Le vibrazioni nei cristalli I moti vibrazionali in molecole e cristalli vengono solitamente descritti come modi normali di vibrazione; questi discendono direttamente dall’applicazione del formalismo quantistico al moto atomico. Di seguito illustro brevemente i passaggi logici fondamentali che portano alla definizione dei modi normali e delle loro frequenze. Partiamo dal caso di una particella singola isolata dal resto dell’Universo. Rispetto a un sistema di riferimento in cui questa si muove con velocità v (e non è accelerata, poiché su questa particella non agiscono forze, essendo per definizione isolata da qualsiasi altro oggetto e, quindi, anche da sorgenti di forza), tale particella avrà impulso (quantità di moto) p = mv, dove m è la sua massa; l’energia cinetica della particella (energia di movimento) sarà T = p2/2m; questa è l’unica forma di energia associata a una siffatta particella. Ora, mettiamo una seconda particella nel nostro sistema: siano v1 e v2 le velocità delle due particelle, e m1 e m2 le loro masse; l’energia cinetica totale sarà: T= p12 p 22 + m1 m2 dove p1 e p2 sono le quantità di moto delle due particelle. Se esiste una forza di attrazione tra le due particelle avente forma F=k r12 , dove k è una costante e r12 è la distanza, a un dato istante, tra le due particelle, a questa sarà associata una energia potenziale della forma V = 1 k ⋅ r122 2 e l’energia totale risultante è E = T + V Una forza avente la forma su scritta (lineare con la distanza r) è per esempio quella che si ha per due masse legate da una molla, la cui resistenza alla trazione è descritta dalla costante k. Entro certi limiti (sostanzialmente, per r molto piccoli) una legge di forza simile vale anche per atomi chimicamente legati entro una molecola o cristallo. Il moto delle due masse così legate si chiama moto armonico; moti sottoposti a leggi di forza più complicate possono comunque essere trattati secondo l’approssimazione armonica della legge di forza se gli spostamenti delle masse dalle rispettive posizioni di equilibrio sono molto piccoli. In effetti, il potenziale V scritto sopra va modificato, o diversamente interpretato, proprio per tener conto di una separazione di equilibrio tra le due masse, ovvero di una distanza r12 alla quale le due masse hanno il minimo di energia potenziale: se d12 è tale distanza di equilibrio V = 1 k ⋅ ( r12 − d 12 ) 2 2 In tal caso l’espressione della forza viene modificata in r r F = k ⋅ ( r12 − d 12 )u r dove u è un vettore di modulo unitario (indica unicamente la direzione della forza). Quando r12 = d12 il potenziale V è nullo e l’energia ha un minimo. Questo è l’oscillatore armonico classico: le due masse si spostano lungo la loro congiungente, intorno alle rispettive posizioni di equilibrio, come indicato nella figura sottostante: le frecce indicano le oscillazioni di moto delle due masse aventi posizioni di equilibrio rappresentate dalle due linee verticali poste alla distanza d12; le ampiezze del moto (lunghezza delle frecce) delle due masse (A1d, A1s, ampiezze relative alla massa 1, nei due versi destro e sinistro rispettivamente; A2d, A2s grandezza analoghe relative alla massa 2) non sono necessariamente uguali: in generale A1d ≠ A2d e A1s ≠ A2s , ma A1d = A1s e A2d = A2s se il moto è armonico. r u m1 m2 Tra i possibili stati dell’oscillatore armonico, la meccanica classica prevede quello di quiete, in cui entrambe le masse sono ferme alla distanza di equilibrio; in tal caso l’energia totale dell’oscillatore è nulla. Nell’ipotesi di fissare ad una posizione specifica una delle due masse (sia m1), se l’altra (m2) viene allontanata dalla prima, e portata a una distanza r12 superiore a d12, l’energia potenziale del sistema aumenta secondo la formula su scritta per V; quanto tale massa viene rilasciata, questa r sotto l’azione della forza armonica (F diretta secondo il verso di u indicato in figura) accelera verso m1, aumentando la propria velocità e facendo così aumentare l’energia cinetica T (inizialmente nulla); quando la m2 raggiunge la posizione di equilibrio, l’energia potenziale va a zero, ma il valore dell’energia cinetica è salito allo stesso valore numerico che V aveva all’inizio; la massa continua allora la sua corsa verso m1, per inerzia, portando la sua distanza da questa a un valore minore di d12; così facendo, l’energia potenziale aumenta, ma T diminuisce fino al valore nullo (questo, per effetto della forza repulsiva esercitata da m1, per