La Riforma protestante (parte 1)

La crisi del tardo medioevo
Tra il 1347 e il 1350 la peste dilaga in Europa uccidendo un terzo dei suoi abitanti, circa 20 milioni di
persone
Lunghe processioni di flagellanti passano da una comunità all’altra mortificandosi, flagellandosi perché
pensano che la causa del male consista nell’ira divina alla quale credono di porre rimedio con i loro atti
espiatori.
Folle di cristiani attaccano le comunità ebraiche, incendiano i loro villaggi ma la pesta continua ad uccidere.
La peste nera è una malattia complessa, richiede la presenza di batteri, pulci, roditori in forma endemica.
Quando attecchisce tra la popolazione umana diventa pandemia, epidemia che si trasmette su vastissima
scala.
Si pensa che la peste ebbe come incubatrice i porti dell’Italia meridionale procedendo poi verso tutta
l’Europa in modo inarrestabile. Essa colpiva tutti, nobili e poveri, contadini ed artigiani, clero e laici.
La malattia, che sembrava sconfitta alla metà del ‘300, ricomparve virulenta nel 1360 con un forte impatto
psicologico i cui effetti proseguirono fino agli inizi del 1700.
La crisi di carattere sanitario si intreccia in quegli anni, siamo nella seconda metà del ‘300, con una forte
crisi di stagnazione demografica ed economica, con guerre intestine e con lo scisma del mondo cattolico.
Nel ‘400 buon governo e pace erano merce rara. Francia ed Inghilterra si combattevano per i possedimenti
francesi della corona inglese in una guerra che sarebbe durata 100 anni.
Durante il medioevo la legittimità politica si fondava su due teorie fondamentali.
La prima, gerarchica, trovava le proprie radici nella tradizione romana e sosteneva che l’autorità
discendesse da Dio, attraverso il papa, l’imperatore, il re e così via.
La seconda, di tipo egualitario, traeva origine dal diritto germanico secondo il quale l’autorità discendeva
su giuramenti scambiati tra pari.
L’idea che le moderne costituzioni danno della libertà religiosa è cosa ben diversa da quanto si pensava nel
Medioevo. Era incerta la distinzione tra ciò che era privato e ciò che era pubblico. Tra ciò che era religioso
e ciò che era laico. La terra è la principale risorsa economica e quando Carlo Magno dovette assicurarsi
fedeltà dai capi militari e dai governanti locali, donò loro delle terre per assicurare rendite e benefici. Così
nacque il feudo. I feudatari, a loro volta, per assicurarsi la fedeltà dei sottoposti suddivisero la terra in
appezzamenti da distribuire ai propri uomini e così via.
Alla base piramidale della società ci stavano i servi della gleba, contadini disarmati costretti a prestare
servizi in natura, a versare buona parte del loro prodotto. Non potevano lasciare il villaggio, viaggiare,
sposarsi, fare contratti senza il consenso del loro signore.
Il rapporto, quindi, tra gli uni e gli altri, era un rapporto personale di dipendenza.
La terra stessa non aveva una proprietà ben definita. Vi erano diritti ereditari del lontano sovrano, diritti dei
signori feudali e in più il diritto della Chiesa alla quale veniva pagata la decima parte del raccolto.
I Comuni si costituiscono anch’essi come forme di aggregazione personale e giurata di uomini liberi e
armati. Il rapporto con il potere centrale variava da zona a zona. In Italia, nelle Fiandre e in Svizzera, molti
Comuni diventano città stato, formalmente soggette all’imperatore ma libere di auto amministrarsi., di
darsi giustizia, eserciti, fare guerre ed alleanze.
‘Religio’ in latino deriva da ‘religare’ che significa ‘legare’. La religione ‘lega’ gli uominia sé, dunque tiene
insieme la società. Il potere sacro della Chiesa sta proprio in questo ‘legare’ attraverso un vincolo, un
giuramento e, di conseguenza, anche nello ‘slegare’ gli uomini da quel vincolo, da quel giuramento.
