Psichiatria
Dott. Conte
31/10/2007 – 9,30 - 12-30
I DISTURBI DELL’UMORE
L’argomento di oggi è abbastanza complesso: i disturbi dell’umore sono un argomento di cui si
potrebbe parlare col portinaio di casa. La depressione è infatti un argomento non esclusivamente
tecnico-scientifico, anche se anche quando si parla colloquialmente di depressione si pensa a
qualcosa che ha delle caratteristiche fisiologiche abbastanza definite. In psichiatria le patologie che
non si possono definire d’organo, ma di funzione (non sono sicuro di questo passaggio, anche
perché il prof per tutta la lezione ha dimostrato di non aver chiaro il funzionamento del microfono,
il che ha reso difficile la mia interpretazione, nda), hanno avuto definizioni cangianti nel corso
della storia, anche in epoche recenti: timìa, melanconia, atra bile, umore nero, tutte definizioni che
non sempre hanno indicato quello che oggi definiamo come disturbo dell’umore, a volte
comprendendo molto di più. La questione delle definizioni in psichiatria è sottoposta a un problema
di ipotesi eziopatogenetiche: certamente ora conosciamo l’importanza dei dati d’organo, dei
meccanismi neurorecettoriali, ma d’altro canto sappiamo quanto incidano anche dati esperenziali,
dati educativi, rapporti familiari nella definizione della malattia. C’è nella nostra trattazione un
problema da affrontare, quello relativo all’ideologia e alla cultura dominanti: uno degli aspetti
fondamentali dell’umore depressivo è, lo vedreomo, quello del senso di colpa, tematica propria
esclusivamente della civiltà occidentale: le altre popolazioni non conoscono il termine “senso di
colpa”. Quando parliamo di colpa, sottintendiamo il concetto di responsabilità, e se parliamo di
responsabilità parliamo di libertà, cioè quello che caratterizza fortemente l’uomo occidentale, e il
suo vantaggio evolutivo. Nel mondo orientale, ad esempio in Giappone vi è una diversa cultura
psicosociale: i giapponesi ad esempio non sentono il senso di colpa; quello che noi percepiamo
come senso di colpa, per loro è una forma di vergogna sociale, sentimento simile ma meno
responsabilizzante e più legato al rapporto tra l’io e gli altri. La colpa viene indicata nella nostra
cultura, già nella Bibbia, come quella che impedisce all’uomo di crescere, di elevarsi. Un aspetto
dominante del paziente depresso è l’ipocondria e tutto quello che ha fare con il corpo, molti malati
di depressione soffrono di ipocondria.
Lo stato depressivo è un concetto estremamente vasto: può essere allargato persino da aspetti
colloquiali. Il punto fondamentale è l’umore triste; la depressione è anche un evento fisiologico, è
normale deprimersi di fronte a privazioni importanti, a incapacità manifesta, a perdita
dell’autostima, ecc. La depressione è sempre in agguato, è una risposta fisiologica a insulti esterni;
potremmo addirittura dire che la depressione può essere una modalità cognitiva di recupero
dell’autostima: l’esperienza dolorosa conseguente al fallimento di un esame vi spinge la volta
successiva a prepararvi meglio. Ecco che la depressione è un momento fondamentale della cura,
non si guarisce se non ci si deprime: anche Gesù Cristo quando deve iniziare la sua predicazione,
trascorre 40 giorni del deserto, in un ambiente depressivo, con le privazioni dell’ambiente esterno e
l’incontro con gli aspetti pericolosi del proprio mondo interiore (il diavolo). La depressione è quindi
una reazione fisiologica, un processo elaborativo, in sostanza un qualcosa di positivo. Quando allora
la depressione diviene negativa? Quando non serve a recuperare, ma tende invece a cronicizzarsi e a
perpetuarsi: questa è la malattia, ossia un disturbo non più adattativo all’ambiente. Spesso non
siamo in grado di risolvere lo stato depressivo perché insiste l’evento avverso che aveva causato la
depressione (spiegazione socio-dinamica). Un’altra spiegazione può consistere nella fragilità della
costituzione umana, per cui si intendono insieme l’aspetto psichico e strutturale dell’individuo, a
seguito dell’evento avverso, che non viene superato. Su questa spiegazione si inserisce una gran
quantità di cause della nostra fragilità insita: da un tipico assetto biologicamente condizionato ad
aspetti formativi, relazionali e familiari. Vi invito a non essere ideologicamente predeterminati, ma
ad accogliere entrambe queste istanze. Purtroppo l’uomo è prederminato, ha un apparato cognitivo
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condizionato dalle proprie esperienze, riconosco i colori perché ho dentro di me una mappa di colori
già predisposta per riconoscerli e perché ne ho esperienza. Ciononostante un verde per me può non
essere verde, ma glauco, come il colore degli occhi di Minerva, anzi di Atena, scusate (sic): se
pensiamo che tutto ciò che accade nella nostra mente sia biologicamente determinato, allora ci
riferiamo un approccio clinico-terapeutico diverso, sottintendendo scarsa fiducia nell’intervento
terapeutico e lassismo nell’assistenza al paziente. Se siamo invece più favorevoli all’aspetto socioambientale, misureremmo tutto in funzione di prospettive esterne all’individuo.
