Le cooperative sociali Premessa Il presente articolo ha l’intento di voler sottoporre all’attenzione degli enti ecclesiastici uno strumento normativo che in taluni casi può rivelarsi vantaggioso per lo svolgimento di alcune delle attività da essi svolte. Difatti gli enti ecclesiastici possiedono in non pochi casi strutture che, a causa delle limitate disponibilità finanziarie o della penuria di vocazioni e di personale, non riescono ad utilizzare in misura adeguata o a provvedere alla loro necessaria manutenzione. Per contro i soggetti che operano in campo sociale (quali, ad esempio, le cooperative sociali) dispongono, oltre che di considerevoli agevolazioni di vario tipo, talvolta anche di cospicui finanziamenti per le loro iniziative, che consistono anche nei contributi che possono ottenere dalle istituzioni pubbliche. In questi anni, e in particolare a partire dalla seconda metà degli anni ’90, si è assistito ad una crescita esponenziale, soprattutto sotto il profilo quantitativo, delle organizzazioni non profit, e in particolare della cooperazione sociale, e questo elemento è identificativo del fatto che la cooperazione sociale è stata una delle esperienze maggiormente innovative sul fronte delle politiche sociali in Italia. La figura della “cooperativa sociale” è nata in seguito all’esigenza di affidare la gestione dei servizi definiti di “interesse generale” (quali ad esempio l’assistenza ad anziani, handicappati, ammalati, tossicodipendenti, alcoolisti, ecc.) a strutture private che però non abbiano “scopo di lucro”, il che porterebbe all’inevitabile sfruttamento dell’assistito. La cooperativa sociale ha quindi ad oggetto un servizio di pubblica utilità sociale, gestito con criteri economici privatistici, ma senza scopo di lucro, garantendo in tal modo un accettabile rapporto costi-benefici. In Italia le cooperative sociali rappresentano attualmente un’importante realtà sia sotto il profilo occupazionale sia dell’erogazione dei servizi e sono diffuse in tutto il territorio italiano. Lo sviluppo di questa particolare forma sociale è legato ad una molteplicità di fattori: da un lato gli enti pubblici conferiscono alle cooperative sociali una quota crescente di servizi sociali, sanitari, educativi; d’altro lato esistono fenomeni di auto organizzazione della società (cittadini, gruppi, associazioni, ecc.) che promuovono la nascita di cooperative sociali per rispondere a bisogni insoddisfatti o per innovare l’offerta di servizi socio-assistenziali. Il presente materiale riveste carattere confidenziale non divulgabile a terzi e protetto dalla normativa in materia di diritto 1 d’autore. In tal senso le cooperative sociali, considerando anche le varie agevolazioni fiscali ed i finanziamenti previsti per tale categoria di enti, possono essere un valido strumento anche per l’esercizio delle attività svolte in taluni casi dagli enti ecclesiastici, ovviamente con le dovute cautele e precauzioni del caso. La normativa giuridica delle cooperative sociali è disciplinata dalla Legge 8 novembre 1991, n. 381. Tale legge ha dei contenuti fortemente innovativi rispetto alla disciplina tradizionale della società cooperativa: prevede infatti nuove figure di soci (i volontari), interventi significativi delle Regioni (norme attuative, convenzioni tipo, albo regionale), l’applicazione dei contratti collettivi ai soci-lavoratori, agevolazioni specifiche in materia previdenziale e fiscale, ecc. Passiamo ora ad esaminare la disciplina normativa cui sono soggette le cooperative sociali, analizzando in linea generale alcuni degli aspetti principali che le caratterizzano. Caratteristiche fondamentali delle cooperative sociali. Quello che distingue principalmente le società cooperative dalle cooperative sociali è che, mentre le società cooperative perseguono un interesse “privatistico”, le cooperative sociali, ai sensi della stessa definizione che ne dà l’art. 1 della Legge n. 381/1991 che le disciplina, “hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini”. Questa è la diversità che risalta subito nelle cooperative sociali e che pertanto le caratterizza e le differenzia dalle società cooperative. Le cooperative sociali quindi sono tali in quanto svolgono determinate attività di rilevanza sociale ed agiscono nell’interesse dei destinatari di tali attività, gli utenti e le persone svantaggiate, che conseguentemente diventano i beneficiari della cooperativa. Le cooperative sociali, infatti, perseguono innanzitutto un interesse generale della collettività mentre l’interesse privatistico e patrimoniale ha un’importanza secondaria. La caratteristica principale delle cooperative sociali è pertanto questa: in esse l’interesse generale costituisce lo scopo sociale preminente rispetto a quello privatistico che assume invece connotati secondari. Ovviamente ciò non vuol dire che non vi sia l’interesse dei soci a perseguire dei vantaggi patrimoniali attraverso l’associarsi in cooperativa; la differenza sta nel fatto che tali interessi non sono preminenti rispetto a quelli di carattere generale, come accade invece negli altri sodalizi cooperativi, ma sono ad essi subordinati. In sintesi, dunque, la cooperativa sociale è un’impresa privata, disciplinata dalle leggi del diritto privato, ma priva di scopi di lucro e volta al perseguimento di un interesse generale Il presente materiale riveste carattere confidenziale non divulgabile a terzi e protetto dalla normativa in materia di diritto 2 d’autore. della collettività, un interesse sociale. Quello che il legislatore ha voluto realizzare con l’istituzione delle cooperative sociali, infatti, è proprio un interesse generale della collettività perseguito attraverso lo strumento disciplinato giuridicamente dalle leggi del diritto privato. Le cooperative sociali hanno a tal fine una natura sociale e mutualistica, priva cioè di scopo di lucro ed estranea per definizione ad obiettivi di carattere speculativo. Tali enti, infatti, devono perseguire e realizzare i propri scopi nel rispetto dei principi della mutualità (partecipazione dei soci, democrazia interna, porta aperta) e senza fini di speculazione privata. Scopo mutualistico e attività delle cooperative sociali. La riforma societaria del 2003 ha confermato la centralità dello scopo mutualistico nella qualificazione delle cooperative sociali. Non sono infatti ammissibili cooperative sociali che non perseguano uno scopo mutualistico. Il legislatore non ha però chiarito