab. 3.8). Nel triennio si nota una progressiva riduzione della quota di giovani e giovani adulti sul totale e al contempo un incremento per gli over 45 anni (Tab. 3.9). Anche in questo caso il dato è presumibilmente da collegare al fatto che non tutte le categorie 82 di lavoratori risentono in egual misura degli effetti della crisi e al contempo non tutti i lavoratori sono soggetti in egual misura a procedure di messa in cassa integrazione che hanno contribuito nell’ultimo anno all’incremento degli accessi presso i CPI. Tabella 3.8 UTENTI PRESI IN CARICO PER PROVINCIA E CLASSI DI ETÀ. 2009 Valori assoluti <18anni 19-25 anni 26-34 anni 35-44 anni 45-54 anni Arezzo 978 6.174 9.493 10.149 Circondario Empolese V.E. 1.254 4.718 6.104 6.973 Firenze 1.985 11.654 18.656 20.701 Grosseto 898 4.960 6.810 6.918 Livorno 1.149 7.029 10.726 11.446 Lucca 2.057 11.852 15.179 14.754 Massa Carrara 340 4.791 6.028 5.748 Pisa 843 10.203 15.027 13.834 Pistoia 1.053 7.369 9.975 10.232 Prato 763 5.830 9.086 10.860 Siena 716 5.431 8.835 8.844 TOSCANA 12.036 80.011 115.919 120.459 Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana 5.968 4.850 14.123 4.530 6.922 9.670 3.936 9.064 7.226 7.742 5.756 79.787 >54 anni TOTALE 1.767 1.614 4.669 1.495 2.265 3.448 1.318 2.957 2.282 2.620 1.919 26.354 34.529 25.513 71.788 25.611 39.537 56.960 22.161 51.928 38.137 36.901 31.501 434.566 Tabella 3.9 COMPOSIZIONE PER CLASSI DI ETÀ DEGLI UTENTI PRESI IN CARICO. TOSCANA. 2009 Valori % <18 anni 19-25 anni 26-34 anni 35-44 anni 45-54 anni >54 anni 2007 3,6 18,2 2008 3,5 18,9 2009 2,8 18,4 Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana 28,2 27,4 26,7 28,1 27,5 27,7 16,7 17,2 18,4 5,3 5,4 6,1 Per concludere, soffermiamo l’attenzione sulla classe di iscrizione degli utenti che si sono rivolti ai servizi nel corso del 2009 (Tab. 3.10). Oltre il 54% degli utenti che si sono recati presso gli sportelli è iscritto come “disoccupato” o “inoccupato” (vale a dire in cerca di prima occupazione). Gli altri -occupati, cessati dall’impiego, decaduti dallo stato di disoccupazione, ecc.rappresentano il 46% dell’utenza complessiva, in crescita rispetto al dato relativo al 2008 (41%). Fra i disoccupati, si conferma la netta prevalenza dei disoccupati di lunga durata (da più di 12 mesi), che rappresentano oltre il 60% del totale; in crescita rispetto all’anno precedente quando rappresentavano il 58%. Tale dinamica è sostanzialmente simile in tutte le province toscane, con la sola eccezione di Siena, seppure continuino a sussistere profonde differenze territoriali. Nel corso del 2009, la percentuale più elevata di disoccupati di lunga durata si conferma 83 nelle province di Grosseto e Livorno, con valori attorno al 70%, a fronte di valori minimi per il Circondario Empolese Valdelsa e la provincia di Pisa (circa il 55%) (Graf. 3.11). Tabella 3.10 UTENTI presi in carico per provincia, classI di ISCRIZIONE e anzianità di disoccupazione. 2009 Valori assoluti e % Occupati/ altra condizione Arezzo 16.815 Circondario Empolese V.E. 12.154 Firenze 35.698 Grosseto 10.086 Livorno 15.943 Lucca 24.735 Massa Carrara 10.267 Pisa 22.254 Pistoia 18.238 Prato 17.333 Siena 15.131 TOSCANA 198.654 % per classe 45,7 % per anzianità di disoccupazione Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana Disoccupati/Inoccupati 0-3 mesi 4-6 mesi 7-12 mesi > 12 mesi TOTALE 3.256 3.851 7.389 2.354 3.205 5.555 2.802 8.135 5.402 4.832 4.001 50.782 986 810 2.118 793 1.215 1.695 584 1.829 1.151 1.150 1.068 13.399 2.422 1.413 4.702 1.702 2.454 4.052 1.189 3.156 2.113 2.317 1.932 27.452 21,5 5,7 11,6 11.050 17.714 7.285 13.359 21.881 36.090 10.676 15.525 16.720 23.594 20.923 32.225 7.319 11.894 16.554 29.674 11.233 19.899 11.269 19.568 9.369 16.370 144.279 235.912 54,3 61,2 100,0 TOTALE 34.529 25.513 71.788 25.611 39.537 56.960 22.161 51.928 38.137 36.901 31.501 434.566 100,0 Grafico 3.11 INCIDENZA DEI DISOCCUPATI DA OLTRE 12 MESI FRA GLI UTENTI DEI SERVIZI PER PROVINCIA. 2008-2009 Valori % Livorno Grosseto Lucca Arezzo Massa Carrara TOSCANA Firenze Prato Siena Pistoia 2008 2009 Pisa Circondario Empolese V.E. 0 10 20 30 Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana 84 40 50 60 70 80 •• L’utenza straniera17 La progressiva crescita della forza lavoro straniera nel mercato del lavoro toscano trova conferma anche nei dati di accesso al sistema regionale dei SPI. I cittadini stranieri che si sono rivolti ai servizi risultano quasi 88mila nel corso del 2009, pari al 20% sul totale degli utenti, ampiamente sovrarappresentati rispetto allo loro incidenza sul totale delle forze di lavoro (9,4%). Il dato è in sensibile crescita rispetto al 2007 (+79%), quando gli utenti stranieri erano 49mila (pari al 17,6% sul totale degli utenti) (Tab. 3.12). Tabella 3.12 UTENTI STRANIERI18 PRESI IN CARICO PER PROVINCIA. 2007-2009 Valori assoluti e % 2007 % sul totale utenti presi in carico Arezzo 3.309 Circondario Empolese V.E. 2.832 Firenze 11.061 Grosseto 4.258 Livorno 3.875 Lucca 6.900 Massa Carrara 1.738 Pisa 4.195 Pistoia 3.738 Prato 2.317 Siena 4.809 TOSCANA 49.032 Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana 13,7 16,6 21,4 18,4 14,6 20,8 12,7 14,4 15,8 17 20,6 17,6 2008 % sul totale utenti presi in carico 2009 % sul totale utenti presi in carico 4.944 3.692 14.189 4.812 4.380 8.332 2.636 6.988 4.741 3.205 6.332 64.251 19,2 20,4 24,7 20,8 15,9 21,3 15,6 17,8% 18,9 18,8 24,8 20,4 7.010 4.801 17.830 5.544 6.374 11.551 3.820 9.767 6.963 6.005 8.161 87.826 20,3 18,8 24,8 21,6 16,1 20,3 17,2 18,8 18,3 16,3 25,9 20,2 La sovrarappresentazione della componente straniera sull’utenza dei SPI rispetto alla presenza complessiva nel mercato del lavoro è probabilmente da imputare da un lato alle esigenze burocratiche, che spesso determinano la necessità di rivolgersi al CPI (ad esempio la necessità di dimostrare formalmente il proprio stato di disoccupazione per quanti sono in scadenza del permesso di soggiorno); dall’altro alle specifiche modalità di inserimento nel mercato del lavoro, caratterizzate da un maggior turnover occupazionale e contrassegnate 17 Per lavoratori stranieri si fa riferimento ai cittadini provenienti dai Paesi a Forte Pressione Migratoria, che includono tra gli altri anche gli Stati neocomunitari (ad esempio Romania, Polonia ecc.), mentre non sono inclusi quanti provengono dai Paesi dell’UE a 15 stati membri, il Canada, gli Stati Uniti, l’Australia, il Giappone e Israele. Quest’ultimi sono invece definiti come Paesi a Sviluppo Avanzato (PSA) e nelle tabelle sono stati aggregati agli italiani. 18 Per lavoratori stranieri si fa riferimento ai cittadini provenienti dai Paesi a Forte Pressione Migratoria, che includono tra gli altri anche gli Stati neocomunitari (ad esempio Romania, Polonia ecc.), mentre non sono inclusi quanti provengono dai Paesi dell’UE a 15 stati membri, il Canada, gli Stati Uniti, l’Australia, il Giappone e Israele. Quest’ultimi sono invece definiti come Paesi a Sviluppo Avanzato (PSA) e nelle tabelle sono stati aggregati agli italiani. 85 da un progressivo peggioramento a seguito della fase recessiva attuale, che ha contribuito nel corso del 2009 ad un brusco calo del tasso di occupazione e ad un significativo incremento della disoccupazione, più accentuato di quanto non sia avvenuto per la componente autoctona. Inoltre, occorre tener conto del fatto che quasi tutte le province negli ultimi anni si sono attrezzate attraverso sportelli dedicati, servizi di mediazione linguistico-culturale, di consulenza legale, ecc., per affrontare le richieste di questa componente della forza lavoro (cfr. capitolo 6). •• Gli utenti del collocamento mirato Come di consueto, una parte dell’analisi dei dati viene concentrata sulle specificità degli utenti del collocamento mirato, la cui importanza deriva dal fatto che si tratta di lavoratori in genere con maggiori difficoltà di inserimento lavorativo rispetto alla forza lavoro complessiva, e rispetto alla quale i SPI hanno una specifica responsabilità nella gestione degli interventi relativi al collocamento mirato ai sensi della L.68/99. Nel 2009 le “prese in carico” relative a questa fascia di utenti sono state oltre 18mila, concentrate soprattutto nella prima parte dell’anno: 10.243 nel primo semestre; 8.168 nel secondo semestre. In termini dinamici si registra un incremento sia rispetto al 2008 (+8%), che al 2007 (+34%) (Tab. 3.13). Tabella 3.13 NUMERO DI “PRESE IN CARICO” DI UTENTI L. 68/99 PER PROVINCIA. 2008-2009 Valori assoluti I sem 2008 II sem. 2008 Arezzo 1.197 Circondario Empolese V.E. 360 Firenze 1.999 Grosseto 546 Livorno 715 Lucca 672 Massa Carrara 621 Pisa 900 Pistoia 745 Prato 286 Siena 476 TOSCANA 8.517 Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana 496 213 2.093 580 505 1.348 762 1.282 570 280 447 8.576 2008 I sem 2009 II sem. 2009 2009 1.693 573 4.092 1.126 1.220 2.020 1.383 2.182 1.315 566 923 17.093 376 303 2.170 505 840 1.993 782 1.069 1.010 722 473 10.243 584 346 1.978 396 658 1.535 521 856 627 414 253 8.168 960 649 4.148 901 1.498 3.528 1.303 1.925 1.637 1.136 726 18.411 A fronte di tale trend, si registra una sostanziale stabilità del numero di individui presi in carico dai servizi nel biennio 2008 e 2009 (circa 7.500), tuttavia in diminuzione rispetto al 2007 quando gli utenti risultavano 9.200 (Tab. 3.14). 86 Tabella 3.14 NUMERO DI UTENTI L. 68/99 PRESI IN CARICO PER PROVINCIA. 2008-2009 Valori assoluti I sem 2008 II sem. 2008 2008 I sem 2009 II sem. 2009 2009 Arezzo 493 252 Circondario Empolese V.E. 121 89 Firenze 781 743 Grosseto 253 273 Livorno 380 286 Lucca 359 543 Massa Carrara 209 260 Pisa 454 474 Pistoia 390 341 Prato 192 177 Siena 236 233 TOSCANA 3.868 3.671 Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana 745 210 1.524 526 666 902 469 928 731 369 469 7.539 202 126 704 254 363 634 257 398 442 311 240 3.931 367 124 703 210 346 584 194 323 346 217 156 3.570 569 250 1.407 464 709 1.218 451 721 788 528 396 7.501 Il risultato di tali dinamiche si esprime nel rapporto crescente tra numero di prese in carico e individui, ad indicare che aumentino le probabilità che il soggetto si rivolga più volte allo sportello: dal 1,49 volte nel 2007 al 2,5 nel 2009 (Tab. 3.15). Tabella 3.15 CONFRONTO FRA IL NUMERO DI “PRESE IN CARICO” E IL NUMERO DI UTENTI. 2007-2009 Valori % Arezzo Circondario Empolese V.E. Firenze Grosseto Livorno Lucca Massa Carrara Pisa Pistoia Prato Siena TOSCANA Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana 2007 2008 2009 1,46 1,71 1,62 1,39 1,39 1,42 1,98 1,42 1,27 1,29 1,49 1,49 2,27 2,73 2,69 2,14 1,83 2,24 2,95 2,35 1,80 1,53 1,97 2,27 1,69 2,60 2,95 1,94 2,11 2,90 2,89 2,67 2,08 2,15 1,83 2,45 Dopo una flessione registra nel 2008, nel corso del 2009 il numero di soggetti beneficiari della L.68/99 che si sono iscritti al collocamento mirato, usufruendo di uno dei servizi disponibili, è risultato di nuovo in crescita attestandosi comunque su un livello inferiore a quello del 2007 (Tab. 3.16). 87 Tabella 3.16 NUMERO DI LAVORATORI L. 68/99 ISCRITTI AL COLLOCAMENTO MIRATO PER PROVINCIA. 2007-2009 Valori assoluti Arezzo Circondario Empolese V.E. Firenze Grosseto Livorno Lucca Massa Carrara Pisa Pistoia Prato Siena TOSCANA Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana 2007 2008 2009 567 330 894 373 610 617 397 652 628 368 405 5.841 430 208 661 284 429 453 214 447 381 290 292 4.089 436 217 780 275 437 614 280 558 453 387 345 4.782 •• Le aziende utenti dei Servizi per l’impiego Nel corso del 2009, si sono registrati presso gli sportelli poco più di 16mila contatti da parte di aziende (o consulenti del lavoro o soggetti abilitati a rappresentarle19) (Tab. 3.17). Tabella 3.17 NUMERO “PRESE IN CARICO” DI AZIENDE PER PROVINCIA. 2008-2009 Valori assoluti I sem 2008 II sem. 2008 Anno 2008 Arezzo 1.458 Circondario Empolese V.E. 490 Firenze 1.588 Grosseto 522 Livorno 2.429 Lucca 1.116 Massa Carrara 789 Pisa 1.202 Pistoia 480 Prato 74 Siena 1.036 TOSCANA 11.184 Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana 3.377 176 1.201 722 1.605 886 450 2.239 208 251 765 11.880 4.835 666 2.789 1.244 4.034 2.002 1.239 3.441 688 325 1.801 23.064 I sem 2009 668 128 429 807 1.611 1.113 312 1.753 606 1.728 229 9.384 II sem. 2009 Anno 2009 803 171 182 556 1.414 884 382 1.008 320 989 142 6.851 1.471 299 611 1.363 3.025 1.997 694 2.761 926 2.717 371 16.235 Il trend dell’ultimo triennio è caratterizzato da una marcata contrazione del numero di pratiche trattate dagli operatori e relative alle aziende (-72% rispetto al 2007 e -30% rispetto al 2008) (Graf. 3.18). 19 L’interazione tra SPI e datori di lavoro è spesso mediata da realtà di servizio terze a cui le aziende delegano alcune attività (ad esempio quelle in relazione agli obblighi di comunicazione). 88 Grafico 3.18 NUMERO DI “PRESE IN CARICO” DI AZIENDE. TOSCANA. 2007-2009 Valori assoluti 40.000 30.000 20.000 10.000 0 I semestre 2007 II semestre 2007 I semestre 2008 II semestre 2008 I semestre 2009 II semestre 2009 Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana La flessione rispetto al 2007 è in parte da imputare al processo di informatizzazione delle comunicazioni obbligatorie, dovute dalle aziende ai SPI, che hanno portato ad una significativa flessione della loro presenza fisica agli sportelli. La riduzione rispetto al 2008 è probabilmente da imputare alle difficoltà determinate dall’attuale fase recessiva che le imprese hanno affrontato attraverso una forte riduzione della domanda di lavoro, per cui nel 2009 si è registrata una diminuzione dei flussi di avviamento pari a circa -73mila (-9,5%). Evidentemente tali dinamiche riducono anche le probabilità che le aziende si rivolgano ai CPI per poter usufruire non solo dei servizi relativi all’intermediazione ma anche quelli di natura più propriamente informativa e/o consulenziale. Anche le aziende -così come i lavoratori- possono presentarsi più volte presso gli sportelli dei SPI. In questo senso, i dati rilevati evidenziano che nel corso del 2009 le aziende che si sono rivolte agli sportelli sono state poco più di 14mila (-27% rispetto al 2008) (Tab. 3.19). Tabella 3.19 NUMERO DI AZIENDE “PRESE IN CARICO” PER PROVINCIA. 2008-2009 Valori assoluti I sem 2008 II sem. 2008 2008 I sem 2009 II sem. 2009 2009 Arezzo 1.293 2.738 Circondario Empolese V.E. 370 173 Firenze 1.354 1.128 Grosseto 493 654 Livorno 1.837 1.196 Lucca 959 762 Massa Carrara 669 398 Pisa 1.098 2.010 Pistoia 460 193 Prato 69 208 Siena 925 728 TOSCANA 9.527 10.188 Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana 4.031 543 2.482 1.147 3.033 1.721 1.067 3.108 653 277 1.653 19.715 619 125 404 716 1.226 971 309 1.595 531 1.537 219 8.252 701 139 164 468 1.157 785 376 957 311 901 141 6.100 1.320 264 568 1.184 2.383 1.756 685 2.552 842 2.438 360 14.352 89 Anche per questa tipologia di utenza, il confronto fra il numero di contatti e il numero di utenti evidenzia che ogni azienda si reca mediamente più di una volta presso gli sportelli dei SPI20. Nel corso del 2007 il rapporto si attesta a 1,13, un dato, questo, in diminuzione crescita rispetto al 2007 quando il corrispondente rapporto era di circa due “servizi erogati” per azienda. (Tab. 3.20). Tabella 3.20 CONFRONTO FRA IL NUMERO DI “SERVIZI ALLE IMPRESE” E IL NUMERO DI AZIENDE PER PROVINCIA. 2008-2009 Valori % Arezzo Circondario Empolese V.E. Firenze Grosseto Livorno Lucca Massa Carrara Pisa Pistoia Prato Siena TOSCANA Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana 2008 2009 1,20 1,23 1,12 1,08 1,33 1,16 1,16 1,11 1,05 1,17 1,09 1,17 1,11 1,13 1,08 1,15 1,27 1,14 1,01 1,08 1,10 1,11 1,03 1,13 Nel corso del biennio 2008-2009, la percentuale di aziende che si sono rivolte ai SPI rappresenta tra il 4% e il 5% delle imprese attive che risultano dagli Archivi di Movimprese (Tab. 3.21). Il dato in realtà risente del fatto che in non pochi casi, soprattutto per quanto riguarda le aziende individuali e comunque di piccole dimensioni, spesso il contatto con i SPI viene delegato a soggetti terzi (consulenti, associazioni di categoria o altri soggetti abilitati a rappresentarli). In secondo luogo, come osservato in precedenza, mentre il dato relativo all’utenza potenziale è rimasto sostanzialmente inalterato nei due anni considerati (circa 365mila imprese attive nella nostra regione), è decisamente diminuita la quota di utenza effettiva. La distribuzione degli utenti dei servizi riflette il profilo produttivo regionale. Le aziende che si sono rivolte agli sportelli dei CPI nel corso del 2009, infatti, sono prevalentemente aziende dei servizi (66%). Le aziende manifatturiere rappresentano 1/4 dell’utenza complessiva, in misura minoritaria si tratta di imprese edili (5%) e agricole (2%). D’altro canto, è tutt’altro che infrequente il caso di consulenti che si recano presso gli sportelli dei SPI in rappresentanza di più di un’azienda. 20 90 Tabella 3.21RAPPORTO FRA UTENTI EFFETTIVI E POTENZIALI PER PROVINCIA. 2008-2009 Valori assoluti e % Aziende prese in carico 2008 Imprese attive % utenti su Aziende prese imprese attive in carico Arezzo 4.031 34.633 11,6 Firenze 3.025 94.237 3,2 Grosseto 1.147 27.126 4,2 Livorno 3.033 28.825 10,5 Lucca 1.721 39.645 4,3 Massa Carrara 1.067 18.630 5,7 Pisa 3.108 37.323 8,3 Pistoia 653 29.863 2,2 Prato 277 28.831 1,0 Siena 1.653 26.870 6,2 TOSCANA 19.715 365.983 5,4 Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana, Movimprese 1.320 832 1.184 2.383 1.756 685 2.552 842 2.438 360 14.352 2009 Imprese % utenti su attive imprese attive 34.501 93.795 27.118 28.705 39.560 18.780 37.418 29.586 29.184 26.726 365.373 3,8 0,9 4,4 8,3 4,4 3,6 6,8 2,8 8,4 1,3 3,9 In termini di dinamica, è evidente la sensibile contrazione rilevata per le imprese manifatturiere e delle costruzioni più accentuata di quanto non accada per le aziende terziarie, che invece incrementano complessivamente la propria incidenza sul totale delle aziende clienti dei SPI toscani (Tab. 3.22). Tabella 3.22 NUMERO DI AZIENDE “PRESE IN CARICO” PER SETTORE DI ATTIVITÀ ECONOMICA. 2007-2009 Valori assoluti e % 2007 Val. ass. Val. % 2008 Val. ass. Val. % Agricoltura 2.022 5,3 Industria 8.650 22,8 Costruzioni 2.894 7,6 Servizi 23.887 62,9 Non indicato 544 1,4 TOTALE 37.997 100,0% Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana 632 5.336 1.038 12.108 601 19.715 3,2 27,1 5,3 61,4 3,0 100,0 2009 Val. ass. 219 3.568 661 9.410 494 14.352 Val. % 1,5 24,9 4,6 65,6 3,4 100,0 3.3 I servizi di front office erogati L’analisi contenuta in questo paragrafo relativa alle diverse tipologie di servizi offerti dai CPI sia per i lavoratori che per le aziende si concentra su tutti quei servizi erogati dagli operatori in modalità di front office (che in realtà costituiscono solo uno degli ambiti di intervento dei CPI), per i quali è necessario recarsi direttamente allo sportello. Per contro non sono prese in esame tutte quelle attività che 91 gli operatori erogano in modalità di back office, telefonicamente o via internet. •• I servizi agli utenti Per quanto concerne i lavoratori, l’offerta di informazioni di carattere generale rappresenta una delle attività più significative fra quelle svolte. Si tratta, peraltro, di un’attività in progressiva crescita (+44% rispetto al 2007, +35% rispetto al 2008), che riguarda tutte le diverse componenti dell’offerta: rispetto al 2007 +51% per le informazioni generali e/o su servizi specifici, +30% per la consegna del materiale informativo, +28% per le informazioni su autoconsultazione. Tale dinamiche confermano sostanzialmente la composizione del servizio erogato, accentuando semmai la prevalenza dei casi in cui sono stati gli operatori di sportello ad offrire informazioni generali o su servizi specifici (71%), rispetto alle altre attività (Tabb. 3.23 e 3.24). Tabella 3.23 Numero di azioni di “Informazioni Generali”.TOSCANA. 2007-2009 Valori assoluti e % 2007 Val. ass. Val. % Informazioni su autoconsultazione 21.955 17,3 Informazioni generali e altri servizi 85.559 67,3 Consegna materiale Informativo 19.626 15,4 TOTALE 127.140 100,0 Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana 2008 Val. ass. Val. % 2009 Val. ass. Val. % 22.407 93.586 19.219 135.212 28.156 129.435 25.495 183.086 16,6 69,2 14,2 100,0 15,4 70,7 13,9 100,0 Tabella 3.24 Numero di azioni di “Informazioni Generali” per provincia. 2009 Valori assoluti e % Informazioni su autoconsultazione Informazioni generali e altri servizi Consegna materiale Informativo TOTALE Arezzo 1.358 Circondario Empolese V.E. 5.622 Firenze 7.308 Grosseto 2.487 Livorno 294 Lucca 6.720 Massa Carrara 1.685 Pisa 182 Pistoia 1.164 Prato 255 Siena 1.081 TOSCANA 28.156 Valori % 15,4 Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana 13.229 8.344 37.130 4.834 6.531 26.211 9.857 9.205 2.529 4.712 6.853 129.435 70,7 2.176 1.679 5.680 2.298 214 10.715 477 464 428 267 1.097 25.495 13,9 16.763 15.645 50.118 9.619 7.039 43.646 12.019 9.851 4.121 5.234 9.031 183.086 100,0 92 Oltre ai servizi di natura informativa, un’altra attività rilevante fra quelle erogate in modalità front office agli utenti lavoratori è rappresentata dal rilascio di certificazioni: nel 2009 oltre 295 mila con un incremento significativo sia rispetto al 2007 (+77%) sia rispetto al 2008 (+44%). Tra le richieste, la quota più consistente è rappresentata dalla dichiarazione di stato di disoccupazione (il 53% del totale); le schede anagrafiche, che contengono sia informazioni sull’utente sia lo stato occupazionale (occupato, disoccupato, non iscritto) che l’eventuale appartenenenza a categorie protette (20%); i curricula e le schede professionali, che rappresentano il rimanente delle richieste (rispettivamente il 15% e il 12%) (Tabb. 3.25 e 3.26). Tabella 3.25 Numero di certificazioni rilasciate di dichiarazioni di piena disponibilità, schede anagrafiche, schede professionali, curricula. 2007-2009 Valori assoluti e % 2007 Val. ass. Val. % Dichiarazione stato di disoccupazione 89.710 Scheda anagrafica 37.937 Scheda professionale 19.849 Curriculum 18.960 TOTALE 166.456 Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana 53,9 22,8 11,9 11,4 100,0 2008 Val. ass. Val. % 2009 Val. ass. Val. % 112.679 41.867 22.048 29.007 205.601 155.142 60.340 34.276 45.391 295.149 54,8 20,4 10,7 14,1 100,0 52,6 20,4 11,6 15,4 100,0 Tabella 3.26 Numero di certificazioni rilasciate di dichiarazioni di piena disponibilità, schede anagrafiche, schede professionali, curricula per provincia. 2009 Valori assoluti e % Dichiarazione stato di disoccupazione Arezzo 11.267 Circondario Empolese V.E. 8.109 Firenze 34.376 Grosseto 9.771 Livorno 12.048 Lucca 21.264 Massa Carrara 6.844 Pisa 15.934 Pistoia 12.807 Prato 12.089 Siena 10.633 TOSCANA 155.142 Valori % 52,6 Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana Scheda anagrafica Scheda professionale Curriculum TOTALE 14.386 1.354 5.508 614 8.731 6.117 1.690 11.804 3.328 2.070 4.738 60.340 20,4 2.333 989 3.036 2.674 5.158 7.864 1.819 2.344 1.957 3.043 3.059 34.276 11,6 2.897 1.233 4.929 1.956 4.262 11.612 667 12.467 405 1.140 3.823 45.391 15,4 30.883 11.685 47.849 15.015 30.199 46.857 11.020 42.549 18.497 18.342 22.253 295.149 100,0 93 Nel corso del 2007 sono stati fatti oltre 105 mila colloqui di primo orientamento (successivo all’iscrizione ex D.Lgs 181/00), in sensibile crescita rispetto al biennio precedente: +26% rispetto al 2007, +45% rispetto al 2008 (Tab. 3.27). Tabella 3.27 NUMERO COLLOQUI D.LGS 181/00 DI ORIENTAMENTO EFFETTUATI DAI SPI PER PROVINCIA. 2007-2009 Valori assoluti 2007 2008 2009 Arezzo 6.302 Circondario Empolese V.E. 4.096 Firenze 21.260 Grosseto 7.403 Livorno 5.319 Lucca 11.037 Massa Carrara 3.202 Pisa 8.989 Pistoia 5.609 Prato 4.256 Siena 5.803 TOSCANA 83.276 Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana 6.126 2.984 16.880 5.441 4.429 11.515 3.331 6.857 3.836 4.545 6.476 72.420 7.417 4.461 22.635 7.629 8.237 14.439 7.694 11.028 6.391 7.497 7.757 105.185 Con l’iscrizione allo stato di disoccupazione e il colloquio, si “formalizza” l’avvio di un percorso che, attraverso il Patto di Servizio tra CPI e utente, fissa degli obiettivi e specifica le azioni (di orientamento, di formazione, ecc.) per il raggiungimento di quest’ultimi. Nel 2009, i Patti stipulati sfiorano i 127mila, circa il doppio di quanti sono stati rilevati nel 2007 e in sensibile crescita anche rispetto al 2008 (+61%) (Tab. 3.28). Tabella 3.28 PATTI DI SERVIZIO INTEGRATI. 2007- 2009 Valori assoluti 2007 2008 2009 Arezzo 6.536 Circondario Empolese V.E. 3.326 Firenze 19.352 Grosseto 4.255 Livorno 792 Lucca 8.464 Massa Carrara 3.053 Pisa 4.940 Pistoia 3.712 Prato 3.687 Siena 5.232 TOSCANA 63.349 Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana 7.852 3.801 18.823 3.660 3.224 14.014 3.887 8.959 2.820 4.202 7.484 78.726 11.356 4.725 24.978 4.787 7.165 22.384 9.922 14.686 6.651 9.869 10.410 126.933 94 Nella fase successiva al colloquio 181 è prevista la possibilità di offrire agli utenti azioni di consulenza orientativa (che possono includere bilanci di competenze dell’utente, partecipazioni a seminari, azioni mirate, ecc.). Complessivamente nel 2009 sono state erogate più di 47mila consulenze di questo tipo, un dato in netta crescita rispetto agli anni precedenti (Tab. 3.29). Tabella 3.29 NUMERO DI “CONSULENZE ORIENTATIVE” PER PROVINCIA. 2007-2009 Valori assoluti 2007 2008 2009 Arezzo 2.508 Circondario Empolese V.E. 3.186 Firenze 8.332 Grosseto 6.783 Livorno 1.748 Lucca 7.075 Massa Carrara 3.169 Pisa 1.081 Pistoia 5.132 Prato 2.979 Siena 1.868 TOSCANA 43.861 Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana 3.508 845 3.614 2.513 1.049 11.420 2.845 1.353 1.574 2.391 1.570 32.682 3.611 908 3.916 2.756 1.952 15.602 7.006 2.915 1.820 3.748 3.172 47.406 Infine, si registra una significativa crescita del numero di lavoratori che si sono recati allo sportello per iscriversi alle liste di mobilità: si passa dai circa 15mila nel 2007, ai 18mila del 2008 fino a superare i 26mila nel corso del 2009, con un picco massimo rilevato nel primo semestre dell’anno (Tab. 3.30 e Graf. 3.31). Tabella 3.30 NUMERO DI ISCRIZIONI ALLE LISTE DI MOBILITÀ PER PROVINCIA. 2007-2009 Valori assoluti Arezzo Firenze Circondario Empolese V.E Grosseto Livorno Lucca Massa Carrara Pisa Pistoia Prato Siena TOSCANA Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana 2007 2008 2009 1.615 3.385 723 662 1.075 1.168 926 1.337 1.320 1.639 665 14.515 1.814 3.218 969 976 1.413 1.721 1.083 1.841 1.615 2.046 823 17.519 2.307 5.723 1.865 1.204 2.266 2.243 1.945 2.816 2.025 2.569 1.335 26.298 95 Grafico 3.31 ISCRIZIONI ALLE LISTE DI MOBILITÀ PER SEMESTRE. TOSCANA. 2007-2009 Valori assoluti 15.000 12.000 9.000 6.000 3.000 0 I semestre 2007 II semestre 2007 I semestre 2008 II semestre 2008 I semestre 2009 II semestre 2009 Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana •• I servizi alle aziende Coerentemente con quanto rilevato nell’analisi delle prese incarico nel corso degli ultimi due anni si registra una significativa contrazione delle attività di servizio erogate da parte dei CPI alle imprese. Una corretta lettura del dato deve, tuttavia, tener conto della progressiva messa a regime delle procedure di informatizzazione di tutte le comunicazioni relative all’instaurazione, alla trasformazione, alla proroga e alla cessazione di tutti i rapporti di lavoro, per tutte le imprese, sia private che pubbliche, senza alcuna esclusione settoriale. Dopo un regime transitorio da luglio 2007 a febbraio 2009 che consentiva l’invio delle comunicazioni anche in formato cartaceo, dal 1° marzo 2008 è stato stabilito l’obbligo di trasmissione on line delle comunicazioni relative ai rapporti di lavoro. Senza dubbio questa modifica normativa ha influito sulle attività relative agli adempimenti aziendali allo sportello da parte degli operatori dei CPI, pur non esaurendone l’attività informativa che continua a sussistere in modalità di back office (Tabb. 3.32 e 3.33). Nella stessa direzione può aver influito anche la dinamica congiunturale negativa alla quale le aziende toscane hanno risposto in prima battuta attraverso una sensibile contrazione dei flussi di avviamento al lavoro, come peraltro indica il dato negativo relativo alle richieste di personale. Tabella 3.32 NUMERO DI SERVIZI EROGATI ALLE AZIENDE DAGLI OPERATORI DEGLI SPORTELLI. 2007-2009 Valori assoluti 2007 2008 2009 Adempimenti aziendali 48.850 Consulenza alle imprese 7.450 Richieste di personale 5.895 TOTALE 62.195 Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana 13.827 4.660 6.118 24.605 6.926 5.840 5.999 18.765 96 Tabella 3.33 NUMERO DI SERVIZI EROGATI ALLE AZIENDE DAGLI OPERATORI DEGLI SPORTELLI PER PROVINCIA. 2009 Valori assoluti e % Adempimenti aziendali Consulenza alle imprese Richieste di personale TOTALE Arezzo 217 Circondario Empolese V.E. 217 Firenze 279 Grosseto 270 Livorno 1.493 Lucca 308 Massa Carrara 497 Pisa 1.674 Pistoia 373 Prato 1.497 Siena 101 TOTALE 6.926 Valori % 36,9 Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana 976 8 246 597 1.863 282 120 317 64 1.268 99 5.840 31,1 349 59 194 593 728 1.396 171 740 454 1.115 200 5.999 32,0 1.542 284 719 1.460 4.084 1.986 788 2.731 891 3.880 400 18.765 100,0 In lieve crescita invece rispetto al 2008 è la consulenza alle imprese, che include peraltro attività di marketing, sulle quali tutte le province stanno investendo per stringere i rapporti con il versante datoriale (cfr. capitolo 5). •• I servizi di incontro tra domanda e offerta di lavoro21 Le imprese che si rivolgono ai CPI con la necessità di reperire e assumere personale hanno la possibilità di accedere a modalità differenti di fruizione del servizio di incontro tra domanda e offerta di lavoro: -- la pubblicazione da parte dei CPI delle offerte “in chiaro” richieste dalle aziende, ossia vengono riportati il nominativo dell’azienda e i riferimenti presso i quali i candidati possono inviare direttamente i loro curricula; -- la preselezione dei candidati che si sono prenotati per una determinata proposta di lavoro, in modo da verificare il possesso dei requisiti professionali e la disponibilità e inviarne un numero ridotto all’azienda; -- tipologie specifiche di servizi previsti per il collocamento mirato sia presso enti pubblici che presso imprese private, e le assunzioni nel settore pubblico previste ex. art. 31 L.R. 7 del 2004 con avviamento a selezione per le qualifiche più basse, che richiedono il possesso del solo titolo dell’obbligo. Per quanto concerne questa area di intervento, l’analisi è stata condotta sulla base dei dati forniti dalle Province in riferimento alla richieste di lavoro presentate dalle aziende da un lato, e le attività svolte dai CPI dall’altro. 21 97 Le imprese che si sono rivolte ai CPI nel 2009 per avvalersi dei servizi di ricerca del personale sono state 13.619, per un totale di circa 22mila lavoratori richiesti. Il confronto con l’anno precedente evidenzia come il sistema produttivo toscano abbia subito gli effetti della crisi economica in maniera significativa, per cui si rileva una netta contrazione sia delle aziende che hanno effettuato richieste di personale attraverso i servizi di incontro e domanda di lavoro, sia del numero di lavoratori richiesti, con una dinamica negativa sostanzialmente simile in tutte le province toscane (Tab. 3.34). Tabella 3.34 Aziende che si sono rivolte ai CPI per richieste di personale e numero di lavoratori richiesti per provincia. Toscana. 2008 e 2009 Valori assoluti N° aziende 2008 N° lavoratori richiesti Arezzo 874 Firenze 4.555 Circondario Empolese V.E. 1.019 Grosseto 2.038 Livorno 1.447 Lucca 3.574 Massa Carrara 629 Pisa 1.437 Pistoia 1.186 Prato 1.684 Siena 2.199 TOSCANA 20.642 Fonte: elaborazioni su dati Amministrazioni Provinciali 1.304 5.870 1.234 3.327 3.551 5.763 1.104 1.786 2.953 1.862 2.810 31.564 N° aziende 2009 N° lavoratori richiesti 602 2.910 571 1.538 1.152 1.919 508 797 790 1.167 1.665 13.619 1.388 3.687 679 2.385 2.869 3.465 917 1.169 1.783 1.350 2.060 21.752 Per quanto concerne le diverse tipologie, si conferma anche in questo biennio la prevalenza nell’uso della preselezione come modalità di incontro tra le richieste delle aziende e le candidature da parte dei lavoratori: oltre la metà delle richieste viene trattata in preselezione, in riferimento sia al numero di aziende che di lavoratori (Tabb. 3.35 e 3.36). Tabella 3.35 Aziende che si sono rivolte ai CPI per richieste di personale e numero di lavoratori richiesti per tipologia di servizio. Toscana. 2008-2009 N° aziende 2008 % N° lavoratori richiesti % Offerte in chiaro 7.239 35,1 14.322 45,4 Preselezione 11.625 56,3 15.620 49,5 Collocamento mirato (aziende private) 1.577 7,6 1.239 3,9 Enti pubblici art. 31 139 0,7 260 0,8 Enti pubblici mirato 62 0,3 123 0,4 Totale* 20.642 100,0 31.564 100,0 * Pisa e Prato non rilevano il dato relativo alle offerte in chiaro Fonte: elaborazioni su dati Amministrazioni Provinciali 98 N° aziende 2009 % N° lavoratori richiesti 4.428 32,5 7.775 57,1 1.274 9,4 92 0,7 50 0,4 13.619 100,0 % 9.526 43,8 10.938 50,3 952 4,4 238 1,1 98 0,5 21.752 100,0 99 2009 Enti Offerte Pre- Collocamento Enti Totale Enti in Chiaro selezione mirato (aziende pubblici pubblici pubblici art.31 private) art.31 mirato Enti pubblici mirato Totale N° aziende 485 350 18 14 6 874 311 263 22 4 2 602 N° lavoratori richiesti 814 435 18 18 18 1.304 936 414 24 9 5 1.388 N° aziende 1.417 2.579 529 21 9 4.555 699 1.858 330 14 9 2.910 Firenze N° lavoratori richiesti 2.260 3.001 529 63 17 5.870 1.094 2.208 335 35 15 3.687 N° aziende 315 701 * 3 * 1.019 149 420 * 2 * 571 Circondario Empolese V.E.* N° lavoratori richiesti 510 721 * 3 * 1.234 246 431 * 2 * 679 N° aziende 1.288 687 37 25 1 2.038 977 505 41 13 2 1.538 Grosseto N° lavoratori richiesti 2.359 894 45 27 2 3.327 1.752 564 44 21 4 2.385 N° aziende 752 578 94 15 8 1.447 498 557 79 13 5 1.152 Livorno N° lavoratori richiesti 1.743 1.640 125 27 16 3.551 1.346 1.396 94 20 13 2.869 N° aziende 2.015 1.464 83 9 3 3.574 1.214 638 59 3 5 1.919 Lucca N° lavoratori richiesti 3.740 1.900 91 21 11 5.763 2.562 827 65 3 8 3.465 N° aziende 133 450 41 3 2 629 113 342 49 2 2 508 Massa Carrara N° lavoratori richiesti 342 709 44 6 3 1.104 258 590 49 6 14 917 N° aziende n.d 1.154 244 31 8 1.437 n.d. 588 179 21 9 797 Pisa N° lavoratori richiesti n.d 1.585 149 44 8 1.786 n.d. 925 157 78 9 1.169 N° aziende 480 640 64 2 1.186 224 465 99 2 790 Pistoia N° lavoratori richiesti 2.084 755 108 6 2.953 932 746 101 4 1.783 N° aziende n.d 1.283 397 1 3 1.684 n.d. 781 374 6 6 1.167 Prato N° lavoratori richiesti n.d 1.772 62 20 8 1.862 n.d. 1.252 38 46 14 1.350 N° aziende 353 1.739 70 17 20 2.199 243 1.358 42 14 8 1.665 Siena N° lavoratori richiesti 470 2.207 68 31 34 2.810 400 1.585 45 18 12 2.060 N° aziende 7.239 11.625 1.577 139 62 20.642 4.428 7.775 1.274 92 50 13.619 TOSCANA N° lavoratori richiesti 14.322 15.620 1.239 260 123 31.564 9.526 10.938 952 238 98 21.752 * I dati relativi al collocamento mirato, sia per gli enti pubblici che per le aziende private, riferiti al Circondario Empolese Valdelsa, sono conteggiati nella Provincia di Firenze Fonte: elaborazioni su dati Amministrazioni Provinciali Arezzo 2008 Offerte Pre- Collocamento in chiaro selezione mirato (aziende private) Tabella 3.36 Aziende che si sono rivolte ai CPI per richieste di personale e numero di lavoratori richiesti per tipologia di servizio e provincia. Toscana. 2008-2009 Per quanto concerne le attività di preselezione, i dati forniti dalle Province consentono di evidenziare oltre al numero di lavoratori richiesti anche quello dei lavoratori inviati e la quota di casi in cui il matching tra domanda e offerta di lavoro ha avuto esito positivo con l’assunzione di un lavoratore. A fronte di quasi 11mila lavoratori richiesti e trattati in preselezione, i candidati inviati sono stati quasi 129mila, pari mediatamente a 8 ogni posto vacante. I lavoratori assunti sono stati 4.494, pari a oltre il 40% sul totale dei lavoratori richiesti dalle imprese attraverso la preselezione. Nell’interpretazione di tale percentuale bisogna tener conto del fatto che si tratta di un dato, in realtà, sottostimato a causa delle difficoltà che i CPI hanno nel reperire informazioni di ritorno da parte delle aziende; in secondo luogo, può accadere che le aziende nel momento della comunicazione dei candidati possano aver già deciso di interrompere la procedura di selezione e assunzione per motivi diversi (ad esempio in funzione della congiuntura economica), oppure abbiano assunto lavoratori individuati mediante altri canali diversi dai CPI. 100 4. I risultati delle indagini dirette presso le Province e i Centri per l’impiego22 4.1 La riforma Il processo di riforma delle politiche del lavoro alla fine degli anni ‘90 ha determinato il superamento del vecchio sistema centralizzato del collocamento, sostituito da un nuovo sistema di SPI con il decentramento delle competenze. Questo passaggio è stato contraddistinto in Italia23 da alcuni elementi di criticità che hanno riguardato il modello legislativo (ambiguità di ordine istituzionale, incertezza nell’allocazione delle funzioni e rischi di disuguaglianze territoriali nell’erogazione dei servizi), gli obiettivi (dubbi sull’espletamento del decentramento, sulle conseguenze della fine del monopolio pubblico e sulla definizione della nuova mission dei CPI), il mercato del lavoro (l’assenza di un quadro interpretativo aggiornato sui cambiamenti del lavoro, sulle nuove tipologie contrattuali, ecc.) e l’attuazione operativa (complessità del processo di costruzione dei nuovi servizi accompagnato da una carenza di risorse trasferite da parte dello Stato agli enti locali) (Gorli, 2005). In questo contesto problematico si sono mosse le Regioni e poi le In questo capitolo si riportano i risultati dell’indagine svolta presso le province e i CPI della Toscana. In particolare le interviste qualitative alle Province sono state svolte nella primavera del 2009 con: per la Provincia di Arezzo Romina Nanni (responsabile dei Centri Territoriali per l’Impiego), Stefania Pampaloni e Francesca Tosti (Osservatorio provinciale Mercato del Lavoro); per il Circondario Empolese Valdelsa Silvia Meoli (responsabile Politiche del lavoro del Circondario) e Laura Fulceri (responsabile dei CPI del Circondario); per la Provincia di Firenze Maria Carmen Toscano (P.O. servizi giuridici della Direzione Lavoro); per la Provincia di Grosseto Roberta Giulietti (dirigente dei CPI, delle politiche sociali e delle pari opportunità) e Massimo Caramelli (responsabile del Servizio Lavoro dei CPI territoriali di Grosseto, Follonica, Orbetello, Manciano, Arcidosso); per la Provincia di Livorno Paolo Borghi (responsabile CPI di Livorno e Piombino e coordinatore dei CPI della Provincia di Livorno); per la Provincia di Lucca Fiorella Baldelli (dirigente del Servizio Lavoro) e Lorenzo Maraviglia (funzionario); per la Provincia di Massa Carrara Paola Marini (dirigente Servizio Lavoro) e Giovanni Manfredi (funzionario); per la Provincia di Pisa Anna Maria Rossi (dirigente) e Patrizia Nannetti (responsabile del Centro Direzionale per l’Impiego della Provincia di Pisa e del CPI di Pisa); per la Provincia di Pistoia Mauro Gori (dirigente servizio lavoro); per la Provincia di Prato Franca Ferrara (dirigenzte istruzione, formazione, lavoro); per la Provincia di Siena Monica Becattelli (responsabile CPI Poggibonsi e coordinatrice dei CPI della Provincia di Siena). Le interviste ai CPI e servizi territoriali sono state realizzate tramite questionario strutturato inviato ai responsabili nell’estate del 2009. Pur nell’ambito di un lavoro comune le parti di questo capitolo vanno così attribuite: a Simona Baldanzi i paragrafi 4.1, 4.2, 4.3 e 4.4; a Germana Berni il paragrafo 4.6 e a Teresa Savino il paragrafo 4.5. 23 Per un confronto europeo si rimanda a Di Domenico (2006). 22 101 Province italiane, che hanno reagito alla riforma con interpretazioni diversificate circa i ruoli, i compiti e le funzioni loro assegnate. La Regione Toscana già con la Legge 52/98 ed il Piano Regionale per le politiche dell’impiego e per le politiche attive del lavoro 1998-2000, recependo le disposizioni della normativa nazionale, ha definito nel dettaglio funzioni e competenze dei CPI individuando, seppure a livello embrionale, degli standard minimi di servizio. In seguito alle novità legislative nazionali, è stata approvata la L.R. 32/2002 (“Testo unico della normativa della Regione Toscana in materia di educazione, istruzione, orientamento, formazione professionale e lavoro”)24, e quindi il corrispondente regolamento attuativo. A questi provvedimenti sono seguiti ulteriori atti che hanno recepito i dettami della Legge 30/03 e del D.Lgs 276/2003. In seguito, tracciamo brevemente il dettaglio delle misure previste, sarà utile anche per orientarsi nella lettura dei risultati dell’indagine presentata in questo capitolo e di quelle commentati nella parte seconda del volume. Per quanto riguarda la disciplina per le Agenzie per il lavoro25, vale a dire uno degli elementi su cui più si diversificano le varie esperienze regionali, la Toscana ha optato per il modello dell’accreditamento: sono autorizzati i soggetti che presentano requisiti fissati dalla legge, mentre le attività che possono essere svolte sono l’intermediazione, la ricerca e selezione, il supporto alla ricollocazione. I CPI devono invece assicurare i seguenti servizi, suddivisi in aree: 1. Accoglienza: prima informazione; prima iscrizione e certificazioni; autoconsultazione; 2. Consulenza e servizi per l’occupabilità: consulenza orientativa di primo e secondo livello; bilancio di competenze e consulenza orientativa; informazione strutturata e formazione orientativa di gruppo; azioni di accompagnamento al lavoro e di tutoraggio individuale; 3. Servizi alle imprese ed alla pubblica amministrazione: informazione strutturata e servizi amministrativi di primo livello; consulenza e procedure amministrative di secondo livello; 24 Questa legge disciplina gli interventi che la Regione Toscana promuove per lo sviluppo dell’educazione, dell’istruzione, dell’orientamento, della formazione professionale e dell’occupazione, al fine di costruire un sistema regionale integrato che garantisca, in coerenza con le strategie dell’Unione europea per lo sviluppo delle risorse umane, la piena realizzazione della libertà individuale e dell’integrazione sociale, nonché il diritto all’apprendimento lungo tutto l’arco della vita quale fondamento necessario per il diritto allo studio e il diritto al lavoro. 25 I soggetti che possono essere autorizzati sono: le agenzie di intermediazione, di ricerca e selezione del personale, di supporto alla ricollocazione, le associazioni territoriali dei datori di lavoro e dei lavoratori anche attraverso i propri servizi costituiti in forma societaria; gli Enti Bilaterali, i Comuni, le Camere di Commercio, gli istituti di scuola secondaria di secondo grado, e infine le Università sia pubbliche che private. 102 4. Servizi amministrativi per l’occupabilità: attività amministrative consulenziali; attività amministrative; avviamenti al lavoro con procedure predeterminate; 5. Gestione del sistema informativo; 6. Incontro domanda e offerta di lavoro: preselezione e selezione del personale; 7. Gestione della struttura: gestione organizzativa delle strutture e delle procedure; promozione dei servizi offerti dalla struttura; direzione e gestione organizzativa delle risorse umane; ricerche ed attività di monitoraggio. Infine, la Regione ha approvato il Masterplan nell’aprile 2004, che garantisce la ricognizione e la valutazione del funzionamento e dell’efficacia dei SPI. Come si vedrà, si tratta di uno strumento di particolare importanza dati gli ampi margini di autonomia riconosciuti alle Province, che in effetti hanno operato attraverso modelli organizzativi anche molto diversi gli uni dagli altri, così come parzialmente differenziati risultano alcuni specifici servizi attivati. Ponendo la domanda sui momenti cruciali di passaggio dall’ufficio di collocamento statale al CPI provinciale ai dirigenti delle province della Toscana, abbiamo rilevato caratteristiche comuni e peculiarità che aiutano a riflettere sui modelli delineati, sulle situazioni attuali e sugli sviluppi futuri. Uno dei primi aspetti emersi riguarda il passaggio di consegna del servizio lavoro dal Ministero alla Provincia, con conseguente trasferimento di tutto o parte del personale26. Quasi tutte le province, con la sola eccezione di Prato, hanno avuto la cessione del personale ministeriale, vissuto sì come risorsa per il patrimonio di conoscenze relative a normative e pratiche del collocamento, ma anche come problematica, poiché si trattava in molti casi di operatori in possesso di profili professionali relativamente bassi (in prevalenza fascia B) e con competenze quasi esclusivamente amministrative, non soddisfacenti per le nuove esigenze dettate dalla riforma, che mirava proprio al superamento della tradizionale concezione amministrativa del collocamento a favore di un modello organizzativo improntato allo sviluppo di politiche attive del lavoro. Inoltre, la compresenza di due culture professionali diverse, quella del personale con radici nella vecchia connotazione degli uffici di collocamento e quella dei nuovi assunti (in non pochi casi con contratto a termine), che si identificano maggiormente nel loro Per la Toscana il personale transitato dal Ministero del Lavoro alla Regione è stato di 343 unità, la maggioranza di VI (117) e V (150) livello, quindi livelli medio-bassi. Cfr. tabelle pp. 66-68 di Marocco e Incagli (2000). 26 103 ruolo e nella loro qualifica piuttosto che nella realtà complessiva del centro (Ripamonti, 2005) determina e plasma il modello organizzativo di ogni provincia. A questa prospettiva di convivenza di diversi approcci, le istituzioni locali hanno cercato di prepararsi attraverso la formazione, una fase di approfondimento della tematica e l’incontro anticipato col personale che poi sarebbe passato alla provincia27. Con la modernizzazione dei servizi pubblici per l’impiego, alcune Province hanno avuto modo di mettere a regime approcci meno burocratici già sperimentati28 e/o esperienze maturate nel campo delle politiche attive per il lavoro29. In linea generale si riconosce un ruolo importante alla funzione di indirizzo e coordinamento della Regione nella gestione del passaggio: alcuni intervistati sono soddisfatti dell’autonomia decisionale che hanno avuto, del lavoro di collaborazione fra le province che è stato fatto per costruire un modello regionale30, mentre altri lamentano una carenza di linee guida vere e proprie che sapessero indicare con più precisione la strada da seguire fin dall’applicazione della riforma. Dalla riforma ci si sarebbero aspettati la diminuzione della burocrazia collegata alle procedure di collocamento e l’abbattimento del numero degli iscritti. Come già evidenziato in indagini a livello nazionale (Landi, 2008), anche nel quadro toscano, ricostruito tramite le interviste ai dirigenti e ai funzionari provinciali, emerge come siano stati disattesi entrambi gli obiettivi; in alcuni casi si pone l’accento su Si è cercato di fare un cammino comune con quelli del ministero che avevano la pratica e noi che avevamo la nuova teoria, abbiamo fatto corsi di formazione (Massa Carrara). Abbiamo iniziato a lavorare in maniera anticipata con quelle persone che dalle direzioni provinciali sarebbero venute a lavorare con noi. Credo sia una peculiarità grossetana e per noi è stato un punto di forza (…) Abbiamo cominciato a fare corsi di aggiornamento e formazione su cosa era la riforma, cosa sarebbe diventato ecc. Quando poi il sistema si è messo a regime, a gennaio 2000, quando le persone erano fisicamente con noi, tutta questa parte era già stata fatta. C’è stato un po’ una sorta di anticipazione, di prevenzione del trauma del cambiamento e questo ci ha dato la possibilità di pensare a lavorare in comune (Grosseto). 28 In una prima fase i CPI sono stati formati come UO collegate al servizio formazione, poi è stato istituito come servizio a parte. Sicuramente è stata colta l’opportunità della riforma per mettere a regime certe sperimentazioni fatte in questa provincia, perché prima vi era un tentativo di approccio meno burocratico al problema e la riforma è stato un momento di congiunzione in questa realtà (Lucca). 29 La provincia aveva già un suo staff di orientatori (...) Questa esperienza, capii subito che era il centro del cambiamento e la prima cosa che feci fu di mettere come responsabili dei CPI tutte persone che avevano svolto l’orientamento. Questo mi dava la garanzia che ci sarebbe stato subito un cambio di mentalità proprio a partire da chi imposta il lavoro (Pistoia). 30 Al momento della riforma la Regione Toscana emanò la Legge “Norme in materia di politiche del lavoro e di SPI”. 6 agosto 1998, n. 52. Allora in Toscana, così come in Basilicata, Emilia Romagna, Liguria, Marche, Molise, Puglia e Umbria, si è, espressamente e senza ‘riservè, delegata alle province anche la gestione delle politiche attive, in ottemperanza al principio dell’integrazione dei servizi -principio funzionale cardine fatto proprio dal Decreto. In base a tali disposizioni la Regione esercita funzioni di programmazione, indirizzo, coordinamento e verifica nei confronti del sistema regionale per l’impiego e nelle materie relative alle politiche attive. Le Province, nel quadro della loro autonomia organizzativa, esercitano tutte le funzioni amministrative, di programmazione di livello provinciale e di gestione, nelle materie del collocamento e delle politiche attive. Dalla data di costituzione dei CPI sono soppressi i CILO comunali. Al fine di garantire una più efficace diffusione territoriale dei SPI, le Province possono stipulare specifiche convenzioni con i Comuni, singoli o associati. Si delineò un quadro per cui le Province avevano molta autonomia (Marocco e Incagli, 2000). 27 104 alcuni elementi distorsivi nel ricorso ai CPI, generalmente correlati ad iter di accesso ad altri servizi e misure di sostegno dello stato sociale, per i quali è richiesto lo stato di disoccupazione, sottolineando, a questo proposito, come non sempre all’iscrizione corrisponda un’effettiva disponibilità all’avvio di un percorso di inserimento lavorativo31. Inoltre, sotto il profilo di come è stato percepito il cambiamento che la riforma ha portato, soprattutto per quanto riguarda i servizi di politiche attive, alcune province lamentano che, a distanza di anni, i servizi non sono del tutto conosciuti, soprattutto per le imprese, e che ciò comporta un impegno più gravoso per gli interventi di comunicazione e marketing32. Nel 1997, con il Trattato di Amsterdam prima e, in seguito, con il Consiglio “straordinario” di Lussemburgo, si è avviato e perfezionato il processo di integrazione europea nel campo delle politiche più direttamente rivolte all’occupazione, decidendo di adottare “la Strategia europea per l’occupazione” basata su quattro pilastri ritenuti fondamentali per il perseguimento degli obiettivi di coesione: migliorare l’occupabilità, sviluppare l’imprenditorialità, incoraggiare l’adattabilità delle imprese e dei loro lavoratori e, infine, rafforzare le politiche in materia di pari opportunità. Si sono così delineate le direttrici lungo le quali si dovevano muovere le specifiche politiche occupazionali degli Stati membri e su cui sono state convogliate le risorse finanziarie messe a disposizione dal Fondo sociale europeo. Al crescente impegno europeo per migliorare i fondamentali del mercato del lavoro e rilanciare il ruolo dei “fondi strutturali” come strumento primario di “coesione sociale”, ha corrisposto in Italia un 31 Vi è un aggravamento delle procedure (...) il quadro burocratico è aumentato e le norme di legge aumentate. (…) Tutte le riforme non hanno abbattuto gli iscritti, gli iscritti sono stati abbattuti dalla demografia. (...) L’afflusso d’iscrizione è dovuto ad altri benefits, optional che lo stato sociale riconosce in alcune situazioni. Il disoccupato ha diritto all’abbattimento dei ticket socio-sanitari. Le case popolari? Deve fare domanda al CPI. Vuoi la pensione di invalidità? Devi essere iscritto. Non si entra all’INPS senza essere iscritto. A Rosignano un giorno un sacco di donne si sono presentate al CPI, perché -si è scoperto- per le liste dell’asilo nido era premiata chi era iscritta al CPI, in quanto ricercatrice attiva di lavoro e non casalinga. (Livorno) Se si vuol parlare di riforma, forse bisognerebbe rendere netta la distinzione tra la dichiarazione di immediata disponibilità (DID) e lo stato di disoccupazione, documentarlo con l’ISEE o con altre procedure, altrimenti rischiamo, in un momento in cui lo stato sociale è molto importante e le prestazioni di sostegno al reddito di servizi per le famiglie fondamentali, di arrivare a un’eccessiva proliferazione di iscritti ai CPI e quindi di ripristinare le vecchie liste ordinarie (Firenze). 32 Abbiamo fatto un incontro con gli imprenditori del settore navale. Si raccontavano le cose, le opportunità, le risorse su questo settore. Un imprenditore giovane alzò la mano e disse -mi sono trasferito da poco, sono un impiantista elettrico, sono andato dalla mia associazione di categoria, loro non mi hanno detto di questa opportunità-. L’associazione è una delle più importanti sul territorio, abbiamo una grande collaborazione, però nessuno gli aveva detto dei nostri servizi. Abbiamo capito che esiste uno scostamento fra quello che c’è e quello che si sa. Anche dopo dieci anni, è difficile scardinarne 50 (Pisa). La gente ha assorbito bene il cambiamento, sono piaciuti i nuovi servizi, parlo più che altro degli utenti, perché la realtà delle aziende ci ha messo di più a conoscere i nostri servizi, anche forse per una carenza nostra, anche perché noi per le aziende siamo stati sempre l’interlocutore istituzionale, quindi colui che controlla (Circondario Empolese). 105 altrettanto intenso processo di riforma dei sistemi della formazione, dell’istruzione, del mercato del lavoro e della pubblica amministrazione (per approfondimenti cfr. Di Domenico, 2002). Lo strumento chiave nella riforma, riconosciuto da tutte le province è il Fondo Sociale Europeo. Attraverso gli interventi congiunti del FSE e del FESR (Fondo europeo di sviluppo regionale) nella programmazione 20002006, si sono finanziati interventi logistici, infrastrutturali, tecnologici e organizzativi, ristrutturazioni e acquisti di nuove sedi33. L’FSE rappresenta la voce di entrata più corposa per l’erogazione dei servizi dei CPI; le Province contribuiscono con parte del personale, ma senza i fondi europei i servizi al lavoro -si ritienenon potrebbero esistere. L’FSE non è quindi solo un’opportunità, ma anche uno strumento indispensabile per la sopravvivenza; per contro ha dei vincoli di spesa e delle rigidità burocratiche34. 4.2 Decentramento e modalità di gestione Il decreto 469 del ‘97, riguardante il conferimento alle Regioni e agli Enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, segnava i criteri per l’organizzazione del sistema regionale per l’impiego e fra questi la distribuzione territoriale dei CPI sulla base di bacini provinciali con utenza non inferiore a 100.000 abitanti, fatte salve motivate esigenze socio-geografiche. Guardando Il Fondo Sociale Europeo è stata la nascita e la sopravvivenza dei CPI (...) L’FSE è stato il motore, le braccia, il cervello del CPI, tutto. Con il vecchio ob.2 abbiamo costruito il CPI di Grosseto e il centro direzionale. Poi abbiamo le altre strutture, con l’ob. 2 abbiamo rifatto la sede nuova a Manciano, in collaborazione con il comune, tutte le altre sono state comunque risistemate, modernizzate ecc. Anche tutta l’attrezzatura informatica, tutto è grazie ai fondi. Dal bilancio della provincia mai niente (Grosseto). Si è potuto acquisire le sedi attraverso la misura A1 dell’ob.3 del POR 2000-2006, specificatamente rivolta al reperimento, ristrutturazione e potenziamento per i CPI. Una sede nuovissima è a Monsummano, poi due sedi, una a Pistoia e una a Pescia, che sono state ricavate da due vecchi centri di formazione professionale che non avevano più corsi interni. Un’altra sede è stata acquisita a Campo Tizzoro nel comune di San Marcello, che anche quella è nuova e poi una sede a Quarrata che è stata ricavata da una vecchia scuola elementare dismessa. Quindi tutte sedi nuovissime con tecnologie moderne, rinnovate (Pistoia). 34 I vincoli del FSE sono le tipologie di spesa per target, per azioni, però soprattutto è un’opportunità perché se le province non avessero avuto il FSE i CPI non avrebbero avuto quello sviluppo che hanno avuto in questi dieci anni (Pistoia). È una spesa soggetta a un sistema di rigidità, legata al fatto che è pensata per finanziare una formazione professionale di tipo tradizionale (...) Siamo dal punto di vista gestionale costretti a tradurre una quantità di norme pensate per un altro strumento. Promuovere i CPI è uno degli obiettivi fondamentali dei regolamenti europei, però c’è la criticità di come viene gestito. Si continua a far finta che i CPI non siano finanziati dal FSE, cosa che invece accade (Lucca). Con il Fondo Sociale è un po’ un rapporto di amore odio, nel senso che il Fondo Sociale ha rappresentato una notevole fonte di opportunità e di risorse; per il Circondario, che non ha risorse proprie, ancor di più, è diventato quasi l’unico canale. (…) amore perché ha permesso agli operatori di dare risposte, odio perché sono vincolate sia nelle tipologie di interventi sia perché finché ci sono le risorse le risposte ci sono, poi nel momento che ci sono cambiamenti nella programmazione o minori risorse subito metti in crisi gli interventi (Circondario Empolese). 33 106 la tabella 4.1, possiamo vedere che in Toscana, al 2008 risultano attivi 35 CPI e 13 servizi territoriali35 a fronte di una popolazione residente di circa 3.700.000 unità e di un’utenza potenziale di circa 2.300.00036. Prendendo in considerazione le singole province e i dati della popolazione residente, ma soprattutto quella di bacino potenziale di utenti dei servizi, è chiaro che in alcuni casi si è tenuto maggiormente conto delle connotazioni socio geografiche, delle distinzioni economiche politiche e territoriali già presenti, piuttosto che del numero di abitanti37. Per quanto riguarda il livello di decentramento dei servizi, la rete regionale risulta strutturata in 12 servizi territoriali e 66 sportelli territoriali. All’interno di questa articolazione si osservano differenti situazioni provinciali: le amministrazioni di Pisa, Livorno e di Grosseto hanno optato per un accentramento delle funzioni all’interno dei CPI, senza dotarsi di servizi o sportelli territoriali. Le province di Arezzo, Lucca, Pistoia e il Circondario Empolese si sono dotate sia di servizi territoriali che di sportelli territoriali, la provincia di Massa Carrara solo di servizi territoriali, le province di Firenze e di Siena unicamente di sportelli territoriali (Tab. 4.1). Per quanto riguarda la diffusione di sportelli territoriali nelle province si riscontrano pareri positivi che tengono conto dei seguenti vantaggi: la vicinanza ai cittadini, per cui il livello comunale appare utile soprattutto per la prima accoglienza, il disbrigo di pratiche e per territori particolarmente lontani dai CPI centrali; la vicinanza e la possibilità di specializzazione per target specifici (ad esempio gli Informagiovani, Novolab o lo sportello per il turismo a Firenze); l’ampliamento della rete di cooperazione con altri soggetti, per cui alcuni sportelli sono gestiti da altri enti o soggetti (sindacati e associazioni categoriali), individuati tra chi si considera esperto e adatto per quella determinata funzione38. 35 Alcuni servizi territoriali, come nel caso dei servizi della provincia di Arezzo, svolgono le stesse funzioni dei CPI, ma si preferisce, per organizzazione interna, definirli tali. I CPI devono svolgere tutte le funzioni previste dal Masterplan regionale. Per gli standard minimi di funzionamento dei servizi che distinguono i CPI dai Servizi Territoriali e dagli Sportelli Territoriali v. art. 118 e art. 119 del DPGR 8 agosto 2003, n. 47/R. 36 Abbiamo considerato la classe di età 16-64 come popolazione attiva, con la soglia dei 16 anni anziché 15, in quanto è l’età prevista dall’obbligo formativo e quindi di più probabile accesso ai SPI. 37 La legge diceva che ci doveva essere un CPI su un bacino di 100.000 abitanti. La nostra provincia ne ha il doppio, quindi a norma ci sarebbero stati due centri, Grosseto e Follonica con conseguenti problemi sotto il profilo politico e dei territori. La legge diceva anche che ogni CPI avrebbe dovuto erogare tutti i servizi e non una parte. Per questo si disse si fa un CPI a Grosseto con 5 servizi territoriali. Poi invece siamo stati bravi, i nostri servizi territoriali sono stati dotati di tutti i servizi e quindi sono CPI a tutti gli effetti (Grosseto). Ci sono tre CPI. Sulla base del decreto attuativo in realtà ce ne dovrebbero essere due. Il terzo è in deroga, è nella Valle del Serchio che ha solo 70.000 abitanti, ma una realtà geografica peculiare (Lucca). 38 Abbiamo uno sportello presso l’università di Firenze, Novolab, che rappresenta l’innovazione, il target è molto diverso da quello normale degli altri CPI e lì si dovrebbe concretamente realizzare l’integrazione tra istruzione, formazione e lavoro prevista dalla legge 32. (…) A breve sarà aperto lo sportello per il turismo, che avrà il compito di fornire informazioni, ma anche effettuare completamente la preselezione per le aziende del 107 0 7 Firenze, Scandicci, Sesto 813.077 505.352 1 Fi.no, S. Casciano, Borgo S. Lorenzo, Pontassieve, Figline Circ. Empolese 171.586 108.738 1 2 V.E. Empoli e Castelfiorentino 5 Arcidosso, Grosseto 225.861 141.486 1 Grosseto, Follonica, Manciano, Orbetello 4 Livorno, Piombino, Livorno 340.691 214.945 1 Portoferraio, CecinaRosignano 3 Lucca 390.200 246.493 1 Lucca, Versilia, Valle del Serchio 1 Massa Carrara 203.698 128.727 0 Massa Carrara 4 Pisa 410.278 261.471 1 Pisa, Pontedera, Santacroce, Volterra 3 Pistoia 290.596 184.411 1 Pistoia, Monsummano, Pescia 1 Prato 246.034 160.744 1 Prato 5 Siena, Sinalunga, Siena 269.473 165.802 1 Abbadia San Salvatore, Poggibonsi e Montepulciano TOSCANA 3.707.818 10 35 Fonte: elaborazioni su dati Amministrazioni Provinciali, luglio 2009 Firenze (escl.C.e.) Sportelli territoriali 1 Servizi territoriali 346.324 218.995 CPI Arezzo Centro Provincia Popolazione residente al 1/01/2009 Pop.res. 16-64 al 1/01/2009 Tabella 4.1 Popolazione residente e Bacini di utenza, Centri direzionali, CPI, Servizi territoriali e Sportelli territoriali 5 Arezzo, Montevarchi, Bibbiena, Cortona e Sansepolcro 16 1 Fucecchio 7 Palazzuolo, Firenzuola, Marradi e Barberino di Mugello, Dicmano, Greve in Chianti, San Casciano 8 Comuni del Circondario 0 0 0 0 2 4 (3 in Valle del Serchio e 1 in Versilia) 0 2 Aulla e Carrara 0 0 0 2 Quarrata, San Marcello 0 12 Comuni e parti sociali 0 8 (tra questi, i comuni di San Casciano dei Bagni, Chianciano, Montalcino, Chiusi, San Gimignano) 66 12 11 settore turistico, ristorazione e alberghiero. La presenza sul territorio è abbastanza precisa e capillare, quindi l’idea della provincia è stata quella di presidiare il territorio con questi sportelli (Firenze). Sul decentramento è stato fatto un accordo con i comuni della provincia e quindi all’interno di ogni comune c’è un servizio di prima accoglienza, sono tutti gli sportelli territoriali. Uno per ogni comune e Prato ne ha uno per ogni quartiere quindi in totale sono 11. La cosa non finisce lì perché abbiamo ampliato la parte del decentramento con un bando aperto con tutte le parti sociali che vogliono aprire degli sportelli specifici, con servizio di accoglienza e di orientamento, ma anche con possibilità di incrocio di domanda e offerta (Prato). Si è individuato nei comuni, nei sindacati, nelle associazioni di categoria tre soggetti che potevano coadiuvare i CPI per alcune funzioni, non tutti che facevano tutto (...) L’obiettivo era di incrementare la nostra possibilità di azione e di farlo in maniera più vicina al cittadino. Oltre agli sportelli di Monsummano, Pistoia, Pescia, San Marcello, Quarrata, abbiamo 22 punti, i tre sindacati storici CGIL CISL UIL, e le associazioni di categoria, con procedure codificate per tutti. (…) Ai comuni si è dato la funzione di accoglienza, prima informazione e pratiche amministrative. Al sindacato queste funzioni qui, perché sono funzioni che rispettano le caratteristiche dei soggetti, mentre alle associazioni di categoria, abbiamo lasciato facoltà di fare l’incrocio fra domanda e offerta. Proprio per il contatto con le aziende, nel loro ambito di settore, potevano agevolare l’incrocio fra domanda e offerta (Pistoia). 108 Confrontando i dati del Masterplan del 2007 (Regione Toscana, 2008), dal quale risultavano 158 sportelli territoriali dislocati sul territorio regionale, con quanto emerso da questa indagine, notiamo che 92 sportelli non sono più attivi. Questa drastica riduzione sembra derivare da alcune particolarità del modello toscano, che qua cerchiamo di comprendere. Alcune regioni come l’Abruzzo, la Basilicata, la Campania, l’Emilia Romagna, il Veneto e la Toscana prevedono altri soggetti ad implementare le funzioni dei Centri, in regime convenzionale. Così privati qualificati, parti sociali e loro enti bilaterali, camere di commercio, ma anche altre strutture pubbliche, possono essere “coinvolti”, al fine di assicurare la copertura dei servizi, ovvero di migliorarne la qualità. La legge toscana ha una sua peculiarità: l’erogazione dei servizi, “tramite raccordi funzionali con i servizi di informazione e orientamento degli Enti locali, delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali, delle Camere di commercio e di altri soggetti pubblici e privati”, pare assumere la veste di modalità di esercizio delle funzioni, non solo eventualmente sperimentabile -nelle altre leggi ci si esprime in termini di “possibilità”- ma di ordinario sistema di gestione dei compiti affidati ai CPI. Proprio a tal fine, si prevede che gli stessi possano offrire detti servizi anche a titolo oneroso (Marocco e Incagli, 2000). Questa specificità si rende evidente soprattutto nella gestione degli sportelli territoriali, spesso affidati a comuni, parti sociali, ecc., che però non sempre riescono a garantirne la continuità. Inoltre, poiché la moltiplicazione delle strutture di servizio può talvolta non tanto ascriversi ad una corretta ed efficiente interpretazione della sussidiarietà, quanto riferirsi ad una persistenza di modelli del passato (quali i Centri di Iniziativa Locale per l’Occupazione) e quindi può sminuire il rilievo dei CPI, la riduzione degli sportelli territoriali può essere un indicatore positivo. Alcuni aspetti negativi del decentramento sono stati confermati anche dalle interviste ai dirigenti provinciali: il dispendio di energie in termini di personale, controllo, strutture, ma anche da parte dell’utente che trova nello sportello solo alcuni servizi e quindi per altre esigenze o servizi deve comunque rivolgersi al CPI39; il rischio di differenze gestionali e disparità di intervento fra territori40; la Credo che un proliferare di piccoli sportelli informativi sia una grande difficoltà. Siccome il primo passo si può fare anche online, poi quando si arriva da noi, si deve sapere che all’interno di questa struttura si fa tutto il percorso. Altrimenti diventa un dispendio di energie (Pisa). 40 Qualche comune ha aderito a livello spontaneo (…) Però direi che la maggior criticità che rimane e a cui ho lavorato negli ultimi anni è la discontinuità fra i vari centri, ovvero ci sono punti di eccellenza o di carenza e variabili (Lucca). 39 109 difficoltà dei comuni e di altri soggetti detentori a mantenere un tale servizio, creando discontinuità nell’offerta dei servizi41. Dopo aver visto le strutture presenti nella regione e il loro livello di decentramento, un altro aspetto distintivo dei servizi è senz’altro il loro modello di gestione. Abbiamo chiesto ad ogni provincia di indicarci per ogni funzione del Masterplan la modalità di gestione. Dal seguente schema possiamo vedere che a livello regionale, i servizi amministrativi per l’occupabilità, la gestione del sistema informativo e le attività ricomprese nella gestione della struttura (ad eccezione della promozione dei servizi offerti e l’attività di ricerca e monitoraggio) in linea generale sono funzioni affidate quasi esclusivamente a personale dipendente della P.A.. La funzione di accoglienza è gestita da personale prevalentemente interno, ma una quota di province si avvale di società esterne (per la prima informazione per l’autoconsultazione nei casi di Lucca, Circondario Empolese e Livorno). La funzione di consulenza e dei servizi per l’occupabilità è quella che vede le modalità prevalenti di gestione esternalizzata: l’attività di informazione sulla struttura e la formazione e l’orientamento di gruppo e le azioni di accompagnamento al lavoro e tutoraggio sono gestite prevalentemente da società esterne, le attività di orientamento di primo e secondo livello sono spesso gestite da consulenti-collaboratori a contratto con la provincia o da società in house. I servizi alle imprese e alla pubblica amministrazione sono funzioni affidate prevalentemente a personale dipendente della P.A.. La funzione di incontro domanda e offerta, di preselezione e selezione del personale, pur essendo in maggioranza gestita in prevalenza da personale della P.A. vede due province (Grosseto e Massa Carrara) che la svolgono con l’utilizzo prevalente di consulenti o collaboratori, la provincia di Prato che l’ha affidata a una società in house e quella di Lucca che ricorre a una società esterna (Schema 4.2). Di Domenico (2004b) fa notare che un’esternalizzazione eccessiva dei servizi al privato espone al rischio di svilire le competenze nel tempo acquisite e, al contempo, di marginalizzare il soggetto pubblico, con un ruolo relativo di regolatore e referente chiave sul mercato locale del lavoro. Per questo suggerisce di investire sulle risorse interne. Dalle interviste emerge chiaramente come le scelte organizzative siano state fortemente condizionate dai vincoli di Nel tempo abbiamo visto che queste strutture territoriali in parte funzionavano e in parte no. Alcuni comuni avevano preso l’impegno, ma non avevano esposto neanche il cartello, altri non avevano personale, allora abbiamo rivisitato questa rete e abbiamo mantenuto la convenzione solo con le strutture che in questi anni hanno dimostrato un’effettiva attività (Pistoia). 41 110 spesa estesi agli enti locali in attuazione del patto di stabilità interna, o più semplicemente dai criteri di ammissibilità definiti dal FSE o, ancora, dall’evoluzione degli orientamenti regionali in materia di appalti piuttosto che da una pianificazione gestionale predeterminata supportata da valutazioni generali, dalla condivisione di obiettivi e misure atte a perseguirli42. Schema 4.2 Modalità di gestione prevalente delle attività previste dal Masterplan Area Funzionale Tipologia di servizio AR FI CE GR LI LU MS PI PT PO SI Prima informazione 1. Accoglienza Prima iscriz. e certif. Autoconsultaz. Cons. orient.I liv. 2. Cons. e servizi per Cons. orient. II liv. l’occupabilità Info strut. e formaz. orient.gruppo Az.accomp.al lavoro e tutor. Indiv.le Info strut e servizi amm. I liv. 3. Servizi imprese e alla P.A. Cons.e procedure amm. di II liv. 4. Servizi amministr. per Attività amm. cons. l’occupabilità Avviamenti al lav. con proc. predet. 5. Gestione del sistema Servizi info ed informatici int/est informativo Gestione reti int/est - flussi info con il territorio 6. Incontro Dom. e Off. Preselez. e selez. del personale Gestione organiz. strutture e procedure Promozione servizi offerti 7. Gestione della struttura Gestione ris. umane e direzione Ricerche e monitoraggio Legenda: = Solo con personale dipendente della P.A./con prevalenza di personale della P.A . = Affidata a società in house = Con prevalenza di consulenti o collaboratori a contratto con la provincia = Affidata a società esterne Fonte: elaborazioni su dati Amministrazioni Provinciali, luglio 2009 Sono state individuate essenzialmente cinque categorie cui ricondurre le modalità di gestione adottate presso le varie realtà della regione: gestione con prevalenza di personale dipendente; con personale reperito tramite incarichi e consulenze; affidamento diretto dei servizi a società a maggioranza pubbliche; affidamento a società private tramite gare d’appalto. Per ognuna di esse riportiamo di seguito le principali considerazioni emerse nel corso dell’intervista. La scelta è altamente condizionata dai vincoli del FSE, e quindi diventa una non scelta. (…) Fino ad adesso non era mai stato chiaro se si potesse assumere personale a tempo determinato, adesso col nuovo POR è consentito e quindi è un’opportunità che si apre dal 2008. Poi c’era la difficoltà per la parte di normativa nazionale di dare incarichi consulenziali, sempre più difficoltà (Lucca). È una problematica sempre in divenire, spesso condizionata dalle Finanziarie, la possibilità di assumere o meno, dare incarichi o meno, oppure da opportunità. Noi abbiamo un bando di gara di 2 milioni e mezzo di euro, ci hanno fatto ricorso, quindi siamo rimasti senza servizi (Grosseto). Hanno pesato anche i vincoli di spesa agli Enti Locali (Siena). 42 111 Anche se spesso prevale l’utilizzo di personale dipendente associato ad un’altra forma, vi è una discreta variabilità nelle soluzioni adottate; ai due estremi troviamo le due province di Pistoia e Prato, con la prima che utilizza quasi tutto personale dipendente, e la seconda che ha “esternalizzato” la gestione del CPI interamente ad una società in house, mantenendo, come vedremo, solo alcune specifiche funzioni. 1) Personale dipendente della Provincia. In realtà un modello con la presenza esclusiva di operatori interni non esiste43. Pistoia è il caso di maggior presenza di personale dipendente che ha teso alla “stabilizzazione”, utilizzando le risorse del FSE per l’attivazione di contratti settennali (soltanto tre orientatori impiegati nelle attività di secondo livello sono a collaborazione). Risulta aver esternalizzato un unico servizio, quello rivolto ai disabili, affidato a un’Associazione Temporanea d’Impresa (ATI) costituita da cooperative. Inoltre è stata delegata la funzione di supporto all’autoimprenditorialità alle associazioni di categoria44. Anche il Circondario Empolese, dopo aver gestito l’orientamento con un’ATI di agenzie formative fino al 2007, ha optato successivamente per l’assunzione a tempo determinato grazie al FSE. Rimane un’ATI per la realizzazione di servizi, come la consulenza per l’autoimprenditorialità45. Inoltre la provincia di Firenze ad oggi si avvale di una graduatoria di operatori da cui attingere per le assunzioni46. Anche la provincia di Lucca sta valutando l’ipotesi di ricorrere alle assunzioni a termine tramite il FSE47. Spesso una difficoltà segnalata è dovuta al limite dei concorsi che richiedono istruttori amministrativi e non professionalità specifiche: per varie ragioni non è stato poi possibile richiedere, al momento della selezione del personale che poi si sarebbe occupato di questo servizio, un profilo professionale preciso. La qualifica era generica: “istruttore amministrativo contabile”. In questa situazione, abbiamo formulato l’ipotesi dell’esternalizzazione, proprio per individuare le specifiche professionalità che ci servivano e che noi non potevamo selezionare (Siena). 44 La volontà dell’ente è di trattenere al proprio interno le funzioni strategiche, una è sicuramente l’orientamento. L’altra funzione fondamentale è l’incontro domanda e offerta, che noi intendiamo presidiare dentro i CPI (…) L’esternalizzazione che abbiamo è sui disabili, ma non sull’orientamento, l’accoglienza e la lista, ma sui servizi di politica attiva del lavoro, la formazione specifica, l’inserimento lavorativo. Fa capo a un bando che noi emettiamo (…) riguarda i servizi integrati sui disabili, è un’ATI di più cooperative sociali (…) Su alcune funzioni specifiche come l’autoimpiego, l’autoimprenditorialità, lo abbiamo delegato alle associazioni di categorie perché si ritiene che su questo abbiano maggiori competenze (Pistoia). 45 C’è stata un’operazione di internalizzazione di alcuni servizi perché fino al 2007 la maggior parte dei servizi di orientamento erano svolti da personale esterno, individuato tramite un’ATI, un insieme di agenzie formative che svolgevano questi servizi. La decisione è stata quella di rafforzare la dotazione organica dipendente dal Circondario e dalla Provincia, (...) quindi abbiamo fatto 11 assunzioni a tempo determinato, dopo aver fatto un concorso, e dal 2008 i servizi del diritto-dovere istruzione e formazione e i colloqui 181 di primo livello vengono fatti da personale dipendente a tempo determinato (Circondario Empolese). 46 Abbiamo fatto di recente un avviso per la redazione di una graduatoria dalla quale si attingerà per operatori con la qualifica professionale C1, operatori che presteranno la loro attività di servizio presso i CPI (Firenze). 47 Per la modalità di gestione siamo in alto mare. C’è stata una scelta (di gestione) in base al dirigente contingente. (…) L’anno scorso si è usato la modalità della gara di appalto, quindi dipendenti di società esterne e l’amministrazione sta valutando di procedere ad assunzione a tempo determinato fino al 2013 tramite l’FSE (Lucca). 43 112 2) Incarico a consulenti o collaboratori esterni. Questa è una modalità che è stata scelta da diverse province soprattutto al momento dell’avvio della riforma per sopperire all’iniziale gap di competenze o alle carenze di personale interno, specialmente per quelle funzioni legate alle politiche attive48. Negli anni poi è diminuito il ricorso ai consulenti anche in seguito alle norme di legge che ne hanno limitato l’utilizzo nella pubblica amministrazione, per cui in alcuni casi vengono utilizzati in forma di co-gestione con gli operatori interni per servizi specifici49. 3) Appalto a società esterne. Gran parte delle province ricorre per servizi specifici a questa modalità di gestione. È il caso della provincia di Grosseto che sta mettendo a gara pacchetti di servizi (per l’area del disagio, per le donne, ecc.); della provincia di Siena che ha il servizio del Numero verde e di risposta via mail, il servizio di consulenza di secondo livello esternalizzato con appalto, il servizio di consulenza di primo livello con interni e esterni insieme; della provincia di Pisa con la gara di assistenza tecnica vinta da un soggetto accreditato dalla Regione per svolgere gli stessi compiti dei CPI che affianca personale interno alla provincia. La Provincia di Livorno sta predisponendo l’avvio di procedure di gara per l’appalto di alcuni servizi, quella di Massa Carrara si avvale di un’ATI per la gestione dei servizi di accoglienza e informazione. Anche la Provincia di Firenze ricorre alla gara di appalto, ma in questo caso per la gestione di servizi specialistici (che, come emerge dal questionario, consistono in: consulenza orientativa e servizi all’occupabilità, attività di ricerca e monitoraggio). La Provincia di Lucca si è avvalsa dell’appalto lo scorso anno (come risulta dal questionario, per la gestione delle seguenti attività: accoglienza, consulenza orientativa, servizi all’occupabilità, sistema informativo, promozione dei servizi); sta, tuttavia, valutando l’opportunità di I primi anni abbiamo avuto delle collaborazioni esterne con esperti selezionati pubblicamente; si trattava di orientatori di primo livello a cui era affidata la fase dell’accoglienza, i servizi di primo livello e la stipula del Patto di Servizio. Avevamo anche altri consulenti esterni per i servizi di secondo livello, per il counseling, il bilancio delle competenze e le attività rivolte ai soggetti appartenenti alle categorie protette. Così è andata fino a qualche anno fa (Arezzo). Noi abbiamo iniziato con un anno di gestione diretta con delle collaborazioni coordinate e continuative, poi abbiamo fatto dei bandi di gara e ci siamo trovati benissimo con delle società che erogavano, più che gestire, i servizi. Erano ovviamente coordinati e controllati da noi. Poi invece per una serie di traversie, siamo dovuti passare alla long list, al rapporto diretto con i consulenti, fino ad oggi (Grosseto). 49 L’orientamento, l’accompagnamento al lavoro e l’incontro domanda-offerta, sono servizi parzialmente esternalizzati; vi lavorano operatori interni, ma affiancati da consulenti esterni, in un’ottica di co-gestione e con il coordinamento che rimane comunque in capo al Centro. (…) Nello specifico i consulenti esterni coprono l’orientamento di primo livello insieme agli operatori interni, mentre al secondo livello disponiamo di psicologi del lavoro, di orientatori per la gestione della carta ILA, ma sono tutti “esterni”. Per l’incontro domanda-offerta abbiamo invece il lavoro degli operatori interni integrato da esterni, con una leggera prevalenza dei primi sui secondi (Siena). 48 113 ricondurre al proprio interno tali funzioni attraverso l’assunzione di personale a tempo determinato50. 4) Società in house51. È il caso del Centro per l’Innovazione nella Pubblica Amministrazione della provincia di Arezzo52; della Florence Multimedia, la società della provincia di Firenze per il servizio di prima accoglienza e di orientamento53; Sviluppo società della Provincia di Livorno, che gestiva il servizio fino a poco tempo fa. All’interno di questa modalità vi è anche il caso di Prato con la FIL, società partecipata al 51% pubblica con la provincia, i comuni di Prato, Montemurlo e Vaiano e le associazioni di categoria e sindacali. Le attività del CPI sono completamente esternalizzate e alla provincia rimangono compiti di controllo, monitoraggio e valutazione e gestione delle crisi aziendali. Infine, molti osservatori provinciali del mercato del lavoro sono gestiti da società in house54. 50 Dalle assunzioni dirette con partite iva e co.co.co di psicologi, orientatori e operatori di domandaofferta, per vari vincoli e difficoltà, siamo passati a esternalizzare alcuni servizi e tutti i progetti di base, per stranieri, per donne, per disoccupati di lungo periodo, vengono affiancati da una società in house, si chiama Provincia Livorno Sviluppo di proprietà al 100% dalla provincia (...) Il 22 dicembre (2008) dopo un concorso abbiamo il ritorno di una trentina di precari alla provincia (…) Si sta programmando di esternalizzare una parte di sportellisti che non abbiamo più perché poi vanno in pensione, si darà un appalto per l’accoglienza. Si è fatto un appalto per i tirocini, per il tutoraggio ordinario per le categorie deboli (Livorno). La scelta effettuata nella nostra zona è stata quella di avvalersi di professionalità specifiche nello svolgimento di attività come l’orientamento, l’accompagnamento al lavoro, l’incontro domanda-offerta e il servizio di numero verde, all’inizio per i primi due anni (2001-2002) con modalità come la chiamata a progetto rivolte ad agenzie accreditate individuate con bandi ad hoc, in seguito a partire dal 2003 con la modalità dell’appalto (...) Il servizio che è totalmente esternalizzato è quello del numero verde, un’attività che nel tempo è cresciuta moltissimo (Siena). La nostra è un’esternalizzazione di servizi abbastanza normale. Abbiamo fatto una gara per l’erogazione dei servizi di primo livello, accoglienza e informazione, però utilizzando le strutture del CPI (...) ad oggi abbiamo fatto bandi per consulenti (Massa Carrara). 51 Col termine affidamento in house (o in house providing) viene indicata l’ipotesi in cui il committente pubblico, derogando al principio di carattere generale dell’evidenza pubblica, in luogo di procedere all’affidamento all’esterno di determinate prestazioni, provvede in proprio, e cioè all’interno, all’esecuzione delle stesse attribuendo l’appalto o il servizio di cui trattatasi ad altra entità giuridica di diritto pubblico mediante il sistema dell’affidamento diretto c.d. in house providing, ossia senza gara. Negli affidamenti in house non vi è, quindi, il coinvolgimento degli operatori economici nell’esercizio dell’attività della Pubblica Amministrazione, per cui le regole sulla concorrenza, applicabili agli appalti pubblici e agli affidamenti dei pubblici servizi a terzi, non vengono in rilievo. Si tratta di un modello organizzativo in cui la P.A. provvede da sé al perseguimento degli scopi pubblici quale manifestazione del potere di auto-organizzazione e del più generale principio comunitario di autonomia istituzionale. 52 È stata fatta la scelta di creare una società in house che si chiama “CINPA” (Centro per l’Innovazione nella Pubblica Amministrazione), con la quale la Provincia ha stipulato un Contratto di Servizio (…). I settori interessati sono appunto l’orientamento di primo e secondo livello, le pari opportunità, la disabilità, la comunicazione, l’Osservatorio sul mercato del lavoro, il marketing alle imprese e l’assistenza tecnica per il FSE; per queste aree ci sono state delle selezioni pubbliche che hanno originato dei contratti a tempo determinato con scadenza a fine 2010 (Arezzo). 53 Fino qualche tempo fa avevamo creato degli sportelli decentrati, cioè un’altra rete di servizi soprattutto sulla città di Firenze in collaborazione con le organizzazioni sindacali che collaboravano per l’espletamento dei primi colloqui di orientamento. Oggi grazie all’affidamento in house a Florence Multimedia che è una società della provincia di Firenze il servizio di prima accoglienza, l’orientamento sono svolti dentro i CPI (Firenze). 