In un mondo caratterizzato da un rapporto di dipendenza personale, dove non esistono leggi precise, dove
l’autorità imperiale è lontana, dove prevale la forza e la violenza, la principale qualità e virtù degli uomini è
quella di essere fedeli: fedeli alla famiglia, alla stirpe, al principe e, finalmente, alla Chiesa.
La parola latina ‘fides’ non significa solo ‘fede’ ma anche ‘fedeltà’ che deve essere praticata dagli uni verso
gli altri che stanno sopra la scala gerarchica.
Se non c’è ‘fides’, la società si sgretola. Ecco perché ogni organizzazione, ogni associazione richiede un
vincolo di fedeltà.
E il vincolo di fedeltà, il giuramento, per essere valido, necessità di una consacrazione che solo la Chiesa
può dare. E la chiesa non può limitarsi a dichiarare la condanna divina nei confronti di chi tradisce la
‘fedeltà’ ma può anche, a suo piacimento, sciogliere gli uomini dal legame di fedeltà nei confronti di altri
uomini.
Ciò significa che quando i Papi scomunicano un Re o un Imperatore, o una città, tutte le fedeltà e tutti i
patti giurati sono sospesi, annullati. Gli scomunicati diventano dei ‘fuori legge’ che tutti possono colpire.
La relazioni umane nella società medioevale sono quindi organizzate attorno a questo principio di fedeltà
sancito, sottoscritto, amministrato dalla Chiesa.
Ma i cristiani non devono solo essere fedeli alla proprio signore. Devono conoscere la volontà di Dio,
mettere in pratica il Vangelo, seguire gli insegnamenti della Chiesa, l’amore per il prossimo.
E nel mondo medioevale accordare tra loro la fedeltà ai principi spesso in lotta tra loro e la fedeltà a Cristo
non è sempre facile, né fattibile.
Tra la fede cristiana e le altre forme di fedeltà sono inevitabili tensioni e conflitti soprattutto alla luce della
violenza armata che domina la vita sociale. Violenza che, spesso, viene anch’essa esaltata e imposta dai
codici di fedeltà e d’onore che reggono l’ordine sociale.
La Chiesa, attraverso la sua organizzazione, controlla ed influenza la vita dei fedeli. Se il matrimonio è un
sacramento, la vita sessuale e famigliare è controllata dalla Chiesa. Anche la morte, attraverso il
sacramento dell’estrema unzione, è controllata dalla Chiesa. La morte non è la fine della vita ma il
passaggio all’altro mondo, dove ci sta l’Inferno e il Purgatorio. Il potere del sacerdote è grandissimo perché
solo lui può assolvere i fedeli al momento della morte.
Il sacerdozio, cui si accede tramite il sacramento dell’ordinazione, ha un potere straordinario. I tribunali
ecclesiastici intervengono sulla bestemmia, sull’eresia, sul rifiuto di pagare la decima o le tasse
ecclesiastiche e se la Chiesa, che per la sua struttura non ha il potere della spada, non è in grado di far
rispettare la norma, allora interviene l’autorità civile che esegue le sue sentenze.
Il tribunale ecclesiastico condanna l’eretico, il principe lo mette sul rogo.
Anche nel campo dell’istruzione la Chiesa ha un potere enorme. La maggior parte degli insegnanti è
formata da ecclesiastici. Sul piano economico, le parrocchie, le sedi arcivescovili, i monasteri, gli ordini
religiosi, gestiscono una massa enorme di donazioni e lasciti. La Chiesa è dunque il più grande proprietario
terriero del tempo.
E’ storicamente inevitabile che, a lungo andare, questo potere ‘ecclesiale’ si dovesse scontrare con il potere
mondano delle autorità civili.
Il conflitto tra Stato e Chiesa, sopito durante il primo millennio dalla paura e dalla superstizione, esplode
con l’Umanesimo, con le prime richieste di riforma, con il Rinascimento, con lo scandalo di una Chiesa
corrotta e corruttibile.