distanze m1-m2 minori di d12: infatti r12 – d12 è minore di zero, se r12 è minore di d12, e la forza cambia di segno, ovvero ha verso opposto rispetto a r u ), dopo di che il moto si inverte. Ciò che resta costante in questo moto vibrazionale è l’energia totale E=T+V. Se non interviene alcun meccanismo dissipativo che riduce nel tempo l’energia E del sistema, l’oscillatore è destinato al moto perpetuo (m2 continuerà a oscillare rispetto alla sua posizione di equilibrio, con la stessa ampiezza. L’oscillatore quantistico Un sistema di due masse legate da una legge di forza armonica, del tipo visto sopra (F = kr), oscilla intorno alla posizione di equilibrio con frequenza ν data da ν = 1 2π k 2µ m1 m2 m1 + m2 La meccanica quantistica predice per tale oscillatore l’energia (totale) dove µ è la massa ridotta del sistema: µ = 1 E = ( n + ) hν 2 dove n è un numero intero positivo, zero compreso. L’energia più bassa dell’oscillatore non è zero, come è possibile in meccanica classica, ma è quella che si ottiene ponendo n=0: E0 = 1 hν 2 (energia di punto zero). L’ampiezza e l’energia dell’oscillatore è dunque legata al valore di n. In un insieme fatto da una miriade di oscillatori identici (si pensi a un gas di molecole biatomiche identiche come N2 – azoto, oppure O2 - ossigeno), la loro distribuzione su tutti i possibili stati vibrazionali segue una legge statistica ben definita (distribuzione di Bose - Einstein) che è funzione della temperatura: tanto più alta è quest’ultima, tanto più alta è la probabilità che un dato oscillatore preso a caso nell’insieme sia in uno stato vibrazionale eccitato ad alto valore di n. Alla temperatura più bassa possibile (lo zero assoluto, 0K, che corrisponde a -273,15 °C), tutti gli oscillatori sono nello stato fondamentale con n=0 e hanno l’energia di punto zero; quindi, anche a 0K, gli atomi nelle molecole non sono fermi ma oscillano intorno alle loro rispettive posizioni di equilibrio. Se si fermassero, l’energia vibrazionale scenderebbe a zero, ma questo non è possibile perché la più bassa energia che ogni oscillatore può avere corrisponde a 1/2 hv. Questo vuol anche dire che l’oscillatore quantistico non può emettere alcuna radiazione elettromagnetica, poiché questa è indissolubilmente legata all’energia dei campi elettrici e magnetici associati: emettere radiazione significa perdere energia che però, se questa è già la minima possibile, non può essere persa… La meccanica quantistica si limita perciò a dire che l’oscillatore, qualunque sia la sua natura, si trova in stati stazionari che non cambiano nel tempo, a meno di perturbazioni esterne, s’intende. Riassumendo (ed estendendo…) 1) Entro qualsiasi struttura molecolare o cristallina gli atomi non sono fissi alle rispettive posizioni di equilibrio, ma oscillano intorno a queste. Ogni atomo non si muove indipendentemente dagli altri: i moti degli atomi sono collettivi e prendono il nome di modi normali di vibrazione. La forma dei vari modi (come si muovono gli atomi in ciascuno di essi) dipende dalle energie e dagli equilibri interni della struttura e dalla sua simmetria. La simmetria strutturale impone certi vincoli alla simmetria del potenziale (o se si preferisce, è la simmetria del potenziale interatomico che impone vincoli alla simmetria strutturale…) che, a propria volta, determina i vincoli sulla forma dei modi normali di vibrazione. Per esempio, nella molecola d’acqua (H2O) la forma dei tre modi normali, dettata dalla simmetria è come illustrata nella figura sottostante, dove le frecce indicano la direzione di spostamento degli atomi: abbiamo un piegamento (bending) e due modi di stiramento (stretching) di cui uno simmetrico (i due idrogeni si allontanano e si avvicinano contemporaneamente all’ossigeno) e uno asimmetrico (un idrogeno si avvicina mentre l’altro si allontana dall’ossigeno, e viceversa): O H H Bending Stretching simmetrico Stretching asimmetrico 2) Ogni modo normale ha una frequenza caratteristica associata: la frequenza è il numero di oscillazioni, nell’unità di tempo, che il modo normale effettua intorno alla posizione di equilibrio: un modo a 20THz, per esempio, effettuerà in un secondo un numero di oscillazioni pari a 20x1012. Approfondiamo ulteriormente l’argomento sulle vibrazioni cristalline e, per semplificare, riferiamoci al caso monodimensionale. Supponiamo di avere una semplice molecola lineare biatomica di cloruro di sodio (NaCl); la molecola ha due atomi quindi è associata