54 La provincia si tiene il grosso del lavoro: la programmazione territoriale, il controllo, il monitoraggio, oltre a crisi aziendali, cassa integrazione e mobilità, che rimangono funzioni centralizzate. Poi abbiamo 114 Dai commenti degli intervistati sulle modalità di gestione emergono alcune interessanti considerazioni. I servizi esternalizzati per target e per progetti possono creare problemi di gestione e di controllo, così come può essere difficile riuscire a far lavorare insieme operatori interni ed esterni, anche per problemi relativi alla distinzione chiara e netta di posizioni, ruoli e compiti di personale che dipende da soggetti diversi, ma lavora spesso all’interno della stessa struttura. L’obbligo formativo viene affidato ad un’agenzia formativa specializzata, viene fatto un progetto per extracomunitari, uno per le donne, tutti affidati ad agenzie separate. Il problema è l’integrazione e il rimando dell’utente. (…) Quando poi avremo tutta una serie di progetti esternalizzati avremmo il problema di guidarli. (Livorno) Le conseguenze sono un atteggiamento psicologico da dipendente, del personale che non corrisponde alla realtà. (…) La verità è che o lo esternalizzi o non lo esternalizzi. Se lo esternalizzi prendi come l’esattoria, lo dai a una banca e fa tutto lui, è un’altra struttura. Se invece è interna, è interna. (…) Se vuoi fare dentro uno zoccolo duro, devono essere servizi definiti. (Lucca) Il margine interno-esterno è molto labile perché si lavora con gli esterni come se lavorassero all’interno (...) Dall’anno scorso abbiamo sperimentato le riunioni di equipe, cioè mettere attorno a un tavolo operatori che si occupano del medesimo caso da punti di vista diversi. (Circondario Empolese) Pur nella consapevolezza delle difficoltà e dei limiti dettati dalle norme e dalle Finanziarie, l’auspicio che emerge da diverse province è quello di poter disporre per questi servizi di personale a tempo indeterminato utile alla programmazione e alla stabilità degli interventi, nonché alla sedimentazione di competenze professionali nei centri, poiché spesso, con la cessazione del rapporto di lavoro, si disperde anche la conoscenza acquisita. Laddove ciò non dovesse realizzarsi, si auspica comunque l’adozione di forme strutturate almeno per una buona parte delle attività previste dal CPI, per quello che viene definito lo “zoccolo duro” degli interventi. Per il futuro, con il rinnovo del contratto di servizio, sarebbe opportuna l’assunzione del personale a tempo indeterminati. (Arezzo) Undici operatori sono stati assunti a tempo determinato per la durata della programmazione del Fondo sociale, quindi è un periodo un CPI che è gestito da FIL, società partecipata provinciale (...) Il CPI fa tutti i servizi, sportelli specifici di autoimprenditoria, tutta la parte dei disabili, ecc. quindi tutta la parte di politiche attive si trova nel contenitore FIL (Prato). 115 lungo che ci da’ un po’ di respiro anche per la programmazione degli interventi, però è comunque soggetto a cambiamenti perché le persone se trovano un’occasione a tempo indeterminato se ne vanno. (Circondario Empolese) Continuo ad essere convinta che una parte di servizi devono essere consulenziali, però è vero che un bel pacchetto potrebbe essere resa strutturale, e quindi fare bandi di concorso e mettere nella struttura quei servizi che adoperano gran parte del personale (Grosseto) In ogni caso, il primo livello deve essere secondo la mia opinione fortemente presidiato dal Centro. Dopo il primo livello, per i servizi successivi di orientamento specialistico ritengo che non sia conveniente internalizzare il personale dedicato. Bastano degli incarichi professionali oppure, come nel nostro caso, degli appalti ad agenzie specializzate. Ma anche qui c’è da precisare che, fatta la consulenza specialistica, torna in gioco il primo livello -e quindi l’operatore interno- per la gestione amministrativa di quello che segue la “presa in carico”. (Siena) 4.3 Reti e relazioni sul territorio Uno degli aspetti centrali negli orientamenti europei degli ultimi anni sui SPI riguarda l’opportunità di creare sinergie e sistemi di partenariato e di rete fra servizi che possano accompagnare il cambiamento, promuovendo dinamiche di scambio e dialogo sociale utile alla gestione delle risorse e dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro. L’innalzamento della qualità dei servizi auspicata con la riforma, oltre che dalla capacità di specializzarsi su particolari segmenti, dipende da condizioni di contesto che plasmano il modello di servizio, ne caratterizzano i processi per renderlo disponibile e le modalità di erogazione. Tra questi fattori è compresa la qualità delle relazioni sociali che si instaurano non solo all’interno dei centri, ma anche all’esterno, coinvolgendo persone, gruppi, settori che solitamente la logica burocratica tende a separare (Ripamonti, 2005). La rete è forse uno degli aspetti più delicati e meno misurabili (non ci sono tanti elementi quantitativi su cui si hanno informazioni da database), per cui confrontarsi con le province su questo aspetto è stato molto interessante. Nello schema 4.3 vengono riportate sinteticamente le modalità di fare rete per ogni provincia e le caratteristiche peculiari segnalate da ciascuna. 116 Schema 4.3 Modalità di fare rete e soggetti peculiari per ogni provincia Provincia Modalità di fare rete Pisa Marketing Comunicazione Grosseto Progetti specifici Lucca Marketing Prato Pistoia Livorno Siena Arezzo Gestione co-gestita o esternalizzata degli sportelli Gestione co-gestita o esternalizzata degli sportelli Capitale sociale degli operatori (relazioni personali, canali informali) Gestione co-gestita o esternalizzata degli sportelli Marketing Comunicazione Gestione co-gestita o esternalizzata degli sportelli Marketing Circondario Empolese V.E. Gestione co-gestita o esternalizzata degli sportelli Massa Carrara Progetti specifici Marketing Firenze Gestione co-gestita o esternalizzata degli sportelli Soggetti peculiari della rete INPS INAIL Agenzia delle entrate Scuole Comuni Scuole Questura Direzionale provinciale del lavoro Referente area disagio Tripartita INPS Consulenti del lavoro n.d. Università (sportello Montepulciano) Camera di commercio (sportello network) Comuni Scuole INPS Scuole Carcere INPS Università (sportello Novolab) Alcune province investono in attività di promozione e di marketing sia nei confronti delle imprese che degli utenti o di altri soggetti che potrebbero essere interessati ad essere coinvolti sui SPI (Pisa, Lucca), altre utilizzano anche canali meno formali facendo leva sul capitale sociale degli operatori (Livorno), altre allargano o creano la rete intorno a progetti specifici (Grosseto), altre identificano nelle forme di co-gestione adottate o nell’esternalizzazione degli sportelli una modalità di incontro con altri soggetti e dunque un canale di rafforzamento della rete (Firenze, Siena, Arezzo, Circondario Empolese, Prato). Per quanto concerne le reti e le relazioni sul territorio dei CPI, la fotografia toscana risulta molto variegata. I nodi forti delle reti sono stati individuati nella tripartita (soprattutto per la provincia di Prato), nelle associazioni di categoria, camere di commercio, consulenti del lavoro (in particolare per Pistoia e Arezzo), nei comuni (Grosseto e Circondario Empolese), nei soggetti che operano nell’area del disagio (Massa Carrara col carcere, Lucca con l’istituzione del referente unico del disagio), nelle scuole (Grosseto, Massa Carrara, 117 Pisa e Circondario Empolese), nei sindacati. Questi legami trovano conferma nei risultati dell’indagine campionaria condotta dall’ISFOL a livello nazionale (Gilli e Landi, 2007), secondo la quale i comuni, le scuole e le associazioni sindacali e categoriali sembrano essere considerati gli interlocutori “naturali” e storici dei CPI, perché coinvolti, spesso e a vario titolo, in parti del processo di incontro tra domanda e offerta di lavoro che costituisce, ancora, il core business dei CPI. Nodi, invece, difficili o deboli della rete sembrano risultare le Università (per le Province di Grosseto, Pistoia, Prato, Massa Carrara, Livorno, che riferiscono solo di rapporti sporadici), l’INPS-INAIL (Pisa, Pistoia, Circondario Empolese, Firenze stanno collaborando con tali soggetti, ma le difficoltà sono ancora molte), e altre istituzioni (ad esempio le direzioni provinciali del lavoro, le agenzie delle entrate, la Questura, Prefettura), rispetto alle quali viene segnalata da molte province la necessità di stabilire rapporti più strutturati. Per quanto riguarda le agenzie interinali, anche se ci sono tentativi nella direzione della cooperazione, in Toscana non risulta ancora sviluppata una fattiva interazione tra pubblico e privato. Vediamo gli aspetti specifici individuati dalle province per ogni attore coinvolto nella rete. • Tripartita. Il ruolo della Tripartita è riconosciuto da molte Province, come elemento determinante, soprattutto per la definizione degli indirizzi di programmazione, per le commissioni apposite su disabili e parità, il cui peso sta crescendo, soprattutto nella fase attuale relativa alla gestione della crisi economica55. • Sindacati. Il sindacato oltre a essere coinvolto nella gestione di sportelli, nella gestione delle crisi aziendali, nella formazione attraverso le proprie agenzie formative, sottoscrive protocolli di intesa per ambiti di intervento particolari, come è accaduto a Grosseto per i lavoratori atipici. • Associazioni di categoria, Camere di commercio, Consulenti del lavoro. Altri soggetti, ritenuti molto importanti nella composizione della rete con i quali i rapporti sono regolari e costanti, sono con le associazioni di categoria e le camere Alla tripartita è dato il compito di individuare quali sono gli indirizzi insieme alla provincia, di prendere atto del programma che viene fatto. La programmazione del FSE è fatta a cadenza annuale, loro sanno i passaggi e danno tante indicazioni, non sulle modalità del nostro lavoro, ma sugli obiettivi che dobbiamo raggiungere (Pisa). Abbiamo la tripartita, quella l’abbiamo tutti e devo dire che per anni è stata un po’ una cosa strana (...) Poi in realtà si sta dimostrando uno strumento importante, sarà la crisi che ha dato una sbrigliata a tutti, però per esempio ora abbiamo un interlocutore (Grosseto) Prato è piccola, cioè ha un buon humus sociale in termini di partenariato, c’è una tripartita forte che sviluppa un po’ tutte quante le tematiche di programmazione sia sulla formazione che sulle tematiche sul lavoro. Devo dire che nonostante tutte le difficoltà, il dialogo e la concertazione è di un livello veramente buono (Prato). 55 118 di commercio, che spesso gestiscono sportelli relativi alla creazione di aziende (imprenditoria giovanile e femminile) e si scambiano informazioni o studi sui fabbisogni territoriali in termini di incontro domanda e offerta di lavoro. I consulenti del lavoro sono in stretto contatto con i CPI, spesso diventano canali d’informazione e marketing nei confronti delle aziende, come ci hanno riferito le province di Lucca, Arezzo e Prato. La provincia di Pistoia ha dato loro la possibilità di accedere al sistema IDOL56. • Comuni. Il decentramento degli sportelli dei CPI trova nei Comuni gli attori principali: sono considerati soggetti che permettono di rendere la rete dei servizi più capillare, con i quali condividere progetti e veicolare informazioni ai cittadini, anche se con qualche difficoltà determinate spesso dalla mancanza di personale e di risorse, soprattutto per gli enti più piccoli. Spesso gli sportelli comunali si trovano all’interno delle anagrafi, degli URP o presso gli Informagiovani57. • Soggetti che operano nell’area del disagio (servizi sociali e del sostegno delle fasce deboli, ASL, Società della salute, carcere, cooperative sociali, ecc.). È un’area di grosso interesse da parte delle province, visto il ruolo dei CPI nell’aiuto e sostegno all’inserimento lavorativo soprattutto delle persone svantaggiate. Non sempre con tutti questi soggetti vi sono rapporti continuativi, ma spesso si costituiscono intorno a progetti di durata temporanea. L’esigenza di strutturare maggiormente questi rapporti è sentita Abbiamo rapporti con COAP (Centro di Orientamento ed Aggiornamento Professionale) della camera di commercio, con l’autoimpresa per l’imprenditoria femminile, poi abbiamo rapporti consistenti con tutte le associazioni di categoria, ce l’abbiamo costantemente, regolarmente (Grosseto). L’informazione con le aziende è stata fatta attraverso i consulenti, che da quando le comunicazioni sono online, il consulente è un punto di riferimento, entrano in contatto col centro e diventano veicolo della rete (Lucca). Abbiamo un accordo con la Camera di Commercio per il cosiddetto “Sportello Network”, per la consulenza per l’apertura di attività imprenditoriali. In questo caso alcuni giorni della settimana c’è un nostro operatore da loro e in altri giorni una figura della Camera di Commercio viene da noi, a rotazione in tutti i Centri Territoriali (Arezzo). Collegati a IDOL ci sono anche centinaia di consulenti del lavoro attraverso la password possono comunicarci, non modificarlo, ma leggerlo e ci sono rimasti anche dopo le comunicazioni online. (Pistoia) 57 Abbiamo lavorato su una rete che riguardava i comuni, abbiamo fatto delle convenzioni, abbiamo fornito i computer, ad alcuni abbiamo organizzato il punto, fatto formazione al personale, affinché fossero in grado di informare e fare la prima accoglienza. Sul fronte dei comuni abbiamo la rete sul web learning point e sono sette (Grosseto). In ogni comune del Circondario abbiamo lo sportello di prima accoglienza al lavoro (...) Si tratta di un modo di avvicinare il cittadino al servizio almeno come prima informazione, ma anche coinvolgere il comune, perché comunque a quel punto hai il servizio all’interno del comune e per forza la relazione la intessi. L’operazione è stata facile perché il Circondario è sì un ente decentrato della provincia di Firenze, ma è anche un ente sovracomunale, quindi è stato facile andare a cercare i comuni e trovare in loro un approccio positivo (Circondario Empolese). L’Informagiovani è una convenzione con tre enti, il comune di Pisa, il diritto allo studio e il servizio lavoro (...) è vicino alla sede centrale della provincia, vicino alla stazione, quindi gli studenti vanno lì. È un braccio lungo nostro e diventa un modo per veicolare al CPI i giovani lavoratori (Pisa). 56 119 da tutte le province. Lucca si è organizzata ponendo un referente unico sul disagio all’interno del CPI, mentre il Circondario Empolese evidenzia alcune difficoltà nella gestione dei rapporti con servizi sociali e la ASL a causa delle competenze che in alcuni ambiti rimangono provinciali. Per quanto riguarda il carcere spesso si segnala la mancanza di strutture idonee a far lavorare chi ancora deve sostenere delle pene, a parte Massa Carrara che ha uno sportello di orientamento dentro il carcere per accompagnare i progetti di inserimento lavorativo58. • Scuole e Università. Sull’importanza della rete scolastica e la necessità di stabilire con le scuole rapporti duraturi e continui si sono soffermate molto le province di Grosseto e il Circondario Empolese. Le province di Pisa, Massa Carrara e Siena hanno rapporti strutturati soprattutto per progetti specifici sull’orientamento o di formazione a distanza all’interno delle strutture scolastiche. La provincia di Lucca si dichiara debole sotto questo aspetto e auspica lo sviluppo di rapporti con tali soggetti e la continuità progettuale59. Dalle interviste l’università Con l’Asl e il carcere ci sono dei progetti specifici (...) Con il carcere in virtù di progetti, ci si ferma poi si riprende. Non abbiamo una struttura fissa con sportello specifico. (Prato) C’è stato chiesto da più voci, da associazioni anche di volontariato ma anche l’Ufficio Esecuzione Penale Esterna di costituire un referente unico per il disagio. In questo modo crearsi un rapporto starà al referente unico, smistare le richieste fra i colleghi; è una facilitazione sia per chi ha problemi e sa dove andare, sia per l’associazione (Lucca). Dal punto di vista operativo i rapporti sono buoni, perché gli operatori collaborano e ci sono anche esempi di progettazione condivisa degli interventi sui singoli casi. Stiamo cercando di costruire un rapporto più istituzionale, un protocollo di intesa o simili, è lunga la cosa, c’è voluto molto tempo a capirsi, solo a cercare di condividere il linguaggio, l’approccio alle persone e soprattutto anche conoscerci reciprocamente (…) abbiamo dei problemi perché la parte vera e propria sui disabili la gestisce la provincia di Firenze, noi abbiamo gli utenti, ma non abbiamo il collocamento mirato. Quindi noi abbiamo cercato con il privato sociale di avere la possibilità di fare qualcosa per queste persone e per le fasce deboli che non sono riconosciute come legge 68 (Circondario Empolese). Abbiamo attivato delle azioni per gli iscritti alla 68, dai tirocini nelle scuole. Con il carcere facciamo tante cose. Abbiamo uno sportello di orientamento dentro il carcere, facciamo inserimenti lavorativi, all’interno, perché ci sono strutture private, una falegnameria per esempio. Con l’Asl, lavoriamo a stretto contatto (Massa Carrara). 59 Abbiamo rapporti con tutte le scuole, c’è un gruppo di lavoro dove c’è dentro una scuola professionale particolare per inserimento di studenti disabili. Tutte queste cose hanno dei gruppi di lavoro integrati. Poi c’è il sistema integrato di orientamento per tutte le scuole, obbligo formativo e orientamento che coinvolge le insegnanti (Grosseto). Ormai da 5 anni progettiamo seminari di orientamento per le classi quinte. Quindi tutte le classi quinte di tutte le scuole del circondario vengono tutti gli anni ai CPI a fare i seminari di orientamento alla scelta postdiploma (...) Tra l’altro i seminari sono co-progettati, con i referenti delle scuole e si decide insieme come organizzarli. Poi anche sulle prime classi dall’anno scorso stiamo condividendo il progetto integrazione tra istruzione e formazione all’interno di tutti gli istituti professionali nel biennio, abbiamo messo a disposizione le tutor del diritto-dovere che andranno nelle scuole e a loro volta le scuole verranno a visitare il centro (Circondario Empolese). Le persone che hanno abbandonato la scuola entrano in carico al CPI, dove il CPI è responsabile a tutti gli effetti dei minori e realizza un percorso ad hoc. C’è un progetto sull’orientamento integrato all’interno del nostro territorio (...) Pontedera e S. Croce hanno costruito un modello che verrà esteso anche a Volterra e Pisa. Quindi rapporti diretti fra le scuole e i CPI, l’abbiamo chiamato “la scuola va a lavoro e il lavoro va a scuola” (Pisa). Abbiamo ospitato ragazzi delle scuole, abbiamo convenzioni con scuole professionali per l’ospitalità, per il periodo alternanza scuola-lavoro. Il progetto TRIO che ora è passato alle province, chiaramente 58 120 emerge come un nodo debole della rete: le province di Grosseto, di Pistoia e di Prato non hanno particolari rapporti se non intorno a sporadici progetti, mentre quelle di Massa Carrara e Livorno solamente per la presenza di alcuni tirocinanti laureandi o neolaureati all’interno delle loro strutture. La provincia di Pisa ha rapporti -seppure ancora di natura informale- per l’orientamento con l’Università di Pisa, con la Normale, con l’Istituto Sant’Anna e per la promozione di percorsi di laurea in materie scientifiche; la provincia di Lucca collabora per l’orientamento con una società lucchese per la formazione e gli studi universitari, ma sostiene che il rapporto andrebbe consolidato perché il servizio convenzionato non viene molto utilizzato. Siena ha rapporti con l’università per la co-gestione di uno sportello a Montepulciano, così come Firenze con lo sportello Novolab all’interno del Polo di Scienze Sociali di Novoli60. • INPS-INAIL. Per quanto concerne il collegamento degli ammortizzatori alle politiche attive, lo scambio di pratiche, l’accesso a banche dati, interventi comuni sul sommerso, ecc., il rapporto con l’INPS è un nodo cruciale nella rete dei servizi, ma che per certi aspetti rimane irrisolto61. La necessità di rendere non tutti sapranno che al CPI ci sarà anche la possibilità di fare formazione a distanza gratuitamente. Per questo noi abbiamo fatto delle convenzioni con le scuole, per cui avremo dei punti sparsi anche nel territorio, presso le scuole per svolgere attività non solo per studenti, insegnanti e genitori, ma per tutta la popolazione (Massa Carrara). In parte per carenze nostre, in parte per problemi specifici del sistema scolastico, con le scuole il rapporto non è strutturato, è discontinuo, mancano progetti di fondo. Ora è in corso di miglioramento grazie al servizio istruzione con un progetto pilota sulle prime classi delle superiori e terza media, che è andato bene (Lucca). 60 Con l’università non abbiamo grossi rapporti (…) l’università mi sembra affaccendata in tutt’altre cose. Noi come CPI, i nostri rapporti non sono mai forzati, forse non abbiamo avuto progetti in cui coinvolgerli (…) Abbiamo avuto collaborazioni con bravi docenti universitari, ma poi hanno fatto dei lavori che li abbiamo messi in un cassetto e non sono serviti a niente. (…) Non ci serve una ricerca, ci serve implementare un servizio. Non è voglio sminuire l’università, però abbiamo bisogno di capire quale intervento potrebbe essere utile (Grosseto). All’università interessa il passaggio tra scuola superiore e università. Èun soggetto col quale ci relazioniamo regolarmente con dei progetti specifici. È un attore importante, è presente, ma non è l’attore dello sportello, del servizio (Prato). Con l’università andiamo a fare l’orientamento e servizi al lavoro nei vari dipartimenti che richiedono l’outplacement, con la Normale, con il Sant’Anna (...) La nostra esperta del marketing è andata a fare degli incontri con il dipartimento di Lettere che ha delle difficoltà grandissime, quando si laureano. Poi abbiamo avuto un rapporto con le facoltà scientifiche, ingegneria, chimica, cercando di indirizzare la popolazione verso lauree di carattere scientifico (Pisa). Abbiamo recentemente creato una collaborazione con l’Università di Pisa che ha un ufficio a Lucca, con la società Celsius (società lucchese per la formazione e gli studi universitari), per andare a fare l’orientamento nelle loro sedi. (...) Potrebbe essere interessante fare una preselezione di livello alto in forma decentrata in altre strutture. In generale il CPI fa preselezione per profili molto bassi, se vuoi innalzare questo livello secondo me devi farlo con qualcun altro, altrimenti dovresti farne due di centri (Lucca). 61 L’Istituto previdenziale, rilevando che “in diverse regioni sono già state attivate collaborazioni tra Inps e CPI”, ha dettato, mediante la circolare n. 136 del 28/11/2006, le modalità operative per definire ed “omogeneizzare” i rapporti tra questi soggetti, “con l’obiettivo di creare valore per cittadini ed imprese, oltre che razionalizzare e semplificare l’attività della pubblica amministrazione, ottimizzare l’utilizzo delle risorse e contenere i costi”. Nello specifico si afferma che: “Il protocollo (…) ha quindi ad oggetto la creazione di strutture integrate mediante ospitalità da parte dei CPI verso l’Inps o, anche, in condizione di reciprocità, dell’Inps verso i CPI al fine di attuare servizi di welfare locale e sviluppare politiche attive del 121 operativa la connessione telematica ed informativa con questi soggetti si inquadra peraltro all’interno dell’obiettivo più generale della riforma volto a ridurre o quantomeno contenere i “fallimenti del mercato” conseguenti alle asimmetrie informative, attraverso una più efficiente catalogazione e divulgazione a livello nazionale delle informazioni (Di Domenico e Marocco, 2005) I contatti spesso si arenano di fronte alle disparità di livello di governo: provinciale per i CPI e nazionale per gli altri due enti. In generale si segnalano le difficoltà e l’auspicio di un intervento regionale che possa regolamentare tali rapporti62. Alcune province, pur nelle difficoltà, hanno rapporti relativamente più strutturati soprattutto con l’INPS: ad esempio, la provincia di Pisa ha uno sportello con personale dell’INPS che opera all’interno del CPI per attività inerenti le domande di disoccupazione, di mobilità, ma anche la raccolta di documenti oltre a un protocollo d’intesa sui disabili; la provincia di Pistoia svolge la raccolta di pratiche, che poi inoltra all’INPS; nel Circondario Empolese esiste una convenzione con l’INPS per l’apertura di uno sportello all’interno del CPI di Castelfiorentino. • Agenzie per il lavoro. Il processo di rinnovamento, iniziato con la chiusura degli uffici periferici del Ministero del Lavoro alla fine degli anni ‘90, è stato completato con le legge 30 del 200363, che ha sancito la fine del monopolio pubblico del collocamento e ha introdotto il tema delle relazioni fra pubblico e privato anche in questo settore strategico. Con la riforma, le agenzie per il lavoro (interinali, di somministrazione ecc.) hanno cominciato a diffondersi anche in Toscana, ponendo il problema dei rapporti con i CPI. Poiché il titolare del rapporto di lavoro è l’agenzia di somministrazione e non l’azienda dove il lavoratore presta in concreto la sua attività, in tutti i CPI della lavoro”. Dagli studi sulle prime rilevazioni in Italia, emerge che sono ancora scarse e che la gestione delle rispettive banche dati è, in tutti i casi, rimasta sostanzialmente separata (Baronio e Marocco, 2008). L’INPS è un ente con cui sarebbe importante interagire, di quello se ne sente la mancanza. (…) Sarebbe bello che la Regione ci instaurasse un rapporto, che riuscisse a farlo aprire alle province. Per noi sarebbe davvero importante, sia a livello di conoscenza del territorio, con i dati che spesso ci mancano e non riusciamo ad avere, che per le competenze di lavoro (Grosseto). La Regione Toscana ha fatto una convenzione con INPS e INAIL per cui loro hanno accesso ai nostri dati, ma noi non abbiamo accesso ai loro. (...) Bisognerebbe investire in questa rete, aiuterebbe tutti a risparmiare tempo e avere delle informazioni (Massa Carrara). L’INPS dipende da Roma, ognuno ha poca autonomia. (…) C’è qualcosa nel circuito informatico che non funziona, non per colpa dell’INPS lucchese, non hanno poteri decisionali, è un altro livello amministrativo. O l’accordo si trova a Roma o nulla (Lucca). Con l’INPS effettivamente c’è una criticità, non riusciamo molto a dialogare. Stiamo conducendo adesso un progetto grosso e con l’INPS non riusciamo a reperire dei dati. Credo sia uno dei soggetti difficili. (Prato) 63 Il D.Lgs. 276/2003 di attuazione della L. 30/2003 ha proseguito e accelerato il processo di apertura del mercato del lavoro già avviato con il cosiddetto “pacchetto Treu” del 1997. 62 122 Toscana vengono pubblicate le offerte provenienti dalle agenzie per il lavoro presenti sul territorio, ma quasi sempre la relazione si limita a questa modalità di pubblicizzazione. La valutazione complessiva che emerge dalle testimonianze raccolte presso i dirigenti e funzionari provinciali è che le agenzie interinali non sono percepite dai CPI come concorrenti64. Chiedendo ai dirigenti provinciali se imprese e persone si rivolgono maggiormente alle agenzie per il lavoro rispetto ai CPI per il servizio di incontro tra domanda e offerta, la percezione diffusa è che non sia così e che anzi i dati relativi agli avviati interinali risultino in calo65. Le agenzie hanno avuto successo inizialmente, poi però sono emersi i limiti dei loro compiti: somministrano lavoratori, ma escludono una buona parte di utenti, soprattutto coloro che hanno maggiori difficoltà di inserimento, non supportandoli adeguatamente nella ricerca del lavoro e nel rafforzamento delle loro competenze. Inoltre, nell’opinione degli intervistati, se in una prima fase le agenzie interinali sembravano semplificare l’iter di assunzione e quindi risultavano appetibili per chi offre lavoro, più recentemente le imprese hanno compreso che certi servizi e opportunità possono offrirli solo i CPI66. Noi le trattiamo come imprese normali, perché loro assumono e poi somministrano il lavoratore, come se fossero proprio delle imprese (…) C’è posto per tutti, ma sono lavori diversi (Pisa). Credo che noi dobbiamo mantenere con questi soggetti una grande apertura, disponibilità e collaborazione; non credo che siano nostri concorrenti perché la persona che si rivolge al CPI per cercare un’occupazione, se trova lavoro grazie alla preselezione oppure grazie all’interinale, va bene in entrambi i casi (Siena). Loro dovrebbero offrire anche formazione, indirizziamo verso di loro anche per questo, perché in teoria la formazione la dovrebbero fare le agenzie interinali perché fa parte dei compiti che lo Stato gli ha attribuito per poter svolgere il loro lavoro, quindi noi diciamo sempre agli utenti di informarsi anche sulle loro opportunità formative. Sul nostro territorio ce ne sono diverse, gli utenti si rivolgono anche a loro, siamo noi stessi che li indirizziamo anche a loro. Non c’è competizione (Circondario Empolese). Non seguono la persona in un progetto individuale, non fanno il bilancio delle competenze. Loro nascono con un obiettivo e noi con un altro. Non ho mai considerato le agenzie interinali come concorrenti (Grosseto). 65 Il dato delle agenzie interinali è irrisorio rispetto a quanti si rivolgono a noi. Noi si parla di migliaia di persone, loro in centinaia. (...)In tutto il 2008 i lavoratori interinali in tutta la provincia sono stati 1.689 su circa 60.000 avviamenti l’anno. (Grosseto) -Non abbiamo dati, ma sappiamo che gli avviamenti per interinali sono calati drasticamente un anno fa e non so per quali motivi. Nel febbraio 2008 da 500 avviamenti mensili, sono passati a 90. (Lucca)- Registrando gli avviamenti vediamo che quelli da interinale sono circa il 6% e anche se ormai il 70% di tutto è a tempo determinato anche ai CPI, non sono fatte attraverso agenzie interinali, magari sono apprendistato o stagionali (Pistoia). 66 L’agenzia interinale quando è nata ha avuto un grande boom, però poi meno, anche per quanto riportato spontaneamente dai lavoratori. Noi abbiamo fatto in modo che il lavoratore, fosse preso in carico e aiutato a colmare i propri deficit attraverso varie forme, dal tirocinio alla formazione, dai percorsi di gruppo alla coscienza di se stessi (…) Noi aiutiamo la persona, la supportiamo, la seguiamo: come ci si presenta ad un colloquio, come si fa il curriculum, a chi si deve presentare (Pisa). Hanno anche una fascia diversa di utenti perché loro scelgono, cosa che noi non possiamo fare. Ora la cosa si sta invertendo perché con la crisi che hanno loro, l’utenza migliore sta arrivando anche da noi, ci sono stati dei momenti in cui la nostra utenza migliore andava da loro, perché magari in quel momento non avevamo offerte appetibili. In questo momento vengono da noi persone con grandi curriculum rispetto al passato (Circondario Empolese). Ho la vaga sensazione che si stia indebolendo molto. Da parte dell’imprenditore forse c’era l’idea che le agenzie interinali semplificassero le modalità di assunzione, che se ne occupano loro e via. Ma non è così. Tramite noi possono fare molte cose, c’è un ritorno al pubblico (Massa Carrara). 64 123 Alla luce di quanto evidenziato dai nostri intervistati, nelle province toscane non risulta ancora sviluppata un’interazione tra pubblico e privato nella messa a regime di una rete mista di servizi al lavoro, come auspicato dal riformatore67. Nonostante questo, emerge una consapevolezza generale della direzione da seguire verso la cooperazione (come abbiamo visto parlando dei soggetti e delle reti da ampliare), per cui alcuni tentativi di relazioni un po’ più strutturate fra le due realtà si stanno delineando68. La collaborazione viene ricercata anche nell’ottica di migliorare alcuni aspetti che nel servizio pubblico risultano critici, come, ad esempio, secondo quanto riferito da alcuni intervistati, i tempi impiegati per la programmazione e realizzazione dell’offerta formativa, soprattutto per quella di breve durata, ritenuta essenziale per offrire risposte tempestive alle richieste di competenze che vengono dal territorio69. 4.4 I servizi e le specificità Il regolamento attuativo della L.R. 32/02 ha definito il sistema regionale e provinciale per l’impiego, le tipologie dei SPI, gli standard minimi dei servizi, la qualità e l’omogeneità delle prestazioni su tutto il territorio regionale. Per l’individuazione e il raggiungimento degli standard minimi ha definito e approvato il Masterplan regionale, in attuazione delle linee e indicazioni previste dal Masterplan nazionale Da una ricerca dell’ISFOL (Di Domenico e Marocco, 2005) è emerso che sotto il profilo della cooperazione con il sistema pubblico di SPI, solo una quota di appena il 4% di Agenzie dichiarano di essersi attivate in questa direzione. Delle 20 Agenzie generaliste rispondenti, solo una risulta coinvolta nelle sperimentazioni delle misure di raccordo “pubblico-privato”. 68 Con le agenzie del lavoro o interinali in questo momento non abbiamo rapporti “formalizzati” (...) Basandosi sull’esperienza anche di altre realtà locali extra-regionali stiamo valutando la possibilità di proporre un accordo con questi soggetti. Dopodiché i contenuti di questo accordo andrebbero pubblicizzati, comunicati, spiegati anche agli utenti. È necessario che un utente sappia, per esempio, che il suo nominativo potrebbe essere trasmesso anche ad un’agenzia (Arezzo). Ci sono alcune iniziative, la Regione Toscana si è mossa ultimamente con un progetto che si chiama Itinera, per introdurre la cultura del lavoro nella scuola. E ci sono sia le province che le agenzie di lavoro temporaneo. Sta partendo ora, in modo che si instauri una collaborazione sul territorio, per creare informazione, testimonianze legate alle scuole superiori della provincia sui contenuti della cultura del lavoro. Un’altra cosa che la Regione ha messo in ponte è sulla sicurezza per chi ha personale atipico, un primo esempio di collaborazione (Pistoia). Come Provincia di Siena abbiamo avuto una collaborazione più diretta con Adecco in una vicenda di outplacement di un’azienda con oltre 500 dipendenti, di cui 40 circa erano stati messi in cassa integrazione. Per questi lavoratori l’agenzia in questione ha effettuato il reinserimento lavorativo (Siena). 69 Il Corso HCCP, obbligatorio per i ristoranti e il settore turistico, se avessi possibilità lo farei fare a tutti quelli che vogliono lavorare in questo settore, prima che vengano selezionati, perché dopo si perde tempo e opportunità (...) Le agenzie private con il fondo FormaTemp hanno la possibilità di attivare nell’arco di un mese, massimo un mese e mezzo, un corso di formazione adeguato. Noi non possiamo, si sa bene che la programmazione dell’offerta formativa a livello provinciale ha tempi molto più lunghi (Siena). 67 124 del 200070. Il Masterplan regionale individua e definisce le attività per ogni area funzionale in cui si articolano i servizi, gli indicatori di accessibilità, di risorse, di prodotto, di risultato minimi che devono essere garantiti nell’erogazione dei servizi stessi, il monitoraggio e la valutazione della qualità ed omogeneità delle prestazioni. Come si può vedere dallo schema 4.4, le province hanno attivato tutte le aree funzionali previste dal Masterplan regionale. Schema 4.4 Aree funzionali del Masterplan, carta dei servizi e certificazione di qualità Provincia Aree Masterplan attivate Carta dei servizi Certificazione di Qualità Pisa Grosseto Lucca Prato Pistoia Livorno Siena Arezzo Circondario Empolese V.E. Massa Carrara Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì No No La stanno predisponendo No Sì No No Sì Firenze Sì Sì Sì In fase di elaborazione In fase di elaborazione In fase di elaborazione No Sì Sì (tradotta in sei lingue) No (viene segnalata una scarsa condivisione politica col timore che diventi solo depliant) No Sì (carta dei servizi unica per la provincia, escluso il Circondario Empolese) Sì Sì No No No Variegato risulta, invece, il quadro relativo alla dotazione di due importanti strumenti: carta dei servizi e certificazione di qualità. La Carta dei servizi è un documento che ha lo scopo di descrivere finalità, modi, criteri e strutture attraverso i quali i servizi al lavoro vengono attuati, ma anche modalità e tempi di accesso e partecipazione, procedure di controllo che l’utente ha a sua disposizione. La Carta è lo strumento fondamentale con il quale si attuano i principi di uguaglianza, trasparenza, imparzialità, pari opportunità, libera scelta attraverso la esplicita dichiarazione dei diritti e dei doveri sia del personale, sia degli utenti. Risulta evidente che elaborare e mettere a disposizione la carta dei servizi rafforza la mission dei servizi al lavoro e può rappresentare un supporto alla gestione della qualità attraverso il sistema strutturato ed organizzato di garanzie che il CPI assicura all’utenza (Pavoncello, 2007; Raviglia, 2005). Nella nostra regione, cinque sono le province dotate della carta dei servizi (Pisa, Grosseto, Arezzo, Firenze, Siena), mentre altre tre la stanno predisponendo (Lucca, Prato, Pistoia). Cfr. Masterplan dei SPI: linee di organizzazione, Ministero del lavoro e della previdenza sociale, Direzione Generale per l’Impiego. Comitato di Sorveglianza del Q.C.S. del 20 dicembre 2000. 70 125 Come la carta dei servizi, anche la certificazione di qualità71 dovrebbe implementare il concetto di qualità, inteso come capacità di soddisfazione dei bisogni degli utenti, coinvolgendo dirigenti e operatori. Si tratta di uno strumento che investe l’organizzazione al suo interno, che prende in esame ogni procedura del servizio, verifica se sono rispettati gli standard minimi e interviene nella revisione laddove si presentano delle disfunzioni riducendo lentezze e sprechi. Certificarsi in qualità significa, dunque, anche mettere in discussione tutta l’organizzazione del servizio al lavoro e l’impianto culturale che lo sostiene (Raviglia, 2005). Le province di Pistoia e di Arezzo sono certificate in qualità72 e quella di Lucca si sta attivando per ottenerla. Nel corso dei colloqui in profondità svolti con i dirigenti provinciali e responsabili dei CPI è stata chiesta anche una loro valutazione circa i punti di forza e di debolezza relativi a specifiche caratteristiche delle aree funzionali, dell’organizzazione e delle attività, degli strumenti utilizzati per i servizi al lavoro nei vari territori. Prima di vedere per ogni aspetto, quale provincia lo ha identificato come elemento critico o positivo, possiamo dire che gli argomenti che hanno sollevato più dibattito hanno riguardato la promozione alle imprese, la comunicazione, i servizi a supporto dell’area del disagio, l’orientamento, i servizi agli immigrati, il capitale umano degli operatori, gli strumenti di intervento individualizzato e la crisi economica (Schema 4.5). Schema 4.5 PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA Provincia Pisa Grosseto Punti di forza/aspetti su cui hanno investito maggiormente Promozione imprese Comunicazione Obbligo formativo Servizio a supporto dell’area del disagio Punti di debolezza/aspetti da potenziare Servizio a supporto dell’area del disagio Servizio immigrati Incontro domanda e offerta (preselezione) Nel 1987 viene pubblicata, da parte della International Standard Organization, la prima versione della norma ISO 9000 che definisce i requisiti internazionali per i sistemi di gestione della qualità. Le norme ISO 9000, applicabili a qualsiasi ente o società, definiscono uno standard di riferimento univoco, riconosciuto in tutto il mondo. Le norme ISO 9000 sono state oggetto di revisione negli anni successivi. L’ultima revisione è la ISO 9001:2008. Il nome completo della norma recepita in Italia è UNI EN ISO 9001:2008 in quanto la norma ISO è armonizzata, pubblicata e diffusa dall’Ente Nazionale Italiano di Unificazione e dal Comitato Europeo di Normazione in Europa. 72 Dall’intervista: Le volevo anche dire che siamo certificati in qualità ed è l’unico servizio in Toscana, tanto è che quest’anno dobbiamo rinnovare perché ogni tre anni scade. Non è un bollino, abbiamo dovuto all’inizio rimettere tutte le procedure e rivisitarle una per una, quindi che fossero progettate, descritte, codificate, approvate dal dirigente, approvate dai responsabili e condivise dai dipendenti con riunioni, assemblee, e verificate periodicamente, se quello non funziona, va rivisto con azioni di miglioramenti. Se i locali hanno barriere architettoniche e bisogna eliminarle. Se ci sono delle proteste, o delle segnalazioni dagli operatori, questa cosa, IDOL non consente di registrare l’apprendistato. Se non dimostriamo che si è messo in atto una procedura di miglioramento la qualità non ti viene data (Pistoia). 71 126 Schema 4.5 segue Provincia Punti di forza/aspetti su cui hanno investito maggiormente Lucca Servizio a supporto dell’area del disagio Prato Imprenditoria Strumento intervento individualizzato Sportello anticrisi Pistoia Orientamento Strumento intervento individualizzato Livorno Siena Arezzo Circondario Empolese V.E. Massa Carrara Firenze Servizio a supporto dell’area del disagio Servizio immigrati (Accoglienza) Capitale umano operatori Sportelli per target: Servizi donne Servizi giovani Servizi immigrati Promozione imprese Servizio immigrati Servizio immigrati (Accoglienza) Strumento intervento individualizzato Capitale umano operatori Obbligo formativo Servizio a supporto dell’area del disagio Apprendistato Sportello anticrisi (decentrato su tutti i CPI) Strumento intervento individualizzato Punti di debolezza/aspetti da potenziare Obbligo formativo Disomogeneità performance fra i CPI Servizio immigrati (Apprendistato) Crisi aziendali Servizio a supporto dell’area del disagio Promozione imprese Crisi aziendali Servizi di conciliazione Crisi aziendali Promozione imprese n.d. Crisi aziendali Promozione imprese Conformazione del Circondario Autoconsultazione Comunicazione Promozione imprese Uno degli aspetti più segnalati riguarda la promozione presso le imprese: molte realtà (Firenze, Circondario Empolese, Siena, Pistoia) sostengono che questo servizio, importantissimo, vada rafforzato. Per la provincia di Arezzo, ma soprattutto per la provincia di Pisa è un punto di forza sul quale hanno investito molto, anche attraverso un Piano di comunicazione strategico e servizi televisivi esplicativi delle funzioni dei CPI. Per la provincia di Massa Carrara la comunicazione è un punto di debolezza in quanto il sito web e altri strumenti comunicativi sono da migliorare. è importante sapere comunicare all’imprenditore la convenienza che potrebbe avere nel rivolgersi ai CPI, a partire dalla selezione di candidati che si portano dietro una “dote” formativa, un incentivo, un bonus occupazionale e così via. Sono questioni tutt’altro che indifferenti all’imprenditore che guarda anche al criterio dell’abbassamento dei costi del lavoro. (Siena) Una cosa che bisogna migliorare è il rapporto con le aziende. Credo sia un problema di approccio, bisogna uscire dalle nostre stanze e chi è preposto alla domanda e offerta deve andare nel 127 territorio. Fare in modo che i nostri operatori battano il territorio e che ricerchino un approccio con le aziende che facciano anche un lavoro di prevenzione, poiché molte aziende hanno un concetto del vecchio collocamento come se dieci anni non fossero neanche passati (Pistoia) Abbiamo un piano di comunicazione, settoriale, primo in tutta Italia, almeno così ci dice l’università. Un piano di comunicazione strategico della provincia per i cittadini, non tanto sul cartaceo, che non si legge più, ma un piano con un network di televisioni che sono qua nel territorio. C’era l’esperto del lavoro che spiegava in maniera semplice. Diceva quali erano le agevolazioni, cosa erano i contratti, le offerte del lavoro, come accedervi. Questo era all’interno di una grande cornice che spiegava cosa abbiamo fatto, come e dove. Parlavano i tirocinanti, le imprese, per far conoscere i servizi e le attività. Abbiamo avuto grandi successi con le imprese, ci hanno telefonato gli imprenditori e ci hanno chiesto di poter fare le stesse cose. Poi abbiamo fatto spot televisivi sui CPI, sugli orari e sui servizi. (Pisa) I servizi a supporto dell’area del disagio sono stati segnalati come punto di forza da più province: dalla provincia di Lucca che ha istituito un referente unico per tutti i soggetti (istituzionali e non) che a diverso titolo operano in questo ambito di intervento; dalla provincia di Livorno, che segnala i buoni risultati della collaborazione fra gli psicologi del lavoro e il SERT; dalla provincia di Grosseto che segnala risultati importanti per l’intera area dello svantaggio e dalla provincia di Massa Carrara per il rapporto proficuo con il carcere. La provincia di Pisa lo considera un servizio ancora debole e dunque da perfezionare, come Pistoia che sta potenziando il servizio sul disagio psichico attraverso l’inserimento di un operatore dei servizi al lavoro all’interno delle commissioni mediche che giudicano la situazione dell’utente in disagio. L’accompagnamento individuale è un nostro punto di forza. Il referente unico per il disagio, il servizio stage adeguato, si riesce a dare delle risposte pertinenti rispetto alla domanda. Siamo al top nell’inserimento dei disabili, pochi posti, se vuoi tutti coperti. Lavoriamo con le ditte con interventi mirati, incentivi, anche per i disabili fuori obbligo. Le persone che richiedono uno stage sono soddisfatte, il livello è buono. (Lucca) Una cosa che vogliamo perfezionare è sul disagio psichico perché vediamo che sta crescendo (...) Spesso nei percorsi intrapresi tornano indietro. Su questo abbiamo fatto un’intesa con l’ASL. (…) Quindi abbiamo inserito una persona che si intende di lavoro 128 dentro le commissioni mediche che veda il disabile non nell’ottica di ciò che non può fare, ma nell’ottica positiva di quello che può fare. (Pistoia) I servizi per immigrati vengono segnalati come punto di debolezza da Grosseto che indica la difficoltà di reperire personale specializzato in mediazione culturale e conoscenza del mercato del lavoro. Arezzo invece lo ritiene un punto di forza: oltre ad avere la carta dei servizi tradotta in sei lingue, si è dotata, attraverso una gara di appalto, di mediatori, figure professionali da destinare a tutti i centri del proprio territorio. La provincia di Livorno svolge un’attività informativa rivolta agli stranieri sul funzionamento degli enti previdenziali, dove il servizio italiano è messo a confronto con quello di provenienza dell’utente per facilitare la comprensione delle procedure. Il Circondario Empolese, aggregando i destinatari per nazionalità, organizza incontri seminariali per spiegare le funzioni dei CPI, spesso differenti dai servizi per il lavoro del paese di origine. La difficoltà è nel trovare il personale giusto e preparato per quest’attività (...) Abbiamo avuto una persona così. Intanto è straniera, conosce più lingue, e proprio perché ha vissuto sulla sua pelle capisce tutti gli aspetti, sa gestire i rapporti con la questura e con il mondo delle imprese e che abbia una laurea non mi importa. Invece poi sarei costretta a prendere la laureata o il laureato, giovani italiani che magari hanno fatto queste belle lauree di mediazione interculturale, magari parlano bene l’inglese, non sanno il francese, non sanno l’arabo e soprattutto non conoscono il mercato, il mondo dell’impresa. Questo può essere risolto con i bandi di gara, chiedendo il pacchetto di servizi. (Grosseto) Abbiamo in essere un progetto di mediazione linguistico-culturale che è affidato ad un soggetto, UCODEP, selezionato con una gara di appalto, il quale mette a disposizione i mediatori, tutti madrelingua. Con loro possiamo contare sulla presenza dei mediatori presso tutti i Centri Territoriali, i Centri socio-Sanitari e quelli per l’integrazione. Il personale è formato non solo sulla normativa per il soggiorno, ma anche sulla materia del lavoro, insomma a tutto tondo. Sono presenti fin dalla fase dell’accoglienza, del front-office, cioè nel momento di manifestazione da parte dell’utente del proprio bisogno. Però c’è la mediazione anche nelle fasi successive per esempio nel caso dei servizi specialistici, l’orientamento, il bilancio delle competenze, il counseling ecc.. (Arezzo) Poi c’è l’interpretariato per stranieri. Una cosa è spiegare a un rumeno cosa è l’INPS, una cosa è spiegare culturalmente cosa 129 è l’INPS rispetto alla loro realtà (...) evidenziando analogie e differenze. (Livorno) Abbiamo pensato di riunire le etnie in un seminario per spiegare la funzionalità dei CPI in Italia e come si fa, perché con il singolo quando hai troppa affluenza non ce la fai. Specialmente gli immigrati dall’est vengono qua con l’idea del loro servizio che gli trova il lavoro, quindi hanno grosse difficoltà. Lo stesso vale per i seminari per il curriculum, per l’inserimento del curriculum sul nostro sistema informatizzato di incrocio domanda e offerta di lavoro. (Circondario Empolese) L’orientamento viene segnalato come punto di forza dalla provincia di Pistoia, che ha una lunga storia avviata negli anni ‘80. Ho partecipato al gruppo regionale negli anni ’80 che ha elaborato il primo progetto pubblico di orientamento in Toscana (...) A quel tempo l’orientamento era poca cosa, era una parola da costruire, era il primo progetto pubblico elaborato da funzionari interni anziché da esperti esterni, e si arrivò al piano di orientamento delle province. Quindi pensi a che epoca risale la nostra specificità. I responsabili sono orientatori (...) Abbiamo fatto un progetto Equal, progetto Leonardo Da Vinci, a livello europeo, insieme a strutture importanti come l’IFOA (Istituto di Formazione, operatori aziendali) di Reggio Emilia per sperimentare i modelli di orientamento su quattro target femminili in Europa (...) vedere come veniva svolto l’orientamento, quali tecniche, quali target, quali problemi, quali risposte, l’efficacia (...) Con la mia collega siamo impegnati con l’ISFOL su questo a livello nazionale, quindi ci siamo sempre impegnati su questo (...) Ci sono sia professionalità che tecniche di orientamento non dico i migliori, ma molto perfezionati. (Pistoia) Un altro aspetto segnalato riguarda il capitale umano degli operatori: per la provincia di Livorno l’integrazione fra operatori è un punto di forza. Per il Circondario Empolese è un punto di forza la certificazione e validazione delle competenze, le riunioni di equipe e il coordinamento mensile del personale. Può diventare anche un punto di debolezza nel momento in cui manca una figura specifica che curi gli aspetti informatici collegati al database. Conosco tanti colleghi di lavoro, il punto di forza del modello livornese è l’alto livello d’integrazione fra le persone. (Livorno) L’anno scorso abbiamo fatto un processo di certificazione e validazione delle competenze, alla fine del quale 5 o 6 operatori hanno acquisito la qualifica regionale di operatore di agenzia del lavoro, cioè la qualifica che abbiamo sempre chiesto all’esterno 130 per fare i colloqui 181. È stato un processo fatto di validazione delle competenze acquisite (per esperienza professionale e anche raccogliendo tutti i pezzetti formativi degli anni passati) e un percorso di formazione di 60-80 ore incentrato soprattutto sulla metodologia di svolgimento di un colloquio di orientamento, la cura della relazione con le persone, insomma la cosa che ci sembrava mancasse di più agli operatori. Un’altra peculiarità è questa cosa delle riunioni di equipe e il coordinamento mensile (…) Poi se IDOL si ferma, non si fanno le iscrizioni, non si fa niente. Quindi abbiamo avuto momenti di difficoltà nel non avere una persona dedicata che possa intervenire. (Circondario Empolese) Alcune province segnalano come aspetti positivi il potenziamento e quindi l’investimento mirato per alcuni strumenti di intervento individualizzato. Pistoia segnala il forte investimento sulla carta ILA (Individual Learning Account73 o carta prepagata di credito formativo individuale) e ne esplica i risultati positivi conseguiti. Firenze potenzia, attraverso la carta prepagata e i voucher, l’utilizzo degli strumenti di finanziamento individuale per fronteggiare la crisi. Viene segnalato anche l’incremento dei tirocini di orientamento e di inserimento lavorativo per la provincia di Prato e del Circondario Empolese, che però sembrano presentare sia effetti positivi (un’alta percentuale delle borse lavoro erogate hanno buon fine), che distorsioni nell’uso (le imprese vi ricorrono in maniera massiccia per la convenienza economica senza trasformarli in rapporti di lavoro). Sarà fatta una presentazione a tutti gli operatori dei CPI della carta ILA e per un numero sperimentale di carta ILA avranno proprio come destinatari lavoratori iscritti in mobilità e cassaintegrati, quindi un’attenzione particolare in questo momento. (Firenze) Con la carta ILA l’utente può fare dei percorsi formativi personalizzati molto flessibili (…) Non si può rispondere all’utente che forse fra due anni si attiva il corso. Se noi investiamo come quest’anno 3 milioni di euro, circa 1.300 carte, comincia ad avere un certo impatto, per arricchire le proprie competenze, orientare il 73 Con le risorse FSE Ob. 3, POR 2000-2006 (Misura A2) la Regione Toscana ha avviato in alcune province (Arezzo, Grosseto, Pistoia, Livorno) la sperimentazione della carta ILA, per poi, successivamente diffonderla alle altre. La carta ILA rappresenta una modalità di erogazione a tranches di finanziamenti individualizzati per lo svolgimento di percorsi formativi. L’importo massimo delle singole tranches con cui sarà erogato il finanziamento non potrà superare i 500 euro. L’ammontare complessivo del finanziamento erogabile ad ogni beneficiario non potrà invece superare i 2.500 euro (al lordo delle spese bancarie). L’attivazione della Carta ILA e le successive ricariche periodiche della stessa sono subordinate alla valutazione da parte degli orientatori circa la validità del progetto formativo e la sua effettiva e corretta attuazione (a tal fine sarà obbligatorio presentarsi presso i CPI per le verifiche periodiche). L’elemento di maggiore innovazione della Carta ILA consiste nel fatto che con le carte prepagate (da ritirare presso i CPI), i finanziamenti sono prelevabili dai beneficiari presso qualsiasi sportello bancomat e spendibili mediante sistemi di pagamento POS. 131 sistema formativo che deve adattarsi a una domanda di formazione diversa, più individuale, più orientata al mercato (...) Anche l’offerta formativa se vuole intercettare questa massa finanziaria, deve orientarsi verso queste caratteristiche nuove. Infatti molte agenzie si stanno mettendo insieme per cercare di avere più possibilità di risposte. Quindi ha un duplice effetto. (Pistoia) Il servizio dei tirocini è cresciuto molto grazie alla spinta della borsa lavoro. Il punto di forza è che per noi è stato uno strumento da offrire e si è rivelato fino ad oggi un buon approccio con il mercato del lavoro e le persone dopo hanno trovato lavoro. Noi facciamo il monitoraggio sulle borse lavoro erogate: l’80% hanno poi avuto buon fine. Si suddividono in tirocini di orientamento e tirocini di inserimento lavorativo, chi ha fatto il tirocinio di inserimento ha poi trovato lavoro o nella stessa azienda o comunque in un’altra azienda. Il punto di debolezza è che la borsa lavoro ha incrementato molto la richiesta di tirocini, sia da parte delle aziende che dei lavoratori e quindi il servizio è cresciuto molto e ha problemi di spesa. (Circondario Empolese) Infine, per quanto riguarda i punti di forza si segnalano gli sportelli specifici per target (donne, giovani e immigrati) per la provincia di Siena e l’apprendistato per quella di Massa Carrara. Per i punti di debolezza si segnalano: il servizio di incontro domanda e offerta, nello specifico la preselezione ritenuta da migliorare per la provincia di Grosseto; la disomogeneità di performance fra i CPI, ovvero le differenze territoriali nei livelli di prestazione all’interno della provincia di Lucca, che sta cercando di uniformare le risposte dei servizi, anche attraverso le procedure unificate richieste dalla certificazione di qualità; le difficoltà di alcuni interventi del Circondario Empolese dovuti alla sua struttura particolare e non del tutto autonoma dalla provincia di Firenze; i servizi di conciliazione per le donne per la provincia di Livorno; l’autoconsultazione per la provincia di Massa Carrara. Il servizio fondamentale di cui non sono molto contenta è la preselezione, il servizio di incontro domanda e offerta. Nel servizio di preselezione ci sono da conciliare molte esigenze, quelle delle imprese di avere risposte veloci e di qualità e quelle degli utenti che devono avere informazioni, essere chiamati. E già sono due cose difficili da tenerle insieme. Mi piacerebbe che la preselezione fosse quasi sempre un colloquio, che fossero fatti in maniera stabile. Non è sempre semplice assicurare questa qualità. (…) Bisogna contemplare tutta una serie di cose, compresa la trasparenza, l’imparzialità. (…) Non è un punto di crisi, però è il servizio più 132 importante che fa il CPI. Quindi va sempre costantemente tenuto sotto controllo. (Grosseto) I servizi amministrativi hanno una loro criticità che stiamo cercando di rimuovere con la qualità. Ognuno ha sviluppato un’interpretazione di applicazione delle leggi e dei processi autonomi, diversa fra i centri.. Ci stiamo lavorando molto, con la qualità, avendo le procedure scritte, si spera che si unifichi. La preselezione è ottima a Lucca, in Valle del Serchio un po’ più artigianale, anche perché è una realtà più piccola, una metodologia familiare, mentre la Versilia avrebbe le potenzialità, ma ha dei numeri molto più bassi. (Lucca) 4.5 Il personale Uno degli aspetti salienti del processo di riforma del vecchio collocamento centralizzato verso l’attuale sistema decentrato dei SPI ha riguardato la “metamorfosi” delle funzioni svolte: se l’intervento pubblico non mira più ad applicare norme, ma a fornire servizi alle imprese e ai lavoratori, diventa prioritaria la questione del rinnovamento delle competenze professionali e dei codici di comportamento non più ispirati ad una filosofia giuridicoamministrativa, bensì ad una cultura dei servizi. Gli operatori dei CPI non devono applicare (solo) norme e procedure amministrative, ma devono essere soprattutto in grado di valutare fabbisogni professionali e posti di lavoro da un lato, capacità personali, competenze professionali e aspirazioni dall’altro, offrire orientamento e formazione ai lavoratori e consulenza alle imprese. La qualità dei servizi offerti dai CPI è fortemente influenzata dalla quantità e dalle capacità del personale ad essi dedicato, ma anche da una cultura professionale non chiusa nel burocratismo o nel tecnicismo. Per ottenere servizi di elevata qualità è necessaria soprattutto la presenza di operatori disponibili, motivati, professionalmente qualificati e che si identifichino nella cultura completa e complessa dei servizi al lavoro (Ripamonti, 2005). Seppure il Masterplan e le linee guida per la qualità dei servizi (Pavoncello, 2007) indichino la necessità di definire il piano delle competenze e delle professionalità degli operatori, in realtà, nota Reyneri (2007), fino ad oggi poco si è investito in Italia, se non in poche eccezioni, sulla professione di operatore dei SPI e di funzionario delle politiche attive del lavoro. Per rispondere alle esigenze dettate dalla riforma, l’evoluzione dei servizi ha determinato in questi anni l’inserimento di nuovo 133 personale all’interno delle strutture provinciali e locali, ricorrendo in gran parte all’utilizzo di operatori con contratti a termine ed anche, più di recente, attraverso una vera e propria esternalizzazione di alcune attività. Un simile rinnovamento delle risorse umane dei CPI nasce soprattutto dalla necessità di disporre di professionalità e competenze nuove (orientatori, job promoter, mediatori culturali, preselezionatori, ecc.), quasi mai presenti all’interno del personale transitato dal Ministero del lavoro. Attraverso la somministrazione di un questionario strutturato, abbiamo chiesto alle province di indicare il numero di addetti, impiegati presso gli uffici centrali e presso le strutture decentrate, suddivisi per tipologia contrattuale e per modalità oraria della prestazione (tempo pieno/part-time). Complessivamente all’interno delle strutture operative dei SPI e dei servizi provinciali centralizzati sono impiegati 1.082 persone, di cui 626 impiegati nei CPI, 203 nei centri direzionali, 166 nei servizi territoriali e 87 negli sportelli territoriali. La categoria dei dipendenti delle Province risulta la più numerosa (45%), seguono i consulenti e operatori di società esterne (27%) e nettamente distanziati i consulenti e collaboratori a contratto con la provincia (7%) e i dipendenti a tempo determinato (4%) (Tab. 4.6). Tabella 4.6 Addetti per tipologia contrattuale. toscana. 2008 Centro di cui CPI di cui Servizi di cui Sportelli di cui Totale di cui direzionale part-time part-time territoriali part-time territoriali part-time part-time Dipendente a tempo 102 11 311 29 65 indeterminato della Provincia Dipendente a tempo determinato della 6 2 37 5 Provincia Collaboratore coordinato e 1 1 8 1 continuativo a contratto con Provincia Consulente a contratto 9 2 53 11 7 con Provincia Consulenti/operatori esterni acquisiti 72 10 178 129 36 mediante appalti di servizi a società private Altro 13 - 39 12 53 Totale 203 26 626 182 166 Fonte: elaborazioni su dati Amministrazioni provinciali, luglio 2009 134 8 11 4 489 - 3 - 51 2 - - - 9 2 6 - - 69 19 30 9 - 295 169 10 54 64 87 4 169 1.082 22 266 52 Su 1.082 addetti, 266 sono part-time (25%), con una quota decisamente più elevata nel caso degli operatori esterni, dove si supera abbondantemente il 50%. Per ogni addetto part-time è stato chiesto di indicare le ore lavorate a settimana, in modo tale da ricavare il numero di unità di lavoro, ossia i lavoratori full time equivalenti74. Ne deriva che i 1.082 addetti dichiarati per lo svolgimento delle attività corrispondono a 968 addetti equivalenti full time, per cui su una presenza di 100 addetti dichiarati la presenza di personale full time corrisponde a 89. Mentre tra i dipendenti provinciali il rapporto tra le due categorie (dichiarati e equivalenti) è sostanzialmente paritario, nel caso delle categorie con contratti a termine oppure degli operatori esterni, dove la quota di prestazioni a tempo parziale è, come abbiamo visto, più elevata, la differenza si amplia riducendo il valore del rapporto (rispettivamente circa l’85% e il 79%) (Tab. 4.7). Tabella 4.7 addetti e lavoratori equivalenti per tipologia contrattuale. tOSCANA. 2008 Dipendente a tempo 102 99,3 311 301,2 65 indeterminato della Provincia Dipendente a tempo 6 5,3 37 37,0 5 determinato della Provincia Collaboratore coordinato e continuativo a contratto con 1 0,5 8 7,2 0 Provincia Consulente a contratto con 9 7,3 53 47,1 7 Provincia Consulenti/operatori esterni acquisiti mediante appalti di 72 68,5 178 129,1 36 servizi a società private Altro 13 13,0 39 27,8 53 Totale 203 194,0 626 549,4 166 Fonte: elaborazioni su dati Amministrazioni provinciali, luglio 2009 Lav. equivalenti Rapporto tra lavoratori equivalenti e addetti dichiarati TOTALE Addetti Lav. equivalenti Sportelli territoriali Addetti Lav. equivalenti Servizi territoriali Addetti Lav. equivalenti Addetti Lav. equivalenti Centro Centri direzionale per l’impiego Addetti 60,0 11 8,4 490 469,8 95,9 5,0 3 3,0 51 50,3 98,7 0,0 0 0,0 4,4 0 26,8 9 43,7 139,9 9 7,7 85,2 0,0 69 58,9 85,3 9,0 295 233,4 79,1 64 64,0 169 148,5 87 84,4 1.082 967,7 87,9 89,4 Le unità lavorative dei servizi al lavoro della Toscana vengono impiegate per la maggior parte nelle strutture che svolgono funzioni più operative e di servizio diretto al cittadino (assorbite nella misura dell’80% dai CPI, dai servizi territoriali e dagli Numero di ore complessivamente lavorate diviso per 36 ore, equivalente al tempo pieno per la Pubblica Amministrazione. 74 135 sportelli territoriali), mentre per le funzioni di controllo, dirigenza e organizzazione in percentuale inferiore (20% presso i centri direzionali) (Graf. 4.8). Grafico 4.8 lavoratori equivalenti PER STRUTTURE SERVIZI AL LAVORO. TOSCANA 2008 Servizi territoriali 14% Sportelli territoriali 9% Centro direzionale 20% Centri per l’impiego 57% Fonte: elaborazioni su dati Amministrazioni provinciali, luglio 2009 Considerando il dettaglio provinciale, la situazione appare abbastanza diversificata, in termini sia di rapporti contrattuali con la provincia (Tab. 4.9), sia in riferimento ai bacini di popolazione servita (Tab. 4.10). Tabella 4.9 ADDETTI (DIPENDENTI E COLLABORATORI/CONSULENTI) per provincia. 2008 136 Dipendenti Collaboratori/ consulenti Dipendenti Collaboratori/ consulenti TOTALE Collaboratori/ consulenti Arezzo 5 0 0 0 Firenze 29 70 69 73 Circondario Emppòese V.E. 4 0 20 12 Grosseto 9 1 34 36 Livorno 13 9 40 29 Lucca 7 5 44 14 Massa Carrara 0 0 9 8 Pisa 6 7 44 52 Pistoia 15 2 51 25 Prato 10 1 0 27 Siena 10 0 37 2 Toscana 108 95 348 278 Fonte: elaborazioni su dati Amministrazioni provinciali, luglio 2009 Sportelli territoriali Dipendenti Servizi territoriali Collaboratori/ consulenti CPI Dipendenti Collaboratori/ consulenti Centro direzionale Dipendenti 45 0 1 0 0 2 12 0 10 0 0 70 40 0 8 0 0 2 29 0 17 0 0 96 0 10 0 0 0 0 0 0 0 0 4 14 28 0 8 0 0 4 0 0 33 0 0 73 50 108 25 43 53 53 21 50 76 10 51 540 68 143 28 37 38 25 37 59 77 28 2 542 Tabella 4.10 lavoratori equivalenti, utenti effettivi e popolazione residente in età lavorativa per provincia. 2008 Unità lavorative Utenti effettivi Unità lavorative per utenti effettivi (1.000) Arezzo 105,4 34.095 Firenze 213,0 78.220 Circondario Empolese V.E. 43,1 27.046 Grosseto 77,0 30.410 Livorno 87,1 33.738 Lucca 76,2 74.476 Massa Carrara 43,5 32.433 Pisa 97,8 52.433 Pistoia 151,6 30.464 Prato 26,3 21.318 Siena 46,7 35.471 Toscana 967,7 450.104 Fonte: elaborazioni su dati Amministrazioni provinciali, luglio 2009 3,1 2,7 1,6 2,5 2,6 1,0 1,3 1,9 5,0 1,2 1,3 2,1 Pop. residente Unità lavorative su in età lavorativa pop. in età lavorativa (10.000) 221.436 508.443 108.738 142.562 215.564 248.056 129.441 263.335 186.041 160.014 168.218 2.351.848 4,8 4,2 4,0 5,4 4,0 3,1 3,4 3,7 8,1 1,6 2,8 4,1 La maggioranza dei CPI e servizi territoriali in Toscana (67%), ad esclusione dei servizi della provincia di Firenze, di Grosseto e di Prato, non ritiene adeguata l’attuale dotazione organica. Per la maggior parte delle province infatti, risulta chiaro che se nel computo dell’organico si tenesse conto esclusivamente del personale dipendente, le competenze non sarebbero tali da coprire le funzioni richieste ai SPI e la capacità della struttura di servire il territorio sarebbe seriamente compromessa (Graf. 4.11). Grafico 4.11 ritiene sufficiente la dotazione organica? No. Sufficiente di numero, ma inadeguata qualifica professionale 18% Si, sia per numero che per qualifica professionale 33% No. Adeguata rispetto alla qualificazione professionale, ma insufficiente di numero 38% No, sia da un punto di vista numerico che di qualifica professionale 11% 137 Per la maggioranza dei servizi del Circondario Empolese e delle province di Livorno, di Lucca, di Pistoia (38% del totale) il personale è adeguato rispetto alle qualifiche professionali, ma insufficiente di numero. Per i servizi della provincia di Pisa e per due dei cinque della provincia di Siena (18% del totale), la dotazione organica è sufficiente di numero, ma inadeguata rispetto alle qualifiche professionali. Per la totalità dei servizi di Massa Carrara, per un servizio di Arezzo e uno di Livorno (11%), il personale è insufficiente sia per numero che per qualifica (Tab. 4.12). Tabella 4.12 Ritiene adeguata, numericamente e qualitativamente, l’attuale dotazione di personale? Arezzo Circondario Empolese V.E. Firenze Grosseto Livorno Lucca Massa Carrara Pisa Prato Pistoia Siena ToSCANA Sì, sia da un No, è sufficiente No, è adeguata punto di vista di numero, ma rispetto alle qualifiche numerico che inadeguata rispetto professionali, di qualifica alle qualifiche ma insufficiente di professionale professionali numero 2 6 5 1 1 15 1 4 1 2 8 1 3 1 3 3 4 2 17 No, sia da un punto di vista numerico che di qualifica professionale Totale 1 1 3 5 5 3 7 5 4 3 3 4 1 5 5 45 Anche secondo quanto riferito dai dirigenti e funzionari provinciali intervistati, la dotazione organica dei CPI toscani non risulta essere sufficiente, in particolare per quelle figure maggiormente impegnate nell’erogazione si servizi più attinenti all’ambito delle politiche attive. Alcuni fanno rilevare come la dotazione organica risulti notevolmente inferiore se confrontata con gli altri paesi europei75. Anche da studi condotti dall’ISFOL, a livello nazionale (Gilli e Landi, 2006), i fabbisogni appaiono legati soprattutto a figure con elevata professionalità, in grado di assistere 75 Il rapporto europeo è totalmente diverso: 1 a 4 rispetto alla Svezia, 1 a 3 rispetto alla Germania, 1 a 2 rispetto alla Francia, cioè abbiamo la metà di ciò che ha la Francia, che è un sistema meno sviluppato della Germania (Lucca). Occorre guardare il tasso degli operatori, che per l’UE sarebbe di 150 ore a disoccupato. In Danimarca entri nel CPI, vai otto ore e stai fisso lì. Tutto ti vincola all’iscrizione, tutto il welfare è collegato a questo, il collocatore che ti firma i fogli.(…) Lo sa qual è il parametro qua? Di 18 ore di cui 2 per burocrazia. L’assessore dice bisogna abbattere gli iscritti, dimezziamoli, ma si va a 36 ore e per arrivare a 150 ce ne vuole. Poche risorse per mettere le bandierine (Livorno). 138 le strutture nelle attività di programmazione, progettazione, analisi del mercato del lavoro e promozione dei servizi. In generale la parte amministrativa, procedurale e di gestione delle politiche passive è svolta dai dipendenti delle province76, mentre in prevalenza orientatori, mediatori, job promoter, psicologi del lavoro ed esperti del mercato del lavoro sono personale esterno (fornito dalle società in house, reperito tramite bandi di gara o con contratti di consulenza individuali), la cui presenza è finanziata attraverso l’FSE, per cui c’è il timore che con la riduzione dei fondi a disposizione e l’aumento del carico sui servizi a causa della crisi, la dotazione organica diminuisca ancora rispetto alle esigenze ordinarie77. Sostanzialmente i linea con quanto emerso a livello nazionale (Gilli e Landi, 2007), nel caso della Toscana i dati emersi dalla rilevazione presso i CPI evidenzia in prevalenza la carenza di figure professionali specifiche con competenze trasversali che uniscono comunicazione, sensibilità e attenzione alle problematiche dell’utenza, in particolare di quella svantaggiata: l’operatore per le fasce deboli (19: segnalato da Circondario, Livorno, Lucca, Massa Carrara, Pisa, Pistoia, Siena), seguito dal mediatore culturale (17: segnalato da Livorno, Lucca, Pisa, Pistoia, Siena) e dall’orientatore 76 Dalle interviste: Sulla carta sono livelli bassi, ma sono qualificati e professionali. Gli ex-ministeriali hanno tutti livelli bassissimi, il livello più alto è il C. Nel servizio lavoro ci siamo solo due D, io e la Marta. Che poi questi con B facciano cose in autonomia, questo sì, però il livello è rimasto quello. Tranne uno che ha fatto un concorso interno per passare da B a C (Massa) -Dal punto di vista della qualità, se sono una quarantina, aggiungo che 21 sono di profilo B, che profilo B è un usciere. Se non ci fossero le risorse esterne noi si chiude, da tutti i punti di vista. La professionalità elevata è tutta esterna. Ma noi abbiamo problemi anche a inserire i dati. Nome e cognome lo fa anche un B, ma già l’obiettivo professionale. Rapportato alle mansioni è una qualità normale, ma se sono B. i B sono tutti dei geni, fanno tutti molto di più, ci mancherebbe altro (Lucca)- I B che ho io sanno delle cose che credo neanche i dirigenti. (Livorno) - In un’azienda privata, se cambiano le cose, se domani mattina cambia la situazione, perché ci sono cassaintegrati, più soggetti, loro si organizzano immediatamente nel giro di due giorni sono pronti. Noi per fare una cosa del genere si parte, con tutta la buona volontà dopo un anno. Allora cosa siamo costretti a fare? Quello che noi si chiama il fai da te. Ci sono da fare le stampe? Tanto c’è sempre quello più creativo, o che sa usare il computer, pur non avendo riconosciuta la professionalità. Si fanno da noi. Noi siamo partiti con le aziende preparando tutto il pacchetto da portare in aziende, da noi. Non andando in tipografia. Perché? Per il semplice fatto, trova i soldi, fai la gara… (Pisa). 77 La dotazione organica non è sufficiente. Per i servizi siamo sotto quasi del 50%. Con le collaborazioni allora riusciamo un po’ a tamponare (Massa Carrara). All’interno degli assi e degli obiettivi specifici del FSE c’è l’implementazione dei CPI, la parte dell’orientamento. Noi prendiamo le risorse da questo e facciamo le gare d’appalto. Quando nel 2010 ci scadrà questa gara e noi cominceremo a farne un’altra, bene, altrimenti si chiude. Con le persone che abbiamo di ruolo, si chiude, ma non per capacità, per quantità. (Pisa). Che è carente è chiaro. Viaggiamo con gli esterni. Abbiamo una quarantina di dipendenti. A essere economici andrebbero raddoppiati. I CPI sono in queste condizioni. (…) La dotazione strutturale della provincia ha una specializzazione di tipo amministrativo, manca la dimensione psicologica, l’addetto alle scienze sociali, ma anche l’esperto del mercato del lavoro. (Lucca). Con la scelta della società esterna abbiamo risolto il problema annoso del personale; era l’unico modo per garantire servizi di una certa qualità. I dipendenti della provincia svolgono gli adempimenti amministrativi, innanzitutto, gli sportelli di accoglienza e il front-office salvo quelli specialistici -che fanno anche assistenza on line e telefonica (abbiamo anche un numero verde)- e ancora altre attività di livello successivo che appunto svolgiamo in collaborazione con il CINPA, dividendoci il lavoro. (…) Abbiamo operatori versatili, in grado anche -se vi è bisogno- di passare da una mansione all’altra. Il problema è che ci aspettiamo una crescita dell’affluenza.(Arezzo). 139 (15: segnalato da Firenze, Livorno, Lucca, Pisa, Siena). L’operatore d’accoglienza è carente per Arezzo, Livorno, Lucca e Siena, l’operatore di back office per Lucca e Massa Carrara, l’operatore per la preselezione soprattutto per Livorno e Lucca. La dotazione di consulenti alle imprese è segnalata come insufficiente da Arezzo, Livorno, Lucca e Siena (Graf. 4.13). Grafico 4.13 FIGURA PROFESSIONALE DI CUI SI SENTE LA CARENZA Numero CPI/ST su 45 totali risposte 19 20 15 10 12 15 11 11 17 11 10 5 0 Operatore Operatore di Orientatore Operatore Operatore delle fasce d'accoglienza back office per la preselezione deboli Mediatore Consulente culturale alle imprese Altro Alla trasformazione istituzionale dei SPI, in generale, si è accompagnata un’azione di formazione e sensibilizzazione culturale e di alfabetizzazione sui temi della riforma. Successivamente, con il consolidarsi delle nuove prassi operative e di un più consolidato approccio delle amministrazioni verso i nuovi servizi, si è cercato di legare gli interventi formativi a competenze specialistiche, alla creazione di reti istituzionali, all’adozione ed all’affinamento delle capacità organizzativo-gestionali (Bonanni, Ferretti e Palomba, 2004). Questa evoluzione degli interventi formativi, però, non risulta del tutto matura. La formazione e l’aggiornamento del personale, previste dal Masterplan e requisiti essenziali per la certificazione di qualità, nel complesso non appaiono attività molto strutturate e continue nel tempo, anche per alcuni limiti dovuti alla bassa qualifica del personale interno oppure determinate dal fatto che si tratta di personale a tempo determinato, per cui investire in formazione non è incentivante. Inoltre, la formazione ancora viene vista come istanza di adeguamento delle competenze e delle conoscenze degli operatori, non tanto come laboratorio nel quale realizzare i primi approcci delle strategie di gestione e organizzazione delle risorse 140 disponibili finalizzate al conseguimento di obiettivi più chiari e trasparenti78. La formazione richiesta è spesso funzionale ai compiti che l’operatore deve svolgere ed è legata agli standard di qualità dei servizi che si vogliono raggiungere. Dalle interviste si evince che gli operatori chiedono di essere informati sul sistema informatico IDOL e altri database regionali, sul settore delle politiche attive, sull’accoglienza degli utenti, soprattutto sulla comunicazione e sulla gestione del burnout, ovvero lo stress e il carico emotivo connessi alle professioni d’aiuto. Gli operatori chiedono anche di essere informati sulle politiche e le azioni che i centri intendono perseguire per essere maggiormente preparati a svolgere il loro ruolo79. 4.6 Considerazioni conclusive Dall’analisi incrociata dei dati rilevati tramite i questionari e dei risultati delle interviste rivolte ai responsabili dei servizi, emerge un modello organizzativo e di intervento, quello del sistema regionale dei SPI, che mostra di aver compiuto i passaggi fondamentali della transizione verso l’affermazione di un modello agenziale e aver Corsi di formazione sono stati fatti in passato e vengono rifatti. Ma quando ho 21 B cosa posso fare? Cosa formo se poi c’è un limite di qualifica? Come esterni siamo intorno alla quarantina, al 90% sono laureati e nei contratti in appalto è prevista a loro favore una formazione permanente che l’appaltatore deve fare (Lucca). La particolarità del Circondario sta nel fatto che non può avere dipendenti a tempo indeterminato, ma solo a tempo determinato, perché non ha autonomia giuridica, perché è un ente decentrato della provincia, quindi tutte le persone che sono di ruolo sono dipendenti della provincia comandate al Circondario. La dotazione organica è fatta da dipendenti a tempo indeterminato della Provincia e dipendenti a tempo determinato del Circondario. Sul personale come circondario ci abbiamo investito tanto anche in termini di formazione per le nostre possibilità. Però investi in una persona che cresce, cresce a tal punto che è brava e se ne va in un’altra amministrazione (Circondario Empolese). 79 Per il POR 2007-2013 i soldi sono arrivati solo a marzo 2008, quindi il percorso di aggiornamento ancora non è stato fatto. Noi ora abbiamo bisogno di operatori che sappiano organizzarsi, relazionarsi con gli altri. Facciamo degli incontri, dei piccoli nuclei e li aggiorniamo continuamente. Ora dobbiamo fare quello sul sistema regionale del database, che è un inferno, non solamente su IDOL, quello sul FSE, quello della rendicontazione (Pisa). Qualunque servizio che noi diamo diventa contenuto di formazione e aggiornamento. Per esempio, i consulenti stanno facendo una parte di affiancamento ai dipendenti per le imprese, per l’obbligo formativo con i tutor, poi sull’orientamento. Ci stanno chiedendo i dipendenti di imparare meglio a fare i colloqui di prima accoglienza. Sentono tutti questa esigenza di approfondire il rapporto con gli utenti, di capire i bisogni delle persone, affinare le tecniche. Poi ci stanno chiedendo aggiornamento su IDOL, sistematicamente sul funzionamento, sugli aggiornamenti, questo è molto sentito (Grosseto). Il sistema di qualità impone che ogni anno ci sia un piano di formazione per gli operatori e quindi abbiamo predisposto un programma anche con temi come il burnout perché questi operatori sono a contatto con problemi esistenziali, ma anche aggiornamenti sulle riunioni che servono, sulle tecniche di comunicazione, sul piano organizzativo. Per esempio, ora vorremmo fare un incontro sulle iniziative che si stanno programmando col POR nuovo, quindi farne oggetto di formazione specifica. Poi abbiamo una newsletter dove sono elencate le cose fatte dal servizio in quel mese o bimestre, per gli operatori che lamentavano una scarsa informazione, che si sentivano estranei (Pistoia). 