I Re tendono a stabilire un loro diretto controllo sulla Chiesa. L’alto clero deve essere più legato alo potere
civile che non al Papa. In alcuni casi, come in Inghilterra, il Re diventa Capo della Chiesa e i vescovi sono
funzionari dello Stato.
La riforma protestante colpisce il cuore di questo sistema della Chiesa medioevale: colpisce la dottrina e la
pratica sacramentale, quella funzione di intermediazione tra Dio e gli uomini finora svolta dal sacerdote.
Tra il 1200 e il 1500 la geografia politica dell’Europa cambia radicalmente.
In Italia le grandi repubbliche cittadine, i Comuni, caddero nelle mani di ristrette aristocrazie in un modello
ben descritto dal Macchiavelli nel suo Principe.
In Germania vi erano lotte dinastiche per la supremazia del Sacro Romano Impero: lotte dinastiche tra
Austria, Baviera e Lussemburgo che avrebbero provocato alla lunga la nascita delle ‘nazioni’ ma,
nell’immediato, una intrinseca debolezza dell’autorità e dei vincoli di lealtà.
Il papato, nel corso dei secoli, aveva costruito la sua monarchia attraverso un sistema fiscale e giudiziario
centralizzato che rivendicava l’esercizio dell’autorità sul clero in tutta l’Europa e quando le monarchie locali
tesero a diventare nazioni, agli ecclesiastici si pose la domanda di chi servire: il papa o il re.
A metà del 1300, la maggioranza degli europei riconoscevano nel papa la sola autorità spirituale con alcune
eccezioni; l’area ortodossa che si espandeva da Costantinopoli a Mosca.
Per la chiesa cattolica la salvezza del cristiano discende dal battesimo, il sacramento che secondo Agostino
lava il peccato originale. Stabiliva inoltre l’obbligo della confessione che dava diritto all’altro sacramento
che era quello dell’eucarestia. Infine l’estrema unzione che prepara il cristiano morente al giudizio di Dio.
Tutti questi atti sacramentali sono amministrati da un sacerdote consacrato con la sola eccezione del
battesimo nel caso di un bambino in pericolo di vita.
La chiesa medioevale è una struttura ben definita. Da un lato lo spazio riservato al clero, dall’altro quello
riservato ai laici, le immagini dei santi, le statue, avevano funzione pedagogica . le campane erano suonate
per scandire le ore della giornata ma anche per avvertire dei pericoli, per tenere lontani i temporalio e così
via. La chiesa ospitava altresì, nel suo terreno prospicente il cimitero che poteva servire anche da rifugio e
dove, a volte, si svolgevano manifestazioni e cerimonie.
Per la manutenzione dell’edificio, per provvedere ai paramenti sacri e garantire vitto ed alloggio ai
sacerdoti, la comunità pagava un tributo che generalmente ammontava a un decimo del raccolto (la famosa
‘decima’).
A partire dal 1300 tutte le parrocchie appartenevano a diocesi sottoposte all’autorità spirituale di un
vescovo. E il vescovo era titolare dell’autorità spirituale, nella maggior parte d’Europa, che esercitava
attraverso arcidiaconi, arcipreti che sovraintendevano le parrocchie rurali.
Ma nel ‘300 le cariche vescovili erano diventate appannaggio delle dinastie principesche e nobiliari e gli
stessi canonici delle cattedrali erano solitamente membri dell’elite.
I vescovadi erano dunque istituzioni ecclesiastiche ma anche istituzioni politiche perché non solo
amministravano i beni della chiesa ma anche le proprie fortune personali.
Il vescovo di Roma era a capo di tutto questo complesso di relazioni e sistemi di comunità ed era nello
stesso tempo il sovrano dello stato pontificio nell’Italia centrale.
L’amministrazione pontificia poggiava su tre sistemi.
Il primo era la Camera apostolica che aveva funzione di tesoro pontificio, il era la Cancelleria che gestiva
tutta la corrispondenza pontificia e il terzo era la Sacra Rota che aveva funzione di tribunale di ultima
istanza.