Ma esaminiamo ora il nostro depresso: quello che balza subito agli occhi è la connotazione negativa
del tono dell’umore. L’episodio depressivo raramente esordisce in forma acuta. Esso, nell’ambito di
una psicosi maniaco-depressiva, che costituisce la forma clinica più evidente, spesso decorre in un
lasso di tempo variabile: è frequente quindi che il depresso non si accorga di essere tale, o si
giustifichi il momento in un modo colloquiale (è facile essere depressi quando si attraversa un
brutto momento, quando non si supera un esame). L’umore triste è di certo legato a una visione
pessimistica del mondo circostante, a una fosca visione del mondo futuro, all’idea che comunque il
mondo finirà, e così via. Parallelo all’umore triste è il sintomo dell’inibizione, non soltanto del
pensiero, cioè un rallentamento del pensiero, che tende a soffermarsi su tematiche tristi, avvilenti.
Quello che il pensiero produce è quindi esclusivamente sul versante negativo, quindi angosce di
responsabilità, senso di colpa, preoccupazione, senso di inadeguatezza, incomprensione, rancore
verso gli altri. Il depresso spesso è infatti astioso, querulo, diffidente. L’inibizione non è legata solo
al mondo psichico: anche la fisicità del depresso è tipica. Egli ha un volto immobile, una mimica
molto carente, è come se avesse perso la tavolozza dei colori, è spesso trascurato
nell’abbigliamento, sceglie colori sobri, si muove meno, è pigro (molti pigri sono in una fase
precoce della malattia), rimanda la soluzione dei propri problemi, col rischio di non seguire le
indicazioni del medico psichiatra. Corollario della perdita di interesse generale, è la ribellione del
corpo stesso: il depresso soffre di dolori, dovuti sia ad ipocondria (come stato di accentramento del
pensiero alla patofobia) sia all’ipersensibilità agli stimoli esterni (sente sempre freddo e caldo a ogni
cambiamento di clima, ha dolori un po’ dappertutto). I disturbi neurovegetativi assumono qui
un’importanza cospicua: la digestione rallentata, la cistifellea fa spesso male, la stipsi o la diarrea è
facilmente rivenibile, bradicardia e tachicardia sono comuni nel depresso.
Si è parlato del dolore fisico, ma nel depresso è fondamentale anche il dolore psichico, d’angoscia.
E’ un disturbo che non si vede, ma che colpisce l’1,5 % della popolazione generale, nel corso della
vita. E’ un dolore che costringe a letto, che non fa uscire di casa; in alcune forme di depressione
stuporosa il paziente non è in grado neppure di muoversi. A volte il depresso è talmente depresso
che non è neppure in grado di commettere il suicidio, pur desiderandolo; si dice che il suicidio non
avvenga mai nella fase finale della malattia, bensì quando il soggetto sta leggermente meglio,
poiché si libera parzialmente dal dolore. Quando il nostro paziente grave, reiterato, che conosce
l’andamento della sua malattia, si accorge che il fisico inizia a rispondere ma il dolore resta, allora
corre il rischio di compiere il suicidio.
Ultimo elemento è la struttura psicotica e nevrotica del cervello del paziente depresso, che non si
attiene alla realtà, ma se ne allontana o la distorce: vi è qualcosa che non funziona nell’”hardware”cervello.
Nosografia
- Depressioni endogene, identificate con le crisi malinconiche della psicosi maniacodepressiva (PMD). Nota bene: psicosi perché la crisi di malinconia avviene senza un nesso
casuale preciso, come evento incomprensibile; c’è una certa distanza dalla realtà
- Depressioni esogene, psicogene o nevrotiche o reattive. Il paziente risponde a uno stimolo
esterno, ma sviluppa la depressione a causa di un qualche tratto fragile della propria
personalità, connessa allo psichismo come alla struttura profonda biologica dell’individuo
- Depressioni sintomatiche, in corso di altri disturbi psichiatrici o di malattia organica.
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La terapia è dipendente dal quadro nosologico: in una depressione endogena, o crisi
malinconica, si avrà una cura farmacologia adeguata. Laddove il paziente presenti depressione
esogena, la cura consisterà prevalentemente in un supporto psicoterapico, oltre che
farmacologico. La depressione sintomatica si curerà invece con la terapia propria della causa
primaria.
La depressione endogena non trova relazione comprensibile tra le circostanze della vita e la
trasformazione della personalità. E’ un sovvertimento delirante, e quindi la definiamo come un
disordine di una più vasta psicosi maniaco-depressiva.
La despressione esogena è insita nella fragilità della persona: ha a che fare sia col substrato nervoso
sia con la situazione psicologica (elementi socio-culturali). Per questo è di difficile correlazione con
la situazione fisiologica.
Le d. sintomatiche sono associate a una affezione organica. Hanno a che fare con altri disturbi
depressivi o di personalità, come i disturbi distimici (la distimia è un disturbo soprattutto
caratteriale, con presenza continua e non episodica di alterazioni dell’umore), gli stati limite
(disturbo border-line del carattere, in cui si intrecciano aspetti psicotici e nevrotici, con incostanza
del soggetto nei rapporti con gli altri e frequenza dell’aspetto tossicomanico, assenteismo,
modificazioni improvvise dell’umore), le psicosi schizofreniche (disturbo schizoaffettivo).
Abbiamo anche aspetti psicotici in corso di disturbi depressivi, così come la sindome maniacale è
l’altra faccia dell’episodio depressivo, con la presenza di deliri, allucinazioni.