78 141 definitivamente superato la concezione classica del collocamento, in cui prevale la connotazione burocratica nell’approccio verso l’utenza. è questo un sistema che nell’attuale periodo di programmazione dei fondi europei, nonostante le difficoltà e le prospettive di riduzione delle risorse, tende ad ampliare il proprio orizzonte di sviluppo, mirando verso standard qualitativi sempre più elevati, fino a prefigurare per i CPI un ruolo di veri e propri animatori territoriali. Le leve su cui agire nel perseguimento di questi nuovi traguardi appaiono due, sostanzialmente: da un lato una sempre maggiore specializzazione dei servizi (per tema, settore, tipi di utenza) e dall’altro, la capacità di attivare e mettere in rete le risorse e i soggetti operanti sul territorio per connettere più efficacemente gli interventi per l’occupazione alle politiche di sviluppo locale. È in questa prospettiva, restituita in modo efficace dai dirigenti e operatori dei servizi coinvolti nell’indagine, che può essere utile sintetizzare e ricondurre i principali punti di forza e le criticità osservati. L’obiettivo è quello di ricavarne indicazioni che possano contribuire alla definizione di nuove priorità e linee di intervento di un possibile percorso di sviluppo e posizionamento strategico della rete regionale dei SPI. I temi toccati sono stati molteplici, gran parte di questi, per complessità e rilevanza, meriterebbero di essere approfonditi tramite ulteriori indagini ad hoc. Tuttavia vi sono questioni che più di altre ricorrono nelle risposte degli intervistati, connesse in particolare a questi ambiti: problemi e necessità avvertiti con maggior urgenza, punti di forza e vocazioni tramite i quali i sistemi provinciali hanno costruito la propria identità di servizio, idee sullo sviluppo dei servizi da qui al 2013. Un primo elemento che ha spostato con forza il focus delle riflessioni, vissuto per i suoi effetti come una sorta di spartiacque nella storia recente di operatività dei servizi, è la crisi economica e occupazionale. Sono due in particolare gli aspetti di criticità segnalati a questo proposito: da un lato la forte condizione di tensione in cui viene a trovarsi la programmazione provinciale (e non solo) FSE, a seguito del dirottamento in funzione anticrisi di cospicue quote di risorse finanziarie (attinte dagli assi 1 Adattabilità e 2 Occupabilità del POR OB 2); dall’altro è stato sottolineato come nella maggior parte delle realtà, i servizi si siano trovati ad affrontare forti aumenti nei flussi di utenza e nei carichi di lavoro pressochè con le stesse condizioni strutturali e di organico della situazione “pre-crisi”. I rischi avvertiti più diffusamente, dei quali è importante tenere conto per mettere in campo adeguate misure correttive, sono legati ai possibili effetti di 142 spiazzamento che potranno essere registrati a carico di quelle categorie di destinatari non interessate da crisi o ristrutturazioni aziendali, ma che nonostante questo continuano a rappresentare un target prioritario, sia per il FSE che per la stessa strategia regionale per l’occupazione. Rispetto a queste fasce di utenza sembra essere seriamente messa in discussione la possibilità di offrire risposte adeguate e di raggiungere gli obiettivi di copertura prefissati: giovani in entrata nel mercato del lavoro, donne che intendono reinserirvisi dopo un periodo di maternità, lavoratori anziani nel quadro di strategie di invecchiamento attivo, ecc. Un altro timore è che, nel perdurare della situazione di crisi, i CPI possano progressivamente perdere l’orientamento al servizio e alla qualità, per connotarsi sempre più come strutture di assistenza. Tuttavia si possono individuare anche esternalità positive prodotte dalla necessità di affrontare questa difficile situazione attraverso l’integrazione tra politiche attive e politiche passive. Una conseguenza importante è rappresentata dal rafforzamento dei legami di rete e del grado di cooperazione con soggetti diversi (INPS, agenzie interinali, sindacati, privato sociale), aspetto questo che se consolidato e reso strutturale potrebbe costituire una risorsa importante per lo sviluppo futuro dei servizi. Riguardo a questo aspetto potrebbe essere utile prevedere, ad esempio a distanza di un anno, un approfondimento teso a far emergere buone pratiche da diffondere e consolidare anche al di là della specifica contingenza e del sistema locale che le hanno originate. Come già abbiamo avuto modo di evidenziare, un aspetto caratteristico della rete regionale dei SPI è costituito dalla multiformità delle soluzioni adottate per l’organizzazione e per la gestione delle attività, all’interno dei diversi contesti provinciali. Tuttavia nella varietà delle scelte operate dalle province, nel tentativo di ovviare ai gap iniziali di competenze, tenendo conto dei limiti e delle rigidità nella spesa posti dal patto di stabilità interna e dai regolamenti comunitari, si possono individuare delle costanti nei problemi osservati presso le diverse realtà. In particolare, sono state rilevate criticità associate al grado di decentramento dei servizi e al ricorso a forme di esternalizzazione e reclutamento del personale che non sempre hanno assicurato la continuità necessaria per tesaurizzare le competenze e i saperi costruiti attraverso l’esperienza lavorativa e gli investimenti in formazione della provincia. Come abbiamo visto, il decentramento delle strutture, che per molte realtà si è rivelato una risorsa, anche per lo sviluppo dei legami di rete, quando viene spinto oltre l’effettiva necessità, porta con sé una serie di problemi per la 143 sostenibilità del sistema e di frammentazione del servizio. In questi casi ciò che generalmente costituisce un vantaggio in termini di prossimità al cittadino si traduce in disservizio e disparità territoriali nei livelli di prestazione. Queste considerazioni sembrano trovare conferma anche nelle oscillazioni del dato relativo agli sportelli attivi sul territorio, che come abbiamo visto, rispetto alla precedente rilevazione, ha fatto registrare una flessione di 92 unità. A questo punto del percorso, sulla base dell’esperienza maturata, potrebbe essere opportuno avviare una riflessione per individuare soluzioni che consentano di ottimizzare gli aspetti organizzativi e gestionali e di superare l’eterogeneità e i limiti dell’assetto complessivo del sistema. Una prima questione da affrontare potrebbe essere, ad esempio, la revisione -all’interno di una cornice di coordinamento regionale- dei criteri sulla base dei quali decidere il grado di decentramento delle strutture nei vari territori, dei criteri per stabilire quali servizi esternalizzare e quali invece mantenere all’interno come core service, la definizione di criteri e procedure condivise per selezionare e reclutare il personale necessario, tanto nella gestione diretta che in quella esternalizzata. Rispetto a questo ultimo punto giova ricordare come un’opportunità ci venga offerta dalle nuove previsioni regolamentari, che fanno sì che si possa ricorrere al FSE per rafforzare la dotazione di personale, stabilizzando (almeno fino al 2013) le risorse esterne dedicate al presidio di funzioni strategiche per il servizio, cui si associa la possibilità di estendere anche ai SPI la modalità dell’appalto per l’affidamento di parti delle attività dei centri. Un punto di forza importante della rete toscana degli SPI è dato dalla presenza di realtà con vocazioni e culture locali positive rispetto ad aree funzionali considerate “strategiche” (ad esempio l’orientamento, i servizi alle imprese, l’accompagnamento al lavoro di persone in condizioni di svantaggio, servizi specifici per lavoratori stranieri, ecc.) che danno luogo a esperienze consolidate che meritano di essere potenziate e diffuse. A questo riguardo ci sembra importante soffermarsi ancora su due ambiti di specificità particolarmente rilevanti. Abbiamo avuto modo di constatare come tutti i referenti degli SPI concordino sul fatto che la promozione nei confronti delle imprese rappresenta un ambito di intervento prioritario per accrescere l’efficacia dei CPI. Rispetto a questo aspetto però permangono alcuni elementi di criticità interni ed esterni alle strutture, riferibili sostanzialmente a: scarso sviluppo di strategie articolate di marketing, carenze anche in termini di competenze, il persistere di barriere di natura culturale che 144 rendono difficoltoso l’approccio con le imprese. A fronte di ciò vi sono province che hanno investito maggiormente su questa area, conseguendo risultati interessanti (cfr. capitolo 5). Considerazioni analoghe possono essere fatte anche per l’orientamento. All’interno della strategia regionale di lifelong learning l’orientamento rappresenta un fattore essenziale per l’integrazione dei sistemi, oltre che per l’esercizio del diritto di cittadinanza degli individui80. Nell’attuazione degli indirizzi regionali in merito allo sviluppo del sistema dell’orientamento i CPI possono giocare un ruolo determinante ancora non pienamente del valorizzato. In particolare occorre investire maggiormente affinché si completi tutto l’arco potenziale di operatività dei servizi. Anche in virtù del fatto che i CPI costituiscono la sede naturalmente vocata all’erogazione di questo tipo di attività, i segmenti dell’orientamento a supporto di scelte e transizioni in campo professionale e formativo risultano pienamente presidiati; per contro appare meno consolidato il modello di raccordo con la scuola e l’università. Tanto in questo caso quanto negli altri richiamati è possibile attingere dall’esperienza di realtà in cui sono state osservate pratiche di successo ormai consolidate. Queste realtà rappresentano infatti un patrimonio prezioso (da valorizzare e mettere a sistema) da cui prendere le mosse per azioni volte a generare processi di apprendimento organizzativo anche promuovendo le comunità di pratiche. Complessivamente emerge come per alcuni settori di intervento la genericità del quadro degli indirizzi e degli strumenti a sostegno all’operatività del sistema abbia contribuito ad alimentare condizioni di incertezza e variabilità nelle procedure e nei modelli di prestazione. Ciò vale in modo particolare per le funzioni più complesse che poi sono le stesse che più diffusamente hanno fatto registrare ritardi e differenze nel grado di sviluppo, come nel caso della promozione e dei servizi rivolti alle imprese nell’ambito della funzione di matching tra domanda e offerta di lavoro. Più in generale queste considerazioni valgono per tutti quegli interventi che travalicano la mera funzione adempimentale, normata da leggi. È importante infatti sottolineare che nel caso appena richiamato le cause di questi ritardi devono essere ricercate all’interno di una pluralità di fattori, anche correlati alle peculiarità del tessuto produttivo regionale: forte prevalenza di imprese di piccole o piccolissime dimensioni che generalmente Uno dei sei obiettivi globali del Piano di Indirizzo Generale Integrato della Regione Toscana per il 20062010, è esclusivamente dedicato all’orientamento, in questo ambito la Regione si propone di: Perseguire la crescita della qualità e dei servizi offerti mediante la costruzione di un sistema regionale delle competenze e dell’orientamento, come condizione per l’esercizio del diritto all’apprendimento durante tutto l’arco della vita. 80 145 utilizzano canali informali per il reperimento di personale e che tendenzialmente presentano una scarsa propensione all’innovazione e allo sviluppo di strategie strutturate di valorizzazione del capitale umano; a questo si associa il permanere di pregiudizi nei confronti dei servizi pubblici per l’impiego, visti come canali inefficienti o come strumenti di controllo. Ciò detto occorre, però, sottolineare come i referenti provinciali reputino necessario per favorire il decollo di queste attività, la possibilità di operare in modo coordinato, di disporre di strumenti condivisi (linee guida, descrittori, indicatori e sistemi di monitoraggio esaustivi, formazione congiunta degli operatori, con particolare riguardo agli addetti all’aggiornamento delle banche dati) sulla base dei quali sviluppare modelli di intervento che, pur salvaguardando il dovuto grado di flessibilità e autonomia nell’applicazione, concorrano a rendere più omogenee le modalità di interpretazione delle norme e di definizione dei processi. In particolare questo è ritenuto essenziale per le linee di servizio più innovative, per le aree grigie di intervento che vanno al di là di quanto richiesto o esplicitato dalle norme. Alla base delle istanze che sono emerse circa l’opportunità di un’azione di coordinamento regionale, c’è la necessità diffusa di potersi confrontare sui processi, sulle soluzioni adottate e i risultati raggiunti, evitando il più possibile le distorsioni determinate da strumenti di monitoraggio non adeguati o da errori nella gestione dei flussi informativi. Alcuni intravedono nell’interesse crescente nei confronti degli strumenti a presidio della qualità dei servizi (certificazione di qualità, carta dei servizi, rilevazioni di customer satisfaction), un’opportunità da cogliere gestendo in modo coordinato per tutte le province l’adozione o l’aggiornamento di questi dispositivi che per la loro implementazione richiedono innanzitutto uno sforzo definitorio dei processi, realizzazioni e risultati. Tutti questi passaggi potrebbero essere proficuamente inseriti in un quadro di raccordo e coerenza con il processo di definizione dei nuovi indirizzi del Masterplan 2007-2013. L’ultima considerazione riguarda il rapporto con il territorio. La possibilità che i CPI evolvano il proprio ruolo verso una funzione propulsiva di dinamiche positive per la competitività dei territori è fortemente condizionata dalla loro capacità di agganciare saldamente gli interventi per l’occupabilità alle politiche di sviluppo locale. In questa prospettiva, i legami di rete e di cooperazione che i servizi sono stati in grado di stabilire all’interno della propria area di intervento rappresentano un fattore di radicamento determinante. Occorre ricordare infatti come il peculiare modello di governance dei SPI in 146 Toscana, incentrato sulla sussidiarietà, abbia di fatto favorito l’avvio di relazioni, anche formalizzate, di collaborazione con soggetti che rivestono un ruolo rilevante nelle politiche di sviluppo e di sostegno all’occupabilità. Tali reti sono state ampliate anche grazie iniziative progettuali che in molti casi hanno dato origine a forme di integrazione divenute in seguito strutturali. Anche la conoscenza approfondita delle peculiarità dei contesti socio economici di riferimento diviene essenziale per costruire risposte efficaci e coerenti con le strategie locali di sviluppo. Box 4.1 Punti di forza e punti di debolezza del sistema regionale dei SPI Punti di forza Affermazione di un modello di governance del mercato del lavoro fortemente improntato alla sussidiarietà, aspetto questo che ha consentito di canalizzare all’interno della rete degli SPI soggetti e competenze importanti per la specializzazione dei servizi Presenza di realtà locali con culture ed esperienze consolidate in segmenti di attività e aree funzionali “strategiche” come l’orientamento e i servizi alle imprese Crescente interesse da parte di amministrazioni, operatori e responsabili dei CPI verso l’adozione di strumenti a presidio della qualità (carta dei servizi, rilevazioni di customer satisfaction, certificazione) Presenza al livello regionale di una cornice normativa e di programmazione che sostiene l’efficacia delle politiche tramite l’integrazione tra i sistemi dell’istruzione, formazione, orientamento e del lavoro (L.R. 32/2002 e PIGI 2006-2010) La necessità di fare fronte alle emergenze occupazionali connesse alla crisi economica, anche attraverso l’integrazione più stretta tra politiche attive e passive, ha prodotto un rafforzamento dei legami di rete e del grado di cooperazione con soggetti diversi (INPS, Agenzie interinali, sindacati), aspetto che potrebbe costituire una risorsa importante per lo sviluppo futuro dei servizi se consolidato e reso strutturale L’estensione dello strumento dell’appalto ai servizi al lavoro, (prevista dal PIGI e dal POR Ob. 2) unitamente alla possibilità di utilizzare il FSE per rafforzare la dotazione di personale (anche se limitatamente al 2007-2013) può consentire di rivedere alcune scelte gestionali e superarne alcuni elementi di debolezza emersi nel passato periodo di programmazione La diffusione degli strumenti ICT può costituire un’opportunità nel quadro più generale di definizione di strategie di ottimizzazione volte ad assicurare la sostenibilità del sistema regionale. In particolare si richiama l’attenzione sulle potenzialità in termini di diversificazione delle modalità di erogazione delle informazioni e dei servizi di prima accoglienza 147 Punti di debolezza Problemi di discontinuità e frammentazione dei processi e dei servizi erogati associati alle soluzioni organizzative e gestionali adottate Scarsa attrattività dei servizi pubblici per l’impiego nei confronti delle imprese determinata dal permanere di pregiudizi e stereotipi e in alcuni casi dalla mancata definizione di strategie di promozione mirate Scarsa sistematicità delle attività degli osservatori; inoltre tranne alcune eccezioni, le analisi sui fabbisogni di competenze si limitano a rilevare la domanda delle imprese, con rischi di distorsioni nelle valutazioni e una ridotta capacità di anticipazione e dei fenomeni se non adeguatamente sostenute da un inquadramento strategico e da diagnosi socioeconomiche di più ampio respiro Il perdurare della crisi e la conseguente necessità di concentrare le risorse e servizi per fronteggiare l’emergenza occupazionale, può determinare ricadute negative sulla capacità di raggiungere gli obiettivi posti dal POR Ob. 2 FSE in termini di sviluppo, qualificazione ed efficacia del sistema regionale dei SPI Parte II Le indagini sugli utenti 5. I servizi alle imprese81 5.1 Introduzione Uno degli obiettivi del processo di riforma del sistema pubblico dei SPI è il miglioramento complessivo del meccanismo allocativo, in termini di una più ampia e trasparente diffusione delle informazioni sulle opportunità lavorative, sulle loro caratteristiche oltre che sui fabbisogni professionali espressi dai mercati locali del lavoro, in modo da contrastare il problema cruciale delle asimmetrie informative (l’opacità del mercato del lavoro) e abbandonare la logica collocativa a favore di un approccio di servizio all’utente-cliente. In tal senso, il servizio pubblico per l’impiego si configura quale istituzione dedicata non solo alle esigenze dell’offerta di lavoro, ovvero di quanti sono alla ricerca di un lavoro (in primo luogo disoccupati ma anche occupati in cerca di un nuovo impiego), ma anche necessariamente all’erogazione di servizi a favore della domanda di lavoro, ossia le imprese che esprimono richieste di personale (le vacancies). Come abbiamo già avuto modo di rilevare, in Toscana la riforma del collocamento, sotto il profilo del decentramento e del trasferimento delle funzioni, può ritenersi pienamente compiuta; l’analisi condotta mostra, tuttavia, un sistema di servizi pubblici per l’impiego ancora fortemente impegnato nell’obiettivo di consolidare il proprio rapporto con il sistema economico locale, a partire dalla progettazione dei contenuti e delle modalità di erogazione di servizi innovativi specificamente rivolti alle imprese. Se da una parte viene ormai riconosciuto il ruolo dell’utenza “persona”, del cittadino, che si impegna attivamente “durante tutto l’arco della vita” e col sostegno del servizio pubblico, a orientarsi per costruire percorsi di sviluppo educativo e professionale, non sembra altrettanto maturo il modello di interazione tra servizi Pur nell’ambito di un lavoro comune a Simona Baldanzi e Germana Berni vanno attribuiti i paragrafi 5.1, 5.2, 5.3, a Francesca Ricci i paragrafi 5.4, 5.5, 5.6, 5.7, 5.8 e a Teresa Savino il paragrafo 5.9. 81 151 pubblici per l’impiego con l’utenza “impresa”. Come evidenziano gli studi ISFOL di monitoraggio nazionale dei SPI, nei primi anni successivi alla riforma si è manifestata in tutte le aree del paese la tendenza a privilegiare un’ottica orientata all’offerta di lavoro, piuttosto che alle attività destinate specificatamente alla domanda. Il percorso che si è delineato invece negli ultimi anni82, sembra essere quello di un ampliamento dell’offerta di servizi al “sistema imprese”, tale cioè da contemplare, oltre alla preselezione e all’incontro domanda-offerta, anche l’analisi critica dei fabbisogni di professionalità, del territorio in funzione delle potenzialità di sviluppo aziendali, la progettazione di azioni formative e/o di riqualificazione-riconversione dei lavoratori in contesti di crisi e di riorganizzazioni aziendali o settoriali (Di Domenico G., 2003). Nel caso toscano, che peraltro si distingue in ambito nazionale anche per il grado di maturazione dei servizi rivolti alle imprese, continua a registrarsi una prevalenza dell’utenza lavoratore rispetto a quanto avvenga per il versante imprenditoriale (circa delle prese in carico totali realizzate riguardano aziende); confermando come, nonostante gli sforzi compiuti, risulti ancora problematica la fase propositiva, di attivazione di relazioni dirette con i sistemi locali delle imprese, per rilevarne i fabbisogni professionali, orientando in maniera più efficace l’attività di incontro tra domanda e offerta di lavoro. Diventa, dunque, interessante sondare come il sistema pubblico in alcune realtà toscane ha organizzato e sta gestendo i servizi alle imprese, come si attiva per far fronte alle mutate esigenze del mercato del lavoro e risponde ai nuovi fabbisogni del territorio. Per indagare i fattori di criticità e le risorse attivabili nella prospettiva di sviluppo e rafforzamento di questa importante funzione del sistema regionale dei SPI, abbiamo realizzato un’indagine diretta che si è articolata in tre fasi. Nella prima si è cercato di indagare direttamente presso i CPI toscani alcuni aspetti dei servizi rivolti alle aziende, dalle modalità di raccolta e pubblicizzazione delle offerte di lavoro, alle modalità di realizzazione dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro, alle attività di promozione dei servizi rivolte alle aziende. La seconda fase ha rappresentato un approfondimento della prima attraverso Un’indagine condotta dall’ISFOL nel 2004 mostra che in Lombardia, Piemonte, Veneto, Lazio e Toscana, le percentuali di attivazione del servizio di marketing per le imprese si attesta oltre il 90%. Con riferimento all’attivazione di strategie di comunicazione (con piani di azione e relative fonti di finanziamento), l’Emilia Romagna, la Lombardia, il Veneto, la Toscana e il Molise, registrano le percentuali più elevate, con una forbice che va dall’85% del Veneto al 100% del Molise. Gilli D. e Landi R., a cura di, Verso il lavoro, Organizzazione e funzionamento dei servizi pubblici per cittadini e imprese nel mercato del lavoro, Monitoraggio 2004,“Monografie sul Mercato del lavoro e le politiche per l’impiego”, n. 1/2006, ISFOL . 82 152 la ricostruzione di tre studi di caso relativi a tre province che nel corso delle fasi precedenti di indagine hanno evidenziato una maggiore sedimentazione delle esperienze maturate in questo settore di attività o che hanno fatto intravedere alcune peculiarità per modalità di gestione, funzionamento e procedure, personale impiegato e che costituiscono, pertanto, rispetto agli scopi di questa fase di indagine, una preziosa fonte di informazioni. Infine, abbiamo ritenuto potesse rappresentare un interessante obiettivo conoscitivo quello di approfondire la questione relative alle relazioni tra CPI e imprese attraverso una rilevazione ad hoc ad un campione estratto dalla banca dati regionali di aziende che negli ultimi quattro anni si sono rivolte ai CPI, in modo da indagarne: le caratteristiche, le motivazioni del ricorso al CPI o ad altri canali per la ricerca del personale, la conoscenza dei servizi offerti dai CPI, il grado di soddisfazione, valutazioni sul ruolo dei cpi, ecc.. Nei paragrafi successivi vengono presentati i risultati dell’intero percorso di ricerca. 5.2 I servizi alle imprese: il quadro delle province toscane Alcuni quesiti del questionario posto alle Province e ai CPI hanno permesso di ricostruire alcune dimensioni che riguardano più da vicino i servizi offerti alle imprese. In particolare ci siamo soffermati da un lato sull’individuazione di quelli che sono i principali servizi richiesti, con una particolare attenzione alle modalità di svolgimento dell’attività di preselezione; dall’altro sulle attività di promozione che i CPI hanno attivato. In primo luogo abbiamo cercato di capire dove si indirizzasse maggiormente la richiesta da parte delle imprese che si rivolgono alle strutture della rete regionale dei SPI. Dalle risposte fornite dai CPI emerge che tra i servizi richiesti la consulenza e gestione delle comunicazioni obbligatorie ricorre più frequentemente (per 36 strutture su 45), così come la preselezione (27 su 45). Risulta essere molto richiesto anche il servizio tirocini (24 su 45). Vi sono poi attività informative e di tipo consulenziale erogate relativamente ad alcune aree di interesse delle imprese che contribuiscono ad accrescere il ricorso ai SPI da parte delle stesse: il servizio di informazioni e consulenza per sgravi contributivi e agevolazioni per assunzioni; informazione e consulenza sul 153 reperimento di fondi pubblici per la formazione, dove le richieste arrivano soprattutto per le strutture di Pisa, Massa Carrara, Lucca e Circondario Empolese, a fronte di uno scarso interesse rilevato dai servizi delle province di Firenze, Grosseto, Prato e Pistoia. In generale l’analisi dei fabbisogni professionali è un servizio poco richiesto dalle aziende (Graf. 5.1). Grafico 5.1 Quali dei seguenti servizi le imprese richiedono al CPI/servizio territoriale? Numero CPI/ST su 45 risposte totali 40 32 24 16 8 Consulenza e Preselezione di gestione comunic. personale obbligatorie Servizio tirocini Reperimento fondi pubb. formazione Sgravi contrib. e agevolazioni assunzioni Poco Per niente Molto Abbastanza Poco Per niente Molto Abbastanza Poco Per niente Molto Abbastanza Poco Per niente Molto Abbastanza Poco Per niente Molto Abbastanza Poco Per niente Molto Abbastanza 0 Analisi dei fabbisogni professionali Nell’ambito delle servizi rivolti alle imprese un’area di particolare interesse è costituita dall’attività di preselezione e dalle modalità con cui questa viene realizzata. In generale l’attività di segnalazione dei candidati alle imprese evidenzia una larga prevalenza di prassi connesse all’invio dell’elenco dei candidati (selezionando i nominativi tra quelli presenti nell‘archivio e tra le autocandidature) con verifica della rispondenza del curriculum vitae al profilo richiesto (38 su 45) e con controllo della disponibilità del candidato tramite colloquio motivazionale/preselezione (29 su 45). Assai più contenuto è invece il ricorso ad attività di selezione, maggiormente concordate con le imprese: i colloqui di selezione svolti per conto delle imprese o tenuti insieme alle imprese sono più rari; fanno eccezione alcune strutture di Pistoia e Lucca che dichiarano di svolgerli abitualmente (Graf. 5.2). Un secondo aspetto indagato ha riguardato la realizzazione o meno di attività di promozione dei servizi offerti da parte dei CPI. Si tratta di un’attività ampiamente diffusa che ha riguardato maggiormente l’incontro domanda e offerta di lavoro (presente in 41 CPI/ST su 45), la consulenza alle imprese (svolta da 41), l’obbligo formativo (38 casi) e l’orientamento (36). Grafico 5.2 Come viene svolta l’attività di preselezione? Numero CPI/ST su 45 risposte totali 40 32 24 16 Invio elenco candidati con verifica rispondenza cv-profilo Controllo della disp. del candidato tramite colloquio Colloqui di selez. per conto delle imprese Mai Raramente Q.V. Abitualmente Mai Raramente Q.V. Abitualmente Mai Raramente Q.V. Abitualmente Mai Raramente Q.V. 0 Abitualmente 8 Colloqui di selezione tenuti insieme alle imprese I canali maggiormente utilizzati per le attività di promozione svolte dai centri e dai servizi territoriali sono il sito web (38), il consulente alle imprese (33), la pubblicazione periodica (30). Il numero verde, al quale rivolgersi per informazioni sui servizi e le attività dei servizi al lavoro, è attivo solo per Arezzo, Firenze e Siena (Graf. 5.3). Grafico 5.3 Canali utilizzati per le attività di promozione dei servizi 40 30 20 38 33 30 23 22 16 10 12 11 12 0 Sito web Consulente Pubblicazione Spot su Operatore Mediatore alle imprese periodica radio o tv fasce deboli culturalre Numero Iniziative di Altro verde sensibilizzazione Già questo primo elemento mette in evidenza come il sistema regionale si stia dotando di strumenti non routinari e tradizionali nel rapporto con l’utenza ed in particolare con i datori i lavoro, utilizzando in molti casi il consulente alle imprese quale figura dedicata alla promozione delle attività svolte. La promozione del servizio costituisce un’ulteriore leva a disposizione della rete regionale degli SPI per potenziare il rapporto 155 con le imprese, sia in termini quantitativi, di ampliamento delle fasce raggiunte, sia in termini qualitativi, relativamente alla modalità della percezione dei SPI da parte delle stesse (aspetto che come abbiamo visto non ha fatto registrare i cambiamenti che ci si attendeva a seguito della riforma). Come è possibile osservare nel grafico 5.4, su 45 strutture totali, sono 38 quelle che svolgono, con modalità più o meno strutturate, attività di promozione presso le imprese. Le due più diffuse sono anche quelle più distanti tra loro sotto il profilo della complessità: la prima è rappresentata dalla tipologia più semplice, che prevede essenzialmente l’utilizzo di materiale cartaceo come volantini, manifesti e brochure (in 26 strutture è utilizzata molto, in 10 abbastanza); la seconda invece prevede il ricorso ad una figura professionale specificamente dedicata, il job promoter (molto utilizzata in 26 centri, abbastanza utilizzata in 9). Grafico 5.4 MODALITà SVOLGIMENTO PROMOZIONE PRESSO LE IMPRESE Numero CPI/ST su 38 risposte totali 30 24 18 12 6 Stampa, radio, televisione Internet Per niente Poco Molto Abbastanza Poco Per niente Molto Abbastanza Per niente Poco Abbastanza Molto Poco Per niente Molto Materiale cartaceo Abbastanza Per niente Poco Abbastanza Molto 0 Stipulando accordi Attraverso la figura con le aziende del job promoter 5.3 Tre casi di studio I tre casi di studio presi in esame hanno riguardato i servizi delle Province di Lucca, Arezzo e Pisa. Le realtà selezionate sono quelle che nel corso delle fasi precedenti di indagine hanno evidenziato una maggiore sedimentazione delle esperienze maturate in questo settore di attività o che hanno fatto intravedere alcune peculiarità per modalità di gestione, funzionamento e procedure, personale impiegato e che costituiscono, pertanto, rispetto agli scopi di questa fase di indagine, una preziosa fonte di informazioni. 156 Per ognuna delle tre Province sono stati intervistati alcuni tra gli operatori che lavorano a diretto contatto con le imprese e abbiamo visionato alcuni strumenti utilizzati dal servizio (brochure, carta dei servizi, customer satisfaction, schede di rilevazione delle imprese, patto di servizio o particolari studi di analisi dei fabbisogni), che illustreremo nei prossimi paragrafi prendendo in esame ogni singolo caso di studio83. Il primo aspetto che emerge dalle interviste agli operatori è che i CPI stanno lavorando in maniera sistematica per rafforzare i servizi rivolti ai datori di lavoro, nella consapevolezza che, affrontando le difficoltà di assunzione e reperimento del personale e prendendo in esame l’evoluzione dei fabbisogni del mercato locale, possono aumentano proporzionalmente le possibilità di successo anche dei candidati alla ricerca di occupazione. Si comprende pertanto che, attraverso questi servizi, è possibile non solo coadiuvare le aziende nel reperimento della forza lavoro, ma anche offrire servizi al territorio in senso più ampio, un sostegno attivo e partecipato ai soggetti del tessuto produttivo locale e degli utenti in cerca di occupazione. I CPI forniscono i servizi alle aziende e agli utenti. Per gli utenti facciamo molto, ci diamo un gran da fare. Ma agli utenti dobbiamo dare informazioni e opportunità che devono arrivare dalle aziende e se noi non andiamo dalle imprese, non possiamo rispondere neanche agli utenti. Quello che serve agli utenti sta dentro le aziende. (operatrice Versilia) Io sono contentissimo che lei sia qua stamattina, perché vuol dire che un certo interesse sta nascendo (...) Se le istituzioni riescono a capire che lavoratori e imprenditori sono tutti sulla stessa barca, allora avremo dei risultati. Io ho sempre fatto il tifo per i lavoratori, però bisogna essere razionali, bisogna capire che se noi istituzioni abbiamo bisogno di mandare a lavorare i nostri disoccupati e capiamo che li mandiamo a lavorare nelle aziende, bisognerà far capire a queste aziende che non sono i nostri nemici, ma sono i nostri collaboratori. Bisogna lavorare ancora visto che ci chiedono ancora quanto costa la preselezione. Bisogna incidere su questo. (operatore della Valdichiana) Per la provincia di Lucca abbiamo intervistato 3 operatrici: due operatrici del gruppo marketing e consulenza alle imprese (una di Lucca che è anche coordinatrice e responsabile del servizio e una della Versilia) e un’operatrice del CPI di Lucca. Per la provincia di Arezzo abbiamo intervistato 5 operatori: 4 del gruppo marketing (la responsabile e coordinatrice del servizio di Arezzo, altri tre operatori di Arezzo, Vadichiana e Casentino) e una del CPI di Arezzo. Per la provincia di Pisa abbiamo intervistato una responsabile del centro direzionale, la coordinatrice responsabile del servizio marketing e l’assessore al lavoro. 83 157 Una delle prime difficoltà che gli operatori incontrano nella comunicazione con le imprese è sicuramente un ostacolo di tipo conoscitivo e culturale: le aziende non hanno percepito il cambiamento del servizio pubblico avvenuto con la riforma, vedono ancora i CPI come autorità di controllo e non come agenzie erogatrici di servizi. Le aziende, infatti, pur essendo sicuramente sensibili ai benefici legati all’utilizzo degli strumenti per il sostegno all’inserimento lavorativo (tirocini, workexperience, ecc.), non hanno mostrato, all’inizio, di essere disponibili al riconoscimento del CPI come struttura di “servizi avanzati di qualità” (Gilli e Landi, 2006). Piuttosto, la rappresentazione più diffusa è quella che identifica i CPI come strutture sostanzialmente deputate al supporto di utenti riconducibili alle fasce deboli, come le figure a basso profilo professionale, gli immigrati, lavoratori anziani o in mobilità, i disabili. Come vedremo più avanti, questa distorta e parziale conoscenza dei servizi pubblici al lavoro ha spinto le province ad impegnarsi ancor più attivamente sul marketing per le imprese. L’insieme dei servizi alle imprese, potenzialmente erogabili dai singoli centri del sistema pubblico dell’impiego, include sia i servizi di informazione (di tipo legislativo, su assunzioni, tipologie contrattuali, mercato del lavoro, formazione professionale), sia quelli di natura più propriamente consulenziale (ricerca di soluzioni a problemi specifici e percorsi “personalizzati” di utilizzo di forme di incentivazione). A questi si devono aggiungere le attività di preselezione dei candidati, svolte in funzione dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Come si è rilevato dalle interviste, uno dei percorsi di avvicinamento dei CPI alle imprese è quello che prende avvio dall’utilizzo dello strumento del tirocinio, uno dei servizi più frequentemente attivati su espressa richiesta delle imprese. Inizialmente, tutte e tre le realtà considerate hanno fortemente incentivato questo servizio, vista la facilità di accoglienza che trovava presso le imprese; adesso tuttavia si avverte la necessità di correggere tale strategia per riportare lo strumento di tirocinio alle finalità proprie di ingresso e di esperienza in azienda, al fine di ridurre le possibili distorsioni correlate a comportamenti opportunistici da parte delle imprese, nell’utilizzo di questo dispositivo in sostituzione delle assunzioni. Il servizio tirocinio è andato benissimo, ma è un servizio lanciato, troppo. Come servizio stiamo cercando di rilanciarlo come intende il legislatore. Io mi faccio amica dell’impresa, dire no diventa dura. Ma cerco di aggiustare il tiro, è fondamentale la comunicazione e far capire loro come si usa questo strumento. (operatrice Pisa) 158 Per promuovere i servizi alle imprese, anche se con tempi e modalità diverse, le tre Province toscane hanno attivato il servizio di marketing, prevedendo di uscire dalle proprie strutture ed andare incontro alle imprese attraverso la visita aziendale84. Questo nuovo modo di entrare in contatto con le aziende del territorio ha spinto le province a dotarsi di operatori qualificati, con competenze in comunicazione, in marketing, conoscenza del mercato del lavoro, dell’organizzazione e fabbisogni aziendali. La creazione di gruppi di personale qualificato da dedicare alle imprese ha permesso di rafforzare tutti i servizi dei centri e soprattutto di incidere sui pregiudizi della maggior parte delle aziende circa l’adeguatezza delle professionalità da questi possedute. Gli operatori intervistati riferiscono che spesso le imprese rimangono colpite delle competenze professionali dei consulenti dei CPI, come ad esempio: la capacità comunicativa, la capacità di rielaborare le informazioni raccolte per giungere alla definizione del profilo professionale richiesto, tenendo conto, al contempo, dei dati complessivi sul clima organizzativo, delle tipologie contrattuali ed di altri aspetti di rilievo per la preselezione dei candidati più interessanti. Dalla voce degli operatori si possono ricavare informazioni interessanti circa le caratteristiche ritenute necessarie nello svolgimento di funzioni che, all’interno delle diverse aree di intervento dei CPI, prevedono il contatto diretto con le imprese: Una buona capacità di comunicazione, di comprendere i problemi, i contesti con i quali ci mettiamo in contatto. L’azienda ha una sua logica, ha i suoi tempi, le sue esigenze e questo deve essere chiaro. Poi sul piano della formazione, direi umanistica, o anche economica. Certo conoscere l’organizzazione aziendale, tutti gli aspetti delle figure aziendali, dei profili e poi i servizi, tutto il mondo della formazione professionale, come le aziende possono accedere ai contributi. Poi è chiaro un po’ di esperienza, che può essere sul campo nelle imprese, sulla selezione del personale, sui processi formativi. (operatrice Versilia) Il consulente alle imprese, lo dice un po’ anche la parola, deve avere un approccio rivolto alle imprese. Chi lavora al CPI ce l’ha, a meno che ci siano persone in difficoltà a sostenere un approccio più commerciale, a sostenere una visita aziendale. Tutti gli operatori dei centri sono consulenti, perché anche all’utente danno consulenze. Alcune persone sentono questo ruolo tagliato addosso, altri preferiscono di più rapportarsi solo all’utente. (operatore Arezzo) Vedremo nei paragrafi successivi, per ogni caso di studio, avvio, sviluppo e modalità di gestione del servizio. 84 159 Le capacità comunicative sono fondamentali per creare un buon rapporto con l’impresa, ma anche per strutturare la rete di collaborazione con i colleghi dei servizi. Inoltre è centrale la funzione di coordinamento. La figura che coordina il gruppo di marketing e consulenza alle imprese deve riuscire a integrare funzioni e operatori, deve consentire la condivisione delle informazioni, deve infine rafforzare il contenuto dell’intervento, quel pacchetto di servizi che promuove presso le imprese. Secondo la responsabile di Pisa deve avere le caratteristiche di un leader soft: Una buona capacità comunicativa, persone che riadattano il loro modo di parlare rispetto a chi hanno di fronte. Persone che dal punto di vista commerciale puro, hanno caratteristiche di spicco. Poi sui contenuti ci si lavora tranquillamente. Non importa fare dei corsi di anni, anche perché cambiano così rapidamente le cose in questo ambito per cui chi era formato prima, poi non lo è più. Buona capacità di comunicazione, anche con gli operatori interni. Nel career counseling si chiamano leader soft. Perché questo mestiere tende a darti un po’ di ego, averne troppo diventa distruttivo. Quindi un leader soft è che magari non lo faccia notare, ma che faccia venire fuori delle cose (...). Ci vogliono persone che hanno la capacità di mettersi in discussione. Bisogna vedersi allo specchio, persone capaci di auto-orientarsi. Per una buona comunicazione esterna bisogna essere in grado di fare bene all’interno. Se non riesci in questo fallisci dopo tre giorni. Un buon commerciale fa un lifting garbato, ecco o soft o garbato. Garbato perché occorre non fare finta, perché poi promuovere cose che non ho è deleterio. (operatrice Pisa) Gli operatori delle tre province analizzate dichiarano di riscontrare non tanto carenze di personale in termini di livello e qualità di competenze, semmai dal punto di vista numerico con ricadute sui servizi in generale. Le pressioni determinate dall’aumento del carico di lavoro in concomitanza dell’attuale fase di crisi occupazionale rischiano infatti di limitare la capacità di intervento anche sul versante dei servizi alle imprese. Gli operatori che svolgono le visite aziendali per promuovere i servizi si sono trovati a dover ridurre l’attività, perché altrimenti non si sarebbero potuti soddisfare in modo adeguato i bisogni delle imprese. Se non si è in grado di assicurare continuità nei servizi e tempestività nelle risposte, il rischio è quello di distruggere il capitale di fiducia costruito faticosamente attraverso il lavoro degli operatori alla base della rete. Inoltre, anche in questo momento di forte difficoltà per le aziende, si continua a considerare fondamentale lo sviluppo dei contatti e degli interventi per il sistema produttivo locale. 160 Si rientra nelle carenze generali di personale, se in un centro sono andate in pensione una o due persone senza essere sostituite è chiaro che il carico per chi rimane è aumentato. Questo poi ricade sul lavoro del gruppo imprese che riescono a ritagliarsi meno tempo. Noi non avremmo problemi di personale qualificato: lo abbiamo in casa fortunatamente, persone formate con il tempo. Risentiamo in generale della pianta organica. Eravamo intorno a 25.000 disoccupati, ora siamo intorno a 32.000. (operatrice Arezzo) La carenza numerica c’è. Io mi devo arrestare perché non sono in grado (...) mi chiedo tutti i giorni cosa vogliono fare di questi servizi. Hanno verificato che i servizi danno dei risultati, ora non basta più monitorare, ora bisogna intervenire. (operatrice Pisa) Io credo che sia utile il nostro lavoro anche in questa fase di crisi perché tanti strumenti le aziende non li conoscono, anche la CIG in deroga stessa. Quindi qualcuno che va lì a fare consulenza è utile. Io non vedo l’attività di marketing come attività finalizzata a lasciare la brochure e arrivederci, ma a creare un rapporto con l’azienda, da sviluppare e poi mantenere. Però è vero che ora andare in azienda è difficile perché l’impresa ti chiede cosa fa la Provincia o cosa fa la Regione e risposte non ce ne sono. (operatrice Lucca) Alla Regione Toscana, oltre le carenze segnalate, non si pone una particolare richiesta di regia o di coordinamento sul personale impiegato nei centri dell’impiego, poiché si rivendica l’autonomia decisionale e gestionale del livello provinciale. Si richiede invece, pur tenendo conto delle differenze e peculiarità dei territori, un supporto allo sviluppo di strumenti e attività ritenuti essenziali per l’operatività e per rafforzare l’integrazione degli SPI: la formazione degli operatori, il perfezionamento del sistema informativo, elaborazione e condivisione di sistemi di descrizione delle competenze che facilitino l’interazione con le imprese nella definizione dei loro fabbisogni professionali. Poi ci vorrebbe qualcuno che si occupasse di IDOL, degli strumenti utili a questo. La Regione stessa ci chiede dati che non ci mette in grado di estrapolare, mettendoci in difficoltà. È inutile che mi si chieda su una tipologia di utenti quante volte fa una cosa, se non ho gli strumenti per farlo. In queste condizioni poi, un esperto statistico diventa un optional e quindi è un problema. (operatrice Lucca) Credo che su come fare le attività debba essere lasciata autonomia. Quello su cui la Regione Toscana può venirci incontro è lo strumento 161 da utilizzare, gli strumenti informatici. Noi su IDOL abbiamo un’interfaccia che non ci consente appieno, di registrare. Spesso inseriamo i dati, ma non riusciamo a estrarli, non riusciamo ad avere la chiave di lettura di cui abbiamo bisogno. Ma sono necessari anche strumenti che ci aiutino a parlare con le aziende lo stesso linguaggio, quindi la mappatura delle figure professionali. Il lavoro che stavamo facendo, lo studio analitico delle competenze specifiche del processo produttivo (…) si potrebbe trasferire a livello regionale, (…) per avere una decina di figure professionali, magari facendosi aiutare dall’osservatorio per indagare quelle aziende che sono più aggiornate, che hanno più innovazione tecnologica, per individuare quelle figure (operatrice Arezzo) Per quanto riguarda lo strumento della customer satisfaction per le imprese, gli operatori delle tre province ritengono che la Regione Toscana dovrebbe dare indicazioni sulle questioni comuni a tutti, lasciando poi la necessaria flessibilità per indagare aspetti inerenti a specifiche caratteristiche dei contesti locali. La Regione potrebbe dare delle indicazioni, ma poi dovrebbero essere consentite domande ad hoc sui vari territori, il che comporterebbe fare dei questionari lunghissimi e complessi che l’azienda poi non vuole compilare. (operatrice Lucca) Le customer sono strumenti che abbiamo raffinato con l’osservatorio del mercato del lavoro. Credo che su questo non abbiamo grosso bisogno di aiuto dalla Regione. Chiediamo un aiuto esterno quando abbiamo bisogno di rilevazioni CATI su cose specifiche, su utenti che hanno ricevuto un’attività formativa, ecc., ma è proprio una cosa operativa che sennò ci porta via tempo. (operatrice Arezzo) Un’altra questione prioritaria, comune ai tre casi di studio, che costituisce un potenziale ambito di intervento per l’azione di coodinamento regionale, riguarda il rafforzamento dei legami fra attività dell’osservatorio del mercato del lavoro e i servizi erogati alle imprese. Se gli osservatori funzionano in modo soddisfacente nel supportare l’operatività dei servizi tramite ad esempio le rilevazioni dei fabbisogni professionali o, come nel caso delle customer satisfaction, nel sostenerne il monitoraggio della qualità, molto più sfumato appare l’apporto da questi fornito ai processi di innovazione dei servizi e al potenziamento delle capacità di diagnosi del contesto e di anticipazione dei cambiamenti. Vengono inoltre evidenziati alcuni limiti che gli intervistati riconducono essenzialmente al 162 mancato coinvolgimento degli operatori dei servizi alle imprese nel processo di definizione degli obiettivi e priorità di intervento, a partire dalle risultanze delle analisi degli osservatori. L’osservatorio del mercato del lavoro dovrebbe avere due obiettivi, uno è il monitoraggio e uno è precorrere i tempi, deve essere avanti al servizio lavoro e al gruppo imprese. L’osservatorio è nato intorno al 1984-85. Devo dire, per quanto so io, senza troppi risultati. In questo settore forse delle linee guida servirebbero, pur mantenendo l’autonomia. La partita si gioca su questi tre anelli: osservatorioformazione-servizi. (operatore della Valdichiana) L’organo politico e dirigenziale fa la programmazione, dopo ci vengono passate le direttive. Non entriamo in rapporto con l’osservatorio, dobbiamo recepire gli obiettivi. Siamo le braccia e non le menti. (operatrice Lucca) Per il funzionamento e il potenziamento dei servizi alle imprese per tutte e tre le province viene data centralità alla capacità di fare rete nel territorio di riferimento. La rete stabilita con le associazioni di categoria, sindacati, consulenti del lavoro, agenzie internali, ecc. appare ben strutturata in tutte e tre le province. Le relazioni con questi soggetti sono importanti perché consentono di diffondere maggiormente le informazioni, di costruire sinergie e ampliare il raggio di intervento. Tuttavia è fondamentale che la gestione del rapporto tra CPI e imprenditoria locale non sia lasciata esclusivamente agli intermediari. La rete infatti può contenere al suo interno nodi non informati in merito ad alcuni aspetti, determinando asimmetrie e distorsioni nella comunicazione. Se la rete funzionasse, come quella dei consulenti del lavoro, delle associazioni datoriali, io sarei la donna più fortunata. Il consulente ti guarda con sospetto e ti chiede, perché siete andati dal mio cliente? In realtà gli potresti chiedere: perché non lo stai facendo tu? L’informazione ancora non passa. I loro multiservice hanno grandi limiti. Negli studi più grandi dovrei trovare un consulente del lavoro, un commercialista, un avvocato. Quando l’impresa entra in un polo del genere ne deve uscire con l’informazione a tutto tondo. Se invece va dal primo, poi dal secondo, poi viene mandata da un altro, diventa una cosa difficile. Perché l’impresa non può sapere tutto. Dentro a un cerchio con tutte queste figure ci starebbe una figura tipo la mia, in un sistema strutturato (...), pur con i limiti del pubblico impiego. I rapporti sono costanti, sono anche persone disponibilissime, ma ti dicono: non ce la faccio a comunicare tutto. (operatrice Pisa) 163 Si cerca dunque di allargare la cerchia delle collaborazioni e interazioni sul territorio, privilegiando il canale diretto con le imprese o la rete fra imprese e, laddove esistono difficoltà legate ai fraintendimenti sul ruolo di ciascun soggetto, investendo sulla comunicazione poiché, come riconoscono tutti gli operatori intervistati, in questo settore c’è spazio, opportunità e lavoro per tutti. Fra impresa e impresa il passaparola avviene con molta più rapidità e sicuramente quando l’ente offre finanziamenti. Se l’ente organizza il convegno e ci sono i soldi, le imprese vengono e fanno rete fra di loro. (operatrice Pisa) Sarei più per la direzione di lavorare sul campo, perché talvolta le altre strutture di riferimento possono essere dei filtri. Ci sono delle aziende, poi, che non gradiscono presentarsi col cappello dell’associazione. Forse sono utili come canale di approccio, ma poi meglio sganciarsi. Anche perché l’associazione di categoria ha i suoi obiettivi da perseguire con i propri associati.(operatrice Lucca) Penso che la collaborazione di tutti sia la condizione ideale (...). In questo settore c’è spazio per tutti (...) anche perché noi siamo i consulenti dei consulenti. Anche qui bisognerebbe investire un po’ di più sulla comunicazione interattiva sul territorio. (operatore della Valdichiana) Infine, relativamente alle prospettive future, tutti gli intervistati ritengono plausibile uno scenario in cui il ruolo dei servizi alle imprese possa estendersi progressivamente verso funzioni di animazione dello sviluppo locale, a condizione però che si investa per potenziare molteplici aspetti: la formazione, la capacità di comprendere le esigenze delle aziende e del mercato, la diffusione della cultura del servizio pubblico, la capacità dei sistemi informativi di supportare i processi decisionali. In un’ottica di ottimismo, sperando che cambi la situazione, sicuramente da migliorare è la formazione degli operatori, devi essere sempre aggiornato. E poi, ma qui deve decidere la Regione, se la funzione delle visite aziendali è considerata utile e come svilupparla. I Servizi si possono anche modificare, promuovere l’offerta formativa, rilevare i profili professionali richiesti, con le schede noi lo facciamo, ma se poi non ci sono fondi per fare formazione e dare risposte rimane fine a se stessa. Potrebbe sì essere un agente di sviluppo sui vari aspetti del territorio, ma occorre investirci. (operatrice Lucca) 164 Il nostro gruppo è un punto di forza, come il fatto di essere dentro il territorio, di non farcelo raccontare. C’è il contatto diretto e si mettono in relazione i servizi e la comunicazione interna, con quella esterna di contatto e di rapporto con le imprese. Per il futuro ci vogliono servizi aggiornati con la realtà, con le reali esigenze aziendali. (operatrice Arezzo) Tutti i dati in nostro possesso, la banca dati, le informazioni aggiornate sul momento, secondo me non sono sfruttati al meglio per la programmazione. Anche perché a volte si fanno delle cose che sono in controtendenza. Se i dati li si sa leggere bene si aggiusta meglio la programmazione. Leggendo i programmi dei comuni, della comunità montana, degli enti, ti rendi conto che quello che abbiamo noi fra le mani non viene letto a modo. Va promosso culturalmente il valore della banca dati. (operatore della Valdichiana) Il ruolo del pubblico ci dovrà essere. Se gli si toglie questo ruolo, ci si addentra nella giungla. Lo si è visto anche con l’interinale cosa è successo, che ci sia rete e tutto quanto siamo d’accordo, ma ognuno col proprio ruolo, che è fondamentale. Il pubblico impiego ha almeno la caratteristica di volontà di trasparenza, con tutti i suoi difetti, ma almeno con le imprese ti dico questi sono i finanziamenti con queste regole, c’è un’evidenza pubblica (...). Per veicolare la cultura e fare agente di sviluppo è necessaria una certa capacità, una certa struttura. (operatore Pisa) •• Il caso della Provincia di Lucca Storia del servizio e caratteristiche della gestione I primi passi del servizio alle imprese si muovono intorno al 2003, su impulso del responsabile del CPI di Lucca il quale, anche grazie al bagaglio di esperienze maturate nel settore privato dell’incontro domanda e offerta di lavoro, aveva manifestato sin dall’inizio un forte orientamento allo sviluppo dell’offerta di servizi alle imprese. Contestualmente l’amministrazione provinciale inizia a dare indicazioni per avviare un percorso di costruzione di rapporti di collaborazione al fine di attivare possibili sinergie fra servizi pubblici e imprese. Man mano che l’esperienza comincia a maturare -inizialmente in un singolo centro e in forma sporadica, poi con modalità sempre più strutturate- ci si rende conto che la cooperazione tra imprese e SPI può rappresentare un fattore strategico per incidere con maggior efficacia sulle dinamiche tra domanda e offerta di lavoro. Una delle esigenze prioritarie è stata quella di assicurare una gestione unitaria e servizi omogenei in tutti i centri, obiettivo che, 165 come vedremo più avanti questa realtà continua tuttora a presidiare attraverso la certificazione di qualità. All’inizio molto stava nell’organizzazione del CPI. Magari una persona andava a promuovere il servizio solo per l’obbligo formativo, oppure solo per il tirocinio, oppure solo per l’incontro domanda e offerta e invece dopo è stato gestito in modo unitario. (operatrice di Lucca) (…) tutti noi che ci lavoravamo, ci rendevamo conto che avvicinando le imprese ai CPI riuscivamo a incidere. (…) L’idea è stata: facciamo un passo noi, veniamo nelle aziende, vi veniamo a dire come funziona e iniziamo a collaborare insieme. Il servizio alle imprese viene formalmente istituito quando nel primo semestre del 2008, con la gara di appalto della gestione dei servizi del lavoro della Provincia di Lucca, vengono espressamente richieste anche figure professionali con competenze di marketing aziendale. Nelle more dell’aggiudicazione del servizio, la gestione viene affidata, per un periodo di sei mesi, ad una cooperativa; poi, dal luglio 2008, all’ATI vincitrice (composta, tra gli altri, dall’Associazione degli industriali di Lucca) cui si affida la gestione del servizio incontro domanda offerta, ivi inclusi la promozione e i servizi rivolti alle imprese. Va poi rilevato che, al momento dell’intervista, la provincia stava introducendo ulteriori modifiche all’assetto del servizio, prevedendo di sostituire la modalità dell’appalto (in scadenza a dicembre 2009) con una gestione internalizzata. A questo scopo è stato pubblicato un avviso per la formazione di una graduatoria da cui attingere per l’assunzione di personale qualificato, tramite contratto a tempo determinato. Quest’ultima evoluzione sembra peraltro confermare una tendenza nazionale che vede le province affidare tale attività a personale esperto interno85. La provincia ha affidato ad un gruppo di quattro persone la gestione dei servizi alle imprese dei tre centri di Lucca, Viareggio e Valle del Serchio. Mediamente, per lo svolgimento di questa attività, sono impiegate otto ore settimanali, rispettivamente per il centro di Lucca e per quello di Viareggio, quattro invece per il centro della Valle del Serchio. 85 Sono soltanto 10, su 529 censiti, i CPI che affidano tale attività a strutture esterne al Centro stesso, con una percentuale bassissima che non arriva neanche al 2%. Si tratta di un dato sostanzialmente positivo, in considerazione del fatto di come, in questi anni, siano sempre più numerose le Province che dispongono di personale esperto dedicato a tali compiti (Gilli e Landi, 2006). 166 Le due operatrici intervistate provenienti, l’una dal centro di Lucca e l’altra da quello di Viareggio, possiedono un’elevata specializzazione, in parte derivante da precedenti esperienze lavorative che le hanno portate a stretto contatto con il mondo delle imprese: Per diversi anni ho lavorato per una società di ricerca e selezione del personale che faceva capo ad Adecco. Noi ci occupavamo solo di profili professionali di un certo tipo, che si chiamano “middle management” (…). Quindi conosco le logiche della selezione e del lavoro interinale. Ho lasciato questa società dopo diversi anni perché ho avuto questa possibilità di lavorare con il CPI di Lucca e di continuare a fare consulenza alle imprese nell’ambito della selezione, promozione, valutazione delle competenze ecc. (operatrice Lucca e coordinamento del servizio) Con le aziende ho sempre avuto a che fare perché mi sono sempre occupata di organizzazione di tirocini aziendali per diverse categorie di soggetti, soggetti svantaggiati, in obbligo formativo, ai laureati. Lavoro da 11 anni in questo ambito, quindi ho sempre avuto rapporti con le aziende e, conoscendo i responsabili aziendali, il discorso poi sempre si sviluppava in altri ambiti oltre al tirocinio. La mia esperienza dentro i CPI nasce in questo modo. Prima ancora lavoravo in azienda nell’ambito del commerciale o nell’ambito della comunicazione in un’azienda a Milano, quindi il mondo delle imprese lo conosco da molti anni, lo conosco anche dal dentro, dai problemi, alle aspettative, alla cultura. (operatrice Viareggio) Gli altri due operatori del gruppo, come ci riferiscono le stesse intervistate, hanno maturato un’esperienza di natura complementare, nell’ambito del sociale o all’interno di altri segmenti di attività dei CPI: obbligo formativo, inserimenti socio-lavorativi, sostegno ai soggetti svantaggiati. Va anche detto che gli operatori di questo gruppo non si occupano esclusivamente del servizio imprese, ma sono impiegati anche nelle altre aree funzionali dei CPI. Nonostante i rischi di sovraccarico per gli operatori, questo doppio ruolo comporta una ricchezza di informazioni e la conoscenza completa dei servizi, fattori questi che costituiscono una risorsa preziosa nello svolgimento delle attività di promozione. Strategie di comunicazione e contenuto dei servizi Per l’attività di promozione il primo contatto avviene telefonicamente. Durante il colloquio telefonico gli operatori cercano di far capire 167 alle imprese il motivo per cui il servizio pubblico le sta contattando e i vantaggi che possono trarre da un incontro con gli operatori. La strategia comunicativa cambia in base alle caratteristiche delle imprese: dimensione, settori prevalenti, ecc.. Anche in questo caso il successo di queste azioni è fortemente condizionato dalla possibilità di disporre di figure professionali capaci di coniugare competenze relazionali e di comunicazione con le conoscenze contestuali. La prima cosa è il contatto telefonico. L’azienda disponibile non la troviamo sempre e comunque. Si cercano le disponibilità, bisogna fare capire perché le cerchiamo, quali opportunità, quali sono i servizi, perché darci un appuntamento. E poi, ovviamente, facciamo una distinzione per aziende, per territori (…) in Versilia abbiamo diversi settori, ma non andiamo oltre i 250 dipendenti per quelle più grandi. I settori prevalenti sono la cantieristica da diporto, il lapideo, poi tutto l’indotto dell’elettrotecnica, elettronica, falegnameria, carpenteria, poi c’è qualcosa dell’industria alimentare e il floro-vivaismo e poi, l’ho lasciato per ultimo, ma è il primo, il turismo, che assorbe la maggior parte degli addetti in tutti gli ambiti, alberghi, ristorazione… (operatrice Versilia) Lucca ha poche aziende medio-grandi, multinazionali, poi ci sono le aziende medio-piccole. Sono aziende che operano nel settore cartiario, industriale, e qualcuna nel settore dei servizi. Poi c’è tutto l’indotto della meccanica, degli artigiani. C’è qualcosa anche nell’ambito calzaturiero, ma sono anni che è in declino e con quest’ultima crisi… (operatrice Lucca e coordinamento del servizio) Spesso le imprese più grandi hanno al loro interno uffici del personale che conoscono già i servizi; in questi casi l’approccio è diretto ed è più facile ottenere un appuntamento. Una strategia adottata con successo dagli operatori per comunicare con imprese di grandi dimensioni è quella di svolgere la visita insieme al responsabile del CPI. Di contro, le imprese piccole raramente conoscono i servizi e si affidano ai consulenti del lavoro. In questi casi si cerca il contatto con queste figure intermediarie, modulando diversamente il registro comunicativo. Se contattiamo aziende strutturate, con un ufficio del personale sono contatti più agevoli, perché sanno chi siamo, magari conoscono proprio gli operatori, quindi occorre solo fissare l’appuntamento. Per le aziende piccole è il consulente del lavoro che svolge tutta la 168 parte amministrativa e che ha i contatti con il CPI e lì ci dobbiamo lavorare un po’. (…) Poi facciamo visite anche presso i consulenti del lavoro e quindi è diverso, c’è la comprensione del problema, la conoscenza più ampia delle cose. (operatrice Versilia) Poi dal punto di vista di chi va a fare le visite, su Lucca spesso viene anche il responsabile del CPI, che dà un supporto formale, perché un direttore del personale apprezza il fatto che portiamo un pari responsabile del CPI. (operatrice Lucca e coordinamento del servizio) Il primo contatto telefonico è decisivo anche per strutturare l’eventuale visita aziendale fissata e condiziona la strategia di intervento da adottare. In funzione dei temi emersi durante la telefonata, delle esigenze avvertite da parte delle imprese, gli operatori promuoveranno maggiormente quei servizi ritenuti idonei a soddisfare i bisogni rilevati. Gli operatori, inoltre, provvedono ad illustrare le opportunità offerte da progetti di specifico interesse per l’impresa eventualmente attivati sul territorio. In altri casi invece è proprio dalle esigenze stesse delle imprese che nascono progetti specifici che vanno ad ampliare il ventaglio dei servizi offerti, come nel caso di Pro-attivamente, un servizio sostenuto dalla provincia e realizzato dai CPI, cui le imprese ricorrono per il ricollocamento dei lavoratori posti in mobilità. Quando ci sono progetti specifici, come “PARI”, li promuoviamo; a Lucca c’è stato ci sono stati incentivi all’assunzione per apprendisti e li abbiamo promossi. Abbiamo le work-experience per particolari categorie: disabili, svantaggiati, ecc.. Poi avevamo pensato di portare avanti un progetto per collocare soggetti in mobilità, una sorta di outplacement realizzato dai CPI. La provincia ha recepito e si chiama Pro-attivamente. A volte le aziende dicono: come faccio con i miei dipendenti in mobilità? O in cassaintegrazione? Voi come mi potete aiutare? Da qui l’idea di proporre questo servizio per ricollocare le persone in fuoriuscita dalle imprese. (operatrice Lucca e coordinamento del servizio) La certificazione di qualità ha rappresentato per questa realtà un’occasione importante per rendere più omogenei i processi, attraverso la descrizione e formalizzazione delle procedure e delle attività svolte all’interno dei servizi della rete provinciale. Più sfumati invece appaiono i riscontri ottenuti sul versante delle imprese anche in ragione del permanere di una scarsa conoscenza 169 e sensibilità da parte di quest’ultime relativamente al tema della qualità dei servizi pubblici. Per il momento abbiamo proceduralizzato e quindi cercato di uniformare l’intervento nei CPI. Poi, per alcune aziende dire che ci stiamo certificando in qualità ha un senso perché sanno cosa vuol dire, le implicazioni e quindi dà prestigio, ma per altre no. Quindi direi che non ha inciso più di tanto. (operatrice Lucca e coordinamento del servizio) Il segmento di attività costituito dalle visite aziendali viene descritto attraverso una scheda identificativa di processo, da cui si evincono finalità e strumenti utilizzati, e da un diagramma di flusso che illustra le tappe della visita aziendale. Entrambi i dispositivi sono riportati nel box 5.1 e nello schema 5.5. Box 5.1 Scheda identificativa di processo del servizio visite aziendali Il servizio visite aziendali è stato introdotto dall’Amministrazione Provinciale come servizio sperimentale ed innovativo che persegue un obiettivo: da un lato promuovere i servizi offerti dai CPI alle aziende del territorio e dall’altro aumentare il pacchetto di opportunità professionali o di formazione da offrire agli utenti dei CPI. In particolare, quindi, la visita può essere finalizzata a: - presentare i Servizi dei CPI (ad es. presentare un progetto/bando specifico); - raccogliere una richiesta di personale/stage; - fornire consulenza (ad es. in materia amministrativa) e/o supportare il Responsabile Risorse Umane/Imprenditore nell’attività di reclutamento e screening dei Curricula e/o affiancarlo nella conduzione di colloqui di selezione. I fabbisogni emersi nel corso della visita vengono riportati dall’Operatore del Servizio su un apposito modello denominato “M 1.2.1 Questionario di rilevazione fabbisogni di personale” e condiviso con gli operatori dei servizi interessati. Qualora emergano dei fabbisogni di personale/stage il Consulente provvede a compilare con il referente il modello di richiesta personale/stage che poi condividerà con gli operatori dei servizi interessati. Gli strumenti a supporto di tale attività sono: - Informativa alle aziende. - Questionario rilevazione fabbisogni di personale. - Modello disponibilità azienda (per tirocini). - Circolare per inserimenti in IDOL. - Brochure del CPI e materiale informativo. 170 Schema 5.5 Diagramma di flusso delle visite aziendali Fasi/Azioni Programmazione attività Azienda Consulente CPI input input Note: L’Operatore del Servizio, in accordo con il responsabile del CPI, effettua una programmazione sistematica utilizzando la banca dati azienda, integrandola con i contatti diretti derivanti dalle aziende Contatto telefonico per fissare un appuntamento Visita aziendale. Utilizzo Questionario di rilevazione fabbisogni, informativa alle aziende, brochure e materiale informativo Visita aziendale Eventuale richiesta di personale/stage Compilazione Modulo di richiesta personale Conclusione visita con consegna materiale informativo Presa in carico. Registrazione visita aziendale su IDOL. Rilascio. Contatto con altri processi (SAL, incontro domanda offerta di lavoro, stage, ecc.) a seconda degli esiti della visita Registrazione attività Data la tradizione di contatti con le imprese, che ha caratterizzato sin dall’inizio il rapporto dei CPI con il territorio, gli operatori non hanno incontrato grosse difficoltà ad incrementare il numero delle aziende raggiunte dal servizio. In Versilia, inizialmente, la strategia adottata è stata quella di entrare in contatto con grandi aziende nei settori decisivi del territorio, poi è stato scelto di dare priorità alle aziende collocate in territori marginali a nord dell’area di riferimento come Serravezza, Pietrasanta e Querceta, distanti dai CPI e quindi con minor conoscenza dei servizi offerti. A detta degli intervistati, le imprese, una volta superato lo scoglio del primo contatto, sono gratificate dall’interesse manifestato nei loro confronti dal servizio pubblico e sono piacevolmente sorprese di constatare la gratuità della consulenza e dei servizi. In generale trovo che alle aziende piace l’idea di vedere una struttura pubblica con questa apertura, questa disponibilità ad andare sul territorio, a dialogare con loro. Questa è la prima cosa che piace, magari ci vuole un po’ per entrarci, ma poi piace, interessa. (operatrice Viareggio) La soddisfazione più grande nelle visite è che alla domanda “quanto costa?” tu rispondi “nulla” e loro rimangono piacevolmente sorpresi. 171 Poi è chiaro che a quello che dici deve corrispondere un servizio che in termini di efficacia ed efficienza risponde, altrimenti i discorsi lasciano il tempo che trovano. Complessivamente su Lucca e provincia lavoriamo bene sulle imprese, abbiamo risultati incoraggianti. (operatrice Lucca e coordinamento del servizio) Relativamente alle attività e ai servizi che si collocano a valle della fase di promozione e di primo contatto con le aziende, uno degli aspetti di criticità è rappresentato dalle difficoltà incontrate dagli operatori nel soddisfare la richiesta di alti profili professionali e di qualifiche ad elevata specializzazione proveniente, in particolare, dalle imprese di grandi dimensioni. Questo tipo di utenza nella ricerca di un’occupazione, raramente transita nei CPI, optando evidentemente per canali maggiormente specializzati rispetto a quelli offerti dal servizio pubblico. Negli ultimi anni abbiamo lavorato per alzare il livello dei profili, perché è vero che l’utente che abbiamo è il disoccupato, ma possiamo avere anche l’occupato che vuole cambiare lavoro. Un’azienda grande ti mette alla prova, ti valuta anche su questo (…) questi utenti non si rivolgono a noi per il proprio lavoro e a volte queste persone vengono contattate tramite strumenti che non sono tipici di un CPI. Così come siamo in difficoltà per figure molto specializzate, il manutentore elettromeccanico ad esempio nonostante la crisi è una figura richiesta. Nella nostra banca dati candidature di questo tipo non ne abbiamo tantissime, quindi va fatto anche un investimento sulla formazione professionale. (operatrice Lucca e coordinamento del servizio) Un’altra questione importante è costituita dall’esigenza di responsabilizzare le imprese nella costruzione di un rapporto virtuoso di impegno reciproco e nella restituzione di feedback informativi, circa gli esiti dei servizi forniti, in un’ottica di partecipazione attiva al miglioramento dell’efficacia e della qualità dei servizi presenti in un territorio. Poi bisognerebbe monitorare i risultati delle selezioni che svolgono le aziende, tornare e chiedere -chi ti abbiamo mandato come è andato? Chi avete preso?- ad oggi risulta ancora difficile da fare (…) dovremmo riuscirci perché è un cambiamento culturale sulle imprese, perché se si rivolgono alle agenzie interinali lo devono comunicare il nome, sennò non parte neanche il contratto. Quindi sensibilizzarle su questo. (operatrice Lucca e coordinamento del servizio) 172 Il tema della fiducia e della collaborazione con le aziende rimane dunque centrale per gli operatori. Una rete solida di relazioni con le imprese è considerato una risorsa strategica per l’efficacia dei servizi a sostegno dell’occupabilità, in particolare nell’ambito di percorsi di inserimento lavorativo rivolti alle categorie di utenza più deboli. In questa prospettiva l’impegno del servizio pubblico deve mirare alla fidelizzazione al servizio, investendo per assicurare le condizioni necessarie (in termini di personale, servizi, risorse e strumenti) alla continuità dei contatti stabiliti con le imprese. Il problema è che siamo andati dalle imprese a dire come siamo diventati bravi, ma se devi fidelizzare un’impresa, per creare una rete non puoi interrompere perché ti sono stati tolti gli strumenti, anche perché perdi opportunità. Faccio un esempio. Avevamo un’impresa fidelizzata, per la quale avevamo gestito una preselezione. Quando abbiamo proposto una persona che rientrava nelle categorie svantaggiate, non abbiamo avuto problemi. Ma questo rapporto va mantenuto, va coltivato (…). Abbiamo l’azienda che non vuole una lista di 50 curriculum, vogliono curriculum con persone già in linea. In alcuni casi abbiamo fatto colloqui in affiancamento o ai CPI o presso le imprese. Se ci fossero risorse questo servizio andrebbe ampliato. (operatrice Lucca e coordinamento del servizio) •• Il caso della Provincia di Arezzo Storia del servizio e caratteristiche della gestione Fin dal 2001 erano presenti nei servizi della Provincia di Arezzo operatori addetti all’accoglienza delle imprese (1-2 per ogni centro) e alla realizzazione dei servizi connessi alla ricerca del personale: offerte dirette, preselezioni, offerte in chiaro. Dal 2004 il servizio si struttura maggiormente attraverso la costituzione di un gruppo di lavoro appositamente dedicato. Il primo segno di discontinuità rispetto all’approccio precedente è che il servizio esce dalle sedi dei CPI, per aprirsi al territorio, andando direttamente nelle imprese per promuovere le opportunità offerte. A differenza del caso di Lucca, in questa provincia il servizio ha preso avvio pressoché contestualmente su tutta la rete territoriale, sulla spinta di un incontro promosso dagli stessi operatori. Anche in questo caso l’interesse e il tipo di approccio culturale che muove i soggetti promotori, trae origine da esperienze pregresse di lavoro a stretto contatto con le imprese, nel caso specifico, svolte all’interno del settore della formazione. Nonostante le perplessità iniziali, il gruppo imprese viene costituito, utilizzando personale dipendente della provincia e riuscendo ad 173 assicurare la copertura delle rete provinciale con la presenza di 2-3 operatori per ciascun servizio territoriale. La riunione iniziale fu fatta per iniziativa degli operatori. Ci furono delle resistenze prima di avviare questo processo. Mi ricordo la domanda: come facciamo ad arrivare a 40.000 imprese sul territorio di Arezzo? Nel 2004 la Provincia era ancora vista come organo di vigilanza, di sanzioni. Noi invece che venivamo dalla formazione avevamo avuto il contatto con le aziende. Per cambiare la mentalità da organo di vigilanza a struttura che va incontro all’impresa, ci rendemmo conto che era opportuno attivare questo servizio. Anche perché il lavoro viene dalle imprese, quindi è importante stabilire un contatto con loro. Nonostante le resistenze siamo partiti con questo gruppo ricavato all’interno del personale della provincia. (responsabile Valdichiana) Il servizio di promozione alle imprese subisce una battuta di arresto per carenza di personale nel 2006, in seguito al pensionamento dei due dei promotori (uno dei quali era coordinatore del servizio). Nel 2008 il gruppo si riorganizza e viene riattivato, dotandolo di una nuova coordinatrice, proveniente dal settore delle agenzie di somministrazione. Tutto il personale attualmente impegnato in questo ambito (undici persone in totale) è dipendente della provincia, ad esclusione della coordinatrice che è fornita dalla società in house. Alla base di questo assetto organizzativo vi è un esplicito orientamento dell’amministrazione a mantenere al proprio interno la gestione del servizio per garantirne la continuità. Abbiamo visto che in altre province è abbastanza fallimentare l’utilizzo di soggetti esterni ai CPI. Lo scollamento è deleterio e difatti stanno tornando tutti indietro su questa decisione (…) Nei centri gravita personale a collaborazione, a consulenza, ma il personale dipendente è quello che ci interessa come punto di riferimento che rimane e sul quale abbiamo investito e costruito il servizio. (responsabile CPI di Arezzo) Gli operatori del servizio imprese seguono anche altre linee di attività all’interno dei centri e, pur sottolineando le difficoltà legate alla molteplicità delle funzioni da svolgere, riconoscono i vantaggi che questo tipo di organizzazione produce sul piano dell’integrazione e della qualità dei servizi. Va sottolineato poi che la coordinatrice del servizio imprese riveste unicamente questa funzione e che gli operatori intervistati concordano nel ritenere 174 la sua presenza fondamentale, migliorativa del servizio sia per l’attività di coordinamento, sia per aver sollevato gli altri operatori dallo svolgimento di alcune attività tese al mantenimento dei rapporti con le imprese. Ogni operatore del servizio territoriale normalmente dedica 4-5 ore settimanali per le visite aziendali, mentre la responsabile dedica a questa attività tre giornate su cinque, a rotazione, un giorno per ogni centro. Le restanti due giornate di lavoro le impiega per gestire i rapporti con le imprese, per l’elaborazione dei dati per le risposte da dare alle imprese e per il coordinamento degli operatori sui servizi, che spesso avviene tramite riunioni di equipe. Io faccio un po’ di tutto, dallo sportello a tutto ciò che riguarda il servizio territoriale di Arezzo. La giornata di chiusura è dedicata alle visite aziendali e alle attività di back office. Il mio collega del gruppo si occupa anche di tirocini e io di domanda e offerta. Tutta la settimana sono coinvolto nel servizio alle imprese. (viceresponsabile Area aretina) Ci sono io e un’altra operatrice di sportello, consulente con conoscenza delle imprese; e poi c’è la responsabile. Ci occupiamo di imprese, come di tirocini, incontro domanda e offerta e accompagniamo la coordinatrice nelle visite. (responsabile Valdichiana) A Bibbiena ci sono io, che sono responsabile del centro, la viceresponsabile, che si occupa di tirocini formativi, e l’operatore incontro domanda e offerta. (responsabile Casentino) Naturalmente è difficile mantenere più funzioni, questo per il carico del lavoro. Abbiamo fatto questa scelta. Perché l’azienda una volta che si rivolgerà al servizio non avrà a che fare con il coordinatore, ma con l’operatore con cui ci si rapporterà tutti i giorni. (…) È una scelta precisa perché mentre il personale a contratto se ne va, quello della provincia conosce bene il territorio, i servizi, non se ne vanno e contribuiscono a far crescere il servizio e la professionalità dei nostri operatori. (responsabile CPI Arezzo) Per quanto riguarda il percorso professionale degli operatori, tutti, tranne la coordinatrice, provengono dall’esperienza del servizio pubblico sia nel settore lavoro che della formazione. Al momento della costituzione del gruppo fu organizzato un corso di formazione specifico che prevedeva anche la visita presso centri in Italia che già svolgevano questa funzione. Da allora, formazione 175 e coordinamento degli operatori hanno costituito per questa realtà due ambiti strettamente connessi e costantemente presidiati. Facciamo molta autoformazione. Veniamo da una riunione a Arezzo con tutti gli operatori e con la coordinatrice, per far capire a tutti che il servizio è concatenato, così come è stato fatto negli altri centri. Una riunione al mese come gruppo imprese la facciamo. (viceresponsabile Area aretina) La responsabile del servizio imprese ha alle spalle un percorso completamente diverso. L’esperienza con l’agenzia di somministrazione le ha permesso di conoscere il territorio e le sue imprese, di sviluppare competenze nei servizi e nel marketing rivolti alle imprese. In virtù di questa formazione la coordinatrice rappresenta l’anima “commerciale” di questo gruppo di lavoro che, nell’interazione con gli operatori, viene sostanziata da un approccio orientato ai contenuti del servizio. Cerchiamo di andare sempre in due. Perché ci sono le due anime. La visita serve a promuovere il servizio, poi deve esserci dietro il contenuto. (responsabile e coordinatrice del servizio imprese) Le visite in due è perché la coordinatrice ha più il taglio della venditrice e l’operatore rappresenta il centro, i servizi e il punto di riferimento del servizio, l’operatore che poi l’azienda cercherà nella struttura. (Responsabile CPI di Arezzo) Strategie di comunicazione e contenuto dei servizi Per il primo contatto con le imprese non esiste una prassi codificata di interazione ma, come abbiamo osservato per la Provincia di Lucca, il modello viene adattato ad ogni singolo caso, secondo un criterio distintivo che tiene conto essenzialmente delle seguenti dimensioni: -- grado di conoscenza del servizio; -- dimensioni; -- fase attraversata dall’impresa (avvio86, espansione, difficoltà economico-gestionale, declino, ecc.). Per la creazione d’impresa gli operatori rinviano al servizio creato attraverso un progetto ad hoc, gestito in collaborazione con alla Camera di Commercio di Arezzo: Abbiamo una consulente che svolge questo progetto che abbiamo insieme alla camera di commercio di Arezzo destinato alla nascita di imprese, inizialmente femminili, poi è stato esteso a tutti (…) Diamo informazioni sui contributi e finanziamenti a tutti i livelli e le nozioni della cultura di base come stilare un business plan, costi, cosa può essere la struttura ecc. Abbiamo quindi un presidio sia presso la Camera di Commercio, sia presso i nostri centri. (responsabile CPI Arezzo) 86 176 Le imprese con oltre 15 dipendenti rappresentano un obiettivo privilegiato, in quanto potenziali agganci con altre unità produttive del territorio ad esse collegate. Inoltre, alle aziende di questa dimensione è possibile proporre l’intero ventaglio di servizi, aspetto questo che, oltre a costituire il vantaggio di ampliare le risposte che il CPI è in grado di offrire alle persone, consente alla rete provinciale di ottenere dati di ritorno assai utili per monitorare e migliorare la qualità degli interventi. Nel caso delle imprese di piccole dimensioni invece si preferisce passare attraverso il consulente che diviene pertanto l’interlocutore del servizio. Per le aziende piccole c’è la tendenza a delegare al consulente, quindi il nostro interlocutore diventa lui. Il referente aziendale in quel caso è spiazzato, non sa dare risposte quindi il consulente è il nostro contatto. Le aziende superiori a 15 dipendenti sono molto interessanti per noi perché puoi offrirgli tutto il pacchetto, compreso il collocamento mirato (…). E poi in quel caso lì hai un responsabile all’interno dell’azienda e riesci a portare a casa dei dati utili per la programmazione e per gli altri servizi. Senza contare l’effetto a catena per cui con un’azienda ne raggiungi tre perché magari una ha delle aziende controllate. L’obiettivo principale è quello di riuscire a coinvolgere il territorio con più effetti possibili e il minor sforzo, è quello di implementare la capacità di assunzioni. (Responsabile e coordinatrice del servizio imprese) Di frequente le imprese sono restie a fissare un incontro per timore di perdere tempo. In questi casi per vincere le resistenze è utile chiarire che la durata del colloquio dipende dalla loro volontà e dall’interesse suscitato dai servizi. La scelta delle tipologie di servizio da promuovere prioritariamente avviene attraverso l’ascolto e una prima analisi dei bisogni delle imprese, nella fase del primo contatto. Solitamente però gli operatori iniziano con la presentazione del servizio di ricerca del personale, per poi introdurre tutti gli altri: tirocini, sgravi contributivi, l’apprendistato, il collocamento mirato. Cerchiamo di non farci rubare la scena, nel senso che faccio la panoramica generale e poi porto l’interesse sul servizio in base all’operatore che mi accompagna, al bisogno espresso dall’azienda al momento del contatto. La prima domanda che ti fa l’azienda è “quanto dura una visita?” La mia risposta è “dipende da lei e dal suo interesse, noi siamo qua a sua disposizione, sta a lei decidere quanto tempo vuole dedicarci”. Però in media ci vuole un’ora. (Responsabile e coordinatrice del servizio imprese) 177 Dai dati in possesso della provincia risulta che nel corso del 200987 sono state contattate 175 imprese, di cui: il 68% tramite visita aziendale; il 29% con telefonata e il 3% attraverso e-mail. Le imprese vengono scelte a campione all’interno di un bacino potenziale di utenza costituito prevalentemente da piccole imprese: il 68% delle aziende contattate non supera i 5 dipendenti. I comparti maggiormente coinvolti sono quelli della distribuzione commerciale, le produzioni metalmeccaniche, il tessile (abbigliamento calzature e pelli) e il settore informatico. Vengono contattate sia le imprese che non conoscono il servizio sia quelle che lo hanno già utilizzato. Particolare attenzione viene riservata alle aziende in difficoltà o con problemi di esubero di personale; per rispondere più efficacemente a questo tipo di situazioni, sempre più frequenti in questo momento di crisi economica, si sta provvedendo a potenziare il servizio di outplacement. (...) Stiamo lavorando per migliorare il servizio placement, stiamo cercando di accompagnare le persone che fuoriescono dalle imprese, prenderle in carico per poi ricollocarle presso le aziende che abbiamo visitato, visto che conosciamo sia il personale in esubero, sia i soggetti presso i quali proponiamo di collocarli. Anche perché queste persone che fuoriescono dal mercato, sono persone che lavoravano da tanto tempo e che si trovano in un contesto completamente cambiato. (responsabile e coordinatrice del servizio imprese) Le linee di attività che successivamente al primo contatto hanno registrato maggiori richieste di approfondimento sono riconducibili essenzialmente a tre aree: incentivi, formazione professionale e tirocini, mentre i servizi effettivamente attivati sono stati prevalentemente gli incentivi e la ricerca del personale. Negli ultimi anni i servizi hanno rilevato una contrazione della domanda di formazione, intercettata progressivamente dalle agenzie formative che si sono fatte carico degli oneri, non irrilevanti per le imprese, connessi agli obblighi di rendicontazione delle attività finanziate con i fondi europei. Vi sono ancora aziende meno avvertite, che si sorprendono della gratuità delle prestazioni offerte. Tuttavia, proporzionalmente agli sforzi fatti per migliorare e diffondere i servizi, sembra crescere la sintonia con le imprese e la loro consapevolezza nel rapporto con gli SPI. Al momento dell’intervista il 2009 non è ancora concluso. I dati si riferiscono ad un periodo che va da gennaio ad ottobre 2009. 