a 3x2 = 6 gradi di libertà, di cui 3 sono traslazioni rigide, e 2 sono rotazioni: X Cl Na Z Y Nella figura, le tre traslazioni rigide sono lungo le direzioni X, Y e Z, e le due rotazioni sono intorno agli assi X e Y (quest’ultimo è perpendicolare al piano della figura). L’unico grado di libertà vibrazionale (6 totali -3 traslazioni -2 rotazioni) consiste nell’oscillazione intorno alle rispettive posizioni di equilibrio dei due ioni Na e Cl, nei versi indicati dalle frecce poste sotto gli atomi, lungo la direzione Z. Questo moto vibrazionale comporta l’allungamento e l’accorciamento della distanza Na-Cl (stiramento, stretching). Supponiamo adesso di prendere un sistema leggermente più complesso, ma ancora lineare: la molecola 4 atomi (NaCl)2: Na-Cl-Na-Cl. Qui abbiamo 3x4 = 12 gradi di libertà totali, e quindi 123-2 = 7 gradi di libertà vibrazionali; questi corrispondono ad altrettanti modi normali, ciascuno con la propria frequenza. Uno di questi modi sarà molto simile a quello già visto per la molecola biatomica NaCl: i due ioni sodio si muovono con la stessa ampiezza, nella stessa direzione e verso, ed esattamente l’opposto fanno i due ioni cloro: per esempio, ad un dato instante, i due Na si sposteranno verso destra, mentre i due Cl verso sinistra: Na Cl Na Cl o, lasciando solo le frecce (in rosso quelle relative a Na e in nero quelle relative a Cl): Poi ci sarà un modo del tipo in cui i due atomi di sodio si muovono in senso opposto l’uno rispetto all’altro, ed altrettanto fanno gli atomi di cloro. Alternativamente, potremmo dire che mentre la coppia di atomi, Na e Cl, alla sinistra della molecola, si avvicina, l’analoga coppia sulla destra si allontana (poi il moto si inverte al culmine dell’ampiezza di oscillazione). Oltre a quelli visti che sono tutti modi di stretching, ci sono anche quelli di bending (piegamento) che corrispondono a spostamenti dei vari atomi nelle direzioni X e/o Y, per esempio: ↑ ↓ ↑ ↓ In tal caso, ad un dato istante la molecola avrà una conformazione a zig-zag. Faccio notare che i modi di stretching avvengono lungo la direzione della molecola (asse Z), mentre quelli di bending avvengono nelle due direzioni perpendicolari. Possiamo più o meno facilmente immaginare cosa capita nel caso di una catena lineare molto lunga (NaCl)n (dove n è un numero molto grande): avremo 3xn – 5 gradi di libertà vibrazionali ripartiti tra i modi di stretching e quelli di bending. Al limite potremmo pure vedere le tre traslazioni come oscillazioni a frequenza nulla: se tutti gli atomi (sia di sodio, sia di cloro) si muovessero della stessa quantità, nella stessa direzione e verso, l’intera molecola traslerebbe… per esempio, la seguente è una traslazione (rigida) verso sinistra: ….. Ora, numeriamo gli atomi da sinistra a destra: 1 2 3 4 5 6 7 Nella traslazione, ogni atomo si muove in una data direzione di una certa quantità, sia questa x (il sodio 1 si sposta a sinistra di x; lo stesso accade al cloro 2, al sodio 3, ecc…). Se i vari atomi si spostassero di quantità diverse, la traslazione non sarebbe più rigida, perché inevitabilmente alcuni di essi si avvicinerebbero o allontanerebbero dagli altri. Lungo la catena, allora, per la traslazione abbiamo x costante. Che succede se x non è costante ma è funzione dell’atomo a cui si riferisce? Abbiamo una vibrazione di stretching! Scriviamo x(i) per indicare l’ampiezza di oscillazione intorno alla posizione di equilibrio dell’atomo i (con i, numero intero, che varia da 1 al numero 2n di atomi della catena). Potremmo esprimere tale numero x(i) con una qualche funzione periodica del tipo 2π z i x ( i ) = A cos λ dove zi è la posizione di equilibrio dell’atomo i lungo la catena (ad esempio, ponendo l’origine sull’atomo 1, per cui z1 = 0), A è l’ampiezza di oscillazione, e λ è la lunghezza d’onda caratteristica del modo. Se λ vale infinito (in pratica, se λ è un numero molto grande) il rapporto 2πz/λ tende a zero, da cui il coseno tende ad 1 e, di conseguenza, x(i) tende al valore costante A: ma questa è la traslazione rigida della catena lungo la direzione Z! Allora la traslazione della catena può essere vista come una particolare oscillazione a lunghezza d’onda infinita. Vediamo adesso il caso in cui λ vale 2d = 2(zi – zi-1). Si noti che nel nostro caso zi – zi-1 corrisponde proprio alla distanza di equilibrio di ogni coppia di atomi primi vicini; per esempio, se i=2, z2 – z1 è la distanza (d) tra il sodio 1 e il cloro 2, ma questa