Dobbiamo però considerare che il disturbo maniacale all’interno di un disturbo ciclico come la
PMD, è da considerarsi come un’acuzie, mentre il disturbo schizofrenico, che si manifesta nel
tempo, va curato come tale.
Questo quadro è tratto da un vecchio testo francese, riconducibile allo strutturalismo:
(il prof si limita a leggere in ogni singola parte lo schema, per poi spiegare il significato di alcuni
termini) Per sindrome bipolare si intende un’alternanza di periodi di eccitamento e periodi
depressivi, unipolare è invece un disturbo depressivo a carattere ciclico. La depressione endogena è
diffusa allo stesso modo nei due sessi e si sviluppa ugualmente dai 20 ai 60 anni. Per quanto l’inizio
sia subdolo, spesso il primo episodio depressivo nasce come depressione esogena, reattiva a qualche
insulto esterno: il nostro sistema psichico è dinamico, in equilibrio, alterna normalmente periodi di
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rallentamento e di eccitabilità. Nella concezione darwiniana, la sopravvivenza è garantita da due
ordini di fattori: l’elasticità, ovvero l’adattabilità dell’individuo all’ambiente; e la abilità
dell’individuo a scegliere l’ambiente a sé più consono qualora sia meno adattabile; l’uomo è in
equilibrio, in quanto essere adattabile, e ben insediato nella struttura che lo accoglie. Qualora
l’ambiente cambi o l’uomo non sia in grado di accogliere i cambiamenti, ecco che appare la nostra
fragilità insita: così il primo esordio di una sindrome depressiva può essere interpretato come ad
origine esogena.
Entriamo nell’ambito delle definizioni descrittive dei disturbi dell’umore:
Episodio maniacale: periodo di esaltazione del tono dell’umore e di incremento della quantità e
della rapidità delle attività fisiche e mentali. Il paziente non riesce neppure a terminare un pensiero
Si presenta con tre livelli di gravità:
- ipomania, senza compromissione dell’attività socio-affettiva, il paziente non riesce a
terminare un discorso, salta di palo in frasca
- mania senza sintomi psicotici
- mania con sintomi psicotici, il pensiero è talmente esaltato da andare oltre la velocizzazione
ma produce elementi distrattivi: il paziente teme che qualcuno lo osservi, lo controlli, o che
gli rubi le idee, ecc.
Episodio depressivo: periodo di depressione del tono dell’umore, spesso con riduzione delle attività
fisiche e mentali (sintomi tipici: umore depresso, apatia, astenia). Si presenta con tre livelli di
gravità: lieve, media, grave (talvolta con sintomi psicotici). Come vedete “episodio” sta a
significare un periodo, cioè una fase con un inizio e una fine. L’episodio depressivo ha un inizio
subdolo, e si può inquadrare in una durata di 1-2 mesi, normalmente non complicato,
autorisolventesi in pochi mesi. La risoluzione non è in genere immediata, e in realtà quasi mai
completa, anche sotto cure farmacologiche. Quando l’episodio ritorna, parliamo di:
Disturbo bipolare: caratterizzato da almeno due episodi di alterazione del tono dell’umore; per un
unico episodio dobbiamo pensare a un esordio spontaneo, magari secondario, ma se il paziente
racconta una storia di depressione, possiamo pensare a una recidiva di nevrosi, e ad una ritmicità
della patologia. Gli episodi assumono a volte le caratteristiche dell’episodio maniacale, a volte
quelle dell’episodio depressivo. La remissione tra un episodio e l’altro è di solito completa, ma
esistono anche forme senza intervalli di remissione.
Disturbo depressivo: caratterizzato da episodi depressivi in assenza di episodi maniacali (disturbo
unipolare). Si distingue il Disturbo Depressivo Maggiore, ad Episodio Singolo ed il Disturbo
Depressivo Maggiore Ricorrente.
Disturbi persistenti sono di solito cambiamenti fluttuanti dell’umore nei quali i singoli episodi non
sono mai sufficientemente gravi da poter essere descritti anche come forme lievi di episodio
depressivo o maniacale. Durano anni e, talvolta, anche tutta la vita. Si distinguono in:
- Ciclotimia: instabilità persistente del tono dell’umore, con numerosi episodi di lieve
depressione e lieve esaltazione.
- Distimia: depressione del tono dell’umore di lieve entità, ma persistente, con periodi
intervallari di giorni o settimane (la distimia è più sul versante solo depressivo che su quello
alternante tipico della ciclotimia)
- Altro tipo: disturbi affettivi persistenti non sufficientemente gravi o di lunga durata da
soddisfare i precedenti criteri diagnostici.