87 178 Riusciamo a essere abbastanza in linea con ciò che l’azienda vuole. Le potenzialità sono molte perché l’azienda che si rivolge ai servizi ha la possibilità di avere un servizio chiavi in mano. Ha la possibilità di rivolgersi a noi per i tirocini, ma anche per i contributi, per certificare l’iscrizione di mobilità del lavoratore e allo stesso tempo può avvalersi di locali dove svolgere colloqui, quindi ha un servizio a 360 gradi sul fabbisogno del personale (…) I risultati sono buoni: da gennaio-febbraio siamo intorno alle 180 aziende. Abbiamo affinato gli strumenti, fissato degli obiettivi. In maniera primitiva abbiamo cercato di delineare delle linee guida su come raggiungere il maggior numero di imprese. Abbiamo curato lo start up di due aziende nel settore del commercio che hanno dato risposta occupazionale a circa 60 utenti in cerca di lavoro. L’azienda sta percependo sempre più le nostre funzioni. (responsabile e coordinatrice del servizio imprese) Per promuovere la consapevolezza nelle imprese e responsabilizzarle maggiormente nei percorsi intrapresi con gli operatori, riducendo taluni comportamenti opportunistici, la provincia sta pensando di introdurre il Patto di servizio con le imprese, uno strumento per la definizione delle condizioni generali di erogazione dei servizi da parte dei CPI e, contestualmente, di accesso ai medesimi da parte delle aziende. Stiamo cercando di raffinare il servizio anche prevedendo accordi con le aziende, cioè ancora ci stiamo pensando come strutturarli. L’azienda spesso si rivolge a più canali per avere personale e non rispetta i nostri tempi. Noi offriamo un servizio gratuito e l’azienda assume senza aspettare i nostri tempi, scegliendo un altro canale. Stiamo cercando di portare le aziende verso una sorta di patto, così come facciamo con gli utenti. Noi lavoriamo per un servizio gratuito, ma dietro c’è tutto un investimento di personale, di aspettative da parte dei candidati e quant’altro. (responsabile CPI Arezzo) Può succedere che l’azienda prenda il primo che vede e poi gli altri cinque non vengono interpellati. E questo si ritorce contro di noi poiché gli utenti ci chiedono, perché non siamo stati interpellati? Allora il servizio non funziona. E noi ci rimettiamo la faccia. (responsabile Valdichiana) Un altro problema molto sentito dagli operatori, prevalentemente di natura metodologica, riguarda l’inadeguatezza degli strumenti statistici e di descrizione disponibili (classificazione ISTAT, repertorio delle figure professionali della Regione, ecc. ) a rappresentare 179 e operazionalizzare la complessità e mutevolezza dei processi produttivi e dei fabbisogni delle imprese. Questo limite sembra produrre un divario tra linguaggio delle imprese e linguaggio dei servizi, il cui superamento è ritenuto una priorità da affrontare per innalzare la capacità di sintonizzare la domanda e l’offerta di lavoro. Un primo passo in questa direzione dovrebbe tendere a colmare le carenze conoscitive circa i processi produttivi delle aziende. Definire con più precisione i processi produttivi aiuta a capire esattamente di cosa hanno bisogno le aziende, il sistema economico locale, e dunque a migliorare la capacità di risposta dei servizi. Abbiamo bisogno di conoscere i processi produttivi per migliorare la selezione. Questa è una cosa molto importante, ma servirebbe anche come indice di programmazione alla formazione. Perché uno dei problemi sul territorio, ma anche nella regione e nell’intero paese è la non conformità, la non corrispondenza. I cambiamenti produttivi sono talmente veloci che certe classificazioni non rappresentano più la realtà. Quello che noi abbiamo nella nostra banca dati non è più adatto, andrebbe aggiornato questo. La cosa migliore dovrebbe essere secondo me inserire nel gruppo imprese una figura che segua i processi produttivi, magari per settori prioritari della provincia, come l’oro, la moda, il turismo. (responsabile Casentino) questo scollamento fra il linguaggio dell’azienda, del personale di cui ha bisogno e il linguaggio che utilizza il nostro sistema informatico e le statistiche in generale. Se tu chiedi alle aziende, cosa intendono per magazziniere, da ognuna otterrai delle definizioni diverse. È un mercato in profonda trasformazione. Ci sono aziende che si sono convertite dall’orafo all’elettronica o metalmeccanica. È fondamentale capire i processi produttivi, ma devo dire che le aziende sono molto disponibili nel coinvolgerci, proprio nel farci vedere il loro assetto produttivo attuale. Normalmente noi raccogliamo i dati, che vengono elaborati dall’osservatorio del mercato del lavoro e vengono condivisi con il nostro ufficio di programmazione e formazione e cerchiamo di ridurre questo scollamento, cercando di utilizzare i nostri strumenti, convertendoli nel linguaggio delle aziende. (responsabile e coordinatrice del servizio imprese) Sempre in quest’ottica la provincia di Arezzo ha effettuato uno studio sui fabbisogni professionali delle aziende, attraverso il quale sono state testate (nel settore orafo) alcune figure del Repertorio regionale, aggiornandole per adeguarle alla specificità del territorio. Questo ha consentito di migliorare la comprensione della domanda delle imprese di questo settore. L’indicazione che se ne trae è che 180 questa esperienza potrebbe costituire una possibile buona pratica da trasferire in tutti i settori, o almeno per quelli ritenuti prioritari, per potenziare il sistema regionale di classificazione. Le qualifiche ISTAT purtroppo sono quello che sono, e utilizzarle è l’unico modo per parlare la stessa lingua fra soggetti diversi. La Regione Toscana ha lavorato sul repertorio delle competenze. Il primo problema che abbiamo è quello di aggiornare questi profili. Una volta redatte queste figure c’è da sperimentare sul campo la loro rispondenza alla realtà. Noi abbiamo sperimentato sul settore orafo, vista la nostra specificità territoriale. Abbiamo visto che le figure erano da modificare, le abbiamo riviste, aggiornate e ora abbiamo una figura che corrisponde, in cui le aziende si ritrovano. Ed è solo una, ce ne sono 210-230. Poi vanno aggiornate periodicamente, quindi non so come la Regione Toscana vuole continuare a lavorare su questo aspetto, per il momento si è fermata. È un lavoro che ci permette di ragionare con le aziende allo stesso modo. Per fare questo occorre un sistema informatico poi che ci sostiene. (responsabile CPI Arezzo) •• Il caso della Provincia di Pisa Storia del servizio e caratteristiche della gestione Sin dall’avvio della riforma, nell’organizzare i nuovi SPI, l’amministrazione provinciale riconosce la portata innovativa del ruolo di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro e, all’interno di questo, l’importanza di sviluppare un servizio specificamente rivolto alle imprese. Con l’attuazione del decreto 181/2000 si è colta l’opportunità per strutturare all’interno del CPI di Pisa uno sportello per l’accoglienza delle aziende e dei consulenti. Questo sportello, considerato “l’antenato” dell’attuale servizio di marketing, era adibito a consulenze e informazioni sulle nuove funzioni degli SPI e alla promozione del servizio di preselezione. Dopo un periodo di sperimentazione di circa un anno, valutando positivamente i risultati del progetto, si è proceduto ad estenderlo anche agli altri centri della provincia. A questo scopo è stata organizzata una sessione di 20 ore di formazione-informazione sul servizio e i risultati raggiunti; le procedure adottate e le attività da svolte sono state descritte, formalizzate e infine trasferite agli altri centri tramite l’affiancamento di tre operatori del centro direzionale di Pisa. Le maggiori difficoltà sono state di natura culturale, nella comprensione dei cambiamenti e condivisione dei concetti. Nel corso degli anni tuttavia il servizio si è consolidato, conquistando nuovi spazi all’interno della stessa struttura e organizzazione dei CPI. 181 Poi negli anni ci siamo sempre più raffinati, abbiamo messo a disposizione delle aziende una stanza organizzata, per avere la possibilità di incontrare le persone da selezionare (…) dove facciamo trovare le persone con le caratteristiche richieste, esaminate prima da noi (…). L’operatore presenta le persone, senza interferire, ma indicando le caratteristiche dell’uno o dell’altro, così (l’azienda) ha un quadro di chi ha davanti, senza dover leggere fogli asettici. Questo nel tempo ebbe subito successo. (responsabile centro direzionale Pisa) In questa fase iniziale il servizio è stato gestito interamente da personale interno, reperito selezionando quegli operatori che presentavano le caratteristiche più idonee per svolgere questo tipo di incarico. Successivamente si è passati ad una gestione mista, ricorrendo ad una società cooperativa, nata al termine di un corso di formazione che la provincia aveva organizzato nel 1998, proprio in previsione della necessità di reperire nuove figure professionali per gestire la transizione verso un nuovo modello di servizi per il lavoro88. è a partire dal 2005 che il servizio prende forma nell’assetto attuale, prevedendo l’attività di marketing e le visite aziendali. Il gruppo marketing è formato da quattro persone, una per ogni CPI della provincia. Due operatori sono dipendenti dell’amministrazione provinciale, gli altri due sono forniti dalla società cooperativa. Tra questi vi è l’operatrice del centro di Pisa, coordinatrice e responsabile del servizio, che possiede una formazione umanistica, arricchita da un percorso post laurea in comunicazione e da un’esperienza professionale e formativa che comprende l’orientamento, la consulenza alle imprese e il monitoraggio. Tutti gli operatori del gruppo marketing, come alcuni addetti ai servizi di preselezione, hanno svolto un corso di career counseling nel 2007, sia per acquisire le competenze necessarie al sostegno dei percorsi di sviluppo di carriera sia per prepararsi alla gestione di situazioni di crisi e precrisi. Autoformazione e comunicazione avvengono attraverso riunioni periodiche, scambio di informazioni con mailing-list, sia fra la responsabile marketing e gli operatori addetti agli altri servizi, che tra gli operatori del gruppo marketing. Una dotazione complessiva di quattro operatori, per un servizio che è cresciuto negli anni, e che si rivolge a tutto il territorio della provincia, se da una parte rende problematica la gestione del servizio, 88 Nel ’98 sapendo che avremmo avuto questo cambiamento, la Provincia organizzò un corso per 15 orientatori. Successivamente si misero in cooperativa e con loro iniziammo la parte innovativa, i colloqui di orientamento. Poi questa società si è ingrandita. Hanno sempre fatto delle gare a livello nazionale ed hanno vinto. All’inizio non c’erano tante società in grado di far questo. Quindi noi non è che abbiamo esternalizzato niente, è una società che opera in affiancamento al servizio pubblico. è sì una società a se, ma strettamente collegata con l’operato della Provincia. (responsabile centro direzionale Pisa) 182 dall’altra spinge a rafforzare l’integrazione e a sistematizzare le modalità di collaborazione tra i colleghi. Ufficialmente siamo quattro: uno per CPI, con tutti i limiti. Da una parte pericoloso, perché in quattro non riusciamo a gestire una banca dati così grande; dall’altra vincente perché ha forzato il contatto con tutti gli altri operatori, l’integrazione. (…) Parlare con i colleghi, incontrarsi periodicamente, pianificare l’attività, concordo con loro ciò che devo comunicare alle imprese. Questo ha creato un team vero. (responsabile marketing-servizio di consulenza alle imprese Pisa) Gli operatori di questo gruppo non si occupano solamente di marketing aziendale e consulenza alle imprese, ma anche di altre linee di attività dei CPI. Gli operatori di S. Croce e di Volterra seguono un po’ tutti i servizi. Le due operatrici di Pisa e di Pontedera spesso continuano il percorso avviato con le imprese contattate, presidiando anche la fase di preselezione. Spesso per le aziende siamo l’ultimo passaggio in fase pre-selettiva. Avendo parlato noi con le imprese, anche le colleghe preferiscono se diamo un’occhiata finale. L’operatrice di Pontedera si occupa di quello, poi di preselezione per i tirocini e poi dell’obbligo formativo. Io invece mi occupo del programma PARI. Parlo di noi due perché gli altri due operatori dentro la provincia fanno tutto. Volterra è un fiore all’occhiello perché fanno tutto tutti, danno una mano su tutto. La collega di S. Croce si occupa molto di obbligo formativo, ma fa anche altro. Diciamo che la maggior parte del tempo si fa questo, poi vuoi per la mancanza di organico, vuoi per l’integrazione dei servizi, facciamo altro. (responsabile marketing-servizio di consulenza alle imprese Pisa) All’interno del centro direzionale è stato istituito un servizio di incentivi alle imprese con due operatori che sono diventati punto di riferimento del gruppo del servizio imprese. Inoltre gli operatori del CPI di Pisa, compresa la responsabile del marketing, sono a stretto contatto con quelli del settore della formazione, poiché si trovano nello stesso edificio e sotto un unico assessorato89. Anche questo fattore di Qua abbiamo anche la fortuna che l’assessore è unico e non è da poco. Noi con gli operatori della formazione abbiamo rapporti costanti, sono qua sopra al terzo piano. (la struttura vede al piano terra il CPI, poi su c’è il centro direzionale e la dirigenza, poi al terzo la formazione) Noi abbiamo tutti i punti di riferimento qua e questo consente di fare un lavoro di qualità rispetto ad altri CPI. So di altre situazioni in cui la formazione non si sa neanche quale è. (responsabile marketing-servizio di consulenza alle imprese Pisa). Il mio assessorato funziona tenendo insieme tutti i segmenti, oltre al lavoro e alla formazione, ho il welfare, le pari opportunità, volontariato, associazionismo e terzo settore e mi rendo conto che mettendo insieme le cose interagiscono. è un assessorato di contaminazione (Assessore) 89 183 prossimità sembra aver contribuito in modo rilevante all’integrazione tra servizi e alla qualità delle risposte fornite alle imprese. Sempre con l’obiettivo di integrare funzioni diverse tra operatori e di rafforzare la comprensione delle reciproche responsabilità, si stanno programmando visite aziendali cui, a turno, parteciperanno tutti gli operatori. In questa fase stiamo programmando di uscire con tutti gli operatori a turno, a venire ad ascoltare. Abbiamo fatto molte simulazioni, ora vogliamo far vedere cosa succede quando uno va in trincea. Se uno sta dietro le quinte, puoi comunicare, ma comunque abbiamo due modi di vedere diversi. (responsabile marketing-servizio di consulenza alle imprese Pisa) Strategie di comunicazione e contenuto dei servizi Il primo tentativo di contatto con le imprese è avvenuto attraverso l’invio di una lettera, una modalità di comunicazione di tipo istituzionale che rispetto agli scopi prefissati si è rilevata inadeguata, con un tasso di risposta pressoché nullo. La nuova strategia adottata è stata quella di iniziare a sondare il territorio, valorizzando il ruolo dei diversi soggetti per avviare una rete di relazioni. Appena arrivata, ho mandato 500-600 di lettere alle quali hanno risposto in tre. Un flop grandioso. Se fai il porta a porta non vai da nessuna parte, lo bruci il territorio. Mi sono appoggiata a quello che c’era già qui. Il consulente che arrivava gli dicevo, senta viene con me a prendere un caffè, vengo a trovarla. Che ne dice se vado a raccontare a tre o quattro aziende che conosce i servizi? Un modo di creare una rete. Si parte da chi si conosce. (responsabile marketingservizio di consulenza alle imprese Pisa) Nel 2005 all’avvio del servizio di visite aziendali, gli operatori si recavano dalle imprese in due: il consulente del marketing insieme al consulente del servizio preselezione. Questo ha consentito di integrare competenze e conoscenze su aspetti diversi dei servizi, elevando la qualità dell’intervento. Ciononostante la modalità dell’affiancamento è stata interrotta a causa della mancanza di personale. Si opera in affiancamento al servizio preselezione per mescolare i linguaggi, anche perché se l’informazione circola all’interno, circola anche all’esterno (…) Quando si andava in due si lavorava meglio, andare in due vuole dire non dare l’idea di fare i tuttologi, 184 andare in due vuol dire confrontarsi, creare una banca dati di qualità condivisa, concertata: andare in due significa un’integrazione vera. Andare sola vuol dire fare del proprio meglio. (responsabile marketing-servizio di consulenza alle imprese Pisa) Per ovviare a questo limite si è deciso di ridurre le visite dirette, valorizzando le associazioni di categoria e i consulenti e, per assicurare l’integrazione e la qualità degli interventi, di investire maggiormente sulla comunicazione interna fra operatori. È cambiata la strategia perché non abbiamo più potuto agire in questo modo. (…) Abbiamo cominciato a informare anche i consulenti e le associazioni categoriali. A quel punto, la quantità di lavoro era enorme e non si gestiva più. (…) Quindi il cambiamento è stato che ho iniziato a collaborare con tutti i consulenti, con quelli dei tirocini, con la formazione, da un paio di anni promuoviamo anche quella. (responsabile marketing-servizio di consulenza alle imprese Pisa) La responsabile del marketing dedica almeno due giornate la settimana alle visite aziendali. Anche gli altri tre operatori del gruppo si recano dalle imprese, dividendosi per area di competenza, cercando di non creare sovrapposizioni. La comunicazione fra operatori è importantissima anche per gestire i contatti con le imprese. Ci sono casi in cui il consulente è di Pisa -e dunque l’ho contattato io- ma l’impresa è di Pontedera e dico alla mia collega che ci vado io per non interrompere il legame. Lei fa altrettanto. (…) poi è talmente vasta ora la mole di lavoro, e siamo così pochi. Infatti stiamo pensando di allargare l’organico su questo servizio, perché così non si va avanti. Abbiamo la banca dati IDOL e verifichiamo lì che nessuno ci sia andato in quell’impresa. (responsabile marketingservizio di consulenza alle imprese Pisa) La promozione dei servizi, coerentemente con le indicazioni del Piano di comunicazione adottato dall’amministrazione90 viene gestita attraverso tre livelli distinti: -- il piano istituzionale, attraverso l’utilizzo di canali come la trasmissione televisiva, gli spot radiofonici, il periodico Informa Lavoro e la comunicazione interna; -- il piano semi-istituzionale, prevalentemente attraverso l’organizzazione di eventi; 90 Cfr. il dettaglio riportato in appendice relativo agli strumenti di comunicazione utilizzati dalla Provincia di Pisa. 185 -- il piano diretto di contatto con le imprese attraverso strumenti come la brochure o la mailing-list. La formazione in comunicazione della responsabile del servizio e gli orientamenti del piano di comunicazione, permeano anche le strategie di interazione diretta con le imprese. L’operatrice stabilisce con le imprese una relazione di reciprocità e trasparenza, collocando CPI e imprese sullo stesso piano in una cornice di collaborazione e illustrando tanto i punti di forza quanto i limiti dei servizi. Un buon commerciale non dice mai le bugie, se vuoi presentare bene i servizi, in quei servizi devi crederci, ma devi dire anche i limiti. Dico sempre: noi ci diamo da fare per far cambiare una cultura, ci dovete aiutare su questo aspetto. Se utilizzate i fondi, i fondi ce li continueranno a dare, altrimenti no. Si fa insieme, si cresce insieme e i limiti dell’uno o dell’altro devono essere superati insieme. Ci monitoriamo, non ci controlliamo. (responsabile marketing-servizio di consulenza alle imprese Pisa) Un’altra strategia di gestione del rapporto con le imprese è quello di raccogliere le istanze emerse nel corso della visita e riuscire a dirottarle sui vari servizi specifici. Se sul momento c’è una carenza informativa, si assicura l’impresa che sarà ricontattata dall’operatore in grado di rispondere alle sue esigenze. Dico sempre alle imprese: lei mi faccia questa domanda, se non la so, le do informazioni su tutti i referenti dei vari servizi. (…) Io rilevo il fabbisogno dell’azienda poi lo invio ai servizi specifici. (responsabile marketing-servizio di consulenza alle imprese Pisa) L’illustrazione dei servizi offerti dai CPI viene svolta in maniera rapida in modo tale da suscitare curiosità senza essere prolissi. Inoltre si cerca di sollecitare il passaparola fra imprese, anche attraverso lo scambio dei biglietti da visita. Dico all’impresa -senta, il favore più grande che mi può fare è farmi chiamare da un’impresa e dire che le ha dato il mio nome. Questo per me vuol dire che ho fatto un buon lavoro- Ai convegni, illustro velocemente i servizi anche perché sennò diventa noioso, perché deve essere come un curriculum, devo incuriosire e non raccontare tutto, se ti sei raccontata troppo neanche ti leggo. Quando chiudo dico: mi farebbe piacere venire da lei e capire meglio di cosa ha bisogno. Quando si andò a Peccioli, c’erano 60 aziende e dissi -se ho fatto bene il mio lavoro stasera mi date 60 biglietti da visita, se 186 non l’ho fatto bene ne ottengo pochi- e io ho visto 60 imprese. Poi è il primo punto perché se ne vedo 60 e dietro ho delle difficoltà, è un problema. Spesso invece che uscire alle due esci alle sei perché lo sai che se l’imprenditore lo vedi tra un mese, fallisci. (responsabile marketing-servizio di consulenza alle imprese Pisa) Soprattutto nella fase iniziale, nella scelta delle imprese da contattare, gli operatori hanno utilizzato il criterio della corrispondenza ai profili degli iscritti presenti in banca dati, cercando di intercettare quelle aziende potenzialmente interessate. Con la diffusione del servizio e la crescita del numero dei contatti, questo tipo di approccio è diventato molto meno sostenibile. Inoltre, poiché l’attività di promozione e consulenza si è andata estendendo anche ad altri aspetti oltre alla preselezione (come ad esempio la formazione), questo criterio non sempre è rilevante. Le imprese richiedono ogni tipo di servizio, ma soprattutto in questo momento di crisi, anziché investire in formazione o ripensare all’organizzazione del lavoro o alla struttura aziendale, ricorrono ai CPI per ottenere aiuti e sostegni. In questo momento di crisi per esempio ti chiedono aiuti di ogni tipo. Secondo me le imprese non hanno capito che questo può essere un momento per investire in formazione, anche per uscire più solidi. Ma in parte non l’ha capito neanche il pubblico. Le crisi dovrebbero servire come stop produttivo e pensare ciò che non va. (responsabile marketing-servizio di consulenza alle imprese Pisa) Dai dati forniti dal monitoraggio realizzato dal centro direzionale della provincia risulta che le imprese raggiunte nel 2008 sono state 152, per complessivi 161 utilizzi dei servizi. Di questi, 40 hanno riguardato il progetto PARI, 92 il servizio preselezione, 29 i tirocini. Il settore prevalente è quello dei servizi (76), seguito dall’industria (24) e dal commercio (16). A una serie di imprese fidelizzate sono stati forniti servizi innovativi, come l’analisi del clima organizzativo o la consulenza su problematiche legate al turnover del personale. Avevamo iniziato a fare un lavoro insieme agli orientatori, consulenza alle imprese sul clima aziendale. Meno male ce lo chiedono in pochi e comunque lo proponi a quelle fidelizzate, non lo puoi proporre a tutti. Quando vedevamo un alto turn over del personale dicevamo -vi siete chiesti il motivo?- Un turnover in un’azienda strutturata del 6-5% va bene, ma quando arriva a raggiungere il 20-30% non 187 vanno bene le cose. Lo zoccolo duro rimane, ma lo zoccolo giovane va fuori di testa. Vengono fuori cose drammatiche dalle imprese, non conoscono nemmeno le figure professionali, dove poter far lavorare le persone una volta viste le loro caratteristiche. Gente che al personale ha il ragioniere di 50 anni fa, senza togliere niente a lui, però con quella cultura lì. Poi magari ti rispondono -ma io ho dato 300 euro di incentivo alla fine dell’anno- non è quello il problema. è questione di ascoltare il tuo personale. Il tuo personale ti sta urlando qualcosa e tu ti giri dall’altra parte. Non passa la comunicazione. Chiaro che poi le persone sono frustrate e vengono fuori i problemi. Tra l’altro perdi pezzi di mercato. Questo avviene tantissimo nel turismo, è pericolosissimo questo turnover. (responsabile marketing-servizio di consulenza alle imprese Pisa) L’operatrice intervistata pone l’attenzione su un problema generale delle aziende italiane, non solo pisane, cioè sulla mancanza di una cultura imprenditoriale, di comprensione del potenziale degli investimenti in ricerca e innovazione e in formazione, di capacità di valutare l’organizzazione aziendale e gestire al meglio le figure professionali. L’operatore può trovarsi a svolgere anche questo compito di “aggiustamento culturale” teso allo sviluppo del capitale umano, non senza incontrare difficoltà. Se metti il lavapiatti dalle 16 alle 3 di notte, e gli fai apparecchiare, poi aiuta un po’ in cucina, poi lava i piatti e dici, lui non può reggere. L’imprenditore non ha capito nulla, ci sono tre figure in una: aiuto cuoco, cameriere e lavapiatti. In questo per me la mentalità imprenditoriale in Italia non c’è (…). Cambiare questa cultura è dura! Devi fidelizzare e poi dire all’impresa -ho notato che la gente qua è sempre diversa, fatti delle domande- (responsabile marketing-servizio di consulenza alle imprese Pisa) Laddove l’operatore è riuscito a stabilire un rapporto con un’impresa, ha fornito risposte adeguate alle sue esigenze e il CPI ha dato servizi soddisfacenti, può essere richiamato anche come consulente per problemi connessi all’organizzazione dell’impresa. Poi hai anche delle belle sorprese. Abbiamo curato lo start up iniziale di un albergo, abbiamo inserito 19 persone quindi per noi è stato un buon risultato. Tutto questo è nato da una consulenza con me, suo fratello che ha un ristorante mi ha detto -ti mando da mio fratello che sta aprendo un albergo (…) In un albergo la comunicazione interna è fondamentale. Il cliente passa dalla reception, va in camera, va in bagno, va in ristorante, quanta gente vede? Se non c’è una visione 188 della struttura? E questo si è talmente fidelizzato che quando ha avuto problemi col personale mi ha chiamato. Queste per me sono grandissime soddisfazioni. (responsabile marketing-servizio di consulenza alle imprese Pisa) Poiché si sta parlando di servizi innovativi offerti dai CPI della provincia di Pisa, anche se in momenti occasionali, come le consulenze sul clima aziendale e sull’organizzazione del lavoro all’interno delle imprese, chiediamo all’operatrice cosa ne pensa della possibilità di dotare i SPI di queste nuove funzioni. La responsabile del servizio marketing sostiene che al momento riuscire a garantire i servizi esistenti e integrare le varie possibilità pubbliche di sostegno alle imprese, anche per quelle che stanno nascendo, significa già incrementare le possibilità di successo e incidere sul cambiamento culturale generale del tessuto imprenditoriale. In questo momento secondo me non siamo così avanti per offrire nuovi servizi. Se noi riuscissimo a offrire in modo efficace ed efficiente quello che abbiamo offriremmo un grande servizio alle imprese (…) Con lo sviluppo economico siamo in contatto diretto. Io chiamo, guarda l’impresa mi ha chiesto un finanziamento per un furgone. Poi lei mi fa sapere come è andata e io mi segno se l’impresa ha avuto una risposta adeguata. Già fare da veicolo fra i servizi è incrementare i servizi. Poi ho costanti rapporti con il servizio di sviluppo di imprese e faccio formazione alle nuove imprese che nascono sui servizi dei centri. Nascono già con un’idea di cosa offre il pubblico, se avete bisogno di personale. Se avete la vostra moglie vi conviene metterla come aiuto familiare, le pagate i contributi, non importa che le diate lo stipendio, ma dal 5% al 70% degli introiti e decurti dalla tasse tot soldi. Quindi ciò che togli dalle tasse lo do a mia moglie. Queste informazioni sono fondamentali. (responsabile marketing-servizio di consulenza alle imprese Pisa) Talvolta i servizi di consulenza di alto livello alle imprese sono frutto, come abbiamo visto, di iniziative spontanee e di operatori competenti che, intravedendo delle opportunità, riescono a potenziare un servizio. L’operatrice intervistata racconta delle ricadute positive che le consulenze prestate hanno prodotto sulla capacità delle imprese pisane di accedere alle opportunità di finanziamento offerte dalla provincia o dalla regione. Il fatto di informarmi, non solo sui finanziamenti provinciali, ma anche regionali e fare da scia alle comunicazioni che la Regione fa 189 sul suo sito, è importante. Facciamo da tramite fra le nostre imprese e la Regione Toscana. Abbiamo visto che le richieste di finanziamento fatte alla Regione Toscana sono imprese che hanno avuto a che fare col nostro servizio, questo è un risultato che abbiamo ottenuto noi. Ogni volta che vedo le graduatorie dei finanziamenti della Regione Toscana ci trovo le mie aziende. E come faccio a sapere, ad avere indietro queste informazioni dalle aziende? Proprio con la mailing-list. (responsabile marketing-servizio di consulenza alle imprese Pisa) 5.4 I risultati dell’indagine diretta: le caratteristiche delle imprese intervistate L’indagine realizzata ha coinvolto un campione di imprese che si sono rivolte ai Servizi Pubblici per l’impiego nel periodo 20062008 per servizi di ricerca del personale e consulenza91. L’universo di partenza, dunque, non è rappresentato dall’insieme delle imprese della nostra regione, ma da un sottoinsieme particolare, che si caratterizza per una sovrarappresentazione -e, specularmente, per una sottorappresentazione- di alcune tipologie di aziende. Più precisamente, possiamo osservare come la probabilità che le imprese della nostra regione si rivolgano ai CPI per attività diverse dalle comunicazioni obbligatorie relative alla movimentazione di personale (assunzioni, cessazioni, trasformazioni dei rapporti di lavoro) varia in relazione al settore di attività economica e alla dimensione. Come appare evidente dai due grafici (Graf. 5.6), il tasso di utilizzo dei servizi pubblici per la ricerca di personale e per altre attività di natura consulenziale aumenta al crescere delle dimensione aziendale e risulta decisamente più accentuato per le imprese che operano nell’area dei servizi alla persona e dei servizi alle imprese. Dopo questa necessaria premessa, che consente di leggere in maniera corretta i risultati dell’indagine, possiamo entrare nel merito dell’analisi descrivendo le principali caratteristiche ‘strutturali’ delle imprese intervistate. Le informazioni rilevate attraverso il questionario, infatti, rappresentano un’occasione preziosa per delineare l’identikit di quelle imprese che nella nostra regione ricorrono ai SPI per la ricerca del personale e per altre attività di natura consulenziale. L’indagine si è svolta nel periodo novembre-dicembre 2009. Durante la rilevazione che ha utilizzato il metodo C.A.T.I. (Computer Assisted Telephone Interview), sono state realizzate complessivamente 901 interviste. L’archivio regionale conteneva 6.325 imprese toscane, dalle quali sono state eliminate 508 aziende non eleggibili (aziende pubbliche e/o agenzie interinali e di somministrazione del lavoro). Da un universo di riferimento di 5817 contatti, sono state estratte dall’archivio le aziende secondo un criterio di stratificazione settoriale e provinciale. 91 190 Grafico 5.6 Incidenza delle imprese coinvolte nell’indagine sul totale delle imprese toscane per classe dimensionale e macrosettore di attività economica 50 addetti e più Fino 3 addetti 0,07 0,06 0,05 0,04 0,03 0,02 0,01 0 20-49 addetti Servizi alle persone e alle imprese 4-9 addetti 10-19 addetti Costruzioni 0,008 0,007 0,006 0,005 0,004 0,003 0,002 0,001 0 Attività manifatturiere Ristorazione/commercio all'ingrosso e al dettaglio Fonte: Indagine Irpet, Istat - Asia Un aspetto su cui soffermare l’attenzione è certamente quello dimensionale che, in prima battuta, può essere misurato dal numero di addetti92. La maggior parte (il 57,9%) delle imprese intervistate ha meno di 10 addetti: in dettaglio il 22,9% appartiene alla classe 1-3 addetti e il 35% alla classe 4-9 addetti. All’interno del campione, tuttavia, risulta tutt’altro che trascurabile la quota di imprese di dimensioni medio-grandi. Come si rileva dal prospetto, infatti, il 17,2% delle imprese intervistate ha da 10 a 19 addetti, l’11,3% da 20 a 49 e l’11,4%, infine, conta su un numero di addetti superiore a 50 (Tab. 5.7). Le imprese sono state intervistate durante il mese di novembre. Al fine di ricostruire un quadro il più possibile aggiornato e considerando l’emergenza occupazionale che ha caratterizzato, anche nella nostra regione, il 2009, le informazioni sul livello e sulla composizione degli addetti sono state rilevate al 31/10/2009. 92 191 Tabella 5.7 Distribuzione delle aziende intervistate per classe dimensionale % Fino a 3 addetti 4-9 addetti 10-19 addetti 20-49 addetti 50 addetti e più Non sa/non risponde Totale N. casi 22,9 35,0 17,2 11,3 11,4 2,2 100,0 901 Delle imprese che hanno utilizzato i servizi offerti dai SPI, circa un terzo si sono costituite nell’ultimo decennio, dal 2000 ad oggi. Per quanto concerne la forma giuridica, le aziende coinvolte nell’indagine si polarizzano su due tipologie prevalenti: il 34,2% sono società a responsabilità limitata; il 31,2% ditte individuali. Seguono le società di persone -che rappresentano il 13% del campione- le cooperative (il 9,9%), le società per azioni (il 6,4%) e, infine, le società in accomandita (il 4,6%) (Tab. 5.8). Tabella 5.8 Distribuzione delle aziende intervistate per forma giuridica % Impresa individuale Società in nome collettivo Società a responsabilità limitata Società per azioni Società in accomandita Società cooperativa Non sa/non risponde Totale N. casi 31,2 13,0 34,2 6,4 4,6 9,9 0,8 100,0 901 Un altro aspetto interessante su cui focalizzare l’attenzione è rappresentato dalla composizione del campione per settore di attività economica: i dati evidenziano una netta prevalenza di imprese che operano nell’area dei servizi (l’82,7%), rispetto alle attività manifatturiere (il 10,8%), alle costruzioni (4,8%) e all’agricoltura (1,8%). Nell’ambito delle attività terziarie, il 33,7% delle aziende intervistate operano nell’area dei servizi alle imprese, il 30,1% nell’ambito dei servizi alle persone e il 18,9% nella ristorazione e nel commercio, sia all’ingrosso che al dettaglio (Tab. 5.9). 192 Tabella 5.9 Distribuzione delle aziende intervistate per settore di attività economica % Agricoltura Costruzioni Attività manifatturiere Ristorazione e commercio Servizi alle persone Servizi alle imprese Totale N. casi 1,8 4,8 10,8 18,9 30,1 33,7 100,0 901 Il 75% delle imprese che compongono il campione hanno un ambito di operatività che non va oltre la dimensione regionale. In dettaglio, la metà (il 50,6%) opera prevalentemente su scala locale, con un mercato di riferimento di dimensione comunale o provinciale e il 23,6% si muove in una dimensione prevalentemente regionale. Per quanto riguarda le altre, il 20,9% opera su scala nazionale e soltanto il 4,9% ha una dimensione operativa che va oltre i confini nazionali. La dimensione geografica del mercato di riferimento, naturalmente, risulta correlata con la classe dimensionale. La quota di imprese che operano prevalentemente a livello locale, infatti, rappresenta il 67,5% fra le imprese fino a 3 addetti, ma scende al 33% fra quelle con più di 50 addetti. Così come la dimensione, anche il settore di attività economica condiziona l’ambito di operatività delle imprese. Se, infatti, la dimensione locale del mercato di riferimento è particolarmente accentuata fra le imprese della ristorazione e del commercio (57,1%) e nei servizi alla persona (59,0%), le imprese manifatturiere si caratterizzano per ambiti di operatività ben più ampi: di queste, infatti, il 34% opera a livello nazionale e il 12,4% su mercati esteri (Graf. 510). Grafico 5.10 Distribuzione delle aziende intervistate per dimensione geografica del mercato di riferimento N. casi 901 50,6 Locale (comunale, provinciale) 23,6 Regionale 20,9 Nazionale 4,9 Estero 0 10 20 193 30 40 50 60 La dimensione e l’ambito operativo di riferimento -prevalentemente locale- risultano coerenti con l’articolazione delle imprese intervistate in unità locali. L’80%, infatti, ha una sola unità locale e fra le altre si registra una netta prevalenza di quelle che dispongono di più unità locali operanti in ambito regionale. Un ultimo elemento utile a completare l’identikit delle imprese, che si sono rapportate con i SPI, riguarda la loro propensione e la loro capacità di innovazione. Per indagare tale aspetto, alle aziende coinvolte nell’indagine CATI è stato chiesto se e quali innovazioni avessero introdotto negli ultimi tre anni. Come si rileva dal grafico, all’interno del campione prevalgono le imprese che non hanno apportato alcuna innovazione (pari al 64,6% del totale); tuttavia, risulta tutt’altro che marginale (il 35,4%) la quota di imprese “innovatrici”. Ma di quali innovazioni si tratta? In dettaglio, un quarto delle imprese ha introdotto, nel corso dell’ultimo triennio, innovazioni organizzative, gestionali e commerciali; il 13,9% ha innovato il proprio prodotto; l’11,9% ha apportato innovazioni al processo produttivo (Graf. 5.11). Grafico 5.11 Distribuzione delle aziende intervistate per innovazioni apportate nell’ultimo triennio N. casi 901 25,6 Innovazione organizzativa, gestionale, commerciale 13,9 Innovazione di prodotto 11,9 Innovazione di processo 64,6 Nessuna innovazione 0 10 20 30 40 50 60 70 Le imprese innovatrici, in larga parte, si sono concentrate su una sola tipologia di innovazione (quasi il 70% di coloro che hanno innovato negli ultimi tre anni). Per contro, le imprese che sono intervenute su più di una dimensione si attestano su valori ben più contenuti: rispettivamente il 16,9% e il 14,1%. Un ultimo aspetto utile a completare l’identikit delle imprese che nel corso degli ultimi tre anni si sono rapportate con i SPI della Toscana riguarda le loro dinamiche di fatturato, sia passate che, soprattutto, future. 194 In un contesto come quello attuale -caratterizzato da una congiuntura economica particolarmente negativa a cui si accompagna, ovviamente, un rallentamento delle dinamiche occupazionali sul territorio regionale- il quadro che emerge relativamente alle aziende intervistate risulta nel complesso positivo. In dettaglio, nel corso degli ultimi tre anni circa un quarto delle imprese (il 24,1%) ha visto crescere il proprio fatturato, che è rimasto stabile per il 42,1% ed è diminuito per il 23%. Ad essere penalizzate sono state soprattutto le imprese più piccole, quelle fino a 3 addetti, il 24,3% delle quali ha visto contrarsi il proprio fatturato, rispetto al 19,4% delle imprese con 50 addetti e più, e, naturalmente, le imprese che operano nelle costruzioni (27,9%) e nel comparto manifatturiero, il 35,1% delle quali ha registrato una contrazione di fatturato negli ultimi tre anni. Così come per le dinamiche passate, anche le previsioni formulate per i prossimi tre anni risultano, nel complesso, positive: il 26,7% delle imprese intervistate, infatti, prevede di espandere il proprio fatturato; il 52,6% di mantenerlo stabile e soltanto il 9,8% si attende una diminuzione. La situazione più critica, coerentemente con quanto rilevato per i tre anni appena trascorsi, dovrebbe caratterizzare le imprese dell’edilizia, il 18,6% delle quali prevede una contrazione del proprio fatturato (Graf. 5.12). Grafico 5.12 distribuzione delle aziende intervistate per andamento del fatturato negli ultimi tre anni e per previsione per i prossimi tre anni Valori % Nei prossimi tre anni In diminuzione Stabile In aumento Negli ultimi tre anni 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 5.5 Le dinamiche occupazionali presenti e future Un altro aspetto utile a delineare l’identikit delle imprese clienti dei SPI riguarda il loro profilo occupazionale, la propensione ad assumere nuovo personale, le difficoltà incontrate nel processo di 195 recruiting e, naturalmente, la natura quantitativa e qualitativa dei loro fabbisogni professionali. L’analisi dell’articolazione occupazionale all’interno delle aziende al momento dell’intervista evidenzia come oltre un terzo degli addetti (il 34,6%) sia rappresentato da lavoratori indipendenti. Per quanto riguarda gli altri, circa la metà (il 49,7%) ha un rapporto di lavoro a tempo indeterminato; i dipendenti con contratto a termine rappresentano il 12,8% del totale, mentre il peso delle altre forme di lavoro flessibili risulta più contenuto: gli apprendisti costituiscono l’1,6% del totale degli addetti; i collaboratori a progetto l’1%; i lavoratori interinali, infine, lo 0,4%. Il 15,4% degli addetti ha un rapporto di lavoro part-time e il 3,8% della forza lavoro è costituita da lavoratori immigrati (Tab. 5.13). Tabella 5.13 Composizione % degli addetti impiegati nelle aziende intervistate per tipologia % Indipendenti Dipendenti con contratto a tempo indeterminato Dipendenti con contratto a termine Apprendisti Lavoratori interinali Collaboratori a progetto Totale Lavoratori part-time Lavoratori immigrati N. casi 34,6 49,7 12,8 1,6 0,4 1,0 100,0 15,4 3,8 901 La composizione occupazionale si modifica in relazione al diverso settore di attività economica cui appartengono le imprese. In particolare, le forme di lavoro a termine risultano particolarmente diffuse fra le aziende agricole, dove oltre la metà degli addetti è impiegata con tale modalità contrattuale. Seguono la ristorazione e il commercio (13,3%) e i servizi alle imprese (10,6%). Il peso percentuale dei contratti di apprendistato risulta decisamente più elevato rispetto al totale del campione nell’edilizia (8,1%) e nelle aziende manifatturiere (4,1%). Le collaborazioni a progetto, infine, sono più frequenti nell’ambito dei servizi alla persona: in questo settore, infatti, si attestano all’1,8%, dato questo quasi doppio rispetto all’1% relativo all’intero campione. Il peso percentuale dei lavoratori immigrati si attesta su livelli sensibilmente superiori al valore relativo all’intero campione nell’agricoltura -dove raggiunge il 15,7%- nelle attività 196 manifatturiere (il 5,8%), nelle costruzioni (4,1%) e nei servizi alla persona (4%). La presenza di lavoratori part-time, infine, caratterizza le aziende che operano nel settore terziario: la ristorazione e il commercio; i servizi alla persona e, soprattutto, i servizi alle imprese (15,2%). Nel corso dell’ultimo triennio il 72,4% delle imprese intervistate ha effettuato assunzioni. Il dato, naturalmente, è da ricondurre alle caratteristiche del campione e dell’universo di partenza che, come si ricorda, è rappresentato da tutte quelle che imprese che nel corso del triennio 2006-2008 si sono rivolte ai SPI per la ricerca di personale o per l’attivazione di altre consulenze. Come emerge dai dati riportati nel grafico 5.14, la probabilità di assumere nuovo personale risulta in primo luogo correlata alle dimensioni dell’azienda. Se, infatti, ha assunto la metà delle imprese di più piccole dimensioni (quelle fino a 3 addetti), la percentuale sale all’89,2% per le imprese da 20 a 49 addetti e all’86,4%per le imprese con 50 addetti e più. Grafico 5.14 distribuzione delle aziende intervistate che hanno effettuato assunzioni negli ultimi tre anni per dimensione 100% 80% 60% 40% 20% 0% Fino a 3 addetti 4-9 addetti 10-19 addetti 20-49 addetti Oltre 50 addetti La propensione ad assumere nuovo personale varia anche in relazione al settore di attività economica a cui appartiene l’impresa. Sono le costruzioni il settore dove si registra la percentuale più elevata di imprese che hanno inserito nuovo personale nel triennio appena trascorso (81,4%), seguite da ristorazione e commercio (78,2%), attività manifatturiere e servizi alle persone (74,2%); chiudono la graduatoria le aziende che operano nell’ambito dei servizi alle imprese (64,8%). Verso quali profili professionali si sono indirizzate le richieste delle imprese che nel corso dell’ultimo triennio hanno effettuato nuove assunzioni? La distribuzione riportata nella tabella 5.15 197 evidenzia come oltre un terzo (il 34,3%) delle richieste si sia indirizzato verso commessi, camerieri e venditori; seguono gli operai comuni (16,2%), gli operai specializzati (14,1%) e gli operai qualificati (13,1%). Si attestano, per contro, su valori decisamente contenuti le richieste relative a dirigenti e direttori (0,4%) e alle professioni intellettuali (2,1%). Tabella 5.15 Composizione per profili professionali delle assunzioni effettuate dalle aziende negli ultimi tre anni % Dirigenti, direttori Professioni intellettuali Impiegati di concetto, tecnici Commessi, camerieri, venditori Impiegati esecutivi, di ufficio, segretari Operai comuni, manovali, lavori manuali non qualificati Operai qualificati, conduttori di macchine Capo-operaio, operai specializzati Totale N. casi 0,4 2,1 10,1 34,3 9,7 16,2 13,1 14,1 100,0 901 L’indagine evidenzia come una quota non trascurabile di imprese intervistate abbia delle difficoltà a soddisfare i propri fabbisogni professionali. Il 27,9%, infatti, dichiara di avere difficoltà in genere a reperire il personale. Le difficoltà di reclutamento interessano più le aziende manifatturiere, fra le quali la percentuale sale al 34%, che le imprese che operano nell’ambito servizi alle persone, per le quali la percentuale si ferma al 25,8%. Anche la variabile dimensionale rappresenta una discriminante significativa: sono infatti le imprese di piccole e medie dimensioni a denunciare più spesso delle grandi la presenza di difficoltà nel soddisfare i loro fabbisogni professionali. Quali sono i profili professionali per i quali si registrano le maggiori difficoltà? In prima posizione, le aziende segnalano gli operai specializzati, difficili da reperire per il 19,5%; seguono gli operai qualificati (19,1%), gli operai comuni (18,3%) e gli impiegati esecutivi (18,3%). Dal lato opposto della graduatoria si collocano le professioni intellettuali (4,4%) e i dirigenti e direttori (1,2%). Il dato, probabilmente, è in parte da ricondurre anche alla bassa richiesta che il sistema delle imprese toscane esprime rispetto a tali figure professionali (Graf. 5.16). 198 Grafico 5.16 Quali sono le professionalità più difficili da reperire per la sua impresa? Capo-operaio, operai specializzati 19,5 Operai qualificati, conduttori di macchine 19,1 18,3 Operai comuni, manovali, lavori manuali non qualificati 18,3 Impiegati esecutivi, di ufficio, segretari Commessi, camerieri, venditori 17,1 Impiegati di concetto, tecnici 7,2 4,4 Professioni intellettuali Dirigenti, direttori 1,2 0 4 8 12 16 20 Come abbiamo osservato, anche per effetto dell’universo di partenza, le imprese intervistate sono state estremamente dinamiche nel corso degli anni passati. E per il futuro? Quali sono le previsioni occupazionali formulate dalle imprese intervistate per i prossimi tre anni? Il quadro delineato si presenta decisamente meno dinamico. L’82,5% delle imprese prevede che nei prossimi tre anni il livello occupazionale all’interno dell’azienda si manterrà stabile; soltanto il 9,9% ha in mente di espandere il proprio personale; il 7,7%, infine, prevede che il numero di addetti all’interno dell’azienda subirà una diminuzione. Nel dettaglio delle diverse tipologie contrattuali, è interessante osservare come la maggiore mobilità prevista dalle aziende intervistate -tanto in entrata quanto in uscita- riguarderà soprattutto i dipendenti a tempo indeterminato e i dipendenti con contratto a termine. I lavoratori interinali e i collaboratori a progetto, per contro, si caratterizzano per una situazione di maggiore stabilità (Graf. 5.17). Grafico 5.17 % di aziende intervistate per previsioni di stabilità delle diverse tipologie contrattuali Lavoratori interinali 87,2 Collaboratori a progetto 83,8 Apprendisti 77,9 Dipendenti a termine 70,4 Dipendenti a tempo indeterminato 68,8 0% 20% 40% 199 60% 80% 100% 5.6 Le modalità di ricerca del personale Il numero e la tipologia di canali che le aziende attivano per il processo di recruiting dipendono da una molteplicità di fattori che, in linea generale, possono essere ricondotti da un lato alle caratteristiche dell’azienda (dimensioni, localizzazione geografica, settore di attività economica), dall’altro alla natura del profilo per il quale si sta effettuando la ricerca. La scelta di ricorrere ai SPI, pertanto, si colloca nell’ambito delle strategie di reclutamento -più o meno consapevoli, più o meno complesse, più o meno standardizzate- che ogni azienda definisce per soddisfare i propri fabbisogni professionali. Proprio per questo motivo, prima di entrare nel merito dell’analisi della tipologia e della qualità delle relazioni fra imprese e SPI, è utile ricostruire il profilo delle aziende intervistate, per comprendere quali canali vengono attivati nel processo di recruiting. Nel grafico 5.18 sono indicati da un lato i canali di ricerca che le aziende utilizzano generalmente, dall’altro quelli che sono stati attivati nel corso dell’ultimo triennio. Grafico 5.18 Aziende intervistate per canali di ricerca attivati in genere e nell’ultimo triennio Valori % Centri per l’impiego Conoscenze dirette di potenziali dipendenti Curricula pervenuti/database aziendali Segnalazioni conoscenti, amici, parenti Ultimo triennio Agenzie per il lavoro In genere Internet Quotidiani e stampa specializzata Associazioni di categoria/enti bilaterali, ecc. Segnalazione centri di formazione, scuole, università 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% Il canale di ricerca più utilizzato è rappresentato dai CPI, a cui in genere fa ricorso il 59,3% delle imprese intervistate. Un dato questo che in parte risente delle caratteristiche dell’universo di partenza, costituito da aziende che negli ultimi tre anni appunto si sono rivolte ai CPI per ricerca e selezione del personale, ma che a nostro avviso è 200 anche indicativo del progressivo costituirsi di un nucleo di imprese “fidelizzate”, che trovano nei servizi offerti risposte adeguate alle proprie esigenze (come vedremo in seguito anche in relazione ai buoni livelli di gradimento dei servizi offerti). Per quanto riguarda le altre modalità di recruiting, il 46,9% segnala conoscenze dirette di potenziali dipendenti, il 31,1% ha utilizzato i curricula pervenuti e archiviati nei data base aziendali, il 26,2% ha fatto ricorso alle segnalazioni di parenti, conoscenti e amici. L’utilizzo degli altri canali risulta, per contro, assai marginale: soltanto il 7,1% delle aziende si è rivolto ad Agenzie per il lavoro; il 6,7% ha utilizzato Internet; il 5,5% ha pubblicato inserzioni sui quotidiani e sulla stampa specializzata; il 2,6% è passato da Associazioni di categoria; il 2,3% ha attivato contatti con centri di formazione, scuole e università. Il quadro descritto non si modifica nella sua composizione se focalizziamo l’attenzione sui canali di reclutamento attivati dalle aziende intervistate nel corso degli ultimi tre anni, confermando la graduatoria di preferenza. La distribuzione di frequenza relativa ai canali attivati nell’ultimo triennio, tuttavia, indica un’attività di ricerca meno intensa. Quali le possibili cause? Non disponiamo, in questa sede, di elementi che ci consentano di spiegare con certezza il fenomeno descritto, ma possiamo comunque provare a formulare alcune ipotesi. Il minore ricorso a tutti i canali di ricerca -rispetto al loro uso abituale- potrebbe essere da imputare al fatto che le aziende hanno cercato meno personale; ciò potrebbe aver determinato l’implementazione di strategie di recruiting più blande. Le aziende, inoltre, nel corso del tempo potrebbero aver affinato le loro strategie con la conseguenza che, dopo aver provato diversi canali, tendano a concentrarsi su quelli che, in base alla loro esperienza, risultano più efficaci. L’indagine conferma le note relazioni fra caratteristiche delle imprese e tipologia di canali attivati per la ricerca di personale. Vi è in primo luogo da osservare come siano le imprese di maggiori dimensioni a predisporre le strategie di ricerca più complesse. In altre parole, al crescere della dimensione aziendale -misurata dal numero di addetti- aumenta il numero e il mix di canali attivati per realizzare il processo di recruiting. Anche nella scelta di alcuni strumenti di ricerca si osserva una chiara correlazione con la dimensione delle aziende. è il caso, ad esempio, dei curricula pervenuti e dei database aziendali, a cui 201 ricorre il 19,4% delle imprese fino a 3 addetti, contro il 61,2% delle imprese con 50 addetti e più. Le imprese più grandi, in genere, dispongono di una funzione aziendale dedicata alle “risorse umane”, che raccoglie, gestisce e organizza le candidature. È altrettanto vero che più grandi sono le imprese -e, dunque, la loro notorietàmaggiori sono le probabilità che siano destinatarie di candidature inviate spontaneamente da persone in cerca di lavoro. Anche il ricorso alle agenzie di lavoro -del tutto marginale fra le imprese più piccole (1,9%)- è più frequente fra le imprese medie e grandi: vi ricorre, rispettivamente il 12,7% delle imprese da 20 a 49 addetti e il 17,5% delle imprese con 50 addetti e più. Così come la dimensione, anche il settore economico di appartenenza condiziona le strategie di ricerca e selezione del personale. In merito, è interessante osservare come i meccanismi di ricerca informali -basati cioè sulla conoscenza diretta dei potenziali dipendenti e sulla segnalazione di conoscenti, amici e parenticaratterizzino le imprese manifatturiere, dove le percentuali si attestano rispettivamente al 56,7% e al 34,0% (come si ricorderà, i valori per l’intero campione risultano pari al 46,9% e al 26,2%). Il ricorso ai meccanismi di ricerca informale si riduce invece fra le imprese che operano nel comparto dei servizi e raggiunge il livello più basso nell’area della ristorazione e del commercio (44,1%). Anche la propensione all’innovazione, in qualche modo, sembra agire sulle strategie e sugli strumenti di ricerca, seppure il fenomeno richiederebbe un approfondimento ad hoc. L’indagine realizzata, in ogni modo, evidenzia che le imprese che hanno introdotto almeno una forma di innovazione ricorrono più frequentemente delle altre ai database aziendali (il 35,4% rispetto al 28,7%), all’erecruitment (il 9,1% contro il 5,3%) e alle Agenzie per il lavoro (l’11,9% rispetto al 4,5%). Molte delle aziende intervistate adottano, dal punto di vista delle strategie di ricerca del personale, comportamenti piuttosto semplici: poco meno della metà delle imprese (il 47%), infatti, ha attivato un solo canale e il 37,8% ha utilizzato due canali. La percentuale di imprese che implementano strategie più complesse, per contro, risulta minoritaria: soltanto il 15,2%, infatti, ha attivato tre o più canali (Graf. 5.19). Il ricorso ad un solo canale nel processo di recruiting è frequente soprattutto fra le imprese di piccole dimensione (il totale delle aziende fino a 3 addetti; il 63,4% delle aziende da 4 a 9 addetti); le imprese più grandi, per contro, si contraddistinguono per strategie di ricerca 202 più complesse. In merito, si può osservare come quasi tutte le imprese con più di 50 addetti abbiano attivato almeno tre canali di ricerca. Grafico 5.19 Composizione % delle aziende intervistate per numero di canali attivati per la ricerca di personale nell’ultimo triennio 3 canali e più 15% 1 canale 47% 2 canali 38% Fonte: Indagine Irpet A differenza della dimensione, la variabile settoriale presenta, in relazione al fenomeno indagato, una valenza esplicativa ben più contenuta. In altre parole, nella numerosità di canali attivati, le differenze fra aziende che appartengono a settori di attività economica diversi sono in genere poco marcate. Se, ad esempio, consideriamo le imprese che hanno attivato tre o più canali di ricerca, la percentuale più elevata si registra fra le aziende manifatturiere (il 18,6%) e quella più contenuta nell’ambito delle costruzioni (11,6%), con un differenziale che non va oltre i sette punti percentuali. Come abbiamo osservato, nel corso degli ultimi tre anni il 56,2% delle imprese intervistate ha utilizzato il canale dei CPI. Il ricorso al canale pubblico appare più diffuso fra le imprese di minore dimensione e tende a diminuire al crescere della dimensione aziendale. L’indagine evidenzia alcune differenze anche in relazione al settore economico di appartenenza, così come emerge dal grafico. La percentuale di imprese che hanno attivato il canale dei CPI raggiunge il valore più elevato fra le imprese delle costruzioni (65,1%); seguono le imprese della ristorazione e del commercio (60,6%), le attività manifatturiere (57,7%), i servizi alle imprese (56,3%) e, infine, i servizi alle persone (51,7%) (Graf. 5.20). Se la relazione fra dimensione aziendale e uso dei servizi risulta piuttosto intuitiva, il rapporto con il settore di attività economica appare più difficile da spiegare. Si può osservare, tuttavia, come sia il settore delle costruzioni (soprattutto le attività legate alle grandi opere) che il commercio e la ristorazione si caratterizzino per un andamento ciclico e stagionale dell’attività, che richiede in alcuni 203 periodi un incremento della forza lavoro impegnata all’interno delle aziende (che in genere si traduce in una domanda di lavoratori a termine), muovendo un più elevato numero di vacancies. è probabile che tale esigenza abbia contribuito in qualche misura a rafforzare i rapporti con i SPI nei processi di ricerca e selezione del personale. Grafico 5.20 % di imprese che nell’ultimo triennio si sono rivolte ai CPI per settore di attività economica e classe dimensionale Costruzioni 65,1 Ristorazione e commercio 60,6 Manifattura 57,7 Servizi alle imprese 56,3 Servizi alle persone 51,7 Agricoltura 50,0 Fino a 3 addetti 56,8 4-9 addetti 57,1 10-19 addetti 58,1 20-49 addetti 52,0 50 addetti e più 49,5 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% L’indagine realizzata evidenzia, dunque, che negli ultimi tre anni il 43,8% delle imprese intervistate non ha fatto ricorso ai CPI per la ricerca di personale. Le loro principali caratteristiche, naturalmente, risultano speculari a quelle precedentemente descritte. In termini dimensionali, sono le aziende di media e grande dimensione che, più spesso delle altre, scelgono di non utilizzare i SPI nei processi di recruiting, con percentuali che si attestano intorno al 50% (in dettaglio, non ricorre ai CPI il 48% delle imprese da 20 a 40 addetti e il 50,5% delle imprese con 50 addetti e più). Così come la variabile dimensionale, anche quella settoriale delinea differenze interessanti. In particolare, la probabilità di non utilizzare i SPI appare più elevata fra le imprese dei servizi alla persona (48,3%) e dei servizi alle imprese (43,7%) rispetto alle imprese degli altri settori di attività economica. Alle imprese che non hanno utilizzato i servizi, è stato chiesto di indicare il motivo principale. Le risposte si polarizzano essenzialmente su due degli items proposti in sede di intervista. In dettaglio, il 53,3% dichiara che gli altri canali fino ad ora utilizzati 204 sono stati efficaci e, dunque, non c’è stato bisogno di modificare le strategie di ricerca. Il 42,4% preferisce invece una conoscenza diretta dei candidati, esprimendo così un atteggiamento di diffidenza rispetto alla presenza di un soggetto terzo nel processo di ricerca e selezione del personale. Le altre due motivazioni proposte nel questionario risultano del tutto residuali: il 2,6% degli intervistati preferisce rivolgersi alle agenzie private e appena l’1,7% dichiara di non conoscere il servizio offerto dai CPI (Tab. 5.21). Tabella 5.21 Aziende che non utilizzano i SPI nella ricerca di personale per motivi di non utilizzo % Gli altri canali finora utilizzati sono stati soddisfacenti è preferibile una conoscenza diretta dei candidati Sono preferibili le agenzie private Non sapevo che i CPI offrissero questo servizio Totale N. casi 53,3 42,4 2,6 1,7 100,0 395 5.7 L’accesso ai servizi di ricerca e selezione del personale offerti dai Centri per l’impiego Come abbiamo osservato, quasi il 60% delle imprese coinvolte nell’indagine si sono rivolte ai CPI della Toscana nella ricerca di personale. La motivazione prevalente, come si rileva dai dati riportati nella tabella, è da ricondurre al fatto che per quasi la metà delle aziende intervistate (il 47,8%) i SPI consentono di ricercare personale con profili professionali specializzati. Le altre aziende si ripartiscono, in maniera abbastanza omogenea, fra due degli altri tre items proposti: il 22,9% ha scelto di rivolgersi al servizio offerto dal CPI per ricercare personale, di qualsiasi livello, in tempo brevi; il 21,4% utilizza i servizi per ricercare personale con profili generici. Soltanto il 7,9%, infine, dichiara di aver fatto ricorso al canale pubblico per contenere i costi del processo di recruiting (Tab. 5.22). La dimensione aziendale non sembra incidere in maniera significativa sui motivi di utilizzo. Per quanto concerne il settore di attività economica, due appaiono gli elementi su cui soffermare l’attenzione. Da un lato, la percentuale più elevata di imprese 205 che ricorrono ai CPI per ricercare personale con profili elevati/ specializzati si registra nell’ambito dei servizi alle persone (il 53,5% rispetto al 47,8% rilevato per l’intero campione). Dall’altro, la percentuale più elevata di imprese che hanno dichiarato di ricorrere ai CPI per ricercare personale in tempi brevi si registra nell’area della ristorazione e del commercio (il 28,8% rispetto al 22,9% dell’intero campione). Tabella 5.22 Aziende che utilizzano i SPI nella ricerca di personale per motivi di utilizzo % Ricercare personale con profili professionali specializzati Ricercare in tempi brevi personale di qualsiasi livello Ricercare personale con profili professionali generici Ricercare gratuitamente personale di qualsiasi livello Totale N. casi 47,8 22,9 21,4 7,9 100,0 533 Il 53,7% delle aziende che si sono rivolte ai CPI per la ricerca di personale si è avvalso del servizio di preselezione; il 51,4% ha attivato il servizio di avviso di ricerca del personale. La distribuzione di frequenza relativa alla tipologia di servizi utilizzati appare particolarmente interessante. Se, infatti, oltre la metà (il 51,4%) delle imprese intervistate ricorrono ai SPI come semplice canale di pubblicizzazione delle job vacancies, una quota più elevata, seppure non di molto (il 53,7%), ha scelto di fruire di un servizio a maggiore valore aggiunto, quello cioè di preselezione del personale. Risulta, per contro, ancora limitato il ricorso alle altre tipologie di servizi, la cui offerta, peraltro, sembra ancora non essere diffusa in maniera omogenea sul territorio regionale. In dettaglio, come si rileva dal grafico, il 9,2% delle aziende ha usufruito del servizio di selezione e il 6,8% ha ricevuto informazioni e consulenza su incentivi e assunzioni agevolate (Graf. 5.23). Oltre la metà delle aziende che si rivolgono ai SPI, dunque, utilizzano il servizio di preselezione rispetto al quale tanto le indicazioni oggettive sul livello di efficacia, quanto le valutazioni delineano un quadro decisamente positivo. Cominciamo con il primo aspetto. Come appare evidente dallo schema 5.24 -che sintetizza il processo di relazione con i SPI- soltanto nel 13,1% dei casi gli operatori predisposti ad erogare il servizio di preselezione non sono stati in grado di individuare candidati con profili adeguati rispetto alle esigenze delle aziende clienti. 206 Grafico 5.23 Aziende che utilizzano i SPI nella ricerca di personale per tipologia di servizi utilizzati Valori % Preselezione del personale 53,7 Avviso di ricerca del personale 51,4 Selezione del personale 9,2 Informazione/consulenza su incentivi e assunzioni agevolate 6,8 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% Schema 5.24Ricostruzione del servizio di preselezione e del suo livello di efficacia per le aziende che hanno attivato il servizio AZIENDE CHE HANNO ATTIVATO IL SERVIZIO DI PRESELEZIONE 86,9% 13,1% IL CPI NON HA INDIVIDUATO CANDIDATI CON PROFILI ADEGUATI AZIENDE CHE HANNO RICEVUTO NOMINATIVI/CURRICULA 65,4% 21,5% AZIENDE CHE HANNO ASSUNTO ALCUNI DEI CANDIDATI PROPOSTI AZIENDE CHE NON HANNO ASSUNTO NESSUNO DEI CANDIDATI PROPOSTI Il livello di efficacia del servizio risulta decisamente elevato: il 65,4% delle aziende che hanno attivato la preselezione, infatti, ha assunto almeno uno dei candidati scegliendo fra i profili presentati dai SPI; il 21,5% delle aziende, per contro, dopo aver visionato i profili proposti dagli operatori del servizio, non ne ha assunto nessuno. Il dato oggettivo trova conferma nelle valutazioni formulate dalle aziende intervistate. Chi ha attivato il servizio di preselezione, infatti, esprime un giudizio nel complesso positivo: oltre un terzo delle aziende (il 33,2%) si dichiara molto soddisfatto e il 57% abbastanza soddisfatto. L’area dell’insoddisfazione, per contro, si attesta su valori inferiori al 10% (il 7,7% poco soddisfatto; il 2% per niente soddisfatto). 207 Il principale motivo di soddisfazione per il servizio di preselezione è indubbiamente rappresentato dalla tempestività: il 42,3% delle imprese, infatti, rileva come gli operatori dei SPI abbiano inviato tempestivamente l’elenco dei candidati. Fra gli altri motivi che concorrono a determinare l’elevato livello di apprezzamento complessivo da parte delle aziende clienti, si rilevano la disponibilità e la competenza degli operatori che si occupano di gestire il servizio (26,5%), l’adeguatezza delle candidature ricevute rispetto alle richieste formulate (21,8%), il numero elevato di curricula ricevuti fra cui poter scegliere (20,1%). E per quanto riguarda i motivi di insoddisfazione? L’elevato livello di apprezzamento rispetto al servizio offerto trova conferma anche nel fatto che, nonostante la domanda fosse stata posta a tutti coloro che hanno utilizzato il servizio, a prescindere dal giudizio espresso, oltre il 70% delle aziende clienti non riscontra alcun motivo di insoddisfazione (Graf. 5.25). Grafico 5.25 Quali sono stati i principali motivi di soddisfazione? Valori % L’elenco dei candidati è stato inviato tempestivamente 42,3 L’operatore si è mostrato disponibile e competente 26,5 I profili dei candidati erano specifici e adeguati alle esigenze dell’impresa L’elenco conteneva molti nominativi tra cui poter scegliere L’elenco conteneva pochi nominativi ma scelti con precisione 21,8 20,1 14,8 12,1 Servizio gratuito Sono state proposte altre soluzioni e/o informazioni (ad es. tirocini, assunzioni agevolate, ecc.) 2,7 0% 9% 18% 27% 36% 45% Per quanto riguarda le altre -che, dunque, rappresentano una quota circoscritta della clientela dei CPI- il principale motivo di insoddisfazione è da ricercare nella qualità delle candidature individuate dagli operatori: oltre il 65% degli intervistati, infatti, sostiene che i profili erano troppo generici e inadeguati rispetto alle esigenze dell’impresa. Contestualmente, l’indagine evidenzia come i motivi di insoddisfazione riconducibili da un lato alle modalità di funzionamento del servizio e dall’altro alle competenze degli operatori preposti siano assai poco rilevanti (Graf. 5.26). 208 Grafico 5.26 Quali sono stati i principali motivi di insoddisfazione? Valori % I profili dei candidati erano troppo generici e inadeguati alle esigenze dell’impresa Non sono state proposte altre soluzioni e/o informazioni L’elenco conteneva troppi nominativi 58,1 16,3 12,8 L’elenco conteneva un numero esiguo di nominativi 11,6 L’elenco non è stato inviato tempestivamente 11,6 L’operatore non si è mostrato disponibile e competente 5,8 Non è stato fornito alcun elenco 4,7 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% Come abbiamo osservato, il ricorso da parte delle aziende al servizio di selezione risulta contenuto (poco più del 9%). Il fenomeno è da ricondurre a due ordini di motivi: da un lato l’offerta del servizio sembra essere ancora poco diffusa sul territorio; dall’altro pesa certamente la resistenza, soprattutto culturale, di molte aziende a farsi affiancare da consulenti (sia pubblici che privati) nelle fasi finali del processo di recruiting. Il numero relativamente contenuto di casi osservati, dunque, permette di fare alcune osservazioni più di natura qualitativa che quantitativa, dalle quali, in ogni modo, emerge un quadro positivo. Il livello di efficacia e il grado di apprezzamento fra le -ancora poche- aziende clienti risulta coerente con quanto emerso in merito al servizio di preselezione. Oltre la metà delle aziende che hanno utilizzato il servizio di selezione del personale si dichiara soddisfatto. L’elevato livello di apprezzamento deve essere ricondotto da un lato alla elevata capacità del servizio di rispondere ai suoi obiettivi (“il candidato aveva un profilo specifico e adeguato alle competenze”) e dall’altro alla professionalità degli operatori dei SPI (“l’operatore si è mostrato disponibile e competente”). 5.8 Conoscenza, utilizzo e valutazione dei servizi offerti dai Centri per l’impiego Nel corso del precedente paragrafo abbiamo esplorato il rapporto fra imprese e CPI relativamente ai processi di ricerca e selezione del personale. In particolare, ci siamo soffermati a descrivere, per 209 quelle aziende che ricorrono al canale dei SPI per soddisfare i loro fabbisogni professionali, la tipologia di servizi attivati rispetto alla gamma offerta dal canale pubblico, il livello di efficacia, i punti di forza e di debolezza. Allargando la prospettiva e il campo di osservazione, dedichiamo questo paragrafo ad esplorare il rapporto fra imprese e CPI a tutto tondo, indagando dunque il livello di conoscenza e di utilizzo relativamente alla gamma completa di servizi offerti alle imprese: dagli adempimenti amministrativi alle informazioni sulla L. 68/99; dalle informazioni alla consulenza su assunzioni agevolate e crisi aziendali. Prima di entrare nel merito dell’analisi dei risultati, ci preme ricordare ancora una volta che l’indagine restituisce il punto di vista di un segmento particolare di imprese, quelle cioè che nel corso del triennio 2006-2008 si sono rivolte a CPI per la ricerca di personale o per altri servizi di consulenza. •• Canali e grado di notorietà fra le imprese dei principali servizi offerti93 Attraverso quali canali le aziende intervistate sono venute a conoscenza dei servizi offerti dai CPI della Toscana? Analizzando le risposte, due sembrano essere i canali informativi a maggiore efficacia: il contatto diretto da parte del CPI da un lato (segnalato dal 37,3% delle aziende intervistate); i commercialisti/consulenti del lavoro dall’altro (31,6%). Le aziende segnalano, seppure in maniera minore, anche il meccanismo del passaparola (il 18,1% delle aziende intervistate è venuta a conoscenza dei servizi tramite conoscenti e colleghi) e Internet (il 17,5%). Gli altri canali informativi -dalla stampa alle Associazioni di categoria; dagli altri uffici pubblici alle Camere di commerciosono evidentemente meno efficaci, almeno nel caso del campione oggetto di indagine (Graf. 5.27). Le caratteristiche dell’universo di riferimento si riflettono in primo luogo sul grado di conoscenza rispetto ai servizi offerti dai CPI presenti sul territorio regionale. Il livello di conoscenza dei principali servizi si attesta intorno al 50%: informazioni e consulenza su assunzioni agevolate e tirocini (53,8%); informazioni e consulenza su assunzioni agevolate e incentivi alle imprese (52,1%); informazioni e consulenze relative alle assunzioni previste dalla L.68/99 (48,6%); informazioni relative alle comunicazioni previste per legge (46,1%). Per quanto riguarda i servizi di preselezione e selezione del personale, si rimanda all’analisi proposta nel paragrafo precedente. 93 210 Grafico 5.27 Imprese per canali di conoscenza dei servizi offerti dai CPI Valori % Contattata direttamente dal Centro per l’impiego 37,3 Commercialista/consulente del lavoro Conoscenti/colleghi 18,1 Internet 17,5 31,6 Annunci su stampa, media 6,0 4,7 Associazioni di categoria/enti bilaterali Altri uffici pubblici 2,2 Camere di commercio 1,3 0% 10% 20% 30% 40% I servizi appena ricordati, dunque, sono noti a circa la metà delle imprese intervistate. In merito, tuttavia, sono necessarie alcune precisazioni, che in parte contribuiscono a spiegare le differenze nel livello di conoscenza dei diversi servizi. In molti casi, i rapporti fra aziende e CPI, soprattutto per quanto attiene alle attività prettamente amministrative, sono mediati dai commercialisti e dai consulenti del lavoro. In altri casi i servizi erogati dai CPI sono destinati soltanto ad alcune categorie di aziende. Il servizio di informazioni e consulenze relative alle assunzioni previste dalla L.68/99, ad esempio, è rivolto soltanto alle aziende interessate dall’obbligo di assunzione previsto dalla legge, quelle cioè con almeno 15 dipendenti, fra le quali il livello di conoscenza supera l’80% (rispetto al 48,6% del totale del campione). I dati rilevati, infine, indicano come il servizio meno conosciuto dalle aziende intervistate sia quello relativo alle informazioni e alla consulenza su crisi aziendali: dichiara di conoscerlo meno di un’azienda su tre (31,6%) (Graf. 5.28). Grafico 5.28 Imprese per conoscenza dei principali servizi offerti dai CPI Valori % Informazioni e consulenza su opportunità formative e tirocini Informazioni e consulenza su assunzioni agevolate e incentivi alle imprese Informazioni e consulenza relative alle assunzioni previste dalla L. 68/99 (norme per il diritto al lavoro dei disabili) Informazioni relative alle comunicazioni previste per legge (assunzioni, cessazioni, trasformazioni proroghe) 53,8 52,1 48,6 46,1 Informazioni e consulenza su crisi aziendali 31,6 0% 211 20% 40% 60% •• Utilizzo, efficacia e grado di apprezzamento dei servizi offerti alle imprese Il grado di conoscenza dei servizi offerti, naturalmente, ne condiziona anche il livello di utilizzo. Il 20,4% delle imprese ha utilizzato il servizio di informazioni e consulenze su opportunità formative e tirocini, il 19,3% il servizio di informazioni relative alle comunicazioni previste per legge, il 18,4% il servizio di informazioni e consulenze su assunzioni agevolate e incentivi alle imprese e il 15,5% il servizio di informazioni e consulenza relative alle assunzioni previste dalla L.68/99 (15,5%). Coerentemente con quanto abbiamo osservato in merito al livello di conoscenza, infine, soltanto il 6,9% delle aziende intervistate utilizza il servizio di informazioni e consulenze su crisi aziendali. Come appare evidente dal grafico 5.29, il giudizio sull’utilità dei servizi offerti dai CPI riflette in larga parte il profilo relativo a livello di conoscenza e di utilizzo. È, infatti, il servizio di informazioni e consulenze su opportunità formative e tirocini (34%) ad essere ritenuto più utile, seguono le informazioni e consulenza relative alle assunzioni previste dalla L.68/99 (29,5%), le informazioni e consulenze su assunzioni agevolate e incentivi alle imprese (29,4%), le informazioni relative alle comunicazioni previste per legge (25,4%) e, infine, il servizio di informazioni e consulenze su crisi aziendali (17,9%). Grafico 5.29 Imprese che hanno utilizzato i servizi e imprese che li ritengono utili (a prescindere dall’utilizzo) Valori % Informazioni e consulenza su opportunità formative e tirocini Informazioni relative alle comunicazioni previste per legge (assunzioni, cessazioni, trasformazioni proroghe) Informazioni e consulenza su assunzioni agevolate e incentivi alle imprese Informazioni e consulenza relative alle assunzioni previste dalla L. 68/99 (norme per il diritto al lavoro dei disabili) Utilità Informazioni e consulenza su crisi aziendali Utilizzo 0% 9% 18% 27% 36% Nel corso degli ultimi tre anni, il 60,5% degli intervistati si è recato in uno dei CPI della nostra regione. Il giudizio relativo alle strutture e agli operatori, che rappresenta uno degli aspetti indagati 212 attraverso il questionario, risulta decisamente positivo, come si rileva dalle valutazione delle aziende, a cui è stato chiesto di assegnare un voto da 1 (per niente soddisfatto) a 5 (molto soddisfatto) al personale, alle strutture e ai processi di erogazione dei servizi. Come si rileva dalla tabella 5.30 il punto di forza dei servizi sembra essere rappresentato soprattutto dal personale, in termini di cortesia e disponibilità (4,3), competenze professionali (4,2), tempestività della risposta e chiarezza e completezza delle informazioni ricevute (4,0). Seguono la semplicità della modulistica -cui è assegnato un voto medio di 3,9- e gli orari di apertura (3,8) (Tab. 5.30). Tabella 5.30 Giudizio delle imprese che nel corso degli ultimi tre anni si sono recate presso i CPI su alcuni aspetti Voto medio Orari di apertura Semplicità della modulistica Chiarezza e completezza delle informazioni ricevute Tempestività della risposta Cortesia e disponibilità del personale Competenze professionali del personale N. casi 3,8 3,9 4,0 4,0 4,3 4,2 545 •• L’attività promozionale verso le imprese: punti di forza e di debolezza L’attività promozionale dei CPI ha interessato, nel complesso, una quota piuttosto circoscritta di imprese: il 29,4% ha ricevuto materiale informativo; il 13% ha ricevuto visite da parte degli operatori. Il marketing presso le imprese, dunque, presenta ampi margini di espansione: il 34,3% delle aziende intervistate, infatti, si dichiara interessato a ricevere materiale informativo; il 31,3% desidererebbe ricevere visite, presso la propria azienda, degli operatori dei CPI (Graf. 5.31). Grafico 5.31 Attività promozionale dei SPI: % di imprese che hanno ricevuto materiale informativo e/o visite degli operatori, che sarebbero interessati, che non desiderano Valori % Ricevuto Visite degli operatori dei CPI No, ma interessato Non interessato Materiale informativo 0% 20% 40% 213 60% 80% 100% Rispetto a tale modalità promozionale, tuttavia, emergono alcuni punti controversi, sui cui è opportuno soffermare l’attenzione. Il primo aspetto da rilevare è dato dal fatto che oltre la metà delle aziende (il 55,7%) non ha mai ricevuto visite da parte degli operatori e si dichiara non interessata a riceverne, mostrando una certa resistenza rispetto alle attività di marketing che molti SPI hanno predisposto per rafforzare le relazioni con la domanda di lavoro. A ciò si aggiunge che quasi un terzo degli intervistati, come vedremo più avanti, ritiene addirittura inutile l’attività promozionale svolta dagli operatori dei CPI presso le aziende. Gli imprenditori che hanno ricevuto in azienda le visite degli operatori -che, come si ricorda, rappresentano il 13,1% del campione- esprimono un giudizio decisamente positivo rispetto a tale modalità promozionale. In una scala da 1 (per nulla soddisfatto) a 5 (molto soddisfatto), le aziende sembrano aver apprezzato soprattutto la cortesia e la disponibilità degli operatori (4,1) e la chiarezza delle informazioni sui servizi offerti (3,9) e un po’ meno il livello di conoscenza del mercato del lavoro locale mostrato dagli operatori (3,8) e dei fabbisogni professionali (3,8), seppure le differenze registrate, come appare dai dati riportati nel prospetto, siano minime (Tab. 5.32). Tabella 5.32 Giudizio delle imprese che hanno ricevuto visite di operatori dei CPI su alcuni aspetti Aspetti valutati Voto medio Chiarezza delle informazioni sui servizi offerti dai CPI Cortesia e disponibilità degli operatori Livello di conoscenza del mercato del lavoro locale degli operatori Livello di conoscenza dei fabbisogni professionali N. casi 3,9 4,1 3,8 3,8 117 Oltre la metà delle imprese intervistate, dunque, non desidera ricevere visite promozionali in azienda, seppure, almeno in linea teorica, l’attività venga considerata utile. Come si rileva dalla tabella 5.33, infatti, il 50,5% delle aziende ritiene utile l’attività di marketing svolta dagli operatori, perché permette di conoscere i servizi offerti e perché consente di instaurare rapporti con gli operatori (13,4%). Il 31,3% delle aziende intervistate, per contro, la ritiene inutile, perché sono sufficienti gli strumenti tradizionali. 214 Tabella 5.33 Ritiene utile l’attività promozionale svolta dagli operatori del CPI presso le aziende? % Sì, perché permette di conoscere i servizi offerti Sì, perché consente di instaurare rapporti con gli operatori No, sono sufficienti gli strumenti informativi tradizionali Non sa/non risponde N. casi 50,5 13,4 31,3 4,8 901 •• Le aspettative delle imprese nei confronti delle attività dei Centri per l’impiego Un’ultima sezione del questionario sottoposto alle imprese prevedeva una serie di quesiti volti ad indagare le aspettative delle imprese nei confronti dei CPI e le possibilità di miglioramento e/o integrazione dei servizi esistenti. In primo luogo è stato chiesto alle aziende di indicare quali aspetti i CPI dovrebbero curare e sviluppare di più per venire incontro alle esigenze delle imprese. Oltre 1/3 del campione ritiene sia importante investire sulla capacità dei CPI di offrire informazioni aggiornate sulla presenza di incentivi alle imprese, così come altrettanto importante è ritenuto l’informazione relativa alla legislazione in materia di lavoro e di contratti (27%). Circa ¼ degli intervistati ritiene anche sia necessario investire su una maggiore diffusione e pubblicità dei servizi offerti dai CPI (Graf. 5.34). Grafico 5.34 Secondo lei i CPI quali aspetti dovrebbero curare e sviluppare di più per venire incontro alle esigenze della sua impresa Valori % (max tre risposte) Informazione costante su incentivi alle imprese Informazione costante sulle leggi e sui contratti Maggiore diffusione e pubblicità dei servizi erogati Consulenza personalizzata Valutazione dei fabbisogni professionali delle imprese Informazione costante sulle dinamiche del mercato del lavoro locale Maggiore flessibilità e velocità nelle risposte Non sa non risponde 35,8 27,4 23,6 18,8 16,6 15,2 9,0 17,8 0% 10% 20% 30% 40% Oltre agli ambiti di miglioramento relativi all’offerta dei servizi, abbiamo chiesto alle imprese anche di indicare le modalità 215 comunicative che a loro avviso i CPI dovrebbero implementare per rispondere alle esigenze espresse dalle aziende. In linea generale sembra emergere una preferenza per attività di consulenza personalizzata, sfruttando modalità come la posta elettronica (42%) o canali come il numero verde (20%), mentre meno centrale nelle loro aspettative sembra essere la visita in azienda. Dall’altro lato sembra essere necessario mantenere alto l’impregno sul versante informativo attraverso strumenti come la newsletter elettronica (30%) (Graf. 5.35). Grafico 5.35 Secondo lei i CPI quali modalità comunicative dovrebbero sviluppare e/o incrementare per venire incontro alle esigenze della sua impresa Valori % Consulenza personalizzata via e-mail 42,4 Newsletter elettronica 30,2 Consulenza personalizzata tramite numero verde 20,1 Visite aziendali 13,2 Forum, bacheca, FAQ 9,0 Servizio di informazione via SMS 4,3 Non sa/non risponde 14,1 0% 5% 10% 15% 20% 25% 30% 35% 40% 45% •• Informatizzazione dei servizi e relazioni con le imprese clienti Ci soffermiamo, per concludere, sul grado di informatizzazione delle relazioni fra aziende e SPI che, soprattutto alla luce degli obiettivi delle politiche locali degli ultimi anni, costituisce un aspetto interessante da esplorare. Come noto, a partire dagli anni Duemila la Pubblica Amministrazione -dal livello centrale a quello locale- ha investito una notevole quantità di risorse nei processi di informatizzazione, mirando ad incentivare la competitività del tessuto produttivo e a migliorare la qualità della vita dei cittadini (Regione Toscana, 2009). In questo contesto le politiche locali implementate nella nostra regione sono state particolarmente intense, tanto che gli enti locali della Toscana si caratterizzano per livelli di dotazione tecnologica, informatizzazione dei processi produttivi interni e grado di interattività nelle relazioni con l’esterno sensibilmente superiori al valore medio nazionale e fra i più elevati nel confronto con le altre regioni italiane94. In particolare, per quanto riguarda le Amministrazioni Provinciali della Toscana, l’indagine evidenzia la diffusione pressoché totale della gestione in maniera informatizzata dei CPI. 94 216 In questo contesto, dunque, in cui tutti i CPI risultano attrezzati a gestire in maniera virtuale le relazioni con gli utenti, l’informatizzazione delle relazioni con i SPI interessa il 42% delle aziende intervistate. La gestione virtuale delle relazioni, naturalmente, si fa più diffusa al crescere della dimensione aziendale. La percentuale di aziende che si avvalgono dei servizi on line offerti dai CPI interessa il 38,3% delle aziende fino a 3 addetti e il 55,3% di quelle che superano i 50. Allo stesso modo, sono le aziende dei servizi, sia alla persona che alle imprese, ad usufruire più delle altre della possibilità di relazionarsi in maniera virtuale con i SPI, con differenze di oltre 12 punti percentuali nel confronto con le aziende manifatturiere e con quelle del commercio e della ristorazione. Le relazioni telematiche con i CPI avvengono con comunicazioni via mail nel 25,4% dei casi, con servizi web interattivi nel 29,9% dei casi e con entrambe le modalità nel 44,7% dei casi. La possibilità di fruire dei servizi offerti in via telematica dai CPI ha prodotto sulle imprese che li utilizzano effetti diversi. Per la maggior parte delle aziende (il 39,4%), il processo di informatizzazione ha determinato un vero e proprio effetto sostitutivo: la possibilità di usare contatti on line ha modificato completamente i rapporti con i CPI “perché non è più necessario avere contatti di persona”. Per il 36,0% l’effetto prodotto dalla digitalizzazione dei servizi è stato più morbido: la sostituzione è stata parziale, “perché per alcuni servizi è necessario un contatto di persona”. Il 24,6% delle aziende che fruiscono dei servizi on line, infine, ritiene che l’informatizzazione non abbia modificato il rapporto perché “i contatti con il CPI sono rimasti gli stessi” (Graf. 5.36). Grafico 5.36 La possibilità di usare contatti on line invece di contatti di persona ha modificato i suoi rapporti con il CPI? Valori % Per niente, i miei contatti con il CPI sono rimasti gli stessi 25% Completamente perché non è più necessario avere contatti di persona 39% In parte perché per alcuni servizi è necessario un contatto di persona 36% 217 5.9 Considerazioni conclusive Come abbiamo già avuto modo di rilevare nel corso di questo Rapporto, in Toscana la riforma del collocamento, sotto il profilo del decentramento e del trasferimento delle funzioni, può ritenersi pienamente compiuta; l’analisi condotta mostra, tuttavia, un sistema di servizi pubblici per l’impiego ancora fortemente impegnato nell’obiettivo di consolidare il proprio rapporto con il sistema economico locale, a partire dalla progettazione dei contenuti e delle modalità di erogazione di servizi innovativi specificamente rivolti alle imprese. Se da una parte viene ormai riconosciuto il ruolo dell’utenza “persona”, del cittadino, che si impegna attivamente “durante tutto l’arco della vita” e col sostegno del servizio pubblico, a orientarsi per costruire percorsi di sviluppo educativo e professionale, non sembra altrettanto maturo il modello di interazione tra servizi pubblici per l’impiego con l’utenza “impresa”. Come evidenziano gli studi ISFOL di monitoraggio nazionale dei SPI, nei primi anni successivi alla riforma si è manifestata in tutte le aree del paese la tendenza a privilegiare un’ottica orientata all’offerta di lavoro, piuttosto che alle attività destinate specificatamente alla domanda. Tale dato tuttavia deve tener conto del fatto che, a differenza di quanto accade per le persone in cerca di un impiego, non esiste alcun tipo di regolazione normativa che definisca il rapporto di servizio tra CPI e azienda: le imprese sono infatti vincolate soltanto in riferimento alle comunicazioni obbligatorie on line e non esiste un protocollo standard simile a quello definito per i disoccupati (ad esempio le procedure previste dal D.Lgs. 181/2000 e successive integrazioni) a cui sono collegate una serie di funzioni e di azioni che i CPI devono erogare alle aziende, entro forme e tempi definiti. Ciononostante è evidente come le attività di raccolta, pubblicizzazione e diffusione della domanda di lavoro costituiscano una precondizione funzionale per la “presa in carico” delle persone. (ISFOL, 2009). Oltre ai condizionamenti di natura normativa, sulle attività dei CPI rivolte al versante datoriale influiscono anche fattori di altra natura, ad esempio culturale/valoriale (per cui prevale tra i datori di lavoro l’immagine del servizio pubblico ancora condizionato dalla tradizione del vecchio collocamento) oppure congiunturale (come l’attuale crisi economica sta evidenziato in termini di forte riduzione delle richieste di lavoro da parte delle imprese). 