Ridere di Edipo Martina Treu1 “Nel secolo di Oreste ed Elettra che sta nascendo, l’Edipo sarà una commedia”2. La celebre frase di Heiner Müller, datata 1975, a prima vista può sembrare paradossale e provocatoria se pensiamo alla trama dell’Edipo a Colono3. Ma anche quella dell’Edipo Re sembrerebbe ben lontana dai toni della commedia, o della tragicommedia. Eppure a ben guardare l’affermazione di Müller può trovare dei precedenti in età antica: in primo luogo nel dramma satiresco – genere ibrido tra commedia e tragedia, dove storie epiche o tragiche subivano un trattamento parodico – e in secondo luogo per l’influenza reciproca tra commedia e tragedia che già in età classica portò Euripide e altri drammaturghi a una sempre maggiore mescolanza di elementi ironici e tragicomici, moralistici e romanzeschi4. 1 Riprendo qui, in forma ridotta e aggiornata, l’intervento presentato al convegno “Edipo classico e contemporaneo”, Ravenna, 24 e 25 marzo 2010 (cf. rassegna.unibo.it/Edipo.htm), pubblicato prima in italiano (Treu, 2010) poi in inglese, con sostanziali modifiche, per gli atti del convegno (Tragicomic Oedipus, in Citti e Iannucci, a cura di, 2012, pp. 219-234). 2 “(...) im Jahrhundert des Orest und der Elektra, das heraufkommt, wird Ödipus eine Komödie sein.”, H. Müller, Projektion 1975 (in Mc Donald, 2002, p. 193, e M acintosh, 2009, che rimanda a Innes, 1993, p.201). Cfr. anche in tedesco Müller, 1998 e il sito lyrikline.org/index.php?id=162&L=3 &author=hm01&show=Poems&poemId=3231&cHash=d2a09d5994. 3 La tragedia postuma sofoclea ispira anche in modo indiretto riscritture moderne – come The Elder Statesman di Eliot – ma più raramente parodie o versioni comiche, pur con l’eccezione dell’Edipo a Colono di Tragedie in due battute di Campanile (2009, p.15) Si veda su Eliot l’intervento di Anna Beltrametti in questo stesso volume. Per la fortuna dell’Edipo a Colono e alcuni esempi di adattamenti da Sofocle nel cinema cf. rispettivamente Rodighiero, 2007 e 2009. Riguardo alle riscritture e versioni sceniche di Edipo Re si vedano Gentili e P retagostini, a cura di, 1986, Bettini-Guidorizzi, 2004, Paduano, 2008, McDonald, 2007. 4 C’è chi scorge una latente vena parodica, o autoparodica, anche nell’Edipo delle Fenicie euripidee, i cui tratti peculiari sarebbero trasfigurati in una maschera tragica da indossare e riporre, un “costume incautamente preso in prestito dalla bottega sofoclea – secondo Giuseppe Serra – che l’austero Porfirio avrebbe chiamata «la tragicommedia della vita”» (G. Serra, L’ombra di Edipo. Saggio sulle Fenicie, in Avezzù, a cura di, 2008, p. 405). Così in scena nelle Fenicie dirette da Gabriele Vacis (1998) i tratti grotteschi e parodici accomunano Edipo a Eteocle, schiavo del potere e carico di tic nervosi (l’ottimo Edoardo Ribatto) e al messaggero (Andrea Gattinoni): si veda a riguardo Treu, 2005, pp. 205-228. Sui generi drammatici antichi, il dramma satiresco e la parodia si veda Cambiano, Canfora, Lanza, a cura di, 1992-1996, in particolare nel Volume I (La produzione e circolazione del testo) il tomo 1 (La polis) per il saggio di Diego Lanza, La poesia drammatica; i caratteri generali; il dramma satiresco, pp. 279-300 e il tomo 3 (I Greci e Roma) per quello di Anna Beltrametti, La parodia letteraria, pp. 285-302. Sul tragicomico e altri generi ibridi si veda MeddaMirto-Pattoni, a cura di, 2006, e sull’Alcesti in particolare Pattoni - Carpani, a cura di, 2004. 011_treu.indd 283 04/04/13 21:20 284 Martina Treu Così potremmo far risalire gli antenati del nostro ‘Edipo da ridere’ fino al perduto dramma satiresco Sfinge, che seguiva i Sette a Tebe eschilei (467 a.C.) e doveva verisimilmente raffigurare in chiave parodica l’incontro fra Edipo e il mostro divoratore. Ma per noi, vista la perdita quasi totale del genere satiresco, la storia di Edipo tragicomico comincia necessariamente dalle Rane di Aristofane: nell’agòn tra Eschilo e Euripide (vv. 1182-96) il commediografo riprende l’incipit dell’Antigone euripidea (oggi perduta) per rileggere la vicenda di Edipo in modo paradossale e eleggerlo a comico emblema di sfortuna. Il tutto, si noti, senza alterare la successione dei fatti, senza aggiungere personaggi o dettagli comici, senza cambiare il finale; al contrario si procede per sottrazione, si spolpa fino all’osso la fabula nota: non com’è esposta nell’Edipo Re – ossia dalla pestilenza a Tebe – bensì a partire dagli antefatti, ossia dal concepimento di Edipo, come faranno poi molti autori del Novecento; e in particolare, come farà Dürrenmatt, Aristofane sottrae alla trama tragica, e al personaggio, ogni suspense e mistero, ogni suggestione di oracolo, ogni conforto del destino o intervento di divinità: ‘spoglia’ Edipo della sua aura, della sua autorità, del suo carisma. Lo lascia nudo e crudo. Per quanto limitata a poche battute, la riscrittura aristofanea è per noi premonitrice di altre versioni tragicomiche che seguiranno, riconducibili a una comicità ‘nera’ che sfrutta appieno l’orrore del vuoto, la paura della morte, l’angoscia esistenziale, la macabra ‘ironia della sorte’ insita nella vicenda del re di Tebe, come in altri meccanismi tragici. Se Aristofane è in qualche modo il ‘grado zero’, perché riduce la vicenda all’essenziale, gran parte degli autori successivi preferiranno invece aggiungere dettagli, arricchire l’intreccio o modificare la fabula, a seconda del contesto, delle esigenze e dei fini, della sensibilità e dei gusti del pubblico, delle censure in atto all’epoca e così via. Alcuni, come vedremo, ‘abbasseranno’ personaggi e fatti a livello triviale, per privilegiare i risvolti scabrosi legati al doppio tabù violato – ora insistendo sul desiderio sessuale e sull’incesto, ora sui particolari da cronaca nera del parricidio – altri sovvertiranno decisamente l’esito della vicenda in un lieto fine, altri ancora troveranno ispirazione più o meno diretta nel modello tebano per nuovi drammi capaci di evocare – tramite legami incestuosi e dinamiche di successione perverse – mali contemporanei, storture della società, corruzione e abusi di potere. In quest’ottica, ad esempio, ci paiono parenti non tanto lontani di Edipo i grotteschi regnanti Padre e Madre Ubu, comici ancorché spietati protagonisti dell’Ubu Roi di Alfred Jarry (1896), definita ‘tragicommedia universale del potere’ dal regista Marco Martinelli (autore di diversi adattamenti e allestimenti recenti di Jarry e Aristofane: due drammaturghi che lui e il suo gruppo – il Teatro delle Albe di Ravenna – non 011_treu.indd 284 04/04/13 21:20 Ridere di Edipo285 a caso hanno eletto a propri numi tutelari).5 Ancora nell’Ottocento possiamo rintracciare altri antenati del nostro Edipo tragicomico in racconti o drammi che in vario modo privilegiano toni grotteschi, parodici, satirici, nel riprendere gli ingredienti-base della vicenda edipica e solitamente attenuarli, soprattutto per quanto riguarda i tabù dell’incesto e del parricidio (vero o presunto, spesso solo sfiorato, simulato o incompiuto). Molti, dovendo fare i conti con la censura, fanno leva sul fascino dell’ambiguo, del ‘non detto’, dell’allusione ammiccante a tematiche ‘spinte’ come il sesso, e l’avvicendamento al potere, tra generazioni diverse. Un retrogusto edipico, ad esempio, è sotteso nel racconto di Heinrich Von Kleist, La brocca rotta (1808): una satira in versione campestre del perbenismo e dell’ipocrisia, dove una paternità segreta (prima nascosta e poi svelata), e la minaccia d’incesto sono fonte di riso e mezzo per ridicolizzare l’autorità. Circa vent’anni dopo Edipo dà il nome a una commedia ‘alla maniera di Aristofane’ con tanto di coro di pecore, L’Edipo romantico di August Von Platen (Der romantische Ödipus, 1829). E all’inizio del Novecento, in concomitanza con le teorie freudiane su Edipo, il drammaturgo irlandese J. M. Synge pubblica la sua commedia di maggior successo, Playboy of the Western World (1907), dove il presunto omicidio del padre da parte del figlio è presupposto drammaturgico della vicenda, ma anche oggetto di un ribaltamento