Passiamo alle depressioni secondarie. La depressione può essere sintomo di
Malattie neurologiche
- Morbo di Parkinson
- Morbo di Alzheimer e altre demenze (è difficile capire quando un paziente è
fisiologicamente e quando patologicamente demente; la depressione complica e confonde il
quadro di demenza, ugualmente la depressione può indementire; in sostanza, se nella pratica
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clinica vi dovesse capitare un paziente con l’Alzheimer, dategli un antidepressivo, che male
non gli fa)
- Sclerosi multipla
- Epilessia del lobo temporale
Inciso: la sapete la barzelletta del demente? Il demente è quel tale che sa di esserlo quando voi non
lo sapete ancora; segue la fase in cui voi vi accorgete che è demente, e lui lo sa; infine la fase in cui
voi lo sapete ancora meglio, ma lui non lo sa più. La demenza quindi interviene subdolamente, e
spesso il paziente se ne accorge e ne soffre: ha disturbi dell’umore, e va curato in tal senso. Al
contrario, certi depressi hanno un inibizione psico-motoria, mimando una vera patologia d’organo
del cervello. In questo elenco mancano i:
- Tumori del cervello (non è vero ci sono)
Malattie endocrinologiche
- Morbo di Cushing
- Morbo di Addison
- Ipertiroidismo
- Ipotiroidismo
- Diabete
Altre malattie
- Anemia
- LES
- Ipertensione (curata e non, visto che molti farmaci ipertensivi possono avere effetto
depressogeno)
- Infezioni sistemiche
- Tubercolosi (che spesso si presenta all’attenzione clinica con disturbi maniacali; non solo:
l’isoniazide, uno dei farmaci antitubercolotici, è spesso depressogeno)
Altre cause
- Iponutrizione
- Carenze vitaminiche
- Trauma cranico
- Ictus cerebrale
- Alcoolismo (e tutte le patologie di dipendenza)
- Masse cerebrali occupanti spazio
- Maladattamento ambientale ed ai cambiamenti
Effetti collaterali di farmaci
- Analgesici ed antinfiammatori;
- Antibatterici ed antimicotici
- Antiipertensivi (beta-bloccanti, reserpina)
- Cardiologici (digitale)
- Antineoplastici (la terapia antineoplastica, come quella con interferone, si associa a disturbi
dell’umore, inoltre è comune in pazienti con patologie tumorali, quindi con scarsa
aspettativa di vita, quindi depressione e non di rado tendenze suicide)
- Neurologici (amantadina, bromocriptina, levodopa)
- Psichiatrici (neurolettici, barbiturici)
- Steroidi ed ormoni (corticosteroidi, contraccettivi orali)
Come facciamo a diagnosticare allora la depressione? Qualora cinque (o più) dei seguenti sintomi
siano presenti per un periodo di due settimane:
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1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
Umore depresso
Riduzione di interesse o piacere per tutte o quasi tutte le attività
Variazioni di peso (in assenza di variazioni dietetiche)
Insonnia o ipersonnia
Agitazione o rallentamento psicomotorio
Mancanza di energia
Eccessivi sentimenti di colpa o autosvalutazione
Ridotta capacità di pensare o di concentrazione
Pensieri ricorrenti di morte
Le variazioni di peso (3) sono presenti nell’elenco, poiché spesso il depresso ingrassa, quando per
esempio ha scoperto che la cioccolata, col suo carico di Triptofano, è in grado di entrare nel circuito
serotoninergico, e può mimare l’effetto del Prozac (e a volte è pure meglio).
L’insonnia (4) è un dato precoce della depressione, spesso il primo sintomo: è una cosa di cui non si
capisce il motivo, è un’insonnia tipicamente da angoscia, particolarmente accentuata nelle prime ore
del mattino, che vive in modo angoscioso l’inizio della nuova giornata, mentre il depresso
maggiormente psicotico vive un’angoscia spesso serotina (?). L’insonne depresso è pervaso da
sentimenti pesanti, di angoscia, di frustrazione, di previsioni infausti per il futuro. L’insonnia del
nevrotico è invece “allegra”, nel senso che ha passato la giornata, e resta sveglio di notte senza più
problemi, poiché si emancipa dal senso di colpa. E’ anche possibile che il depresso che vive con
angoscia l’inizio della nuova giornata per paura di affrontarla, tenda a restare a letto a dormire
(ipersonnia).
Il depresso non riesce a concentrarsi (8), dato questo assimilabile con l’inibizione psico-motoria. Ad
esempio, non riesce a leggere un libro, o a studiare.
Quadro sintomatologico dell’episodio depressivo tipico
Attività: astenia, inerzia, passività; riduzione della gestica e della mimica,
Inibizione
improntata in senso depressivo; rallentamento motorio
psicomotoria (fino
Pensiero: rallentamento delle rappresentazioni mentali e delle idee;
al mutismo ed allo
rallentamento e difficoltà nelle associazioni; attenzione torpida e fissata su temi
stupor)
caratteristici e ridondanti.
Umore
Tristezza vitale: profonda, vissuta anche somaticamente; dolore psichico
profondo, inesprimibile e cupo; impressione soggettiva di distacco e anestesia
affettiva (il depresso vero non comunica, è un depresso affettivo, a differenza
del depresso psicotico, comunicativo anche affettivamente; depressione
fredda/calda)
Pensiero
Contenuti del pensiero tipici, caratterizzati da temi di perdita:
- Idee di indegnità
- Idee di rovina
- Idee di colpa
- Idee ipocondriache
Concomitanze
somatiche
Alterazione del sonno
Disfunzioni digestive
Alterazioni neurovegetative (prevalentemente di tipo vagale)
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Ecco l’andamento tipico della
sindrome
depressiva
ricorrente: nel quadro vedete
un episodio depressivo lieve
(il terzo) e due gravi. Tra un
episodio e il successivo, una
fase di remissione completa.