218 Nonostante, tali limiti e vincoli esogeni, il percorso che si è delineato negli ultimi anni sembra essere infatti quello di un ampliamento dell’offerta di servizi al “sistema imprese”, tale cioè da contemplare, oltre alla preselezione e all’incontro domanda-offerta, anche l’analisi critica dei fabbisogni di professionalità, del territorio in funzione delle potenzialità di sviluppo aziendali, la progettazione di azioni formative e/o di riqualificazione-riconversione dei lavoratori in contesti di crisi e di riorganizzazioni aziendali o settoriali, nella consapevolezza che, affrontando le difficoltà di reperimento del personale espresse dalle aziende e prendendo in esame l’evoluzione dei fabbisogni del mercato nel contesto locale, aumentano proporzionalmente le possibilità di successo anche dei candidati alla ricerca di occupazione. Particolare attenzione è stata dedicata da parte delle Province e dei CPI anche alla promozione del servizio, che viene considerata un’ulteriore leva per potenziare il rapporto con le imprese, sia in termini quantitativi, di ampliamento delle fasce raggiunte, sia in termini qualitativi, relativamente alla modalità della percezione dei SPI da parte delle stesse. L’indagine diretta che è stata realizzata, intervistando un campione di 900 imprese, estratto dalla banca dati regionale, che risultano avere usufruito dei servizi di ricerca del personale e destinatarie di attività di marketing negli ultimi quattro anni, ha evidenziato alcuni aspetti interessanti. Il primo dato rilevante emerso dall’indagine riguarda l’ampio ricorso ai CPI come canale per la ricerca di personale: oltre la metà delle aziende intervistate dichiara di aver utilizzato il CPI come strumento di reclutamento del personale. Un dato questo che in parte risente delle caratteristiche dell’universo di partenza, costituito da aziende che negli ultimi tre anni appunto si erano rivolte ai CPI per attività di recruiting, ma che a nostro avviso è anche indicativo del progressivo costituirsi di un nucleo di imprese “fidelizzate” che trovano nei servizi offerti dai CPI risposte adeguate alle proprie esigenze. Alle imprese che invece hanno dichiarato di non aver utilizzato il CPI per la ricerca del personale (circa il 44%), è stato chiesto di indicare il motivo principale: il 53% dichiara che gli altri canali sono stati efficaci e dunque non c’è stato bisogno di modificare strategia di ricerca; il 42% preferisce una conoscenza diretta dei candidati, esprimendo così un atteggiamento di diffidenza rispetto alla presenza di un soggetto terzo nel processo di selezione del personale e confermando la centralità che ancora mantengono nel nostro mercato del lavoro le reti informali. 219 Il numero e la tipologia di canali che le aziende attivano dipendono dalle caratteristiche dell’azienda, in particolare la dimensione aziendale, per cui si registra come al crescere del numero di addetti aumenta il numero e il mix di canali attivati: il ricorso al canale pubblico appare più diffuso tra le imprese di minori dimensioni e tende a diminuire al crescere della dimensione aziendale. Quali servizi risultano essere stati maggiormente utilizzati? Delle 900 imprese intervistate oltre la metà (51%) ha attivato il servizio di avviso di ricerca del personale, ricorrendo al CPI come canale di pubblicizzazione dell’offerta di lavoro, e ben il 54% ha scelto di fruire di un servizio a maggior valore aggiunto, cioè la preselezione del personale. Oltre la metà delle aziende che si rivolgono ai CPI, dunque, utilizzano il servizio di preselezione rispetto al quale tanto le indicazioni oggettive sul livello di efficacia, quanto le valutazioni delineano un quadro decisamente positivo. Infatti, tra le imprese che hanno attivato il servizio di preselezione, soltanto nel 13% dei casi gli operatori predisposti ad erogare il servizio di preselezione non sono stati in grado di individuare candidati con profili adeguati rispetto alle esigenze delle aziende clienti. Tra quelle che hanno ricevuto un elenco di nominativi oltre i 2/3 dichiara di aver assunto almeno uno dei candidati scegliendo fra i profili presentati dai SPI; il 21,5% delle aziende, per contro, dopo aver visionato i profili proposti dagli operatori del servizio, non ne ha assunto nessuno. Il dato oggettivo trova conferma nelle valutazioni qualitative formulate dalle aziende intervistate: oltre un terzo delle aziende si dichiara molto soddisfatto, il 57% abbastanza soddisfatto, soprattutto per aspetti relativi alla tempestività del servizio (42%), alla disponibilità e la competenza degli operatori (27%), all’adeguatezza delle candidature ricevute rispetto alle richieste formulate (23%), al numero elevato di curricula ricevuti fra cui poter scegliere (20%). L’elevato livello di apprezzamento rispetto al servizio offerto trova conferma anche nel fatto che, nonostante la domanda fosse stata posta a tutti coloro che hanno utilizzato il servizio, a prescindere dal giudizio espresso, oltre il 70% delle aziende-clienti non riscontra alcun motivo di insoddisfazione. Per quanto riguarda le altre -che, dunque, rappresentano una quota circoscritta della clientela dei CPIil principale motivo di insoddisfazione è da ricercare nella qualità delle candidature individuate dagli operatori (troppo generiche e inadeguate per oltre il 65% degli intervistati). Allargando la prospettiva oltre i servizi di incontro domanda offerta di lavoro, si registra una discreta conoscenza da parte delle 220 aziende intervistate dell’intera gamma di servizi: informazioni e consulenza su assunzioni agevolate e tirocini (54%); informazioni e consulenza su assunzioni agevolate e incentivi alle imprese (52%); informazioni e consulenza relative al collocamento mirato (49%); informazioni relative alle comunicazioni previste per legge (46%). Il servizio meno conosciuto dalle aziende intervistate è quello relativo alle crisi aziendali (32%). Tali risultati risentono del fatto che in molti casi, soprattutto per le questioni più amministrative, il rapporto viene mediato dai commercialisti, consulenti del lavoro, associazioni di categoria; del fatto che il collocamento mirato riguarda solo le aziende con almeno 15 dipendenti (fra le quali il livello di conoscenza supera l’80%). Il grado di conoscenza delle attività svolte da parte dei CPI a favore delle aziende ovviamente ne condiziona anche il livello di utilizzo, con livelli di accesso decisamente più contenuti, ma valutazioni sostanzialmente positive circa l’utilità di tali servizi. La parte finale del questionario prevedeva una serie di quesiti volti ad indagare le aspettative delle imprese nei confronti dei CPI e le possibilità di miglioramento e/o integrazione dei servizi esistenti. Oltre 1/3 del campione ritiene sia importante investire sulla capacità dei CPI di offrire informazioni aggiornate sulla presenza di incentivi alle imprese, così come altrettanto importante è ritenuta l’informazione relativa alla legislazione in materia di lavoro e di contratti (27%). Circa ¼ degli intervistati ritiene anche sia necessario investire su una maggiore diffusione e pubblicità dei servizi offerti dai CPI. 221 6. Stranieri e Centri per l’impiego: rappresentazione e uso dei servizi95 6.1 Introduzione • Obiettivi e metodologia della ricerca diretta “Il processo di ridefinizione dell’azione delle strutture pubbliche per l’impiego ha dovuto e deve tuttora tenere conto dei differenti comportamenti di ricerca di lavoro. Aprendo le strutture pubbliche ad un rapporto continuativo e più approfondito con l’utenza, con le motivazioni, le aspirazioni e i comportamenti di cui essa è portatrice, tale processo ha di fatto esposto l’organizzazione dei CPI e dei suoi servizi ad elementi di “variabilità” nell’interazione con le platee di beneficiari. (...) Nella osservazione delle funzioni erogate, e del matching in particolare, non appare possibile prescindere da questo complesso di elementi, dinamiche e interazioni tra istituzioni e utenti (cittadini e imprese) costituente il contesto dinamico nel quale la ristrutturazione e la ridefinizione del ruolo dei CPI è avvenuta” (Gilli e Landi, 2007, p. 12). Nel lavoro che segue assumiamo questa efficace sintesi del processo di trasformazione dei SPI come un punto di partenza. Il rapporto con l’utenza straniera costituisce uno dei più significativi banchi di prova della capacità dei CPI di realizzare gli obiettivi fissati dalle riforme tracciate negli ultimi dieci anni. Per dimensioni dei flussi, caratteristiche dell’insediamento e complessità della domanda la componente non italiana rappresenta uno dei più importanti aspetti di discontinuità nell’azione dei CPI rispetto al passato. La presente indagine intende analizzare le peculiarità e le criticità rilevabili nei percorsi attraverso i quali i CPI stanno cercando di rispondere ai bisogni di questa componente. Gli obiettivi primari della riforma dei SPI acquisiscono in questa luce un rilievo ancora più marcato. Reyneri (2005) ricorda che le tre funzioni essenziali Questo capitolo è un estratto del volume curato da Michele Beudò (2009), Il lavoro degli immigrati in Toscana: scenari oltre la crisi. Regione Toscana - Rapporto 2009, IRPET, Firenze. Le parti di questo capitolo vanno così attribuite: a Michele Beudò i paragrafi 6.1, 6.2, 6.3; a Fabio Bracci i paragrafi 6.7, 6.9 e 6.10; a Stella Milani i paragrafi 6.4, 6.5, 6.6 e 6.8. 95 223 dei SPI pubblici sono -adesso- quelle di: a) rendere più trasparente il mercato del lavoro migliorando la disponibilità di informazioni, b) dare particolare attenzione ai soggetti meno occupabili, supportando chi non trova il lavoro a causa dell’esasperazione dei processi competitivi, e c) implementare le politiche attive del lavoro a livello locale attraverso la combinazione di orientamento, formazione e riqualificazione. Tuttavia è proprio nell’osservazione delle relazioni con una categoria di utenza intrinsecamente portatrice di domande complesse, come è quella non italiana, che si possono analizzare alcune delle più significative trasformazioni degli interventi in materia di politiche del lavoro. Ci riferiamo, in particolare, al tentativo di far transitare i servizi pubblici per l’impiego da una logica assistenziale ad una promozionale, fondata su termini e strategie come occupabilità, formazione continua, orientamento e ri-orientamento, attenzione ai bisogni delle imprese. Considerate le caratteristiche contestuali, vale a dire il peculiare funzionamento del mercato del lavoro per quanto riguarda la componente non autoctona, nonché la deflagrazione della crisi a partire dall’ultimo trimestre 2008, le domande alle quali abbiamo cercato di dare risposta con questa indagine sono fondamentalmente due: quale spazio di intervento è ragionevolmente immaginabile per i CPI in presenza di un modello di integrazione ambivalente della componente migrante96 (Baronio, 2007, p. 150), spesso basato sulle sole forze individuali e sullo spontaneismo del mercato, e nel contesto di una situazione di emergenza del lavoro nel suo insieme? E inoltre: in che modo i servizi erogati sono utilizzati e come se li rappresentano i migranti? L’indagine diretta ha concentrato l’attenzione sui CPI delle due aree della regione -Firenze e Prato- nelle quali la presenza di migranti risulta più elevata97. La ricerca si è articolata in tre fasi. Con la prima si è effettuata una ricognizione sulle politiche e i progetti messi in campo da tutte le province toscane (e il Circondario Empolese-Valdelsa) per l’utenza straniera, e abbiamo analizzato, sempre nell’ambito regionale, le modalità con cui si cerca lavoro da un lato, e dall’altro quali canali utilizzano le imprese per selezionare il personale. La locuzione “integrazione ambivalente” è stata utilizzata dall’ISFOL nell’indagine sulle interazioni tra utenti stranieri e CPI. Secondo ISFOL essa da un lato “segnala un progressivo e faticoso processo di integrazione”, ma dall’altro “denuncia la difficoltà di emancipazione e crescita professionale di una componente rilevante e in netta crescita della forza lavoro, alla quale il nostro sistema produttivo fa ormai sistematicamente ricorso”. 97 Firenze e Prato sono le province toscane con la più alta incidenza percentuale di popolazione straniera, rispettivamente con il 9,6% (94.038 stranieri su 984.663 residenti) e l’11,8% (28.971 su 246.034). 96 224 Con la seconda fase si è mirato a ricostruire il contesto entro il quale l’azione dei centri si colloca, la mappatura dei servizi offerti, il modello tecnico-organizzativo scelto da ciascun CPI in particolare delle due aree campione individuate come ambito della ricerca empirica, e la natura delle interazioni tra questi e i soggetti (istituzionali, associativi o del terzo settore) presenti in ciascuna zona. È inoltre disponibile una sintetica panoramica sulla situazione nelle altre province. In particolare, in questa parte ci si è soffermati sulle caratteristiche dell’inserimento della popolazione straniera nei locali mercati del lavoro e sull’attuale fase evolutiva dei rispettivi sistemi economico-produttivi, assumendo questi due aspetti come altrettanti vincoli esterni di natura strutturale rispetto all’operatività dei CPI. Come vedremo nei paragrafi che seguono, il rapporto tra utenti migranti e CPI non può che essere collocato primariamente sullo sfondo dell’attuale crisi economica. Dal punto di vista metodologico, la prima e la seconda parte dell’indagine empirica ha assunto come ambito di osservazione il contesto istituzionale, attraverso la raccolta di dati dall’indagine diretta sui CPI toscani presentata nella parte I del Rapporto, l’uso di altre fonti statistiche indirette, e quindi mediante lo svolgimento di quattordici interviste a testimoni privilegiati e di due focus group nelle province di Prato e Firenze98. Nella terza parte sono state raccolte quaranta interviste di tipo qualitativo a utenti migranti99 che stanno usufruendo o hanno A Firenze quest’ultima fase della ricerca è stata realizzata attraverso: la raccolta di tre interviste, a Danilo Rocca De la Cruz (CGIL, ufficio immigrati), Erika Caparrini (Alai/Cisl, Associazione Lavoratori Atipici e Interinali) e Vojo Kaliopi, mediatrice linguistico-culturale dello Sportello Immigrati del CPI del Quartiere 4; la realizzazione dei due focus group, il primo organizzato presso il CPI del Quartiere 1, al quale hanno partecipato la referente dello sportello e tre operatori, ed il secondo svoltosi presso il CPI del Quartiere 4 (partecipanti, anche in questo caso, la referente dello sportello e tre operatori). Nell’area di Prato sono state raccolte undici interviste. Gli intervistati sono stati: Brunella Mastrocesare (responsabile del CPI di Prato); Michele Del Campo (direttore Fil s.p.a., società che gestisce il CPI sulla base di un contratto di servizio con la Provincia); Simone Cappelli (responsabile del settore politiche del lavoro della Provincia di Prato); Maria Lipone (responsabile dello sportello donna presso il CPI); Riccardo Cammelli (coordinatore dei servizi immigrazione Cgil dell’area metropolitana Firenze-Prato-Pistoia); Simone Faggi (referente dello sportello immigrazione del Comune di Prato); Leonardo Angeletti (direttore del patronato Epasa e responsabile dell’area sociale della Cna); Qamil Zejnati (responsabile dell’ufficio immigrati Uil); Marco Fabozzi (responsabile formazione-lavoro e progetti speciali di Confartigianato, membro del cda Fil s.p.a.); Michele Minicucci (sportello inclusione del Comune di Prato); Idalia Venco (direttrice Caritas Diocesana di Prato). 99 Il campione è stato selezionato a partire dalla definizione di una serie di criteri “ragionati”, il primo dei quali è stato l’equilibrio numerico delle interviste nelle due aree. Si è inoltre optato per selezionare gli intervistati in base alla nazionalità. La scelta di fissare l’attenzione sugli utenti albanesi, rumeni e marocchini è dovuta al fatto che questi tre gruppi nazionali sono i più numerosi tra gli iscritti non italiani allo stato di disoccupazione. Ulteriori criteri di selezione sono stati l’opzione a favore della parità tendenziale nel numero di interviste tra uomini e donne e la scelta di contattare almeno 1/3 degli intervistati al di fuori degli spazi fisici dei CPI. Sulla base di questi criteri sono state raccolte 19 interviste a Prato e 21 a Firenze; diciassette intervistati sono rumeni (11 donne e 6 uomini), sedici albanesi (6 donne e 10 uomini), cinque marocchini (1 donna e 4 uomini), uno algerino ed una polacca, per un totale di 19 donne e 21 uomini. L’età media degli intervistati è risultata pari a circa 35 anni, mentre l’anzianità media di immigrazione 98 225 usufruito dei servizi erogati dai due CPI di Firenze e Prato, ponendo sotto osservazione: le biografie personali, con specifico riferimento alla evoluzione dei percorsi di studio e di carriera nella transizione tra il luogo di origine ed il contesto migratorio; i percorsi di accesso al CPI; i servizi utilizzati (accoglienza, iscrizione, intermediazione, orientamento, formazione), nonché le criticità e le specificità contestuali emergenti dal loro utilizzo; le percezioni e le rappresentazioni da parte degli utenti migranti del ruolo dei CPI nel quadro dei servizi di politica attiva del lavoro. •• Gli utenti stranieri In un mercato del lavoro complesso e segmentato, domanda e offerta non sono necessariamente destinate a incontrarsi, perlomeno non nel breve periodo che è, però, l’orizzonte temporale di interesse per le imprese, e naturalmente anche dei lavoratori. Il mis-match di tipo qualitativo spiega la compresenza tra disoccupati e posti di lavoro vacanti con l’esistenza di una difformità tra competenze possedute da chi è in cerca di un impiego, e profili richiesti dalle imprese. Il fatto che la forza lavoro, in particolare nelle coorti giovanili, si caratterizzi per un grado di scolarizzazione superiore a quello desiderato dal sistema produttivo (overqualification), come avviene in Toscana, e la difficile reperibilità di persone con elevata preparazione tecnico-scientifica segnalata dalle aziende in tutte le indagini sui fabbisogni occupazionali, sono due esempi noti, e per così dire strutturali, di mancato incontro domanda-offerta. Scendendo di livello, la stessa situazione si verifica ogniqualvolta le aziende non siano in grado di effettuare uno screening esaustivo dei candidati, e i lavoratori difettino di informazioni sulle possibilità occupazionali esistenti ad un dato momento. Da un punto di vista quantitativo, invece, si rileva uno stato di tensione sul mercato del lavoro quando la popolazione in età attiva, per ragioni demografiche o di mancata partecipazione al mercato del lavoro, risulta numericamente insufficiente rispetto alle esigenze dell’economia. Da questa situazione derivano costi e disfunzioni per il sistema: ricerca prolungata per i disoccupati (e anche per gli occupati che è risultata di poco inferiore a otto anni. 26 interviste sono state raccolte negli spazi dei due CPI (12 nei CPI di Firenze, 14 nel CPI di Prato) e 14 all’esterno (9 nell’area fiorentina e 5 in quella pratese). Per quanto riguarda la condizione occupazionale, 33 intervistati su 40 hanno dichiarato di essere disoccupati, ma almeno cinque tra questi ultimi hanno anche affermato di essere occupati “al nero”. Come vedremo, l’insieme degli intervistati delinea percorsi di accesso e di utilizzo dei servizi dei CPI assai differenziati, sia per quanto riguarda le motivazioni, sia per quanto attiene alle soluzioni attese (dagli stessi utenti) o prospettate (dai servizi). 226 vogliano cambiare impiego), e mancata collocazione di quelle imprese che non riescono a soddisfare la propria domanda di lavoro, sulla frontiera delle potenzialità produttive ottimali. Intervenire per modificare in positivo la qualità e la quantità dell’offerta in modo da rispondere alla richiesta dei datori di lavoro e incrementare l’occupabilità di chi cerca un impiego, diminuire i tempi del match tra candidati e posti di lavoro, far circolare le informazioni, di per sé scarse e non equidistribuite, sono tra le principali funzioni cui assolvono i Servizi Pubblici per l’Impiego (Reyneri, 2005). Che hanno anche il compito di sostenere i soggetti più deboli di entrambi i versanti: imprese di piccola dimensione prive delle capacità e delle risorse utili a ricercare le figure professionali più idonee, lavoratori con minore capitale sociale e più in generale in difficoltà sul mercato, come è il caso di una parte dell’universo femminile, degli immigrati, dei disoccupati di lunga durata. Uno dei cardini della riforma dei SPI è rappresentato dall’implementazione di un servizio personalizzato per l’utente dei servizi, sia questo l’impresa o chi cerca lavoro. In luogo della gestione “burocratica” propria del vecchio collocamento, si propone una gestione individualizzata dei bisogni, una vera e propria presa in carico dei “casi”. è stato correttamente notato che da tutti questi punti di vista l’immigrazione rappresenta un banco di prova per i SPI. Gli stranieri che sono entrati in contatto con i Servizi, nell’ultimo decennio sono aumentati, in parallelo alla loro crescita nella popolazione e tra la forza lavoro, fino a costituire da un decimo a un terzo, secondo le diverse aree prese in considerazione, dell’utenza complessiva. Ciò ha comportato una sfida per i SPI, dal momento che il profilo della domanda espressa da questo target esige per definizione una capacità di intervento non burocratico e indifferenziato. L’inserimento sul mercato del lavoro di questo gruppo presenta sia svantaggi di ordine più generale (essere donna oltre che immigrata, avere una bassa scolarizzazione, ecc.), sia difficoltà specifiche. I migranti hanno spesso una scarsa conoscenza della lingua italiana, poche possibilità di vedere riconosciuti titoli di studio e competenze pregresse, problematicità aggiuntive che derivano dalla normativa sul soggiorno, una minore socializzazione ai meccanismi formali (consultazione di banche dati, invio di curriculum) di job search, e sono infine gravati in diversi casi da fenomeni di discriminazione anche se per lo più indiretti. 227 Non si tratta, peraltro, solo di svantaggi collegati alle caratteristiche ascrittive, proprie della persona, ma più in generale di una posizione di debolezza in un contesto, qual è quello italiano e toscano, in cui i contatti personali, le conoscenze, il capitale sociale individuale, più che i canali “formali”, fanno la differenza negli esiti della ricerca del lavoro. Le disparità informative sulle vacancies, tipiche del mercato del lavoro italiano, nel caso degli stranieri si accentuano, sommandosi alla segregazione occupazionale che connota l’inserimento occupazionale dei cittadini di origine non italiana. Gli stranieri non sono, in assoluto, “poveri” di capitale sociale -le reti etniche risultano densissime di interscambi- ma la particolare configurazione di questi network, autocentrati sulla comunità dei connazionali con poche e frammentarie aperture verso la società ospitante, rendono più probabile la riproduzione dell’attuale posizione lavorativa anziché il suo cambiamento. Gli SPI hanno dunque a che fare, in misura crescente, con un segmento di popolazione che per più ragioni risulta sfavorito sul mercato del lavoro -almeno se si considera il reperimento di occupazioni più qualificate di quelle attualmente in essere. La difficile congiuntura economica che oggi stiamo attraversando pone infine nuove problematiche. Con la drastica caduta delle opportunità occupazionali che consegue alla crisi, l’opera di mediazione dei SPI ha margini più ristretti, mentre le azioni di politica attiva volte ad accrescere l’occupabilità dei disoccupati, anche se ben attuate, si scontrano con la diminuzione dei posti di lavoro. Un quadro, questo, di cui gli stranieri fanno le spese più degli autoctoni, per il combinato della sovrarappresentazione di quest’ultimi nei settori che maggiormente risentono del ciclo economico negativo (come nell’edilizia), della maggiore fragilità dei profili professionali dei lavoratori stranieri, in ultimo per l’emergere di segnali di un’accresciuta competizione tra italiani e stranieri, per impieghi in settori e posizioni professionali in precedenza poco attrattivi per gli autoctoni. Rispetto alla “sfida” che i lavoratori stranieri rappresentano per i SPI in ordine alla capacità di fornire un servizio personalizzato, che gestisca le specificità della domanda posta da questo gruppo, i punti di attenzione sono essenzialmente i seguenti: i) efficacia del sostegno al reperimento di un lavoro, adattando i servizi di intermediazione a questa fascia nell’intento di migliorarne le “tecniche di ricerca”; ii) incremento delle informazioni e in generale della consapevolezza sui 228 meccanismi di funzionamento del mercato del lavoro, sulla normativa, sui propri diritti; iii) prevenzione della dispersione scolastica delle classi più giovani, le cui scelte sono talvolta effettuate “in solitudine” per il ridotto aiuto -loro malgrado- dei genitori e, che come mostrano tutte le statistiche disponibili, sono caratterizzate da minori tassi di scolarizzazione e abbandoni precoci dei percorsi di istruzione; iv) estensione dell’area della popolazione attiva, in special modo di quella di genere femminile, di cui una parte numericamente non irrilevante a oggi rientra nelle “forze lavoro potenziali” -persone che desiderano svolgere un lavoro, ma essendo carenti nella conoscenza delle modalità e dei canali di ricerca, non concretizzano questa intenzionalità in comportamenti attivi; v) infine, forse il punto di maggiore importanza è quello che attiene all’“occupabilità”. Con questo concetto, che è anche uno dei concetti chiave delle nuove politiche per il lavoro, si fa genericamente riferimento al “valore di una persona sul mercato del lavoro”: quella presente, per così dire di partenza, e quella possibile, che appunto i SPI possono aiutare a perseguire mettendo in campo azioni formative e, ancora prima, di orientamento. Vediamo meglio questo punto, così denso, come si vedrà, di implicazioni per l’utenza immigrata, e di conseguenza anche per i SPI. Alcune delle componenti dell’occupabilità sono predeterminate, e dunque non modificabili. Tra queste: la richiesta del mercato (la stessa persona può avere un valore diverso a seconda della “frequenza di richiesta” di quella che è la sua professionalità) e le caratteristiche oggettive personali (come età, sesso, condizioni di salute, condizione familiare, ecc.), mentre su altre, in particolare le capacità professionali, è possibile intervenire, generalmente con la formazione, al fine di rendere più spendibile la candidatura dell’individuo rispetto alle offerte di lavoro. L’orientamento, invece, aiuta nel passaggio immediatamente precedente, ossia l’acquisizione della consapevolezza, da parte della persona, di avere la necessità e l’aspirazione ad aggiornare, e se in caso a cambiare le proprie competenze (Evangelista, 2005). è ora possibile vedere più chiaramente la complessità e la delicatezza delle questioni poste dall’utenza immigrata, in riferimento a molte delle attività “core-business” dei SPI: la comunicazione del ruolo e dei servizi svolti, intanto, in uno scenario di scarsa o non corretta conoscenza dei CPI e delle opportunità offerte, diffuso tra i migranti; in secondo luogo, l’importanza dell’“accoglienza” al momento del primo contatto in front-office, quando il rischio 229 di incomprensioni da parte dell’utente è massimo e va in qualche modo “disinnescato”; il peculiare significato che l’orientamento -un servizio carico di implicazioni strettamente personali, non a caso spesso svolto da figure esperte di psicologia del lavoro- assume nel caso degli immigrati, in un confronto che è innanzitutto di tipo “interculturale”; e quindi la formalizzazione dell’iscrizione alle anagrafi del lavoro, che a norma di legge comporta l’accettazione di “diritti e doveri”, mediante la sottoscrizione del Patto di Servizio e del c.d. Piano di Azione Individuale (PAI), uno strumento che appare debole e talvolta poco compreso, se non adeguatamente reinterpretato in vista dell’utenza immigrata. Si tratta dunque di passare da uno standard “oggettivo” di prestazioni erogate, a uno di tipo “soggettivo”, che si riferisca in misura più marcata alla storia lavorativa, alla biografia, ai portati culturali della persona. Ma un’altra dimensione dell’offerta dei servizi da parte dei CPI va attentamente considerata. La collocazione occupazionale della forza lavoro straniera sul mercato del lavoro italiano è stata definita come “subalterna” (Ambrosini, 2001), a indicarne i caratteri di sostanziale dequalificazione degli impieghi svolti, qualunque sia la preparazione e la professionalità posseduta dal soggetto. L’esigenza di disporre di un’occupazione, ragione e scopo dell’esperienza migratoria (oltre che in molti casi precondizione per il proseguo della permanenza legale nel paese), per quanto indifferibile non annulla del tutto l’ambizione a ricollocarsi in impieghi migliori. Tuttavia, la stessa urgenza di disporre di un lavoro comprime i margini per percorsi di maggiore respiro, che conducano il lavoratore verso profili professionali più consoni e ambiti. Il caso della decisione di frequentare un corso di formazione è emblematico. Talvolta la scelta di effettuare un periodo di formazione è dettata da vincoli oggettivi; constatata la propria scarsa “occupabilità”, non resta che tentare di modificarla. In tal senso, i SPI sono di fatto l’unico soggetto che affianchi il disoccupato e ne guidi la riqualificazione. Altre volte, la formazione è invece percepita come la strada per una strategia di miglioramento del lavoro coerentemente ad aspettative più elevate. Frequentemente, però, si rende manifesto un trade-off tra immediata accettazione delle offerte occupazionali, anche se di basso livello, e investimento in formazione, ossia l’ambito per eccellenza del cambiamento professionale. Gli SPI, pertanto, si muovono, o dovrebbero muoversi, nel passaggio stretto tra riconoscimento della priorità di avere un impiego, ed esplorazione della domanda, per lo più latente, di una migliore collocazione. Se si operasse solo 230 ed esclusivamente per la ricerca di un lavoro senza considerare anche le altre dimensioni del problema, si rinuncerebbe infatti a una funzione che al contrario compete pienamente ai Servizi. Né si potrebbero attuare strategie di mercato, che non fossero di mera riproduzione dell’esistente e, quindi, dell’“integrazione subalterna” degli immigrati nel mercato del lavoro. 6.2 Le politiche e i progetti in Toscana Nel Piano di Indirizzo Generale Integrato 2006-2010 (PIGI) della L.R. 32/2002 sono espressamente previsti, presso i SPI, servizi specialistici per soggetti deboli, tra i quali si collocano anche gli immigrati. Riconosciuta l’indispensabilità della forza lavoro straniera per l’economia regionale, si elencano gli obiettivi: attivare idonee politiche di accoglienza e per un positivo inserimento occupazionale; favorire l’emersione dall’irregolarità e il lavoro sommerso; contrastare la dispersione scolastica dei ragazzi stranieri. Altre disposizioni sono contenute in atti successivi, e in particolare nella Legge Regionale sull’Immigrazione di recente approvazione. In questa, le prescrizioni di maggiore interesse riguardano tra gli altri punti: lo sviluppo delle competenze interculturali nei servizi pubblici (e privati); l’accesso dei cittadini stranieri a interventi di tirocinio e formazione, e la valorizzazione delle competenze acquisite nel paese di origine, ai fini di un loro inserimento lavorativo; la promozione di azioni volte a facilitare l’incontro della domanda e dell’offerta di lavoro per i cittadini immigrati, e più in generale la fruizione dei SPI. L’indagine diretta alle Province e ai CPI ci ha permesso di ricostruire nel dettaglio il quadro provinciale e locale dei servizi esistenti, nonché delle risorse mobilitate per l’utenza migrante. La mappatura degli interventi, per essere letta correttamente, deve tenere conto di almeno due fattori. Il primo riguarda le prassi nell’uso dei servizi da parte degli immigrati al di là di quelle previste per legge o regolamento; queste, seppure di notevole interesse, non potevano essere ricostruite dettagliatamente, se non per le due aree campione già citate. Il secondo concerne il fatto che le azioni dedicate all’utenza straniera sono programmate in base ai diversi modelli organizzativi prescelti dalle province. Di conseguenza, anche i servizi per l’immigrazione appaiono fortemente differenziati: vengono 231 predisposti, di volta in volta, percorsi a parte, che si esplicano in parallelo, ma entro canali separati, rispetto a quelli standard; percorsi dove i servizi specialistici per gli stranieri si configurano come aggiuntivi, al momento del contatto degli immigrati con i diversi servizi, in un quadro che però è di indifferenziazione dei caratteri di fondo dei servizi prestati (ad esempio, un “normale” colloquio di orientamento svolto alla presenza di un mediatore); diversi modelli intermedi, o ibridi, tra le due modalità di intervento appena riportate. Esamineremo prima le risposte fornite dall’insieme dei CPI toscani al questionario che è stato loro chiesto di compilare; in seguito, riprenderemo sinteticamente ciascun contesto provinciale per un breve commento conclusivo. All’insieme dei 45 CPI e servizi territoriali presenti in Toscana è stato innanzitutto domandato se si ritenesse adeguata l’attuale dotazione di personale e, se così non fosse, quali fossero le figure professionali di cui si necessita. In 17 CPI su 45, pari al 38%, si è segnalata l’opzione “mediatore culturale”, in particolare a Livorno (3 CPI su 4), Lucca (3 su 3), Pisa (4 su 4), Pistoia (3 su 5), Siena (4 su 5). Tali risposte possono costituire un indicatore sia di un effettivo bisogno, sia di una percezione del bisogno; in effetti, il CPI di Prato non segnala la mancanza di questa figura, pur non disponendone. Ciò riflette la scelta organizzativa della Provincia in questione orientata alla standardizzazione dei servizi prestati, che non si ritiene di dover mai adeguare ai diversi target di utenza con cui si ha a che fare. Le altre domande del questionario consentono una lettura meno ambigua delle risposte, limitandosi a rilevare l’assenza/presenza di taluni servizi. È il caso, ad esempio, del quesito su quali canali i diversi CPI hanno usato per la promozione dei servizi offerti. L’uso attivo del mediatore culturale quale promoter delle possibili azioni dei Servizi Pubblici per l’Impiego, risulta almeno in 16 CPI, distribuiti in 5 zone: Arezzo, Empolese Valdelsa, Firenze, Massa Carrara, Pisa. Queste esperienze sono importanti nell’ottica di avvicinamento dei CPI alle comunità immigrate, poiché veicolano le informazioni mediante il canale dei netwok etnici, in cui il mediatore culturale -anch’esso un immigrato- è generalmente ben inserito. Più in generale, esiste un servizio espressamente rivolto agli utenti stranieri? La risposta è positiva per tre quarti dei Centri: in oltre la metà questo è stato attivato presso il CPI o il Servizio Territoriale, mentre in altri 5 casi esiste presso strutture esterne convenzionate, o è collocato all’interno di altri uffici provinciali. Livorno, Prato e 232 Pistoia sono le aree in cui quest’azione non è presente. In tal caso è stata chiesta la ragione: in 6 CPI su 11 si ritiene che il personale sia comunque preparato a rispondere alle esigenze degli utenti stranieri (in particolare a Pistoia), mentre nei restanti 5 si afferma che un servizio specifico sarà istituito a breve, o che ce n’è comunque l’intenzione (Prato e Livorno) (Tab. 6.1). Tabella 6.1 “Esiste un servizio specificatamente rivolto agli utenti stranieri?” Area Arezzo Circondario Empolese V.E. Firenze Grosseto Livorno Lucca Massa Carrara Pisa Prato Pistoia Siena Totale Sì, è attivato all’interno del CPI/ servizio territoriale Sì, è attivato Sì, è attivato presso all’interno di altri strutture esterne uffici provinciali convenzionate 5 3 4 0 0 3 3 4 0 0 5 27 0 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0 2 0 0 0 5 0 0 0 0 0 0 0 5 No Totale CPI/ST 0 0 1 0 4 0 0 0 1 5 0 11 5 3 7 5 4 3 3 4 1 5 5 45 Dove invece il servizio è stato attivato, quali sono i contenuti? Si tratti di servizi informativi sul lavoro, ma anche su tematiche attinenti alla normativa sul soggiorno. La mediazione culturale è presente in 27 su 45 CPI, e assente o scarsamente strutturata nelle province di Prato, Livorno, Lucca e Pistoia. Altrettanto variabile è l’organizzazione di sportelli “tematici” come nel caso di quelli dedicati all’incontro domanda-offerta nel lavoro domestico o di cura: nel complesso, risultano 26 CPI. Si fanno scelte diverse ad Arezzo, Empoli, Livorno, Pisa, Prato e Pistoia. Infine, vi sono altri tipi di servizi, più sporadici, come la consulenza per l’autoimprenditorialità, i seminari di gruppo, i corsi di lingua. In conseguenza dello svolgimento di queste attività, vengono usate delle figure professionali specifiche, che coincidono con il mediatore (30 CPI) e anche con operatori specializzati e giuristi sebbene in un numero di casi minore (14 CPI per entrambe le figure). Operatori generici, infine, sono preposti ai servizi senza avere una competenza specifica in 23 CPI. 233 Nel complesso, l’esigenza di predisporre una qualche forma di servizio specialistico per gli immigrati è tutt’altro che disconosciuta, ma come si è visto questa non è avvertita dappertutto. Non sembra esserci, inoltre, un nesso chiaro tra incidenza degli stranieri sul totale della forza lavoro, e attivazione di servizi corrispondenti; sono lampanti a tal proposito i casi di Prato e Pistoia, ma anche di Livorno dove la presenza di immigrati è cresciuta in misura notevole nell’ultimissimo periodo. La figura che come si è visto è quella maggiormente diffusa, cioè il mediatore linguistico e culturale, è anch’essa usata in attività differenti da contesto e contesto. Correttamente, è più frequente nella fase dell’orientamento (22 CPI), e quindi negli Sportelli Immigrati, tra cui vi sono anche quelli dedicati ai lavoro di cura e di assistenza domestica (19). Fondamentale appare la presenza nei momenti dell’accoglienza o quantomeno dell’iscrizione alle anagrafi del lavoro e del colloquio di ingresso; si rileva, nel complesso, 17 CPI per la prima, e 19 per la seconda fase. L’informazione è di grande importanza, perché segnala che in meno della metà dei CPI toscani, al momento del primo contatto, non si può fruire di alcun servizio di facilitazione linguistica (Firenze100, Livorno, Lucca, Prato, Pistoia e Siena), e ancor più significativamente, non se ne dispone durante il colloquio di primo orientamento e sottoscrizione del Patto di Servizio (si tratta delle stesse zone di cui al punto precedente, fatta eccezione per due CPI a Siena e di 1 a Livorno). Per quella parte dell’utenza straniera che non ha una sufficiente padronanza della lingua italiana, appare arduo immaginare, durante l’importante fase dell’accesso e in quelle successive, la completa e corretta comprensione del funzionamento dei Servizi Pubblici per l’Impiego, dell’atteggiamento che viene richiesto, e perfino delle possibilità che sono offerte. Non a caso, in molti di questi colloqui, così come all’accoglienza, viene segnalata la frequente presenza di connazionali “accompagnatori” con una più elevata conoscenza dell’italiano. Va anche detto, ad ogni modo, che per talune nazionalità può giovare la conoscenza da parte di alcuni operatori di lingue straniere come il francese, l’inglese, lo spagnolo. E, infine, che talvolta la mediazione può essere attivata su singoli progetti, come è il caso di Prato tra gli altri, e che in parte l’eventuale assenza è compensata dalla distribuzione/diffusione di materiale in lingua. Un esame maggiormente dettagliato delle attività in essere nelle singole province è a questo punto opportuno. Il modello “fiorentino” è però di complessa interpretazione; si veda il paragrafo a questo dedicato. 100 234 •• Le scelte delle Province Ad Arezzo vi sono 5 Centri Territoriali per l’Impiego, e in tutti risulta attivo un servizio di mediazione culturale, seppure differenziato per nazionalità “coperte” e frequenza della disponibilità. Nel capoluogo, ad esempio, è prevista la presenza giornaliera e almeno uno tra mediatori di lingua araba, indiana, bengalese, rumena, albanese e spagnola, mentre a Sansepolcro il servizio è attivato solo su segnalazione dagli operatori. Si tratta in effetti dell’unica figura specificatamente destinata a lavorare con l’utenza straniera, ma che è però presente in tutte le fasi (accoglienza, iscrizione, orientamento, promozione all’inserimento lavorativo). Si rileva poi, oltre alla diffusione di materiale informativo in lingua, anche l’esistenza della Carta dei Servizi tradotta e, per alcuni Servizi Territoriali (Sansepolcro e Bibbiena), contatti diretti con le principali comunità residenti o con centri di accoglienza (Tab. 6.2). Sportelli specialistici (a) Promozione all’inserimento lavorativo 1 3 1 5 4 2 16 1 2 5 3 4 4 19 Totale CPI/ST 5 3 5 3 4 20 Altro 5 5 5 Arezzo 3 3 3 Circondario Empolese V.E. 1 1 Firenze 5 5 5 Grosseto 1 1 Livorno Lucca 3 3 3 Massa Carrara 4 4 4 Pisa Prato Pistoia 2 4 Siena 21 23 26 Totale (a) Sportello immigrati, Sos famiglia, autoimprenditorialità, ecc. Incontro domanda e offerta di lavoro Orientamento Iscrizione e colloquio 181 Area Accoglienza Tabella 6.2 “Su quali servizi è garantita la figura del mediatore?”. Luglio 2009 1 1 5 3 7 5 4 3 3 4 1 5 5 45 Nella provincia di Grosseto è invece attivato, presso strutture esterne convenzionate (Infoimmigrati del Coeso) in tutte le zone socio-sanitarie, uno sportello informativo per l’orientamento, il supporto all’incrocio domanda/offerta e la comunicazione delle vacancies, e anche la raccolta e l’invio di Curriculum Vitae. Più in generale, sia operatori generici che mediatori, e con meno frequenza giuristi, svolgono attività per migranti. Anche in questo caso, inoltre, risultano disponibili depliant informativi in lingua. 235 Nel Circondario Empolese Valdelsa, il Servizio Territoriale di Fucecchio, il CPI di Empoli e quello di Castelfiorentino dispongono di mediatori linguistico-culturali che lavorano in affiancamento degli operatori; vengono inoltre attivati seminari di orientamento e percorsi di sostegno all’inserimento lavorativo per gruppi di stranieri, ed è tradotto del materiale in lingua (anche newsletter). Firenze ha implementato uno sportello Immigrati, cui generalmente si accede su indicazione degli operatori che effettuano il primo colloquio; in tal caso, è possibile anche avere una consulenza legale, e sono presenti dei mediatori. è inoltre attivato uno sportello specifico per l’incontro domanda-offerta nel lavoro domestico e di cura. In quelle zone dove lo sportello Immigrati non è attivato, c’è la possibilità di raccordarsi con quei CPI che invece ne dispongono. La mediazione non è presente in modo capillare, avendo selezionato le aree a maggior necessità di questa figura, e non copre se non sporadicamente la fase dell’accoglienza, benché garantisca una certa efficacia ai servizi specialistici di II livello (orientamento, bilancio di competenze, accompagnamento), e vi sia una specifica attenzione per un gruppo che pone problematiche gravose come quello delle etnie Rom e Sinti. Le altre azioni riguardano la distribuzione di materiale in lingua, e anche della Carta dei Servizi tradotta. Come per Prato, altra provincia dove è stata effettuata un’indagine in profondità, si rimanda per una valutazione più dettagliata al paragrafo dedicato. Prato presenta una situazione peculiare, per più ragioni: è il contesto in cui gli stranieri pesano di più in Toscana, ma almeno finora ha fatto la scelta di non avvalersi di alcun servizio di mediazione. Il caso sarà ripreso più dettagliatamente, come già detto, più avanti, e qui anticipiamo solo alcuni elementi. Fatta eccezione per un progetto per ragazzi in obbligo formativo ed apprendisti di origine straniera, per i quali si ha il supporto di mediatori culturali anche di lingua cinese, e per la diffusione di strumenti informativi in lingua, non vi è né un servizio dedicato all’utenza straniera, né figure professionali per questo target. È invece da menzionare l’esistenza di uno Sportello Inclusione per fasce deboli a cui possono venire erogate delle borse lavoro, e che si rivolge anche a una parte degli immigrati, riconoscendo la particolare condizione di svantaggio di alcuni individui, nello specifico coloro che sono seguiti dai Servizi Sociali o sono inviati dall’Ufficio Immigrazione -ed è questa la ragione di interesse. È stato anche attivato uno sportello donna (sempre senza mediatori), orientato all’inserimento nel settore dell’assistenza domiciliare e familiare. 236 Livorno, come si è visto, non ha organizzato alcun servizio specifico per migranti e non ha attive figure di mediatori, giuristi, o operatori dedicati salvo che in un Centro dove si segnala l’esistenza di un servizio di mediazione per l’orientamento e il colloquio 181. Si dispone però di materiali in lingua A Pistoia, a livello locale vi sono dei progetti specifici per l’inserimento lavorativo per gli stranieri (progetto RAIL), e più in generale è possibile fruire di una rete di Sportelli Informativi per Migranti collocati presso i Comuni e i CPI. A Lucca sono presenti operatori specializzati e, solo in talune attività, dei mediatori. Viene distribuito materiale su stampa tradotto, come anche la Carta dei Servizi. È stato inoltre attivato un progetto ad hoc per attività di work experiences per questa fascia di utenza. Nei CPI di Massa Carrara i mediatori sono presenti all’accoglienza, l’orientamento, l’incontro domanda-offerta e negli sportelli specialistici, che dunque fungono come servizio dedicato. Non vi sono altre figure attive, ma anche in questo caso esiste materiale informativo in lingua. Uno “sportello immigrati” è stato attivato a Pisa e nelle altre parti della provincia, con funzioni di informazione, primo orientamento, consulenza legale, incontro domanda-offerta, servizi specialistici per l’immigrazione, alla presenza di alcuni mediatori linguistici, di giuristi e operatori dedicati. Infine, nella provincia di Siena esiste un servizio per immigrati, che si avvale anche di figure specializzate (mediatori, giuristi, operatori, ma non in tutti i contesti territoriali e non in tutte le fasi, in particolare non all’accoglienza). È inoltre presente uno sportello per l’incontro domanda-offerta nel lavoro domestico e di cura, viene distribuito materiale informativo e sono organizzate iniziative seminariali per immigrati. 6.3 Meccanismi dell’incontro domanda e offerta di lavoro Nel nostro paese si cerca (e si ottiene) un lavoro prevalentemente rivolgendosi a familiari, parenti e amici e, specularmente, le imprese assumono soprattutto mediante la conoscenza diretta (cfr. capitolo 1). Le strategie di ricerca di lavoro agite dagli immigrati, e i canali attraverso i quali essi vengono assunti, non solo sono coerenti con questa modalità informale di incontro tra domanda e offerta, ma se possibile la enfatizzano, come la già citata indagine Istat dimostra: la 237 percentuale di disoccupati stranieri che cercano un impiego facendo leva sui propri contatti supera di qualche punto il dato corrispondente degli autoctoni. Sin dall’inizio delle migrazioni di massa dai Paesi in via di sviluppo, gli immigrati sono riusciti a inserirsi nei circuiti occupazionali sfruttando il “passa-parola”: i primi che hanno avuto un’assunzione, generalmente in settori scarsamente qualificati e dunque “a bassa soglia di accesso”, hanno veicolato informazioni sui posti vacanti ai connazionali, e contemporaneamente “consigliato” quest’ultimi ai propri datori di lavoro. Dal canto loro gli imprenditori hanno per lo più seguito le indicazioni di chi era già alle dipendenze, giudicandolo un meccanismo di selezione della nuova manodopera sufficientemente soddisfacente. Ha inoltre pesato anche il processo di “discriminazione statistica”, che consisteva nell’attribuzione di “quasi-attitudini” a determinati gruppi etnici. È noto il caso dei filippini “bravi domestici”; di loro, si era in effetti constatata l’affidabilità in questo tipo di mansione, fino a considerarli “naturalmente” predisposti al lavoro in casa. Questo fenomeno è prodotto dalla convinzione, invalsa nei datori di lavoro, della probabilità che, se alcune persone connotate da una certa provenienza forniscono buone performance in determinati compiti loro affidati, presumibilmente anche gli altri immigrati della medesima nazionalità lavoreranno con la stessa qualità (Ambrosini, 2001). Dal punto di vista dei migranti, è stato detto che le reti etniche, e la stessa “discriminazione statistica”, hanno svolto un ruolo di risorsa “rischiosa” (ib.): da un lato, hanno assicurato la disponibilità di un’occupazione, e dall’altro hanno creato i presupposti per una forte segregazione lavorativa in pochi settori, in genere di basso livello. A questo esito ha contribuito anche l’azione di quelle organizzazioni, come sindacati e soggetti solidaristici, che tanto hanno mediato, come nell’area del lavoro di cura, tra le esigenze di chi -famiglie o imprese- era alla ricerca di manodopera, e i bisogni degli immigrati o, nel caso specifico, delle immigrate. Questa tendenza all’autoregolazione spontanea e dal basso dei processi di job matching ha quindi prodotto degli effetti perversi, che i SPI sono chiamati a contrastare. Compito non facile, perché l’efficacia degli interventi messi in campo è inversamente proporzionale al grado di strutturazione e trasparenza del mercato del lavoro, e quello italiano risulta al contrario percorso da fenomeni di opacità, oltre a risultare, a seguito dei provvedimenti normativi in materia di lavoro dell’ultimo decennio, sempre più deregolamentato. 238 Prima di osservare più nel dettaglio il ruolo dei SPI in Toscana, sia in generale che in riferimento all’utenza immigrata, conviene allora ripercorrere brevemente l’insieme dei benefici che i CPI potrebbero apportare al sistema: -- estendere, e socializzare alle modalità più corrette, la ricerca del lavoro; -- riequilibrare le asimmetrie informative che colpiscono gli immigrati, i quali derivano il proprio capitale di segnalazioni e opportunità soprattutto dall’ambito necessariamente autoreferenziale anche se, come si è visto di grande efficacia, dei network etnici; -- reindirizzare l’offerta di lavoro, attraverso la leva della formazione e altri strumenti, verso profili di competenze maggiormente rispondenti alla domanda, aumentando l’occupabilità dei soggetti. Anche durante congiunture negative quale l’attuale, continuano le assunzioni e vi sono vacancies e figure “di difficile reperibilità” le quali rappresentano un costo per le aziende, dato che il periodo di tempo nel quale l’impresa può trovarsi sottoorganico può raggiungere anche i 6-7 mesi; -- aumentare le chances di far corrispondere l’occupazione cercata alle proprie aspirazioni e competenze; -- portare l’area delle “forze lavoro potenziali”, vale a dire quella parte di popolazione in età attiva che è portatrice di un’aspirazione latente a partecipare al mercato del lavoro, a concretizzare tale disponibilità in azioni di ricerca attiva; -- contrastare comportamenti discriminatori (indiretti) a danno degli stranieri, derivanti da una stereotipizzazione “al ribasso” delle loro abilità che li allontana da impieghi a maggiore qualificazione, promuovendone le candidature -se idonee- presso le imprese; -- incrementare la consapevolezza dei diritti e doveri sul lavoro, che nella manodopera straniera risulta talvolta assente. •• Cercare lavoro con i Centri per l’impiego Una sezione del questionario usato dall’Istat per la Rilevazione Continua sulle Forze di Lavoro è dedicata alla frequentazione dei CPI. In riferimento alla Toscana, solo il 21% degli immigrati residenti in regione è stato, nella sua carriera, in contatto con un CPI; una percentuale che è prevedibilmente inferiore a quella degli italiani (29%), e che peraltro è il risultato sintetico di comportamenti differenti tra uomini e donne: rispettivamente il 15,5% e il 27%, 239 mentre per gli autoctoni siamo al 25% e per le donne italiane al 34% (Tab. 6.3). Tabella 6.3 Lei è mai stato in contatto con un Centro pubblico per l’impiego? TOSCANA. 2008 Valori % Uomini Italiani Donne Sì 24,9 33,7 No 74,2 65,9 Non sa 0,9 0,4 Totale 100,0 100,0 Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat RCFL Totale Uomini Immigrati Donne Totale 29,4 70,0 0,6 100,0 15,5 84,4 0,1 100,0 26,6 73,1 0,3 100,0 21,3 78,6 0,2 100,0 Le ragioni del contatto con i CPI coincidono in larga parte con l’esigenza di cercare lavoro (al di là dell’intensità e delle corrette modalità con cui tale ricerca venga realmente effettuata), ma per gli stranieri si registra anche una maggiore quota di coloro che si avvalgono di altri servizi, a dimostrazione dell’uso “strumentale/ burocratico” dei SPI, utile a ottenere documenti e certificati per il permesso di soggiorno, le dichiarazioni fiscali, eccetra. Ad ogni modo, il motivo decisamente prevalente dell’ultimo contatto avuto con i CPI è, per l’utenza immigrata, la “verifica dell’esistenza di opportunità di lavoro” (77%). Come si vedrà meglio dalle interviste dirette raccolte sul campo, questa motivazione può forse essere indizio di una concezione fuorviante e per certi versi riduttiva dei servizi offerti dai CPI -i quali hanno compiti più vasti della mera raccolta e trasmissione delle vacancies- ma d’altro canto non può che essere al centro delle aspettative degli stranieri che frequentano i Servizi Pubblici per l’Impiego. La condizione dei migranti è, infatti, per sua stessa natura, orientata al reperimento e allo svolgimento di un lavoro in un’ottica di work first, e risulta perciò maggiormente difficile -a detta degli operatori- comunicare l’importanza di svolgere, in parallelo alla ricerca di un impiego, un percorso mirato all’autovalutazione e all’aumento della propria occupabilità. Per esempio, decidendo di svolgere colloqui di orientamento specialistico, o di frequentare un corso di lingua italiana o di formazione. •• Le agenzie per il lavoro: un canale alternativo? È infine necessario sottolineare il ruolo delle Agenzie per il Lavoro, incluse le agenzie interinali, che dal 2003 si affiancano ai CPI quali soggetti autorizzati a svolgere attività di intermediazione. Dal punto 240 di vista quantitativo, queste gestiscono un numero di offerte di lavoro e di candidature, in misura compresa tra il 40% e il 50% del totale di quelle transitate presso i servizi pubblici e hanno tra i propri “avviati” circa un quinto di lavoratori di origine non italiana a Firenze (il 15% a Prato). Per gli immigrati, le agenzie private sono un canale molto conosciuto e usato; la sostanziale differenza rispetto ai SPI è che però non esiste, nella filiera dei servizi messi a disposizione, un qualcosa di simile alla “presa in carico” del lavoratore che invece viene effettuata dai CPI (IRS, 2007). Fare qualche cenno alle attività delle agenzie private, tuttavia, è doveroso perché nel caso dell’immigrazione sono andate strutturandosi delle “specializzazioni” di singole agenzie in determinati settori, e anche nei contatti con alcune nazionalità di provenienza. A Firenze, vi sono infatti almeno 7 agenzie delle 15 principali che nel I semestre 2009, hanno avuto almeno il 20% delle missioni svolte da immigrati (in 4 di queste, si va ben oltre il 30%). A Prato, le agenzie che superano il 20% sono 6, e in due casi siamo oltre il 30%. Di contro, ben 5 organizzazioni tra le 15 principali hanno bassissime % di avviati stranieri (Tab. 6.4). Tabella 6.4 Agenzie interinali per avviamenti al lavoro di stranieri sul totale. I semestre 2009 Valori % Identificativo Agenzie 1 2 3 4 5 6 Firenze Incidenza stranieri su 19 9 28 36 1 17 totale Prato Incidenza stranieri su 22 3 24 38 12 13 totale Fonte: nostre elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana 7 8 9 10 11 12 13 14 15 Altre ag. 10 31 34 29 37 10 21 14 29 24 33 29 11 - - - - - 40 25 Queste elaborazioni definiscono uno scenario di vera e propria segmentazione del mercato dei lavori interinali, con “nicchie” di agenzie che, come si vede dalla tabella 6.5, hanno sviluppato non poche specializzazioni etniche. Si vanno disegnando in tal modo dei meccanismi di matching che anche nel caso dei contratti interinali non possono che confermare l’importanza dell’attivazione “dal basso”, mediante canali per lo più informali e improntati al “passa-parola”, dell’incontro domanda-offerta. 241 Tabella 6.5 Agenzie interinali per specializzazioni etniche negli avviamenti/missioni sul totale Provincia Identificativo agenzie Agenzia A Agenzia B Firenze Agenzia C Agenzia D Agenzia E Agenzia F Agenzia G Prato Agenzia H Agenzia I Fonte: nostre elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana Specializzazioni “etniche” tra gli avviamenti/missioni Albania/ristorazione e costruzioni Somalia/ristorazione Marocco/costruzioni Romania/ristorazione Albania/ristorazione Senegal/magazzinaggio Marocco/magazzinaggio Albania/ristorazione Romania/ristorazione Senegal/pelletteria/metallurgia Albania/ristorazione Senegal/pelletteria Romania/industrie alimentari Pakistan/tessile Romania/fabbricazione di prodotti chimici 6.4 I percorsi di accesso e il primo contatto Nelle pagine che seguono si presenta un’analisi dei percorsi intrapresi dagli utenti migranti che abbiamo intervistato. Si è ritenuto utile distinguere tali percorsi in tre fasi: l’accesso e il primo contatto, la fruizione dei servizi, la valutazione ex post dei servizi. In tal senso ci si soffermerà dapprima sulla considerazione dei canali attraverso i quali gli utenti sono venuti a sapere dell’esistenza dei CPI, sulle motivazioni dell’accesso e le aspettative nei confronti del servizio, oltre che sulle criticità o le valutazioni positive emergenti nel primo contatto (in questo stesso paragrafo). In seguito, nell’analizzare le diverse modalità di utilizzo dei servizi, si proporrà una tipologia di utenza (cfr. paragrafo 6.5). In conclusione si approfondiranno le percezioni dei CPI da parte dei migranti dopo che essi hanno usufruito dei servizi, considerando la ristrutturazione delle aspettative iniziali, in particolar modo nei confronti del servizio di intermediazione domanda-offerta, e analizzando nel dettaglio alcune delle criticità che sono emerse nelle dinamiche relazionali con gli operatori (paragrafo 6.6). In merito ai percorsi di accesso va evidenziato che la maggior parte degli intervistati riferisce di essere venuta a conoscenza dell’esistenza dei CPI mediante informazioni ottenute da conoscenti, spesso connazionali. Il ‘passaparola’ sembra quindi configurarsi 242 come il principale canale di contatto dei CPI101. In altri casi la conoscenza del CPI è avvenuta in occasione della cessazione di un rapporto di lavoro al fine di certificare lo stato di disoccupazione e procedere con l’eventuale iscrizione. In questi casi il rinvio dei soggetti migranti ai CPI avviene sia su sollecitazione degli ex datori di lavoro o dei consulenti, sia grazie all’intervento di soggetti istituzionali, in primis i sindacati. Tra gli intervistati la certificazione dello stato di disoccupazione e la ricerca di un lavoro sono i fattori più frequentemente all’origine del primo accesso. Come è noto, per i cittadini immigrati in possesso di un permesso di soggiorno per lavoro, l’attestazione dello stato di disoccupazione è direttamente collegata alla possibilità di rinnovo del permesso102. Tra gli utenti stranieri che riferiscono di essersi rivolti al CPI per effettuare la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro e/o trovare un’occupazione, prevale però una scarsa conoscenza dei servizi offerti. Il servizio più noto all’utenza straniera è senza dubbio quello dell’intermediazione domanda-offerta; a questo riguardo va tuttavia evidenziato che, frequentemente, le aspettative degli utenti circa le possibilità di reperimento di un posto di lavoro risultano molto elevate rispetto alle reali possibilità di intermediazione offerte dal CPI 103. Sono emblematiche in tal senso le affermazioni di alcuni intervistati in cui si percepisce l’idea di un’immediatezza tra iscrizione al CPI e ottenimento di un’occupazione: “sono venuta perché un italiano mi ha detto che qui si porta il curriculum e si trova lavoro” (Int. n. 40); “qualche concittadino mi ha detto che mi dovevo iscrivere al CPI e poi si sarebbero occupati loro di trovarmi lavoro secondo i posti disponibili” (Int. n. 18). Spesso la scarsa conoscenza del servizio offerto e le aspettative elevate ed immediate circa i risultati sono, inoltre, connesse con un atteggiamento di passività nella ricerca del lavoro. Si tratta di aspetti più volte emersi nel corso dei colloqui con gli operatori dei CPI che sono chiamati a confrontarsi direttamente Si tratta di un aspetto che, come si avrà modo di evidenziare, non è privo di conseguenze soprattutto per ciò che concerne la comprensione dei servizi offerti e la fruizione degli stessi (cfr. par. 6.2). 102 Secondo quanto disposto dal testo unico sull’immigrazione, D.Lgs 25/7/98 , n. 286 come modificato dalla Legge n. 189 del 30/7/2002, una volta scaduto il termine previsto dal permesso di soggiorno, il cittadino straniero disoccupato ha diritto a rimanere sul territorio dello Stato fino a sei mesi dalla data di iscrizione alla disoccupazione avvenuta al momento della perdita del precedente lavoro. 103 L’incongruenza delle aspettative degli utenti migranti nei confronti dei CPI è evidenziata anche nell’ambito del rapporto del CNEL in cui emerge che “la maggior parte dei lavoratori stranieri che si è rivolta ad un CPI (ovvero il 61,7%) lo ha fatto espressamente per cercare lavoro; fatto che conferma come gli utenti immigrati abbiano una visione parziale di questi strumenti e del loro funzionamento. Le aspettative di ottenere un lavoro grazie ai CPI sembrano piuttosto diffuse tra gli immigrati che si sono rivolti a questi centri, mostrando quindi di ignorare che i CPI di fatto mirano più ad una riqualificazione dell’offerta che ad un reale incontro tra posti vacanti denunciati dalle imprese e disoccupati” (CNEL, 2008, p. 98). 101 243 con le aspettative degli utenti e ad operare una riconversione di questo atteggiamento iniziale. Questo è uno degli aspetti più difficoltosi: far loro capire la tipologia del servizio, come si usa il servizio e le possibilità, perché non si può dare lavoro subito a numeri che sono molto alti. In molti casi pensano di venire qui e trovare lavoro, perché hanno questa aspettativa alta. Pensano di venire qui, consultare le offerte e trovare lavoro senza sapere che poi comunque ci sono le aziende con cui devi andare a parlare per cui hai bisogno di un tuo curriculum, hai bisogno di informazioni. (...) L’aspettativa è alta ed immediata, c’è la pretesa di un risultato immediato. (...) Il problema dei tempi per il cittadino extracomunitario è fondamentale; ha bisogno di un’occupazione subito, ha bisogno di risposte subito, per cui creare un equilibrio con quello che i servizi possono offrire è invece il nodo più delicato. (Focus group CPI Firenze Q1) Così come emerge nella testimonianza sopra citata, un recente rapporto del CNEL (2008, p. IV) evidenzia l’esistenza di “molteplici fattori scoraggianti” per l’utenza immigrata nella relazione con i servizi pubblici per l’impiego, in primis “il fattore tempo che il lavoratore immigrato non ha, per l’estrema urgenza, ovviamente sociale ma anche giuridica collegata alla validità del permesso, di un nuovo lavoro”. Si tratta poi di orientare gli utenti verso un atteggiamento attivo nella ricerca del lavoro, laddove l’idea della maggior parte degli utenti (sia italiani che stranieri) è quella che “si recano al CPI per lasciare il loro recapito e la disponibilità a lavorare confidando nel fatto che saranno successivamente chiamati per un lavoro” (Focus group CPI Firenze Q4). A questo proposito è però interessante notare che dal complesso delle interviste considerate emerge un tendenziale protagonismo dei soggetti immigrati nel configurare il proprio inserimento (o reinserimento) lavorativo, e ciò appare in maniera emblematica nel caso dell’attivazione delle risorse informali veicolate dalle reti. In questo senso va sottolineato che l’atteggiamento di passività dell’utenza straniera, spesso percepito dagli operatori dei CPI, risulta specificamente correlato alle modalità di utilizzo dei servizi pubblici per l’impiego piuttosto che ad un orientamento che caratterizzerebbe toutcourt le prassi di ricerca del lavoro. È opportuno evidenziare che in alcuni casi gli utenti immigrati si trovano a confrontarsi con un servizio, quello dei CPI, impostato secondo criteri differenti rispetto ad uffici analoghi presso i quali possono essersi rivolti nei paesi di origine. 244 Ci sono problemi che possono uscire fuori proprio da fatti culturali. Parlo ad esempio del caso dell’Albania: [in passato] una persona si rivolgeva al CPI e trovava lavoro. Invece qui funziona diversamente, devi venire a vedere sempre le offerte due volte la settimana, prenotarti, devi venire spesso, devi andare anche nelle agenzie di lavoro e contattare i conoscenti. In Albania anche se non andavi c’era una lista e quindi prima o poi si trovava il lavoro. (Vojo Kaliopi - mediatrice linguistico-culturale dello Sportello Immigrati CPI Firenze) Ti dico come lo avevano fatto da noi in Romania che è stata l’unica volta che avevo visto un CPI. Era molto grande, con tutti questi tavoli, con tante persone che lavoravano. Andavi lì la mattina senza prendere appuntamento e c’erano tabelloni interi con le offerte di lavoro. Ogni persona -quando era il suo turno- andava dall’impiegato che vedeva le sue esperienze e gli dicevano c’è questa, questa e questa offerta. Ti facevano un foglio e tramite loro andavi a lavorare. (Int. n. 15) Gli utenti stranieri, in particolare quelli di recente immigrazione e che non possono contare su una rete sociale di supporto, rischiano di trovarsi in una condizione in cui gli strumenti per procedere in una ricerca attiva del lavoro possono essere carenti. L’impianto della riforma insiste tanto sulla motivazione ad essere attivi nella ricerca di lavoro, però questo è anche un modello culturale. Il problema riguarda anche gli italiani, molti dei quali fanno fatica ad acquisire questo modello, però ci puoi lavorare. Io mi sono sempre chiesta quanto arriva di questa motivazione centrata sulla ricerca attiva del lavoro agli stranieri, in particolare a quelli meno attrezzati, a quelli che sono qui da meno tempo. (…) Con gli utenti stranieri che conoscono i servizi si lavora meglio, quelli che sono qui da poco sono più fragili perché c’è un proprio un problema culturale che rende difficile far loro capire quali sono le opportunità. Certo non possiamo dare il lavoro a tutti, ma in questi casi è difficile anche far capire la necessità di muoversi in un certo modo. (Brunella Mastrocesare - Responsabile CPI Prato) Per come è strutturato il servizio, è la persona che si deve attivare. Tu gli fai vedere come funziona nei primi colloqui di orientamento, poi si deve attivare da sola. In questo senso l’italiano ha una rete sociale di riferimento più forte che lo supporta. (Focus group CPI Firenze Q4) Come si è già evidenziato, la ricerca di lavoro operata dai soggetti migranti è indubbiamente caratterizzata da un attivismo 245 motivato anche dalla stringente correlazione tra condizione occupazionale e possibilità di rinnovo del permesso di soggiorno; il discrimine sembra piuttosto costituito dalla capacità di attivarsi secondo modalità congruenti rispetto ai servizi offerti dal CPI, cui molti stranieri risultano scarsamente socializzati. Infatti, usufruire correttamente di un servizio impostato sulla ricerca attiva del lavoro e che vede, pertanto, il soggetto come attore primo nella riuscita di un tale percorso chiama in causa le risorse culturali e sociali che l’utente è in grado di mobilitare. In questo senso un altro degli ostacoli più rilevanti è senza dubbio quello della scarsità delle competenze linguistiche. La mancata conoscenza della lingua italiana costituisce spesso una barriera nel primo contatto fra utenti migranti e CPI. I servizi di mediazione, quando predisposti, avvengono in una fase successiva alla prima iscrizione (come nel caso del CPI di Firenze). Si tratta di un aspetto che complica lo scambio delle prime informazioni tra le parti (operatore/utente straniero), e che solleva dubbi circa l’effettiva comprensione reciproca. In assenza di un servizio di mediazione, come nel caso dei CPI di Prato, e di una adeguata formazione linguistica, la fruizione dei servizi da parte dell’utente è vincolata alla possibilità di trovare un accompagnatore spesso connazionale, che svolge una funzione di interpretariato, così come conferma la testimonianza di un uomo marocchino: “ho sempre la difficoltà della lingua, quando devo venire qui devo trovare qualcuno che mi accompagna, che abbia il tempo per venire con me”. (Int. n. 4). Tuttavia, si rileva più volte nel corso delle interviste che gli utenti stranieri hanno dichiarato di aver incontrato un’estrema disponibilità da parte degli operatori nel comprenderli nonostante le difficoltà di comunicazione. Anche qui sono stata capita, anche se non so parlare. [Gli operatori hanno] molta pazienza, fanno tanto sforzo di capire tutti gli stranieri. Noi rumeni come lingua siamo molto simili a voi. Ma ho visto là che c’era una cinese e la signora si è sforzata molto di parlare, non so come faceva a capire perché io non capivo niente di quello che diceva. (Int. n. 21) Non di rado gli operatori utilizzano la conoscenza di altre lingue per ovviare a tali difficoltà di comprensione, sebbene persistano delle problematicità evidenti. Nell’ambito dei focus group con gli operatori del CPI è emersa, infatti, la necessità di verificare che nel 246 corso del primo colloquio non siano intervenuti dei fraintendimenti tra operatore e utente. Si tratta di un aspetto che assume una rilevanza centrale in relazione al Patto di Servizio, uno strumento mediante il quale entrambe le parti, utente e CPI, formalizzano il proprio impegno reciproco in vista di un percorso di collaborazione mirato all’inserimento lavorativo104. La mancanza di competenze linguistiche rischia, infatti, di vanificare l’efficacia di tale strumento in assenza di una reale comprensione dei suoi contenuti. In tal senso, secondo alcuni dei partecipanti ai focus group la possibilità di usufruire di un servizio di interpretariato linguistico flessibile, strutturato anche solamente per via telefonica, potrebbe rappresentare una strategia per ovviare a tali criticità. Nel complesso, il primo contatto tra utenza straniera e CPI risulta spesso problematico e questo aspetto è testimoniato dal numero di utenti stranieri che, non presentandosi al colloquio fissato in occasione del primo incontro, subisce i provvedimenti di cancellazione dalle liste di disoccupazione previsti dalla normativa regionale toscana105. Chi è già inserito, si parla dei soliti 3, 4, 5 anni di residenza [in Italia, n.d.a.], è disponibile a tornare, molti degli altri subiscono la cancellazione con malus prevista dalla Regione Toscana per chi non si presenta al primo colloquio. Vuol dire che, nonostante tutti i nostri sforzi, non si capisce l’importanza del primo colloquio, che noi dobbiamo fare in differita perché abbiamo 1.300 persone in otto turni di apertura, quindi dobbiamo farlo in differita con un appuntamento dopo un mese. Non vengono non perché hanno trovato lavoro ma perché non hanno capito l’importanza di quel colloquio. Quindi vengono cancellati e per un anno non possono usufruire dei servizi (…). Basta vedere uno dei decreti di cancellazione della Provincia per chi non si presenta ai colloqui e il 70%-80% sono extracomunitari; abbiamo già fallito al momento che su quelle liste ci sono tutti quei nomi. (Focus group CPI Firenze Q1) Come si legge nel DR n. 7/R del 4/02/2004, art. 14, “al fine di rendere maggiormente efficienti i meccanismi di incontro tra domanda ed offerta di lavoro, il lavoratore e l’operatore del servizio per l’impiego sottoscrivono, entro e non oltre sessanta giorni dal primo colloquio, un Patto di Servizio integrato in cui sono riportate le risultanze del colloquio stesso. Mediante il Patto di Servizio integrato il lavoratore si impegna a svolgere le azioni concordate nel piano di azione individuale che possono consistere in attività di orientamento, formazione, riqualificazione professionale, tirocinio e in ogni altra iniziativa proposta dal servizio per l’impiego volta a favorire l’integrazione professionale o a migliorare le possibilità di inserimento lavorativo”. 105 Come si recita all’articolo 16 del DR n. 7/R del 4/02/2004, la mancata presentazione, senza giustificato motivo, ai colloqui previsti comporta la cancellazione dalle liste di disoccupazione, mediante provvedimento provinciale così che “il lavoratore che ha perso lo stato di disoccupazione, per effetto di un provvedimento definitivo della provincia rimane iscritto nell’elenco anagrafico nella classe “altro” con la specifica “decaduto dallo stato di disoccupazione” per un periodo di dodici mesi, durante il quale non beneficia delle prestazioni fornite dal servizio per l’impiego”. 104 247 Tra i provvedimenti di cancellazione destinati a coloro che non rispondono alle convocazioni molti riguardano stranieri, e questo per varie ragioni: sia perché non capiscono bene la lingua, nonostante firmino per ricevuta una informativa non sempre capiscono fino in fondo quello che c’è scritto, sia perché c’è il problema del recapito, sulla cassetta della posta spesso non c’è il nome del destinatario e le lettere tornano indietro; oppure trovano un’altra attività e non rispondono. E poi hanno anche un rapporto meno fidelizzato con il servizio. Capiscono meno le nostre regole e quindi incappano più facilmente negli incidenti di percorso. È la componente dell’utenza con il più alto tasso di mancata risposta. (Simone Cappelli, Provincia di Prato) Si è parlato in precedenza delle aspettative elevate che la maggioranza di intervistati dichiara di aver riposto nelle opportunità di intermediazione domanda-offerta svolte dai CPI. Questi utenti, prima di rivolgersi al servizio, ritenevano fosse sufficiente recarsi presso il CPI e fare l’iscrizione per ottenere, in maniera “quasi automatica”, un’offerta di lavoro appropriata alle proprie esigenze e competenze. Vi sono tuttavia casi, anche se minoritari, in cui gli intervistati hanno deciso di rivolgersi al Centro per ricevere un orientamento nella ricerca del lavoro. Si tratta di un atteggiamento che risulta in linea con l’impostazione del servizio offerto, il cui compito è quello di agevolare l’integrazione professionale e di ottimizzare le opportunità di inserimento lavorativo mediante la strutturazione di un percorso che consenta la presa in carico complessiva dell’utente. Non è il problema di trovare lavoro, l’importante per me era di essere un po’ orientata di sapere come potevo fare per essere un po’ più chiara, perché io non ero chiara. (...) Non è che mi devono trovare il lavoro, perché questo dipende anche dalla fortuna; però io ora mi sono orientata e mi sono messa in gioco. (Int. n. 31) Il motivo [per cui mi sono rivolta al CPI] era capire da dove potevo cominciare per entrare nel mondo del lavoro. Era orientamento (Int. n. 18) Come si avrà modo di evidenziare in seguito, la richiesta di orientamento alla ricerca di lavoro si coniuga spesso con una volontà di emanciparsi rispetto a lavori scarsamente qualificati e di acquisire nuovi strumenti per ripensare la propria collocazione professionale; in tal senso il CPI è riconosciuto come soggetto istituzionale che 248 può fornire un’occasione di promozione sociale. Si tratta, tuttavia, di casi minoritari in cui l’apertura degli intervistati verso le opportunità di orientamento offerte dal CPI sembra fortemente correlata con la possibilità di fare affidamento su una rete sociale di sostegno, o sull’eventuale presenza di un membro del nucleo familiare che percepisce un reddito in grado di provvedere alle esigenze primarie della famiglia. Sembra, pertanto, che le modalità di approccio ai servizi offerti dai CPI e, come si vedrà nel paragrafo seguente, la fruizione degli stessi siano fortemente condizionate dallo status sociale, economico e giuridico dell’utente migrante oltre che da elementi propriamente culturali (tra cui in particolare, il titolo di studio). In definitiva, gli elementi emersi dalle interviste, sollecitano una riflessione sulla centralità degli strumenti di accoglienza. In particolare, tenuto conto dell’incongruenza delle aspettative di gran parte degli utenti stranieri rispetto al servizio offerto dai CPI e delle criticità che la mancanza di un’adeguata competenza linguistica può determinare per la comprensione degli stessi, emerge il ruolo di primo piano svolto dalle attività di front-office che, soprattutto se integrate con un servizio di mediazione linguistico-culturale, possono promuovere una maggiore cognizione rispetto alla complessità dei servizi offerti dal CPI, e agevolare una maggiore consapevolezza dell’utente al momento della sottoscrizione del Patto di Servizio. 6.5 La fruizione dei servizi: una possibile tipologia dei profili di utilizzo dell’utenza migrante Per comprendere i percorsi intrapresi dagli utenti migranti intervistati presso i CPI e tentare una tipologia di profili di utilizzo, risulta opportuno collocare gli stessi percorsi nell’ambito della flow-chart dei servizi offerti (Schema 6.6). Intanto, prima di addentrarci nel commento dei risultati delle interviste, può essere di una certa utilità guardare alla frequenza complessiva d’uso dei singoli servizi da parte degli immigrati iscritti (questi dati sono stati raccolti soltanto sul caso fiorentino) (Graf. 6.7). La semplice elaborazione che confronta la presenza di questi nelle diverse fasi, a confronto con la corrispondente proporzione sul totale degli utenti, evidenzia significativamente la loro sovrarappresentazione solo in due attività: il servizio ABC Famiglia, dove si concentrano le candidature per il lavoro domestico, 249 a cui molte immigrate si indirizzano, sulla base di un’ambizione esplicita di poter lavorare in quell’ambito, o su suggerimento degli operatori; e lo Sportello Donna, che non è necessariamente collegato al precedente, e che in parte riflette la maggiore numerosità delle immigrate rispetto agli uomini. Negli altri casi, gli utenti migranti accedono meno che degli italiani -rispetto al loro peso percentuale sul totale degli iscritti- ai colloqui individuali, alla consulenza per il tirocinio, allo sportello Mobilità e, inoltre, usano relativamente di meno anche Pre-net106. Schema 6.6 Flow-chart del CPI Inizio Accoglienza I-PA Informazione Guidata Autoconsultazione US Utente Singolo (US) Impresa/PA (I-PA) Servizi Esterni Consulenza Operativa Procedure Amministrative Servizi Opzionali Preselezione Selezione Procedure Amministrative Informazione Guidata Procedure Amministrative Progettazione Accompagnamento Lavoro? NO SI Fine Il servizio per candidature on line alle offerte di lavoro raccolte dai CPI. 106 250 Grafico 6.7 Percorsi nei servizi dei CPI di Firenze: italiani e stranieri a confronto. 2008 Differenze in punti % nell’uso degli specifici servizi rispetto alla proporzione del flusso degli iscritti Tirocinio Abc famiglia Mobilità Sportello donna Colloqui individuali Iscrizione Prenet Cv inviati tramite prenet Cancellazioni con Malus -20% -10% 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% Fonte: elaborazioni su dati della Provincia di Firenze Un’altra considerazione di ordine generale che si deriva da queste elaborazioni, è inoltre che tra gli stranieri sono di più anche coloro che si limitano alla semplice iscrizione, e non “sfruttano” tutte le restanti possibilità. Di contro, la non perfetta socializzazione all’uso del servizio è dimostrata dalla sovrarappresentazione tra i cancellati “con malus”. Mediante l’analisi delle interviste, cercheremo adesso di approfondire i perché di questo quadro di sfondo. Circa la metà degli utenti intervistati, dopo aver effettuato l’iscrizione presso il CPI, riferisce di aver usufruito unicamente del servizio di auto-consultazione delle offerte di lavoro. La maggior parte di questi utenti dichiara di recarsi almeno una volta a settimana presso il CPI per consultare le offerte; una tale frequentazione non sembra tuttavia agevolare la conoscenza e l’utilizzo degli altri servizi disponibili: “ho fatto il colloquio all’inizio, cioè due [colloqui] all’inizio e poi sono tornato quando sono rimasto senza lavoro. Poi andavo sempre per vedere gli annunci ma non facevo i colloqui” (Int. n. 17). Per questi utenti sembra delinearsi un profilo di utilizzo che potremmo definire marginale in quanto limitato alle prime fasi del percorso delineato nella flow-chart; in questo caso il CPI sembra considerato dagli utenti unicamente come “uno dei vari canali” mediante i quali è possibile consultare le offerte di lavoro. Gli utenti che mostrano questo profilo di utilizzo riferiscono frequentemente di essersi rivolti al CPI per certificare il proprio stato di disoccupazione, utile ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno: “sono andato per fare l’iscrizione, ma ancora di più per i documenti” (Int. n. 17). In tal senso la componente strumentale della motivazione che ha 251 portato i soggetti a rivolgersi al CPI sembra mostrare una relazione significativa con un utilizzo successivo dei servizi poco pervasivo ed essenzialmente limitato all’autocandidatura per le offerte di lavoro. Il carattere qualitativo dell’indagine condotta non consente delle generalizzazioni in merito alla frequenza del suddetto profilo di utilizzo dei servizi tra la popolazione migrante. Tuttavia, secondo quanto riferito da vari testimoni qualificati intervistati, l’uso strumentale da parte dei migranti sembrerebbe prevalente. Il passaggio al CPI è un adempimento formale che non è sentito come necessario, la sua utilità è riscoperta soltanto nel momento in cui si capisce che senza l’iscrizione alla disoccupazione si potrebbero avere dei problemi in fase di rinnovo del permesso. Il ruolo del CPI è encomiabile ma non posso dire che in questa fase venga vissuto dai migranti come un luogo fondamentale per l’orientamento e la ricerca del lavoro.(...) Nell’ultimo anno non ho mai sentito un utente dire che voleva andare al CPI per ragioni diverse da quelle che ho descritto prima. (Simone Faggi, Comune di Prato) Il CPI non è un posto in cui [gli stranieri] vanno a proporsi né un luogo di richiamo per i lavoratori stranieri, se non che un modo per rinnovare il permesso di soggiorno quando non sono occupati. Per ora è così, se cambierà dipenderà da come si imposta il CPI. (Rocca De La Cruz, CGIL Firenze) L’accesso al CPI adesso è molto strumentale, lo usano soprattutto per le certificazioni, nella ricerca di lavoro è considerata più efficiente e più efficace la rete informale, perché dà una risposta più veloce ed immediata. (Simone Cappelli, Provincia di Prato) Sebbene le considerazioni appena citate facciano pensare che si tratta di una componente minoritaria, tra gli utenti migranti intervistati nel corso dell’indagine risulta che circa la metà ha usufruito dei servizi di secondo livello, come i colloqui di orientamento, dei servizi offerti dagli sportelli tematici (Sportello Immigrati, Sportello Donna, Sportello Tirocini) o delle opportunità di formazione. In certi casi il rinvio a tali servizi è avvenuto su sollecitazione dell’operatore con il quale è stato effettuato il primo colloquio. In particolare, la relazione che viene ad instaurarsi tra l’utente e l’operatore riveste un peso significativo nel determinare un approfondimento del percorso intrapreso nell’ambito dei servizi. In questo senso sono frequenti le testimonianze di utenti migranti che evidenziano la disponibilità mostrata dagli operatori: “sono bravi e 252 disponibili” (Int. n. 22), “tutti sono stati gentili e servizievoli. Sono contento perché qui ho trovato gente che, tra gli altri da quando sono in Italia, sono stati sempre disponibili” (Int. n. 27). Questi utenti riconoscono agli operatori un ruolo centrale nel determinare la qualità del servizio offerto cosicché, frequentemente, viene ad instaurarsi un rapporto di fiducia con alcuni di essi che sono considerati “referenti privilegiati” all’interno del CPI: “le persone [gli operatori del CPI, n.d.a.] sono molto educate, soprattutto una ragazza che ormai conosco perché mi rivolgo sempre a lei” (Int. n. 9)107. Una componente minoritaria degli intervistati mostra, tuttavia, una predisposizione iniziale verso la possibilità di intraprendere un percorso di orientamento ed una maggiore consapevolezza circa la necessità di “attivarsi” in prima persona, aspetti che sembrano agevolare il nascere di una relazione proficua con gli operatori del CPI. Emblematica, in tal senso, la testimonianza di una donna albanese che, nel raccontare l’esperienza del suo primo colloquio con un’operatrice, evidenzia chiaramente la volontà di acquisire gli strumenti per procedere poi in maniera autonoma nella ricerca di lavoro. Ma la cosa più carina che ha fatto l’operatrice è stata che mi ha girato il monitor del computer e mi ha detto: “Guarda tu vai a cliccare qui e qui trovi le informazioni”. Non ha avuto molto tempo di spiegarmi ma in due minuti mi ha dato le informazioni, poi io potevo cercare in autonomia. Per questo ti ho detto l’orientamento perché non mi ha soltanto detto che c’era quel corso ma mi ha dato anche le informazioni per poter fare da sola. (Int. n. 30) La richiesta di orientamento, si è detto, risulta molto circoscritta tra gli utenti intervistati e si riscontra soprattutto tra coloro che sono in possesso di un titolo di studio elevato e che hanno una condizione socio-economica relativamente stabile; si tratta, pertanto, di soggetti che dispongono di un capitale sociale e culturale e che sono in grado di mobilitarlo nella ricerca del lavoro. La predisposizione e la possibilità di “attivarsi” dell’utente da un lato, e la relazione significativa che viene ad instaurarsi con l’operatore dall’altro, sembrano pertanto costituire aspetti essenziali di quello che potremmo definire un profilo di utilizzo consapevole. La relazione di fiducia che viene a instaurarsi tra operatori ed utenti è confermata anche da Mastrocesare (responsabile del CPI di Prato): “porto l’esempio di una ragazza straniera che stava aspettando con un modulo di candidatura in mano: le avevo spiegato che non era necessario aspettare, ma siccome -me lo confermano gli operatori- molti utenti stranieri si fidano di operatori specifici ed hanno problemi di lingua, lei aveva bisogno che il ‘suo operatore di riferimento’ gli ‘desse l’ok’, e non mollava nonostante avesse moltissime persone davanti”. 