distanza (che è la distanza di equilibrio Na-Cl) è la stessa per tutte le coppie di atomi contigui Na e Cl. Allora abbiamo z1=0; z2=d; z3=2d; z4=2d… e conseguentemente 2πzi/λ = 0 (i=1), π (i=2), 2π (i=3),…, quindi, in definitiva: x(1)=A; x(2)=-A, x(3)=A, x(4)=-A… Gli atomi 1, 3, 5… cioè tutti gli atomi dispari, che sono tutti e soli gli atomi di sodio, si spostano nella stessa direzione, della stessa quantità A; tutti gli atomi pari (quelli di cloro) si spostano della medesima quantità, ma nel verso esattamente opposto (quantità –A). Questo è proprio uno dei modi vibrazionali di stretching visti sopra per la piccola molecola NaCl e (NaCl)2: possiamo considerarlo come uno stretching associato ad una lunghezza d’onda pari a 2 volte la distanza d, di equilibrio, Na-Cl. Ancora, la distanza 2d corrisponde a una caratteristica importante della nostra catena: Na --- Cl --- Na --- Cl --- Na --- Cl --- Na d d d d d d Precisamente, 2d è la più piccola distanza tra due atomi di sodio (o di cloro) e corrisponde alla lunghezza della cella elementare del nostro cristallo monodimensionale: ripetendo lungo la direzione Z tante unità (n unità) Na---Cl---, una affiancata all’altra, otteniamo infatti l’intera catena (NaCl)n avente lunghezza 2nd. Il lato della cella elementare vale proprio 2d, e tale cella contiene un atomo di sodio e uno di cloro. In definitiva, una vibrazione del tipo è una traslazione, cioè un modo di stretching a lunghezza d’onda infinita. Una vibrazione è un modo di stretching con lunghezza d’onda pari alla lunghezza della cella elementare. E una vibrazione del tipo a cosa corrisponde? Vediamo… consideriamo ad esempio il sodio (frecce rosse): il moto di questo si inverte passando da una cella elementare a quella vicina; questo vuol dire x(1) = A, x(3) = -A… da cui: cos (2πz1/λ)=1; cos (2πz3/λ)=-1;… ma allora 2πz3/λ = π, e quindi, poiché z3 = 2d, risulta λ = 4d. Tale moto vibrazionale è dunque uno stretching associato ad una lunghezza d’onda pari a 4d. In tal modo, tutti i modi vibrazionali di stretching vengono ad essere associati a onde caratteristiche le cui lunghezze (appunto, d’onda) variano tra 2d (la più piccola) e infinito, quest’ultima essendo corrispondente alla traslazione rigida dell’intera catena (in tal caso lungo Z). Continuando l’analisi, si osserva che quest’onda associata ad ogni modo vibrazionale modula l’ampiezza di oscillazione di ogni atomo da un valore zero (atomo fermo) a un valore massimo pari ad A. Tale onda di modulazione viaggia nella stessa direzione di oscillazione dei singoli atomi e viene, perciò, detta longitudinale. Considerazioni del tutto equivalenti valgono per i modi di bending e, poiché in tal caso l’onda di modulazione (ancora lungo Z che è la direzione di allungamento della catena) è perpendicolare alle direzioni di oscillazione degli atomi (queste ultime essendo lungo X e Y), vien detta trasversale. Per ogni lunghezza di modulazione abbiamo un’onda longitudinale e due trasversali (due trasversali rispetto ai moti atomici lungo X e Y). Per ragioni un po’ troppo difficili tra trattare ora, ma che potremmo vedere più avanti, i modi associati a lunghezza d’onda infinita o multipla di 2d (aventi quindi λ=∞, 2d, 4d, …) vengono detti di centro zona. Nel nostro caso, con riferimento ai modi longitudinali, abbiamo visto due diversi modi di centro zona: quello con λ infinita che corrispondeva alla traslazione del cristallo, e quello con λ=2d in cui tutti gli atomi di sodio oscillavano con la stessa ampiezza in tutte le celle, e in opposizione di fase rispetto agli atomi di cloro (cioè con gli atomi di cloro che si muovono nel verso opposto a quello del sodio). Il primo modo vien detto acustico (vedremo poi la ragione), il secondo ottico. La traslazione è dunque un modo acustico di centro zona. Passando dal cristallo monodimensionale al cristallo reale tridimensionale il quadro resta invariato nelle caratteristiche principali: avremo 3 modi acustici (che nel centro zona diventano le tre traslazioni), di cui uno longitudinale e due trasversali, e un certo numero di modi ottici sia trasversali, sia longitudinali, in dipendenza di quanti atomi ci sono nella cella elementare. Spazio reciproco e curve di dispersione. Buona parte della fisica dello stato solido, compresa quella che tratta delle vibrazioni cristalline, è descritta all’interno di un spazio che non è quello usuale, ma viene detto reciproco. Non entro qui nei dettagli della definizione di tale spazio