L’intensità dei singoli episodi
può essere variabile, maggiore
o minore, così come la durata
dell’episodio. Avete visto
come certi farmaci abbiano
effetti depressogeni: nella
lezione sulle tossicomanie vi
ho detto che la cura
farmacologica dei disturbi bipolari ha migliorato la qualità della vita del paziente, ma aumentato la
frequenza degli episodi (tanto è vero che sono nati farmaci che non curano la sintomatologia,
quanto la ricorrenza degli episodi: gli stabilizzanti dell’umore). Paradossalmente, se curiamo il
paziente, la presenza delle sue crisi tende ad aumentare. Intuitivamente, questo è comprensibile:
sapendo che a breve mi arriverà una botta in testa, la mia qualità della vita sarà peggiore, allo stesso
modo il depresso è sempre più condizionato da una previsione fosca del futuro, dalla vicinanza di
una nuova crisi sempre più rapida e intensa, anche nel periodo intercritico, che tenderà a diminuire
volta per volta di durata. La terapia allora deve mirare, durante i periodi intercritici, ad una
“stabilizzazione” dell’umore. Se è penoso essere depressi, è molto divertente essere maniaci, perché
vi è perdita del controllo, tutto vi è concesso, dovuto, è un’esaltazione che forse alcuni di voi hanno
sperimentato con l’assunzione di droghe o alcool. Ho avuto pazienti che, avendo conosciuto la birra
(che non è un gran farmaco), quando erano depressi bevevano all’inverosimile, sperando che la
birra gli facesse scattare la maniacalità: da maniacali questi pazienti stanno bene, o così credono.
Poi ci penseranno dopo a
pagare i debiti.
Nella distimia il paziente non
arriva mai al livello del
depresso, ma è ugualmente
sempre scontento: spesso il
distimico ha bisogno di star
male così da far ricadere la
colpa sugli altri. Inoltre il
carattere del paziente ha tratti
persecutori, vendicativi.
La depressione nevrotica è più
facilmente attribuibile al sesso
femminile. Nella depressione
della PMD ci sono fattori
ereditari comprovati: in che
cosa consistano questi fattori
non è ancora ben chiaro, probabilmente in disturbi a livello recettoriale.
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La modalità di presentazione del paziente nel periodo di stato è molto tipica. Il paziente quando
viene all’osservazione si presenta rallentato, è mogio mogio, ha il capo chino, è abulico, viene da
voi perchè curiate il suo disturbo, ma non ne vuole parlare, contemporaneamente esprime il suo
carattere depressivo, con la mimica e il corpo, oltre che con pensieri di autoaccusa, di indegnità o
suicidali. E’ importante un esame fisico del paziente, per escludere cause fisiche alla base della
sindrome depressiva, e anche perché una depressione psichica può complicarsi con eventi esterni:
un disturbo digestivo può compromettere la terapia farmacologica.
Forme cliniche
- Depressione malinconica semplice o inibita: è in sostanza quella che abbiamo descritto
finora, anche se la definizione è così vasta da comprendere talvolta un quadro di
- Malinconia stuporosa (il paziente giace inebetito sul letto, non risponde alle domande, non si
muove, ha bisogno di aiuto per espletare le sue funzioni fisiologiche)
- Malinconia ansiosa: è il quadro inverso al precedente: il paziente è ipercinetico, agitato; il
vecchietto incazzoso, definito di solito aterosclerotico, spesso lo è, ma altrettanto spesso è
invece un depresso. Possiamo riconoscere un quadro psicodinamico alla base del fenomeno:
l’anziano che non ha più molto tempo davanti a sé, si incavola facilmente quando perde
tempo; allo stesso modo il bambino depresso è spesso un bambino iperagitato, affetto dal
cosiddetto ADHD (Attention Deficit and Hyperactivity Disorder), la cui vitalità in uno stato
depressivo è veicolata verso l’esterno sotto forma di questo disturbo
- Malinconia delirante, quando vi è prevalenza dei sentimenti di colpa e inadeguatezza
- Stati misti, in cui si alternano anche nella stessa giornata momenti di depressione e
maniacali
- Depressioni mascherate, o monosintomatiche
La depressione può manifestarsi a livello psicologico, somatico o anche tossico: sono molte le vie di
fuga della depressione. Molti depressi lamentano infatti solo un dolore, ma sono incurabili con
farmaci analgetici. Mi ricordo del caso di un tossicomane, in astinenza, che aveva fortissimi dolori
alle gambe, sintomo sì di astinenza, ma incompatibili con la sua storia clinica. Gli analgesici
avevano scarso effetto. Alla fine sono stati somministrati al paziente degli antidepressivi ad alto
dosaggio e, lentamente, si è avuta una remissione dei sintomi. Questo paziente, in seguito, in
occasione di un’operazione chirurgica, sospendette per breve tempo i farmaci triciclici con i quali
era in terapia: i dolori allora si ripresentarono, confermando la loro origine psicologica. Molti
tossicomani, specie cocainomani, avrebbero meritato nell’infanzia una diagnosi di ADHD. Mentre
il disturbo di iperattività nel bambino negli Stati Uniti viene curato prevalentemente con farmaci, da
noi il trattamento coi farmaci viene evitato; di fatto, un trattamento psicoterapica dell’ADHD può
far sì che nell’età adulta esso si trasformi in un disturbo borderline che può degenerare in una
tossicomania. Quindi forse intervenire farmacologicamente su una mente giovane, con tutto il
carico di vergogna sociale che può portare, può evitare a questi bambini di divenire dei tossicomani
da adulti.
E’ interessante valutare come quello che emettiamo fenomenicamente, abbia a che fare con le
nostre capacità difensive, vitali, rispetto alla nostra incapacità di reagire agli stimoli. Di fronte agli
stessi eventi depressogeni, potremo a seconda delle nostre capacità vitali e della nostra dinamicità
sviluppare una forma di malinconia stuporosa piuttosto che ansiogena, ad esempio.