107 253 In questi casi c’è una consapevolezza del ruolo svolto dai CPI e una capacità, di intensità variabile a seconda dei casi, di muoversi tra varie tipologie di servizio. Questi utenti mostrano, infatti, un uso più pervasivo dei servizi. È il caso della donna albanese di cui sopra che, oltre ad aver usufruito dei servizi specialistici di secondo livello, effettuando i colloqui di orientamento, dichiara di aver utilizzato anche i servizi offerti dagli sportelli tematici (in particolare lo Sportello Donna e lo Sportello Immigrati) e delle possibilità di formazione. Come anticipato, la predisposizione dell’utente a farsi orientare agevola la creazione di una relazione significativa con gli operatori dei CPI. Per contro, ci sono casi in cui un uso più approfondito dei servizi avviene grazie al “passa-parola” interno alle reti etniche: per questi utenti sembrerebbe delinearsi un profilo di utilizzo mirato. Si tratta, infatti, di soggetti che si indirizzano verso determinati servizi poiché la rete dei connazionali riesce a veicolare le informazioni circa l’efficacia degli stessi. É il caso, ad esempio, dello Sportello Tirocini a Prato, come si evidenzia nella testimonianza di Simone Cappelli (Provincia di Prato), o di alcuni corsi di formazione. Qui ritorna in rilievo la questione delle reti all’interno delle comunità, e questo è vero soprattutto per i lavoratori provenienti da Pakistan, Bangladesh e Sri Lanka. Laddove individuano una certa categoria di servizi come effettivamente utili per avvicinarsi al mercato del lavoro (…), ecco che lì c’è il passaparola, c’è un’utenza che si rivolge in maniera costante a questo servizio. Gli appartenenti alla comunità somala spesso vengono qui chiedendo l’iscrizione al corso per saldatori, probabilmente gli è già stato suggerito da altri connazionali. (Focus group CPI Firenze Q1) Ai casi sopra citati si aggiunge quello della formazione nell’ambito socio-assistenziale o socio-sanitario; come si avrà modo di vedere in seguito le informazioni riguardo ai corsi di questo genere sono fortemente veicolate dalle reti sociali delle donne provenienti dall’Europa dell’Est e in particolare dalle donne rumene (cfr. par. 6.8). Come si evince dalle testimoniate riportate, il profilo di utilizzo mirato sembra quindi comportare una sorta di etnicizzazione di alcuni servizi. In questo caso la rete etnica veicola informazioni mirate e circoscritte ad un determinato servizio; ne consegue però una scarsa cognizione del ruolo complessivamente svolto dai CPI da parte dell’utente ed una limitata capacità di muoversi verso altre tipologie di servizio. Rispetto all’uso consapevole, siamo quindi un passo indietro. 254 Nel complesso, a fronte di un’utenza in maggioranza marginale/ strumentale, sembrano delinearsi profili di utilizzo più articolati (consapevole e mirato). La discriminante rispetto ad un uso consapevole, in particolare, è costituita dalla capacità di recepire la strutturazione di un servizio impostato sulla ricerca attiva di lavoro e, conseguentemente, di mobilitare le risorse di cui si è in possesso o di incrementarle aprendosi, ad esempio, alle possibilità di formazione. In questo senso è però opportuno evidenziare la debolezza strutturale di alcuni soggetti migranti; si tratta in particolare di coloro che sono residenti da minor tempo in Italia, che hanno scarse competenze linguistiche e una minore cognizione dei servizi attivi sul territorio. Se a questi fattori si somma una condizione economica precaria e l’assenza di una rete sociale che possa svolgere un ruolo di supporto, è facilmente comprensibile il perché di una rinuncia a priori a intraprendere un percorso maggiormente approfondito all’interno dei servizi offerti dal CPI. Come è stato efficacemente notato “la promozionalità deve condurre a tenere presente l’opportunità di integrare le misure di politica attiva con altre forme di intervento, poiché (…) vi è necessità di ridurre l’handicap iniziale, dovuto alla carenza di risorse necessarie per essere attivi sul mercato del lavoro. La richiesta di maggiore capacità di iniziativa ai soggetti in situazione di disagio occupazionale rischia infatti di penalizzare chi è meno capace di attivarsi” (Zucchetti, 2002, p. 62). La tipologia proposta consente di differenziare l’utenza straniera in tre macrocategorie che, a loro volta, sono suscettibili di un’articolazione interna. In tal modo è stato possibile evidenziare la variabilità delle esigenze che gli utenti stranieri pongono ai CPI e riflettere, conseguentemente, sulle possibili azioni da intraprendere in vista di un’agevolazione dei percorsi all’interno dei servizi. Con riferimento all’utenza che mostra un profilo di utilizzo marginale/strumentale si pone la necessità di agevolare una maggiore conoscenza dei servizi e al contempo consentirne una fruizione mediante la predisposizione di azioni volte a ridurre i fattori di svantaggio (mancanza di competenze linguistiche, scarsa conoscenza dei servizi attivi sul territorio, assenza di una rete sociale di supporto). Tuttavia, si tratta di fattori complessi, che chiamano in causa non soltanto il ruolo svolto dai CPI ma che richiedono, invece, di essere affrontati mediante la predisposizione di azioni integrate che coinvolgano, oltre ai CPI, i soggetti istituzionali e della società civile che, sul territorio, sono attivi nell’ambito delle politiche per l’accoglienza e l’integrazione degli stranieri. 255 Il profilo di utilizzo mirato ci presenta una categoria di utenti che fruiscono dei servizi in maniera settoriale avendo pertanto una scarsa consapevolezza delle opportunità complessivamente offerte dai CPI. Per questa categoria si evidenzia quindi la necessità di promuovere un uso maggiormente consapevole dei servizi che potrebbe avvenire anche grazie alla maggiore diffusione di strumenti informativi tradotti nelle lingue delle comunità più presenti sul territorio. Si tratta di un’azione di cui, tra l’altro, potrebbero beneficiare anche gli utenti che evidenziano un profilo di utilizzo marginale/strumentale. La categoria di utenti che evidenzia un uso più consapevole dei servizi risulta nettamente minoritaria rispetto alle altre e, tuttavia, pone in evidenza la necessità di una personalizzazione dei percorsi che consenta di cogliere la specificità delle richieste che una tale categoria può porre al CPI. Si tratta di utenti che prendono le distanze da quell’immagine dello straniero “disposto a svolgere qualsiasi lavoro” e che, invece, sono disponibili ad intraprendere azioni volte ad un inserimento o reinserimento occupazionale qualificato. A tale proposito risulta necessario porre particolare attenzione alla predisposizione, ovviamente inintenzionale, di percorsi standardizzati per l’utenza straniera che tenderebbero a penalizzare coloro che pongono richieste “più complesse” ai CPI. In conclusione sembra opportuno riflettere sui fattori che possono determinare la collocazione dei soggetti migranti all’interno delle varie categorie sopra citate. Come si è visto, alcuni aspetti strettamente correlati con l’esperienza migratoria dei soggetti intervistati (l’anzianità di immigrazione, la conoscenza della lingua, le risorse culturali e materiali, la rete sociale di supporto, ecc.) contribuiscono in maniera sostanziale a determinare le modalità di utilizzo dei servizi offerti dai CPI. Si tratta quindi di fattori esterni al CPI che, tuttavia, vanno ad inficiare l’efficacia dei servizi proposti. In tal senso, la presa in carico dei fattori di svantaggio non può essere pensata come una competenza esclusiva dei CPI ma, al contrario, richiede la predisposizione di azioni integrate che siano strutturate in collaborazione con altri soggetti. Al contempo, sembra opportuno evidenziare che, in un contesto in cui la popolazione migrante mostra una scarsa conoscenza rispetto ai servizi offerti dal CPI, misure come la mediazione linguisticoculturale possono contribuire in maniera significativa ad un uso più consapevole e, con buona probabilità, più pervasivo dei servizi da parte dell’utenza straniera. 256 6.6 Percezioni dei Centri per l’impiego da parte dell’utenza migrante Si è già avuto modo di constatare come, in una fase iniziale, gli utenti stranieri tendano di frequente a riporre aspettative di un certo tipo nei confronti del CPI; uno dei motivi essenziali che li porta a rivolgersi a questo servizio è, oltre a quello puramente strumentale connesso agli adempimenti di carattere burocratico, quello di ricercare, e ottenere in breve tempo, un lavoro. La maggior parte degli utenti dichiara di essere disposta a svolgere “qualsiasi lavoro, basta lavorare”, una locuzione che emerge quasi costantemente nelle interviste agli utenti che rientrano nel profilo di utilizzo marginale-strumentale. Al di là delle aspettative inizialmente riposte nel servizio, gli utenti stranieri intervistati riconoscono al CPI una scarsa capacità di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro e, per contro, nella maggior parte dei casi evidenziano la maggiore efficacia delle reti informali nello svolgere un tale compito108. Alcuni intervistati ritengono che la scarsa capacità di intermediazione sia imputabile alla ridotta strutturazione dei rapporti tra il CPI e i datori di lavoro, un fattore che determinerebbe una carenza delle offerte di lavoro veicolate dai CPI, e che in effetti è confermato dai dati presentati nel paragrafo 6.3. Per la ricerca del lavoro non so quanto funziona l’incontro domandaofferta, né quanto le ditte lo usano. Perché il CPI può lavorare benissimo ma se le ditte che cercano personale non si affidano a questo servizio non so quanto possa funzionare. Quindi da questo punto di vista non so. Io l’ho sempre trovato per altre vie. (Int. n. 16) Da tre quattro anni, non mi è mai capitato un lavoratore, una lavoratrice [stranieri] che mi abbia detto di essere stato chiamato [per un lavoro, n.d.a.] dal CPI. Questo è indicativo dell’uso che può fare il lavoratore o di come è la risposta del CPI rispetto al lavoratore straniero. (…) In una situazione in cui la gran parte dei lavoratori la difficoltà la trova non nel sapere come comportarsi ma nel sapere come trovare un lavoro, un nuovo lavoro, non c’è questo rapporto stretto tra CPI, possibilità di lavoro e lavoratori. Penso che il CPI dovrebbe essere il ponte; manca anche l’abitudine da parte del datore di lavoro, sia persona fisica o giuridica, che si possa fidare dei CPI, perché le poche possibilità che offre il CPI sono L’indagine svolta da ISFOL sul rapporto tra utenza straniera e CPI conferma questo dato evidenziando l’efficacia dei canali informali (amici/parenti) nella ricerca del lavoro e la bassa percentuale di utenti stranieri che hanno ottenuto delle occasioni di lavoro mediante il CPI (De Sario, 2007). 108 257 la conseguenza dei pochi casi in cui si rivolge il datore di lavoro. (Rocca De La Cruz, CIGL) La consapevolezza rispetto all’attuale congiuntura critica in cui verte il mercato del lavoro risulta piuttosto diffusa come evidenzia, tra gli altri, un giovane di nazionalità rumena: “se non c’è lavoro, non c’è lavoro. Loro [gli operatori del CPI, n.d.a.] non possono fare niente” (Int. n. 26). Nonostante ne riconoscano la scarsa capacità di intermediazione, alcuni utenti ritengono però che il ricorso al CPI possa agevolare la ricerca di un lavoro “diverso” da quello reperibile mediante i contatti informali. Si cerca lavoro fra amici, a me mai nessuno mi ha parlato del CPI forse la gente non lo sa e spesso si trova lavoro tramite amici ma io ora che so che c’è questa possibilità e potrei cambiare qualcosa... anche per avere delle esperienze di lavoro diverso. (Int. n. 22) Per trovare lavoro anche attraverso amici che avevo qui lo potevo trovare, però volevo anche essere un po’ cambiata e non fare sempre le pulizie. (Int. n. 31) Tali affermazioni si ritrovano tra gli utenti che mostrano un profilo di utilizzo consapevole dei servizi; pur riconoscendo i limiti nell’intermediazione domanda/offerta questi intravedono l’opportunità offerta dal CPI nel consentire una fuoriuscita dai segmenti meno qualificati del mercato del lavoro o dal sommerso agevolando una ricollocazione della propria occupazione professionale109. Come si è avuto modo di evidenziare il servizio di gran lunga più utilizzato da parte dell’utenza migrante risulta quello dell’autoconsultazione delle offerte. Nell’ambito dell’utenza marginale, quella che si è limitata ad usufruire di tale servizio, vi sono casi di soggetti disoccupati da lungo periodo in cui la mancata efficacia dell’auto-consultazione non porta a rivolgere una richiesta di sostegno ed orientamento presso gli altri servizi disponibili ma sfocia piuttosto in uno stato di frustrazione e di generale disaffezione verso il CPI110. Si tratta di un aspetto emerso anche nell’ambito dell’indagine svolta da ISFOL. La ricerca evidenzia, tuttavia, che è soprattutto una parte degli utenti stranieri già occupati “che si rivolge ai SPI per migliorare la propria condizione di lavoro e, indirettamente, mostra la pressione e la volontà soggettiva dei cittadini stranieri (almeno di una parte significativa di quelli che si rivolgono ai CPI) ad uscire da una condizione di lavoro nero e/o precario” (De Sario, 2007, p. 109). 110 Con riferimento ai disoccupati di lungo periodo si evidenzia, ancora una volta, la centralità dell’accompagnamento attivo svolto dagli operatori. In linea teorica, poiché il prolungarsi dello stato di 109 258 Ho frequentato il CPI per un anno e almeno una volta al mese ci andavo. Ma dopo un po’ che ci vai e vedi che non c’è mai niente, ti scoraggi. (Int. n. 1) Mi sono trovata bene ma sono stanca. Vengo sempre, sempre e non trovo niente. Sono stanca che non trovo mai niente, perdo tempo e poi faccio anche fatica per venire e andare via sempre senza nulla. (Int. n. 28) Sono soprattutto i soggetti in condizione di disagio a manifestare delle perplessità circa la trasparenza nella gestione del servizio di intermediazione che si traducono, talvolta, in esplicite accuse rivolte agli operatori dei CPI. In particolare, la scarsa efficacia del servizio di candidatura, congiunta ad una conoscenza sommaria delle procedure, solleva frequentemente dei sospetti riguardo alla gestione del servizio. Contestualizzando una tale dinamica nell’ambito delle interviste realizzate si evidenzia che i sospetti emergono in particolare tra i soggetti che mostrano un profilo di utilizzo marginale dei servizi: laddove persiste una condizione di disoccupazione prolungata, l’atteggiamento di tendenziale passività nella ricerca del lavoro operata all’interno dei CPI si accompagna in questi utenti ad una “colpevolizzazione” degli operatori. L’incapacità di divenire attori protagonisti del proprio reinserimento lavorativo, infatti, sembra creare un terreno fertile per un tale genere di rivendicazioni. Sembra opportuno considerare che, ai fini della nostra indagine, ciò che assume particolare importanza non è tanto la veridicità delle accuse sollevate da questi intervistati quanto piuttosto la percezione che emerge, nell’ambito di tali racconti, dei soggetti che operano all’interno dei CPI. In questo senso i dubbi sulla “correttezza” degli operatori possono essere letti come un sintomo tangibile della scarsa fiducia che alcuni utenti stranieri hanno nei confronti dei CPI. Non so dopo che io esco di qua come va la ricerca di lavoro, ci sono tanti, anche io, che non ricevono risposta. Sono stato qui tre settimane fa per presentare una candidatura, mi hanno detto che venerdì mi avrebbero telefonato per fare un colloquio, ma sono passate le settimane e non è successo niente. Ho chiesto spiegazioni oggi, ma mi hanno detto che loro mandano i fogli a chi cerca le disoccupazione è suscettibile di accrescere i fattori di marginalizzazione rispetto al mercato del lavoro, sembrerebbe opportuna una progressiva intensificazione dell’intervento degli operatori in relazione al protrarsi dello stato di inattività di questi soggetti, un approccio che si riscontra, tra gli altri, nel modello anglosassone dei servizi pubblici per l’impiego. Va inoltre evidenziato che recenti ricerche condotte nel contesto italiano rilevano la crescente diffusione del fenomeno della disoccupazione di lunga durata presso la popolazione straniera. In merito cfr. Colasanto, 2002; Brambilla, 2006; Bertazzon e Fincati, 2007. 259 persone e a quel punto viene fatta la scelta. (...) Questa di oggi è la terza [candidatura, n.d.a.] e non sono stato mai chiamato (Int. n. 7) Ma loro come mandano i requisiti delle persone? Perché a me non mi hanno mai chiamata non so come scelgono. Comunque non sono l’unica perché ci sono delle mie amiche che sono tanti anni che sono iscritte e non sono mai state chiamate, non so come scelgono le persone. (Int. n. 19) In alcuni casi, come in quello di una donna albanese, si profila anche il sospetto che l’operatore non abbia provveduto ad inoltrare la candidatura senza informarne l’utente che l’aveva proposta. Io nel 2002 cercavo lavoro però ero da un’altra parte, ero in un’altro Quartiere. Lì avevo perso la fiducia con il CPI, dico la verità, perché sono stata diverse volte per trovare lavoro, chiaramente ognuno cerca quello che si può fare, mi è capitato una volta che avevo fatto una richiesta per un’offerta di lavoro, magari era adatta, magari no, non lo so..però io ho visto questa signora che l’ha presa e l’ha buttata nel cestino. Io sono rimasta molto male e sono andata via. Sicché da quel momento in poi non sono andata più al CPI perché ho detto: “finché ci rimango male non ci vado più”. (Int. n. 31) In merito va comunque evidenziato che tra gli stranieri, così come tra gli italiani, sembra diffusa la tendenza a candidarsi pur in assenza dei requisiti richiesti dalle offerte. Tale meccanismo sembrerebbe alimentato dalla dinamica che vede aumentare congiuntamente la selettività del mercato del lavoro e l’offerta di lavoro. La cosa che si sta notando e che ci preoccupa, non solo per gli immigrati, è che mentre prima ci si candidava alle offerte alle quali si era in grado di rispondere, quelle che avevano le caratteristiche corrispondenti alle competenze possedute, adesso ci si candida a tutto e noi siamo costretti a scartarne quasi il 30%. Questo comincia ad essere preoccupante perché vuol dire che c’è un indebolimento del mercato mentre il mercato è divenuto più selettivo. Mentre c’è una maggiore offerta di lavoro la domanda è divenuta più selettiva, non chiede più soltanto operai generici ma anche operai specializzati o tecnici. (Michele Del Campo, direttore Fil S.p.A.) In alcuni casi i sospetti tendono a concentrarsi sulla possibilità di un legame privilegiato tra determinati utenti e gli operatori del CPI. La relazione di fiducia che, come si è detto, taluni utenti riescono ad instaurare con gli operatori viene interpretata da altri come una sorta di “clientelismo”. 260 Ma il problema è questo: qui, come da noi in Marocco, il lavoro lo danno a quelli che conoscono. (…) Se conosci qualcuno trovi lavoro subito, se non conosci nessuno ti dicono: “lascia il numero di telefono” e appena vai via poi lo buttano via. Questo è quello che penso, poi non so se sono sbagliata io. (Int. n. 28) Però lì se vai e se conosci qualcuno che ti aiuta potrai fare qualcosa per trovare lavoro, chi non ti aiuta ti fa l’iscrizione e basta. Capito? Nel senso che non è che ti danno tanta importanza se non c’è una conoscenza un po’ più... come dire... una conoscenza di persona. (Int. n. 17) Come si è già detto, ciò che appare rilevante ai fini della presente indagine non è tanto una considerazione dell’attendibilità dei sospetti e delle recriminazioni che emergono dalle singole esperienze (una valutazione che peraltro i dati emersi dall’indagine non consentirebbero di effettuare), quanto piuttosto la centralità che tali aspetti possono assumere nelle dinamiche di disaffezione nei confronti del servizio offerto. In vista del superamento delle criticità sopra evidenziate si tratterebbe, pertanto, di promuovere delle azioni che consentano una maggiore chiarezza delle procedure e, nello specifico, una più diffusa consapevolezza del ruolo ricoperto dagli operatori dei CPI presso quella parte di utenza che tende ad imputare a tali soggetti, che si trovano “in prima linea” nel confronto con le molteplici esigenze degli utenti, le responsabilità dell’inefficacia delle azioni intraprese nella ricerca di lavoro. Come emerso nell’ambito di un focus group, gli effetti della crisi e la conseguente contrazione delle offerte di lavoro disponibili contribuiscono ad alimentare le tensioni e la sospettosità di alcuni utenti nei confronti degli operatori. Qui arrivano tutti arrabbiati, italiani, stranieri comunitari e non comunitari e noi dobbiamo cercare di stare tranquilli e di sedare anche se abbiamo sempre meno risorse e strumenti. (…) C’è un nervosismo dilagante; all’accoglienza un giorno sì, un giorno no c’è una reazione intollerante. Anche noi siamo stanchi di essere maltrattati perché ritenuti responsabili, perché i servizi pubblici sono visti come i responsabili del perché non si trova lavoro, come coloro che hanno occhi di riguardo solo per ‘i loro’. Siamo l’osservatorio e la prima linea dove si riversano le rivendicazioni di ogni tipo. (Focus group CPI Firenze Q1) 261 Emerge, in tal senso, la centralità degli strumenti di prima accoglienza, ed in particolare del front-office, nella gestione di un’utenza spesso poco consapevole riguardo alla strutturazione dei servizi, un utenza che è portata ad attribuire agli operatori gli oneri relativi all’efficienza di un servizio verso il quale si ripongono aspettative spesso incongruenti rispetto alle reali possibilità di intervento. In conclusione, sembra opportuno effettuare alcune considerazioni in merito alle rappresentazioni del CPI emerse nell’ambito delle interviste realizzate. In questo senso si rileva che nella maggioranza delle esperienze considerate il CPI costituisce una “risorsa estrema” alla quale gli utenti stranieri fanno ricorso per procedere nella ricerca di un lavoro, soltanto dopo aver sperimentato molte altre strategie, principalmente di carattere informale111. È quanto emerge in maniera emblematica dalla testimonianza di una donna rumena disoccupata: “ora che sono venuta qui è la mia ultima speranza e speriamo di avere fortuna” (Int. n. 10). All’opposto di una tale rappresentazione vi è, invece, quella del CPI come realtà istituzionale che può fornire opportunità di fuoriuscire dal lavoro sommerso o da una condizione di precariato e agevolare l’emancipazione rispetto alle nicchie etniche del lavoro. Si è avuto modo di evidenziare testimonianze di una tale rappresentazione del CPI nelle pagine precedenti (cfr. Int. n. 22 e n. 31, p. 9). Significativa in questo senso anche la testimonianza di una giovane donna albanese, in Italia da 5 anni, nella quale emerge la fiducia nel CPI come realtà istituzionale, e per questo più “sicura”, che può fornire numerose possibilità. Io poi credo molto anche nei CPI, perché credo nelle istituzioni, magari sono fuori moda ma ci credo. Il CPI secondo me dà più sicurezza, perché intanto mi iscrivo, poi si vedrà. E poi serve anche per la disoccupazione, o per aderire ai bandi per disoccupati, lavoratori in mobilità, ecc. Nel frattempo puoi provare a fare una formazione, o a richiedere i voucher. Secondo me quella del CPI è un’occasione che è sempre bene non perdere. (Int. n. 32) Non si può prescindere dal considerare che la percezione dei CPI rivelata dagli utenti mostra una relazione significativa con la capacità degli utenti stessi di relazionarsi con un tale soggetto istituzionale. Questo aspetto è documentato anche dal rapporto CNEL su “Gli immigrati nel mercato del lavoro italiano”; se infatti la percentuale di stranieri disoccupati che si rivolge ai CPI è assimilabile a quella degli italiani, si riscontra invece una profonda divergenza tra il ricorso a tale servizio da parte degli occupati; 38% circa nel caso degli italiani, 16,5% nel caso degli stranieri (CNEL, 2008, pp. 93-94). 111 262 Le criticità appaiono evidenti nel caso degli intervistati che mostrano un profilo di utilizzo marginale dei servizi, per cui l’inefficacia delle azioni di ricerca del lavoro intraprese all’interno dei CPI, azioni che come si è visto si limitano spesso alle prime fasi della flow chart dei servizi, tende ad alimentare una percezione negativa, o quantomeno, dubbia degli operatori ed una disaffezione più generale verso i servizi offerti dal CPI. Si tratta di un aspetto centrale poiché rischia di innescarsi una dinamica circolare (scarsa conoscenza dei servizi ed uso limitato + percezione negativa del CPI + disaffezione verso il servizio), che può portare ad alimentare ulteriormente i processi di marginalizzazione di quella parte di utenza che mostra maggiori criticità nell’accesso al servizio. Si è già richiamata l’importanza della predisposizione di strumenti di comunicazione che promuovano un accompagnamento più consapevole delle fasce di utenti marginali all’interno dei percorsi offerti dai CPI. Tuttavia, oltre ad agire sulle criticità che possono rappresentare degli ostacoli nell’accesso e nell’utilizzo dei servizi sembrerebbe utile predisporre delle azioni che tendano a scardinare i perplessità di cui si è riferito. Ad esempio, con specifico riferimento al servizio di autocandidatura per le offerte di lavoro, quello che in assoluto sembra sollevare maggiori sospetti, si potrebbe pensare a delle azioni che consentano di informare gli utenti sui motivi del decadimento della propria candidatura. L’introduzione di un tale feedback, oltre a fornire all’utente una maggiore trasparenza delle procedure, consentirebbe, inoltre, di agevolare un uso più circostanziato del servizio stesso poiché l’utente potrebbe calibrare le candidature successive anche in relazione alle informazioni emerse da una candidatura decaduta. Quella proposta è solo una delle possibili misure integrabili nei servizi che, tuttavia, potrebbe promuovere nell’utenza una maggiore consapevolezza dei percorsi intrapresi e, al contempo, una più chiara cognizione delle responsabilità e del ruolo dagli operatori nell’ottica di agevolare una relazione più proficua. 6.7 Il ruolo della formazione Secondo alcuni testimoni qualificati, le opportunità formative a disposizione dei lavoratori stranieri sono ancora scarse. Per Fabozzi (Confartigianato) “ci sono i corsi di lingua, ma le proposte formative sono ancora minime, ancora ci si ferma prevalentemente 263 ai corsi di lingua e sulla sicurezza, mentre i corsi di qualificazione e professionalizzazione sono ancora poco frequentati dagli stranieri”. È tuttavia innegabile, secondo quanto emerge dalla nostra indagine, che se fino ad ora “funzionava il passa-parola senza formazione”, negli ultimi tempi si è cominciato “a notare un aumento degli stranieri che frequentano i corsi” (Zejnati, UIL). Sulla base delle interviste raccolte con gli utenti dei CPI, il numero di persone straniere indirizzate verso attività formative risulta rilevante. Ciò che emerge con grande evidenza è che però i corsi frequentati sono prevalentemente quelli per assistenza di base e per il conseguimento di qualifiche di non elevato livello professionale. Per quanto riguarda i primi, il responsabile del settore politiche del lavoro della provincia di Prato, Simone Cappelli, ha ricordato come si tratti “di corsi che sfornano almeno un centinaio se non di più di qualifiche all’anno, e lì la presenza di lavoratrici straniere è massiccia”; con riferimento ai secondi, un operatore del CPI del Quartiere 1 di Firenze ha sottolineato come ci sia “richiesta per tutte quelle che sono qualifiche tecniche-manuali, come operatori che possono lavorare nelle pelletterie, abbiamo il corso per saldatori in cui la maggior parte sono stranieri”. Queste considerazioni confermano a nostro avviso che nell’inserimento degli stranieri nel mercato del lavoro continuano a prevalere percorsi di integrazione subalterna. Il migrante trova lavoro in un segmento specifico del mercato del lavoro, talora intraprende un percorso di qualificazione all’interno di quello stesso segmento, ma difficilmente riesce ad uscirne per operare in ambiti diversi e più qualificati. Non sono pochi gli sforzi compiuti dai CPI per accompagnare l’utenza straniera verso le offerte formative disponibili, e più in generale per far comprendere l’importanza di queste opportunità in termini di occupabilità e qualificazione delle competenze. Come ha sottolineato la referente del CPI del Quartiere 4 di Firenze: Dopo il primo contatto si cerca di creare un percorso per cui [gli utenti stranieri] pervengono alla consapevolezza che se non acquisiscono alcune conoscenze e alcune competenze che vengono richieste non riescono ad inserirsi. La persona che in un primo momento nega la possibilità di una formazione anche linguistica, cede, si arrende dopo essersi scontrato più volte con l’impossibilità di collocarsi. Alcuni si perdono e non si sa poi che cosa succede, altri se poi riescono a fare la formazione è anche perché c’è un sostegno. Ma in un primo momento la possibilità di fare formazione la vedono sempre come se gli chiedessi di andare sulla luna. 264 I periodi di disoccupazione rappresentano da questo punto di vista una leva importante per far comprendere l’importanza di determinati percorsi di qualificazione, o quanto meno la possibilità di ricorrere anche a questo strumento per migliorare le chances occupazionali. Tuttavia, anche se non manca una giustificata soddisfazione per i casi nei quali -come ha ricordato uno degli operatori del CPI del Quartiere 4 di Firenze- “si vede che riusciamo a farglielo capire, perché poi li vedi che guardano gli avvisi dei corsi”, l’orientamento alla formazione svolto dai CPI nei confronti dell’utenza straniera resta prevalentemente concentrato sui due ambiti indicati all’inizio del paragrafo. Come è emerso nel corso del focus svolto presso il CPI del Quartiere 1 di Firenze: La richiesta di formazione è principalmente nel settore sociosanitario, le persone che si prestano per l’assistenza agli anziani, sia come assistenza domiciliare, sia presso strutture attraverso cooperative, sono più che altro cittadine e cittadini stranieri, quindi c’è una richiesta continua. Se si va a vedere l’elenco dei corsi finanziati ce ne sono 5 o 6 del genere. Nel caso delle donne immigrate, le interviste agli utenti confermano che è proprio il CPI, spesso, a indirizzare verso la frequenza dei corsi per assistenza di base e affini. Su cinque intervistate che stanno frequentando un corso di questo tipo (non a caso tutte donne rumene), almeno tre sono quelle che hanno appreso la notizia del corso o che vi si sono iscritte attraverso il CPI. Altri quattro utenti hanno frequentato, stanno frequentando o si accingono a farlo, corsi per aiuto cuoco, mulettista o di addetti alle vendite suggeriti dai Centri. Seppur non trascurabile dal punto di vista quantitativo, l’incidenza della formazione sui percorsi lavorativi dell’utenza straniera è ancora relativamente ridotta. Dalle interviste non emerge un rapporto consolidato con il sistema formativo, che è ancora percepito come una risorsa nel complesso poco importante. Se analizziamo le motivazioni di quella che un operatore del CPI del Quartiere 4 di Firenze ha definito esplicitamente come “resistenza degli utenti stranieri ad accettare la possibilità di intraprendere un percorso formativo”, ci imbattiamo nei nodi strutturali variamente evidenziati dalla letteratura esistente. Per spiegare lo scarso richiamo esercitato dalla formazione sui lavoratori stranieri uno studio del Cnel ha elencato una serie di ragioni: la persistente concentrazione della domanda di manodopera straniera in profili a basso contenuto 265 professionale, gli orientamenti e le strategie delle imprese nella gestione delle risorse umane straniere occupate, le resistenze culturali dei lavoratori autoctoni (restii -secondo questo studio- ad abbracciare prospettive di pari opportunità). Allo stesso tempo il Cnel ha sottolineato come poco meno dell’80% della manodopera straniera che stava per entrare nel mercato del lavoro italiano nel corso del 2008, avrebbe necessitato “di ulteriore formazione”, ma che essa si sarebbe attuata “soprattutto con periodi di affiancamento” e che ai corsi organizzati dall’impresa avrebbero avuto accesso “prevalentemente quei lavoratori stranieri che già possiedono livelli di competenza medio-alti” (Cnel, 2008, pp. 95-99). Ma oltre a queste motivazioni di carattere strutturale, legate alle dinamiche complessive del mercato del lavoro, ve ne sono altre nelle quali l’aspetto sistemico non può essere disgiunto da quello soggettivo. Sotto quest’ultimo profilo il principale ostacolo nell’accesso ai corsi di formazione da parte degli utenti stranieri appare quasi ovvio: i corsi sono troppo lunghi per persone che hanno quasi sempre la necessità primaria ed indifferibile di lavorare. La referente del CPI del Quartiere 1 di Firenze ha affermato in proposito: Il problema nella formazione è che, siccome i corsi di formazione sono molto lunghi, sono di 600-900 ore, c’è un abbandono molto alto. Il cittadino extracomunitario che ha necessità di lavorare va sì a fare formazione ma, se trova lavoro, lascia il corso. C’è un abbandono altissimo nei primi 3-4 mesi di corso. (...) Per come sono strutturati i corsi adesso sono proprio full-immersion per cui le persone frequentano 3, 4 a volte anche 5 giorni alla settimana; quindi pensare ad un impegno che vada dalle 9 alle 17 anche tre giorni alla settimana impedisce qualsiasi attività lavorativa”. Rocca De La Cruz (Cgil Firenze) è stato ancora più esplicito: Sono sempre stato critico su come vengono impostati i corsi di formazione per gli stranieri da parte dei CPI perché a volte non si tiene di conto della particolarità di questi lavoratori. Il 99% degli immigrati vengono per trovare un lavoro e poter sostenere in parte o totalmente la famiglia nel paese di origine; non lavorare significa non mandare nulla. E i corsi che danno diritto a una qualifica quasi obbligano a non lavorare, perché c’è il vincolo della presenza, il numero di ore e di tempo significa un investimento che va a ripercuotersi sulle famiglie degli immigrati (…). 266 Nel caso delle cosiddette lavoratrici domestiche o badanti, il datore di lavoro difficilmente dà l’autorizzazione ad andare a lezione tutti i giorni o ad assentarsi per 2-3 ore al giorno; questo può creare problemi al rapporto di lavoro, che può finire con il licenziamento. Come conseguenza preferiscono non formarsi, non qualificarsi ma mantenere quelli che erano stati gli obiettivi primari all’arrivo in questo paese. Sono stati molti gli utenti intervistati che hanno dichiarato di aver preso in considerazione una qualche ipotesi di percorso formativo, ma di averla scartata per ragioni di tempo e di articolazione degli orari, condizione quest’ultima particolarmente condizionante per le donne con carichi familiari. “Mi piacerebbe fare qualche corso per imparare un’attività, ma prima devo trovare un lavoro”, ha detto un ventisettenne rumeno. Dal punto di vista degli utenti sono significativi anche altri ostacoli di natura materiale, come accade a coloro i quali non hanno i mezzi per pagarsi i corsi (“se sono corsi a pagamento non li posso fare”, ha notato un intervistato che avrebbe desiderato iscriversi ad un corso per fare il cameriere a Firenze), o nei quali la sede del corso è lontana dall’abitazione e non si hanno mezzi per raggiungerla agevolmente. Appare comunque evidente che le resistenze più forti derivano dalla percezione della scarsa utilità delle offerte formative di volta in volta prospettate. I corsi sono spesso ritenuti distanti dalla realtà lavorativa, e richiedono uno sforzo rispetto al quale -secondo l’opinione di molti degli intervistati- i benefici attesi non sembrano essere proporzionali. Non mancano inoltre coloro che dichiarano di preferire le esperienze acquisite sul campo (la “pratica”) alle credenziali ottenibili attraverso corsi di qualificazione. “Io ho le referenze, senza studio, senza niente”, ha risposto risentita una donna marocchina alla domanda relativa alla valutazione dell’utilità dei percorsi di qualificazione per assistente familiare o di base. Le prove della presenza diffusa di percezioni di questa natura sono desumibili dal tipo di attività formative effettivamente frequentate. Risultano attraenti i percorsi formativi considerati immediatamente spendibili nell’esperienza lavorativa. I corsi per O.s.a. o per assistente di base ottengono una buona accoglienza non soltanto per il ruolo di indirizzo verso di essi esercitato dai Centri, ma anche perché sono considerati dai frequentanti stranieri sia come uno strumento che migliora le opportunità a disposizione -il mercato del lavoro 267 di cura è in crescita- sia come strumenti professionalizzanti, che possono consentire il passaggio dal lavoro di cura in ambito privato/ familiare al lavoro in struttura. A proposito di uno di questi corsi, da lei frequentato, una donna rumena ne ha sottolineato l’importanza: Perché tutti sappiamo mettere i pantaloni, sappiamo fare le pulizie a una persona anziana, sappiamo crescere un bambino -io ho cresciuto i miei- ma farlo così è diverso, da quando le cose le sai in maniera approfondita, sei più sicura, sai che una cosa va fatta così perché hai studiato. Nel complesso l’uso consapevole e strategico della risorsa formativa risulta ancora minoritario. Un intervistato albanese ha elencato tutti i corsi frequentati a partire dal momento del suo arrivo in Italia (programmazione di computer, tecniche di marketing su internet, agente immobiliare), indicando come motivazione fondamentale delle scelte compiute il desiderio di migliorare la propria qualificazione professionale (“non l’ho fatto per lavorare perché in quel momento lavoravo. Non avevo pensieri di rimanere senza lavoro. L’ho fatto per mio interesse, per accrescere le mie conoscenze”). In altri casi è emerso l’esplicito riconoscimento della formazione come mezzo utile a rafforzare la rete relazionale e quindi a farsi conoscere (a proposito di un corso frequentato, una donna albanese ha ricordato: “non è che mi è servito per il lavoro che ho fatto dopo, ma ho fatto esperienza (...) insomma è servito a introdursi…”. Resta tuttavia la sensazione che la formazione sia vista -come ha affermato Leonardo Angeletti- “come uno spreco di tempo rispetto al lavoro”. La conclusione dello stesso Angeletti è che: Per il beneficio di tutti, ma in particolare dei migranti, questo è un settore che va riformato. Purtroppo la formazione risente di un approccio un po’ troppo scolastico, si devono organizzare corsi nei quali le persone devono sì stare in aula, ma devono stare soprattutto sul terreno. I migranti hanno anche approcci, culture e lingue diverse, e quindi anche il modo di porsi dev’essere diverso, bisogna considerare che molti stranieri non sono analfabeti, accettano lavori umili per necessità ma si deve considerare che non abbiamo di fronte persone senza competenze. Nonostante i lodevoli sforzi dei CPI, dunque, forme e contenuti di un’offerta formativa in grado di intercettare realmente l’interesse dell’utenza non italiana devono ancora essere delineati. 268 6.8 Una prospettiva di genere Riguardo all’inserimento delle donne migranti nel mondo del lavoro è stato efficacemente evidenziato come una tale categoria sia suscettibile di subire una “doppia discriminazione” (Simon e Brettel, 1986); infatti, la condizione di migranti e l’appartenenza di genere possono determinare una duplicazione dei fattori di svantaggio. In particolare, la letteratura ha evidenziato come gli effetti della cosiddetta path dependency, vale a dire la “dipendenza dal percorso” di primo inserimento nella società ospite112, mostrino una particolare rilevanza nel caso delle donne alle quali “al di là dell’istruzione, delle precedenti esperienze di lavoro, delle aspirazioni professionali, i mercati del lavoro riceventi offrono quasi soltanto lavori domestici, assistenziali, di pulizia, con pochissime opportunità di promozione” (Gilli e Landi, 2007, p. 19). Un’analisi tesa ad approfondire l’inserimento delle donne migranti nel mercato del lavoro e, conseguentemente, le domande che tali soggetti pongono ai servizi pubblici per l’impiego, non può prescindere dal considerare le caratteristiche del progetto migratorio intrapreso. In tal senso, pur nella variabilità delle singole esperienze, si possono distinguere almeno due macrogruppi: coloro che hanno intrapreso la migrazione individualmente e coloro che sono giunte in Italia a seguito del ricongiungimento con il coniuge o altri familiari113. Come è intuibile, tra i due sottogruppi esistono differenze sostanziali nel modo in cui viene a declinarsi la conciliazione tra l’impegno lavorativo e quello profuso nell’ambito della sfera familiare. Nel caso delle donne che intraprendono individualmente la migrazione risultano prioritari, sebbene non esclusivi, i fattori di carattere economico. Si tratta di donne per cui spesso la scelta di migrare è strettamente correlata alla necessità di provvedere al mantenimento dei figli, di un eventuale coniuge o di altri familiari nel paese di origine. È il caso, ad esempio, di una donna rumena divorziata che ha deciso di immigrare in Italia per mantenere i tre figli rimasti in Romania. Come è stato evidenziato, “la persistenza degli stereotipi sui lavori per cui gli immigrati sarebbero ‘portati’, la mancanza di agganci utili per inserirsi nelle occupazioni qualificate, la concorrenza dei lavoratori nativi, l’insufficienza degli investimenti formativi nella fase iniziale di insediamento, le difficoltà linguistiche, producono effetti di path dependency, per i quali gli sviluppi successivi dipendono dai passi precedenti, e conducono quindi ad esiti sub-ottimali nella costruzione delle carriere professionali” (Ambrosini, 2004, p. 54) 113 Per un di tentativo di classificazione maggiormente dettagliato della componente femminile dell’immigrazione si rimanda, tra gli altri, a Lodigiani (1994, pp. 494-506) che distingue le donne che migrano da sole in “protagoniste”, “apripista” e ”target-earners”, e le donne che intraprendono la migrazione con il partner in “subalterne” e “co-protagoniste”. 112 269 Io ho tre bambini e sono divorziata. Mi trovavo là [in Romania] nel bisogno. Ho visto tante donne sia più giovani che più mature di me che hanno avuto il coraggio di andare in un altro paese e hanno potuto aiutare la famiglia, quindi anch’io volevo fare qualcosa. Ho preso il coraggio e mi sono detta: “devo fare qualche cosa per i miei bambini”. (Int. n. 21) Una tale connotazione del progetto migratorio ha ripercussioni sostanziali sulle caratteristiche dell’inserimento lavorativo. Queste donne, infatti, almeno in un primo momento, sono disposte a svolgere lavori “totalizzanti”, in primis quello dell’assistenza domiciliare, pur di massimizzare le rimesse che saranno inviate in patria o di accumulare il capitale ritenuto necessario per poter concludere il proprio progetto migratorio. In molti casi, seppur nella difficile condizione di transnazionalità degli affetti114, la sospensione del lavoro di cura profuso nell’ambito familiare di origine determina una disponibilità incondizionata rispetto ai tempi di svolgimento dell’attività lavorativa nel paese di arrivo. In alcuni casi, sebbene in una fase iniziale il progetto migratorio fosse improntato alla temporaneità, queste donne procedono poi nel ricongiungimento dei figli o dei familiari rimasti in patria115. Come emerge dalla testimonianza di una donna rumena, inizialmente “badante” non regolarizzata presso una famiglia, raggiunta dal marito un anno dopo il suo arrivo in Italia, i ritmi di vita impostati su una totale dedizione rispetto all’attività lavorativa risultano difficilmente conciliabili con la vita coniugale (Int. n. 6). Il ricongiungimento dei familiari può essere, pertanto, uno dei motivi che, tra gli altri, sollecita la volontà di ripensare la propria collocazione occupazionale o, quantomeno, la disponibilità del tempo dedicato al lavoro116. La necessità di inviare rimesse al paese di origine e, con essa, la dedizione incondizionata nei confronti dell’attività lavorativa, determinano una accentuata vulnerabilità di queste donne frequentemente sfruttate dai datori di lavoro con richieste di orari Su questo aspetto si veda, tra le altre, la riflessione sulle famiglie transnazionali proposta da Ambrosini (2008). Come è stato evidenziato “la forte concentrazione della domanda di lavoro immigrata femminile nel lavoro domestico e di cura familiare (soprattutto nei grandi centri urbani), rende molto complesso il processo di ricostruzione del nucleo familiare originario, data la frequente coabitazione con il datore di lavoro e, comunque, la necessità di adeguare i propri ritmi di vita alle esigenze della famiglia datore di lavoro (esigenze spesso poco compatibili con quelle della propria famiglia). Lo sviluppo di ricongiungimenti familiari “atipici”, con l’ingresso del coniuge maschio, rientra per esempio in un processo tutt’altro che semplice e che richiede alla donna immigrata tempi più lunghi di inserimento e di stabilizzazione all’interno del paese ospitante. È proprio a tale complessità che occorre ricondurre, in linea di massima, il persistere nel tempo di alti tassi di femminilizzazione per alcune comunità straniere”. (Gilli e Landi, 2007, p. 70). 116 Come si avrà modo di evidenziare in seguito, nel caso delle cosiddette ‘badanti’ si verifica di frequente una ristrutturazione delle aspirazioni professionali rispetto al momento del primo arrivo. 114 115 270 massacranti e intrappolate nel circuito del lavoro sommerso. In tal senso, si comprende perché al momento che queste donne si rivolgono poi ai servizi pubblici per l’impiego l’aspettativa principale risulti quella di “un contratto di lavoro, un lavoro sicuro” (Int. n. 6); “un lavoro regolare” (Int. n. 21). In questo senso il CPI è percepito come un soggetto che può agevolare la fuoriuscita dai percorsi informali grazie a un’intermediazione “trasparente” con i datori di lavoro. Per le donne che sono giunte in Italia grazie al ricongiungimento familiare si profilano percorsi significativamente differenti. Tra queste, in una fase iniziale di insediamento l’impegno profuso nell’ambito della sfera familiare, e in particolare la dedizione alla cura dei figli, risultano spesso difficilmente conciliabili con l’attività lavorativa. È il caso, ad esempio, di una giovane donna rumena, in Italia da cinque mesi grazie al ricongiungimento con il marito che riferisce delle difficoltà di conciliazione della cura del figlio di 3 anni con un’attività lavorativa che, tuttavia, risulterebbe necessaria nell’ambito dell’economia familiare. Lui va all’asilo. Parla italiano meglio di me! Ha cominciato a dicembre 2008, tutti i giorni dalle 8-9 della mattina fino alle 4 del pomeriggio. Quando sono al corso [di italiano] mi danno una mano mia sorella e un’amica moldava che ha il bambino all’asilo con mio figlio. L’ho iscritto anche ai centri estivi perché ho bisogno di cercare lavoro rapidamente. (Int. n. 24) Come si evince dalla testimonianza sopra riportata, la possibilità di poter fare affidamento su una rete di sostegno, consente una maggiore libertà rispetto agli impegni familiari; nel caso della donna rumena ciò comporta l’opportunità di frequentare un corso di italiano. In assenza di un tale supporto la cura dei figli diviene vincolante cosicché le possibilità di inserimento lavorativo emergono soltanto al momento in cui i figli risultano sufficientemente cresciuti. È quanto emerge dalla testimonianza di una donna albanese, in Italia da tredici anni: “i primi anni che ero qui sono arrivate le bambine e quindi mi sono occupata di loro. Non avevo la possibilità di lavorare perché con le bambine, senza parenti è veramente difficile” (Int. n. 31). Nel caso di quest’intervistata si evidenzia anche la particolare connotazione assunta dall’attività lavorativa dopo un periodo dedicato esclusivamente alla cura della propria famiglia: “quando sono cresciuti [i figli, n.d.a.] io volevo anche un po’ esserci, un po’ vivere, esserci per me stessa”. La sospensione della ricerca di un impiego determinata dalle esigenze familiari e la valenza di 271 realizzazione personale attribuita alla stessa rendono l’esperienza della donna albanese affine a quelle di molte donne italiane. Tuttavia, se si considera che la donna in questione risulta in possesso di una laurea in Economia, si conferma ancora una volta il processo di dequalificazione subìto da una gran parte delle donne migranti. Il mancato riconoscimento del titolo di studio, ha portato l’intervistata a svolgere lavori scarsamente qualificati nei momenti di criticità dell’economia familiare; soltanto dopo che il reddito del coniuge ha consentito una relativa stabilità per il nucleo familiare, la donna ha potuto investire in un percorso di reinserimento lavorativo più qualificato, intraprendendo un corso di formazione che le permette, tra l’altro, il recupero delle competenze possedute nell’ambito dell’economia. All’inizio non ho fatto niente perché stavo sempre con le bambine. Poi crescendo loro ho iniziato a fare le pulizie, due ore qua, due ore là. Una cosa che mi metteva un po’ giù di morale era che c’avevo lo sfratto; quello mi ha fatto, non crollare, ma stare un po’ giù perché tornare indietro non si poteva, qui non c’avevo parenti e con uno stipendio era difficile. Poi mi sono sistemata, anche mio marito lavora un po’ di più, con lo stipendio stiamo un po’ più tranquilli e allora ho detto: “è il momento giusto per fare un po’ per me”. (Int. n. 31) In generale, l’anzianità di immigrazione, la presenza di un coniuge che lavora e un titolo di studio elevato sembrano fattori che favoriscono la volontà di un reinserimento a lungo meditato da parte di alcune donne migranti. Si tratta di casi, seppur minoritari, di donne che si rivolgono ai CPI con l’intento principale di ricevere un servizio di orientamento che consenta di collocarsi valorizzando le competenze possedute e che, in tal senso, si mostrano maggiormente disponibili ad intraprendere anche dei percorsi di formazione (Int. n. 31, Int. n. 18). In alcuni casi, la volontà di reinserirsi nel mercato del lavoro, si scontra, oltre che con le scarse possibilità di accesso ad un lavoro ‘più qualificato’117, con gli ostacoli determinati dall’inserimento lavorativo in un’età avanzata. Una tale dinamica si evidenzia nella testimonianza di una donna rumena di 42 anni, sposata con un italiano, che, dopo aver proceduto al riconoscimento del titolo di studio (una laurea di primo livello), e aver conseguito in Italia una Infatti, come rileva una recente indagine ISFOL, nel caso delle donne immigrate il grado di istruzione rappresenta un elemento premiante nell’inserimento lavorativo fino ai titoli di livello intermedio mentre tale andamento si inverte nel caso delle laureate (Gilli e Landi, 2007, pp. 90-91). 117 272 laurea specialistica, racconta di aver tentato la strada del tirocinio per reinserirsi nel mercato del lavoro dopo la nascita della figlia. Ho cercato [lavoro] ma ho 40 anni e non ho esperienza lavorativa a parte qualcosa come cameriera o barista che ho fatto anche qui in Italia. (…) Neanche un tirocinio sono riuscita a trovare! Sono andata al CPI a chiedere un colloquio per chiedere un tirocinio. Ma non ho trovato niente. In primo luogo per l’età… poi siccome tutte le volte per avere un colloquio passavano delle settimane… alla fine ho cercato io un’azienda su Internet nel settore del turismo, proprio per la mia laurea, e loro hanno fatto la richiesta al CPI per il tirocinio. Nella richiesta hanno specificato che non avrebbero pagato i contributi. (…) Per farmi un’esperienza lo avrei fatto a mie spese, ho detto all’azienda che avrei pagato io i contributi, ma [al CPI] mi hanno detto che non potevo. (Int. n. 18) La testimonianza sopra riportata mostra anche come l’assenza di una chiara cognizione dei servizi offerti dal CPI -la donna rumena non ha realizzato nessun colloquio presso lo Sportello Donna che, invece, probabilmente avrebbe potuto fornire un orientamento più mirato rispetto alle sue richieste- determini un uso personale, e quantomeno improprio, dei servizi stessi, nel caso specifico dello strumento del tirocinio. Si tratta di un atteggiamento attivo nella ricerca del lavoro, nello specifico un “attivismo” che travalica le competenze dell’utente stesso, il quale in assenza di una capacità reale di muoversi tra i diversi servizi determina una sostanziale inefficacia delle azioni intraprese. Va detto che, nell’ambito di questa indagine, i casi di donne altamente qualificate che tentano di ripensare la propria collocazione nel mercato del lavoro riguardano essenzialmente le migranti provenienti dal continente europeo. La provenienza nazionale, e le specificità culturali che ad essa si accompagnano, sembrano, infatti, rivestire un ruolo significativo nel determinare le modalità in cui viene a declinarsi il rapporto tra donne migranti e mondo del lavoro. È quanto evidenziato da Riccardo Cammelli che sottolinea, in particolare, i diversi orientamenti rilevabili tra donne provenienti da paesi musulmani e donne dell’Est Europa. Con le donne provenienti da paesi musulmani ci sono problemi non solo linguistici, ma proprio di contatti con il mondo esterno. C’è molta differenza ovviamente con le donne est europee, che si muovono da sole e si cercano l’occasione lavorativa, in particolare nel lavoro domestico. (Riccardo Cammelli, coordinatore dei servizi immigrazione CGIL dell’area metropolitana Firenze-Prato-Pistoia) 273 Pur riscontrando una tale tendenza è, tuttavia, necessario evidenziare la variabilità delle singole esperienze. Dall’intervista a una giovane donna marocchina emerge infatti un percorso singolare caratterizzato, nei primi anni della migrazione, da un investimento nella formazione, effettuata grazie al sostegno del marito. Io sono fortunata perché mio marito mi ha sempre aiutato, ma è stata dura per me, perché molti marocchini pensano che una donna debba venire in Italia, fare bambini e questo è tutto. Fortunatamente mio marito è diverso dagli altri. (…) A me non piace vedere marocchini, albanesi, ecc. che pensano solo a lavorare, perché non pensano di fare come inglesi o francesi, che studiano, cercano di migliorare la loro condizione e non di lavorare e basta? Non sono interessata solo a fare soldi, ma devo comunque cercare di lavorare perché è chiaro che ho anche bisogno di soldi. Però non mi piace la gente, come molti dei marocchini che sono qui, che pensa solo a lavorare, lavorare, lavorare... Perché non cambiare mentalità, si lavora per vivere, no? Perché non studiare? Perché non cercare di essere più aperti? Io cerco un lavoro, sì, ma che mi consenta di organizzarmi rispetto allo studio, che è la cosa più importante per me, è il mio futuro. (Int. n. 8) Nel caso della donna marocchina, così come in quelli sopra citati, si evidenzia la volontà di ricercare un lavoro che consenta o, almeno, non precluda le possibilità di realizzazione personale. In conclusione, al contrario delle donne che giungono in Italia da sole e che, almeno in una prima fase del percorso migratorio, sono disposte a lavorare “a qualsiasi costo”, per le migranti ricongiunte, sebbene la presenza del nucleo familiare comporti talvolta un periodo di sospensione dell’attività lavorativa, si evidenzia una maggiore possibilità di capitalizzare le competenze possedute e reinvestirle in un percorso di ricerca del lavoro. Queste ultime mostrano più frequentemente un profilo di utilizzo consapevole dei servizi offerti dal CPI, sono disposte a farsi orientare e riconoscono il valore della formazione ai fini di un inserimento lavorativo proficuo. •• Le donne migranti e il lavoro di cura Secondo i dati di una recente indagine condotta dal Censis (2009) sul lavoro di collaborazione domestica e familiare in Italia, oltre il 70% delle colf e delle assistenti domiciliari (queste ultime nel gergo comune diffusamente definite ‘badanti’) risulta costituito da donne straniere. In particolare, il 36% delle badanti straniere vive stabilmente presso la famiglia per cui lavora, dove si occupa 274 di molteplici aspetti della vita quotidiana118. Dall’indagine emerge, inoltre, che più di un terzo delle badanti straniere è costituito da cittadine di un Paese membro dell’Unione Europea che hanno preso la cittadinanza italiana o hanno ottenuto la Carta di Soggiorno, mentre la restante parte deve confrontarsi con il periodico rinnovo del permesso di soggiorno o si trova in condizione di irregolarità. Da evidenziare che, sottolinea il Censis, in media le badanti immigrate vivono ormai stabilmente in Italia da 7 anni e mezzo e svolgono tale attività lavorativa da 6 anni e 5 mesi. Come è noto, la ricorrente occupazione dei migranti, in particolare delle donne, nel lavoro domiciliare di cura si collega strettamente al sistema familistico del welfare119 caratteristico dei paesi dell’Europa mediterranea e, in particolare, oltre che dell’Italia, della Spagna, della Grecia e del Portogallo (Ambrosini, 2005). La presenza di donne straniere, disponibili a un lavoro di cura a tempo pieno, consente la domiciliarità del servizio ma pone anche problemi complessi legati sia all’esigenza di fornire un servizio qualificato, sia alla tutela dei diritti di tali lavoratrici (Quintavalla, 2005). Nella presente sezione si intende focalizzare l’attenzione sulle donne straniere che svolgono assistenza domiciliare, infatti, nell’ambito delle interviste realizzate è emersa una quantità di esperienze di questo genere tale da consentire alcune riflessioni sulle caratteristiche dell’inserimento lavorativo e sugli spazi di intervento dei servizi pubblici per l’impiego nei confronti di tale categoria di lavoratrici. Come anticipato, l’assistenza domiciliare si configura come uno dei principali settori in cui la domanda di lavoro immigrato risulta particolarmente sostenuta e, in particolare, è alimentata dal fatto che le donne straniere risultano maggiormente disponibili a svolgere un tale lavoro a tempo pieno. Di contro, per le lavoratrici immigrate, il lavoro di cura rappresenta spesso una delle poche opportunità di impiego reperibile in tempi contenuti, spesso mediante le reti di connazionali. Infatti, così come evidenzia Maria Lipone (CPI Prato), “la maggior parte delle donne straniere danno disponibilità a fare quel lavoro perche è l’unico che dà loro una prospettiva, per quanto possano essere laureate o plurilaureate in Ucraina o in un Tra le donne straniere che vivono presso le famiglie “la gran parte (l’83%) si dedica alla pulizia della casa, il 54% prepara i pasti a pranzo e a cena, il 43% si occupa della spesa alimentare per la famiglia, il 50% accudisce gli anziani, il 32% assiste una persona non autosufficiente, il 29% fornisce specifica assistenza medica ad uno o più membri della famiglia. Più di un terzo (il 37%) inoltre dichiara che il proprio lavoro consiste anche nel fare compagnia a un membro della famiglia” (Censis, 2009). 119 Con tale espressione ci si riferisce ad un sistema di welfare che determina una scarsa erogazione di servizi alle famiglie, mentre prevede implicitamente la delega di compiti assistenziali e di cura alle famiglie stesse, una delega corroborata saltuariamente dall’erogazione di trasferimenti monetari ai soggetti in difficoltà che, frequentemente, sono utilizzati dagli stessi per l’acquisto di assistenza privata. 118 275 altro Paese”. Anche per questa categoria di lavoratrici straniere emerge, pertanto, il diffuso fenomeno della dequalificazione che, frequentemente, si accompagna al processo migratorio. L’anzianità di immigrazione e la tipologia del progetto migratorio (temporaneo/definitivo), sembrano contribuire a determinare sensibili divergenze rispetto al “lavoro di cura” nell’ambito della popolazione femminile migrante. Si tratta di un aspetto evidenziato da Maria Lipone responsabile dello Sportello Donna presso il CPI di Prato. Noto una differenza tra le ultime generazioni e le precedenti. Le badanti di 40/50 anni lavorano al massimo per dieci anni, poi “scoppiano” e tornano al Paese di origine. Le nuove generazioni arrivano per rimanere, questo avvalora l’ipotesi che cerchino di uscire dal lavoro di cura e di assistenza, perché chi ha la prospettiva di tornare a casa sopporta anche meglio, mentre le ragazze giovani cercano già dall’inizio di emanciparsi da quella che considerano una vera e propria condanna. Alcune recenti ricerche evidenziano come le badanti giunte più recentemente in Italia lavorino meno frequentemente in regime di coresidenza con l’assistito rispetto alle migranti di lungo periodo (Pasquinelli e Rusmini, 2008)120. Sono soprattutto le donne più giovani a ricercare un’emancipazione rispetto all’assistenza domiciliare effettuata in regime di coresidenza con l’assistito. Certo, chi ha una certa età è disponibile anche a fare uno sforzo per concludere dopo qualche anno la sua carriera lavorativa, ma la donna giovane, che all’inizio sa benissimo di poter fare solo questo [la badante, n.d.a.], perché non ha il titolo di studio riconosciuto, e magari è anche laureata in ingegneria, biochimica, ecc., dopo un po’ di tempo, anche per ragioni di salute mentale, vuole uscirne in ogni modo. (Riccardo Cammelli, coordinatore dei servizi immigrazione CGIL dell’area metropolitana Firenze-Prato-Pistoia). In generale si registra una volontà di alcune donne immigrate di uscire dal circuito del lavoro come badante a tempo pieno e Come evidenziato in questa ricerca, “chi è giunto da più tempo dovrebbe teoricamente avere maggiori risorse per emanciparsi, conseguire un eventuale ricongiungimento familiare e una propria autonomia abitativa. Chi è arrivato da più tempo invece corisiede di più di chi è giunto più di recente, pur avendo avuto più tempo per rendersi autonomo. Questa situazione sembrerebbe suggerire che la tendenza alla diminuzione della coresidenza potrà rafforzarsi nei prossimi anni in virtù delle maggiori risorse che sembrano disporre le donne insediatesi più di recente, e dei relativi network relazionali” (Pasquinelli e Rusmini, 2008, p. 30). 120 276 di procedere nella riqualificazione della propria collocazione professionale. La persona che si rivolge a noi vuole uscire dal giro della cura alla persona 24 ore su 24, perché è un lavoro pesante, stancante, o perché magari ha delle qualifiche e vorrebbe riprendere in mano il percorso formativo compiuto nel proprio Paese, per trovare qualcosa di più vicino alla vocazione personale. Alcune donne aspirano anche ad auto-organizzarsi in forma cooperativa, per attività come il catering o simili. (Idalia Venco, Caritas Prato) In continuità con quanto detto, la testimonianza di Maria Lipone (CPI Prato) sintetizza in maniera efficace il percorso tipico di una cospicua parte di lavoratrici straniere impiegate nell’assistenza familiare. In soldoni il percorso femminile è questo. Arrivo in Italia, spesso senza permesso di soggiorno, mi metto a fare la badante 24 ore su 24, riesco ad essere contrattualizzata e quindi -attraverso i flussi o per altre vie-, ad avere permesso e contratto, lavoro per un altro paio di anni, mi stufo perche non ce la faccio più, ed a quel punto cerco a tutti i costi un contratto ad ore, anche perché nel frattempo sono riuscita a trovare una casa in affitto con altre donne e quindi non sono più disposta a lavorare 24 ore su 24. Questo è il primo salto di qualità; appena arrivate il percorso formativo per assistente di base non ha nessun successo, perché non hanno né tempo -lavorando 24 ore su 24- né soldi, non ne sanno niente, e non potrebbero nemmeno frequentarlo perché spesso sono al nero. Quando passano all’assistenza ad ore, allora hanno già esperienza e quindi non serve il corso. Il corso per assistenza di base ha senso soltanto come primo livello del percorso formativo che potrebbe portarle alla qualifica di operatore socio-sanitario, che costituisce il terzo livello del successo personale. Quando si constata che in famiglia il lavoro è precario perché l’anziano sta male e muore, le badanti cercano di passare dalle famiglie alle strutture: e quindi lì ci vuole prima il corso per assistente di base, e poi la qualifica di operatore socio-sanitario. Per alcune donne sembrerebbe configurarsi, pertanto, una possibilità di progressiva emancipazione occupazionale; in alcuni casi, dal lavoro in regime di coresidenza con l’assistito, passando attraverso periodi di lavoro ad ore si giungerebbe, grazie alla formazione come operatore socio-sanitario (O.S.S.) a lavorare presso le strutture. Si comprende così l’attrattiva che i corsi di formazione come operatore socio-assistenziale (O.S.A.) o socio-sanitario (O.S.S.) rivestono per le donne migranti che hanno già avuto esperienze 277 di assistenza domiciliare e che sono intenzionate ad intraprendere un percorso di mobilità occupazionale. Queste donne spesso si rivolgono ai CPI proprio per poter usufruire dei corsi suddetti. Va evidenziato che frequentemente le intervistate riferiscono di aver ottenuto informazioni riguardo ai corsi di formazione mediante conoscenti, più spesso connazionali. Emerge nuovamente il ruolo di primo piano delle reti etniche nel veicolare le informazioni su alcune tipologie di servizi promossi dal CPI121. Nel caso dei corsi per O.S.S. si registrano delle difficoltà di accesso rappresentate dal costo del corso stesso e dal fatto che, ai fini dell’ottenimento della qualifica, risulta necessario lo svolgimento di un tirocinio non retribuito. È quanto evidenziato da una giovane donna rumena: “ho trovato un centro per assistere anziani, devi pagare 1.400 euro per fare il corso e per quattro mesi devi fare la pratica e lavorare senza guadagnare ma come faccio? Fare un corso si, ma devi anche lavorare” (Int. n. 10). L’esperienza della donna rumena introduce una delle criticità che molti migranti incontrano nella fruizione dei percorsi formativi e che risulta ancor più evidente nell’ambito del lavoro di cura, vale a dire la conciliazione tra i tempi della formazione e quelli dell’attività lavorativa. Idalia Venco (Caritas Prato) suggerisce che per sostenere i percorsi di qualificazione del lavoro di cura risulta indispensabile strutturare le attività di tirocinio in continuità con l’attività lavorativa. In particolare si tratterebbe di predisporre, anche mediante il contributo di enti pubblici, una retribuzione per coloro che svolgono i tirocini presso le strutture e di riconoscere l’assistenza domiciliare realizzata presso le famiglie come attività di tirocinio. [I corsi] potrebbero essere utili se fatti durante l’orario di lavoro, magari con una compartecipazione da parte della Asl o del Comune, perché è ovvio che se io investo nella qualificazione di queste persone allo stesso tempo allevio il carico sulle strutture. Quindi sono d’accordo con l’idea dei corsi di qualificazione, ma solo se sono fatti durante l’orario di lavoro e con il contributo degli enti pubblici, non solo quello delle famiglie. In alcune regioni questo già accade, ci sono lezioni in aula e poi c’è il tirocinio che può essere fatto nella famiglia in cui la donna lavora. (Idalia Venco). 121 Come si è visto, si tratta di una dinamica che spesso contribuisce a determinare un utilizzo mirato dei servizi da parte dell’utenza straniera. Nel caso specifico delle assistenti domiciliari è tuttavia opportuno evidenziare che, sebbene l’accesso ai servizi sia spesso motivato dalla volontà di effettuare un corso di formazione, allo stesso tempo si rileva una tendenziale disponibilità ad usufruire dei percorsi di orientamento e, quindi, dei servizi di secondo livello come ad esempio lo Sportello Donna. 278 Sembra opportuno dedicare alcune riflessioni conclusive all’intermediazione tra domanda e l’offerta di lavoro nell’ambito dell’assistenza domiciliare. In tal senso, se come si è già avuto modo di osservare, il ruolo delle reti comunitarie appare determinante nel veicolare le offerte di lavoro, questa dinamica tende ad assumere una caratterizzazione ancor più marcata nell’ambito dell’assistenza domiciliare. Tra le intervistate sono soprattutto le donne di nazionalità rumena a riferire di aver trovato lavoro tramite una connazionale, talvolta ancor prima di intraprendere il percorso migratorio: “sono venuta sapendo che c’era un lavoro altrimenti non sarei venuta. Appena sono arrivata sono andata là ad assistere questa signora” (Int. n. 21) o, ancora, “sono partita (...) con l’aiuto di un’amica rumena che stava già qua da sei mesi (...). Nel frattempo lei mi ha trovato un lavoro da una donna come badante” (Int. n. 6). Il ruolo di intermediazione svolto dalle reti transnazionali appare quindi fondamentale nel determinare quantomeno il primo impiego; non solo, infatti, considerata la frequente precarietà occupazionale delle donne impiegate nell’ambito dell’assistenza familiare122, le reti costituiscono un supporto efficace nella ricerca di un nuovo lavoro in tempi contenuti. Al di là del ruolo svolto dalle reti comunitarie, va rilevata la molteplicità dei soggetti che offrono un servizio di intermediazione nell’ambito dell’assistenza domiciliare. Sono in particolare le organizzazioni del privato sociale ad acquisire una posizione centrale; queste sono percepite, infatti, come soggetti più vicini sia dalle donne migranti, soprattutto se irregolari, che dalle famiglie in cerca di assistenza domiciliare, così come conferma Rocca De La Cruz (CGIL Firenze): “è molto più facile nel caso del lavoro domestico, che è la cosa più diffusa per gli stranieri e soprattutto per le donne, che siano i Centri di Ascolto (...) che abbiano più relazioni con i datori di lavoro rispetto al CPI”. Nel lavoro di cura domiciliare l’intermediazione informale appare dunque prioritaria, infatti “il cittadino si sente più garantito (...) dal fatto che la persona gli è stata segnalata; se c’è quel legame debole allora ci si sente più sicuri” (Riccardo Cammelli, CGIL). In alcuni casi, anche in virtù di una tale pluralità dei soggetti operanti nell’ambito dell’intermediazione, come evidenziato da A tale riguardo va sottolineato che, soprattutto nel caso del lavoro di cura svolto in regime di coresidenza con le famiglie, si richiede di assistere soggetti anziani o in precarie condizioni di salute, cosicché non sono rare le situazioni in cui l’interruzione del rapporto di lavoro sopraggiunge per l’aggravarsi delle condizioni dell’assistito o per il decesso di quest’ultimo. Si tratta di un aspetto che, oltre ad evidenziare ancora una volta la gravosità emotiva del lavoro di assistenza domiciliare, pone in risalto la questione della discontinuità dei percorsi occupazionali di tale categoria di lavoratrici. 122 279 Maria Lipone (CPI Prato), le donne che si rivolgono al CPI per ricercare lavoro come assistente domiciliare sembrano non aver cognizione della natura istituzionale di un tale soggetto. Ci sono altri servizi che offrono queste attività e si identificano con una determinata fascia di utenza.(...) Non c’è solo la Caritas che lo fa, c’è anche la Cisl. (...) Molte donne si aspetterebbero di non essere nemmeno registrate, ma semplicemente aiutate, magari informalmente, a trovare un lavoro come badante. Non hanno la percezione che il CPI è un soggetto istituzionale, spesso le telefonate sono del tipo ‘ciao, mi hanno detto che tu ci aiuti a trovare lavoro’, come se io fossi una di quelle mediatrici che fanno questo tipo di servizi. In pratica trasferiscono altre esperienze a loro note nella realtà del CPI. Mi sto battendo per strutturare questo servizio, anche se altri soggetti già lo fanno, proprio perché si eviterebbero molti di questi problemi. La diffusione dei canali informali di intermediazione pone, inoltre, degli interrogativi circa la diffusione delle già citate “agenzie abusive” che sembrano trovare terreno fertile anche nel settore del lavoro di assistenza domiciliare. In conclusione, sembra opportuno effettuare alcune riflessioni sugli spazi di intervento dei servizi pubblici per l’impiego rispetto alla categoria delle donne straniere che svolgono attività nell’ambito del lavoro di cura. Come si è detto, un primo aspetto centrale riguarda i percorsi di qualificazione di tali lavoratrici. La formazione è ricercata dalle donne straniere anche come opportunità di emancipazione rispetto al lavoro di assistenza domiciliare. Tuttavia permangono delle criticità nel fruire dei percorsi formativi. Si tratta di aspetti che sollecitano una necessaria riflessione sulle modalità di strutturazione dei corsi e delle attività di tirocinio previste nell’ambito degli stessi. Se, come è emerso, sono soprattutto le donne straniere a fruire di tali percorsi formativi, si pone la questione di pensare, in collaborazione con le agenzie formative che promuovono tali corsi, a delle modalità di organizzazione che risultino maggiormente conciliabili con la condizione socio-lavorativa di questa categoria di utenti. In tal senso, l’attivazione di percorsi di qualificazione che prevedano il riconoscimento dell’attività lavorativa già svolta presso le famiglie o una retribuzione minima delle attività di tirocinio contribuirebbero, in parte, a rimuovere alcune barriere nell’accesso alla formazione incontrate dalle donne straniere. 280 Un altro aspetto fondamentale che emerge dall’indagine riguarda la questione dell’intermediazione domanda/offerta; il lavoro di cura costituisce una ‘nicchia’ del mercato del lavoro in cui l’informalità dell’intermediazione appare in maniera emblematica. Infatti, come si è avuto modo di rilevare, in questo settore numerosi soggetti svolgono un servizio di incontro tra la domanda delle famiglie e l’offerta di lavoro delle assistenti domiciliari. Se da un lato, l’intermediazione operata dai soggetti del privato sociale si configura come una risposta efficace alle esigenze delle lavoratrici in condizione di irregolarità, dall’altro tale intervento può essere considerato come una risposta emergenziale. In particolare, sarebbe auspicabile un maggiore raccordo dei soggetti che svolgono l’intermediazione con i CPI. Si tratta di un aspetto non secondario e che ha ripercussioni importanti sulle possibilità di tutela dei diritti di tali lavoratrici, oltre che sulle opportunità di strutturare dei percorsi di sostegno e qualificazione della loro occupazione. Allo stato attuale sembra piuttosto di intravedere che l’intermediazione è svolta in maniera autonoma dai vari soggetti. In assenza di una rete strutturata che coinvolga, oltre ai CPI, gli altri soggetti operanti sul territorio vi è, pertanto, il rischio di una “competizione” tra i servizi offerti dai vari soggetti. Se la questione del lavoro sommerso risulta paradigmatica nell’ambito dell’assistenza domiciliare svolta dalle donne straniere, sono proprio i soggetti del territorio, più vicini a queste lavoratrici e alle famiglie che le assumono, che possono contribuire a strutturare dei canali di contatto con i CPI nell’ottica di una collaborazione mirata a contrastare le dinamiche di sfruttamento e marginalizzazione. 6.9 I modelli organizzativi: i casi di Firenze e di Prato •• Il caso pratese Per capire caratteristiche e criticità del CPI pratese nelle sue interazioni con l’utenza migrante occorre innanzitutto collocare la sua operatività nel quadro di una crisi senza precedenti, resa più acuta a Prato dalla sua duplice natura, locale e globale. Ai fattori perturbanti innescati dalla recessione mondiale si sovrappongono nel contesto locale le ben più annose difficoltà del distretto tessile. Tra il 2007 ed il 2008 nella provincia di Prato gli avviamenti al lavoro sono diminuiti dell’11,8%, passando da 37.194 a 42.185 (-4.991), con una parte significativa del calo concentrata nel settore tessile 281 (-1.118 avviamenti). Per i rapporti a tempo indeterminato (14.164 nel corso del 2008) la flessione è stata addirittura del 25,2%, tanto da determinare la prevalenza degli avviamenti a tempo determinato (15.187) (Langianni, 2009). Per Michele Del Campo (FIL S.p.A.): Il mercato locale è scoppiato, ma la crisi di Prato non parte da oggi, dalla crisi internazionale, quest’ultima è solo la goccia che fa traboccare il vaso. Dal 2001 a oggi la crisi è stata un “declinare calando”, dove appunto si cala piano piano e questo calare piano piano non dà fastidio a nessuno, perché bene o male ci sono altre risorse che si attivano. La grande crisi si è sentita nel 2008, e molto grave è diventata da settembre 2008. Abbiamo avuto un enorme calo delle offerte di lavoro, -50% rispetto a luglio, cominciano a scomparire anche medie imprese, non soltanto quello artigiane. C’è un cambio di dimensione quantitativa. “Prima della crisi”, ha notato Fabozzi (Confartigianato), “rilevavamo una significativa domanda da parte delle imprese artigiane, senza distinzione di cittadinanza per quanto riguarda i lavoratori richiesti. Adesso non ci sono più richieste, soltanto una domanda congiunturale per picchi particolari”. Un dato qualitativo estremamente significativo è che ormai tutti, e non solo i migranti, “si candidano a tutto” (Del Campo); per Fabozzi si può parlare esplicitamente di “degrado della qualità della domanda e dell’offerta”. Si è discusso e si discute molto sulle prospettive del distretto, sulla sua capacità di reggere la competizione globale puntando sulla qualità, sull’innovazione e sulla riverticalizzazione del ciclo produttivo. Osservata dal punto di vista del CPI questa situazione appare in tutta la sua drammaticità. Lo sportello emergenze, il servizio di orientamento rivolto ai lavoratori in mobilità e Cig nato nel 2004, “quando”, come sostiene la direttrice del CPI Brunella Mastrocesare, “la Cig a Prato non era un’emergenza”, si è trasformato in uno sportello ‘ordinario’, che dal 2008 non è più in grado “di fare colloqui individuali dopo l’iscrizione alla mobilità. Convochiamo le persone in gruppi perché non ce la facciamo”123. Detto del quadro generale, sul piano dell’assetto il CPI di Prato presenta una significativa peculiarità. Il CPI è infatti gestito da una Data la crescita esponenziale dei lavoratori in mobilità e in CIG, il CPI convoca i lavoratori interessati ed avvia un percorso di orientamento (talvolta il passaggio dal CPI è previsto dagli stessi accordi aziendali). Gli incontri di gruppo sono strutturati in due fasi: la prima è informativa, ed è accompagnata dalla predisposizione dei documenti che consentono all’operatore di compilare il Patto di Servizio in back-office; la seconda prevede la firma del Patto ed una parte centrata sulle tecniche di ricerca attiva del lavoro. 123 282 società (Fil S.p.A.) operante sulla base di un contratto di servizio annuale stipulato con la Provincia. Si tratta di un modello gestionale sostanzialmente concertativo, giacché Fil è una società per azioni pubblico-privata nel cui Consiglio di Amministrazione sono presenti tutti i soggetti che sul territorio si occupano di politiche attive del lavoro (Provincia, Comune, Camera di Commercio, associazioni di categoria). Nel quadro di questo modello, già di per sé originale, siinserisce una seconda specificità, certamente ancora più rilevante dal punto di vista dell’utenza, che riguarda i servizi di natura amministrativa. Tutte le attività amministrative riguardanti i servizi ai lavoratori (iscrizioni alla 181, iscrizioni alla mobilità, informazioni di primo livello, aggiornamento della scheda personale) sono infatti svolte presso gli sportelli (le anagrafi) territoriali, che sono nel complesso 11: 5 su Prato -una per ogni circoscrizione- e 6 negli altri comuni della provincia124. Oltre al CPI, Fil gestisce dal 2006 l’anagrafe dei servizi per il lavoro del Comune di Prato, dal 2008 l’anagrafe del Comune di Montemurlo, e dal 2009 le anagrafi di Poggio a Caiano e Carmignano125. Il decentramento degli sportelli è affiancato da una rete di servizi interistituzionali sufficientemente interrelata, aspetto che secondo Mastrocesare (CPI Prato) “permette di inviare le persone da un servizio ad un altro, magari non sempre in modo efficiente, perché ancora manca un’informazione corretta tra i vari punti della rete, ma insomma la rete funziona”. Lo sportello Inclusione del Comune di Prato, che opera per favorire percorsi di inserimento lavorativo di persone svantaggiate attraverso l’erogazione di borse lavoro, è il servizio che risulta integrato nel modo più efficace. L’aspetto innovativo consiste nel fatto che si è fissata “la regola che chi vuole usufruire di questo strumento di sostegno al reddito deve essere utente dei SPI: si è trasformato il semplice sostegno al reddito in uno strumento di sostegno all’inserimento lavorativo. Si tratta di Le anagrafi territoriali forniscono anche informazioni di primo livello su bandi, corsi o voucher eventualmente disponibili. Per quanto riguarda la parte amministrativa, esse continuano a occuparsi soltanto di quella rivolta ai lavoratori, perché da quando effettuano le comunicazioni on-line le aziende non si rivolgono più alle anagrafi. Queste ultime si limitano a validare in back-office le comunicazioni obbligatorie che le aziende o i consulenti del lavoro inseriscono su Idol. Il CPI continua invece a gestire direttamente l’anagrafe delle categorie protette. In questi casi le candidature possono essere sempre presentate alle anagrafi del lavoro, ma l’inserimento viene effettuato centralmente dal CPI, che poi invia i dati alla Provincia per la formazione della graduatoria. 125 Per gestire le anagrafi la Provincia di Prato aveva stipulato una convenzione con i comuni. Questa convenzione è tuttora in vigore per i tre comuni (Vaiano, Vernio e Cantagallo) che amministrano l’anagrafe del lavoro con dipendenti interni, anche se in questi casi ci sono difficoltà derivanti dai carichi di lavoro elevati determinati dalla coincidenza del servizio di anagrafe del lavoro con l’anagrafe dei servizi demografici. Gli altri comuni non avevano propri dipendenti da adibire a questa attività, e quindi la gestiscono attraverso una convenzione con Fil. I quattro comuni privi di dipendenti interni utilizzavano dei collaboratori a progetto (il Comune di Prato si appoggiava ad una cooperativa). Per gestire gli sportelli a Fil è stato chiesto di assumere nove persone: sette ruotano su Prato, un operatore si occupa di Montemurlo, uno si alterna tra Carmignano e Poggio a Caiano. 124 283 una presa in carico sociale” (Cappelli, Prov. di Prato). L’accesso dell’utente si attiva su segnalazione dell’assistente sociale o del servizio Immigrazione del Comune di Prato126. La segnalazione è inviata sia allo sportello inclusione che allo sportello fasce deboli del CPI, al fine di favorire una presa in carico condivisa. Secondo il responsabile dello sportello Inclusione Michele Minicucci, nel 2008 “solo il Comune di Prato, con fondi propri, ha erogato borse lavoro per 350.000 €”, e circa 1/3 delle borse erogate sono state destinate ad utenti di nazionalità straniera. Minicucci sottolinea che “l’importo della borsa (4/500 €) per una famiglia straniera è comunque importante, mentre qualche volta questo è un fattore di blocco per l’utenza italiana, in genere gli stranieri accettano sempre i percorsi che proponiamo loro e si impegnano a seguirli”. Resta comunque da verificare quale sarà l’effetto della crisi su un sistema gestionale così fortemente concertativo. Qualche dubbio, in merito, pare già diffondersi. Per Angeletti (Cna Prato), “a Prato la situazione è abbastanza buona, però è chiaro che bisognerà vedere quando arriverà la ‘crisi dura’ cosa succederà”. Fabozzi è stato ancora più chiaro: la rete “funziona benino, (...) il mondo dei migranti esercita una pressione su una rete di servizi e soggetti che è collegata, però il problema è strutturale, c’è questa mancanza di lavoro che avvelena risorse e possibilità...”. Se passiamo ad osservare l’azione del CPI con specifico riferimento al rapporto con gli utenti non italiani, occorre innanzitutto evidenziare che le interazioni con persone appartenenti alla cospicua comunità cinese sono praticamente nulle127. È noto che all’interno di questa comunità l’inserimento nel mercato del lavoro, per quanto rilevante, si sviluppa secondo linee e modalità peculiari128: ci limitiamo qui a riportare la constatazione che “come utenti [i cinesi] non si sono quasi mai rivolti al servizio” (Cappelli, Prov. di Prato), e che i pochi che lo fanno generalmente vi sono Interessante appare anche la notazione di Minicucci sulle differenze nei percorsi di accesso allo sportello degli utenti italiani e di quelli stranieri: “Chi è straniero ed arriva qui, posso dirlo, ha in linea di massima consumato tutte le risorse messe a disposizione dalla comunità, oppure ha altri problemi che la comunità non può risolvere, come la tossicodipendenza. (...) La crisi del tessile naturalmente si ripercuote dappertutto, per cui cominciamo ad occuparci anche di persone che hanno finito tutti gli ammortizzatori, però questi utenti sono soprattutto italiani, l’impressione è che lo straniero riesca a cavarsela anche grazie alla rete della comunità, noi ad esempio non abbiamo mai visto pachistani, perché la loro rete si attiva prima”. 