tragicomico6. La scelta di Synge, drammaturgo ‘controcorrente’, forse si spiega anche come reazione alla progressiva ‘teorizzazione’ del mito, che anticipa la psicanalisi, e alle sovrastutture che gravano sull’opera in sé (e inevitabilmente ne condizionano l’interpretazione e la messinscena); in ogni caso questo Edipo irlandese spicca nettamente tra i molti dell’epoca che rientrano nel ‘filone serio’ – ancorché diversi per interpreti, stili, intenti, esiti – e mietono successi in Europa e all’estero: ad esempio le due versioni sceniche di Max Reinhardt, prima in tedesco, su un testo di Hugo Von Hoffmannsthal (Berlino, 1910) e poi in inglese nella traduzione di Gilbert Murray (Londra, 1912)7. Un’altra significativa interpretazione di Edipo si deve all’attore e regista francese Jean Mounet-Sully, che secondo alcuni critici segna una tappa fondamentale nella storia del teatro e più in generale nell’intero panora5 Si vedano da ultimi gli spettacoli Pace! da Aristofane (2006), Ubu sotto tiro e Ubu Buur (2007), drammaturgia e regia di Marco Martinelli: per il progetto Arrevuoto cf. teatrodellealbe.com, teatrostabilenapoli.it e Treu, 2009c. 6 Synge, 1962. Il dramma del 1907 è stato trasposto anche in un musical blue grass, ambientato sui monti Appalachi, col titolo The Golden Boy of the Blue Ridge, 59E59 Theaters, New York, 2009 (prospecttheater.org) 7 Si veda M acintosh, 2009, pp. 102 ss. 011_treu.indd 285 04/04/13 21:20 286 Martina Treu ma culturale novecentesco8. La sua influenza va ben oltre la mera carriera dell’attore – compresa tra gli anni Ottanta dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento – perché il personaggio gli sopravvive nell’iconografia popolare soprattutto grazie al film muto del 1912, non conservato, ma ben testimoniato da fotogrammi, ricordi, recensioni e critiche: tra gli spettatori basti citare Jean Cocteau, anche lui autore di un Edipo, e forse anche Sigmund Freud9. Da Freud in poi, naturalmente, le speculazioni teoriche su Edipo da un lato condizionano molte riscritture e rappresentazioni dell’Edipo Re, dall’altro producono reazioni contrastanti in diverse direzioni. Tra gli esempi ben noti, che si infittiscono tra gli anni Venti e Trenta, basti qui citare l’Oedipus Rex di Stravinskij (prima come oratorio nel 1927, poi come opera nel 1928, infine nella versione registrata nel 1952), l’Oedipe di George Enescu (la cui gestazione risale agli anni Venti, anche se debutta solo nel 1936), l’Oedipe di André Gide (1930), La machine infernale di Jean Cocteau (1934)10. Un’altra tappa importante nel nostro percorso si può identificare in due allestimenti della tragedia sofoclea che segnano l’immediato dopoguerra: uno diretto da Michel Saint Denis e interpretato da Laurence Olivier, all’Old Vic di Londra (1945), l’altro diretto da Pierre Blanchar, con le scene di Pablo Picasso, al teatro Champs Élysées di Parigi (1947). Al di là delle differenze nell’interpretazione e negli esiti scenici, ci preme sottolineare che entrambi sono seguiti non da un altro dramma classico, bensì da una pièce comica (rispettivamente The Critic di R.B. Sheridan a Londra e Le ciel et l’enfer di Merimée a Parigi). In particolare colpisce il ricordo di George Steiner, relativo a una tournée statunitense del primo spettacolo, che riporta le reazioni del pubblico: nel finale della tragedia Olivier, nei panni di Edipo cieco, rotola lungo la scalinata scenica e la tinge con il sangue che cola dalle sue orbite e dalle mani. A fine tragedia cala il buio, lasciando il pubblico attonito in silenzio; quando si riaccende la luce Olivier riappare già vestito dei panni moderni di Puff, protagonista della pièce di Sheridan. Il contrasto è fortissimo, e il pubblico reagisce a quella visione con un senso di spaesamento, stupore e quasi risentimento, per la rottura così brusca dell’illusione tragica: lo stesso Steiner paragona l’esperienza alla sensazione che a suo dire 8 Per Mounet-Sully si veda M acintosh, 2009, pp. 87 ss. e 132 ss. con relativa bibliografia. solo molti registi e autori sono influenzati da Freud, in maniera diretta e indiretta, ma anche il suo biografo Jones frequenta assiduamente sia Laurence Olivier sia Tyrone Guthrie, celebri interpreti di Edipo nel secondo dopoguerra, come nota la stessa M acintosh, 2009, p. 163. Si vedano anche Paduano, 2008, Vernant e Vidal Naquet, 1976 e 2001. 10 Per Gide e Cocteau in particolare si veda l’intervento di Francesco Massa in questo stesso volume. Cf. inoltre Paduano, 2008, pp. 148ss. (su Gide e Cocteau) e pp. 184 ss. (su Enescu e Stravinskij), Paduano, 2006 (su Enescu). 9 Non 011_treu.indd 286 04/04/13 21:20 Ridere di Edipo287 doveva provare il pubblico ateniese assistendo, subito dopo la tragedia, a un dramma satiresco11. Una simile reazione ci appare un possibile ‘effetto collaterale’ di una componente essenziale del tragicomico: lo spiazzante e incongruo accostamento fra tragico e comico che può verificarsi come in questo caso per la successione di due drammi, oppure in uno stesso dramma, nell’arco di una trilogia o anche all’interno di una stessa frase, come quella di Müller sopra citata e a cui possiamo ora tornare. Dal 1975 al 1985 l’Edipo Re è oggetto di radicali riscritture e contrastanti interpretazioni, che non a caso si concentrano negli anni immediatamente dopo la ‘profezia’ di Müller12; non si tratta di ‘commedie’ vere e proprie, ma di testi che virano in senso grottesco o parodico il conflitto ‘edipico’ e i rapporti fra i personaggi. La tendenza a sconfinare nella commedia, o nella tragicommedia, segna fortemente tre opere immediatamente successive, in linea cronologica, alla frase di Müller: La morte della Pizia dello svizzero Friedrich Dürrenmatt (Das Sterben der Pythia, 1976), Edipus del lombardo Giovanni Testori (1977), Alla greca del britannico Steven Berkoff (Greek, 1980).13 Tutte e tre appaiono retrospettivamente capaci di segnare un’epoca e precorrere i tempi, influenzando in vario modo gli autori successivi. Da quel decennio in poi, difatti, si moltiplicano versioni paradossali o tragicomiche del mito di Edipo: differenti tra loro, per provenienza e lingua, ma capaci di contaminare elementi tragici e patetici con altri di natura spuria rispetto alla tragedia greca, se non decisamente comici. Vale la pena di cominciare da Friedrich Dürrenmatt non solo per la priorità cronologica, ma per la radicale brutalità con cui destruttura il mito di Edipo riservandogli un’opera di assoluto rilievo nella sua produzione critica e drammaturgica: La morte della Pizia non è un dramma vero e proprio, ben11 George Steiner, “Tragedy, pure and simple”, in Silk (a cura di), 1996, p. 545. Nello stesso periodo cambiamenti altrettanto importanti caratterizzano anche i primi due personaggi tragici, Elettra e Oreste, menzionati dal drammaturgo tedesco: tra il 1975 e il 1985 si concentrano in diversi Paesi europei le Orestee di Luca Ronconi, Peter Stein, Peter Hall, Karolos Koun; in Italia Pasolini dirige il film Appunti per un’Orestiade africana (1969-73), e a Gibellina le Orestiadi si inaugurano con la trilogia siciliana scritta da Emilio Isgrò e diretta da Filippo Crivelli (1983-1985). In anni più recenti vale la pena di ricordare la regista francese Ariane Mnouchkine, (Les Atrides, 1990-1992) e in Italia i registi Elio De Capitani (Eumenidi. Appunti per un’Orestiade italiana, da Eschilo-Pasolini, Milano, 2000), Antonio Calenda (Teatro Greco di Siracusa, 2003), Vincenzo Pirrotta con le sue Eumenidi liberamente tradotte in siciliano da Eschilo-Pasolini (Orestiadi di Gibellina, Venezia, 2004). Si vedano rispettivamente per i primi tre Bierl, 2004 e Treu, 2009, per Pirrotta Treu, 2005, pp. 198-201, per Isgrò Treu, a cura di, 2011 13 Su Testori, oltre al contributo di Anna Beltrametti in questo stesso volume, si vedano Testori, 1977, Paduano, 2008, pp. 178ss., la bibliografia in Dall’Ombra, a cura di, 2007. 