Le crisi di depressione nevrotica
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Depressione isterica o da castrazione
Relazione con delusione, lutti, abbandoni, perdita di stima
Relazione con la personalità anteriore alla crisi
Ansietà e richiesta di conforto
Comportamento pseudo-suicidario (il suicidio spesso è mostrato più che realmente
compiuto; il suicidio mancato è spesso quello che lascia i segni psichici più gravi; il
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suicidio mostrato è più tipico del nevrotico, non presenta rischi eccessivi per il paziente,
ma è ugualmente pericoloso. Esempio: caduta accidentale durante passeggiata sul
cornicione)
Depressione nell’ossessivo (più rara), anche ossessioni come primo sintomo depressivo
Depressione reattiva (ad evento doloroso)
Depressione da esaurimento (sovraccarico emozionale prolungato o ripetuto: la cosiddetta
depressione della cinquantina, della persona che ha molti pensieri, responsabilità).
Abbastanza simile a questa è la Post-Traumatic Distress Syndrom (Sindrome traumatica da
stress), la cui definizione insiste sui meccanismi neurobiologici dello stress, di solito a
seguito di un evento acuto, ripetuto continuamente.
Basi biologiche della depressione
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Ipotesi monoaminergica: è stata la prima ipotesi di tipo biologico per spiegare gli eventi
depressivi.
VIE NORADRENERGICHE: locus coeruleus del tronco cerebrale (proiezioni alla
cortecciafrontale, limbica, cervelletto)
VIE SEROTONINERGICHE: nucleo del rafe del tronco cerebrale (proiezioni alla corteccia
frontale, gangli basali, aree limbiche, ipotalamo, midollo, centro del vomito, intestino)
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Ipotesi neurorecettoriale
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Ipotesi monoaminergica dell’espressione genica
La letteratura più recente sulla farmacodinamica degli antidepressivi evidenzia che l’azione degli
stessi si svolge prevalentemente in termini endocellulari (2° messaggeri –AMP ciclico, inositolo
trifosfato, diacilglicerolo-, espressione genica); in termini clinici appare più utile però una
descrizione in termini recettoriali.
Gli antidepressivi: classificazione
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TCA: Antidepressivi Triciclici
non selettivi, agiscono su diversi bersagli recettoriali
blocco ricaptazione 5-HT e NA
I TCA sono farmaci molto vecchi, non selettivi, cosiddetti “sporchi” per non avere una
specificità di sistema recettoriale, e per questo un po’ trascurati da diversi anni, con numerosi
effetti collaterali ma molto vantaggiosi dal punto di vista economico. Probabilmente l’enfasi
data recentemente a farmaci più moderni, maggiormente cari, è dovuta a ragioni economiche,
ma non voglio addentrarmi nell’argomento. Non è detto, sappiate, che i nuovi farmaci siano più
efficaci dei TCA, o immuni da effetti collaterali. Per il meccanismo d’azione vedi su, se volete
saperne di più andate sui libri; l’elenco dei farmaci non ve lo faccio, sappiate comunque cha
possiamo scegliere tra i TCA farmaci maggiormente serotoninergici e altri maggiormente
noradrenergici.
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SSRI: Inibitori Selettivi del reuptake della Serotonina (fluoxetina, fluvoxamina, paroxetina,
sertralina, citalopram)
Inibizione ricaptazione 5-HT
Down regulation 5-HT1A del neurone presinaptico
Stimolazione 5-HT (1,2,3) postsinaptici
Vent’anni fa circa usciva in commercio il Prozac (fluoxetina), seguito dal suo parente stretto
fluvoxamina: sono farmaci questi che agiscono su un unico sistema recettoriale. La risposta
clinica non si esplica prima di due settimane di cura: inoltre, a causa del meccanismo di down
regolation, c’è un aumento dello stato di agitazione (?). C’è la possibilità che il paziente, non
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avvertendo un miglioramento delle sue condizioni, anzi sentendosi peggio, abbandoni le cure. Il
paziente depresso ha bisogno di un passaggio in più in fase di terapia, il momento in cui viene
rassicurato, tranquillizzato e motivato a superare il suo pessimismo cronico e ad iniziare la cura.
Non esiste cura farmacologica senza intervento psicoterapico, questo è importante.
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SNRI: Inibitori Selettivi del Reuptake della NA e della Serotonina (venlafaxina)
profilo recettoriale dose-dipendente
La venlafaxina è un farmaco interessante, venduto anche per la cura dell’ansia, per i suoi effetti
sedativi insiti. Gli SNRI hanno però un effetto depressogeno sull’attività sessuale. La
paroxetina e la sertralina sono i farmaci più in uso tra i porno attori, perché permettono un
prolungamento del coito.
-
SARI: Antagonisti 5-HT2A e blocco minore della ricaptazione della 5-HT (Trazodone)
blocca rec. 5-HT2A, azione antistaminica e alfa1-antagonista
Il trazodone è un farmaco che personalmente utilizzo tantissimo perché ha un’azione
antistaminica insita, quindi fa dormire (sono sicuro di aver capito bene, nda), placa, calma. Si
chiama trittico per la sua triplice azione.