e delle sue proprietà, perché la matematica necessaria è piuttosto complessa. Mi limito perciò ad un approccio puramente descrittivo. Per semplificare ulteriormente, farò ancora riferimento al cristallo monodimensionale visto nel paragrafo precedente. Avevamo individuato la cella cristallina nel segmento Na---Cl--- di lunghezza 2d, dove d è la distanza Na-Cl. Chiamiamo con a la quantità 2d (a = 2d è dunque il parametro di cella). Passiamo ora dal cristallo al reticolo soggiacente: a A O La distanza tra due punti contigui del reticolo è a; una cella elementare è per esempio rappresentata dal segmento O-A e contiene un atomo di Na e un atomo di Cl. A partire da questo reticolo, possiamo definirne un altro, detto reciproco, per cui la distanza tra punti contigui (sia b) vale 2π/a: b=2π/a. b B’ O B Anche questo reticolo, al pari del reticolo diretto che rappresenta il cristallo, è periodico (la distanza tra ogni coppia di punti contigui è costante e pari a b); presenta quindi simmetria traslazionale e, come per il diretto, è definibile una cella elementare, per esempio il segmento O-B. Anziché tale segmento, nel reciproco conviene però definire una cella elementare diversa (ma equivalente alla prima, nel senso che l’affiancamento di tutte le celle elementari riproduce ancora l’intero reticolo reciproco): detta O l’origine del reticolo reciproco, si definisce cella reciproca il luogo dei punti (dello spazio in cui il reticolo è immerso – spazio reciproco) più vicini a O rispetto a qualsiasi altro punto del reticolo. Tale luogo di punti coincide dunque col segmento che va dalla metà del segmento B’-O, fino alla metà del segmento O-B. La sua lunghezza è ancora b, con estremi aventi coordinate (rispetto all’origine O del reticolo) -π/a, π/a. Questo segmento viene chiamato prima zona di Brillouin. L’origine è detta centro zona (di Brillouin), mentre gli estremi sono il bordo zona. Data l’equivalenza di ogni punto del reticolo reciproco a ogni altro del medesimo (in effetti possiamo assegnare come origine qualunque punto del reticolo), in pratica ogni punto di detto reticolo è anche un centro zona. Lo spazio e il reticolo reciproco servono, tra le altre cose, per rappresentare i vettori d’onda delle vibrazioni cristalline; il vettore d’onda è, appunto, un vettore avente come direzione e verso quello di propagazione dell’onda medesima e come lunghezza (modulo) la quantità 2π/λ, essendo λ la relativa lunghezza d’onda. Avevamo visto che le traslazioni del cristallo sono assimilabili a modi vibrazionali aventi lunghezza d’onda infinita, e quindi avranno vettore d’onda di lunghezza nulla (2π/λ è un numero che tende a zero all’aumentare di λ): il punto del reciproco che rappresenta tali vettori d’onda è dunque l’origine del reticolo, cioè il centro zona. Avevamo visto che il modo avente λ = 2d = a corrisponde a quello in cui tutti gli atomi di Na si spostano della stessa quantità e nella stessa direzione, che è esattamente opposta a quella degli atomi di Cl. Nel nostro spazio reciproco, il vettore d’onda corrispondente a questo modo è rappresentato dal punto B della figura sopra; ma, nel reticolo, B è equivalente ad O, dunque lo stesso vettore d’onda dovrebbe anche essere rappresentato dal punto O… e in effetti è proprio così! Infatti, per questo modo, le caratteristiche del moto atomico (cioè le ampiezze dei moti dei vari atomi) non cambiano passando da una cella all’altra (ripeto la frase scritta sopra…”tutti gli atomi di sodio si spostano della stessa quantità e nella stessa direzione”, e lo stesso accade per quelli di cloro); dunque, a tutti gli effetti, questo modo si comporta come uno avente lunghezza d’onda infinita. Possiamo anche immaginarlo come una traslazione rigida del sottoreticolo del sodio, che si muove in modo opposto al sottoreticolo del cloro. In definitiva, tale modo è descritto dal punto O, che è all’interno della prima zona di Brillouin (ne è proprio l’origine) ed è un altro modo di centro zona (modo ottico). Una considerazione, e generalizzazione, importante a questo punto è che ogni modo descritto da un vettore d’onda rappresentato da un punto all’esterno della prima zona di Brillouin è pure rappresentabile da un punto all’interno di questa. Precisamente: sia G il vettore corrispondente al segmento O-B (il vettore G è il segmento orientato di origine O e punto finale B): O G B definiamo l’insieme di tutti i vettori del reticolo reciproco attraverso la scrittura nG, dove n