espressamente in cosa consista lo scopo mutualistico. Seppure in mancanza di una definizione legislativa, non vi sono però incertezze nell’individuare lo scopo mutualistico nella gestione di servizio in favore dei soci, ossia nel dovere della cooperativa sociale di concludere contratti di scambio o di lavoro con i propri soci. In altre parole, lo scopo mutualistico consiste nel fornire beni, servizi ed occasioni di lavoro direttamente ai membri dell’ente stesso, a condizioni più favorevoli di quelle che otterrebbero sul mercato. Le cooperative sociali si dividono in cooperative a cosiddetta “mutualità pura” (nel caso in cui operino esclusivamente a favore dei propri soci) e cooperative a cosiddetta “mutualità non esclusiva” (quelle cioè che possono operare anche con i terzi), tra le quali è possibile individuare due ulteriori sottotipi, e cioè le cooperative a mutualità prevalente e le cooperative diverse. Le cooperative a mutualità prevalente si distinguono dalle cooperative diverse in quanto devono rispettare due requisiti fondamentali e cioè l’attività svolta dalla cooperativa deve essere svolta per più del 50% con i soci e lo statuto della cooperativa deve contenere specifiche clausole di non lucratività (divieto di distribuire i dividendi tra i soci; divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci; divieto di distribuire le riserve tra i soci; obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della cooperativa, dell’intero patrimonio sociale ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione). Le cooperative diverse si distinguono da quelle a mutualità prevalente in quanto, in Il presente materiale riveste carattere confidenziale non divulgabile a terzi e protetto dalla normativa in materia di diritto 3 d’autore. conseguenza di una libera scelta statutaria, non sono tenute ad uniformarsi ai requisiti suddetti. Esse sono quindi un “modello residuale” di cooperativa. In base a quanto stabilito dall’art. 1 della Legge n. 381/1991, le cooperative sociali, nel perseguimento del loro fine solidaristico, possono svolgere esclusivamente le seguenti attività: a) gestione di servizi socio-sanitari ed educativi (comma 1, lett. a); b) svolgimento di attività diverse (ad esempio attività agricole, industriali, commerciali, di servizi, ecc.) finalizzate all’inserimento lavorativo di “persone svantaggiate” (comma 1, lett. b). Tali due tipi di cooperative sociale, pur condividendo la stessa finalità (la promozione umana e l’integrazione dei cittadini), hanno pochissimi tratti in comune. a) Le cooperative del primo tipo offrono un servizio socio-sanitario (ad esempio attività e servizi di riabilitazione, centri diurni e residenziali di accoglienza e socializzazione, servizi domiciliari di assistenza, attività di assistenza infermieristica, ecc.) ed educativo (ad esempio corsi scolastici, corsi di formazione e lavoro, ecc.) a favore degli utenti, che possono essere anche non soci, e possono essere ulteriormente distinte in: o cooperative di servizi sociali, ossia cooperative di produzione e lavoro costituite da soci lavoratori qualificati professionalmente che offrono servizi al pubblico o all’ente pubblico; o cooperative di solidarietà sociale vere e proprie in cui lo scopo non è occupazionale, bensì di offrire un servizio di tipo socio-sanitario e/o educativo all’utente in generale oltre che ai soci. Le cooperative appartenenti a tali tipologia operano con soci lavoratori, e talvolta anche con lavoratori dipendenti non soci, in possesso di adeguata qualifica professionale, nei lavori di carattere socio-sanitario ed educativo. Sono quindi cooperative socio-sanitarie quelle costituite da soci in possesso di adeguata qualifica professionale che operano nei settori dell’assistenza agli handicappati, agli anziani, ai malati, agli inabili, e in genere a persone bisognose di intervento sociale. Sono invece cooperative educative quelle che effettuano corsi scolastici, corsi di formazione e lavoro, corsi di addestramento professionale, ecc. I destinatari di tali servizi devono essere in ogni caso persone bisognose di intervento Il presente materiale riveste carattere confidenziale non divulgabile a terzi e protetto dalla normativa in materia di diritto 4 d’autore. sociale. Tale intervento può trovare origine in motivazioni legate sia all’età, sia alla condizione personale o familiare, sia alla condizione sociale della persona. b) Le cooperative del secondo tipo, invece, operano nei settori più disparati (agricolo, industriale, commerciale, dei servizi, ecc.) purché siano finalizzate a favorire l’inserimento lavorativo di “persone svantaggiate”, qualsiasi sia l’attività da esse svolta, realizzando così uno scopo di promozione occupazionale. Tali cooperative sono riconducibili al genere delle cooperative di produzione e lavoro. Per tale motivo questa tipologia di cooperative sociali deve essere costituita per almeno il 30% da soci-lavoratori o lavoratori dipendenti che siano “persone svantaggiate”. Questa percentuale deve essere calcolata in relazione al numero complessivo dei lavoratori, siano essi lavoratori soci ovvero semplici lavoratori dipendenti della società (sono in ogni caso esclusi in tale computo i soci volontari). Occorre vedere quindi quali soggetti vengono considerati “persone svantaggiate”. L’art. 4, comma 1 della Legge n. 381/1991 afferma che sono considerate persone svantaggiate gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex degenti di ospedali psichiatrici, i soggetti sottoposti a trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori, in età lavorativa, in situazioni di difficoltà familiare, le persone detenute o internate negli istituti penitenziari, ecc. E’ attualmente allo studio, inoltre, la possibilità di inserire tra le persone svantaggiate altre categorie di lavoratori quali gli extra comunitari, i licenziati, ecc. Oltre alle cooperative sociali di tipo a) e di tipo b) si ammette, infine, la costituzione di cooperative sociali a scopo plurimo, cioè che hanno ad oggetto entrambe le attività previste dall’art. 1 della Legge n. 381/1991. In tali casi vi sono però alcune condizioni da rispettare, e cioè: a) la tipologia di svantaggio o le arre di intervento indicate nell’oggetto sociale siano tali da richiedere lo svolgimento di attività coordinate affinché possano essere conseguite in maniera efficace le finalità attribuite alle cooperative sociali. Il collegamento tra le attività deve essere