-
NaSSA: Antidepressivo NorAdr e Serotoninergico Specifico (mirtazapina)
Blocco del recettore presinaptico alfa2 (N.B. i neuroni NA hanno un autorecettore alfa2 che
“frena” e uno alfa1 che “accelera”)
Aumento rilascio di NA
Aumento rilascio 5-HT per stimolazione alfa1 presinaptico e blocco recettori 5-HT2A,C,3
La mirtazapina fa dormire subito, è uno dei farmaci con più rapida risposta clinica, insieme con
alcuni TCA. Questo è importante poiché se il paziente depresso, sconfortato di suo, non scorge
miglioramenti con la terapia, la abbandona senza preavviso. L’insonnia è uno dei sintomi
primari in questi pazienti, per cui se somministrate un farmaco che lo faccia dormire, anche se
l’umore non cambia, almeno lo facciamo dormire.
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NaRI: Inibitore selettivo Ricaptazione NorAdr (reboxetina)
La reboxetina per le depressioni inibite, o le depressioni stuporose. Attenzione: se utilizziamo
questi farmaci (NB gli antidepressivi in generale) in un paziente bipolare rischiamo di far virare
uno stato depressivo in uno maniacale. Che fare? Ci vuole un po’ di attenzione, e soprattutto un
farmaco stabilizzante, che vada a tamponare il rischio (boh)
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NDRI: Inibitori della ricaptazione di Dopamina e Noradrenalina (bupropione)
Il bupropione potrebbe essere utile nel contenimento delle tossicomanie, tant’è che viene
venduto per combattere la dipendenza da nicotina.
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MAOi: inibitori MonoAminoOssidasi
Sono farmaci complicati, che agiscono sul sistema che permette la ricaptazione dei
neurotrasmettitori in eccedenza, che diventano più disponibili a livello sinaptico. Hanno il
vantaggio di produrre rapidamente un miglioramento dell’umore, e lo svantaggio di essere
pericolosi e di difficile gestione (crisi monoamminergiche).
Antidepressivi: Effetti collaterali
-
Anticolinergici (TCA) precoci/tardivi:
Stipsi, secchezza delle fauci, alterazione conduzione cardiaca, ritenzione urinaria, sintomi
gastrici, aumento ponderale
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Sono gli effetti per cui i TCA non sono più comunemente utilizzati. Un altro grosso limite
dei TCA è il glaucoma ad angolo acuto, per il suo effetto anticolinergico, così come la
possibile insorgenza di un blocco urinario o di un formidabile aumento ponderale
-
Antistaminici (TCA, NaSSA) precoci:
Sedazione, vertigini, aumento ponderale, ipotensione
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Serotoninergici (SSRI, SNRI) precoci
Attivazione, nausea, inappetenza, diarrea, cefalea, insonnia
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Noradrenergici (TCA, SNRI, NaSSA, SRI) precoci/tardivi:
Insonnia, attivazione, aumento di peso, tachicardia
-
Antidopaminergici
Sintomi extrapiramidali, tachicardia
Gestione del trattamento
TEMPO DI LATENZA (compliance): 3-4 settimane, il che vuol dire che per un po’ il paziente non
avrà alcun beneficio. Ricordatelo, e non sentitevi frustrati qualora il
paziente vi accusi di aver sbagliato terapia. Il depresso è un paziente che
non cerca aiuto, o, almeno apparentemente, lo rifiuta. Una mia collega, che
aveva avuto un episodio depressivo grave, ricorda che veniva costretta a
uscire dalle persone che la circondavano, nonostante il suo desiderio di
chiudersi in casa. Il depresso vi chiederà spesso certificati medici per
saltare il lavoro: dovete essere piuttosto accorti nel concederli. Qualche
volta serve, quando c’è il rischio che il vostro assistito faccia brutta figura
nel suo ambiente di lavoro, altrimenti il depresso può essere stimolato
dall’ambiente di lavoro, dall’accoglienza dei colleghi.
RISPOSTA CLINICA: 1-2 mesi
CONSOLIDAMENTO: 3-6 MESI (il tasso di ricaduta è notevolissimo, e qualora avvenisse, le
indicazioni sono quelle di tenere in cura il paziente per 6 mesi, e in caso di
seconda ricaduta, allungare la terapia a 2 anni, se non per tutta la vita.
Attenzione però: tenere in cura il paziente con dosi farmacologiche
insufficienti non impedisce il rischio di ricadute, così come dosi elevate
espongono il paziente a rischi elevati, come quello della dipendenza)
MANTENIMENTO: >1 anno; da effettuare dopo 2-4 mesi di dosaggio stabilizzato, riduzione
posologica graduale (non rapida: sintomatologia da sospensione) fino alla dose minima efficace,
considerando i criteri clinici di sospensione
Pazienti NON RESPONDER (effetti collaterali intollerabili o risposta clinica efficace)
- Switch
Sospensione
Sostituzione crociata
- Augmentation
Incremento posologico più rapido
associazione di più AD selettivi
Ci sono altre terapie, qui non elencate: si tratta di farmaci curiosi, non psichiatrici. Ad esempio
ormoni tiroidei (vi ho detto della loro interferenza con l’umore, ma ovviamente non si tratta di
terapie prolungate) e il tanto vituperato elettroshock, il cui uso è proibito in Italia, tranne che in
poche cliniche private. L’elettroshock, messo all’indice per la sua brutalità, non è così brutale come
si può pensare, non più di un intervento chirurgico almeno: è sì un’invasione drammatica nel campo
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mentale della persona, ma è estremamente efficace. E’ stato utilizzato male nel passato, quando gli
psichiatri non avevano risorse farmacologiche adeguate, e quindi usato un po’ per tutte le patologie.