Il nepotismo era pratica diffusa perché i papi tendevano a fidarsi di più dei parenti ed affini e il Concistoro
era spesso luogo di scontro tra le grandi famiglie cardinalizie tenendo conto che l’ordinazione sacerdotale
non era un requisito essenziale per il cappello cardinalizio.
Tra il ‘3-400 diverse crisi interne alla chiesa portarono ad una discussione sul potere della monarchia papale
ma questa questa occasione di riforma andò perduta nel corso degli anni.
Gli anni tra il ‘300 e il ‘400 furono gli anni dello scisma. I francesi, ad Agnani, fecero prigioniero il papa e da
lì partì la lunga vicenda della nomina di papi concorrenti, divisi tra Roma ed Avignone. La causa del dissidio
e dello scontro risiede nel conflitto che separò la Chiesa dal regno di Francia sui diritti del Re a nominare,
tassare e giudicare il clero francese.
Il conflitto e riguardava ovviamente tutti i sovrani e il fatto che il Papa fosse anche un sovrano territoriale
complicava ulteriormente la questione comportando conflitti ricorrenti tra papi e sovrani.
Conclavi contestati per la presenza preponderante di cardinali italiani, papi ed antipapi, scismi, non erano
assolute novità ma la crisi sfociò ben presto nel grande scisma d’Occidente spaccando in due la chiesa
universale e cattolica, mettendo così a repentaglio la legittimità di ogni atto ecclesiastico e in discussione
ogni diocesi, ogni parrocchia, ogni monastero, ogni comunità ecclesiale.
Finalmente a Costanza, nel 1417, fu eletto Martino V, aristocratico romano che fu prontamente ordinato
prete, vescovo, cardinale ed infine coronato papa. Lo scisma era terminato e la riforma poteva cominciare.
Una riforma che avrebbe dovuto intervenire sulla molteplicità di tasse, gabelle, mettere ordine sul potere
pontificio, ridurre il numero dei cardinali ecc.
Ma il tentativo fallì perché Martino V aggirò tutti gli ostacoli e i propositi iniziali. Ben presto il collegio
cardinalizio si riempì di parenti ed amici, per di più tutti italiani.
Da quel momento tutti i papi del Rinascimento si rifiutarono di convocare il Concilio e solo dopo il regno di
Giulio II si decise che il Papa poteva esercitare il proprio potere sui concili e su tutti gli aspetti della vita
ecclesiastica.
Se a Costanza si era tentato di varare una riforma dell’ordinamento, il risultato negli anni fu completamente
negativo.
Il clima tra fazioni si accentua e nel conclave del 1471 solo 3 elettori, su diciotto, non erano italiani e nel
1484 solo 4 su 25.
Nel corso del ‘400, la curia papale assume sempre più le fattezze di una corte principesca integrandosi
pienamente nel sistema politico e sociale europeo: fazioni, conflitti, violenza, snobismo, suscitano orrore,
risentimento e disgusto negli uomini e nelle donne più devote scavando così un solco profondo tra il clero e
tra i laici.
Il crescente impegno negli affari italiani, il mantenimento della corte pontificia, presupponevano una forte
e crescente fiscalità anche sulla base che l’espandersi della peste aveva ridotto di fratto le entrate della
corte pontificia.
L’ambizione politica aveva scavato un solco tra i papi e i loro alleati laici in materia di religione. La questione
del prevalere della Chiesa sui sovrani europei aveva aggravato questo stato di tensione e la crescente
influenza delle monarchie sugli affari ecclesiastici fu il prerequisito della divisione della chiesa.
E’ in questo clima che i padri della riforma protestante iniziarono la loro opera di smantellamento della
chiesa cattolica.
RESISTENZA E RINNOVAMENTO
Nell’ottobre del 1414, un professore universitario, Jan Hus viaggiava, protetto da un salvacondotto, verso il
concilio di Costanza dove avrebbe dovuto discutere le sue idee sulla Chiesa. All’arrivo fu arrestato,
processato e giustiziato come eretico senza neppure la possibilità di illustrare la sua proposta di riforma.