chiaramente indicato nello statuto sociale; b) l’organizzazione amministrativa delle cooperative sociali deve consentire la netta separazione della gestione relativa alle attività esercitate; ciò è necessario ai fini di una corretta applicazione delle agevolazioni concesse dalla normativa Il presente materiale riveste carattere confidenziale non divulgabile a terzi e protetto dalla normativa in materia di diritto 5 d’autore. vigente. Costituzione di una cooperativa sociale. Le cooperative sociali devono costituirsi per atto pubblico. Di solito si procede alla redazione di due documenti distinti: l’atto costitutivo e lo statuto (che giuridicamente costituiscono un atto unitario). L’atto costitutivo, che è più sintetico, contiene le regole per lo svolgimento dell’attività mutualistica e può prevedere che la società svolga la propria attività anche con terzi non soci. Lo statuto, che è invece più analitico, contiene le regole e le norme relative al funzionamento dell’ente e, come detto, viene considerato in ogni caso parte integrante dell’atto costitutivo. La denominazione sociale deve contenere in ogni caso l’indicazione specifica di cooperativa sociale. Le cooperative sociali del primo tipo (lett. a) devono prevedere quale oggetto sociale l’assistenza socio-sanitaria a favore di soggetti bisognosi di tale assistenza oppure di quella di tipo educativo. Si tratta di cooperative sociali che operano con lavoratori soci e, pertanto, sono classificabili come cooperative di produzione e lavoro. Le cooperative sociali del secondo tipo (lett. b), invece, possono annoverare come oggetto sociale una delle molteplici attività elencate nella stessa norma e cioè un’attività di carattere agricolo, industriale, commerciale o di servizi, purché, come suddetto, finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Anche in questo caso si tratta di cooperative che possono essere classificate per lo più come cooperative di produzione e lavoro (oltre che, ovviamente, come sociali), anche se le cooperative che svolgono attività lavorativa attraverso i propri soci in alcuni specifici settori vengono classificate in base al settore economico in cui operano. Sono quindi agricole le cooperative sociali che operano nel settore dell’agricoltura, sono di “consumo” quelle che operano nel settore del consumo, sono classificate della “pesca” quelle che operano in quel campo, ecc. Alle cooperative sociali, per quanto non previsto dalle specifiche norme sulla cooperazione, si applicano in quanto compatibili le disposizioni sulle società per azioni. L’atto costitutivo, tuttavia, può prevedere che trovino applicazione, sempre se compatibili, le norme sulla società a responsabilità limitata qualora la cooperativa abbia un numero di soci cooperatori inferiore a venti e/o abbia un attivo dello stato patrimoniale non superiore ad un milione di euro. A seconda, quindi, delle dimensioni della cooperativa e cioè del numero dei soci e Il presente materiale riveste carattere confidenziale non divulgabile a terzi e protetto dalla normativa in materia di diritto 6 d’autore. dell’entità dell’attivo patrimoniale, è possibile effettuare una scelta tra i due modelli di società di capitali (s.p.a. o s.r.l.) ed è, come detto, la ridotta base associativa della cooperativa, o la scarsa rilevanza economica dell’attività da essa svolta, a consentire l’adozione delle norme del tipo della s.r.l. In ogni caso la scelta del rinvio alle norme in materia di società per azioni o a quelle in materia di società a responsabilità limitata, nel caso in cui ciò sia possibile, andrà attentamente valutata caso per caso, in quanto non è affatto priva di conseguenze. Nelle cooperative sociali il capitale sociale è costituito dall’insieme dei valori (denaro, crediti, beni in natura, ecc.) conferiti dai soci nella società ed è ripartito in quote o in azioni, senza un ammontare minimo prestabilito (la loro costituzione infatti non è condizionata al versamento di alcun capitale minimo), e varia con il variare del numero dei soci. Per le società, e quindi anche per le cooperative sociali, il termine di durata è un elemento necessario dell’atto costitutivo. Ogni cooperativa sociale deve avere quindi un termine di durata che può anche essere lunghissimo, prorogato o rinnovato. Ovviamente le cooperative sociali possono anche sciogliersi prima della scadenza di tale termine. L’atto costitutivo deve essere depositato entro venti giorni a cura del notaio che lo ha redatto presso l’ufficio del Registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale. L’iscrizione della cooperativa nel Registro delle imprese deve essere richiesta contestualmente al deposito dell’atto costitutivo; il relativo ufficio, una volta verificata la regolarità formale della documentazione, iscrive la cooperativa nel registro stesso. A tal punto la cooperativa sociale, iscritta nell’apposito registro, acquista la personalità giuridica. Oltre che nel Registro delle imprese, le cooperative sociali devono essere iscritte anche nell’Albo Nazionale degli Enti Cooperativi presso il Ministero delle attività produttive (istituito in sostituzione del Registro prefettizio). Le cooperative sociali socio-sanitarie o educative (primo tipo), dal momento che operano anche con lavoratori soci, devono essere iscritte in tale Albo nella sezione cooperative a mutualità prevalente, specificando la categoria di appartenenza “cooperative sociali” (creata appositamente per esse) e nella sezione di produzione e lavoro. Le cooperative sociali di persone svantaggiate, invece, devono essere iscritte, oltre che anch’esse nell’anzidetta sezione “cooperative sociali”, nella sezione del settore economico cui afferisce direttamente l’attività da esse svolta (di lavoro, agricola, industriale, di consumo, ecc.). Il presente materiale riveste carattere confidenziale non divulgabile a terzi e protetto dalla normativa in materia di diritto 7 d’autore. Questa doppia iscrizione nel suddetto Albo comporta la possibilità di fruire delle agevolazioni fiscali previste sia specificatamente per le cooperative sociali sia per il settore cui afferisce direttamente l’attività da esse svolta. La mancata iscrizione delle cooperative sociali in tale Albo comporta l’esclusione da ogni agevolazione tributaria e di qualsiasi altra natura. E’importante inoltre sottolineare che la Legge n. 381/1991 ha affidato alle regioni un ruolo importante. L’art. 9 di tale legge stabilisce, infatti, che