127 Prescindendo in questa sede dalla discussione sul significato e sulle ragioni di queste dinamiche -basterà qui ricordare un’interessante affermazione di Fabozzi, secondo il quale “il cosiddetto ‘distretto parallelo cinesè è oggi un distretto becattiniano più di quanto lo sia il distretto pratese nel suo insieme”. 128 “La stragrande maggioranza dei rapporti di lavoro sembra seguire un percorso preciso: ad un’assunzione fondata su un contratto a tempo indeterminato corrisponde una cessazione avente come causale le dimissioni volontarie del lavoratore. Gli avviamenti di lavoratori non a termine raggiungono il 95% del totale sia nel 2005 che nel 2006; più o meno la stessa percentuale è raggiunta dalle dimissioni tra le motivazioni di cessazione”. Vedi Bracci (2007, p. 146). 126 284 indotti da ragioni strumentali (come l’iscrizione alla 181 finalizzata al rinnovo del titolo di soggiorno). Nel corso del 2008 una prima, parziale presa di contatto si è verificata con i corsi per apprendisti129. A differenza di quanto accadeva in precedenza con il sistema dei voucher, per il ciclo di corsi più recente il CPI ha raccolto da Idol130 i nomi degli apprendisti, li ha convocati insieme al tutor aziendale ed ha formato le classi. “Qui”, ha ammesso Mastrocesare (CPI Prato), “si è verificato un problema con l’utenza straniera, in particolare cinese, quello di arrivare alle aziende e di far capire che la frequenza era una cosa obbligatoria”, tuttavia alla fine si è riusciti “a portare anche questi lavoratori all’interno dei corsi” (Cappelli). Detto del non-rapporto con i lavoratori cinesi, abbiamo rilevato che esistono alcune attività specifiche con un significativo afflusso di utenti migranti. Ci riferiamo innanzitutto allo sportello donna, dedicato a donne italiane e straniere orientato all’inserimento nel settore dell’assistenza domiciliare e familiare131. In questo caso l’utenza è costituita in particolare da donne di nazionalità polacca, che arrivano al servizio grazie al “passa-parola” ed “hanno grandi difficoltà ad accedere alla burocrazia del CPI ed a comprenderne le dinamiche amministrative, come il fatto che debbano iscriversi alla 181” (Maria Lipone, referente dello sportello). Rilevante appare la presenza di utenti non italiani anche nell’accesso ai tirocini ed ai voucher per la formazione. Il primo è un servizio storicamente molto utilizzato dagli stranieri, che apprezzano: l’aspetto professionalizzante di questi percorsi. Nel caso dei voucher si ha una conferma della rilevanza dei percorsi di accesso al servizio mediati dalle reti comunitarie. Il servizio risulta assai frequentato dai lavoratori del Bangladesh, che secondo Mastrocesare: Presentano richieste di formazione in settori e per profili specifici, ad esempio quello di saldatore... credo che tra loro funzioni molto il passaparola (...) non passa settimana che non vengano a gruppetti Il contratto di apprendistato è regolato dal Decreto Legislativo n. 276 del 10 settembre 2003, così come modificato da numerose norme successive (in particolare, per l’apprendistato, la legge n. 133 del 12 agosto 2008). La normativa prevede tre diverse forme di apprendistato (artt. 47 e ss. Del Dlgs. 276/03): professionalizzante (per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico-professionale); per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione; per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione. Per quanto riguarda l’apprendistato professionalizzante, disciplinato in Toscana dal Regolamento Regionale 22/2005 e da alcune delibere successive, sono previste almeno 120 ore annue di formazione da realizzare al di fuori dell’azienda. 130 IDOL (Incontro Domanda Offerta di Lavoro) è il sistema informativo regionale dei SPI. Si tratta di un insieme di basi dati e servizi telematici finalizzato a promuovere i servizi di incontro tra domanda ed offerta ed a favorire il monitoraggio e lo scambio dei dati tra tutti gli attori del sistema (Regione, Province, CPI). 131 Lo sportello fa parte del servizio fasce deboli, che si occupa delle persone in stato di svantaggio non certificato. Il servizio è suddiviso in fasce deboli ‘minori’, e fasce deboli ‘adulti’, a sua volta articolato in fasce deboli tout court e sportello donna. 129 285 di 2/3. Si sono passati le informazioni e vogliono fare tutti il saldatore, perché ormai dal tessile stanno venendo via anche loro. Sanno cos’è il servizio voucher, cos’è il voucher, ma noi non glielo abbiamo raccontato, sono venuti la prima volta, si sono passati l’informazione, sanno che è possibile fare formazione su un profilo che a loro interessa, finalizzandola all’inserimento lavorativo. Una valutazione complessiva del “modello pratese” non può non partire dalla constatazione che presso il CPI di Prato è assente qualunque forma di servizio “dedicato” all’immigrazione. Lo sportello per le fasce svantaggiate esistente non è specificamente rivolto ai migranti: per questi ultimi non ci sono né azioni specifiche, né percorsi di accesso tipici definiti dal servizio. I profili di accesso dell’utenza non italiana sono di conseguenza molto più condizionati da quanto accade all’esterno (attraverso l’azione già più volte richiamata delle reti informali e comunitarie) che da un indirizzo organizzativo determinato e pensato dal servizio. Gli utenti sembrano supplire all’assenza di un servizio dedicato attraverso la ricerca di operatori di riferimento all’interno dei singoli servizi. Come è evidenziato dalla letteratura più generale sull’accesso dei migranti al sistema dei servizi pubblici, anche nel caso esaminato la relazione tra utenti e CPI è affidata in buona parte ai legami interpersonali che si stabiliscono tra gli utenti e singoli operatori. In secondo luogo le interviste mostrano, con un’unica eccezione sulla quale torneremo tra breve, l’assenza di soglie o ostacoli significativi all’accesso. Nessuno degli intervistati ha mostrato rilievi particolari su orari di servizio, accessibilità degli sportelli, comportamento degli operatori -la disponibilità di questi ultimi è stata invece più volte sottolineata nel corso delle interviste come un connotato positivo. Ci sono tuttavia due punti critici sui quali vale la pena in conclusione soffermare l’attenzione. Si tratta di due aspetti che, a differenza dei fattori esogeni -ossia al di fuori dalla possibilità di intervento tecnicoorganizzativo del CPI (la crisi, la tendenziale autoregolazione del mercato del lavoro)- sono riconducibili direttamente allo spazio di intervento del CPI di Prato. Il primo è identificabile nella problematicità delle attività di orientamento riguardanti gli utenti non italiani. Se, come abbiamo visto, le attività di intermediazione sono condizionate principalmente dalla crisi della domanda di lavoro, quelle di orientamento mostrano un duplice limite. Da un lato, come ha ammesso la stessa direttrice del CPI, orientamento e intermediazione “sono servizi sganciati che 286 non lavorano in modo molto integrato. (...) vorremmo creare una maggiore sinergia tra i due servizi, quasi fonderli (...) in modo tale che l’orientatore possa segnalare il nome della persona al servizio intermediazione via via che svolge i colloqui”. Dall’altro il servizio risulta prevalentemente impegnato nei colloqui della 181 relativi alla dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro (i colloqui orientativi di primo livello), aspetto che determina, in particolare nei rapporti con l’utenza non italiana, la penalizzazione dei percorsi di orientamento di secondo livello. È sempre Brunella Mastrocesare a ricordare che “seppure non mancano utenti che chiedono colloqui ulteriori o che tornano per rivedere il percorso da svolgere, purtroppo siamo costretti a occuparci prevalentemente dei colloqui obbligatori”. La seconda criticità è rappresentata dall’assenza di un servizio strutturato di mediazione linguistico culturale, che non è presente né in fase di primo contatto (presso le anagrafi del lavoro), né nella fase dei colloqui di orientamento. L’assenza di mediatori è surrogata dalle conoscenze linguistiche di singoli operatori e dalla copertura di determinate attività attraverso finanziamenti ad hoc (quindi temporanei), messi a disposizione da particolari progetti. Tuttavia l’indisponibilità della mediazione come servizio continuativo reca due conseguenze non positive: da un lato finisce per costituire un filtro in entrata, una sorta di selettore grossolano delle persone che possono afferire al CPI; dall’altro rende più difficile la fruizione dei servizi ad una parte degli utenti non italiani, complicando la comprensione dei percorsi e delle opportunità meno intuitive (e quindi più strettamente connesse con l’impianto della riforma), raggiungibili attraverso il contatto con il CPI. •• Il caso fiorentino Nelle pagine che seguono si propone un approfondimento relativo alle caratteristiche organizzative del CPI della provincia fiorentina con particolare riferimento al servizio specialistico rivolto all’utenza straniera (Sportello Immigrati), oltre che al servizio di incontro domanda/offerta nel settore dell’assistenza domiciliare (ABC famiglia). Il CPI della Provincia di Firenze si avvale di 12 sedi di cui 6 collocate nel comune (in particolare è previsto uno sportello per ogni quartiere della città, oltre ad uno sportello, collocato presso il Parterre e che si occupa, nello specifico, dei servizi alle imprese) mentre le restanti 6 sono distribuite nel territorio provinciale (Borgo San Lorenzo, Figline Valdarno, Pontassieve, San Casciano Val di Pesa, Scandicci, Sesto 287 Fiorentino). Va evidenziato che la presenza di utenti stranieri tende a concentrarsi prevalentemente in alcuni sportelli del contesto urbano e riproduce sostanzialmente la distribuzione residenziale nei diversi quartieri della città. In particolare le sedi che registrano un più alto tasso di affluenza degli utenti stranieri sono quelle collocate presso il Quartiere 1 (centro storico), il Quartiere 4 (Isolotto-San Bartolo a Cintoia) e il Quartiere 5 (Novoli-Rifredi-Le Piagge). Con specifico riferimento ai servizi rivolti all’utenza straniera, i CPI della Provincia di Firenze mostrano una marcata peculiarità riconducibile all’esperienza dello Sportello Immigrati. Si tratta di un’iniziativa volta ad agevolare la fruizione dei servizi da parte dei cittadini stranieri, che si è andata strutturando nel corso degli ultimi 6 anni a partire da una prima sperimentazione, attuata nel 2002, sulla base di un accordo di partnership tra la Provincia di Firenze e Italia Lavoro. La replica dell’iniziativa è stata resa possibile anche grazie al ricorso ai fondi stanziati dal F.S.E. e, tuttavia, è opportuno evidenziare che il finanziamento mediante progetti europei non è andato a minare la continuità del servizio che, invece, risulta ormai decisamente strutturato e operante in modo permanente nell’ambito dei CPI della provincia fiorentina. In particolare, la gestione dello Sportello è affidata annualmente attraverso un bando di gara, a soggetti accreditati, secondo quanto previsto dal modello di accreditamento regionale132. Prima di analizzare nel dettaglio le attività previste dallo Sportello può essere utile considerare le disposizioni contenute nell’ultimo bando pubblicato dalla Provincia, nell’ambito del quale si iscriveranno le attività relative all’anno 2009-2010 (“Interventi di orientamento e accompagnamento al lavoro di immigrati”). Mediante tale bando sono stati stanziati fondi pari a 150.000 euro nell’obiettivo di “realizzare misure attive e preventive a sostegno dei percorsi personali di inserimento lavorativo, con la finalità di aumentare l’occupazione e i livelli di partecipazione al mercato del lavoro” e “favorire l’inserimento lavorativo degli immigrati e in particolare delle donne immigrate nel mercato del lavoro” (art. 1). In particolare, saranno finanziati: a) interventi che mirano ad una integrazione occupazionale degli immigrati attraverso azioni orientative e progetti individuali di accompagnamento al lavoro; b) metodologie di accoglienza, informazione e orientamento Con riferimento all’ultimo progetto realizzato (2008-2009), la gestione Sportello Immigrati è stata affidata ad un gruppo di partners composto da due soggetti del terzo settore (Associazione Progetto Arcobaleno e Caritas Diocesana di Firenze), tre agenzie formative (Smile ed Enfap, afferenti relativamente alle associazioni sindacali Cgil e Uil, e Irecoop) e un’associazione di categoria (Co.gi.va). 132 288 per agevolare una corretta fruizione dei servizi per il lavoro; c) promozione di interventi e metodologie innovative di politica attiva del lavoro; d) sperimentazione di strumenti e pratiche orientative che permettano una reale integrazione tra formazione professionale e politiche del lavoro (art. 4). Lo Sportello Immigrati si configura, pertanto, come un percorso di sostegno per gli utenti immigrati che manifestano difficoltà specifiche nella fruizione dei servizi offerti dal CPI. Nell’ottica di agevolare l’inserimento lavorativo dei cittadini non comunitari, mediante lo Sportello Immigrati sono previsti servizi gratuiti di mediazione linguistico-culturale e di consulenza legale. Si tratta di servizi attivi nei 3 sportelli del territorio cittadino che registrano una maggiore affluenza di utenti stranieri (Q1, Q4, Q5) e, a rotazione, negli sportelli del territorio provinciale. In particolare, il rinvio a tali servizi specialistici avviene laddove l’operatore di prima accoglienza, una volta raccolta la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro (DL 181/2000) dell’utente straniero, rilevi delle difficoltà dell’utente che sono riconducibili alla particolare condizione di cittadino immigrato. In tal senso, l’operatore di primo livello, avvalendosi di un’agenda elettronica, provvede alla prenotazione di un appuntamento presso lo Sportello Immigrati. Come emerge dalla testimonianza di uno degli operatori dei CPI il rinvio allo Sportello è attivato soprattutto nei casi in cui vi siano delle difficoltà di carattere linguistico o delle specificità culturali che richiedono l’intervento di un mediatore. “Siamo noi che abbiamo la responsabilità di un eventuale rinvio allo Sportello Immigrati. Generalmente il rinvio è necessario quando ci sono difficoltà linguistiche, in altri casi quando ci sono differenze culturali spiccate”. (Focus group CPI Q1) I mediatori linguistico-culturali lavorano in maniera congiunta con orientatori di secondo livello. In particolare, le informazioni sull’utente (anagrafiche e professionali) raccolte dall’operatore di primo livello sono inoltrate agli orientatori che, insieme ai mediatori, si occupano di integrare il profilo dell’utente e di provvedere, in collaborazione con esso, alla compilazione del curriculum vitae (CV). Il servizio di mediazione linguistico-culturale, oltre ad offrire un supporto nella compilazione del CV, fornisce informazioni dettagliate in lingua sui servizi erogati dal CPI e su altri servizi esistenti sul territorio che possono rispondere alle esigenze del cittadino straniero così da facilitare l’integrazione nel tessuto lavorativo locale. Durante gli incontri gli orientatori di secondo livello, con il supporto dei mediatori, 289 offrono indicazioni sulle opportunità occupazionali svolgendo anche un ruolo di accompagnamento al servizio interno di preselezione per l’inserimento nella banca dati Prenet per l’incontro domanda/offerta di lavoro. Si tratta di un aspetto non secondario poiché, come rilevato nei paragrafi precedenti, una cospicua parte dell’utenza straniera usufruisce prevalentemente del servizio di auto-candidatura per le offerte di lavoro pubblicate dal CPI. Tuttavia, come si è avuto modo di evidenziare, la mancanza di adeguate competenze linguistiche può determinare dei fraintendimenti degli annunci pubblicati sia relativamente ai requisiti richiesti che ai contenuti del posto del lavoro offerto. È quanto evidenziato anche dalla mediatrice linguisticoculturale albanese dello Sportello Immigrati del Q4: “prima [che fosse attivato il servizio di mediazione] alcuni venivano a vedere le offerte di lavoro ma non è che riuscivano a capire cosa chiedeva in specifico l’offerta”. In alcuni casi la mediazione linguistica appare, quindi, come uno strumento determinante per garantire l’efficacia del servizio di autocandidatura. Da evidenziare che, mediante il servizio di orientamento previsto nell’ambito dello Sportello Immigrati, vengono fornite, inoltre, informazioni sulle opportunità di formazione professionale, sulle modalità di adesione ai corsi, sui contenuti degli stessi e sugli eventuali sbocchi occupazionali. Il servizio di consulenza legale, anch’esso gratuito, si occupa invece di fornire una specifica assistenza su materie giuslavoristiche. In occasione dell’apertura dei decreti flussi viene, inoltre, offerto uno specifico sostegno in merito; in particolare, nel corso del 2008 è stata prevista un’implementazione delle ore di apertura dello Sportello proprio per rispondere alle richieste di assistenza dei cittadini immigrati riguardo alle pratiche da intraprendere. Nell’ambito dell’ultimo progetto realizzato (2008/2009), lo Sportello Immigrati si è avvalso della collaborazione di cinque mediatori linguistico-culturali: due mediatori di lingua araba, un mediatore rom, un mediatore cinese e uno albanese. Come riferito da Carmen Toscano, responsabile dei CPI della Provincia di Firenze, la figura del mediatore è quella che “fa da collante rispetto ai due servizi” previsti nell’ambito dello Sportello Immigrati collaborando con gli orientatori e con gli avvocati a seconda delle esigenze. Da evidenziare che i mediatori linguistico-culturali proprio per la funzione di “ponte” tra lingue e orientamenti culturali possono arrivare a rappresentare delle figure di riferimento per le comunità di appartenenza. È quanto evidenziato dalla mediatrice di origine 290 albanese che opera presso lo Sportello Immigrati del Q4 che nota come la presenza del mediatore contribuisca ad alimentare l’affluenza di stranieri della medesima lingua o nazionalità presso lo Sportello. Io sono quasi due anni che lavoro in questo quartiere come mediatrice culturale ed ho notato che da quando ho cominciato fino ad ora gli stranieri ed in particolare gli albanesi i kosovari e i rom che parlano anche l’albanese in dialetto frequentano il CPI molto di più; questo anche perché vedono la figura del mediatore come punto di riferimento. (Mediatrice linguistico-culturale-Sportello Immigrati CPI Firenze Q4) Pur riconoscendo la portata innovativa dello Sportello Immigrati e il ruolo cruciale che le attività in esso previste rivestono nelle pratiche di accompagnamento dell’utenza straniera alla fruizione dei servizi offerti dal CPI, sembra opportuno evidenziare alcune criticità che un tale servizio presenta, nell’ottica di proporre alcune azioni che possano promuovere una maggiore efficacia dello stesso. Come si è detto, il rinvio del cittadino straniero al servizio specialistico avviene dopo il colloquio con gli operatori di primo livello, vale a dire che il Patto di Servizio viene siglato prima del rinvio allo Sportello Immigrati. Se una tale modalità procedurale è stata strutturata in base all’esigenza di identificare nell’ambito dell’utenza straniera coloro che necessitano di un sostegno mirato, è vero che, al contempo, la sottoscrizione del Patto di Servizio rischia di avvenire nel contesto di una scarsa consapevolezza da parte dell’utente, a meno che -ed è l’opinione di alcuni- questo atto non debba essere inteso come essenzialmente burocratico, il che però non pare essere nelle disposizioni di legge. Infatti, secondo quanto riferito dagli operatori dei CPI di Firenze, i problemi di comprensione nel primo contatto con gli utenti stranieri risultano molto diffusi; si tratta di un aspetto che gli operatori affrontano facendo ricorso alle proprie conoscenze linguistiche. Noi (operatori, n.d.a.) abbiamo dovuto resettare un po’ tutti i nostri schemi, anche di formazione perché anche da un punto di vista linguistico abbiamo bisogno di chi parla un po’ più inglese o di chi parla un po’ più francese. (Focus group CPI Firenze Q1) In particolare, nell’ambito del focus group realizzato con gli operatori del Q4 è emerso che un servizio di interpretariato linguistico, strutturato in maniera flessibile ed eventualmente anche soltanto per via telefonica, potrebbe contribuire ad ovviare alle 291 difficoltà di comunicazione tra utente ed operatore nell’ambito del primo colloquio133. Una seconda criticità è rappresentata dal fatto che i meccanismi di condivisione delle informazioni relative agli utenti che usufruiscono dello Sportello risultano poco strutturati. Se operatori di primo livello e orientatori dello Sportello Immigrati inseriscono le informazioni in un medesimo database (IDOL), ciò non avviene invece nel caso degli avvocati che svolgono il servizio di consulenza legale. In tal senso, come riferisce un’operatrice del CPI, “basterebbe una banca dati condivisa in cui tutti inseriscono le informazioni; [per come è strutturata adesso] se ho necessità di sapere se posso iscrivere una persona in base ai requisiti del suo permesso di soggiorno a volte non ho il ritorno dell’informazione dell’avvocato”. A tale proposito, da parte degli operatori di primo livello è emersa la necessità di prevedere dei momenti di confronto tra le varie figure che all’interno del CPI si relazionano con l’utente straniero. Infatti, come evidenziato dalla referente del CPI del Q4, “non sono previste per loro [le figure che operano presso lo Sportello Immigrati] alcune ore da mettere in rete con noi, le ricaviamo comunque ma andrebbe fatto in maniera più sistematica”. Come si è detto, nell’ambito dei CPI della Provincia di Firenze è stato strutturato anche un servizio di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro nel settore dell’assistenza domiciliare (S.o.s Famiglia, dal 2008 ABC per la famiglia). In particolare, tale servizio prevede: la costituzione e l’aggiornamento di un database che comprende tutti coloro che dopo essersi iscritti nell’elenco dei “disoccupati disponibili” ai sensi del D.Lgs. 297/2002, esprimano la volontà di svolgere il lavoro di assistente familiare; la ricezione delle domande da parte delle famiglie o dei singoli con l’indicazione delle modalità della richiesta di lavoro; un’attività di preselezione (incontro domanda-offerta) per la ricerca della figura più adatta alle esigenze della famiglia; il supporto alla corretta costituzione e gestione dei rapporti di lavoro; la promozione di azioni formative al fine di rendere disponibile una quota di lavoratori qualificati che siano in grado di svolgere le attività di assistente familiare grazie a un livello professionale riconosciuto. Come si è avuto modo di rilevare nell’ambito dell’indagine condotta, questo è un settore che necessita fortemente di servizi di questo tipo, perché gli Da evidenziare che, per un periodo di tempo, su iniziativa personale gli operatori hanno fatto ricorso al servizio di interpretariato telefonico reso disponibile dal progetto Parlamondo, promosso dalla Regione Toscana. 133 292 altri canali di incontro domanda-offerta sono, in confronto, molto meno strutturati di quelli afferenti ai CPI, ed eccessivamente volti all’informalità dei processi. Quanto detto relativamente al servizio ABC per la famiglia introduce una necessaria riflessione sui rapporti intercorrenti tra il CPI e i soggetti operanti sul territorio. La strutturazione di percorsi di sostegno all’inserimento lavorativo dell’utenza straniera non può prescindere dal considerare che l’adozione di una prospettiva di rete costituisce un elemento essenziale rispetto all’efficacia di tali percorsi. In particolare, “si tratta di costruire modelli di intervento complessi e multisettoriali, che hanno nella capacita di relazionarsi con soggetti esterni al sistema SPI, istituzionali e non, un elemento fondamentale del loro successo”; infatti, “per caratteristiche e complessità, il tema dell’immigrazione coinvolge tali e tanti piani che solo un approccio congiunto e, appunto, complesso, permette di costruire modelli di integrazione non subalterna (Baronio, 2007, p. 152). Secondo gli operatori dei CPI di Firenze, sarebbe auspicabile l’adozione di una prospettiva di rete che coinvolga, in special modo, quei soggetti (sindacati e associazioni di categoria) che possono contribuire a diffondere presso i lavoratori stranieri una maggiore consapevolezza dei propri diritti. C’è la necessità di avvicinare i sindacati a queste persone, ma anche agli italiani, perché di situazioni non regolari se ne sentono veramente tante. In vista dell’implementazione di un servizio bisognerebbe pensare a come rendere maggiormente consapevoli dei propri diritti. Ci è capitato molto spesso di persone che hanno firmato senza sapere le proprie dimissioni, giocandosi in questo modo la possibilità di essere indennizzato e il diritto di entrare nella mobilità. Ti dicono “mi hanno licenziato” poi vedi che è una dimissione ma una dimissione non consapevole (…). Non c’è un contatto del lavoratore straniero con chi rappresenta la sua categoria e che può difendere il suo diritto nello specifico; in molti casi non c’è una presa in carico da parte del sindacato, spesso c’è una lettera del lavoratore che dichiara come sono andate le cose. È cosa diversa dall’avere una connessione nostra [del CPI] con il sindacato, sapere se c’è una vertenza magari ci può permettere di inserire il lavoratore nella mobilità perché segnaliamo che potrà averne diritto tra qualche tempo. (Focus group CPI Firenze Q4). Come già rilevato nell’ambito dell’indagine ISFOL sopra citata, nell’ambito dei CPI della provincia fiorentina la gestione dei servizi specificamente rivolti all’utenza straniera “è curata e 293 gestita prevalentemente dagli uffici provinciali di Firenze, senza un sostanziale dialogo, se non informale, con altre strutture o enti che possono intervenire a vario titolo sul tema dell’immigrazione e dell’inserimento lavorativo di cittadini extracomunitari” (Baronio, 2007, p. 143). In conclusione non si può prescindere dall’evidenziare che l’offerta di servizi avanzati di orientamento e di sostegno all’inserimento lavorativo promossa mediante lo Sportello Immigrati testimonia un’indiscutibile volontà politica dell’amministrazione locale nel facilitare l’accesso ai servizi pubblici per l’impiego da parte dell’utenza straniera. Un tale orientamento è confermato anche dalla capacità dell’amministrazione di dare continuità nel tempo al servizio così che per una parte di utenti immigrati lo Sportello rappresenta un riferimento significativo. Tuttavia, persistono alcune criticità che, in vista di una possibile implementazione del servizio offerto, sollecitano una riflessione sia su aspetti organizzativi interni, come l’ipotesi di strutturare una mediazione linguistica in occasione anche dei primi colloqui, o di prevedere la possibilità di un’integrazione delle informazioni relative allo status giuridico dell’utente nella banca dati IDOL, sia sulle opportunità di formalizzare dei canali di contatto tra il CPI e i soggetti del territorio (sindacati, associazioni di categoria e soggetti del privato sociale che operano nel settore dell’accoglienza dei migranti). 6.10 Considerazioni conclusive Nel paragrafo introduttivo abbiamo affermato che per comprendere il modo attraverso il quale i migranti utilizzano i servizi offerti dai CPI, nonché la percezione che le due parti (servizi e utenti) hanno di questa relazione, ritenevamo necessario sviluppare la riflessione tenendo conto delle più ampie dinamiche riguardanti sia l’azione dei CPI sia i percorsi d’insediamento sul territorio delle popolazioni migranti. La riflessione conclusiva che qui si presenta parte quindi dagli aspetti di contesto, quegli aspetti che circoscrivendo lo spazio sociale, economico ed antropologico entro il quale l’azione dei CPI si colloca definiscono confini, limiti e vincoli esterni della relazione tra gli stessi CPI e l’utenza non italiana. Abbiamo più volte ricordato che il punto iniziale della riflessione non può che consistere nella sottolineatura della dimensione 294 strutturale della crisi in corso. I dati su avviamenti e cessazioni nel mercato del lavoro, quelli sull’andamento della cassa integrazione, la ricostruzione dei percorsi lavorativi degli intervistati, tutti questi elementi -di natura sia quantitativa che qualitativa- convergono nel tratteggiare uno scenario assai difficile. Pertanto l’peratività dei CPI risulta segnata da una condizione “emergenziale” di fondo, che ne condiziona gran parte delle scelte strategiche e di quelle operative. Dal punto di vista dei migranti risulta in crescita, come abbiamo visto in particolare nel caso di Prato, la scelta di far tornare a casa moglie e figli precedentemente ricongiunti, data l’insostenibilità delle spese imposte dalla presenza di nuclei familiari allargati. Gli intervistati hanno descritto inoltre numerosi casi di partenze di amici o connazionali verso altre regioni italiane o verso altri Paesi. Non si tratta però di tendenze e comportamenti che al momento possono essere definiti come uniformi, dal momento che le caratteristiche salienti dei percorsi d’insediamento sul territorio emersi dalle interviste sembrano essere altre, ed in particolare due. La prima è la diffusione della precarizzazione dei rapporti di lavoro e del sommerso, fenomeni che per quanto riguarda la componente non italiana trovano la loro massima espressione in alcune dinamiche che le interviste evidenziano come peculiari: l’accentuazione dell’occupazione al “nero” in settori tradizionali (alberghi, ristorazione); la percepita crescita del fenomeno delle partite Iva fittizie; l’utilizzo strumentale e marginale delle iscrizioni in qualità di soci lavoratori presso cooperative di trasporti e di facchinaggio. La seconda caratteristica è l’esasperazione del ruolo già intensamente svolto dalle reti comunitarie e relazionali, da tutto quell’insieme di rapporti informali che in moltissimi casi consente ai lavoratori migranti di “saltare” la mediazione istituzionale (in primis nell’intermediazione e nella ricerca di lavoro) e di surrogare le carenze strutturali (il gap comunicativo, lo stigma e le rappresentazioni negative). È possibile a questo punto stabilire un primo punto fermo ed affermare che, nel caso delle relazioni con l’utenza straniera, la trasformazione strategica degli interventi in materia di politiche del lavoro -il passaggio da una logica meramente assistenziale ad una promozionale, esprimibile in termini di occupabilità, orientamento, ri-orientamento e formazione continua- è ostacolata da fattori di natura strutturale. È infatti la combinazione tra la crisi e l’azione pervasiva delle reti informali a determinare il maggior ostacolo che i CPI stanno incontrando nel loro tentativo di rendere i princìpi 295 della riforma dei SPI concreti ed attuabili anche nelle relazioni con la componente non italiana. Si pensi a quanto incide la rigidità dell’attuale modello di regolazione dei flussi d’ingresso per lavoro sull’incontro tra domanda e offerta. La sottolineatura della natura strutturale di tali fattori è essenziale perché permette di distinguere le variabili che non sono aggredibili dai CPI, in quanto esorbitanti dalla loro diretta capacità di intervento, da quelle che sono invece suscettibili di correzioni, modifiche ed adattamenti attraverso misure appropriate. L’interrogativo fondamentale, quello al quale cercheremo di rispondere nelle pagine che seguono dopo aver preso atto dell’esistenza dei fattori “non aggredibili” appena richiamati, può essere a questo punto riformulato come segue: in quale modo i CPI possono farsi carico dei fattori di svantaggio dei lavoratori stranieri (l’accesso differenziato alle informazioni e alle conoscenze; la difficoltà di certificare credenziali formative, conoscenze e competenze; l’appartenenza etnica tout court; la funzione segregante delle reti e delle specializzazioni etniche), in un contesto di crisi nel quale le risorse informali sembrano svolgere un ruolo preponderante? L’analisi dei percorsi di utilizzo dei servizi offerti dai CPI ha evidenziato l’esistenza di differenti modalità di relazione tra utenza non italiana e CPI. Non va taciuto il fatto che si sono registrate indicazioni significative della presenza di percorsi che abbiamo definito come consapevoli e mirati. Una parte degli utenti stranieri pare effettivamente riuscire a cogliere lo sforzo compiuto dai CPI per sfuggire all’approccio passivizzante largamente prevalente nel passato. La combinazione delle maggiori risorse personali con quelle familiari e comunitarie, ove disponibili in misura adeguata, sembra permettere ad una parte dell’utenza di individuare nei servizi offerti dai CPI una leva utile non solo per la ricerca di lavoro, ma anche per la valorizzazione e lo sviluppo delle competenze pregresse. Occorre tuttavia ricordare che si tratta di un segmento di utenza che per quanto riguarda la componente non italiana risulta ancora largamente minoritario. Come abbiamo notato nel paragrafo 6.2, continuano a prevalere profili di utilizzo che nel testo abbiamo definito come strumentali (basate sulla percezione del passaggio al CPI come mero adempimento formale, come nel caso delle richieste di certificazioni) e marginali (limitate ai servizi di primo livello, come accoglienza ed autoconsultazione). Abbiamo inoltre rilevato che in molte circostanze la scarsa comprensione della funzione dei CPI non produce soltanto l’effetto -già negativo ex se- del sottoutilizzo 296 dei servizi disponibili, ma anche un’attribuzione di intenzionalità opache e talora persecutorie ad operatori ed uffici, specie quando le aspettative occupazionali risultano a lungo frustrate (cosa che in questo periodo -come abbiamo più volte sottolineato- accade assai spesso). Anche sotto il profilo della valutazione dei servizi erogati possiamo evidenziare la presenza di una pluralità di situazioni. Le attività di intermediazione sono le prime a risentire della crisi e della preferenza espressa chiaramente dall’utenza non italiana per i canali informali. Tuttavia, coerentemente con quanto ricordavamo poco fa circa la necessaria distinzione tra ciò che è e ciò che non è nella disponibilità dei poteri d’intervento dei CPI, alcune criticità potrebbero essere affrontate da subito. Ci riferiamo, in particolare, alla scarsità di offerte disponibili ed alla tuttora insoddisfacente capacità di attrazione che i CPI esercitano nei confronti delle imprese. Lo scarso utilizzo dei CPI da parte dei datori di lavoro e il numero non elevatissimo di offerte disponibili sono i primi nodi da sciogliere per un attore istituzionale, la cui identità resta comunque fortemente interrelata alla capacità di intermediare domanda ed offerta di lavoro. Per quanto riguarda la formazione abbiamo ricordato che, nonostante tra le interviste si riscontrino testimonianze di efficaci percorsi formali di sviluppo/consolidamento delle competenze, non si può ancora parlare di una relazione consolidata da parte dell’utenza straniera con il sistema formativo. I corsi continuano a non esercitare un grande appeal sulla componente non italiana sia per motivi logistici (orari di svolgimento, problemi di conciliazione, in particolare per le donne), sia per ragioni strutturali. Tra queste ultime la più importante è senza dubbio la chiara propensione mostrata da molti intervistati a massimizzare i benefici monetari a breve rispetto all’investimento in formazione, che richiede tempi più lunghi e la disponibilità di risorse alternative. L’eccezione è rappresentata dai corsi percepiti come professionalizzanti (quelli per Osa, per esempio), rispetto ai quali si registra anche una discreta quantità di invii da parte dei CPI. Il relativo successo di queste esperienze rischia però di costituire l’indicatore più chiaro della fragilità del rapporto degli stranieri con il sistema formativo. Al di fuori di questi percorsi di consolidamento delle nicchie etniche e delle specializzazioni professionali, non sembrano esserci grandi possibilità di attivare percorsi realmente individualizzati e in grado di valorizzare le competenze possedute (anche al di là del problema 297 -per certi versi drammatico- del riconoscimento dei titoli di studio). Quest’ultima considerazione chiama in causa le modalità attraverso le quali sono attualmente erogati i servizi di orientamento destinati all’utenza non italiana. Se da un lato si può dire che per l’utenza italiana la qualità dei servizi offerti, e soprattutto la mole di riflessioni teorico-pratiche che ne hanno sorretto l’evoluzione, è largamente soddisfacente, dall’altro si può affermare che sono ancora molto rari i casi nei quali il colloquio di orientamento ha permesso ad utenti non italiani di far emergere indicazioni davvero utili per lo sviluppo delle loro competenze e l’attivazione di percorsi individuali realmente orientati al miglioramento dell’occupabilità. Da questo punto di vista, il Patto di Servizio può essere letto come un’integrazione all’interno delle politiche attive del lavoro, del criterio di condizionalità proprio delle riforme dei sistemi di welfare, ma in sostanza appare scarsamente incisivo. Come abbiamo ricordato nel testo, la richiesta e l’uso consapevole dei servizi di orientamento sono circoscritti alla fascia di utenza straniera in possesso di un titolo di studio elevato e con una condizione socioeconomica relativamente stabile. Uno dei dati più importanti dell’indagine è quello che evidenzia le ragioni del maggiore successo di alcuni servizi rispetto ad altri -in termini di frequenza di utilizzo- da parte dell’utenza straniera. Le relazioni risultano più strette laddove si costruiscono nel tempo percorsi standardizzati di accesso orientati dall’azione delle reti e dai legami informali. Il nesso tra informalità e standardizzazione degli accessi, che in prima battuta può apparire una contraddizione in termini, mostra quanto gli aspetti della larga diffusione del “passa-parola” e delle reti fiduciarie siano in grado di pre-strutturare e incanalare le relazioni tra migranti e CPI lungo percorsi che consolidano modalità di accesso tendenti a protrarsi inalterate nel tempo. È il caso, ad esempio, dell’accesso alle opportunità formative e lavorative rappresentate dai tirocini, che se da un lato rappresentano per le imprese uno strumento di reperimento della manodopera a costo ridotto, dall’altro sono spesso considerati dall’utenza non italiana e da alcuni gruppi nazionali in particolare come il primo passo per l’inserimento stabile nel mondo del lavoro. Il nesso informalità/accesso standardizzato diventa problematico proprio nelle fasi nelle quali il CPI dovrebbe/potrebbe affermare i princìpi della sua identità operativa rinnovata, vale a dire quando dovrebbe rendere concretamente agibili i concetti di promozionalità ed occupabilità. È in questo passaggio critico tra il primo accesso e 298 la standardizzazione dei servizi richiesti ed erogati che l’informalità assume una funzione decisiva nell’indirizzare le relazioni tra servizi ed utenti entro binari assai difficili da modificare. Per fare altri esempi molto semplici, se l’accesso ai voucher per determinati percorsi formativi, o quello allo sportello Donna sono resi possibili dal “passa-parola”, risulta molto difficile valorizzare competenze e risorse diverse rispetto a quelle che inducono la persona straniera a rivolgersi ai CPI. Intese in questo modo le risorse informali non cessano di avere una funzione promozionale, ma mostrano la loro natura di ambigui fattori “depotenzianti”. Sul piano dei modelli organizzativi, i due CPI considerati presentano significative differenze. Il CPI di Firenze presenta due peculiarità assenti nel caso di Prato: lo sportello immigrati e la presenza strutturata di servizi di mediazione linguistico culturale. Il CPI di Prato si caratterizza da parte sua per l’originalità dell’assetto gestionale, unico anche rispetto alle altre realtà toscane. Si tratta di un assetto basato da un lato sulla forte impronta concertativa e dall’altro sul decentramento, principio in base al quale i servizi amministrativi sono erogati direttamente dagli sportelli comunali. Uno sguardo d’insieme ci consente di affermare che né l’uno né l’altro modello sono al momento sufficientemente maturi per potersi imporre come benchmark per le altre realtà territoriali. Al di là delle specificità legate ai contesti ed a scelte organizzative profondamente differenti, le interazioni con l’utenza migrante sono condizionate dalle relazioni informali (e quindi da ciò che avviene all’esterno dei CPI) molto più di quanto non siano orientate e guidate dai servizi offerti. In un periodo di crisi come l’attuale, anche nel caso fiorentino, nel quale esiste uno spazio specifico (lo sportello immigrati) pensato in funzione dei bisogni della popolazione non italiana, il CPI non esercita alcuna particolare influenza sulle dinamiche e sui percorsi di accesso dell’utenza non italiana. E qui torniamo, per l’ennesima volta, al punto-chiave: la difficoltà ad affermare modelli organizzativi adeguati ai fini della presa in carico di questa categoria di utenza rischia di rappresentare una patente contraddizione del modello delineato dalla riforma e di far prevalere percorsi di accesso passivi ed inerziali. Quelli appena descritti sono gli aspetti critici emergenti dall’indagine. Tuttavia l’analisi delle prospettive evolutive dei CPI permette di scorgere anche segnali capaci di indicare piste di lavoro potenzialmente proficue, sia sul piano generale che con riferimento specifico alle interazioni dei Centri con l’utenza straniera. Anche se, 299 come abbiamo notato, alcune questioni rilevanti sono intrinsecamente al di fuori dalla portata degli interventi dei CPI (si pensi, ad esempio, alla riforma degli ammortizzatori sociali), possiamo ipotizzare che nel medio periodo l’azione dei CPI si potrebbe sviluppare lungo alcune direttrici particolari. è innanzitutto verosimile che per qualche tempo -almeno fino a quando la crisi occupazionale continuerà ad essere grave com’è attualmente- l’attività più importante consisterà nel cercare di agganciare le politiche passive (di sostegno) alle politiche attive, cosa che già ora sta avvenendo (la formazione considerata come un ammortizzatore sociale), ma che in prospettiva significherà probabilmente affermare una primazia degli interventi orientati alla riconversione (orientamento, formazione, occupabilità) sull’intermediazione in senso stretto. Da questo punto di vista, come emerge chiaramente dalle interviste ai responsabili dei Centri, sarà importante (e lo sarà ancora di più, sotto certi aspetti, nei rapporti con l’utenza straniera) cercare di raccordare più da vicino i servizi di orientamento ed intermediazione. È in questo segmento di attività che occorrerà lavorare per conquistare ai CPI una funzione più attiva ed un modello operativo più incisivo. Se le due attività resteranno scarsamente collegate, sarà difficile rendere traducibile sul piano concreto il principio della personalizzazione dei servizi offerti ed il passaggio dalla comprensione dei percorsi individuali alla loro messa a frutto sul mercato del lavoro. D’altra parte la difficoltà del processo che si prospetta risiede nella necessità di intervenire sul versante dell’orientamento e della formazione senza lasciare sguarnito (per esempio, per mancanza di offerte) il servizio di incontro tra domanda ed offerta. Nel campo della formazione, infine, visto l’attuale trade-off che si registra tra la ricerca di percorsi mirati ed il gran numero di corsi offerti, che rischiano per forza di cose di essere generalisti, si può pensare ad una rimodulazione complessiva dello strumento dei voucher e ad una maggiore valorizzazione delle competenze possedute e dei percorsi di certificazione delle stesse. Nello specifico dei rapporti con l’utenza migrante queste linee di sviluppo si traducono in una serie di ipotesi operative, che decliniamo qui di seguito per punti. 1. Se il ragionamento di prospettiva si basa sulla necessità di introdurre interventi atti a rafforzare l’integrazione tra orientamento ed intermediazione, ad agganciare le politiche passive a quelle attive, ed in generale a far passare la concezione strategica della riforma 300 (occupabilità, formazione continua ecc.) anche nella componente non italiana, il pre-requisito di ogni iniziativa volta ad estendere ai migranti le strategie appena elencate consiste nel rafforzamento degli strumenti di comunicazione istituzionale e di servizio. Si deve in primo luogo porre particolare attenzione alle attività volte a facilitare la comprensione dei servizi offerti (traduzione della modulistica, comunicazioni in lingua, estensione -ma nel caso di Prato sarebbe più corretto parlare di introduzione- dei servizi di mediazione linguistico-culturale). L’uso continuato della mediazione linguistico-culturale può inoltre essere accompagnato dallo svolgimento sistematico di corsi di lingua italiana, come prevede la recente legge della Regione Toscana sull’immigrazione134, da realizzare presso i CPI, con il preciso scopo di attrarre e fidelizzare l’utenza straniera (per quella in obbligo formativo, si tratterebbe di un intervento di prevenzione della dispersione scolastica). L’opportunità di collocare i corsi di lingua presso i CPI non è consigliata soltanto dall’ovvia constatazione che i colloqui di orientamento richiedono una buona padronanza dell’italiano, o la presenza del mediatore (nei casi nei quali mancano queste risorse il colloquio si limita ad una compilazione passiva dei campi della scheda di raccolta dati); l’opportunità di tale opzione deriva anche dalla necessità di migliorare le competenze di base dell’utenza e la capacità di accoglienza dei servizi di front-office, anche al di là degli sforzi -spesso notevoli- che gli operatori compiono singolarmente e volontaristicamente per favorire le interazioni con l’utenza straniera. 2. Occorre migliorare la conoscenza dei percorsi di accesso riguardanti le diverse componenti dell’utenza non italiana. Si è ripetutamente ricordato quanto siano rilevanti le dinamiche informali rispetto ai percorsi di accesso: per non continuare a subirne passivamente gli effetti “depotenzianti” occorre non limitarsi a registrare esteriormente i tratti salienti di tali percorsi, ma provare ad intervenire direttamente su di essi e non soltanto in termini comunicativi e di facilitazione linguistica. Attualmente i percorsi dell’utenza non italiana presso i CPI effettivamente ricostruibili ex post sono pochi. Verificare periodicamente i dati quantitativi e qualitativi sull’accesso di questo segmento di utenza alle diverse Recita l’art. 3, c. 26 della Legge Regionale Toscana n. 29 del 9 giugno 2009: “La Regione promuove lo sviluppo della comunicazione interculturale con i cittadini stranieri presenti sul territorio muniti di regolare titolo di soggiorno in particolare con i seguenti interventi: a) l’insegnamento della lingua italiana e delle nozioni fondamentali di educazione civica ai fini della promozione di una cittadinanza attiva (…). 134 301 tipologie di servizi erogati potrebbe permettere di ricalibrare gli interventi a partire da una migliore (non empirica) conoscenza del funzionamento delle reti e dei percorsi di accesso. Un primo passo essenziale in questa direzione è quello di comprendere in modo chiaro, attraverso un monitoraggio adeguato, numero e caratteristiche delle persone che interrompono la relazione con il CPI tra il primo accesso e le fasi successive (prima del colloquio di orientamento di secondo livello, oppure per mancata risposta alle convocazioni), che sappiamo essere per la maggior parte stranieri. 3. Per quanto riguarda la formazione, al fine di ampliare il ventaglio delle opportunità formative e sventare il rischio di proporre troppi corsi percepiti come scarsamente professionalizzanti -la principale ragione della scarsa frequentazione della formazione da parte dei migranti- è opportuno pensare ad una ridefinizione del sistema dei voucher, parte dei quali potrebbero essere messi a disposizione tenendo conto di criteri di selezione (tipologia dei corsi, aspetti organizzativi, orari), che forniscano ai migranti maggiori possibilità di accesso e di conciliazione tra corsi e attività lavorative. 4. Un’ultima riflessione riguarda la questione di genere. Abbiamo più volte sottolineato nel testo che per la componente femminile dell’utenza straniera sottrarsi dalla stretta connessione, già evidenziata in generale per l’utenza non italiana, tra dinamiche informali e nicchie di specializzazione etnica appare ancora più difficile. Rafforzare i dispositivi d’intervento attualmente esistenti presso i CPI di Firenze (Sportello Abc) e Prato (Sportello Donna) risulta dunque indispensabile, ma questa operazione andrà realizzata tenendo conto del più ampio contesto di trasformazione dell’azione dei Centri. Ciò significa che il rafforzamento di questi sportelli non dovrebbe tanto servire ad incrementare la quota di avviamenti al lavoro domestico e di cura intermediati efficacemente dai CPI; in questo campo la concorrenza dei soggetti non autorizzati e del “passa-parola”, e l’articolazione complessiva del sistema di welfare italiano, rischiano di porre i CPI nella condizione di perenni inseguitori degli intermediari informali. Un’operazione di questo tipo, specie se compiuta nella prospettiva già ricordata di maggiori collegamenti tra le attività di orientamento e quelle di intermediazione, potrebbe essere orientata a promuovere -laddove le risorse personali lo consentano- percorsi di affrancamento dal “badantato”. In questo quadro vanno collocati anche gli interventi, di cui naturalmente 302 potrebbero fruire anche i lavoratori maschi, volti a rendere più agevoli o chiari i percorsi di riconoscimento dei titoli e di certificazione delle competenze. Un complesso di interventi come quello appena descritto, pur se collocato nel contesto delle macrotrasformazioni dell’operatività dei CPI che abbiamo indicato, può porre problemi di “sostenibilità sociale” in un momento nel quale le risorse e le opportunità sono percepite entrambe come scarse. Per essere ancora più chiari, occorre chiedersi perché i CPI dovrebbero investire in servizi più “mirati” all’utenza non italiana, in un momento di crisi e di difficoltà generalizzate, e come si potrebbero affrontare le possibili riserve di un’opinione pubblica per la quale ogni parvenza di intervento “specifico” appare come una sottrazione di risorse in un gioco a somma zero. La risposta, che ci pare conseguente a quanto abbiamo sostenuto fino a qui, è che gli interventi specifici per l’utenza migrante non vanno considerati come “ghettizzanti”, ma come uno sforzo complessivo di estensione dei princìpi di applicazione della riforma ad una componente che fino ad ora ha fruito dei servizi dei CPI in modo prevalentemente strumentale o passivo. Non si tratta di ricadere nella trappola del dibattito sterile sui servizi separati, ma di applicare integralmente la trasformazione strategica definita dai programmi di attuazione delle riforme dei SPI. L’ottica, in fin dei conti, è quella fatta propria dal sistema di governance indicato dalla Legge Regionale sull’Immigrazione: secondo tale approccio i migranti non devono essere considerati come meri destinatari di interventi settoriali, ma come uno degli indicatori, in quanto soggetti portatori di diritti nuovi e di istanze inedite, dell’efficacia di un sistema di governo della complessità sul quale si misura la capacità di salvaguardia e tenuta dell’intero complesso dei servizi pubblici e sociali. 303 Parte III Approfondimenti 7. L’impatto della CIG in deroga sui Servizi per l’impiego della Toscana135 7.1 Introduzione A partire dal 2007 l’economia mondiale è stata interessata da una crisi che molti non hanno esitato a paragonare -per le caratteristiche e, soprattutto, per la gravità- a quella verificatasi nel 1929. Seguendo la disamina presentata in Caivano et al. (2010), la crisi si è avviata nel 2007 nei mercati finanziari statunitensi, nei quali numerose istituzioni bancarie (e non) hanno dovuto iniziare a ridurre la propria esposizione ai cosiddetti titoli subprime. In seguito a ciò, già a partire dal 2008, si sono avute le prime ripercussioni sulla domanda e sulla produzione, che hanno determinato un significativo rallentamento generale delle principali economie sviluppate. Con la fine del 2008 le tensioni sui mercati finanziari hanno teso ad affievolirsi, ma contestualmente si è assistito al tracollo del commercio internazionale (-16% tra il quarto trimestre ’08 ed il primo ‘09), che ha implicato per il 2009 una caduta del prodotto mondiale stimata dal Fondo Monetario Internazionale in -0,6%. L’Italia naturalmente non è rimasta immune dalla crisi internazionale. Sebbene le tensioni sui mercati finanziari e i default di alcuni istituti di credito abbiano interessato il nostro Paese in maniera assai più contenuta rispetto a quanto avvenuto in altre aree, altrettanto non è accaduto per quanto riguarda le ripercussioni sull’economia reale. Nel 2009 l’Italia ha registrato una caduta del PIL di 5 punti percentuali, che, aggiungendosi alla diminuzione dell’1,3% relativa al 2008, ha determinato una performance peggiore rispetto alla media europea. A livello regionale, la Toscana ha sperimentato nel periodo in questione una contrazione del prodotto interno perfettamente in linea rispetto al trend nazionale (-0,8% nel 2008 e -5% nel 2009). L’indagine, di cui riportiamo i principali risultati in questo capitolo, è stata curata da Michele Beudò. L’attribuzione dei paragrafi è la seguente: paragrafo 7.1 a Filippo Tosi; paragrafo 7.2 a Teresa Savino e Filippo Tosi, con le elaborazioni di Barbara Marchetiello; paragrafi 7.3, 7.4 e 7.5 a Francesca Ricci e paragrafo 7.6 a Michele Beudò. 135 307 La crisi ha prodotto pesanti ripercussioni sul mercato del lavoro, soprattutto a partire dalla metà del 2008. In Italia, secondo quanto riportato in Caivano et al. (2010) tra aprile 2008, periodo di picco occupazionale, ed febbraio 2010 si sarebbero persi addirittura 700.000 posti di lavoro. Altrettanto negativo si configura il quadro occupazionale relativo alla nostra regione. Secondo IrpetUnioncamere Toscana (2010) tra il 2008 ed il 2009 la domanda di lavoro espressa dal sistema economico regionale si sarebbe contratta di circa 43mila unità, penalizzando soprattutto le giovani generazioni e portando il tasso di disoccupazione al 5,8%. Nonostante i dati testimonino in maniera eloquente la gravità della situazione anche a livello regionale, il quadro avrebbe potuto essere ben più negativo in assenza delle politiche del lavoro implementate per fronteggiare la crisi. In particolare, in assenza degli interventi effettuati, si stima che il tasso di disoccupazione avrebbe potuto raggiungere già nel 2009 i 7 punti percentuali (Irpet-Unioncamere, 2010). Nell’ambito delle azioni predisposte a livello regionale, sono stati soprattutto gli strumenti di politica passiva136 del lavoro -la Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (CIG), Straordinaria (CIGS) e in deroga (CIG in deroga)- a svolgere, almeno in prima battuta, un ruolo fondamentale nel mitigare le ricadute sociali della crisi economica137. 7.2 La CIG in deroga e l’attuazione delle politiche attive Prima di analizzare nel dettaglio i risultati dell’indagine realizzata, pare importante concentrare l’attenzione su quegli strumenti di politica del lavoro che hanno consentito, almeno sino ad oggi, di mitigare gli effetti della crisi e sulle principali novità normative che li hanno interessati. Procedendo con ordine, la Cassa Integrazione Guadagni (CIG) è una prestazione che integra o sostituisce la retribuzione dei lavoratori sospesi o che lavorano ad orario ridotto presso aziende in momentanea difficoltà produttiva. Lo strumento permette alle Come noto, le politiche passive del lavoro mirano ad alleviare la perdita di benessere connessa allo stato di disoccupazione, ma non intervengono sulle cause di tale stato. Soltanto nel primo trimestre 2010, le ore autorizzate di cassa integrazione, ordinaria e straordinaria, hanno raggiunto in Toscana quasi gli 11 milioni, con un incremento rispetto al trimestre precedente del 13,7% (Regione Toscana, 2010b). 136 137 308 imprese, in attesa di riprendere la normale attività produttiva, di essere sollevate dai costi della manodopera non utilizzata e di evitare i licenziamenti. La Cassa Integrazione Guadagni può essere ordinaria o straordinaria. È ordinaria quando la crisi dell’azienda dipende da eventi temporanei (quali, ad esempio, mancanza di commesse, eventi meteorologici, ecc.) ed è certa la ripresa dell’attività produttiva. È straordinaria quando l’azienda deve fronteggiare processi di ristrutturazione (cambiamento di tecnologie), riorganizzazione (cambiamento dell’organizzazione aziendale), riconversione (cambiamento dell’attività) o in caso di crisi aziendale. Inoltre, l’intervento straordinario può essere richiesto anche a seguito di fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria. La Cassa Integrazione Straordinaria viene concessa per un periodo più lungo rispetto a quella ordinaria, in virtù della gravità degli eventi che la giustificano. La Cassa Integrazione Guadagni è finanziata attraverso un contributo fisso posto a carico del datore di lavoro, al quale si aggiunge, nel caso degli interventi straordinari, anche l’intervento dello Stato. Il pagamento dei sussidi è effettuato dall’impresa richiedente o, nel caso questa sia impossibilitata, dall’Inps. Il sussidio è pari all’80% dello stipendio che sarebbe spettato al lavoratore, aumentato degli eventuali assegni familiari dovuti, ma soggetto ad un limite mensile rivalutato annualmente in base alle variazioni dell’indice dei prezzi al consumo accertate dall’Istat. La CIG e la CIGS sono due istituti fondamentali di politica passiva del lavoro previsti dal sistema di welfare italiano. Tuttavia, nonostante la centralità di questi ammortizzatori sociali, non tutti i lavoratori possono usufruirne. L’avvento della recente crisi ha implicato problemi occupazionali assai rilevanti non solo per la categoria di lavoratori che rientrano tra i possibili beneficiari di CIG e CIGS, ma anche per le altre tipologie. L’asimmetria di tutele fra lavoratori -e, in particolare, l’assenza di ammortizzatori sociali per alcuni target- ha indotto il legislatore nazionale e i legislatori regionali a introdurre nuovi programmi e nuovi strumenti di sostegno. A partire dal Decreto Legge 185 del 2008 e poi con la Finanziaria per il 2009, il governo nazionale è intervenuto con provvedimenti specifici volti a contrastare gli effetti occupazionali derivanti dalla recessione in atto. In particolare il D. L. 185/2008, convertito in Legge 2 del 28 gennaio 2009 (e 309 successive modifiche e integrazioni) è intervenuto sulla questione degli ammortizzatori sociali in deroga, ampliando la platea dei destinatari a tutte le tipologie di lavoro subordinato, compresi i contratti di apprendistato e di somministrazione. Inoltre, è stato introdotto un collegamento diretto tra politiche passive e attive: il diritto a percepire qualsiasi trattamento di sostegno al reddito è infatti subordinato alla dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro o a un percorso di riqualificazione professionale che il lavoratore ha l’obbligo di rilasciare presso i SPI. Ai sensi dell’Accordo tra Stato e Regioni del 12 febbraio 2009 è stato previsto l’utilizzo delle risorse regionali del Fondo Sociale Europeo ad integrazione delle risorse statali. L’Accordo quadro per l’erogazione della CIG in deroga del 30 aprile 2009, sottoscritto tra la Regione Toscana, sindacati e associazioni di categoria, sostituito dagli Accordi del 23/11/2009 e del 28/01/2010, estende la possibilità di usufruire del sostegno a tutti i settori produttivi. A partire dal 4 maggio 2009, la Regione Toscana riceve e autorizza le richieste di concessione della CIG in deroga. I lavoratori entro 48 ore dall’inizio effettivo della CIG in deroga devono presentarsi al CPI e, a seconda della durata della sospensione, ricevere misure ad hoc (stabilite in apposita tabella decretata dalla regione), pena decadenza del sostegno. I CPI sono, dunque, titolari della gestione complessiva degli interventi di politica attiva, che, pur nel rispetto degli standard regionali, realizzano percorsi personalizzati per ogni singolo cassaintegrato. Nell’intero periodo di operatività di tali disposizioni (dal 1 luglio 2009 al 1 ottobre 2010), gli sportelli dei CPI hanno ricevuto oltre 27mila lavoratori in CIG in deroga, con una maggiore incidenza nelle province di Firenze (24%), Arezzo (17%), Prato (15%), Pistoia (13%) (Tab. 7.1). Complessivamente sono state erogate 110.045 azioni di politica attiva, in media 4 per ciascun lavoratore. In base alle Linee Guida predisposte dalla Regione Toscana (DGR 569/09), sono previste 4 aree di intervento, che si distinguono in base alle finalità, alla durata del periodo di sospensione lavorativa e al costo: ossia interventi formativi, interventi di accompagnamento, interventi work based, interventi concertati (Tab. 7.2). Complessivamente tra le azioni erogate dai CPI toscani, si registra un’ampia prevalenza delle attività di natura informativa e consulenziale destinate a tutti i lavoratori indipendentemente dal 310 periodo di cassa integrazione previsto: per quasi il 30% si tratta di servizi di primo livello, il 18% azioni di informazione strutturata e orientativa di gruppo di primo livello; seguono le azioni relative alle tecniche di ricerca del lavoro (13%) e i percorsi di occupabilità (9%) destinati in entrambi i casi a utenti con oltre 30 giorni di CIG in deroga (Tabb. 7.3 e 7.4). Tabella 7.1 NUMERO DI LAVORATORI IN CIG IN DEROGA CHE SI SONO PRESENTATI AGLI SPORTELLI DEI CPI PER PROVINCIA DALL’1/07/2009 ALL’1/10/2010 F Arezzo 2.254 Firenze 3.186 di cui Circ. Empolese v.e. 1.130 Grosseto 90 Livorno 626 Lucca 814 Massa 261 Pisa 1.546 Pistoia 1.757 Prato 1.760 Siena 457 TOSCANA 12.751 Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana N° Lavoratori M 2.275 3.378 979 159 862 1.332 513 1.380 1.681 2.292 727 14.599 TOTALE 4.529 6.564 2.109 249 1.488 2.146 774 2.926 3.438 4.052 1.184 27.350 % 16,6 24,0 7,7 0,9 5,4 7,8 2,8 10,7 12,6 14,8 4,3 100,0 Tabella 7.2 DESCRIZIONE DELLE TIPOLOGIE DI INTERVENTO DI POLITICA ATTIVA INTERVENTI FORMATIVI INTERVENTI DI SUPPORTO INTERVENTI WORK BASED INTERVENTI CONCERTATI Percorsi in FAD Percorsi di formazione su competenze di base (sicurezza, informatica, lingue, cittadinanza) Percorsi di formazione su competenze trasversali (comunicazione, problem solving, time management, ecc.) Percorsi di occupabilità e tecniche di ricerca del lavoro Percorsi di formazione continua rivolti all’acquisizione di competenze professionali BREVISSIMI (Dichiarazione degli apprendimenti) Percorsi di formazione continua rivolti all’acquisizione di competenze professionali BREVI (Certificato di competenze) Percorsi di formazione continua rivolti all’acquisizione di competenze professionali MEDIO-LUNGHI (Attestato di qualifica) Prima informazione Consulenza orientativa (di primo livello) Consulenza orientativa (di secondo livello) Informazione strutturata e formazione orientativa di gruppo Azioni di accompagnamento e tutoraggio individuale Preselezione e selezione Tirocinio Altra forma di intervento work based Formazione aziendale mirata (voucher aziendali) 311 Tabella 7.3AZIONI EROGATE DAI cPI AI LAVORATORI IN CIG IN DEROGA DALL’1/07/2009 ALL’1/10/2010 Cod. Azione Azioni Durata CIG A11 A12 A21 A31 A32 A33 A34 A35 A36 A37 A41 A42 A43 A44 A51 Prima informazione e consulenza orientativa di primo livello Informazione strutturata e informazione orientativa di gruppo Consulenza orientativa di secondo livello Azioni di accompagnamento e tutoraggio individuale Percorsi in FAD Percorsi di formazione su competenze di base (sicurezza, informatica, lingue, cittadinanza) Percorsi di formazione su competenze trasversali (comunicazione, problem solving, time management, ecc.) Percorsi di occupabilità Tecniche di ricerca del lavoro Percorsi di formazione continua rivolti all’acquisizione di competenze professionali BREVISSIMI (Dichiarazione degli apprendimenti) Pre-selezione e selezione Percorsi di formazione continua rivolti all’acquisizione di competenze professionali BREVI (Certificato di competenze) Tirocinio Altra forma di intervento work based Percorsi di formazione continua rivolti all’acquisizione di competenze professionali MEDIO-LUNGHI (Attestato di qualifica) TOTALE Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana N. Azioni % Tutti Tutti Oltre 15 giorni Oltre 30 giorni Oltre 30 giorni 32.423 19.824 7.802 2.110 8.202 29,5 18,0 7,1 1,9 7,5 Oltre 30 giorni 926 0,8 Oltre 30 giorni 6.717 6,1 Oltre 30 giorni Oltre 30 giorni 9.685 14.017 8,8 12,7 Oltre 30 giorni 2.570 2,3 Oltre 60 giorni 4.567 4,2 Oltre 60 giorni 772 0,7 Oltre 60 giorni Oltre 60 giorni 33 285 0,0 0,3 Oltre 120 giorni 112 0,1 110.045 100,0 Il quadro descritto sin qui, dunque, lascia intuire come le novità legislative introdotte abbiano determinato un forte impatto sui SPI, chiamandoli a nuovi compiti e incrementandone i carichi di lavoro, a pochi anni di distanza dalla riforma epocale che, attribuendo centralità alle politiche attive per il lavoro, ne ha profondamente mutato la mission e gli assetti organizzativi. In questo contesto si è inserita la necessità di approfondire, dal punto di vista delle Province e dei loro CPI, gli effetti prodotti dall’introduzione dei servizi previsti dalla CIG in deroga, focalizzando l’attenzione non solo sulle aree di criticità e sulle difficoltà incontrate, ma anche sui possibili effetti positivi determinati dalle novità introdotte, facendo attenzione a cogliere il punto di vista degli operatori relativo all’impatto delle politiche e ad eventuali margini di miglioramento rispetto agli strumenti proposti. 312 313 Prima informazione e consulenza orientativa di primo livello Informazione strutturata e informazione orientativa di gruppo Consulenza orientativa di secondo livello Azioni di accompagnamento e tutoraggio individuale Percorsi in FAD Percorsi di formazione su competenze di base (sicurezza, informatica, lingue, cittadinanza) Percorsi di formazione su competenze trasversali (comunicazione, problem solving, time management, ecc.) Percorsi di occupabilità Tecniche di ricerca del lavoro Percorsi di formazione continua rivolti all’acquisizione di competenze professionali BREVISSIMI (Dichiarazione degli apprendimenti) Pre-selezione e selezione Percorsi di formazione continua rivolti all’acquisizione di competenze professionali BREVI (Certificato di competenze) Tirocinio Altra forma di intervento work based Percorsi di formazione continua rivolti all’acquisizione di competenze professionali MEDIO-LUNGHI (Attestato di qualifica) A11 A12 A21 A31 A32 TOTALE Fonte: elaborazioni su dati SIL - Regione Toscana A51 A43 A44 A42 A41 A37 A35 A36 A34 A33 Azioni Cod. Azione Oltre 120 giorni Oltre 60 giorni Oltre 60 giorni Oltre 60 giorni Oltre 60 giorni Oltre 30 giorni Oltre 30 giorni Oltre 30 giorni Oltre 30 giorni Oltre 30 giorni Tutti Tutti Oltre 15 giorni Oltre 30 giorni Oltre 30 giorni Fascia temporale Arezzo 100 0 0 0 1 4 0 8 19 0 0 31 19 7 0 11 100 0 0 1 1 9 0 17 13 4 2 100 0 0 0 2 13 1 13 13 3 6 24 22 3 1 1 Firenze di cui: Circondario Empolese V.E. 26 21 3 3 0 Grosseto 100 0 0 0 0 0 1 11 13 0 3 29 10 26 4 3 Provincia Livorno 100 0 0 0 0 0 0 31 0 0 0 35 23 2 0 9 100 0 0 0 0 1 0 0 25 0 0 20 10 16 2 27 Lucca Tabella 7.4AZIONI EROGATE DAI cPI AI LAVORATORI IN CIG IN DEROGA PER PROVINCIA DALL’1/07/2009 ALL’1/10/2010 Valori % Massa 100 0 0 0 0 3 0 5 11 0 0 32 43 5 0 0 Pisa 100 0 0 1 0 1 0 16 13 11 0 27 2 22 2 5 Pistoia 100 0 0 0 3 8 0 1 14 7 1 28 22 1 3 10 Prato 100 0 0 0 0 0 14 0 3 20 0 41 20 2 0 0 100 0 0 0 0 2 0 3 8 0 2 26 21 9 12 15 Siena A questo scopo, è stato scelto di utilizzare una metodologia di indagine qualitativa, svolgendo una serie di interviste in profondità ai responsabili e ai coordinatori provinciali dei CPI e di alcuni Servizi Territoriali della Toscana nella primavera del 2010138. In sede di intervista, l’analisi degli effetti della CIG in deroga sulle attività dei CPI è stata affrontata da tre diversi punti di vista: gli aspetti procedurali e la conseguenze sulla riorganizzazione dei servizi; l’analisi dell’efficienza e dell’efficacia delle prestazioni; le prospettive future. 7.3 L’introduzione della cig in deroga e l’inevitabile riorganizzazione dei Servizi per l’impiego L’introduzione dello strumento della CIG in deroga ha determinato, a conferma dei dati di monitoraggio presentati precedentemente, un incremento significativo del carico di lavoro per i CPI. L’incremento degli utenti dei servizi, tuttavia, non ha interessato in maniera omogenea il territorio regionale. In particolare, dalle interviste realizzate emerge come la pressione esercitata dai lavoratori CIG in deroga sia stata particolarmente sostenuta nelle Province di Firenze, Prato, Pistoia e Arezzo e più lieve nella Toscana meridionale, soprattutto a Siena e a Grosseto, dove il ricorso alla CIG in deroga da parte delle aziende è stato piuttosto contenuto. In alcune aree, è invece la Cassa Integrazione Straordinaria a destare ancora più preoccupazione (come nel caso di Siena e di Livorno)139. Il contatto con i soggetti coinvolti è stato preceduto dall’invio di una lettera di presentazione dell’indagine e della traccia degli argomenti oggetto di discussione. Le interviste sono state svolte con: per la Provincia di Arezzo Romina Nanni (responsabile dei Centri Territoriali per l’Impiego e Silvia Frondi (funzionaria Servizio Imprese); per il Circondario Empolese Valdelsa Silvia Meoli (responsabile Politiche del lavoro del Circondario) e Claudia Innocenti (funzionaria Ufficio del Lavoro); per la Provincia di Firenze Maria Carmen Toscano (P.O. servizi giuridici della Direzione Lavoro), Sabrina Maioli (responsabile CPI Firenze Quartiere 1) e Nicola Toscano (responsabile CPI Sesto F.no); per la Provincia di Grosseto Massimo Caramelli (responsabile del Servizio Lavoro dei CPI territoriali di Grosseto, Follonica, Orbetello, Manciano, Arcidosso); per la Provincia di Livorno Paolo Borghi (responsabile CPI di Livorno e Piombino e coordinatore dei CPI della Provincia di Livorno), Monica Casarosa (funzionaria addetta accoglienza), Stefania Papa e Alessandra Chiti (consulenti); per la Provincia di Lucca Fiorella Baldelli (dirigente del Servizio Lavoro); per la Provincia di Massa Carrara Paola Marini (dirigente Servizio Lavoro), Giovanni Manfredi (coordinatore CIG in deroga) e Claudio Bertoneri (responsabile servizio orientamento CPI Massa); per la Provincia di Pisa Patrizia Nannetti (responsabile del Centro Direzionale per l’Impiego della Provincia di Pisa e del CPI di Pisa) e Maria Luisa Mazzanti (operatrice e sostituto responsabile del CPI di S. Croce sull’Arno); per la Provincia di Pistoia Marzia Vannucchi (P.O. coordinamento reti dei servizi e delle azioni per l’occupabilità e le politiche attive del lavoro) e Cristina Innocenti (responsabile CPI Pistoia Centro); per la Provincia di Prato Brunella Mastrocesare (coordinatrice CPI Prato); per la Provincia di Siena Monica Becattelli (responsabile CPI Poggibonsi e coordinatrice dei CPI della Provincia di Siena). 139 “La Provincia di Siena per quanto l’impatto della CIG in deroga sia stato forte, è fra le province toscane che, specialmente nel 2009, non ha avuto un numero così elevato di lavoratori in CIG in deroga, mentre abbiamo avuto e abbiamo molti lavoratori in CIGS rispetto alle nostre dimensioni. (...) Questo per altri versi ci ha facilitato e ci ha fatto trovare pronti quando è partita la CIG in deroga, perché c’era già 138 314 L’afflusso particolarmente consistente di questi nuovi utenti ha impattato in maniera eterogenea sulle diverse aree funzionali dei servizi (Tab. 7.5). In particolare, gli intervistati concordano nel ritenere che gli ambiti di attività interessati dalla maggiore pressione sono stati da un lato l’insieme dei servizi di accoglienza -prima informazione, prima iscrizione e certificazione- e dall’altro l’area della consulenza orientativa -sia di primo che di secondo livello. Per quanto concerne la prima area di attività, si sono spesso registrati momenti di vera e propria emergenza; nell’area della consulenza orientativa, soprattutto di primo livello, si sono avute altrettante difficoltà nel riorganizzare le risorse umane a disposizione, e nel programmare tempi e modalità di erogazione dei servizi agli utenti. In quest’ultimo ambito, si è necessariamente concretizzata un’erogazione delle attività “per gruppi”140. Tabella 7.5 “Rispetto alle principali aree funzionali previste dal Masterplan, con la CIG in deroga quali attività sono risultate maggiormente sotto pressione?” Area funzionale 1. Accoglienza 2. Consulenza e servizi per l’occupabilità 3. Servizi alle imprese e alla Pubb. Amm.ne 4. Servizi amministrativi per l’occupabilità 5. Gestione del sistema informativo 6. Incontro domanda e offerta 7. Gestione della struttura 1.1 1.2 1.3 2.1 2.2 2.3 2.4 3.1 3.2 4.1 4.2 5.1 5.2 6.1 7.1 7.2 7.3 7.4 Tipo di servizio Prima informazione Prima iscrizione e certificazione Autoconsultazione Consulenza orientativa di I livello Consulenza orientativa di II livello Informazione strutturata e formazione orientativa di gruppo Azioni di accompagnamento al lavoro e tutoraggio individuale Informazione strutturata e servizi amministrativi di I livello Consulenza e procedure amministrative di II livello Attività amministrative consulenziali Avviamenti al lavoro con procedure predeterminate Servizi informativi ed informatici interni ed esterni Gestione reti interne ed esterne - flussi informativi con il territorio Preselezione e selezione del personale Gestione organizzativa delle strutture e delle procedure Promozione dei servizi offerti dalla struttura Gestione organizzativa delle risorse umane e direzione Ricerche e attività di monitoraggio Infine, molti intervistati hanno sottolineato una complessità insita nel dover ripensare la gestione della struttura nella sua interezza, nonché il carico di lavoro sulla gestione dei flussi informativi che è derivato dagli adempimenti meramente burocratici dei cassaintegrati in deroga. Lo schema che segue sintetizza in maniera più analitica le opinioni raccolte dagli intervistati. stato un tipo di riflessione su quale misure di politica attiva adottare per supportare i lavoratori” (Siena). 140 “Se prima con i disoccupati avevamo privilegiato il colloquio individuale, con l’arrivo della Cig in deroga abbiamo avuto la necessità di organizzare per loro colloqui di gruppo, con in media 10-12 persone, non di più. Per casi particolari abbiamo comunque fatto il colloquio individuale di primo o di secondo livello” (Arezzo). 315 Nel complesso, il nuovo compito a cui sono stati chiamati i SPI della regione ha rappresentato una vera e propria sfida, che si colloca in una fase particolarmente critica, in cui alla carenza preesistente di risorse umane e finanziarie, si accompagna l’impossibilità -legata ai vincoli imposti agli enti pubblici- di incrementare, anche se solo temporaneamente, le risorse umane in organico. Come appare evidente dalle interviste realizzate, nella quasi totalità dei SPI della Toscana, l’organizzazione dell’offerta rivolta alla nuova utenza è infatti avvenuta mantenendo inalterato il livello di risorse umane e finanziarie a disposizione. Le strategie adottate, dunque, seppure diverse nei vari contesti territoriali, appaiono quasi univocamente improntate ad un uso più efficiente e razionale delle risorse a disposizione141. Il personale, per sua parte, secondo i responsabili delle strutture ha mostrato grandi motivazioni nell’affrontare una fase critica come quella attuale142. In dettaglio, si è proceduto a realizzare una diversa allocazione delle risorse umane fra le aree funzionali, cercando di potenziare soprattutto quelle più critiche, e sono stati realizzati interventi formativi e informativi per consentire al personale di poter svolgere un più ampio numero di mansioni. Quando possibile, sono state indirizzate alla gestione dei servizi per i lavoratori CIG in deroga risorse umane e finanziarie legate ad altri progetti specifici, in origine immaginati per altri scopi e destinati ad altre tipologie di soggetti. Talvolta, infine, si è proceduto a incrementare il monte-ore di società o consulenti che già collaboravano con i diversi CPI143. Accanto ad una riorganizzazione volta ad utilizzare al meglio le risorse a disposizione, come già accennato quasi ovunque i servizi rivolti ai nuovi utenti sono stati progettati e implementati in una “logica di gruppo”. In particolare, per poter offrire l’adeguata accoglienza a tutti i beneficiari dell’intervento ed al contempo evitare di sacrificare eccessivamente altri servizi, è stata “differita” la logica dell’individualizzazione del servizio, per abbracciare quella basata sull’informazione e sull’erogazione di gruppo; nel “Abbiamo impiegato più persone in quei servizi maggiormente sotto pressione, abbiamo ampliato la loro preparazione professionale, abbiamo incrementato le loro ore di lavoro, e creato degli sportelli che in via prioritaria si occupavano dei cassaintegrati in deroga“ (Arezzo). 142 “Il personale che abbiamo utilizzato per rafforzare i servizi sotto pressione è il personale che noi abbiamo, non c’è stato un impiego di personale nuovo. Devo ringraziare in ogni momento tutti i miei colleghi per l’impegno e l’energia che ci hanno messo e continuano a metterci tutti i giorni. È stato necessario rafforzare l’organizzazione interna, utilizzando le risorse che avevamo a disposizione. Ognuno di noi ha dovuto fare di più e in tempi più ristretti” (Firenze). 143 “Tra la fine di dicembre e l’inizio di gennaio abbiamo continuato a veder crescere il numero di cassaintegrati che si rivolgevano a noi. In base al contratto di servizio che avevamo con gli orientatori ci siamo accorti che le risorse erano sufficienti per poter incrementare le loro ore di lavoro. Ciò ci ha permesso di avere maggior copertura sui nostri servizi, anche se ci costa un po’ di più rispetto al previsto” (Arezzo). 141 316 dettaglio, una logica più individualizzata è stata riservata a coloro che probabilmente, dopo il periodo di CIG in deroga, avrebbero perso definitivamente il posto di lavoro144. Per questa ragione, l’azione di orientamento di secondo livello è stata quantitativamente limitata, così come le azioni per la preselezione. Da notare poi l’assenza di pressione sui “servizi alle imprese”, che sono essenzialmente servizi di match e di promozione delle attività dei CPI. Questi sono chiaramente diminuiti in quanto risultano attualmente poche le imprese in grado di assumere; d’altro canto, proprio perché le vacancies sono ormai in numero molto ridotto, è opinione di alcuni intervistati che tale servizio debba essere oggetto di ulteriori investimenti145. 7.4 Priorità e nuovi servizi per sostenere i lavoratori In alcune realtà territoriali, in conseguenza dell’entrata in vigore della CIG in deroga sono stati attivati servizi specifici. Il più diffuso è rappresentato dall’istituzione dei cosiddetti sportelli o unità anticrisi, posti in essere in circa la metà dei casi analizzati (Lucca, Firenze, Prato, Pistoia, Arezzo, Siena, Massa Carrara, Livorno, Pisa), e con diverse politiche attivate anche su iniziativa degli enti locali146. Più contenuta, per contro, risulta la diffusione dei servizi di outplacement. In alcuni casi perché gli intervistati sostengono di “Abbiamo cercato di distinguere tra i cassaintegrati che avrebbero conservato il posto di lavoro e i cassaintegrati che sicuramente lo avrebbero perso. Così facendo abbiamo creato due percorsi: uno improntato su come sostenere psicologicamente questo momento di pausa dal lavoro, l’altro su come riattivarsi per una ricerca di lavoro a tutti gli effetti” (Circondario Empolese). 145 ““i Servizi alle imprese hanno continuato a lavorare, ma non sono assolutamente stati sotto pressione anche perché devo dire che purtroppo il servizio di incrocio domanda-offerta, che è il fiore all’occhiello dei CPI, ha subìto una forte flessione della offerta di lavoro proprio a causa della crisi. Teniamo conto che alcune società di somministrazione qui da noi hanno proprio chiuso. Negli ultimi due anni abbiamo registrato una flessione del 25% di offerte di lavoro in meno. (...) Direi anzi che come erogazione del servizio è migliorata, perché avendo da un lato meno richieste da gestire e dall’altro più professionalità da offrire, se prima si viaggiava su 40%, 50% di successo, adesso è del 60%. Quindi il 25% di flessione di richiesta delle aziende è attenuato dal miglioramento della efficacia del servizio. Prima succedeva che non trovavamo certi profili professionali che le aziende ci richiedevano, noi intervenivamo con la formazione e dunque non potevamo dare risposte subito, adesso sì” (Siena). “Con un servizio impresa che abbiamo ristrutturato all’inizio del 2009 siamo oggi più presenti sul territorio, e così le minor offerte di lavoro dovute alla crisi in realtà le compensiamo con la maggior presenza sul territorio. Facendo conoscere di più le attività del CPI per l’impiego presso le aziende (più attività di marketing) e tenendo conto del periodo di forte crisi che stiamo attraversando, riusciamo a portare a casa addirittura di più rispetto a prima” (Arezzo). 146 Si veda per esempio il caso di Pistoia, tra gli altri: “la Provincia, per la gestione della crisi, ha formato una unità di crisi. Abbiamo destinato anche risorse finanziarie con l’introduzione delle Borse-lavoro per tutti coloro che non avevano ammortizzatori sociali e che avevano perso il lavoro in un arco di tempo definito. Abbiamo attivato 280 borse lavoro. Con le Banche abbiamo fatto un accordo insieme alla Camera di Commercio, la FILA. L’accordo prevede l’anticipo della CIG in deroga con l’apertura di un conto personale, la Provincia si è presa carico delle spese per la tenuta del conto mentre gli interessi sono coperti da un fondo che le aziende aderenti alla FILA hanno messo a disposizione” (Pistoia). 144 317 non avere le risorse necessarie per gestire il servizio; in altri perché la crisi generalizzata non sempre configurava nelle realtà locali di appartenenza una domanda di lavoro positiva in altri settori verso cui indirizzare i lavoratori147. Per quanto concerne le altre tipologie di servizi attivati, si segnalano: la carta ILA per la formazione (Firenze, Siena) cui possono essere aggiunti i percorsi ad hoc programmati e/o implementati (Grosseto, Circondario Empolese); i voucher formativi previsti a Prato, e ancora il placement formativo per collaboratori a Grosseto. Più in generale, sul versante della formazione, si registra il finanziamento di percorsi formativi individuali e l’introduzione di programmi di riqualificazione e reinserimento per alcune tipologie di lavoratori atipici. Su altri versanti, possono invece essere citate: il progetto di outplacement Workop a Pistoia, l’avvio del progetto Prometeo, svolto in sinergia con le organizzazioni sindacali e rivolto ancora ai lavoratori atipici, a Siena, Grosseto, Massa Carrara, Livorno e Pisa. Talvolta, gli stessi servizi del Masterplan risultano essere attivati di conseguenza alla CIG in deroga, come avvenuto nel caso di Arezzo tra gli altri, con l’attività di orientamento di gruppo o di percorsi di occupabilità, che in precedenza non esistevano. Come noto, la Regione Toscana ha previsto l’erogazione di diverse azioni per la CIG in deroga, connesse con la durata della sospensione. Ne consegue, dunque, per i CPI l’obbligo di erogare un certo quantitativo di servizi. Di fatto, il percorso predisposto presenta forti elementi di omogeneità in tutti i CPI della regione. Dopo una prima fase di accoglienza si procede a fornire agli utenti un servizio di informazione, orientamento e approfondimento sulla normativa, con l’intento di dotare l’utente -sovente piuttosto disinformato- di una serie di indicazioni in merito alla struttura della cassa integrazione e ai servizi erogati da CPI. Il secondo passo è in genere la partecipazione ad un seminario o ad un colloquio di gruppo, in cui si forniscono al soggetto tutte le notizie relative ai propri diritti e ai propri doveri rispetto alle principali misure “anticrisi”. La fase successiva, cui si accede in base alla durata prevista della CIG in deroga, è invece maggiormente personalizzata in relazione alle esigenze specifiche del soggetto, ma viene definita anche in base alle possibilità organizzative e alle scelte di policy dei SPI. Si alternano “Abbiamo attivato servizi di out-placement solo per la presa in carico di quei lavoratori che risultavano appartenere ad aziende che davano l’impressione di essere sicuramente sottoposte, alla fine della CIG, o a chiusura o a riduzione del personale, ma la ricollocazione non è mai facile” (Pisa). 