Un secolo dopo, siamo nel 1521, un altro predicatore viaggiava verso la dieta di Worms dove aveva
intenzione di esporre le sue idee sulla chiesa. Ma, a differenza di Hus, gli fu permesso di parlare.
Quest’uomo era Martin Lutero e la differenza tra i due destini era il risultato del profondo mutamento
intervenuto in quel secolo tra la Chiesa e lo Stato.
Dopo la caduta dell’Impero Romano, il cristianesimo era riuscito a presentarsi come istituzione dominante.
Con Costantino il cristianesimo diventa religione ufficiale mentre le altre credenze religiose sono percepite
come minacce all’ordine precostituito. La relazione tra Chiesa e Stato è così stretta che ogni devianza
rispetto all’uno o all’altro diventa attentato all’ordine pubblico, creando così una stretta relazione tra eresia
e disordine politico.
Nei primi secoli dopo la caduta dell’impero l’eresia era relativa alla religione dei popoli germanici, contro i
guerrieri pagani ma sarà solo con l’esplodere della crisi del papato che quella stretta relazione si accentuerà
fino a sovrapporre eresia con il dissenso ideologico e politico.
Il risultato sarà che, nel contesto di compromissione tra gli affari ecclesiastici e civili, di fronte all’emergere
di ogni idea riformatrice che poteva mettere in discussione l’ordine esistente, Chiesa e Stato si trovano a
combattere dalla stessa parte della barricata. L’una combatte sul piano religioso, l’altra diventa
inevitabilmente il braccio armato della prima.
La prima crociata contro il dissenso sarà la guerra mossa contro i Catari, un movimento che univa la critica
al mondo ecclesiastico ad una visione del clero completamente separata del mondo.
Quando nel XII secolo fu assassinato un legato pontificio a Tolosa, Innocenzo III lanciò contro di loro una
vera e propria crociata istituendo il famoso tribunale dell’Inquisizione: una macchina giudiziaria che la
Chiesa avrebbe utilizzata nel tardo medioevo per sottomettere eretici, dissidenti, riformatori, professori
universitari. La condanna dell’inquisito non poteva essere eseguita dall’autorità ecclesiastica ma dal suo
braccio armato: l’autorità civile.
Nel ‘300, in Italia, vi furono le persecuzioni contro i seguaci di ‘fra Dolcino. In Inghilterra, il filosofo inglese
Wycliff operava una distinzione tra la chiesa visibile e fallibile come istituzione storica e la chiesa invisibile
costituita dal popolo dei fedeli, spingendosi a identificare il Papa come l’Anticristo. Wycliff negava che il
prete, durante la messa, potesse trasformare davvero il pane e il vino nel corpo e nel sangue di Cristo. Per
lui era impossibile che un tale miracolo potesse essere svolto da un semplice sacerdote.
La presenza dello Stato pontificio creava in Italia una situazione paradossale. I conflitti con i Visconti, gli
Asburgo di Spagna e d’Austria, i Valois di Francia contribuivano a fare del Papato, una terra perennemente
in guerra a difesa dello Stato pontificio così come suggeriva il Macchiavelli nel suo Principe.
LA RIFORMA DI LUTERO
Il 31 ottobre del 1517, un professore universitario, Martin Lutero, affigge sulle porte del Duomo di
Wittenberg le famose 95 tesi in vista di un dibattito pubblico.
Lutero aveva la capacità, il carisma e la conoscenza adatta a diffondere uno spirito riformatore.
Nominato lettore di filosofia approfondì gli studi sulle lettere di San Paolo comprendendo che che la
passione e la morte di Gesù erano tutto ciò che occorreva per la salvezza. I cristiano non dovevano lottare
per dimostrare la loro fede con atti di devozione ma dovevano avere soltanto fede nell’amore e nella
misericordia di Dio.
A differenza dei secoli precedenti la sua opera viene diffusa attraverso un nuovo strumento, quello della
stampa tramite l’invenzione dei caratteri mobili.