entro un anno dall’entrata in vigore della legge (termine già abbondantemente scaduto) le regioni dovevano emanare le norme di attuazione della legge stessa. Molte regioni, ma non tutte, hanno già provveduto ad adempiere a quanto prescritto da tale Legge. L’ultimo comma di tale articolo prevede poi che le regioni emanino anche norme specifiche volte alla promozione, al sostegno e allo sviluppo della cooperazione sociale. Le leggi regionali di attuazione riguardano in ogni caso due aspetti essenziali: l’istituzione dell’Albo regionale delle cooperative sociali e l’adozione delle “Convenzioni tipo” per i rapporti tra le cooperative sociali e le amministrazioni pubbliche che operano nell’ambito della Regione. Nell’Albo regionale devono essere iscritte tutte le cooperative sociali che ne fanno espressa richiesta e che sono in possesso dei requisiti prescritti dalla legge regionale di attuazione della Legge n. 381/1991. Se si tratta di cooperative sociali finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate l’iscrizione è obbligatoria per poter stipulare le convenzioni con enti pubblici. Le “Convenzioni – tipo” sono dei veri e propri fax simile di contratto da stipulare tra la cooperativa e l’ente pubblico interessato al servizio (Comune, Regione, ASL, ecc.) ed hanno l’obiettivo di garantire una certa omogeneità contrattuale nell’ambito del territorio regionale. Attraverso tali “Convenzioni – tipo” sono quindi tracciati i connotati essenziali del contratto tra la cooperativa e l’ente pubblico interessato. E’ importante inoltre richiamare l’art. 21 della Legge n. 266/1997 il quale ha introdotto la figura delle “Piccole società cooperative” definendole come “forme semplificate di società cooperative” e precisando che devono essere composte esclusivamente da persone fisiche tra un minimo di tre e un massimo di otto persone. Alle piccole società cooperative Il presente materiale riveste carattere confidenziale non divulgabile a terzi e protetto dalla normativa in materia di diritto 8 d’autore. vengono applicate le norme relative alle società cooperative in quanto compatibili. E’ importante sottolineare anche che le cooperative sociali, secondo quanto disposto dall’art. 10, comma 8 del D. Lgs. n. 460/1997 (il quale contiene la normativa relativa alle Onlus, Organizzazioni non lucrative di utilità sociale), sono in ogni caso considerate Onlus nel rispetto della loro struttura e delle loro finalità. Il legislatore pertanto ritiene che le cooperative sociali sono a pieno titolo già Onlus, considerandole in tal senso come gli organismi di volontariato. L’automatica qualificazione come Onlus comporta che le cooperative sociali non sono tenute ad adeguare i propri statuti o atti costitutivi alle disposizioni dell’art. 10, comma 1 dell’anzidetto Decreto. Dall’estensione automatica della “soggettività fiscale Onlus” consegue inoltre che le cooperative sociali possono beneficiare anche delle norme agevolative previste per le Onlus, senza necessità di dover previamente modificare la loro struttura organizzativa e funzionale né di dover rispettare i requisiti richiesti dall’anzidetto art. 10 per la generalità delle Onlus. Si tratta in ogni caso di una disciplina che merita uno specifico approfondimento nelle sedi opportune in particolare per quanto riguarda il collegamento tra le caratteristiche e i requisiti propri delle cooperative sociali e quelli delle Onlus. Categorie di soci delle cooperative sociali. Ai sensi dell’art. 2522 del codice civile, i soci di una cooperativa sociale devono essere almeno nove, compresi i soci volontari, mentre non c’è un limite massimo (principio della porta aperta). Come suddetto, i soci possono essere anche tre (fino ad otto) costituendo in tal modo una piccola società cooperativa. Possono essere soci anche le persone giuridiche come associazioni, fondazioni, società. Nelle cooperative sociali di tipo a) (cooperative che gestiscono servizi socio-sanitari ed educativi), la compagine sociale può essere costituita da: o Soci ordinari o cooperatori, che prestano la propria attività e ricevono una retribuzione. Appartengono a questa categoria quei soci che dalla partecipazione alla cooperativa sociale ricevono un’utilità economica correlata alla prestazione che forniscono. I requisiti per l’ammissione di tale categoria di soci devono essere coerenti con lo scopo mutualistico e con l’attività economica svolta dalla cooperativa sociale (quest’ultimo requisito è funzionale all’acquisizione di professionalità Il presente materiale riveste carattere confidenziale non divulgabile a terzi e protetto dalla normativa in materia di diritto 9 d’autore. utili all’attività economica). I soci devono quindi esercitare l’attività svolta dalla cooperativa sociale di cui fanno parte e non possono essere soci di tali cooperative quelli che esercitano in proprio imprese identiche o affini a quelle della cooperativa. o Soci utenti del servizio, non retribuiti. o Soci volontari che prestano gratuitamente la propria attività pur non essendo destinatari dell’attività svolta dalla cooperativa stessa. Essi non possono superare la metà del numero complessivo dei soci. Tale figura di socio è disciplinata dall’art. 2 della Legge n. 381/1991. Si tratta in sostanza di persone che intendono, per motivi umanitari, svolgere un’attività di collaborazione con la struttura cooperativa rinunciando a qualsiasi compenso. Quella del socio volontario è una figura umanitaria che si inserisce, anche se con caratteristiche sue proprie, nel più ampio settore del “volontariato”. Si tratta quindi di soci che insieme agli altri partecipano al raggiungimento dello scopo sociale attraverso il loro apporto lavorativo. Pertanto, anche per i soci volontari, condizione per essere socio della cooperativa è la prestazione lavorativa, che in questo caso è resa gratuitamente. Essi, in quanto soci a tutti gli effetti, concorrono alla formazione del numero minimo per costituire la base sociale della cooperativa sociale. Nelle cooperative sociali di tipo b) (cooperative, che svolgono attività diverse, finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate), la compagine sociale può essere costituita da: o Soci ordinari o cooperatori, che prestano la propria attività lavorativa e ricevono una retribuzione. Vale quanto già suddetto a proposito di tale categoria di soci. o Soci “persone svantaggiate”, che, compatibilmente con il loro stato di salute fisica e psichica, partecipano