è un qualunque numero intero positivo o negativo, zero compreso (per esempio, i vettori -2G; -1G = -G; 0G ≡ 0; G e 2G sono vettori del reticolo; 1.5G invece non lo è…). Formalmente possiamo scrivere che B=O+G e B’=O-G (oppure, B’=O+(-G)). Attraverso questa definizione diciamo che due punti A e B dello spazio reciproco sono equivalenti se il vettore A-B appartiene all’insieme nG; oppure, in altre parole, se esiste un numero intero n, positivo o negativo, tale che A-B=nG. I punti B’ e B sono evidentemente equivalenti a O, poiché i vettori B’-O e B-O sono vettori del reticolo reciproco (-G e G, rispettivamente). Ne deriva che i vettori d’onda di tutti i modi normali di vibrazione nel cristallo possono essere rappresentati dai soli punti appartenenti alla prima zona di Brillouin. Cosa dire del modo avente lunghezza d’onda λ pari a 4d = 2a? Avevamo visto che questo è un modo schematizzabile come con gli atomi di sodio e cloro che cambiano la direzione del moto passando da una cella a quella vicina. Per λ=2a, k=2π/λ = 2π/2a = π/a: siamo esattamente al bordo zona di Brillouin. E’ da tener presente che in uno schema di moto come disegnato sopra non si tiene conto della reale ampiezza dei moti atomici, che possono essere diversi per atomi di specie diversa (e, in generale, le ampiezze per Na sono diverse da quelle per Cl). In particolare, per certi modi, le ampiezze dei moti per una delle due specie può essere nulla. Abbiamo in effetti due modi, entrambi di bordo zona, in cui in un caso (1) Na si muove e Cl rimane fermo, e in un altro (2) è il sodio a rimaner fermo, mentre Cl si muove: 1) • • • • 2) • • • • Per la nostra catena, con riferimento ai soli modi longitudinali (come abbiamo visto, si tratta di quelli associati a onde aventi vettori d’onda paralleli alla catena), a ogni punto k dello spazio reciproco monodimensionale sono associati due modi dei quali uno è detto acustico e l’altro ottico; per il centro zona, il modo acustico coincide con la traslazione; per il bordo zona, il modo acustico corrisponde al modo (1), visto sopra, e quello ottico al modo (2). Ad ogni modo di vibrazione corrisponde una frequenza (sia ν) ben definita e, poiché ogni modo è associato a un particolare vettore k dello spazio reciproco, ne deriva una relazione tra ν e k e, cioè, una funzione ν(k): questa funzione prende il nome di curva di dispersione. Rimanendo al caso della catena, poiché a ogni punto k sono associate due onde (con frequenze in generale diverse), avremo in pratica due diverse curve di dispersione, di cui una, νa(k), associata ai modi acustici e l’altra, νo(k), ai modi ottici. La figura sottostante mostra il risultato di un calcolo delle curve di dispersione nel caso della catena infinita di fluoruro di litio (LiF; Li-F-Li-F-Li-F… parente stretta di NaCl). La zona rappresentata nello spazio reciproco è metà della prima zona di Brillouin, e va dall’origine al bordo zona positivo. In ascissa (asse orizzontale) sono riportati i valori di k/k0, dove k0 indica il modulo (lunghezza) del vettore B-O del reticolo reciproco (k0 è il modulo di G): entro la prima zona di Brillouin k/k0 varia da 0 (centro zona) a 0.5 (bordo zona). In ordinata (asse verticale) sono riportate le frequenze calcolate per alcuni valori di k/k0. Nella figura sono visibili due rami: quello più in basso (a più basse frequenze) parte con frequenza nulla all’origine (ν=0 per k/k0=0) e arriva fino a una frequenza di circa 500 cm-1 a bordo zona; questo viene detto ramo acustico. Il ramo ottico è quello più in alto, corrispondente a una frequenza di circa 920 cm-1 a centro zona, ed una di 850 cm-1 a bordo zona. Ogni onda ha associata una velocità di propagazione: la velocità V di un’onda è pari al prodotto della sua frequenza (ν) per la lunghezza d’onda (λ); in formule: V= λν. Esprimendo λ in funzione di k=2π/λ, si ha V = 2πν/k = ω/k (avendo posto ω=2πν: frequenza angolare). In LiF (catena) il parametro di cella a vale 3.36 Å; k0 vale allora 2π/3.36·10-10 = 1.87·1010 m-1. Per il ramo acustico la pendenza della curva νa(k) è circa costante; tale pendenza è proprio il rapporto νa(k)/k = ωa(k)/2πk = V/2π, per cui dalla pendenza della curva di dispersione acustica è possibile risalire alla velocità delle onde acustiche longitudinali: nel caso specifico della catena LiF, dal grafico riportato, si ricava per tale velocità il valore di 877 metri al secondo. Questa è la velocità di propagazione del suono lungo la nostra catena monodimensionale