12 011_treu.indd 287 04/04/13 21:20 288 Martina Treu sì un’opera intermedia tra narrativa e saggistica, nata in un contesto ibrido e non definibile con precisione, come del resto è ambiguo il genere stesso della ‘tragicommedia’. Questo termine ci pare si presti perfettamente a designare l’intera opera di Dürrenmatt per la sua poetica ironica e disincantata, sarcastica e grottesca, eppure umanamente partecipe e simpatetica. La stessa mescolanza di generi che caratterizza il ‘nostro’ Edipo si addice anche alla personalità stessa dell’autore, poliedrica e inafferrabile: romanziere, drammaturgo e critico, ma anche pittore e disegnatore di talento e prolifico, autore di numerosi dipinti, disegni e schizzi, con una propensione alle allegorie e caricature di tipi umani14. Il complesso rapporto dell’autore svizzero con il mondo antico, con la storia e la letteratura classica, in particolare con i generi drammatici, è da tempo oggetto di studi critici15. Commedia e tragedia greca ricorrono frequentemente negli scritti teorici di Dürrenmatt come termine di confronto, anche polemico; non solo molte sue opere drammatiche (I Fisici, Romolo il grande, La visita della vecchia signora), ma radiodrammi, romanzi e racconti come La promessa richiamano in vario modo il mondo classico, o lo presuppongono indirettamente come fonte d’ispirazione o pietra di paragone16. Quando Dürrenmatt attinge a componenti e moduli costitutivi del dramma classico, solitamente, lo fa con l’intento di scardinarli ‘dall’interno’, svuotarli dell’originario significato e crearne uno del tutto nuovo. Questo procedimento si può osservare con chiarezza nel nostro caso, ossia la sua versione della storia di Edipo: in origine un’appendice, prosecuzione o filiazione narrativa di alcune riflessioni sulla letteratura e sull’arte. La morte della Pizia infatti nasce dalla costola di un lungo scritto, Il complice, compreso in un volume miscellaneo intitolato in italiano Lo scrittore nel tempo, dove l’autore raccoglie appunti, discorsi e riflessioni critiche, ma anche fondamentali premesse teoriche, sulla sua opera17. Qui, come sempre in Dürrenmatt, sono analizzati i meccanismi oscuri e universali che regolano le vicende umane, determinando varie peripezie, in testi letterari e drammatici di ogni tipo. In particolare, per l’autore, il senso del tragico è strettamente connesso all’idea di ‘necessità’ sottesa alla storia, identificata di volta in volta con un dio, fato o destino. Dürrenmatt dichiara 14 Si veda il catalogo della mostra Dipinti e disegni, Dürrenmatt, 2003. Si veda da ultimo il contributo di Roberto De Pol, I generi classici “tragedia” e “commedia” in Friedrich Dürrenmatt in A loni, Bertini, Treu, a cura di, 2009, pp. 1041-43. 16Per Romolo il Grande, e le sue riedizioni moderne, si veda il saggio di Filippo Carlà in Castillo, Knippschild, García Morcillo, Herreros, 2009, pp. 93-104; sui rapporti con Aristofane cf. Dürrenmatt, 1998, pp. 20-22. 17 Si vedano Dürrenmatt, 1982 e www.friedrichdurrenmatt.com. 15 011_treu.indd 288 04/04/13 21:20 Ridere di Edipo289 con la consueta verve polemica di voler togliere di mezzo ogni istanza superiore all’uomo, perfino quella causalità logica e rassicurante implicita in generi letterari anche moderni, ad esempio nel romanzo poliziesco tradizionale che si chiude di norma con lo scioglimento del ‘giallo’ e l’individuazione del colpevole. Spazzate via tutte queste sovrastrutture e garanzie, l’autore le sostituisce con un’altra istanza: il caso. Le conseguenze filosofiche, drammaturgiche e narrative dell’operazione sono radicali. La soluzione di un’indagine poliziesca, ad esempio, in Dürrenmatt non è data per scontata, come naturale corollario di un teorema costruito sugli indizi, ma è messa in discussione nel racconto La promessa, dal significativo sottotitolo Requiem per un romanzo giallo. Anche i modelli classici sono sottoposti a un analogo stravolgimento, con la negazione del ruolo tradizionalmente assegnato a istanze superiori e provvidenziali (dèi o destino), ad agenti esterni e soprannaturali, alla consequenzialità logica e ‘necessaria’ che dovrebbe governare le vicende umane. Con questo spirito, lucido e provocatorio, gli archetipi sono smontati e ricostruiti sin dalle fondamenta finché la vicenda tragica cessa di essere esemplare, misteriosa e insondabile, e diventa qualcos’altro: una storia tragicomica. Per dimostrare la sua tesi, l’autore non potrebbe scegliere una ‘cavia’ migliore di Edipo: segnato sin dal concepimento da un oscuro e imperscrutabile disegno, simbolo per eccellenza del fragile e inspiegabile mistero che è la vita umana. Il risultato del suo esperimento viene pubblicato come racconto autonomo – La morte della Pizia – e più volte ristampato con grande successo, ma si può apprezzare al meglio leggendo le pagine precedenti e seguenti della pubblicazione originale. Qui troviamo la speculazione teorico-critica che sostiene e integra il tessuto narrativo, e in particolare le considerazioni introduttive che meritano una citazione estesa18. Per quanto si indaghi sull’io, al fondo di tutte le risposte possibili rimane un residuo che sfugge a qualsiasi risposta, svanisce in una sfera oltre la lingua. Così si ritorna incessantemente al punto di partenza, l’uomo è un singolo uomo, per questo è un enigma (...). Ma questa frase è anche una frase drammaturgica. Qualsiasi affermazione sull’uomo riguarda anche la drammaturgia, che tratta dell’arte di rappresentare l’uomo per mezzo del teatro, cosa che si può fare soltanto lasciandogli il suo mistero. Suona paradossale, dato che il compito del teatro si direbbe consista nello strapparglielo, questo mistero, nell’esplorare l’uomo, per mettere a nudo i motivi 18 I brani che seguono sono citati dalla versione integrale italiana pubblicata da Einaudi (Dür1982, pp. 151-225), e mancano nella più recente edizione Adelphi (Dürrenmatt, 1988), dove il solo nucleo narrativo è pubblicato come testo a sé. La trama del racconto è riportata sia da Paduano, 2008, pp. 175-77 (1994, pp. 223-27) sia da Paioni che cita alcune osservazioni di Dürrenmatt (Gentili e P retagostini, a cura di, 1986, pp. 294-96). renmatt, 011_treu.indd 289 04/04/13 21:20 290 Martina Treu delle sue azioni. Se così non fosse, ci si potrebbe limitare a portare sul palcoscenico puri e semplici avvenimenti (pp. 181-82). L’autore prende spunto da un evento apparentemente insignificante cui ha assistito – una lite tra due ragazzini per strada – per formulare le proprie riflessioni in forma dapprima teorica, poi narrativa, come preludio al vero e proprio racconto: A Mannheim, tornando in albergo, vidi due ragazzini dell’età di circa otto anni azzuffarsi con una ferocia che aveva qualcosa d’infernale, erano come due bestie avvinghiate in una stretta mortale (...) nessuno riusciva a capire cosa stesse accadendo, tutto era estraneo, ma proprio questo diede alla lotta dei bambini un carattere emblematico, molto più che se avessimo compreso l’incidente e capito quel che dicevano in turco, sempre che di turco si trattasse. (...) Quel che faceva difetto alla rissa sul largo marciapiede di Mannheim per essere «teatro» era la trasparenza; ma, per converso, l’impossibilità di conoscerne il motivo la rese angosciosa: divenne simbolo di qualcosa di irrazionale (...) Edipo accecato, che lascia a tentoni il suo palazzo, è un’immagine terribile, simbolo dell’ambiguità umana ancor più sconvolgente di quanto lo fossero quei bambini che si picchiavano, strozzavano, mordevano, graffiavano. Ma non Edipo accecato è la tragedia. La tragedia è nella via che lo portò all’accecamento. E il mistero di questa tragedia è il destino. È questo tragitto che occorre illuminare. Possiamo comprendere perché Edipo dovette cadere nel tranello. Ma perché e da chi questo tranello sia stato architettato resta imperscrutabile (...). L’enigma si è ritirato dalla trama nell’istanza che la governa (pp. 182-183). (...) Ma se vogliamo narrare la storia di Edipo eliminando la nozione di destino, dovremo sostituire a quest’ultimo il caso. E così l’enigma esce dal suo nascondiglio dietro la trama: comincia ad aggirarsi nei personaggi. (...) La tragedia greca si trasforma in tragedia shakespeariana; e questa, in realtà, si è già ribaltata in «commedia» (c.vo nostro), anche se il suo andamento s’incrudelisce. (...) Una trama pronosticabile non ammette il caso. Edipo come intreccio si mostra strettamente legato all’idea di destino. L’unica via d’uscita che ci rimane per strappare Edipo al destino è quindi quella di abbandonare la trama per rivolgerci ai suoi portatori, gli attori. Ciò significa che l’accento si sposta dall’oracolo alla persona che lo pronuncia, la sacerdotessa di Apollo, la Pizia. Visto così, per esempio, Edipo potrebbe essere stato vittima di una Pizia che aveva la luna di traverso (pp. 184-186)19. Si è evidenziata sopra in corsivo la frase riguardante la trasformazione della tragedia greca in tragedia shakespeariana (che notoriamente contiene anche elementi comici e grotteschi) e poi in ‘commedia’, decisamente divertente ancorché crudele. Queste premesse trovano conferma nel racconto 19 La frase immediatamente successiva all’ultima qui citata, che segna l’inizio del vero e proprio racconto, è la prima riportata dall’edizione italiana di Adelphi (Dürrenmatt, 1988). 