all’attività lavorativa degli altri componenti della cooperativa sociale. Il numero di tale categoria di soci deve essere pari almeno al 30% dei lavoratori, soci e non soci, della cooperativa. o Soci volontari che prestano gratuitamente la propria attività pur non essendo destinatari dell’attività svolta dalla cooperativa stessa. Vale anche in questo caso quanto già suddetto a proposito di tale categoria di soci. Va sottolineato che i soci ordinari o cooperatori apportano la propria attività lavorativa Il presente materiale riveste carattere confidenziale non divulgabile a terzi e protetto dalla normativa in materia di diritto10 d’autore. a fronte di retribuzione, in quanto sono lavoratori dipendenti regolarmente inquadrati ai fini previdenziali, mentre i soci “persone svantaggiate”, pur godendo di una posizione del tutto assimilabile a quella anzidetta, si differenziano per la loro particolare condizione soggettiva di soggetti svantaggiati. In ogni caso la classificazione delle diverse tipologie di soci appena esposta non deve essere letta in termini tassativi ed esclusivi. Non è impedito, ad esempio, che i soci utenti del servizio non retribuiti possano essere presenti anche all’interno delle cooperative sociali di tipo b). E’ importante sottolineare che all’interno delle cooperative sociale si deve rilevare la comparsa di due nuove categorie di soci: i soci volontari e i soci “persone svantaggiate”, individuati questi ultimi sia come soci utenti sia come soci lavoratori. Di conseguenza all’istituzione di tali categorie di soci sono collegate una serie di problematiche particolari, riferite sia al funzionamento delle cooperative cui partecipano sia alla considerazione che si tratta di soci che concorrono al perseguimento del particolare scopo sociale mutualistico allo stesso modo di tutti gli altri soci ordinari. Ne sono nati così una serie di problemi, con possibili soluzioni, la cui disamina potrà essere fatta nelle sedi opportune. Sia le cooperative socio-sanitarie ed educative sia quelle costituite da persone svantaggiate sono formate, almeno nella maggioranza dei casi, da soci lavoratori. Tale tipologia di soci è destinataria di una particolare disciplina, che è stata da ultimo revisionata da parte della Legge n. 142/2001. A tal proposito è importante sottolineare che, anche se nel rapporto tra le cooperative sociali e i soci lavoratori prevale il rapporto societario su quello di dipendenza (di lavoro), ai soci lavoratori si applicano comunque molti istituti giuridici propri dei lavoratori dipendenti (diritto alla retribuzione, riposo infrasettimanale, ferie pagate, assicurazione, ecc.). La Legge n. 381/1991 ha operato un’importante apertura nei confronti dei soci lavoratori delle cooperative sociali allorquando riconosce loro, almeno implicitamente, il diritto all’applicazione dei contratti collettivi di lavoro. Tale principio è stato successivamente confermato anche dalla normativa regionale emanata in materia. Tale impegno non vale ovviamente solo per la cooperativa sociale, ma si estende anche all’ente pubblico che con essa si “convenziona” in quanto l’ente non può trascurare, nel prevedere il costo della convenzione, il particolare che la cooperativa sociale è obbligata ad Il presente materiale riveste carattere confidenziale non divulgabile a terzi e protetto dalla normativa in materia di diritto11 d’autore. applicare i contratti collettivi di lavoro. Diritti e doveri dei soci. Il socio della cooperativa sociale ha precisi diritti e doveri. In estrema sintesi i diritti possono riassumersi come segue: • Diritto di partecipazione. Il socio concorre a godere dei benefici che gli derivano dalla partecipazione alla società per quanto riguarda i risultati, in termini di conseguimento di beni, servizi, occasioni di lavoro, che la stessa è stata in grado di realizzare. • Diritto di voto. Il socio, indipendentemente dal capitale apportato alla società, ha il diritto di partecipare e votare alle assemblee ordinarie e straordinarie. • Diritto di ispezione. Il socio ha il diritto di esaminare il libro dei soci e il libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee. • Diritto ai dividendi. Il socio ha il diritto a concorrere alla distribuzione degli utili eventualmente maturati dalla società, nei limiti e nella misura stabiliti dallo statuto e dalle leggi. D’alto lato i doveri possono riassumersi come segue: • Obbligo ai conferimenti. Il socio deve effettuare i conferimenti in denaro o in natura che si è obbligato a versare alla società. • Obbligo di prestazioni accessorie. Nel caso in cui l’atto costitutivo della cooperativa sociale preveda prestazioni accessorie da parte del socio, questi è obbligato all’esecuzione degli stessi. • Obbligo dell’osservanza della legge e dello statuto. Il socio è obbligato a rispettare la legge e le disposizioni contenute nell’atto costitutivo e nello statuto. Soci sovventori e soci finanziatori. Gli artt. 4 e 5 della Legge n. 59/1992 prevedono la doppia figura del socio sovventore e del socio finanziatore. Le azioni (o quote) di sovvenzione sono lo strumento finanziario più diffuso tra le cooperative sociali; i titolari di tali azioni (o quote) sono denominati soci sovventori. La legge non prevede nessun requisito per i soci sovventori; requisiti possono invece essere previsti dallo statuto della cooperativa sociale. I conferimenti dei soci sovventori (che non sono soggetti a nessun limite quantitativo) sono rappresentati da azioni nominative Il presente materiale riveste carattere confidenziale non divulgabile a terzi e protetto dalla normativa in materia di diritto12 d’autore. trasferibili (art. 4), la cui emissione non è preclusa alle cooperative sociali il cui capitale è costituito da quote. Il successivo art. 5 prevede invece, quale assoluta novità in materia di cooperative, la figura del socio finanziatore. I soci finanziatori sono coloro che, non interessati alla prestazione mutualistica fornita dalla cooperativa, apportano risorse finanziarie esclusivamente a titolo d’investimento. La figura del socio finanziatore ha poi ricevuto una più ampia disciplina con la riforma societaria. Si tratta in pratica della possibilità che anche un estraneo alla cooperativa possa finanziarla ricevendo anche lui una remunerazione complessiva per i finanziamenti sottoscritti di assoluto privilegio (maggiorazione sugli interessi) attraverso la sottoscrizione di cosiddette “azioni di