Un depresso grave, che tenti il suicidio e rifiuti i farmaci, può essere indicato per l’elettroshockterapia. Una donna gravida che non può assumere antidepressivi per i possibili danni al feto, trova
nell’elettroshock una terapia priva di effetti collaterali. Una volta gli elettrodi venivano posti
transcranialmente (a destra e sinistra), provocando a lungo andare fenomeni di demielinizzazione, a
carico del corpo calloso. La tecnica ora è cambiata, non è più pericolosa (è un emishock, quindi non
più una scossa bilaterale che attraversa il corpo calloso), si svolge in presenza di un anestesista,
mentre il paziente viene curarizzato, per attenuare la violenza delle scosse, che possono creare
traumi interni, frattura, rottura della clavicola; inoltre il protocollo prevede non più di due scosse a
settimana, per non più di 3 settimane. E’ una tecnica che purtroppo non so usare, non l’ho mai
imparata e al giorno d’oggi i limiti culturali della nostra società non ne permettono l’uso in strutture
pubbliche (il povero Randall McMurphy se potesse strozzerebbe anche lui, nda).
Questo è uno schema simpatico:
Possibili fattori implicati nella patogenesi di
un
episodio
depressivo
e
interventi
terapeutici da attuare
Evento di perdita
Interventi psicologici
sulla famiglia
Interventi sociali e
psicosociali
Prime
esperienze
infantili
Vulnerabilità genetica
Fattori ambientali
Psicoterapie
Vissuti psicologici
Terapia cognitiva
Valutazione cognitiva
Farmacoterapia
Possibili
modificazioni
neurochimiche
Episodio depressivo
(il dott. non fa altro che leggere il quadro, piuttosto chiaro per altro)
Il disturbo bipolare
Unite insieme le caratteristiche della maniacalità e della depressione. Come si presenta il singolo
episodio ipomaniacale:
a) Presenza di almeno 3 sintomi tra:
-
Autostima aumentata o grandiosità
Diminuito bisogno di sonno
Maggior loquacità del solito
Fuga delle idee
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- Distraibilità
- Aumento dell’attività finalizzata (sociale, lavorativa, scolastica, sessuale) o agitazione
psicomotoria
- Eccessivo coinvolgimento in attività ludiche con alto potenziale di conseguenze dannose
(si butta col paracadute, corre in macchina, corre in bicicletta)
b) Si associa un chiaro cambiamento nel modo di agire della persona
a) L’alterazione dell’umore e il cambiamento nel modo di agire sono osservabili da altri
a) Episodio non abbastanza grave da determinare una marcata compromissione del
funzionamento lavorativo, delle attività sociali abituali, delle relazioni interpersonali o tale
da richiedere l’ospedalizzazione; assenza di sintomi psicotici
b) I sintomi non sono dovuti agli effetti fisiologici diretti di una sostanza o di una condizione
medica generale
Il disturbo bipolare è invece caratterizzato da almeno due episodi di alterazione del tono
dell’umore, che assumono a volte le caratteristiche dell’episodio maniacale, a volte quelle
dell’episodio depressivo. La remissione tra un episodio e l’altro è di solito completa, ma esistono
anche forme senza intervalli di remissione.
Il DSM-IV distingue:
- Disturbo bipolare I: sindrome con un quadro completo di sintomi per la mania durante il
decorso della malattia
• Singolo episodio maniacale
• Ricorrente, complicato da segni psicotici (allucinazioni e deliri)
- Disturbo bipolare II: caratterizzato da episodi depressivi ed episodi ipomaniacali
Anche alcuni farmaci possono provocare nel paziente sintomi maniacali:
- Allucinogeni
- Costicosteroidi
- Amfetamine
- Isoniazide
- Bromocriptina
- Levodopa
- Ciclosporina
- Metilfenildato
- Cimetidina
- Oppiacei
- Cocaina
- Yohimbina
Andamento del disturbo bipolare: un episodio maniacale (il terzo), tre episodi depressivi, con
remissione completa tra gli
episodi.
Disturbo
bipolare:
trattamento
(Mi dispiace ma da qui in
poi non si capisce nulla,
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riporto dunque fedelmente dalle slide)
Litio: trattamento standard. L’aderenza al trattamento aumenta se la terapia è iniziata precocemente,
se si trattano eventuali malattie concomitanti o abuso di sostanze. La risposta al trattamento
aumenta se si mantengono adeguati livelli di litiemia e s’individuano o prevengono gli effetti
collaterali.
Effetti collaterali: renali (sete, poliuria); sistema nervoso (tremore, perdita di memoria); metabolici
(aumento di peso), gastrointestinali (diarrea); dermatologici (acne, psoriasi); tiroidei (gozzo,
mixedema)
Anticonvulsivanti: efficacia di carbamazepina e acido valproico nel trattamento dell’episodio
maniacale e nella profilassi degli episodi maniacali e depressivi. Sono indicati nel trattamento a
lungo termine, ma negli stadi iniziali degli episodi maniacali richiedono l’aggiunta di farmaci
sedativi.
Effetti collaterali:
Valproato (Depaking®): sintomi gastrointestinali, tremore, perdita di capelli, aumento di peso e
discrasie ematiche.
Carbamazepina: sedazione, nausea, disturbi della vista, esantema, discrasie ematiche e iponatremia
Davide Simone
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