011_treu.indd 290 04/04/13 21:20 Ridere di Edipo291 seguente e sono ribadite dal dialogo finale fra Tiresia e la Pizia, che salda il nucleo narrativo alla cornice teorica circostante: – La lotta tra noi due, Pannichide, la lotta tra il veggente e la Pizia, s’accenderà su tutti i fronti; la nostra, ancora, è una lotta emotiva, poco cerebrale, ma già si sta costruendo un teatro, già, ad Atene, un poeta sconosciuto sta scrivendo la tragedia di Edipo. Ma Atene non è il mondo, e Sofocle sarà dimenticato mentre Edipo vivrà sempre, come soggetto che ci pone un enigma (...) – La Pizia non diede più risposta, d’un tratto era scomparsa, pure Tiresia s’era dissolto nel nulla e con lui l’alba plumbea che pesava su Delfi, svanita anch’essa. Rimasero soltanto due ragazzi di pressappoco otto anni che s’azzuffavano, a Mannheim, sulla strada dell’albergo, adunghiati come bestie. (...) Fu per ricacciare quest’impressione nella sfera dell’innocuo che più tardi pensai a Edipo che esce, accecato, dal suo palazzo. (...) Nella tragedia greca, il destino minaccia l’uomo ma al tempo stesso lo sorregge, e l’uomo è tutt’uno col suo destino, che costituisce la sua peculiarità; nel mondo del caso, invece, egli è soltanto minacciato senza essere sorretto: di fronte al caso, che rappresenta l’imprevedibile, l’uomo non è più che una vittima (pp. 214-15). Su questi presupposti Dürrenmatt riscrive la storia di Edipo come una catena in apparenza casuale di eventi, determinati dai capricci del caso e dai mutevoli umori dei protagonisti. Provocatoriamente l’autore sceglie come punto di partenza l’oracolo di Delfi, tradizionale strumento della volontà divina, che nella sua visione perde ogni carattere sacrale: è solo un mezzo per ordire giochi di potere, oscuri maneggi e beghe dinastiche, tra i sacerdoti e lo stesso Tiresia (la stessa accusa è rivolta all’indovino, com’è noto, dal protagonista dell’Edipo Re sofocleo). A questo sistema corrotto e perverso di oracoli ‘pilotati’ tenta di sottrarsi, all’inizio del racconto, la Pizia del titolo: ossia la vecchia sacerdotessa di Apollo, che nella versione di Dürrenmatt è la prima a non credere alle proprie profezie. La sua Pizia, prima di chiudere il santuario a fine giornata, riceve di malavoglia un ragazzo che l’interroga sulle proprie origini: una domanda parecchio inflazionata, nota la vecchia tra sé, e gli predice “quanto di più assurdo e improbabile si possa immaginare” (p. 186). Naturalmente il malcapitato altri non è che Edipo, e la profezia “di assassinare il padre e di accoppiarsi con la madre” è destinata ad avverarsi: non però come il lettore si aspetta, bensì per vie imprevedibili e insondabili che verranno rivelate all’incredula protagonista nel corso del racconto, e permettono all’autore svizzero di esprimere pienamente il suo gusto per il paradosso, fino a giungere a sviluppi assurdi e inimmaginabili. Lo scrittore si diverte a frammentare e ricomporre la storia tragica in un valzer vorticoso di figure o ombre del passato che si avvicendano davanti alla 011_treu.indd 291 04/04/13 21:20 292 Martina Treu Pizia, prospettandole un caleidoscopio di punti di vista contrastanti, tanti quanti sono i personaggi della storia: ognuno di loro racconta a turno la propria versione dei fatti, personale e inattesa, in contrasto con le altre secondo una tecnica condivisa da molti autori, dal Pirandello di Così è se vi pare al regista Akira Kurosawa nel film Rashomon (1950). I racconti in sequenza si combinano, ma anche si contraddicono tra loro, come tessere di un mosaico che però non combaciano mai perfettamente. Non è possibile, per la Pizia o per il lettore, stabilire a chi credere, né sposare una tesi univoca. Non c’è una verità identificabile con una sola versione. Quel che conta è l’insieme, il quadro finale: un’immagine labirintica, frammentaria, complessa, affascinante, sintesi impossibile di varianti contrastanti. L’operazione di Dürrenmatt in quest’ottica ha radici antiche e si può anche ricondurre agli stessi meccanismi che sovrintendono la selezione e la formazione delle storie epiche e tragiche a partire dalla tradizione orale: i racconti tradizionali hanno solitamente molte versioni possibili e la scelta di una variante, piuttosto che di altre, risponde a esigenze funzionali del contesto oltre che a eventi accidentali. Nel caso di Edipo quella trama che Aristofane riduce ai minimi termini, nel passo delle Rane sopra citato, è una serie infinita di segmenti modulari intercambiabili e variazioni sul tema.20 Su queste premesse, insite nella costruzione stessa del racconto mitico, Dürrenmatt inventa nuove storie e intrecci sempre diversi, ottenendo così un effetto di accumulo. La ‘coazione a ripetere’ inflitta ai personaggi rende le loro vicende ridicole e al tempo stesso profondamente tragiche, in quanto le priva di un senso ultimo, le sottrae al conforto rassicurante di ogni istanza superiore, quale il destino o la fede21. Ricorro a una suggestione personale – il video Der Lauf der Dinge degli artisti svizzeri Fischli e Weiss – per sintetizzare la riflessione teorica che ispira La morte della Pizia, e il meccanismo narrativo su cui il racconto si 20 Si veda il citato articolo di Serra in Avezzù, a cura di, 2008, p. 408. La morte della Pizia non sia un dramma in senso proprio, aggiungerei, la teatralità si avverte ovunque, nella sfilata dei personaggi e nel ritmo dei dialoghi, tanto vivaci da prestarsi bene alla messinscena. Ne danno conferma diverse trasposizioni e riduzioni teatrali del racconto, tra cui La verità impossibile, scritta e interpretata dagli studenti del Liceo Celeri di Lovere (BG) coordinati da Onelia Bardelli (2005, ripresa al Piccolo Teatro di Milano il 3 ottobre 2012). Al marzo 2006 risale invece un’altra trasposizione da Dürrenmatt, Edipo Rebus, scritta da Paolo Pasquini e Corinna lo Castro, rispettivamente regista e interprete (Teatro Cometa Off di Roma). La trasposizione sulla scena è del resto legittimata dalla contiguità che lega le opere drammatiche, teoriche e narrative e perfino pittoriche di Dürrenmatt in un corpus variegato ma coerente. Non stupisce dunque che molti suoi racconti e romanzi siano oggetto di riduzione teatrale o cinematografica. Ad esempio si deve a Franca Valeri un adattamento del racconto La morte di Socrate (La vedova Socrate) incluso in un volume intitolato non a caso Tragedie da ridere, per il carattere tragicomico di questo e altri testi (Valeri, 2003). 