Lutero appartiene al mondo germanico e in quegli anni l’Imperatore del Sacro Romano impero germanico
godeva di minori diritti sulla Chiesa in quanto nessuno, neppure l’imperatore, poteva nominare i vescovi la
cui elezione toccava solo alle autorità ecclesiastiche. Ma l’associazione di denaro, interessi dinastici,
mediazioni politiche ed alleanze famigliari, politicizzava sempre più lo Stato della Chiesa.
Nel 1448, a Vienna, i principi imperiali avevano riconosciuto al papa di riscuotere le annate, un tributo pari
alle rendite del primo anno in cambio del diritto di tassare il clero locale. Un sistema che permetteva a tutte
le parti in causa di soddisfare le proprie esigenze economiche.
Nel 1514, Alberto di Brandeburgo viene eletto a 26 anni cardinale di Magonza. Il giovane principe, però, era
già titolare di altri due vescovadi e non avrebbe potuto assumere la nuova carica a Magonza.
Quando però promise un’offerta supplementare per la costruzione della basilica di San Pietro a Roma, il
Papa gli concesse questo ulteriore beneficio.
Per far fronte al pagamento Alberto si fece prestare del denaro da banchieri di Augusta mentre il papa
Leone X autorizzò la vendita delle indulgenze nei territori di Alberto affinchè i sudditi potessero aiutare il
sovrano a rimborsare i debiti.
Ma Federico il saggio, principe terriero dove predicava Lutero, si oppose alla presenza di venditori di
indulgenze nel suo territorio e quando si presentò a tale scopo il frate domenicano Johann Tetzel, Lutero si
scagliò contro la vendita di indulgenze affiggendo le famose tesi sulla chiesa di Winttenberg.
Le tesi, scritte in latino rispecchiavano le teorie di Lutero sulla centralità della fede e sull’inutilità degli sforzi
umani per acquisire meriti attraverso le opere. In particolare si evidenziava l’inutilità dell’acquisto di pezzi
di carta per ottenere la remissione dei peccati.
Le tesi mettevano quindi in discussione l’autorità papale e il ruolo del clero nella salvezza delle anime.
Con l’aiuto della stampa Lutero diventa il vero primo besteseller dell’età moderna. Il domenicano Tetzel
non si fece attendere. Pubblicò anch’egli un suo documento a favore delle tesi papiste e la guerra religiosa
divampo in brevissimo tempo in tutta la Germania.
Quando l’arcivescovo di Magonza avvertì il pericolo delle tesi luterane chiese al principe di Sassonia,
Federico, di consegnare il frate perché fosse processato a Roma, ma l’elettore di Sassonia rifiutò.
Perché rifiuto?
Rifiutò perché all’inizio del ‘500 il Sacro Romano Impero era confederazione che comprendeva 500
giurisdizioni semi autonome che andavano dall’Italia settentrionale all’Europa centrale sotto una teorica
sovranità dell’imperatore elettivo ma di fatto con una spiccata tendenza all’autonomia.
I grandi elettori dell’imperatore rivendicavano diversi diritti: partecipare all’elezione dell’imperatore stesso,
alle diete che negoziavano e legiferavano in tutto l’Impero. L’impero non disponeva di una sua forza
armata, né di un suo sistema giudiziario, cosicchè l’imperatore, per governare, doveva dipendere dalle
entrate dei propri territori e dalle sue risorse dinastiche e personali.
Ma se l’aiuto dei principi elettori risultava fondamentale per la sopravvivenza dell’Impero (allora imperava
Carlo V, era del tutto evidente come da parte dei principi elettori vi fosse anche la forza per opporsi, entro
certi limiti, alle richieste dell’imperatore stesso.
Così, quando Carlo V, devotissimo e cattolicissimo, chiede al principe di Sassonia di consegnare Lutero
all’inquisizione pontificia, Federico si oppone e protegge Lutero dalla sua certa condanna.
Vi è quindi una ragione politica di fondo alla base dell’espansione della Riforma: la ragione di una
autonomia politica sempre più grande nei confronti dell’Impero e, dunque, del papato romano.