partecipazione” cooperativa. In pratica tale normativa permette quindi anche alle cooperative sociali di usufruire di apporti di capitali esterni. Organizzazione interna delle cooperative sociali. In via puramente generale, in quanto non è questa la sede opportuna per esaminare in dettaglio tale argomento, si ricorda che alle cooperative sociali si applicano, ai sensi dell’art. 2519 c.c., le disposizioni riguardanti le società per azioni, in quanto compatibili con l’istituto delle cooperative sociali, nonché quelle riguardanti le società a responsabilità limitata, nei casi in cui ne ricorrano i presupposti. L’organizzazione interna delle cooperative sociali che adottano le regole delle società per azioni è articolata in una pluralità di organi sociali, ciascuno dei quali è caratterizzato da specifiche competenze. I soci, in quanto tali, compongono l’assemblea, organo con funzioni esclusivamente deliberative le cui competenze sono per legge circoscritte alle decisioni di maggior rilievo della vita sociale. L’assemblea dei soci è unica ma si qualifica come ordinaria o straordinaria a seconda degli oggetti posti in deliberazione. Vi sarà pertanto un’assemblea ordinaria ed un’assemblea straordinaria, ciascuna delle quali avrà le proprie funzioni, competenze e regole di funzionamento specifiche. Anche nelle cooperative sociali che adottano le regole delle società a responsabilità limitata vi è un’assemblea dei soci, ordinaria e straordinaria, con specifiche funzioni e competenze. La principale differenza che hanno le cooperative sociali s.r.l., rispetto a quelle s.p.a., Il presente materiale riveste carattere confidenziale non divulgabile a terzi e protetto dalla normativa in materia di diritto13 d’autore. è che in esse non esiste la rigida divisione di poteri tra amministratori e soci che è presente, invece, nelle cooperative s.p.a. Un ruolo fondamentale qui è perciò svolto dallo statuto, che ha una grande libertà nel disciplinare la distribuzione delle competenze tra soci e amministratori. Amministrazione e bilancio. Le cooperative sociali, secondo quanto stabilito dal già citato art. 2519 c.c., possono rifarsi alla disciplina prevista per le società per azioni o a quella prevista per le società a responsabilità limitata. Per vedere quale sia la disciplina che viene applicata bisognerà, a seconda dei casi, rifarsi all’una o all’altra tipologia sociale. Nelle cooperative sociali s.p.a., se lo statuto non dispone diversamente, l’amministrazione e il controllo della cooperativa sono regolati in base al sistema tradizionale che è caratterizzato dalla presenza di due organi, entrambi nominati dall’assemblea, che sono l’organo amministrativo (amministratore unico o consiglio di amministrazione) ed il collegio sindacale (non sempre obbligatorio). Il controllo contabile, invece, è affidato per legge ad un organo esterno alla cooperativa (revisore contabile o società di revisione), anch’esso di nomina assembleare. Anche nelle cooperative sociali s.r.l. sono presenti l’organo amministrativo ed il collegio sindacale (non sempre obbligatorio), entrambi nominati dall’assemblea. Il collegio sindacale è chiamato a svolgere sia la funzione di controllo contabile sia quella di controllo sull’amministrazione. In tali cooperative sociali il revisore contabile (o la società di revisione) è un organo soltanto eventuale; infatti di regola tale controllo, come anzidetto, è di competenza del collegio sindacale. Per quanto riguarda la normativa relativa alla redazione del bilancio, alle cooperative sociali si applicano, ai sensi dell’art. 2519 c.c., le norme previste in materia per le società per azioni. Il secondo comma dell’articolo prevede inoltre che nelle cooperative sociali con un numero di soci cooperatori inferiore a venti o con un attivo dello stato patrimoniale non superiore ad un milione di euro possono trovare applicazione le disposizioni che riguardano le società a responsabilità limitata, in quanto compatibili. Spetta agli amministratori redigere il bilancio d’esercizio. Ai sensi dell’art. 2435 bis c.c., le cooperative sociali possono redigere il bilancio in forma abbreviata quando abbiano conseguito un esiguo attivo dello stato patrimoniale. Le cooperative sociali sono altresì obbligate alla tenuta dei libri e delle scritture Il presente materiale riveste carattere confidenziale non divulgabile a terzi e protetto dalla normativa in materia di diritto14 d’autore. contabili, prescritti dall’art. 2214 c.c., in regime di contabilità ordinaria, qualunque sia l’ammontare annuo dei ricavi. Scioglimento delle cooperative sociali. Le cause di scioglimento di una cooperativa sociale possono essere di molteplice natura e sono regolate dall’art. 2545 duodecies c.c. Prima tra tutte è il conseguimento dell’oggetto sociale: la cooperativa, raggiunto lo scopo per cui si è costituita, si scoglie. Altra causa è il decorso del termine di durata, a meno che i soci provvedano, con apposita assemblea, a prorogarne il termine di durata. Altre cause di scioglimento possono essere previste anche nell’atto costitutivo delle società o disposte per volontà dell’assemblea dei soci. Vi sono poi i casi in cui la cooperativa sociale viene sciolta non ai sensi dello statuto o per volontà dei soci, ma a causa di situazioni gravemente irregolari sotto l’aspetto amministrativo e contabile, in cui la cooperativa venga a trovarsi, o per la sopravvenuta impossibilità di conseguire l’oggetto sociale. La cooperativa sociale può essere sciolta anche per impossibilità di funzionamento o per continua inattività dell’assemblea, per perdita del capitale sociale o per atto dell’Autorità governativa. Il sistema dei controlli. Le cooperative sociali, proprio in considerazione della loro funzione sociale, sono sottoposte al controllo ispettivo del Ministero delle Attività Produttive. Tale attività di controllo, profondamente innovata dal D. Lgs. n. 220/2002, è esercitata attraverso la revisione cooperativa e le ispezioni straordinarie. Le cooperative sociali sono revisionate annualmente e tali revisioni riguardano principalmente l’attività assistenziale e consulenziale, seguita da un penetrante controllo sulla natura mutualistica della cooperativa sociale. La mutualità costituisce infatti l’essenza stessa della natura dell’ente cooperativo e costituisce il presupposto per le agevolazioni di qualsivoglia natura (fiscale, finanziaria, creditizia, ecc.). E’ previsto inoltre un accurato controllo sulla situazione