21Sebbene 011_treu.indd 292 04/04/13 21:20 Ridere di Edipo293 costruisce22. Le immagini mostrano oggetti di uso comune che si muovono, si urtano, producono reazioni a catena secondo un disegno preordinato e governato da una regia occulta, come il destino. Il risultato è ipnotico e sorprendente. Dall’ordine iniziale tutto si avvia verso il disordine, in una successione vertiginosa che fa sorridere o ridere. La ripetizione rassicura, la variazione diverte, ma si si avverte anche un senso crescente di angoscia: perché il processo di distruzione, una volta avviato, non si può più fermare. Ineluttabile. Distruttivo. Rovinoso e ridicolo, comico e tragico insieme. Questi aggettivi si possono applicare alle opere dei due artisti svizzeri e del loro connazionale Dürrenmatt. Tutto è concatenato, nel video come nel racconto: nessun dettaglio della reazione a catena, né dell’architettura narrativa, si può cambiare o spostare senza che l’assetto generale sia alterato e il fragile equilibrio sia compromesso per sempre. Come ricorda Tiresia alla Pizia: “Tutto è collegato. Tocchi una parte, e si muove tutto” (Dürrenmatt, 1982, p. 205; cfr. Dürrenmatt, 1988, p. 48). Un ingranaggio inarrestabile stritola le cose, e fuor di metafora l’uomo, e nonostante questo – o forse proprio per questo – ci fa ridere. Il segreto dell’arte tragicomica sta forse precisamente qui, nell’accorto dosaggio di ingredienti contrastanti, nel costante equilibrio tra gli estremi. Nell’intera opera del drammaturgo svizzero si alternano e si affiancano in modo complementare un’ironia sarcastica e tragica, una risata amara sulla tragica assurdità della vita, un sorriso beffardo, simpatetico e condiviso. Una perfetta espressione dell’umorismo ‘dolceamaro’, tipico dell’autore svizzero, è a nostro avviso il riso con cui gli stessi personaggi del racconto scherniscono gli interlocutori in due momenti-chiave: dopo che Edipo cieco ha raccontato la sua storia alla Pizia, nel loro secondo incontro, lei si ricorda dello “scherzo madornale col quale aveva inteso togliere a Edipo una volta per tutte il vizio di credere agli oracoli”. Scoppia a ridere, e il suo riso si dilata “all’infinito”, prosegue anche dopo che Edipo se n’è andato, termina bruscamente quando la Pizia si rende conto che l’accaduto non può essere frutto del caso (Dürrenmatt, 1982, p. 192; cfr. Dürrenmatt, 1988, p. 21): qui si condensa il senso del racconto e inizia la ricerca della verità che si concluderà, simmetricamente, con l’apparizione della Sfinge. Anche quest’ultima ride a più riprese, nel rispondere a Tiresia, nel ricordare le vittime del suo indovinello, nel congedarsi dalla Pizia in questo modo: “La sfinge si mise a ridere, come prima aveva riso la Pizia di fronte 22Cf. Fischli & Weiss, 1987: oltre al DVD in commercio si trova online su Youtube. Il titolo tedesco significa La corsa delle cose, ma fuor di metafora potremmo tradurlo Il corso degli eventi (il titolo inglese è infatti The way things go). 011_treu.indd 293 04/04/13 21:20 294 Martina Treu a Edipo, e anche il suo riso crebbe all’infinito, persino quando le leonesse tornarono ad assalirla continuò a ridere, e anche quando le strapparono di dosso il vestito bianco e la dilaniarono, rideva ancora (…) il riso si spense quando le leonesse, leccate le ultime gocce di sangue, scomparvero” (Dürrenmatt, 1982, p. 211; cfr. Dürrenmatt, 1988, p. 62)23. Qui, più che mai, l’autore tocca i vertici del tragico e del comico insieme: il dialogo giocoso, con battute spesso surreali, sfiora sovente l’orrore; non attenua né oscura affatto, ma al contrario esalta, la profonda tragicità della storia. Questa diviene in fondo ancora più angosciosa, se possibile, proprio per la dichiarata presa di distanza da ogni logica o necessità, per l’assenza conclamata di qualsiasi entità sovrumana o divina, per la rinuncia in partenza alla ricerca di un senso o fine ultimo, perfino di una verità unica e indubitabile: “La verità esiste solo per quanto non la rimestiamo” (Dürrenmatt, 1982, p. 212; cfr. Dürrenmatt, 1988, p. 64). Le disavventure di Edipo appaiono comiche nella loro incoerenza e inutilità, dolorose e tragiche nell’esito: i protagonisti non solo si illudono e si tradiscono reciprocamente, ma finiscono per ingannare anche se stessi. Così l’autore ha modo di evidenziare l’assurdità della vicenda e la profonda infelicità di tutti i suoi personaggi che si ritrovano beffati e delusi senza una vera ragione. Con la sua logica spietata, degna del teatro dell’assurdo, la tragicommedia di Edipo immaginata da Dürrenmatt è perfettamente in linea con la sensibilità moderna, non solo in campo letterario, ma anche filosofico e artistico. Esprime bene lo ‘spirito del tempo’ che contraddistingue la frase di Müller e altri autori di quegli anni: tra questi, i citati Testori e Berkoff sono accomunati da diversi aspetti formali e di contenuto, quali la comicità grottesca, l’ambientazione bassa e l’estrazione popolare dei protagonisti, l’esuberanza smodata e la fisicità iperbolica, specialmente in campo sessuale, l’uso creativo della lingua che mescola raffinatezze linguistiche e licenze poetiche con forme dialettali (Testori) e slang (Berkoff), il ricorso a turpiloquio e insulti coloriti, in particolare nelle violente invettive di Edipo contro il padre24. Vale 23 Così commenta a riguardo Paduano (2006, p. 210): “Muore dal ridere, ma muore; nella sua vicenda si compie un circolo logico, che suona: è ridicolo pensare di essere più forti del destino, ma il ridicolo è più forte del destino”; e il distico successivo (che tradotto suona “L’avvenire ti dirà se la Sfinge morendo / piange della sua sconfitta o ride della sua vittoria”) sintetizza l’ambiguità, o alternativa ancora aperta, che di fatto troverà risposta nei due atti seguenti del dramma di Enescu: “il terzo, ispirato all’Edipo Re, rappresenterà la vittoria – dunque provvisoria – del Destino; il quarto – ispirato all’Edipo a Colono, la vittoria – dunque definitiva – dell’Uomo” (Paduano, 2006, p. 211). 24 Alla tradizione comica antica sono riconducibili a nostro avviso alcuni ‘moduli’ o tecniche drammatiche, quali lo scontro tra padre e figlio che in Berkoff diviene un vero e proprio agòn, duello ‘all’ultimo insulto’, senza armi all’infuori delle parole. Per la versione inglese del dialogo si veda M acintosh, 2009, pp. 178-179. Per la traduzione italiana si veda Berkoff, 1991, pp. 41ss. 011_treu.indd 294 04/04/13 21:20 Ridere di Edipo295 la pena di chiedersi se e in che misura questi autori si siano influenzati a vicenda, vista anche la comune apologia dell’incesto e dell’amore carnale per la madre: un ritorno all’utero materno che soprattutto in Berkoff assume un tono gioioso e trionfante, un vero sfogo liberatorio in aperta contrapposizione alla morale comune e alla famiglia tradizionale. Questa versione dell’happy end di matrice non cattolica, e tipicamente anglosassone, costituisce anche un ideale ponte verso il futuro: difatti la ripresa di temi incestuosi di ascendenza già euripidea anticipa tendenze contemporanee, soprattutto della drammaturgia britannica, che si svilupperanno nei due decenni successivi25. Basti citare, tra gli esempi noti, la riscrittura radicale dell’Ippolito euripideo da parte di Sarah Kane (L’amore di Fedra, Phaedra’s love, 1996) con la sua esplicita dissacrazione della famiglia inglese, inclusa quella Reale, e con la provocatoria celebrazione della sessualità incestuosa 26. Negli anni successivi queste tendenze si affermano anche oltre i confini inglesi: per limitarci all’Italia, il Teatro dell’Elfo mette in scena Alla Greca nel 1994 (ripreso nel 2003)27 e l’anno dopo un’altra variante di Edipo tragicomico, con la regia di Andrea Taddei (già scenografo di Alla Greca) e la drammaturgia dello stesso Giuseppe Manfridi (traduttore di Berkoff in italiano insieme con Carlotta Clerici). Il dramma di Edipo diviene qui una pochade irriverente e brillante, sboccata e scabrosa, intitolata Zozòs, ossia ‘piccioncini’: piena di doppi sensi, come già l’originale sofocleo, ma tutti di segno rigorosamente comico e osceno. Il dramma conosce un notevole successo e viene tuttora tradotto e messo in scena in diverse lingue, tra cui si segnala la versione inglese di Colin Teevan, intitolata Cuckoos, diretta da Peter Hall, in scena al Gate Theatre di Londra nel 2000 e bene accolta dalla critica inglese28. Sempre in Inghilterra possiamo citare altre riscritture comiche recenti del mito di Edipo, che confermano la sua capacità di adattarsi a nuovi conte25 Le riprese e filiazioni da Berkoff, e in particolare l’omonima opera lirica di Mark-Anthony Turnage (Greek, 1988) sono state analizzate da Jesus Carruesco (Università di Tarragona) nell’intervento al laboratorio di drammaturgia antica Edipo e Anti-Edipo (unipv.it/crimta). 