infinita di LiF (per questo si parla di ramo acustico). La velocità del suono ricavata per la catena lineare è molto superiore a quella che si misura nell’aria (340 m/sec) ed è in linea con quella che si osserva nelle fasi condensate: ad esempio, in acqua si registra un valore di 1460 m/sec, mentre nel ferro si ha una velocità di 5000 m/sec. E’ interessante notare l’andamento della curva νa(k) nei pressi del bordo zona (k ≈ 0.5): la pendenza tende a zero, ed è esattamente zero al bordo zona; ciò vuol dire che la velocità del suono lungo la catena si annulla per frequenze prossime a 530 cm-1, per le quali k/k0 ≈ 0.5; in effetti nessun suono può propagarsi lungo la catena per frequenze comprese tra 530 e 846 cm-1, quest’ultima essendo la frequenza a bordo zona del ramo ottico (si tratta di frequenze ampiamente nel campo degli ultrasuoni). Il ramo ottico deriva il suo nome dal fatto che le vibrazioni di frequenza non nulla, a centro zona, (quelle a 920 cm-1 nel nostro caso) sono in grado di interagire con la radiazione elettromagnetica assorbendola: il campo elettrico oscillante associato alla radiazione elettromagnetica entra in risonanza con quello prodotto, entro il cristallo, dalla vibrazione e l’energia radiante elettromagnetica viene convertita in energia meccanica di movimento degli atomi, con aumento delle ampiezze di vibrazione; si parla in tal caso di eccitazione dei modi normali di vibrazione. Vibrazioni: onde o particelle? Uno dei concetti più importanti in ambito quantistico, che trova conferme sperimentali continue ed è sfruttato in molti dispositivi tecnologici, è il cosiddetto dualismo onda-particella: ad ogni particella risulta associata un’onda avente lunghezza λ=h/p, dove h è la costante di Planck (che vale 6.626·10-34 j·sec) e p è l’impulso della particella. Per una particella dotata di massa m, avente velocità V, si ha p = mV; tale espressione vale se la velocità non è troppo alta e prossima alla velocità della luce, nel qual caso occorre usare l’espressione relativistica per l’impulso. La stessa relazione tra λ e p vale anche per particelle non dotate di massa per le quali p è definito in maniera differente. Questa associazione tra onde e particelle trova il suo culmine nella moderna teoria delle stringhe che tratta come corde vibranti tutte le particelle elementari. Ebbene, vale anche l’inverso: se un oggetto tradizionalmente pensato come particella viene, in talune circostanze, trattato come se fosse un’onda, anche un oggetto tradizionalmente pensato come un’onda può essere trattato come una particella! In effetti, è proprio il formalismo della meccanica quantistica che supporta l’idea di onde interpretate come particelle. Il caso più noto e comune è quello della radiazione elettromagnetica: all’onda elettromagnetica viene associato il concetto di fotone, una particella a massa nulla che trasporta il campo elettromagnetico oscillante; nella discussione di molti fenomeni in cui è implicata la luce è conveniente descrivere il campo radiante come un fascio di fotoni che si propaga nella direzione del fronte d’onda. In generale, a ogni forza fondamentale nota in fisica (forza gravitazionale; elettromagnetica; forza nucleare forte e forza debole) è associato un campo oscillante e una particella portatrice del campo: abbiamo così i gravitoni, i fotoni, i gluoni e le particelle W e Z0 che trasportano i campi associati alle 4 forze fondamentali. I gravitoni e i fotoni sono particelle a massa nulla, il che comporta un raggio d’azione infinito per le forze implicate; i gluoni e le particelle W e Z0 sono invece dotate di massa e il campo d’azione delle corrispondenti forze è allora limitato spazialmente; ad esempio, le forze nucleari che sono responsabili della grande coesione delle particelle (protoni e neutroni) entro un nucleo, hanno un raggio d’azione ridotto a una frazione delle dimensioni del nucleo atomico. E’ possibile, anzi conveniente in molti casi, associare ai modi normali di vibrazione in un cristallo una particella particolare: il fonone. Si tratta, come per il fotone, di una particella a massa nulla, la cui esistenza è limitata all’interno del cristallo. L’impulso p del fonone è pari a hk/2π, dove h è la costante di Planck e k=2π/λ (in tal modo si ha p=h/λ). A suo tempo avevamo già detto che l’energia associata a un oscillatore armonico è 1 E = ( n + ) hν 2 Tale energia dipende dal numero quantico n: data la frequenza ν dell’oscillatore, le sole energie