147 318 in tal modo azioni di accompagnamento e tutoraggio individuale, o la formazione sulle tecniche di ricerche di lavoro e sui percorsi di occupabilità, a interventi formativi più strutturati, erogati per la gran parte mediante Formazione a Distanza (FAD) oppure con moduli brevi (Tab. 7.6). Tabella 7.6 Azioni previste dalle Linee Guida della regione toscana per l’erogazione ai lavoratori CIG in deroga: priorità definite dai SPI zonali Cod. Az. Azioni Prima informazione e consulenza A11 orientativa di primo livello Informazione strutturata e A12 informazione orientativa di gruppo Consulenza orientativa di secondo A21 livello Azioni di accompagnamento e A31 tutoraggio individuale A32 Percorsi in FAD Percorsi di formazione su A33 competenze di base (sicurezza, informatica, lingue, cittadinanza) Percorsi di formazione su competenze trasversali A34 (comunicazione, problem solving, time management, ecc.) A35 Percorsi di occupabilità A36 Tecniche di ricerca del lavoro Percorsi di formazione continua rivolti all’acquisizione di competenze A37 professionali BREVISSIMI (Dichiarazione degli apprendimenti) A41 Pre-selezione e selezione Percorsi di formazione continua rivolti all’acquisizione di competenze A42 professionali BREVI (Certificato di competenze) A43 Tirocinio A44 Altra forma di intervento work based Percorsi di formazione continua rivolti all’acquisizione di competenze A51 professionali MEDIO-LUNGHI (Attestato di qualifica) Durata CIG AR FI Empoli GR LI LU MS PI PT PO SI Tutti Tutti Oltre 15 giorni Oltre 30 giorni Oltre 30 giorni Oltre 30 giorni Oltre 30 giorni Oltre 30 giorni Oltre 30 giorni Oltre 30 giorni Oltre 60 giorni Oltre 60 giorni Oltre 60 giorni Oltre 60 giorni Oltre 120 giorni Un’altra azione che viene spesso richiamata è quella dell’accompagnamento alla preselezione. Si noti, infine, l’episodicità degli interventi di tirocinio148 e altre forme di intervento work based, “Da ottobre 2009 abbiamo attivato il tirocinio a pagamento (alcuni soggetti hanno la possibilità di svolgere un tirocinio in azienda usufruendo di una borsa lavoro, finanziata dalla Provincia di Prato con soldi provenienti dal Fondo Sociale Europeo). L’attuazione non è conseguente all’introduzione della CIG in deroga, però volendo anche i lavoratori in CIG in deroga possono usufruire di questo nuovo servizio” (Prato). Sulle difficoltà di proporre tirocini, si veda invece il commento seguente: “per quanto riguarda il tirocinio, all’inizio non sapevamo bene se il cassaintegrato potesse seguirlo perché il cassaintegrato in realtà è un lavoratore e non un disoccupato. Dopo c’è stata l’interpretazione del Ministero che ha accertato 148 319 e in particolare di percorsi medio-lunghi di formazione continua volti all’acquisizione di competenze professionali (attestati di qualifica), per allestire i quali i SPI hanno incontrato molte difficoltà: per l’indeterminatezza dei destini occupazionali dei lavoratori, per oggettive difficoltà organizzative o di scarsità di risorse, ma anche per l’incertezza su come usare in maniera efficace la leva formativa, in un’economia in sofferenza in quasi tutti i comparti149. 7.5 L’effetto “spiazzamento”, le conseguenze positive e la sostenibilità futura dell’intervento Le interviste realizzate evidenziano come, almeno fino ad oggi, il rischio di un effetto “spiazzamento” prodotto dai servizi destinati ai lavoratori CIG in deroga sugli utenti più “tradizionali” dei SPI (quali donne, disoccupati, giovani, stranieri…) sia reale. Tuttavia, ciò si è tradotto il più delle volte nello slittamento della tempistica dei servizi da attivare, più che nella loro mancata erogazione. In altri casi, la compressione di risorse umane e finanziarie ha determinato la riduzione dei progetti destinati ad alcuni target, diversi dagli occupati CIG in deroga; gli operatori che seguivano tali progetti, di conseguenza, sono stati utilizzati per l’emergenza CIG150. Ad ogni modo, è convinzione comune che la gestione operativa della CIG in deroga da parte dei CPI -sic stantis rebus e, dunque, a parità di risorse- risulti per molti una situazione non sostenibile nel medio-lungo periodo151. che anche la CIG in deroga può avere rapporti di lavoro di questo tipo. Soltanto che il tirocinio richiede la massima disponibilità da parte del soggetto. L’azienda che ospita il tirocinante deve poter contare su di lui, ma il cassaintegrato è molto difficile che abbia la certezza della disponibilità. Infatti ne abbiamo attuati pochissimi fino ad oggi” (Circondario Empolese Valdelsa). 149 “Le prospettive possono essere tante però, se ora ci si chiede o chiedete a me, quale formazione è necessaria per l’economia territoriale… ecco, non sappiamo rispondere, soprattutto in questo periodo di crisi economica” (Pistoia). “Continuiamo ad avere il problema di tutti quelli che sono in cassa integrazione avendo superato il periodo di 6 mesi. Abbiamo fatto i corsi brevi, brevissimi etc., ma poi noi non siamo riusciti ad avere una strategia per le fasi successive, perché il settore della formazione ha avuto una decurtazione di risorse paurosa che ci penalizza. Il problema delicatissimo è la strategia: con quale diritto noi possiamo dire a una persona “fai quel corso invece di quell’altro”?. E poi: la strategia dei voucher per queste persone cassintegrati non può essere la strategia che noi usiamo normalmente per utenti come i giovani. I giovani vogliono continuare a studiare, a formarsi, ma ricorrere ai voucher per persone adulte in cassa integrazione, in CIG in deroga, richiederebbe di avere pronta una offerta formativa adeguata che in realtà non abbiamo” (Livorno). 150 “Noi non abbiamo chiuso nessun servizio, tutti i servizi sono stati svolti, fermo restando che tutte le attività sono state fatte in modo più episodico e meno sistemico, dedicandoci meno tempo rispetto a quello che servirebbe. Abbiamo dovuto sacrificare la promozione territoriale, le azioni individuali, il tutoraggio, ma anche il marketing territoriale” (Pistoia). 151 “Non solo non sono arrivate nuove risorse, ma ti posso dire che le risorse del FSE destinate a noi negli ultimi tempi sono state addirittura dimezzate per far fronte ai pagamenti dell’indennità dei lavoratori in cassa integrazione (accordo del 12 febbraio del 2009). Questo ci ha portati, ad esempio, a dover ridurre l’offerta formativa finanziata con i voucher, nonostante da noi siano molto conosciuti e molto richiesti e che 320 Le difficoltà di tenuta, in effetti, già in alcune aree cominciano ad essere evidenti. Sono molti gli intervistati che hanno dichiarato che dover trattare la platea di lavoratori CIG in deroga, senza poter disporre di nuove risorse, ha necessariamente sottratto energie all’erogazione delle prestazioni ordinarie le quali, come noto, hanno l’obiettivo di sostenere l’accesso al lavoro per quei gruppi che, anche a livello regionale, presentano strutturali elementi di debolezza. Quali, ad oggi, gli effetti più evidenti sulle altre tipologie di utenti? Se, come sostengono gli intervistati, tutti i servizi “ordinari” sono stati ovunque garantiti, l’impiego di risorse sul fronte degli utenti CIG in deroga ha determinato per i clienti “ordinari” due conseguenze: da un lato, come detto, una maggiore attesa per accedere ai servizi; dall’altro una minore attenzione alle esigenze dei singoli individui e, dunque, la difficoltà di offrire risposte personalizzate. La gestione dei servizi connessi con l’introduzione della CIG in deroga ha avuto tuttavia anche degli effetti positivi, che, secondo quanto evidenziato dagli intervistati, possono essere ricondotti in primo luogo alla creazione di nuove reti e/o nel rafforzamento di quelle esistenti. In merito, occorre però osservare che le nuove reti create sono in numero piuttosto esiguo, mentre il rafforzamento di quelle esistenti si è in genere avuto solo se funzionali ad affrontare l’afflusso di lavoratori in CIG in deroga. Ne è riprova la frequenza del rafforzamento/attivazione ex novo della rete con l’INPS. Nella tabella 7.7, si fornisce la situazione per come è stata resa dagli intervistati. A titolo di commento, si evidenziano le esperienze di contatto con diversi istituti bancari (per l’anticipo degli ammortizzatori), e l’intensificarsi delle relazioni di progettazione e gestione con gli enti locali e le parti sociali, anche per progetti specifici come Prometeo e le iniziative anti-crisi. Un secondo effetto positivo è dato dal fatto che la gestione della CIG in deroga ha rappresentato una formidabile “vetrina” -per quanto non esente da rischi- dei servizi del CPI, sia rispetto al bacino degli utenti potenziali che rispetto alle aziende. In particolare, secondo gli intervistati, la conoscenza del nuovo modello dei CPI è senza dubbio aumentata; tuttavia, questa dinamica, in sé positiva, rischia di essere vanificata dal fatto che i servizi erogati in questa fase rispecchiano l’emergenzialità della congiuntura in essere152. sarebbero stati molto utili anche per i cassaintegrati. Lo stesso discorso vale per la carta Ila” (Arezzo). 152 “Il valore aggiunto del nuovo ruolo dei CPI risiedeva nell’attribuire valenza e significato alle persone e non ai numeri; non vorrei che nel prossimo futuro si dovrà invece necessariamente tornare a parlare di numeri e non di persone. Rischia infatti di essere annullato il lavoro compiuto in tanti anni di impegno, 321 Tabella 7.7 Modalità di fare rete, per provincia Provincia Arezzo Firenze Reti esistenti e rafforzate INPS Consulenti del lavoro Parti sociali INPS Organizzazioni sindacali Enti locali Circondario Empolese V.E. Comuni Grosseto Comuni Scuole Organizzazioni sindacali Livorno INPS Organizzazioni sindacali Lucca - Massa Carrara - Pisa Pistoia INPS Parti sociali Parti sociali Enti locali Enti Bilaterali Istituti bancari Camera di Commercio Prato Tripartita Siena Enti locali Parti sociali Reti di recente attivazione Istituti bancari Consulenti del lavoro Agenzie formative Parti sociali INPS Ente Bilaterale Turismo Toscana INAIL ASL Terzo settore Istituti bancari Camera di Commercio Organizzazioni sindacali INPS - Consulenti del lavoro Terze settore Istituti bancari Ma, in prospettiva, il modello è sostenibile? Se, almeno fino ad oggi, attraverso le strategie descritte, i SPI della nostra Regione sono riusciti a fronteggiare il significativo incremento di utenti mantenendo uno standard di qualità accettabile rispetto alle loro attività ordinarie, appare evidente, nella percezione degli intervistati come in prospettiva il sistema toscano dei CPI non sia in grado di sostenere a oltranza una mole di lavoro come quella attuale, continuando ad erogare i servizi all’utenza “ordinaria”. di aggiornamento e di ammodernamento dei servizi per i cittadini” (Massa Carrara). “La CIG in deroga ha avuto un grosso impatto nel nostro CPI anche se avevamo cercato di programmare fin dall’inizio tutto il lavoro. Abbiamo vissuto quel momento anche con la paura di “rovinare” l’immagine positiva del CPI che negli ultimi anni avevamo costruito. Volevamo scongiurare un ritorno all’idea del CPI come luogo esclusivamente di adempimenti amministrativi, soprattutto nei confronti dei cassintegrati che per noi rappresentano un’utenza nuova, sono persone che lavoravano e che conoscevano poco il nostro Centro e le attività che qui vengono svolte. Ci tenevamo a dare a queste persone una buona immagine del nostro servizio. Non volevamo mandare un messaggio sbagliato del nostro lavoro a causa di un’emergenza” (Circondario Empolese). 322 7.6 Efficacia, impatto e criticità Agli intervistati, è stato chiesto anche di valutare, dal loro punto di vista, l’efficacia delle misure predisposte per fronteggiare l’emergenza occupazionale, e di segnalare, nel caso in cui la CIG in deroga fosse reiterata, eventuali aspetti da potenziare per migliorarne le performance. L’elemento più controverso del modello utilizzato è la difficoltà di comunicare il legame fra percezione del sussidio e uso dei servizi a soggetti, come i lavoratori CIG in deroga, che stentano in larga parte a percepirsi come a rischio di disoccupazione. Tale difficoltà è accresciuta dal fatto che non può essere esclusa la diffusione -più o meno estesa- di episodi di lavoro grigio e nero, anche presso le aziende che richiedono la CIG153. La variabile discriminante diviene così il giudizio sullo stato dell’azienda per cui si è occupati: se la CIG in deroga non prelude a un serio rischio di disoccupazione, il fatto di dover frequentare delle azioni di politica attiva per poter ricevere il sussidio, è vissuto con poca motivazione. Nel caso in cui, invece, il lavoratore, magari con gradualità e spesso con l’aiuto degli stessi operatori dei CPI, percepisca un rischio maggiore, le attività di politica attiva vengono vissute come un’opportunità e un argine alla preoccupazione, e il CPI viene assunto come punto di riferimento154. Se quindi in prima battuta tutti gli intervistati concordano nel ritenere come i lavoratori che si rivolgono ai servizi appaiono in genere scarsamente motivati, analizzando il loro punto di vista con maggiore attenzione emerge un quadro ben più complesso in cui l’atteggiamento dei lavoratori è eterogeneo e in larga parte migliora sensibilmente partecipando ai percorsi proposti da servizi155. “Ora questa è una parentesi dolente. (...) Bisognerebbe che gli organi ispettivi girassero, prendessero l’elenco delle aziende che chiedono la CIG in deroga e andassero a controllare, anche se è difficile scoprire il sommerso perché le ore di CIG si vedono poi a consuntivo e quindi l’azienda può sempre dire che il lavoratore in quel momento non è in CIG in deroga” (Siena). 154 “A seconda della percezione della stabilità o meno del posto di lavoro cambia la motivazione di approccio alle politiche attive. Chi pensa di rientrare al lavoro segue la politica attiva più veloce e meno impegnativa, organizzata per il giorno che fa più comodo; chi invece pensa che il proprio posto di lavoro sia a rischio intraprende un percorso di accompagnamento, con una motivazione e un interesse più elevati” (Circondario Empolese). 155 “I lavoratori in CIG in deroga in un primo momento fanno fatica perché percepiscono la CIG un poco come un limbo, alcuni non riescono a valutare se e come l’azienda riprenderà. L’attesa rispetto alla ripresa della azienda e del mercato, è una variabile importante anche nella percezione delle politiche attive: chi non ha speranza cerca di sfruttare i servizi di più e di conoscere meglio cosa e come potrebbe fare per trovare un altro lavoro. In generale il lavoratore arriva passivamente al CPI “stressato” dalla sua condizione lavorativa e dalla situazione aziendale, l’essere senza lavoro per alcuni è vissuto come una colpa e l’aggressività per la situazione è riversata spesso all’esterno o sulla azienda o sulle istituzioni. La mia impressione è che in un 153 323 Il tema delle motivazioni dei lavoratori rappresenta quindi un aspetto su cui soffermare l’attenzione, da tenere a mente in analisi, anche di tipo quantitativo, che abbiano come obiettivo quello di misurare l’efficacia delle politiche. Un altro ambito che abbiamo sottoposto a valutazione è quello relativo agli standard di servizio; abbiamo chiesto in tal senso un parere sintetico sull’eventualità che in alcune aree selezionate come indicative in conseguenza della CIG in deroga le prestazioni siano rimaste stabili, oppure migliorate o peggiorate. I risultati di questa rilevazione sono riportati, nel dettaglio provinciale, nella tabella 7.8, mentre nel grafico 7.9 si è tentato di costruire un indicatore di punteggio. Tabella 7.8 Può fornirci una sua valutazione sul miglioramento/stabilità/peggioramento dei seguenti standard di servizio in seguito all’introduzione della CIG in deroga? Valutazione: A=Aumentata S=Stabile D=Diminuita Area Indicatore (e descrizione) Logistica Accessibilità (adeguatezza degli spazi di accoglienza per gli utenti) S S S S A D S D S S D Professionalità operatori Aggiornamento professionale (possibilità di aggiornamento professionale degli operatori) A A D S A S A D A A A Promozione dei CPI (promozione del A servizio presso l’ “utenza potenziale”) A A S A D S S D A A Stabilità dell’operatore di riferimento (rispetto agli utenti) D S S S S S S S S n.d. S Appropriatezza degli operatori ai servizi assegnati (in base alle competenze possedute) A A S S A S A A A S S Tempestività (rispetto alla Carta dei Servizi/Masterplan) S S A S A D S S D A A A A S S A S S S A A D Erogazione dei servizi Capacità di monitoraggio interno Capacità di fare ed esterno delle proprie attività (efficienza ed efficacia; esempi: monitoraggio reportistica interna; customer “interno” satisfaction) AR FI Empolese GR LI LU MS PI PT PO SI primo momento al CPI difficilmente si riesca a comprendere dove si è e cosa si fa, sembra che al lavoratore non interessi nulla perché l’unico interesse che ha, è tornare a tutti i costi al lavoro che già ha. La mancanza o riduzione di lavoro è quindi relativamente tollerabile, mentre un differente approccio al lavoro non è ancora pensabile. La motivazione va infatti un po’ costruita con il lavoratore affinchè emerga il senso delle politiche attive. La mia impressione è che, in taluni casi, ci sia un lento cambiare della situazione motivazionale: le azioni di politica che si susseguono mettono il lavoratore più in sintonia con la sua stessa situazione personale e del contesto. Il CPI pare diventi una sorta di ancora di salvezza. Una differenza sostanziale nella motivazione e nei tempi di reazione alla possibilità di comprendere, usare e sfruttare i servizi appare legata da una parte al livello di istruzione ma in generale alla propria percezione di “gioventù” come se fosse indice di una possibile nuova collocabilità” (Massa Carrara). 324 Grafico 7.9 Può fornirci una sua valutazione sul miglioramento/stabilità/peggioramento dei seguenti standard di servizio in seguito all’introduzione della CIG in deroga? Indicatore sintetico (aumentata = +1; stabile = 0; diminuita = -1) 4 Capacità di monitoraggio interno ed esterno 2 Tempestività 6 Appropriatezza degli operatori -1 Stabilità dell’operatore di riferimento 4 Promozione dei CPI 5 Aggiornamento professionale Accessibilità -2 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5 6 7 Alcune osservazioni sono comunque d’obbligo: -- in ordine all’accessibilità, la valutazione appare moderatamente negativa; la logistica degli spazi di accoglienza dei CPI è risultata spesso insufficiente all’afflusso di persone; -- per quanto riguarda la possibilità di aggiornamento professionale degli operatori, questa è tra le aree di cui è stata data una valutazione più positiva, per la ragione che il personale ha dovuto acquisire necessariamente nuove competenze, anche se lo spazio per una formazione di tipo tradizionale è stato ridotto. L’aggiornamento è stato dunque realizzato prevalentemente “sul campo”; -- alla promozione dei CPI si è già accennato in precedenza; nel complesso, questa sembra aumentata come numero di persone, mentre dal punto di vista di una promozione di “servizi di qualità” offerto dai Centri, il giudizio complessivo è più incerto per le ragioni anzidette (più bassa capacità di individualizzare i servizi, ecc.); -- la stabilità dell’operatore, ovvero il fatto che singoli dipendenti sono un riferimento certo agli occhi dell’utente, pare essere sostanzialmente stabile rispetto al passato; -- positivo, invece, è il giudizio dato dagli intervistati quanto all’ “appropriatezza” degli operatori in base alle competenze possedute. Ciò deriva dall’opera di riorganizzazione interna dei servizi e dell’organigramma; -- la “tempestività” risulta migliorata, ma solo perché per i CIG in deroga la normativa fissava vincoli temporali precisi e stringenti, che dovevano essere obbligatoriamente rispettati. Nel caso degli 325 altri utenti, in effetti, i tempi di erogazione dei servizi sono peggiorati; -- infine, la capacità di monitoraggio è migliorata soprattutto in relazione all’esigenza di disporre di dati per il controllo delle attività e del carico di lavoro per le strutture. Il monitoraggio è dunque stato più curato che in passato, perché indispensabile alla programmazione. In conclusione, con l’attivazione della CIG in deroga si è introdotta una policy che ha complessivamente consentito la salvaguardia del reddito dei lavoratori, dei posti di lavoro, e allo stesso tempo il tentativo di avvicinamento delle politiche passive a quelle attive. I CPI sono stati coinvolti direttamente nella gestione -complessa e delicata- di questa innovazione. I contraccolpi in termini di carico di lavoro e di altro tipo sono stati notevoli; tuttavia, la rete regionale dei Spi ha mostrato grande capacità di adattamento; per gli intervistati, in molti casi gli standard delle prestazioni fornite agli utenti sono quasi paradossalmente migliorati. Ciò detto, vale la pena, in chiusura, di ricordare almeno due aspetti che sono scaturiti per effetto della CIG in deroga, e che nel futuro potrebbero essere oggetto di riflessione e anche di intervento. In primo luogo, in tutti quei casi in cui le aziende avevano avviato periodi di CIG in deroga brevi e ripetuti a intervalli di tempo, oppure avevano impostato dei periodi per una certa durata ma li avevano interrotti per richiamare al lavoro il personale, i Cpi non hanno potuto organizzare dei piani di azione individuale di politiche attive, pienamente coerenti156. Si è reagito cercando delle soluzioni nel contatto diretto -in una migliore comunicazione- con “Il problema più grosso della Cig in deroga è che si lavora sul preventivo perché la persona viene da noi con un certo periodo di sospensione, poi viene richiamato a lavoro, avendo usufruito in concreto della cassa solo per qualche giorno. È chiaro che questo per noi è un problema perché l’operatore del Centro, lavorando sul preventivo, deve preventivare le azioni in base al numero di giornate scritte sul foglio che il lavoratore ci consegna quando si presenta ai nostri sportelli, ma molto spesso il lavoratore fa meno giornate di sospensione rispetto a quelle preventivate. Bisognerebbe trovare un correttivo, per mettere gli operatori in condizione di lavorare anche sull’effettivo, altrimenti sprechiamo delle risorse economiche ed umane che potrebbero essere utilizzate in altro modo. (…) Magari l’operatore con molta difficoltà ha organizzato un incontro in aula, mai inferiore a 15 presenze per non sprecare risorse, e la mattina arrivano fax di lavoratori che sono stati richiamati al lavoro e quindi non potranno essere presenti all’incontro” (Firenze). “si è verificato un problema che molto probabilmente è stato riscontrato in tutta la Regione, cioè quello di dover andare a programmare degli interventi su delle sospensioni che sono delle sospensioni “ballerine”, perchè le aziende possono richiamare i lavoratori in qualsiasi momento. Abbiamo dunque dovuto cercare, insieme alle aziende, di aver un quadro più preciso possibile dei periodi di sospensione e dei periodi invece di riattività lavorativa, per fare in modo che ci fosse una scansione temporale degli interventi non così condizionata dalle scelte imprenditoriali di far rientrare i lavoratori. (…) Occorre perciò subito avviare un rapporto diretto con l’azienda per capire se poi la sospensione si svilupperà effettivamente, così come era stata programmata oppure no. Questo è stato fatto. Ogni azienda è stata contattata, ha ricevuto l’informazione iniziale e poi è stata ricontattata per andare a verificare anche eventuali bisogni formativi della azienda stessa” (Grosseto). 156 326 le imprese, oppure approntando una gestione dell’ “agenda” delle azioni erogate, anche di tipo innovativo157. Per il futuro, questo resta comunque un punto su cui lavorare. In secondo luogo, a fronte dell’ipotesi di rinnovare un importante strumento come la CIG in deroga, si pone la questione di come rendere maggiormente sostenibile per i CPI lo sforzo che ne deriva, in termini di risorse umane e finanziarie impegnate -inadeguate, secondo l’opinione dei responsabili- e quindi nell’ottica di garantire gli utenti “ordinari” da un effetto-spiazzamento che l’afflusso dei lavoratori in CIG in deroga ha determinato. “Per le azioni della CIG abbiamo costituito una agenda elettronica di respiro provinciale che veniva condivisa dagli operatori di tutti i CPI di Pistoia. Tutti i CPI proponevano le stesse azioni in orari diversi e così ogni lavoratore in CIG, spostandosi per esempio da Quarrata a Pistoia, poteva frequentare l’attività di quella azione in un orario a lui più consono. Un lavoratore in CIG in deroga si rivolgeva per l’accoglienza al suo CPI di riferimento, ma le azioni poteva svolgerle in tutti i CPI. Tutti gli operatori dei CPI vedevano sulla agenda elettronica orari e appuntamenti degli altri colleghi e così fissavano l’appuntamento al soggetto CIG in deroga che si rivolgeva a loro” (Pistoia). 157 327 Riferimenti bibliografici Ambrosini M. (2001), La fatica di integrarsi. Immigrati e lavoro in Italia, Il Mulino, Bologna Ambrosini M. (2004), “Reti e dinamiche migratorie. Il ruolo degli attori informali”, La rivista delle politiche sociali, n. 3, pp. 161-174 Ambrosini M. (2005), Sociologia delle migrazioni, Il Mulino, Bologna Ambrosini M. (2008), Un’altra globalizzazione, La sfida delle migrazioni transnazionali, Il Mulino, Bologna BARONIO G. (a cura di) (2007), Gli utenti stranieri e i Centri per l’impiego. Un’indagine in alcuni grandi centri urbani, Monografie sul Mercato del lavoro e le politiche per l’impiego, n. 6, ISFOL, Roma Baronio G., Marocco M. 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Può indicarci nella messa a regime della riforma, dal vecchio sistema centralizzato del collocamento ad un sistema decentrato di SPI, quali sono stati i passaggi cruciali, le principali difficoltà e i risultati conseguiti anche in relazione alle peculiarità di questa provincia? Può indicarci vincoli e opportunità del FSE? 2. Il modello organizzativo. Quale modello organizzativo, in riferimento alla distribuzione delle funzioni e delle competenze tra i diversi livelli territoriali di governo, ha scelto questa Provincia per gestire i SPI? Quale il grado di esternalizzazione (outsourcing o gestione diretta) o di internalizzazione (assunzioni di collaboratori e con quale tipo di rapporto)? Quali sono i motivi e le conseguenze di tali scelte? Quali strutture e infrastrutture sono state attivate per la messa in rete dei servizi? 3. La rete e le relazioni sul territorio. Mi può descrivere la rete dei servizi e le relazioni sul territorio? Quali soggetti entrano in contatto con voi e su quale attività? Che sinergie avete attivato e quali sono mancate? A chi andrebbe estesa la collaborazione e perché ci sono difficoltà? Quali sono le modalità di contatto e le occasioni di nascita e sviluppo di un rapporto entro la rete? Le attività di promozione hanno un peso sulla costruzione delle reti? In che modo? Ci può segnalare buone pratiche? 4. Il rapporto con i concorrenti. Dai dati regionali del 2007 emerge che la tipologia di servizi erogata più frequentemente alle aziende che si sono recate personalmente agli sportelli è rappresentata dagli “adempimenti aziendali”, pari a circa il 78,5% dei servizi rivolti alle aziende. Lei cosa pensa sia necessario fare affinché la natura di queste attività sia sempre più orientata al servizio? Le aziende si rivolgono maggiormente alle agenzie private per il servizio di incontro tra domanda e offerta? Per quali motivi? Ci sono degli aspetti, delle pratiche, delle attività delle agenzie private che lei ritiene possano essere applicati al servizio pubblico per l’impiego? Come descriverebbe il modello dei rapporti tra Provincia ed eventuali partner di ruolo o concorrenti? 333 5. Aree funzionali e servizi. Le aree funzionali del Masterplan sono tutte attivate? Mi può dire come è organizzata la vostra Carta dei Servizi? Per ogni area funzionale descritta dal Masterplan ci può indicare punti di forza e debolezza? Vi sono attività realizzate che rimangono fuori dalle aree definite dal Masterplan? Quali servizi pongono delle problematiche e perché? Vi è la necessità di attivare servizi specializzati? Secondo lei con quale modalità? 6. Professionalità e competenze degli operatori. Quali sono le risorse umane impiegate e quali funzioni svolgono? Per ogni funzione prevista dal Masterplan ritiene soddisfacente la dotazione organica? Vengono maggiormente impiegati dipendenti o collaborazioni parasubordinate? Secondo lei con quali ricadute? Ritiene sufficientemente qualificato il personale impiegato? Sono stati svolti corsi di formazione e di aggiornamento? 7. Monitoraggio e valutazione. Quale sistema di valutazione delle prestazioni attuate? Quali i sistemi di monitoraggio? Come vengono organizzati e con quali contenuti? Svolgete indagini di customer satisfaction? Quali aspetti riuscite a tenere sotto controllo e su quali invece avete delle difficoltà? Come vi raccordate al monitoraggio regionale? 8. Analisi fabbisogni del contesto locale. Svolgete attività di studio e ricerche tese all’analisi dei fabbisogni del mercato del lavoro nel contesto locale? Tale attività è supportata dall’Osservatorio provinciale del mercato del lavoro o vi avvalete anche di altri enti o istituti di ricerca? 9. Prossimo periodo di programmazione. All’inizio le abbiamo chiesto un parere sulla riforma e sul ruolo del FSE. Come dovrebbe evolvere il contributo del FSE? Come se lo prefigura uno sviluppo dei servizi? 10.La crisi occupazionale e le politiche attive del lavoro: il ruolo dei CPI. La legge 2/2009 recante “Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione interviene sulla questione degli ammortizzatori sociali, rimodulando alcuni strumenti di sostegno, ampliando in alcuni casi la platea dei destinatari e introducendo un collegamento diretto con la sfera delle politiche attive. In generale infatti l’accesso alle diverse tipologie di indennità è subordinato alla dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro o a un percorso di riqualificazione professionale che il lavoratore ha l’obbligo di rilasciare presso i servizi competenti (CpI e servizi privati accreditati). Rispetto a questo quadro, quale è la vostra opinione? Come vi state organizzando per affrontare queste nuove competenze? (organizzazione, personale, monitoraggio…) 11. Buone pratiche e suggerimenti. Ha buone pratiche da segnalare, di cui non abbiamo parlato? Ha dei suggerimenti sugli aspetti che ritiene interessanti poter approfondire in ogni CPI? 334 2. QUESTIONARIO PROVINCE 1) Può indicare le strutture operative che fanno parte del sistema provinciale di SPI? N. strutture 1. Centro direzionale 2. Centri per l’impiego 3. Servizi territoriali 4. Sportelli territoriali 2) Può indicare il numero di addetti impiegati complessivamente al 31.12.2008, specificando il numero di addetti complessivo, il numero di addetti con orario part-time e il numero di ore settimanali complessive lavorate da questi ultimi? Centro direzionale 1. Dipendente a tempo indeterminato della Provincia 2. Dipendente a tempo indeterminato di altra P.A. comandato o distaccato 3. Dipendente a tempo determinato della Provincia 4. Collaboratore coordinato e continuativo a contratto con Provincia 5. Consulente a contratto con Provincia 6. Consul./operatori esterni acquisiti mediante appalti di servizi a soc. private 7. Altro (specificare) .................................................................................. Totale Centri per l’impiego 1. Dipendente a tempo indeterminato della Provincia 2. Dipendente a tempo indeterminato di altra P.A. comandato o distaccato 3. Dipendente a tempo determinato della Provincia 4. Collaboratore coordinato e continuativo a contratto con Provincia 5. Consulente a contratto con Provincia 6. Consul./operatori esterni acquisiti mediante appalti di servizi a soc. private 7. Altro (specificare) .................................................................................. Totale Servizi territoriali 1. Dipendente a tempo indeterminato della Provincia 2. Dipendente a tempo indeterminato di altra P.A. comandato o distaccato 3. Dipendente a tempo determinato della Provincia 4. Collaboratore coordinato e continuativo a contratto con Provincia 5. Consulente a contratto con Provincia 6. Consul./operatori esterni acquisiti mediante appalti di servizi a soc. private 7. Altro (specificare) .................................................................................. TOTALE 335 Numero ore settimanali Totale di cui complessive lavorate da addetti part-time addetti part-time Numero ore settimanali Totale di cui complessive lavorate da addetti part-time addetti part-time Numero ore settimanali Totale di cui complessive lavorate da addetti part-time addetti part-time Sportelli territoriali 1. Dipendente a tempo indeterminato della Provincia 2. Dipendente a tempo indeterminato di altra P.A. comandato o distaccato 3. Dipendente a tempo determinato della Provincia 4. Collaboratore coordinato e continuativo a contratto con Provincia 5. Consulente a contratto con Provincia 6. Consul./operatori esterni acquisiti mediante appalti di servizi a soc. private 7. Altro (specificare) .................................................................................. TOTALE Numero ore settimanali Totale di cui complessive lavorate da addetti part-time addetti part-time 3) Con quale modalità prevalente (diretta o esternalizzata) avviene attualmente la gestione delle attività previste dal Masterplan? Indicare con una crocetta per ciascuna riga 1. Accoglienza 2. Consulenza e servizi per l'occupabilità 3. Servizi alle imprese e alla pubblica amministrazione 4. Servizi amministrativi per l'occupabilità 5. Gestione del sistema informativo 1.1 1.2 1.3 2.1 2.2 2.3 2.4 3.1 3.2 4.1 4.2 5.1 5.2 6. Incontro 6.1 domanda e offerta 7.1 7. Gestione della 7.2 struttura 7.3 7.4 Prima informazione Prima iscrizione e certificazione Autoconsultazione Consulenza orientativa di i livello Consulenza orientativa di ii livello Informazione strutturata e formazione orientativa di gruppo Azioni di accompagnamento al lavoro e tutoraggio individuale Informazione strutturata e servizi amministrativi di i livello Consulenza e procedure amministrative di ii livello Attività amministrative consulenziali Avviamenti al lavoro con procedure predeterminate Servizi informativi ed informatici interni ed esterni Gestione reti interne ed esterne flussi informativi con il territorio Preselezione e selezione del personale Gestione organizzativa delle strutture e delle procedure Promozione dei servizi offerti dalla struttura Gestione organizzativa delle risorse umane e direzione Ricerche e attività di monitoraggio 336 Affidata a società esterne Tipo di servizio Esternalizzata Affidata a società in house Area funzionale Solo con personale dipendente della p.a. Con prevalenza di personale dipendente della P.A. Con prevalenza di consul./collab. a contratto con la Provincia Diretta 3. QUESTIONARIO CENTRI PER L’IMPIEGO E SERVIZI TERRITORIALI 1) Dati del CPI/servizio territoriale CPI / Servizio territoriale di Indirizzo Tel. Fax e-mail Sito web 2) Può indicare il numero di addetti impiegati presso il CPI/servizio territoriale al 31/12/2008, specificando per ogni tipo di addetto il numero di addetti complessivo, il numero di addetti con orario part-time e il numero di ore settimanali complessive lavorate da questi ultimi? Tipo di addetto 1. Dipendente a tempo indeterminato della Provincia 2. Dipendente a tempo indeterminato di altra P.A. comandato o distaccato 3. Dipendente a tempo determinato della Provincia 4. Collaboratore coordinato e continuativo a contratto con Provincia 5. Consulente a contratto con Provincia 6. Consul./operatori esterni acquisiti mediante appalti di servizi a soc. private 9. Altro (specificare) .................................................................................. Totale Numero ore settimanali Totale di cui complessive lavorate da addetti part-time addetti part-time 3) Ritiene adeguata, numericamente e qualitativamente, l’attuale dotazione di personale? (segni con una crocetta la risposta scelta) 1. Sì, sia da un punto di vista numerico che di qualifica professionale (vai alla domanda 5) 2. No, è sufficiente di numero, ma inadeguata rispetto alle qualifiche professionali 3. No, è adeguata rispetto alle qualifiche professionali, ma insufficiente di numero 4. No, sia da un punto di vista numerico che di qualifica professionale 4) Se ha risposto no alla domanda precedente, segni con una crocetta per quali figure professionali rileva delle carenze: 1. Operatore d’accoglienza 2. Operatore di back office 3. Orientatore 4. Operatore per la preselezione 5. Operatore delle fasce deboli 6. Mediatore culturale 7. Consulente alle imprese 8. Altro (specificare) ................................................................................................................. 337 5) Indichi con una crocetta quali servizi vengono svolti oppure no presso il CPI/ servizio territoriale: Area funzionale Tipo di servizio Sì No 1.1 Prima informazione 1. Accoglienza 1.2 Prima iscrizione e certificazione 1.3 Autoconsultazione 2.1 Consulenza orientativa di I livello 2.2 Consulenza orientativa di II livello 2. Consulenza e servizi per l'occupabilità 2.3 Informazione strutturata e formazione orientativa di gruppo 2.4 Azioni di accompagnamento al lavoro e tutoraggio individuale 3.1 Informazione strutturata e servizi amministrativi di I livello 3. Servizi alle imprese e alla P.A. 3.2 Consulenza e procedure amministrative di II livello 4.1 Attività amministrative consulenziali 4. Servizi amministrativi per l'occupabilità 4.2 Avviamenti al lavoro con procedure predeterminate 5.1 Servizi informativi ed informatici interni ed esterni 5. Gestione del sistema informativo 5.2 Gestione reti interne ed esterne - flussi informativi con il territorio 6. Incontro domanda e offerta 6.1 Preselezione e selezione del personale 7.1 Gestione organizzativa delle strutture e delle procedure 7.2 Promozione dei servizi offerti dalla struttura 7. Gestione della struttura 7.3 Gestione organizzativa delle risorse umane e direzione 7.4 Ricerche e attività di monitoraggio 6) Nel corso dell’ultimo anno il CPI/servizio territoriale ha svolto attività di promozione dei servizi offerti? (Per ogni servizio indichi la sua scelta con una crocetta, se la risposta è sempre no, vada alla domanda 8) 1. Orientamento 2. Incontro domanda e offerta di lavoro 3. Promozione all’inserimento lavorativo 4. Consulenza delle imprese 5. Obbligo formativo 6. Collocamento obbligatorio disabili 7. Altro (specificare) .............................................................................................................................. Sì No 7) Se ha risposto sì una o più volte alla domanda precedente, quali canali sono stati utilizzati per le attività di promozione svolte dal CPI/servizio territoriale nell’ultimo anno? (Per ogni canale indichi la sua scelta con una crocetta) 1. Sito web 2. Pubblicazione periodica 3. Numero verde 4. Spot su radio o tv 5. Operatore delle fasce deboli 6. Mediatore culturale 7. Consulente alle imprese 8. Altro (specificare) .............................................................................................................................. 338 Sì No I SERVIZI PER L’INCONTRO DI DOMANDA E OFFERTA DI LAVORO 8) Come vengono raccolte le offerte di lavoro provenienti dalle imprese? (Per ogni modalità segni con una crocetta la frequenza scelta) 1. Presso lo sportello 2. Raccolta annunci su stampa 3. Da agenzie private (di somministrazione, di intermediazione) 4. Da associazioni di categoria, enti bilaterali 5. Sollecitazione diretta alle imprese tramite telefono/fax /mail 6. Invio telematico da parte delle imprese 7. Direttamente presso l’azienda 8. Altro (specificare) ................................................................... Abitualmente Qualche volta Raramente Mai 9) Come vengono pubblicizzate le offerte di lavoro? (Per ogni modalità segni con una crocetta la frequenza scelta) 1. Affissione presso i locali del CPI 2. Inserzioni giornali, radio, tv locali 3. Inserimento su sito web 4. Comunicazione ad altri cpi 5. Comunicazione ad altri enti pubblici 6. Comunicazione a scuole, agenzie formative, università 7. Comunicazione a sindacati e/o associazioni di categoria 8. Comunicazione ad agenzie private 9. Altro (specificare) ................................................................... Abitualmente Qualche volta Raramente Mai 10) Come viene svolta l’attività di preselezione? (Per ogni modalità segni con una crocetta la frequenza scelta) 1. Invio elenco candidati (da archivio o autocandidatura) con verifica della rispondenza del cv al profilo richiesto 2. Controllo della disponibilità del candidato tramite colloquio motivazionale/preselezione 3. Svolgimento di colloqui di selezione per conto delle imprese 4. Svolgimento di colloqui di selezione tenuti insieme alle imprese Abitualmente Qualche volta Raramente Mai 11) Per ciascuna tipologia di servizio indichi il numero di aziende che hanno usufruito del servizio, il numero di lavoratori richiesti, il numero di lavoratori inviati dal cpi/ servizio territoriale e il numero di lavoratori assunti al 31/12/2008 1. Pubblicazione delle offerte in chiaro 2. Attività di preselezione 3. Collocamento mirato c/o aziende private 4. Collocamento mirato c/o enti pubblici 5. Le assunzioni c/o enti pubblici ex art. 31 6. Altro (specificare) ........................................ Numero di Numero di Numero di Numero di aziende lavoratori richiesti lavoratori inviati lavoratori assunti 339 SERVIZI ALLE IMPRESE 12) Quali dei seguenti servizi le imprese richiedono al CPI/servizio territoriale? (Per ogni servizio segni con una crocetta la frequenza scelta) 1. Consulenza e gestione delle comunicazioni obbligatorie 2. Preselezione di personale 2. Servizio tirocini 3. Informazioni e consulenza sul reperimento di fondi pubblici per la formazione 4 Informazioni e consulenza per sgravi contributivi e agevolazioni per assunzioni 5. Analisi dei fabbisogni professionali 6. Altro (specificare) ................................................................................................ Molto Abbastanza Poco Per niente 13) Svolgete attività di rilevazione della customer satisfaction rivolta alle imprese? (Segni con una crocetta la risposta scelta) 1. Sì 2. No 3. No, ma è prevista 14) Svolgete attività di promozione presso le imprese? (Segni con una crocetta la risposta scelta) 1. Sì 2. No (vai alla domanda 17) 15) Se sì con quali modalità? (Per ogni modalità segni con una crocetta la frequenza scelta) 1. Attraverso materiale cartaceo, (volantini, manifesti, brochure) 2. Ricorso a stampa, radio, televisione 3. Internet 4. Stipulando accordi con le aziende 5. Attraverso la figura del job promoter 6. Altro (specificare) ..................................................................... Abitualmente Qualche volta Raramente Mai 16) Illustrare brevemente il funzionamento e l’organizzazione del servizio: .......................................................................................................................................... .......................................................................................................................................... .......................................................................................................................................... .......................................................................................................................................... 340 SERVIZI AGLI UTENTI IMMIGRATI 17) Esiste un servizio specificatamente rivolto agli utenti stranieri? (Segni con una crocetta la risposta scelta) 1. Sì, è attivato all’interno del CPI/servizio territoriale (vai alla domanda 19) 2. Sì, è attivato all’interno di altri uffici provinciali (vai alla domanda 19) 3. Sì, è attivato presso strutture esterne convenzionate (vai alla domanda 19) 4. No 18) Se no, perché? (Segni con una crocetta la risposta scelta) 1 Il personale è comunque preparato a rispondere alle esigenze degli utenti stranieri (vai alla domanda 21) 2. Esiguo numero di utenti stranieri (vai alla domanda 21) 3. Potrebbe essere necessario ma non è stato ancora istituito (vai alla domanda 21) 4. Sarà istituito a breve (vai alla domanda 21) 5. Altro (specificare) ................................................................................................ (vai alla domanda 21) 19) Se sì, descriva brevemente il funzionamento e l’organizzazione del servizio: .......................................................................................................................................... .......................................................................................................................................... .......................................................................................................................................... .......................................................................................................................................... 20) Che tipologia di personale opera nel servizio? (Per ogni tipologia di personale segni con una crocetta la frequenza scelta) 1. Mediatore 2. Giurista 3. Operatore specializzato 4. Operatore generico 5. Altro (specificare) ........................................................................ Abitualmente Qualche volta Raramente Mai 21) Quali dei seguenti servizi vengono offerti dal CPI/servizio territoriale all’utenza straniera? (Per ogni servizio segni la frequenza scelta) 1. Servizio informativo ad hoc 2. Mediazione culturale 3.Consulenza all’imprenditorialità 4. Informaz. e consul. su tematiche specifiche (legale, amm.va per permessi ecc.) 5. Sportelli per opportunità lavorative in specifici settori (ad esempio SOS famiglia) 6. Altro (specificare) ............................................................................................... 341 Molto Abbastanza Poco Per niente 22) Vengono svolte azioni specifiche di promozione dei servizi nei confronti dell’utenza straniera? (Segni con una crocetta la risposta scelta) 1. No 2. Non ancora, ma sono previste 3. Sì (specificare di che tipo, ad esempio materiale in lingua, come depliant informativi, carta di servizi, contatto con le comunità, ecc.) ………………………………………………………………...……………………… ……………………………..……………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………….......………………………………….………….…… 23) Su quali servizi è garantita la figura del mediatore? (Per ogni servizio indichi la sua scelta con una crocetta) 1. Accoglienza 2. Iscrizione e colloquio 181 3. Orientamento 4. Incontro domanda e offerta di lavoro 5. Promozione all’inserimento lavorativo 6. Sportelli specialistici (sportello immigrati, Sos famiglia, autoimprenditorialità ecc.) 7. Altro (specificare) ......................................................................................................................... 342 Sì No Appendice B Indagine sulle imprese 1. Traccia di intervista per gli Operatori dei Servizi per l’Impiego che si occupano di servizi alle imprese 1) Nascita del servizio di promozione alle imprese. Mi può descrivere quando e come è nato il servizio di promozione dei servizi alle imprese? Il suo sviluppo è stato sostenuto da una strategia appositamente pianificata (se sì descriverne i tratti principali e i bisogni problemi che l’hanno originata) oppure costituisce il risultato di esperienze meno formalizzate, come ad esempio l’iniziativa “spontanea” da parte degli operatori o responsabili dei centri? Quali sono state le difficoltà incontrate? Sono stati apportati dei cambiamenti nella gestione e nell’ organizzazione del servizio col passare del tempo? Se sì per quali motivi? 2) Funzionamento del servizio di promozione alle imprese. Come avviene il primo contatto con le imprese? Quali strategie comunicative? Consegnate del materiale informativo? Cambiate strategia a seconda del territorio interessato o della tipologia di azienda? Quando vi recate presso le imprese con quale criterio le scegliete? 3) Personale. Ci può parlare della sua esperienza di operatore? Ci può illustrare il percorso formativo e professionale che l’ha portata ad occuparsi di questa specifica parte del servizio? Di cosa si occupa precisamente? Quale grado di cooperazione e coordinamento ha con l’osservatorio del mercato del lavoro provinciale? Quali caratteristiche deve avere il personale che si occupa di servizi alle imprese? Nel corso della prima fase abbiamo rilevato alcune carenze e divari nei livelli di servizio. In che modo, a suo avviso, la Regione potrebbe supportare un processo di sviluppo, qualificazione e maggiore omogeneità dei servizi in questo settore? (chiedere cosa ne pensa di due possibili soluzioni: un soggetto individuato tramite un unico appalto da parte della Regione che fornisca figure professionali, oppure una soluzione con un accentramento più soft dove la Regione guida gli aspetti del reclutamento, formazione del personale sulla base di una definizione di standard professionali e modello di intervento comuni a tutti) Quante persone e con quali qualifiche e competenze sono impiegate per i servizi alle imprese? (farsi descrivere il modello di divisione dei compiti) Con quale rapporto di lavoro? (Chiedere se è personale dipendente della provincia, 343 della società in house, della società privata o singoli consulenti) Trovate ci siano delle carenze numeriche e/o formative relative al personale? Ci può fare una stima complessiva delle ore lavorate complessivamente alla settimana in tutta la provincia per il servizio di promozione alle imprese? 4) Servizi alle imprese. Quali servizi alle imprese offrite? Mi può descrivere i servizi alle imprese che sono attivati nei CPI della vostra Provincia? (come funzionano, da chi sono gestiti, personale impiegato, qualifiche e competenze.). Su quali servizi avete investito maggiori risorse? Quali hanno avuto maggiore successo? Quali servizi promuovete maggiormente? Ci sono interventi che non rientrano nelle attività continuative come progetti specifici? (farsi raccontare quali, come funzionano, soggetti coinvolti ecc.) 5) Le imprese e le loro richieste. Quali imprese si rivolgono maggiormente a voi? Avete fatto una tipizzazione delle imprese? (Chiedere a tutti: numero, caratteristiche, dimensioni, settori, aree di provenienza). Le imprese sono consapevoli dei cambiamenti dopo la riforma del collocamento? Conoscono i CPI e il loro ruolo? Quali servizi richiedono? Quali sono le esigenze che avete avvertito? Ci sono servizi o richieste di interventi che non sapete soddisfare, ma che secondo voi sarebbero da sviluppare all’interno dei CPI? 6) La rete dei soggetti intorno alle imprese. Come considera il ruolo dei consulenti del lavoro per i servizi alle imprese? (Se considerati una risorsa, un filtro, un ostacolo, un concorrente. Cambiamenti con le comunicazioni obbligatorie online). E il ruolo delle organizzazioni di categoria? Quale rete avete creato intorno alle imprese e ai servizi che le riguardano? Gli interventi di promozione alle imprese con quale tipo di rete funzionano maggiormente? Si ha più facilità di contatti e di relazioni proficue con le imprese laddove sussistono reti con legami più forti con organizzazioni di categoria, consulenti del lavoro, sindacati, altri soggetti coinvolti, dove ci sono interconnessioni fra le imprese stesse o invece dove ci sono reti a maglie larghe? 7) Customer satisfaction. Come avete strutturato la customer satisfaction per le imprese? Mi può consegnare la customer satisfaction per le imprese? Svolgete rilevazioni periodiche? (mensile, semestrale, annuale) Da quanto tempo? Le imprese, nell’ottica dell’attivazione dell’utente per la strutturazione e il potenziamento dei servizi, quale contributo hanno fornito per riorientare gli obiettivi e/o i servizi del CPI della vostra Provincia? Quali dimensioni sono state indagate? Quali sono stati i principali risultati? Ritiene necessario una rilevazione dell’indice di gradimento dei servizi da parte delle imprese unica per tutta la Toscana? 8) Punti di forza e di debolezza e prospettive future. Quali sono i punti di forza e i punti di debolezza della promozione nei confronti delle imprese e in generale del sistema dei servizi alle imprese? In una prospettiva di crescita del ruolo dei centri in direzione di “agenzie di sviluppo di un territorio” vede possibile 344 estendere l’area di intervento verso funzioni più complesse come: analisi delle organizzazioni aziendali, aiutare le imprese a stilare i fabbisogni formativi e occupazionali, farsi carico di iniziative di orientamento e sensibilizzazione tese a incidere sulla scarsa propensione delle imprese a fare investimenti in ricerca e sviluppo, influire sull’innalzamento della capacità di assumere qualifiche professionali di alto livello e titolo di studio, collocarsi in un contesto più generale di politiche volte a promuovere un cambiamento culturale favorevole allo sviluppo del capitale umano? Con quali modalità? Potrebbe essere un settore di sviluppo per il futuro dei CPI? (rilevare se c’è consapevolezza del duplice ruolo: utenti potenziali e attori dello sviluppo e del mercato del lavoro) Quanto ritiene importante investire la conoscenza delle dinamiche socioeconomiche di un territorio per svolgere efficacemente questo tipo funzioni? (il ruolo degli osservatori del mercato del lavoro) Qual è, secondo lei, la prospettiva dello sviluppo dei servizi alle imprese dei CPI? 2. Questionario imprese e centri per l’impiego in Toscana SEZIONE 1 - CARATTERISTICHE DELLE IMPRESE 1) Ragione sociale .............................................................................................................. 2) Indirizzo............................................................................................................................ Comune ............................................................................................................................ Provincia . ......................................................................................................................... 3) Natura giuridica 1. Impresa individuale 2. Società in nome collettivo 3. Società a responsabilità limitata 4. Società per azioni 5. Società in accomandita 6. Società cooperativa 7. Altro (specificare) . ........................................................................................................ 8. Ente pubblico (chiudere l’intervista) 4) Anno di costituzione ...................................................................................................... 5) La sua impresa ha una sola unità locale o più di una? 1. Una sola unità locale 2. Più unità locali di cui: operanti in regione n. operanti fuori regione n. 345 6) Codice attività ISTAT (attività primaria) ATECO 2007 1. Agricoltura, silvicoltura, pesca 2. Estrazione di minerali 3. Attività manifatturiere 4. Produzione e distribuzione di energia elettrica, gas e acqua 5. Costruzioni 6. Commercio all’ingrosso e al dettaglio; riparazioni di autoveicoli e motocicli 7. Trasporti, comunicazioni e magazzinaggio 8. Alberghi e ristoranti 9. Attività finanziarie e assicurative 10. Attività immobiliari, noleggio, agenzie di viaggi, servizi di supporto alle imprese 11. Attività professionali, scientifiche e tecniche 12.Istruzione 13.Sanità e assistenza sociale 14.Attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento 15.Altre attività di servizi 7) La sua impresa produce prevalentemente in conto proprio o conto terzi? 1. In conto proprio 2. In conto terzi 8) Il mercato di riferimento della sua impresa è prevalentemente: 1. Locale (comunale, provinciale) 2. Regionale 3. Nazionale 4. Estero 9)Negli ultimi tre anni la sua azienda ha introdotto innovazioni nei seguenti ambiti? (risposta multipla) 1. Processo 2. Prodotto 3. Organizzativa, gestionale, commerciale 4. Nessuna 10) Può indicare il numero di addetti impiegati nella sua impresa per le seguenti tipologie al 31/10/2009? Tipologia Indipendenti (titolari, soci, amministratori, soci di cooperativa, familiari e affini, che lavorino effettivamente nell’impresa e non siano iscritti nei libri paga) Dipendenti con contratto a tempo indeterminato Dipendenti con contratto a termine Apprendisti Lavoratori interinali Collaboratori a progetto Altro (specificare) …………………………………………………………………….......................…. Totale 11) In azienda ci sono lavoratori immigrati? 1. Sì, n. 2. No 346 Numero 12) In azienda ci sono lavoratori part-time? 1. Sì, n. 2. No 13) Quali sono le previsioni per l’occupazione nella sua azienda per i prossimi tre anni? Tipologia Dipendenti con contratto a tempo indeterminato Dipendenti con contratto a termine Apprendisti Lavoratori interinali Collaboratori a progetto Altro (specificare) ……………………….....……………………. Totale Crescita Stabilità Diminuzione 14) Nel corso dell’ultimo triennio, la sua azienda ha effettuato assunzioni? 1. Sì 2. No 15) Se sì, quante e per quali profili professionali? Dirigenti, direttori Professioni intellettuali (ingegneri, architetti, avvocati ecc.), impiegati direttivi Impiegati di concetto, tecnici Impiegati esecutivi, di ufficio, segretari Commessi, camerieri, venditori Capo-operaio /operai specializzati Operai qualificati, conduttori di macchine Operai comuni, manovali, lavori manuali non qualificati Altro, specificare ………………………………………………….....……………………. Numero 16) In genere la sua impresa ha difficoltà nel reperire personale? 1. Sì 2. No 17) Se sì, può indicarmi quali sono le professionalità più difficili da reperire per la sua impresa? (risposta multipla) Dirigenti, direttori Professioni intellettuali (ingegneri, architetti, avvocati, ecc.), impiegati direttivi Impiegati di concetto, tecnici Impiegati esecutivi, di ufficio, segretari Commessi, camerieri, venditori Capo-operaio /operai specializzati Operai qualificati, conduttori di macchine Operai comuni, manovali, lavori manuali non qualificati Altro, specificare…………………………………………………………………….. 347 Sì No SEZIONE 2 - RICERCA E SELEZIONE DEL PERSONALE 18) Quali dei seguenti canali la sua azienda utilizza in genere per la ricerca e selezione del personale? (risposta multipla) Conoscenze dirette di potenziali dipendenti Segnalazioni conoscenti, amici, parenti Curricula pervenuti/database aziendali Quotidiani e stampa specializzata Internet CPI Agenzie per il lavoro (interinali/di somministrazione), società private di ricerca e selezione del personale Segnalazione centri di formazione, scuole, università Associazioni di categoria/enti bilaterali, ecc. Altro, specificare ………………………………………………………………….....................…….……………. Sì No 19) Quali tra i precedenti canali di reclutamento del personale ha utilizzato di più nell’ultimo triennio? (max tre risposte) Conoscenze dirette di potenziali dipendenti Segnalazioni conoscenti, amici, parenti Curricula pervenuti/database aziendali Quotidiani e stampa specializzata Internet CPI Agenzie per il lavoro (interinali/di somministrazione), società private di ricerca e selezione del personale Segnalazione centri di formazione, scuole, università Associazioni di categoria/enti bilaterali, ecc. Altro, specificare ……………………………………………………………………...................………………… Sì No Se l’azienda non segnala i CPI né alla dom.18 né alla 19 20) Quale è il motivo principale per il quale l’azienda non ha utilizzato il CPI per il reclutamento del personale? 1. Non sapevo che i CPI offrissero questo servizio 2. è preferibile una conoscenza diretta dei candidati 3. Sono preferibili le agenzie private 4. Gli altri canali finora utilizzati sono stati soddisfacenti 5. Altro (specificare) ...................................................................................................... Se l’azienda segnala di aver utilizzato i CPI alla dom.18 e/o alla 19 21) Per quali motivi si è rivolto ai servizi pubblici per l’impiego? (max due risposte) 1. Ricercare personale con profili professionali elevati/ specializzati 2. Ricercare personale con profili professionali generici 3. Ricercare in tempi brevi personale di qualsiasi livello 4. Ricercare gratuitamente personale di qualsiasi livello 5. Altro (specificare) ...................................................................................................... 348 22) Di quali servizi per la ricerca e selezione del personale offerti dal CPI ha usufruito? (risposta multipla) 1. Avviso di ricerca del personale (bacheca, sito web, pubblicizzazione attraverso media) 2. Preselezione del personale (invio di elenco di candidati da archivio o autocandidatura con verifica della rispondenza del c.v. al profilo richiesto) 3. Selezione del personale (colloqui individuali, somministr. test) insieme alle imprese o per conto delle imprese 4. Informazione e consulenza su incentivi e assunzioni agevolate 5. Altro, specificare …………………………………………………………………………………… Sì No Se l’azienda segnala di aver utilizzato il servizio di PRESELEZIONE 23) La sua azienda ha ricevuto un elenco di nominativi/curricula dal CPI? 1. Sì, e qualcuno è stato assunto 2. Sì, ma nessuno è stato assunto 3. No, non sono stati individuati candidati con profili adeguati 24) Se alla dom. 23 ha risposto 2, Perché non è stato assunto alcun candidato? (una sola risposta) 1. I candidati non erano disponibili 2. I profili erano generici e non adeguati alle richieste dell’impresa 3. Sono state assunte persone individuate attraverso altri canali 4. Abbiamo rinunciato ad effettuare l’assunzione 5. Altro specificare . ....................................................................................................... 25) Ritiene che il servizio di preselezione fornito dal CPI sia stato soddisfacente? 1. Molto 2. Abbastanza 3. Poco 4. Per niente 26) Quali sono stati i principali motivi di soddisfazione? (max tre risposte) 1. L’elenco dei candidati è stato inviato tempestivamente 2. L’elenco conteneva pochi nominativi ma scelti con precisione 3. L’elenco conteneva molti nominativi tra cui poter scegliere 4. I profili dei candidati erano specifici e adeguati alle esigenze dell’impresa 5. L’operatore si è mostrato disponibile e competente 6. Sono state proposte altre soluzi. e/o informaz. (es. tirocini, assunzioni agevolate, ecc.) 7. Servizio gratuito 27) Quali sono stati i principali motivi di insoddisfazione? (max tre risposte) 1. Non è stato fornito alcun elenco 2. L’elenco non è stato inviato tempestivamente 3. L’elenco conteneva un numero esiguo di nominativi 4. L’elenco conteneva troppi nominativi 5. I profili dei candidati erano troppo generici e inadeguati alle esigenze dell’impresa 6. L’operatore non si è mostrato disponibile e competente 7. Non sono state proposte altre soluz. e/o inform. (es. tirocini, assunz. agevolate, ecc.) 349 Se l’azienda ha utilizzato il servizio di SELEZIONE 28) Ritiene che il servizio di selezione fornito dal CPI sia stato soddisfacente? 1. Molto 2. Abbastanza 3. Poco 4. Per niente 29) Quale è stato il principale motivo di soddisfazione? (una sola risposta) 1. Il candidato aveva un profilo specifico e adeguato alle esigenze dell’impresa 2. L’operatore si è mostrato disponibile e competente 3. Il servizio è stato gratuito 4. Velocità del servizio offerto 30) Quale è stato il principale motivo di insoddisfazione? (una sola risposta) 1. Il candidato individuato aveva un profilo troppo generico e inadeguato alle esigenze dell’impresa 2. L’operatore non si è mostrato disponibile e competente 3. Non sono state proposte altre soluz. e/o informaz. (ad esempio stage, tirocini, ecc.) 4. Il servizio non è stato tempestivo 31) La sua impresa ha mai avuto contatti con agenzie per il lavoro (interinali/di somministrazione) o altre società private di intermediazione per la ricerca e selezione del personale? 1. Sì 2. No 32) Se sì, Per quali motivi si è rivolto ai servizi privati? (una sola risposta) 1. Ricercare personale con profili professionali elevati/ specializzati 2. Ricercare personale con profili professionali generici 3. Ricercare in tempi brevi personale di qualsiasi livello 4. Altro (specificare) ...................................................................................................... 33) Ritiene che il servizio offerto sia stato soddisfacente? 1. Molto 2. Abbastanza 3. Poco 4. Per niente 34) Quale è stato il principale motivo di soddisfazione? (una sola risposta) 1. I candidati sono stati presentati tempestivamente 2. I profili dei candidati erano specifici e adeguati alle esigenze dell’impresa 3. L’operatore si è mostrato disponibile e competente 4. Il costo del servizio non è stato eccessivo 35) Quale è stato il principale motivo di insoddisfazione? (una sola risposta) 1. Non è stato fornito alcun candidato 2. I candidati non sono stati inviati tempestivamente 3. I profili dei candidati erano troppo generici e inadeguati alle esigenze dell’impresa 4. L’operatore non si è mostrato disponibile e competente 5. Il costo del servizio è stato eccessivo 350 SEZIONE 3 - LE IMPRESE E I CENTRI PER L’IMPIEGO 36) Ora le leggerò alcuni dei principali servizi che il CPI offre alle imprese. Per ogni servizio dovrebbe dirmi se lo conosce, se lo utilizza e se le è stato utile/ lo ritiene utile: Lo conosce Lo utilizza Lo ritiene utile Sì No Sì No Sì No 1. Informazioni relative alle comunicazioni previste per legge (assunzioni, cessazioni, trasformazioni proroghe) 2. Preselezione e selezione 3. Informazioni e consulenza su assunzioni agevolate e incentivi alle imprese 4. Informazioni e consulenza relative alle assunzioni previste dalla L. 68/99 (norme per il diritto al lavoro dei disabili) 5. Informazioni e consulenza su opportunità formative e tirocini 6. Informazioni e consulenza su crisi aziendali 7. Altro (specificare) ………………………………………..………...........……. 37) Attraverso quali canali è venuto a conoscenza dei servizi offerti dal CPI? (risposta multipla) 1. Conoscenti/colleghi 2. Commercialista/consulente del lavoro 3. Associazioni di categoria/enti bilaterali 4. Camere di commercio 5. Altri uffici pubblici 6. Annunci su stampa, media 7. Internet 8. Contattata direttamente dal CPI 9. Altro, specificare . ...................................................................................................... 38) Si è mai recato nel CPI (o ha avuto contatti) negli ultimi tre anni? 1. Sì 2. No 39) Se sì, Le chiediamo adesso di attribuire un punteggio da 1 (per nulla soddisfatto) a 5 (molto soddisfatto) ai seguenti aspetti 1. Orari di apertura 2. Semplicità modulistica 3. Chiarezza e completezza delle informazioni ricevute 4. Tempestività della risposta 5. Cortesia e disponibilità del personale 6. Competenze professionali del personale 40) Ha mai ricevuto materiale informativo da parte del CPI (volantini, depliant, inviti per convegni, newsletter, ecc.)? 1. Sì 2. No, ma sarei interessato 3. No, e non sono interessato 351 41) Ha mai ricevuto visite da parte degli operatori del CPI? 1. Sì 2. No, ma sarei interessato 3. No, e non sono interessato 42) Se sì, Le chiediamo adesso di attribuire un punteggio da 1 (per nulla soddisfatto) a 5 (molto soddisfatto) ai seguenti aspetti 1. Chiarezza delle informazioni sui servizi offerti dal CPI 2. Cortesia e disponibilità degli operatori 3. Livello di conoscenza del mercato del lavoro locale degli operatori 4. Livello di conoscenza dei fabbisogni professionali 43) Ritiene utile l’attività promozionale svolta dagli operatori del CPI presso le aziende? 1. Sì, perché consente di conoscere i servizi offerti 2. Sì, perché consente di instaurare rapporti con gli operatori 3. No, sono sufficienti i tradizionali strumenti informativi 4. Altro specificare . ....................................................................................................... 44) La sua impresa si avvale dei servizi on line offerti dal CPI, esclusi gli adempimenti obbligatori previsti per legge come le comunicazioni on line (anche attraverso altri soggetti quali consulente del lavoro, associazioni di categoria, ecc.)? 1. Sì 2. No 45) Le relazioni telematiche con il CPI avvengono: 1. con comunicazioni via e-mail 2. con servizi web interattivi 3. con entrambe le modalità 46) La possibilità di usare contatti on line invece di contatti di persona con i servizi e le amministrazioni pubbliche ha modificato i suoi rapporti con il CPI? 1. Completamente, perché non è più necessario avere contatti di persona (es. recarsi presso lo sportello, telefono) 2. In parte, perché per alcuni servizi è necessario comunque un contatto di persona 3. Per niente, i miei contatti con il CPI sono rimasti gli stessi 47) Secondo lei i CPI quali aspetti dovrebbero curare e sviluppare di più per venire incontro alle esigenze della sua impresa (max tre risposte) 1. Informaz. costante su incentivi alle imprese (per assunz., opportunità formative, ecc.) 2. Informazione costante sulle leggi e sui contratti 3. Informazione costante sulle dinamiche del mercato del lavoro locale 4. Valutazione dei fabbisogni professionali delle imprese 5. Consulenza personalizzata 6. Maggiore flessibilità e velocità nelle risposte 7. Maggiore diffusione e pubblicità dei servizi erogati 8. Altro specificare . ....................................................................................................... 352 48) Secondo lei i CPI quali modalità comunicative dovrebbero sviluppare e/o incrementare per venire incontro alle esigenze della sua impresa (max tre risposte) 1. Newsletter elettronica 2. Servizio di informazione via SMS 3. Forum, bacheca, FAQ 4. Consulenza personalizzata tramite numero verde 5. Consulenza personalizzata via e-mail 6. Visite aziendali 7.Altro (indicare) …………………………………………………………………………… 49) La sua azienda sarebbe interessata ad essere coinvolta nell’individuazione e nella definizione di nuovi servizi per le imprese da parte dei CPI? 1. Sì 2. No 50) Può indicare la classe di fatturato in cui, presumibilmente, si collocherà l’azienda per l’anno 2009? 1. Fino a 150.000,00 euro 2. Da 150.001,00 a 250.000,00 euro 3. Da 250.001,00 a 500.000,00 euro 4. Da 500.001,00 a 1.000.000,00 euro 5. Oltre 1.000.000,00 euro 6. Non risponde 51) Il fatturato della sua impresa negli ultimi tre anni è: 1. Aumentato 2. Rimasto stabile 3. Diminuito 52) Come prevede sarà l’andamento del fatturato della sua impresa per i prossimi tre anni? 1. In aumento 2. Stabile 3. In diminuzione 353 Appendice C Indagine sugli stranieri Traccia di intervista agli utenti stranieri dei Centri per l’impiego 1. BREVE INQUADRAMENTO SOCIO-ANAGRAFICO Tema Info di base Info specifiche su contesto familiare Domanda Informazioni di base, in forma puntuale, su paese di nascita, età, anno dell’arrivo in Italia Informazioni concernenti la composizione della famiglia, con particolare riferimento ad età e numero dei figli 2. PERCORSO SCOLASTICO/FORMATIVO, CARRIERA LAVORATIVA, RICERCA, LAVORO Tema Percorso scolastico Carriera lavorativa La situazione attuale Ricerca di lavoro Domanda Per quanti anni ha frequentato un corso di studi? Dove, in Italia o all’estero? Quale titolo di studio ha conseguito? Ha incontrato delle difficoltà nel riconoscimento di questi titoli una volta arrivato in Italia? Che lavoro faceva nel suo Paese? Che lavori ha svolto in Italia e per quali periodi di tempo? Attualmente svolge un’attività lavorativa? Se sì, che tipologia di contratto ha? È soddisfatto del suo lavoro (guadagno, attività svolta, ecc.)? Da quanto tempo è disoccupato e in che modo ha perso il lavoro? Che tipo di lavoro cerca? Quali canali ha utilizzato per trovare lavoro e come lo ha effettivamente trovato? Quali sono secondo lei i canali che funzionano meglio? 3. COME SI ARRIVA AL CPI Tema Modalità di conoscenza Fonte dell’invio Motivazioni Approfondimento su uso strumentale Domanda In quale modo ha saputo che esiste il CPI? Chi le ha suggerito di rivolgersi al Cpi? Quali sono stati i motivi che l’hanno spinta a rivolgersi al Cpi? Perché ha utilizzato il Cpi solo per motivi ‘strumentali’ (certificazione disoccupazione/ rinnovo pds)? 355 4. PERCEZIONI, RAPPRESENTAZIONI E USO DEL CPI Tema Domanda Quali sono le maggiori difficoltà che incontra o ha incontrato nei suoi rapporti con il Cpi? Essere utenti del CPI Collocare l’esperienza dell’utente rispetto al quadro dei servizi cpi: Accoglienza/iscrizione/colloquio 181 • Front-office (disponibilità, comprensione linguistica) • Autoconsultazione (comprensione degli annunci e della loro distribuzione nelle bacheche) • Patto di servizio (comprensione del Patto; ragioni del non rispetto del Patto da parte dell’utente e dell’abbandono del CPI) • [Se non si è già chiesto] Ragioni strumentali vs. effettive dell’iscrizione • Tempistica, presa in carico “burocratica” o meno • Primo colloquio (tempistica, andamento soddisfacente); cosa prevede il PAI • Scheda anagrafico/professionale del lavoratore (difficoltà riconoscim. competenze/titoli st.) • Compilazione del CV Ammortizzatori sociali • Disbrigo pratiche • Mobilità, ecc. Servizi Amministrativi • Servizi amministrativi formazione professionale/ lavoro Incontro domanda-offerta • Preselez. su proposta CPI (Mai ricevuto una proposta? Era adatta/buona? Cosa è successo?) • Autocandidatura (Sa di questa possibilità? Consulta gli annunci on line? L’ha mai fatta? Ha trovato difficoltà? Qualcuno l’ha aiutata? Cosa è successo?) Servizi specialistici di II livello • Colloqui di orientamento, Bilancio delle competenze Mediazione culturale • Rilevare la presenza/assenza in occasione delle varie tappe Sportelli/servizi tematici: • [Per le donne] Disponibilità del proprio nominativo per SOS Famiglia (forzature nell’indirizzare a questa professione?) [Per le donne] Invio allo Sportello Donne? • Sportello Immigrati • Sportello Legale • Outplacement, Apprendistato, Tirocini formativi e di orientamento • Sportello Imprenditorialità Diritto-dovere alla formazione (ex obbligo formativo) 5. LA FORMAZIONE Tema Domanda Frquenza corsi f.p. Cpi Ha frequentato corsi di formazione che le sono stati suggeriti dal CPI? Se no, le piacerebbe? Valutazione Mi può dare un suo parere sul corso? 356 Appendice D Crisi e Centri per l’impiego ASPETTI PROCEDURALI E RIORGANIZZAZIONE DEI SERVIZI • Rispetto alle principali aree funzionali previste dal Masterplan [vedi il prospetto come riferimento], con la CIG in deroga… 1. quali attività sono risultate maggiormente sotto pressione 2. e -di conseguenza- quali tra queste si è ritenuto opportuno rafforzare 3. e, eventualmente, a scapito di quali altri servizi? Area funzionale Tipo di servizio 1.1 Prima informazione 1. Accoglienza 1.2 Prima iscrizione e certificazione 1.3 Autoconsultazione 2.1 Consulenza orientativa di i livello 2. Consulenza e servizi per l’occupabilità 2.2 Consulenza orientativa di ii livello 2.3 Informazione strutturata e formazione orientativa di gruppo 2.4 Azioni di accompagnamento al lavoro e tutoraggio individuale 3. Servizi alle imprese e alla pubblica amministrazione 4. Servizi amministrativi per l’occupabilità 5. Gestione del sistema informativo 6. Incontro domanda e offerta 3.1 Informazione strutturata e servizi amministrativi di i livello 3.2 Consulenza e procedure amministrative di ii livello 4.1 Attività amministrative consulenziali 4.2 Avviamenti al lavoro con procedure predeterminate 5.1 Servizi informativi ed informatici interni ed esterni 5.2 Gestione reti interne ed esterne – flussi informativi con il territorio 6.1 Preselezione e selezione del personale 7.1 Gestione organizzativa delle strutture e delle procedure 7. Gestione della struttura 7.2 Promozione dei servizi offerti dalla struttura 7.3 Gestione organizzativa delle risorse umane e direzione 7.4 Ricerche e attività di monitoraggio • Avete attivato degli specifici servizi di: 1) out-placement; 2) sportelli anti-crisi; 3) di altro tipo? A chi sono rivolti? Quali attività svolgono? • Avete proceduto ad una riorganizzazione del personale in conseguenza della CIG in deroga? In che modo (rispetto alle aree e ai servizi)? [vedi flow-chart]. Avete preventivato/ utilizzato nuove risorse umane? In tal caso, si tratta di personale interno o esterno? 357 Flow-chart del CPI Inizio Accoglienza I-PA Informazione Guidata Autoconsultazione US Utente Singolo (US) Impresa/PA (I-PA) Servizi Esterni Consulenza Operativa Procedure Amministrative Servizi Opzionali Preselezione Selezione Procedure Amministrative Informazione Guidata Procedure Amministrative Progettazione Accompagnamento Lavoro? NO SI Fine • Avete individuato al vostro interno operatori cui è stato assegnato lo specifico compito di seguire le procedure di CIG in deroga? [dettaglio su n.operatori e impiego full-time/ part-time] • Ritiene adeguata, numericamente e qualitativamente, l’attuale dotazione di personale? ANALISI DELL’ATTUAZIONE (EFFICIENZA ed EFFICACIA) • Effetto spiazzamento CIG in deroga su altri utenti: secondo la sua opinione, l’afflusso degli utenti delle politiche attive dovute alla CIG in deroga, ha creato problemi nello svolgimento di attività rivolte agli altri tipi di destinatari? In che modo? Nei casi in cui le imprese richiedano ripetutamente l’ausilio degli ammortizzatori sociali per periodi di breve durata si corre il rischio che gli interventi di politica attiva siano frammentati e 358 quindi poco efficaci. è un pericolo reale? Cosa è stato fatto per evitare tale rischio e cosa ancora potrebbe essere fatto? • Rispetto alle diverse azioni previste dalla Regione Toscana per la CIG in deroga [fare riferimento alla tabella], in base alla durata della sospensione dal lavoro, a cosa avete scelto di dare la priorità? • Avete registrato delle difficoltà particolari nell’organizzazione di alcuni servizi? • Quali sono le azioni che sono “esternalizzate” e quali quelle tenute da operatori interni o società in house? Meno di 15 giorni Oltre 15 giorni Oltre 30 giorni Oltre 60 giorni Oltre 120 giorni A11 A12 A21 A31 A32 A33 A34 A35 A36 A37 A41 A42 A43 A44 A51 LEGENDA Cod. Azioni Azione A11 Prima informazione e consulenza orientativa di primo livello A12 Informazione strutturata e informazione orientativa di gruppo A21 Consulenza orientativa di secondo livello A31 Azioni di accompagnamento e tutoraggio individuale A32 Percorsi in FAD A33 Percorsi di formazione su competenze di base (sicurezza, informatica, lingue, cittadinanza) Percorsi di formazione su competenze trasversali (comunicazione, problem solving, time A34 management, ecc.) A35 Percorsi di occupabilità A36 Tecniche di ricerca del lavoro Percorsi di formazione continua rivolti all’acquisizione di competenze professionali A37 BREVISSIMI (Dichiarazione degli apprendimenti) A41 Pre-selezione e selezione Percorsi di formazione continua rivolti all’acquisizione di competenze professionali A42 BREVI (Certificato di competenze) A43 Tirocinio A44 Altra forma di intervento work based Percorsi di formazione continua rivolti all’acquisizione di competenze professionali A51 MEDIO-LUNGHI (Attestato di qualifica) Durata CIG Tutti Tutti oltre 15 giorni oltre 30 giorni oltre 30 giorni oltre 30 giorni oltre 30 giorni oltre 30 giorni oltre 30 giorni oltre 30 giorni oltre 60 giorni oltre 60 giorni oltre 60 giorni oltre 60 giorni oltre 120 giorni • Potrebbe raccontare qual è il percorso tipo di un lavoratore CIG in deroga con durata prevista di 120 giorni [raccogliere informazioni anche sul numero di ore erogate previste per le diverse azioni, sulle modalità di erogazione, e così via] • A suo avviso, in questa fase in che misura è possibile erogare servizi realmente “individualizzati”? • A suo avviso, come i lavoratori in CIG in deroga si stanno approcciando alle politiche attive, innanzitutto a livello di motivazione? Sempre a proposito del livello di motivazione, cosa può dirmi delle differenze tra i lavoratori? [fare esempio durata diversa della 359 Cassaintegrazione; della stabilità o meno del posto di lavoro; della distinzione tra cassaintegrazione per “sospensione”/per “cessazione dell’attività di impresa”] • Qual è la vostra percezione dell’eventuale diffusione di forme di lavoro sommerso tra i lavoratori in Cig in deroga? • Può fornirci una sua valutazione sul miglioramento/stabilità/peggioramento dei seguenti standard di servizio in seguito all’introduzione della CIG in deroga [vedi tabella come riferimento]? [la tabella è da compilare in tutte le righe e ciascuna risposta deve essere motivata seppur brevemente] Valutazione: A=Aumentata, S=Stabile, D=Diminuita Area Indicatore Descrizione Logistica Accessibilità Adeguatezza degli spazi di accoglienza per gli utenti Possibilità di aggiornamento professionale degli operatori Promozione del servizio presso l’“utenza potenziale” Professionalità operatori Aggiornamento professionale Promozione dei CPI Erogazione dei servizi Stabilità dell’operatore di riferimento Appropriatezza degli operatori ai servizi assegnati Capacità di fare monitoraggio “interno” Capacità di monitoraggio reportistica interna; interno ed esterno delle proprie Esempi: attività (efficienza ed efficacia) customer satisfaction Tempestività Rispetto agli utenti In base alle competenze possedute Rispetto alla Carta dei Servizi/Masterplan • Con riferimento alla “governance della crisi”, può indicarci quali reti con altri soggetti pubblici/privati tra di quelle già esistenti si sono rafforzate o, al contrario, si sono indebolite [vedi tabella seguente come riferimento]? E in particolare, quali si sono create ex novo? • Con riferimento in particolare alle iniziative di più recente introduzione e in particolare conseguenti alla CIG in deroga e alla crisi, può segnalarci più nel dettaglio le finalità e le modalità? [questa tabella è da compilare in dettaglio] Oggetto e motivazioni Soggetto Azioni Finanziamento Destinatari Descrizioni modalità attuative 360 Rif. normativi Valore aggiunto Rischi PROSPETTIVE • La crisi economica ha generato delle esternalità paradossalmente positive, quali le più significative? [fare esempio delle reti, della maggiore promozione dei CPI tra la popolazione attiva, ecc.] • La leva formativa, tradizionalmente uno degli strumenti più efficaci nel garantire una maggiore occupabilità degli utenti, rischia di scontrarsi con la comunque ridotta disponibilità di posti di lavoro. Come è affrontato questo aspetto dal vostro punto di vista? Avete messo in campo iniziative particolari in questo senso? • L’attuale fase può essere letta anche come sperimentazione di nuovi modelli, come nel caso della riunificazione di politiche attive e passive. Qual è la sua opinione in merito? E a quali condizioni sarebbero praticabili per il futuro i nuovi modelli? 361 Note ...................................................................................................................... ...................................................................................................................... ...................................................................................................................... ...................................................................................................................... ...................................................................................................................... ...................................................................................................................... ...................................................................................................................... ...................................................................................................................... ...................................................................................................................... ...................................................................................................................... ...................................................................................................................... ...................................................................................................................... ...................................................................................................................... ............................................................................................................ ............................................................................................................ ............................................................................................................ ............................................................................................................ ............................................................................................................ ............................................................................................................ ............................................................................................................ ............................................................................................................ ............................................................................................................ ............................................................................................................ ............................................................................................................ ............................................................................................................ 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Finito di stampare nel mese di Ottobre 2010 da Grafiche Martinelli s.r.l. - Bagno a Ripoli (FI) per conto di IRPET - Firenze Il sistema dei servizi per l'impiego in Toscana Lavoro - Studi / 85 Collana Lavoro - Studi e Ricerche / 85 ISBN 978-88-6517-018-2 Il sistema dei Servizi per l'impiego in Toscana Regione Toscana - Rapporto 2010