26 Su questi temi, e in particolare su Fedra, cfr. Susanetti, 2005, pp. 270-71 e Susanetti, 2006; sull’Ippolito euripideo (di recente allestito dall’INDA nella stagione 2010 col significativo titolo Fedra) si vedano i contributi pubblicati su Prometeus, rivista online sul sito indafondazione.org, e presentati al convegno INDA “Le ragioni della follia. La vergogna e la colpa” (Molino Stucky, Venezia, 18-19 marzo 2010). 27 Per questo spettacolo cfr. Treu, 2005, pp. 72, 86, 87 e Treu, 2009a, pp. 72-73. Si veda anche stevenberkoff.com. 28 Zozòs di Giuseppe Manfridi. Con Alida Giardina, Danilo Nigrelli, Matteo Chioatto. Regia di Andrea Taddei. Produzione Teatridithalia in collaborazione con Asti Teatro 16. Teatro Portaromana, Milano. Stagione teatrale 1994/95. Per la versione italiana si veda giuseppemanfridi.it. Per la versione inglese si veda M acintosh, 2009, pp. 162, 188, 189. 011_treu.indd 295 04/04/13 21:20 296 Martina Treu sti e generi – come il teatro musicale o musical – e di volta in volta spingono il testo in direzione della commedia, del grottesco e dell’assurdo. Per esempio la compagnia irlandese Pan Pan mette in scena prima allo Smock Alley Theatre di Dublino (2006) poi al Riverside Studio di Londra (2008) Oedipus loves you, scritto da Simon Doyle e Gavin Quinn, e diretto dallo stesso Quinn: lo spettacolo, come riporta il sito della compagnia, è “ispirato dalle tragedie di Sofocle e Seneca e dai testi di Sigmund Freud”; a quest’ultimo è ironicamente attribuito lo slogan, sempre visibile sul sito: “Come to the theatre... bring your mother... it’s a great night out... (Sigmund Freud).” Altrettanto dissacrante è il lavoro decennale su Edipo del regista e musicista inglese Zachary Dunbar, iniziato nel 1995 con un’opera-oratorio e tuttora in corso. I tre rifacimenti del testo sofocleo finora prodotti, ironici e surreali, mescolano alla vicenda edipica spunti di satira contemporanea, come la denuncia delle ipocrisie religiose, del perbenismo tipico delle società chiuse, delle derive della moderna globalizzazione: così di volta in volta Tebe diventa una piccola cittadina del west americano, o del Texas, e la peste assume il volto della psicosi scatenata anni fa dalla cosiddetta ‘Mucca Pazza’29. Negli stessi anni, tornando in Italia, si segnala tra le versioni tragicomiche lo spettacolo edipo.com, scritto da Gioele Dix con Sergio Fantoni e interpretato dallo stesso Dix e da Luisa Massidda (prima rappresentazione al Teatro Vittoria, Roma, 2004). In teoria è una commedia, di tono leggero e disimpegnato, adatta a un pubblico moderno e non necessariamente colto: ma un’attenta lettura rivela una più ampia varietà di toni, un equilibrio instabile e altalenante tra serio e giocoso, tra commedia e dramma. Il protagonista Anselmo è ricoverato in una clinica, per un non precisato male, e condannato alla routine dei trattamenti medicali. Ha però con sé un libro, l’Edipo re, che legge ad alta voce, con commenti e riflessioni, all’infermiera che lo visita periodicamente; quest’ultima si fa via via coinvolgere nella lettura e alla fine si presta a recitarne alcuni passi, sempre intervallati da commenti ironici e inserti propriamente comici. In questo modo le disavventure del protagonista fanno da contrappunto a quelle di Edipo, mentre passato e presente, finzione e realtà si intrecciano e si confondono30. Tra le riscritture recenti vale la pena di citare un altro ibrido tra antico e moderno, tra comico e tragico: Edipostanco, monologo scritto, diretto e 29 Si vedano rispettivamente i siti panpantheatre.com (per Oedipus loves you) e zebfontaine.com per gli spettacoli di Zachary Dunbar (Texas Eddy, 1995; Delphi, Texas, 2005; The Cows come Home, 2008). 30 Si vedano la prefazione al testo in Dix e Fantoni, 2006, pp. 9-12 e l’analisi in McD onald, 2004, p. 235, entrambe a firma di Umberto Albini. 011_treu.indd 296 04/04/13 21:20 Ridere di Edipo297 interpretato da Marco Grossi31. Lo spettacolo combina due generi – tragedia greca e commedia dell’arte – che di norma non sono frequentati dallo stesso pubblico, né solitamente praticati dagli stessi attori, ancor meno utilizzando quell’oggetto scenico e simbolico che accomuna entrambi sin dalle origini: la maschera32. Quest’ultima è invece motore e fulcro dello spettacolo di Grossi, che racconta la saga tebana mescolando efficacemente termini dialettali, stilemi del cunto siciliano, grammelot e giochi di parole, e ritagliando dai drammi antichi le parti del nunzio o messaggero anonimo (in greco ànghelos)33. Grossi lo sceglie come punto di vista privilegiato (pur dando voce anche al coro e agli altri personaggi) in quanto racconta fatti che a prima vista riguardano estranei, ma in realtà comunica a livello intuitivo ed emotivo le ragioni intime dei personaggi e i sentimenti individuali e collettivi; anche in questo spettacolo i momenti comici si alternano efficacemente ad altri patetici, fino all’intenso finale dove riso e pianto si combinano alla perfezione. La nostra rassegna, in conclusione, ci ha permesso di verificare come l’affermazione di Müller nel 1975 preannunci fermenti che segnano la scena internazionale dalla seconda metà degli anni settanta a oggi, specie per quanto riguarda Edipo. Alcuni rifacimenti coevi di Müller – Dürrenmatt per primo – anticipano tendenze destinate a svilupparsi nei decenni successivi: piegano la vicenda alle proprie esigenze, modificando la sequenza e relazione degli eventi, gli antefatti, i rapporti tra il protagonista e gli altri personaggi; cambiano, tagliano o aggiungono parti anche sostanziali, incluso il finale, e comunque ne rovesciano il segno. Dürrenmatt, su cui ci siamo concentrati, fa vacillare i presupposti stessi della storia, rendendo Edipo vittima di una Pizia lunatica, per accentuare l’isolamento dell’eroe, e dell’uomo, togliergli il conforto di un destino, ancorché maligno, di un senso ultimo o di un’istanza 31 Edipostanco, scritto, diretto e interpretato da Marco Grossi. Luci Alberto Costantini. Consulenza scenografica Eva Stomper Studio. Collaborazione organizzativa Maria Castelletto. Maschera realizzata da Marialaura Bonocore (3 febbraio 2010, Teatro Verdi di Milano: cf. i siti teatro.org e sipario.it per le recensioni rispettivamente di Luigi Orfeo e Paola Polidoro). Grossi, attore e regista, ha lavorato tra gli altri con Ronconi nel Sogno e nel dittico Odissea: doppio ritorno, già oggetto di acuta analisi e puntuale confronto in Iannucci, 2007 e 2010. Ha inoltre partecipato nel 2007 a un’edizione dell’Edipo Re diretta dall’attore Franco Branciaroli che a sua volta è stato protagonista di un Edipo Re (regia di Antonio Calenda, prima nazionale 1 aprile 2009). 32 Un’eccezione tra gli attori italiani è il versatile Marcello Bartoli, che oltre ai ruoli della commedia dell’arte ha interpretato – anche con la maschera – molti personaggi comici antichi e moderni (si veda indafondazione.org). 