possibili per questo sono quelle che si ottengono assegnando a n tutti i possibili valori interi, zero compreso. L’energia più bassa per l’oscillatore (quella di punto zero) si ottiene per n=0; al salire di n, l’energia cresce e l’oscillatore si dice essere in uno stato vibrazionale eccitato (ad energie maggiori, a parità di frequenza, si hanno ampiezze di oscillazione via via crescenti). In un cristallo, poiché la frequenza di ogni oscillatore (modo normale) è legata al numero d’onda k ed esistono tanti modi normali in funzione del numero di atomi della cella elementare, potremmo scrivere 1 E n ( k , j ) = ( n + ) hν j ( k ) 2 dove l’indice j identifica un particolare ramo tra quelli esistenti (ottico o acustico che sia). Nel linguaggio particellare, identifichiamo il numero quantico n con il numero di fononi, nj(k), di frequenza νj(k), nel cristallo, aventi energia E ( k , j ) = hν j ( k ) e l’energia totale vibrazionale del cristallo sarà data specificando il numero di fononi per ogni modo normale (k,j): 1 E = ∑ [ n j ( k ) + ]E ( k , j ) 2 j ,k dove il simbolo Σj,k indica la sommatoria su tutti i fononi di tipo j e k. Nel caso della catena lineare di NaCl (of LiF), limitatamente alle vibrazioni longitudinali, l’indice j identifica i due soli rami acustico o ottico, e l’indice k è continuo su tutti i punti dello spazio reciproco entro la prima zona di Brillouin (BZ); tecnicamente, data la continuità di k, la sommatoria su quella variabile dovrà essere sostituita da un integrale: 1 E = h ∑ ∫ [ n j ( k ) + ]ν j ( k )dk 2 j BZ L’energia vibrazionale del cristallo dipende dal numero di fononi esistenti per ogni frequenza; tale numero dipende dalla temperatura del cristallo ed è regolato da una legge statistica ben precisa che prende il nome di distribuzione di Bose-Einstein, legge a cui soddisfano tutte le particelle analoghe ai fononi, come ad esempio i fotoni, che vengono collettivamente chiamate bosoni (le altre particelle elementari che costituiscono la materia, come gli elettroni, i protoni, ecc… vengono dette fermioni e soddisfano alla statistica di Fermi-Dirac). Il numero di fononi, per ciascuna frequenza, a ogni temperatura è dunque regolato dalla legge di Bose-Einstein. Si parla di gas di fononi all’interno del cristallo. A differenza dei fermioni, il numero di bosoni non è vincolato ad alcun valore costante, invariante nel tempo: il numero di fononi non è dunque costante. In particolare, a zero Kelvin non esiste alcun fonone (ogni oscillatore è nello stato di energia minima con numero quantico nj(k)=0); a temperature superiori il cristallo si popola di fononi, il che vuol dire che aumentano le ampiezze di oscillazione degli atomi. A ogni temperatura, il numero nj(k) di fononi associati al modo normale (k, j) dipende comunque dalla frequenza νj(k): tanto più alta è quest’ultima, tanto più basso sarà il numero di fononi corrispondenti; in pratica a basse temperature avremo moltissimi fononi acustici nelle vicinanze del centro zona (che hanno basse frequenze, si veda la figura sopra) e solo pochi fononi ottici. Introducendo l’argomento sui modi normali di vibrazione in molecole e cristalli, avevamo parlato di potenziali armonici; ebbene, entro un modello puramente armonico per il cristallo infinito (cioè privo di superfici) i fononi non possono interagire tra di loro. Tuttavia il potenziale all’interno di un cristallo non è mai puramente armonico: esistono le cosiddette componenti anarmoniche del potenziale (inoltre un cristallo reale è dotato di superficie), e queste rendono possibile l’interazione tra i vari fononi. Abbiamo allora urti tra fononi, che possono in tal modo scambiarsi impulso ed energia senza il vincolo di conservazione del numero totale di particelle (ma col vincolo della costanza dell’energia e dell’impulso complessivi); ad esempio, due fononi di impulso p1 e p2 ed energie E1 ed E2 possono entrare in collisione per dare origine a un unico fonone di energia E3=E1+E2 e impulso p3=p1+p2; la probabilità di queste collisioni aumenta con l’entità dei termini anarmonici e con la temperatura che porta a un incremento del numero di fononi e, dunque, della densità del gas all’interno del cristallo. L’anarmonicità del potenziale è una caratteristica relativamente facile da individuare macroscopicamente: l’espansione termica di un cristallo (l’aumento delle sue dimensioni con la temperatura) è per esempio un suo effetto diretto ed è misurata per qualunque sostanza cristallina.