patrimoniale della cooperativa sociale attraverso l’accertamento della consistenza del patrimonio, l’acquisizione del bilancio e, ove prevista, la sua certificazione. Tale attività di revisione viene effettuata più frequentemente rispetto agli altri enti cooperativi proprio in quanto le cooperative sociali godono di maggiori agevolazioni rispetto al resto degli enti cooperativi. Il presente materiale riveste carattere confidenziale non divulgabile a terzi e protetto dalla normativa in materia di diritto15 d’autore. Quale assoluta novità in materia è stata introdotta, dall’art. 2, comma 5 del D. Lgs. n. 220/2002, la cosiddetta certificazione dei requisiti mutualistici al fine di consentire alle cooperative sociali interessate un più agevole accesso alle provvidenze previste in loro favore. A tal proposito è importante sottolineare che il successivo art. 6 ha introdotto, quale ulteriore innovazione, la possibilità per le cooperative sociali di predisporre una dichiarazione con la quale si attesta il possesso dei requisiti mutualistici nel caso in cui questa sia necessaria per l’ottenimento di agevolazioni di qualsivoglia natura, in assenza di avvenuto accertamento e, peraltro, in sostituzione del previsto certificato di avvenuta revisione rilasciato dall’amministrazione competente in materia. Nel caso in cui, in seguito ai controlli effettuati dall’amministrazione competente, vengano riscontrate delle irregolarità la cooperativa sociale dovrà ovviamente provvedere a sanarle entro un breve periodo di tempo stabilito; qualora, scaduto tale termine, tali irregolarità non siano state regolarizzate l’autorità competente potrà emanare i conseguenti provvedimenti fino ad arrivare alla cancellazione della cooperativa sociale dall’Albo, la gestione commissariale della stessa ed il suo scioglimento. Agevolazioni fiscali e previdenziali. Le cooperative sociali, in virtù della loro funzione sociale riconosciuta costituzionalmente, godono di importanti agevolazioni in campo fiscale e previdenziale. Inoltre la Legge n. 381/1991 assegna loro un rapporto privilegiato, se non esclusivo, con gli enti pubblici (Regioni, Province, Comuni, ASL, ecc.) che intendono stipulare convenzioni con soggetti privati per la gestione di servizi di pubblica utilità e di interesse generale come l’assistenza socio-sanitaria a persone bisognose, ecc. Le agevolazioni fiscali sono di due tipi: il primo riguarda specificatamente tutte le cooperative definite come sociali; il secondo riguarda il singolo settore nel quale la cooperativa sociale specificatamente opera (produzione e lavoro, agricolo, industriale, di consumo, ecc.). Per le cooperative sociali, infatti, è prevista la doppia iscrizione nell’Albo nazionale delle cooperative sia nel settore “sociale” sia nel settore in cui la cooperativa fa parte in base all’attività da essa svolta. Grazie a questa doppia iscrizione, e solo una volta che ciò sia avvenuto, la cooperativa sociale potrà godere delle specifiche agevolazioni derivanti dall’iscrizione a ciascuno di tali due settori. Qui di seguito vengono elencate, innanzitutto, le agevolazioni derivanti dall’iscrizione nel settore “sociale” (e previste dall’art. 7 della Legge n. 381/1991). Il presente materiale riveste carattere confidenziale non divulgabile a terzi e protetto dalla normativa in materia di diritto16 d’autore. o Esenzione totale dalle imposte di successione e donazione dei trasferimenti di beni effettuati a favore delle cooperative sociali. o Esenzione dalle imposte ipotecarie e catastali per gli atti di trasferimento di beni a favore delle cooperative sociali (i medesimi previsti per le Onlus). o Riduzione dalle imposte ipotecarie e catastali ad un quarto nel caso di stipula di contratto di mutuo, di acquisto o di locazione relativi ad immobili destinati all’esercizio dell’attività sociale svolta dalla cooperativa. o Esenzione totale dall’IVA per le cooperative sociali che svolgono attività socio-sanitaria a favore di persone svantaggiate sia tramite un rapporto “diretto” sia in base a contratti di appalto o convenzioni stipulati con terzi (ad esempio comuni, ASL, ecc.). Le agevolazioni in materia di IVA sono state successivamente ulteriormente ampliate. In particolare, di notevole importanza è stata la Legge Finanziaria 2007 che ha reintrodotto, definendolo e chiarendolo in maniera più puntuale, il regime agevolativo in materia di IVA applicabile alle cooperative sociali. Vediamo ora quali sono, invece, le agevolazioni fiscali relative allo specifico settore del quale le cooperative sociali fanno parte in base all’attività da esse svolta. Nel caso in cui le cooperative sociali appartengano anche al settore della produzione e lavoro, e come tali siano iscritte nello specifico settore dell’Albo Nazionale delle cooperative, la principale agevolazione fiscale applicata è la seguente. I redditi conseguiti dalle cooperative sociali di produzione e lavoro sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone giuridiche (ora denominata IRES) se l’ammontare delle retribuzioni effettivamente corrisposte ai soci che prestano la loro opera con continuità, comprese le somme corrisposte a titolo di integrazione delle retribuzioni, non è inferiore al 50% dell’ammontare complessivo di tutti gli altri costi tranne quelli relativi alle materie prime e sussidiarie. Se l’ammontare delle retribuzioni è inferiore al 50% ma non al 25% dell’ammontare complessivo degli altri costi, l’imposta sul reddito delle persone giuridiche è ridotta alla metà. Nel caso poi in cui le cooperative sociali appartengano anche al settore dell’agricoltura, e come tali siano iscritte nello specifico settore dell’Albo Nazionale delle cooperative, le principali agevolazioni fiscali applicate sono le seguenti. Riduzione dell’imposta sui redditi dominicale e agrario al 50% per i terreni montani di Il presente materiale riveste carattere confidenziale non divulgabile a terzi e protetto dalla normativa in materia di diritto17 d’autore. tale tipologia di cooperative sociali. Esse godono poi dell’esenzione dall’imposta sul reddito delle persone giuridiche (ora denominata IRES) per i redditi conseguiti nello svolgimento di una serie di attività agricole specifiche. Vi sono poi le agevolazioni fiscali specifiche per le cooperative sociali che operano nel settore della pesca (esenzione dall’IRES); per quelle che operano nel settore di consumo (possibilità di dedurre dal reddito le somme ripartite