33 Sul messaggero o ànghelos si veda Rosa, a cura di, 1992, in particolare per i saggi di Antonio Aloni sull’epica (Le scene di annuncio in Omero, pp. 39-69) e Dario Del Corno sulla tragedia (Gli angeli laici: realtà e parola nei messaggeri della tragedia greca, pp. 71-78). Sull’ànghelos tragico negli allestimenti moderni si veda anche Treu, 2009b, pp. 84ss. 011_treu.indd 297 04/04/13 21:20 298 Martina Treu superiore. Il protagonista di Berkoff, al contrario, parte da una situazione iniziale squallida e deprimente per approdare al successo personale in affari e in amore. C’è chi punta sul grottesco e sul patetico, come Testori o Grossi, mentre Dix e Fantoni caricano i lati comici del personaggio riducendo le sue colpe a debolezze più comuni e non estranee agli spettatori moderni: fanno così leva sull’empatia e sulla compassione, in qualche modo ‘salvano l’anima’ a lui e a noi stessi. Tutti gli autori considerati, ricorrendo al comico o tragicomico, contribuiscono a rendere Edipo autenticamente ‘contemporaneo’ e fruibile da un pubblico più ampio e trasversale, con la mediazione della riscrittura e dell’allestimento. E in questo modo riescono a sottrarre l’eroe al suo destino più crudele e ineluttabile: non la cecità, ma l’oblio. Gli restituiscono quell’umanità che sembra aver perso in decenni di rifacimenti e riletture, soprattutto colte; gli garantiscono una nuova vita, dentro e fuori scena, ispirando a loro volta parodie e filiazioni tragicomiche, grottesche o decisamente comiche. In questo modo Edipo, più di altri personaggi tragici, gode di una straordinaria popolarità e si dimostra un archetipo tanto forte e persistente da valicare i confini della tragedia greca, delle sedi antiche e degli spettacoli classici: lo confermano le sue innumerevoli apparizioni anche recenti – sotto diverse forme e in ambiti eterogenei – di cui riportiamo qualche esempio nella rassegna che segue. Tra i ‘legittimi’ discendenti di Edipo tragicomico si annoverano anzitutto molti drammi o film dichiaratamente ispirati al mito, nella versione sofoclea o sue varianti, talvolta con l’aggiunta degli antefatti (per esempio l’Edipo Re di Pasolini)34. A un secondo livello possiamo collocare i figli illegittimi o ‘nipoti’, ossia le parodie indirette, o di secondo grado; Woody Allen ad esempio – che si rifà spesso all’antichità classica e alla tragedia greca per raffigurare complessi rapporti familiari, specie attraverso il filtro della psicanalisi – ricorre a Edipo per numerose citazioni dirette o indirette, più o meno estese: dalla commedia Dio (God, 1975) dove Fidippide deve portare un messaggio al re Edipo, all’ingombrante e incombente madre dell’episodio Edipo relitto nel film New York Stories (1989), al film La dea dell’amore (1995) dove la vicenda del protagonista, alla ricerca della vera madre di suo figlio adottivo, è scandita da intermezzi corali girati nel teatro antico di Taormina. Ancora più indiretto, ma ben riconoscibile, è il modello edipico nella saga di Guerre Stellari di George Lucas, dove il conflitto tra Luke e il suo 34 Si vedano i contributi dedicati al cinema in Citti- I annucci, a cura di, 2012 e i riferimenti in bibliografia (su Pasolini, in particolare, Fabbro, a cura di, 2004; Fusillo, 2007; Carlà, 2008; Castillo, Knippschild, García Morcillo, Herreros, a cura di, 2008, pp. 253-261). 011_treu.indd 298 04/04/13 21:20 Ridere di Edipo299 “Padre Oscuro” – (il ‘nome parlante’ inglese è Dark Vather) – ha talmente successo da indurre i suoi creatori a costruire una trilogia prequel incentrata su di lui (i cosiddetti “Episodi 1-3”). Il fascino dell’anti-eroe ‘nero’ è tale da elevarlo a sua volta ad archetipo, come dimostrano i numerosi epigoni e le svariate citazioni da parte di altri autori – una reazione a catena – nei modi e nelle forme più disparate: sono oggetto di parodia sia l’intera saga di Lucas (Balle spaziali di Mel Brooks, 1987), sia la scena specifica del riconoscimento tra Luke e suo padre, citato ad esempio nel cartone animato Pixar Toy Story (1995) e in un episodio dei Simpson (III serie, numero 12: dopo aver visto Guerre stellari Homer, uscendo dal cinema, commenta ad alta voce la vera identità del padre oscuro, e così ‘guasta’ il finale agli spettatori in coda per lo spettacolo successivo). Tra le filiazioni indirette vale la pena di citare infine un raro esempio di satira nostrana che ha per protagonista Edipo, e per di più in bilico tra teatro e altri media: dalla trasmissione televisiva RaiOt di Sabina Guzzanti, sospesa dopo la prima puntata nell’autunno 2003, scaturiscono il film-documentario Viva Zapatero! (2005) e lo spettacolo teatrale Reperto RaiOt (2004), pubblicato anche nella collana Bur Senzafiltro come libro e DVD (Guzzanti, 2005). In quest’ultimo l’autrice si ispira a un dibattito realmente accaduto tra Giuliano Ferrara e Aldo Grasso: il primo paragona la cosiddetta ‘tv del dolore’ alla tragedia greca, il secondo non solo non respinge il paragone, ma anzi ne fa puramente una questione di linguaggio ‘alto’; la Guzzanti raccoglie la sfida e inserisce l’eroe tragico tra i cosiddetti ‘casi umani’, morbosamente vampirizzati dalla tv-verità e sottoposti a un radicale ‘abbassamento’. Su queste premesse si basa l’immaginaria intervista a Edipo da parte dell’attrice – nelle vesti di Maria de Filippi – che ritrae impietosamente la conduttrice e i suoi interlocutori, riporta l’intera vicenda a una quotidianità surreale e triviale, fa del parricida incestuoso un perfetto esempio dei ‘mostri’ che ogni giorno si esibiscono in televisione – compatiti, derisi, assolti, consumati’ dal pubblico – suscitando al più momentaneo clamore, subito spento in una sostanziale indifferenza35. Questi ultimi esempi, qui solamente accennati, meriterebbero più attenzione per la varietà di genere e di linguaggio, per la grande distanza dal modello, per la fulminea brevità con cui vi alludono, senza che ne sia evidentemente precluso il riconoscimento da parte di un pubblico eterogeneo. La presenza anche implicita di Edipo, in simili contesti, conferma la popolarità dell’archetipo, da un lato, ma anche l’indubbia vitalità del filone comico o 35Cf. Guzzanti, 2005 e youtube.com/watch?v=zbe6tegTzUw per l’intervista a Edipo completa di premessa (il dibattito tra Aldo Grasso e Giuliano Ferrara). Ringrazio Patrizia Pinotti per la segnalazione. 011_treu.indd 299 04/04/13 21:20 300 Martina Treu tragicomico. Venticinque secoli dopo Aristofane, sembra allargarsi sempre più – ben oltre la cerchia dei classicisti – la nostra frequentazione non di uno, ma di tanti Edipi che riescono (perfino) a farci ridere36. Riferimenti bibliografici Albini U., 1972-1981. Interpretazioni teatrali da Eschilo a Aristofane, 3 voll., Firenze, Le Monnier. Albini U., 1987. Viaggio nel teatro classico, Firenze, Le Monnier. Aloni A., Bertini F., Treu M. (a cura di), 2009. Il lessico della classicità nella letteratura europea moderna, Volume I. La letteratura drammatica. Tomo II. La commedia, Roma, Treccani. Avezzù G. (a cura di), 2008. Didaskaliai. Tradizione e interpretazione del dramma attico, Didaskaliai, II, Verona, Fiorini. Berkoff S., 1991. Alla Greca. Decadenze (tr. it. di G. Manfridi e C. Clerici), Roma, Gremese. Berti I., García Morcillo M. (a cura di), 2008. Hellas on Screen. Cinematic Receptions of ancient History, Literature and Myth, Stuttgart, Franz Steiner Verlag. Bertolaso D., 2006. A proposito dell’Orestea di Eschilo sulla scena moderna, Annali Online di Ferrara - Lettere, vol. 2, 202/216 (annali.unife.it/lettere/2006vol2/ bertolaso.pdf). Bettini M., Guidorizzi G., 2004. Il mito di Edipo. Immagini e racconti dalla Grecia a oggi, Torino, Einaudi. Bierl A., 2004. L’Orestea di Eschilo sulla scena moderna. Concezioni teoriche e realizzazioni sceniche, Roma, Bulzoni. Blanchot M., 1969. L’entretien infini, Paris, Gallimard (tr.it. L’ infinito intrattenimento. Scritti sull’«Insensato gioco di scrivere», Torino, Einaudi, 1981). Cambiano G., Canfora L., Lanza D. (a cura di), 1992-1996. Lo spazio letterario della Grecia Antica, 4 volumi, Roma, Salerno editrice. Campanile A., 2009. Tragedie in due battute, Milano, Rizzoli (1ª edizione 1978). Carlà F., 2008. Pasolini, Aristotle and Freud: Filmed Drama between Psychoanalysis and ‘Neoclassicism’, in Berti, García Morcillo (a cura di), 2008, pp. 89-115. 36 La mia ricerca su Edipo è iniziata molti anni fa al Teatro Olimpico di Vicenza (si veda Curi Treu, a cura di, 1997, pp.13ss.), è continuata all’Università di Pavia con il CRIMTA (unipv.it/crimta) e nel citato convegno Edipo Classico e Contemporaneo: in ordine cronologico vorrei quindi ringraziare Umberto Curi e Maurizio Scaparro, Anna Beltrametti, gli organizzatori del convegno ravennate, Marco Grossi e lo staff del Teatro Verdi di Milano, Maddalena Giovannelli e Stratagemmi. 011_treu.indd 300 04/04/13 21:20 Ridere di Edipo301 Castillo P., Knippschild S., García Morcillo M., Herreros C. (a cura di), 2008. Imagines. La Antigüedad en las Artes Escénicas y Visuales, Logroño, Universidad de La Rioja. Cerri G., 2005. “La tragedia greca: mimesi verbale di un’azione verbale. Saggio di poetica”, Vichiana, serie IV, 7, pp. 17-36. Citti F., Iannucci A. (a cura di), 2012. Edipo classico e contemporaneo, HildesheimZurich-New York, Olms. Condello F. (a cura di), 2009. Sofocle. Edipo Re, Siena, Barbera. Curi U., Treu M. (a cura di), 1997. L’enigma di Edipo, Padova, Il Poligrafo. Dall’Ombra D. (a cura di), 2007. Giovanni Testori Bibliografia, Milano, ScalpendiAssociazione Testori. De Finis L. (a cura di), 1989. Scena e spettacolo nell’antichità, Atti del convegno internazionale di studio, Trento, 28-30 marzo 1988. Del Corno D. (a cura di), 1985. Aristofane, Le Rane, Milano, Fondazione Lorenzo Valla / Arnoldo Mondadori. Di Benedetto V., Medda E., 1997. La tragedia sulla scena, Torino, Einaudi. Dix G., Fantoni S., 2006. edipo.com, prefazione di U. Albini, Milano, Ubulibri. Dürrenmatt F., 1976. Das Sterben der Pythia incluso in Der Mitmacher. Ein Komplex, Zürich, Verlags AG Die Arche (tr. it.: Il complice. Testo e drammaturgia, in Lo scrittore nel tempo. Scritti su letteratura, teatro e cinema, Torino, Einaudi, 1982, traduzione di B. Baumbusch e G. Ciabatti. Ripubblicato come testo autonomo: La morte della Pizia, Milano, Adelphi, 1988, traduzione di R. Colorni). Dürrenmatt F., 1987. Il minotauro (tr. it. di U. Gandini), Milano, Marcos y Marcos. Dürrenmatt F., 1998. Theater., Essays, Gedichte, Reden, Zürich, Diogenes Verlag. Dürrenmatt F., 2003. Dipinti e disegni (catalogo della mostra: Locarno 4 maggio-17 agosto 2003; Bologna, 13 settembre-2 novembre 2003), Bellinzona, Casagrande. Fabbro E. (a cura di), 2004. Il mito greco nell’opera di Pasolini, Udine, Forum. Fischli P., Weiss D., Der Lauf der Dinge, DVD, 30 minuti, 1987, C-sales /éditions à voir (English edition The way things go, 1988, T&C Films AG), Flashar H., 1991. Inszenierung der Antike. Das griechische Drama auf der Bühne der Neuzeit 1585-1990. München, Beck. Fornaro P., 1989. Trapassato presente. L’appropriazione psicologica dell’antico attraverso la narrativa moderna, Pisa, Tirrenia-Stampatori. Fornaro P., Giovini M., Bertini F., Treu M. (a cura di), 2008. Il lessico della classicità nella letteratura europea moderna, Volume I. La letteratura drammatica. Tomo I. Tragedia e Dialogo. Parte I. La tragedia, Roma, Treccani. 011_treu.indd 301 04/04/13 21:20 302 Martina Treu Fusillo M., 2007. La Grecia secondo Pasolini. Mito e cinema, nuova edizione aggiornata, Roma, Carocci. Gentili B., Pretagostini R. (a cura di), 1986. Edipo. Il teatro greco e la cultura europea. Atti del convegno internazionale di Urbino, 15-19 novembre 1982, Roma, Edizioni dell’Ateneo. Girard R., 1973. Una analisi di Edipo Re, in Aa.Vv., La critica tra Marx e Freud, Rimini, Guaraldi, pp.119-159. Girard R., 1980. La violenza e il sacro (tr.it.), Milano, Garzanti. Guzzanti S., 2005. Reperto RaiOt (con DVD), Milano, Rizzoli. Iannucci A., 2007. “L’antro dei classici. A proposito di Odissea: doppio ritorno di Luca Ronconi”, Annali online di Ferrara- Sezione Lettere, II, pp. 240-255 (annali. unife.it/lettere/2007/vol.2/iannucci.pdf). Iannucci A., 2010. “Ipertesti omerici. Nostoi antichi e moderni tra Botho Strauss, Porfirio e Omero”, in Stratagemmi. Prospettive Teatrali, 12, pp. 85-110. Innes C.D., 1993. Avant-Garde Theatre, 1892-1992, London, Routledge. Lanza D. (a cura di), 1987. Aristotele, Poetica, Milano, Rizzoli. Lanza D., 1997. “La paura di Edipo” in La disciplina dell’emozione. Un’introduzione alla tragedia greca, Milano, Il Saggiatore, pp. 200-210. Leto T. (a cura di), 1994. Ombre della parola. Ottant’anni di teatro antico nella Siracusa del Novecento 1914-1994), catalogo della mostra INDA, Palermo, Arnaldo Lombardi Editore. Liverani E., 2009. Da Eschilo ai Virgin Steele. Il mito degli Atridi nella musica contemporanea, Bologna, D.U. Press. Macintosh F., 2009. Sophocles Oedipus Tyrannus, Cambridge, Cambridge U.P. Maiullari F., 1999. L’interpretazione anamorfica dell’Edipo Re. Una nuova lettura della tragedia sofoclea, Pisa-Roma, Ist. Editoriali e Poligrafici. Maiullari F., 2009. Il mito e le passioni. Introduzione alla mitologia greca e prospettive analitiche adleriane, Firenze, Le Monnier. Manfridi, G., 1990. Teatro, Roma, Gremese. McDonald M., 1999. Sole antico luce moderna (tr. it., Bari, Levante). McDonald M., 2002. Canta la tua pena. I classici, la storia e le eroine nell’opera (tr. it.), a cura di F. De Martino, Bari, Levante. McDonald M., 2004. L’arte vivente della tragedia greca (tr. it.), con il saggio L’arte vivente della tragedia greca in Italia di U. Albini, Firenze, Le Monnier. 011_treu.indd 302 04/04/13 21:20 Ridere di Edipo303 McDonald M., 2007. The dramatic legacy of myth: Oedipus in opera, radio, television and film, in The Cambridge Companion to Greek and Roman Theatre, ed. by M. McDonald and J. M. Walton, Cambridge, Cambridge U.P., pp. 303-326. Medda E., Mirto M.S., Pattoni M.P. (a cura di), 2006. Komodotragodia, intersezioni del tragico e del comico nel teatro del V secolo a.C. (Atti del convegno, Pisa, 24-25 giugno 2005), Pisa, Edizioni della Scuola Normale Superiore. Müller H., 1998. Werke 1. Die Gedichte, Frankfurt/Main, Suhrkamp Verlag. Paduano G., 2006. “Vittima e vincitore del destino: l’Oedipe di Enescu”, Dioniso, numero 5 N.S., pp. 204-213. Paduano G., 2008. Edipo. Storia di un mito, Roma, Carocci (nuova edizione aggiornata di Lunga storia di Edipo Re. Freud, Sofocle e il teatro occidentale, Torino, Einaudi, 1994). Pattoni M.P., Carpani R. (a cura di), 2004. Sacrifici al femminile. Alcesti in scena da Euripide a Raboni, Comunicazioni Sociali, Anno XXVI, Nuova Serie N. 3, 2004, Milano, Vita e Pensiero. Rodighiero A., 2007. Una serata a Colono. Fortuna del secondo Edipo, Verona, Fiorini. Rodighiero A., 2009. Cinema e mito classico, in Il mito nella letteratura italiana. V/1. Percorsi. Miti senza frontiere, a cura di Raffaella Bertazzoli, Brescia, Morcelliana, pp. 563-599. Rosa F. (a cura di), 1992. L’angelo dell’immaginazione, Trento, Università degli Studi. Serra G., 1994. Edipo e la peste. Politica e tragedia nell’Edipo Re, Venezia, Marsilio. Silk M.S. (a cura di), 1996. Tragedy and the Tragic. Greek Theatre and Beyond, Oxford, Oxford U.P. Stella M. (a cura di), 2010. Sofocle, Edipo Re, Roma, Carocci. Susanetti D., 2005. Favole antiche. Mito greco e tradizione letteraria europea, Roma, Carocci. Susanetti D., 2006. “La purezza dell’impuro. In margine a Sarah Kane, L’amore di Fedra”, Dioniso, numero 5 N.S., pp. 140-153. Synge J.M., 1962. The Playboy of the Western World, London, Unwin Books (ed. or. 1907). Testori G., 1977. Edipus, Milano, Rizzoli. Treu M., 1999. Undici cori comici. Aggressività, derisione e tecniche drammatiche in Aristofane, Genova, D.AR.FI.CL.ET. Treu M., 2005. Cosmopolitico. Il teatro greco sulla scena italiana contemporanea, Milano, Arcipelago Edizioni. 011_treu.indd 303 04/04/13 21:20 304 Martina Treu Treu M., 2009 a. Il teatro antico nel Novecento, Roma, Carocci. Treu M., 2009 b. “Mattatori e primedonne. La scena tragica e i suoi protagonisti in tre casi recenti, Stratagemmi. Prospettive Teatrali, 10, pp. 83-110. Treu M., 2009c. “Arrevuoto. Scampia-Napoli”, Stratagemmi. Prospettive Teatrali, 10, pp. 155-163. Treu M, 2010. “Il Re è Nudo. Edipo tragicomico”, Stratagemmi. Prospettive teatrali, 13, pp. 113-177. Treu M. (a cura di), 2011. Emilio Isgrò, L’Orestea di Gibellina e gli altri testi per il teatro, Firenze, Le Lettere. Valeri F., 2003. Tragedie da ridere. Dalla signorina snob alla vedova Socrate, Milano, La tartaruga edizioni. Vernant J. P.- Vidal Naquet P, 1976. Mito e tragedia nell’antica Grecia (tr. it.), Torino, Einaudi. Vernant J. P. - Vidal Naquet P., 1991. Mito e tragedia Due. Da Edipo a Dioniso (tr. it.), Torino, Einaudi. Whitton K.S., 1980. The Theatre of Friedrich Dürrenmatt, A Study in the Possibility of Freedom, London, Oswald Wolff / Atlantic Highland, N.J., Humanities Press. 011_treu.indd 304 04/04/13 21:20