tra i soci sotto forma di restituzione di una parte del prezzo dei beni e dei servizi acquistati o di maggior compenso per i conferimenti effettuati). A proposito delle suddette agevolazioni fiscali, è importante sottolineare che le limitazioni introdotte in materia dalla Legge Finanziaria 2005 non si applicano alle cooperative sociali di cui alla Legge n. 381/1991, qui esaminate; tali cooperative infatti sono le uniche a non risultare penalizzate dal regime fiscale che è stato introdotto da tale legge finanziaria. Le agevolazioni fiscali previste ai fini delle imposte indirette, di cui beneficiano le cooperative sociali, sono le seguenti. Imposta di bollo: le cooperative sociali sono esenti dal pagamento dell’imposta di bollo sugli atti, i contratti, i documenti, ecc. Imposta di registro: il D.L. n. 331/1993 ha espressamente abrogato ogni agevolazione in materia di imposta di registro a favore delle cooperative sociali (ad esclusione di quelle che operano nel settore della forestazione). Bisogna però considerare che, per effetto del D. Lgs. n. 460/1997 che considera in ogni caso Onlus anche le cooperative sociali, le stesse potranno optare per il regime fiscale più favorevole previsto dall’art. 22 di tale Decreto. Pertanto le cooperative sociali pagano l’imposta di registro in misura fissa per una serie di atti (i medesimi previsti per le Onlus). Tassa di concessione governativa: secondo quanto disposto dal D.L. n. 564/1994 le cooperative sociali sono le sole che rimangono esenti dal pagamento della tassa per l’iscrizione nel registro delle imprese. Anche in questo caso le cooperative sociali potranno optare per il regime fiscale più favorevole previsto per le Onlus. Pertanto gli atti e i provvedimenti riguardanti le cooperative sociali (i medesimi previsti per le Onlus) sono esenti dal pagamento della tassa di concessione governativa. Imposta Comunale sugli Immobili (ICI): le cooperative sociali sono inoltre escluse dal pagamento dell’ICI, limitatamente agli immobili adibiti all’attività sociale. Il presente materiale riveste carattere confidenziale non divulgabile a terzi e protetto dalla normativa in materia di diritto18 d’autore. Imposta sulle Attività Produttive (IRAP): in deroga al principio generale di indeducibilità ai fini IRAP del costo del lavoro, per le cooperative sociali è deducibile dalla base imponibile il costo del lavoro delle persone svantaggiate. Numerose sono, inoltre, le agevolazioni previste ai fini IRAP dalle singole regioni a favore delle cooperative sociali, ed in generale delle Onlus. In ogni caso è importante sottolineare che, affinché le cooperative sociali possano godere di tutte le agevolazioni fiscali sopra richiamate, è necessario che esse possiedano i requisiti prescritti dall’art. 14 del D.P.R. n. 601/1973. Le cooperative sociali devono essere cioè disciplinate dai principi della mutualità e devono essere iscritte nell’Albo Nazionale degli enti cooperativi. Agli effetti tributari si presume la sussistenza dei requisiti mutualistici quando negli statuti delle cooperative sociali sono contenute le seguenti clausole: o divieto di distribuzione ai soci di dividendi; o divieto di distribuzione delle riserve tra i soci cooperatori; o devoluzione, in caso di scioglimento della cooperativa, dell’intero patrimonio sociale ai fondi mutualistici previsti dalla legge. Le cooperative sociali hanno inoltre l’obbligo di devolvere una quota degli utili netti annuali ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione (in caso contrario, infatti, tali enti decadono dai benefici fiscali e di altra natura loro concessi). Vediamo, infine, quali sono le agevolazioni previdenziali previste per le cooperative sociali. L’art. 4, comma 3 della Legge n. 381/1991 prevede che le cooperative sociali finalizzate all’inserimento lavorativo di “persone svantaggiate”, relativamente alla retribuzione loro corrisposta, non devono versare le aliquote complessive della contribuzione per l’assicurazione obbligatoria previdenziale ed assistenziale, compresa la quota a carico del lavoratore. Di tale agevolazione non godono però le cooperative sociali di gestione di servizi socio-sanitari ed educativi. Anche i soci lavoratori facenti parte delle cooperative sociali iscritte nel settore produzione e lavoro godono di forme di trattamento previdenziale ed assicurativo proprie dei lavoratori dipendenti a condizioni vantaggiose. E’ importante, in conclusione, sottolineare che i sostenitori delle cooperative sociali possono godere delle agevolazioni fiscali previste per le erogazioni liberali a favore delle Onlus. Occorrerà quindi fare riferimento al regime vigente in materia per le Onlus. In tal senso le cooperative sociali sono sottoposte ai medesimi obblighi contabili (tenuta delle Il presente materiale riveste carattere confidenziale non divulgabile a terzi e protetto dalla normativa in materia di diritto19 d’autore. scritture contabili e redazione del bilancio d’esercizio) previsti per le Onlus. Conclusioni. Considerato che vi sono numerosi enti ecclesiastici i quali, oltre al proprio fine istituzionale di religione e di culto, si dedicano attivamente ad attività di assistenza sociosanitaria, educativa ed assistenziale, spesso finalizzata anche all’aiuto e all’inserimento di persone svantaggiate, ed anche attraverso convenzioni con Enti pubblici, è stato ritenuto opportuno ed importante svolgere in questo breve articolo il presente sintetico excursus normativo al fine di illustrare una delle possibili alternative esistenti per realizzare tali attività, meritevoli di tutela, svolte proprio da quegli enti ecclesiastici. In ogni caso è importante avere sempre un atteggiamento di prudenza per evitare il rischio che le iniziative pastorali e le stesse strutture appartenenti agli enti ecclesiastici possano venir sottratte alla soggettività propria dell’ente per venire gestite poi da terzi con propria autonomia e senza un esplicito collegamento ecclesiale. Vi invito in conclusione a riflettere sull’opportunità, considerate anche le considerevoli agevolazioni di vario tipo previste in materia ed i vari finanziamenti possibili, di costituire un organismo sociale di tale genere con l’invito, ovviamente, ad agire sempre con prudenza, attenzione, linearità e nell’integrale rispetto della legge. Silvia Merlini Il presente materiale riveste carattere confidenziale non divulgabile a terzi e protetto dalla normativa in materia di diritto20 d’autore.