FITOPATOLOGIA
Biotecnologie e funghi
Anche senza “andar
per funghi”, capita
spesso di notare alla
base di molti alberi dei carpofori che
spuntano dal colletto
o dal tronco, di svariate forme, colori e
dimensioni. Spesso
tali funghi destano
preoccupazioni e allarmismi nei proprietari delle piante. Infatti i carpofori fungini, essendo il punto finale del ciclo di
sviluppo di questi organismi, potrebbero
essere il segnale che
all’interno del tronco
è in atto un processo di degradazione
del legno. Tuttavia,
vista la complessità
dei rapporti che si
instaurano nel mondo naturale, bisogna
innanzitutto capire
con che tipo di funFunghi e alberi: sempre un problema?
go si ha a che fare
e quindi capire la sua “azione” cati da alcuni funghi, che causano
sull’albero per evitare ingiustificati “patologie”: per citarne alcune,
allarmismi.
marciumi alle radici provocati da
Le piante infatti stabiliscono com- funghi del genere Armillaria o Roplessi rapporti con funghi e batteri sellinia; marciumi al colletto i cui
presenti in natura, rapporti che in agenti eziologici appartengono al
alcuni casi possono portare a stati genere Phytophthora o Pythium;
di sofferenza. Gli alberi, in partico- e più in generale, tutti quei funlari condizioni, sono infatti attac- ghi che provocano carie del le6
gno, cioè degradano
i tessuti legnosi fino
a compromettere la
stabilità della pianta.
I rapporti che si instaurano tra pianta
e funghi sono però
molto vasti e differenti: lo sviluppo di
una patologia è solo una parte molto
ridotta dell’insieme
delle relazioni che
si possono creare in
natura tra i diversi
organismi. Esistono
infatti anche tantissimi rapporti di coevoluzione pianta-fungo,
coesistenza ed anche di vantaggio per
l’uno o altro organismo o meglio per
entrambi. In questo
senso, il caso più noto ed evidente è costituito dalla simbiosi
mutualistica che si
instaura tra le radici
delle piante e alcuni basidio e ascomiceti a formare
quelle nuove strutture che sono le
micorrize, esempio perfetto di come due viventi tanto diversi possano non solo coesistere, ma anche
avere notevoli e reciproci vantaggi.
Ad oggi, le specie di funghi classificate sono più di 80.000, per cui
si può ben immaginare quanto sia-
no complesse le diverse interazioni che si vengono a creare e che
vanno al di là del semplice concetto di malattia. Il più delle volte
infatti si tratta di una convivenza
più che di una malattia; il fungo
tende a colonizzare solo una parte
dei tessuti legnosi, creandosi una
nicchia ecologica di sopravvivenza e si autoconfina all’interno del
legno non portando alla distruzione completa dell’albero perché su
questo dovranno svilupparsi i carpofori e quindi le spore del fungo.
In poche parole, se l’albero crolla
viene meno anche il sostegno su
cui il fungo porta i suoi apparati riproduttivi. E‘ dunque estremamente semplicistico ritenere pericoloso
un albero solo perché si notano
carpofori sul legno.
Nonostante questa grande varietà di specie diverse, tutti i funghi
hanno molte caratteristiche che
li accomunano: prima di tutto il
meccanismo di alimentazione sono organismi eterotrofi, per
cui, a differenza delle piante, non
riescono a fabbricarsi il proprio
nutrimento; sono inoltre accomunati dalla completa mancanza di
differenziazione di tessuti; infine,
cosa che maggiormente interessa il
nostro studio, si riproducono solo
per spore - e non attraverso uno
stadio embrionale come avviene
per piante ed animali.
Sono quindi le spore a essere responsabili della riproduzione sessuata dei funghi, poiché quando si
sviluppano - se trovano condizioni
ambientali favorevoli - danno origine a organismi pluricellulari più
complessi e di polarità opposta dal
cui contatto si originano i corpi
fruttiferi fungini, i carpofori, che
sono poi quelli che si possono os-
servare alla base della pianta e che
produrranno nuove spore. Questo
processo porta ovviamente al rimescolamento del DNA delle due
spore originarie e quindi ad organismi ogni volta geneticamente
diversi, all’interno comunque della
stessa specie.
Proprio lo studio delle caratteristiche genetiche delle diverse specie
appartenenti al regno dei funghi ha
permesso di poter classificare molti organismi che, ad una semplice
analisi visiva, possono sembrare
identici e di distinguere non solo
generi diversi, ma anche specie
tassonomicamente e filogeneticamente molto vicine. Per fare questo la biologia molecolare viene
incontro agli studi e ai rilievi di
campo: infatti i progressi fatti dalla scienza in laboratorio fanno sì
che l’osservazione del fungo sul
campo e le successive, ed eventuali, analisi in vitro siano entrambi
strumenti a nostra disposizione per
determinare in maniera certa il tipo di fungo che stiamo studiando
e quindi capire il suo meccanismo
di azione e il suo rapporto con la
pianta.
In alcuni casi che ci sono capitati,
per verificare le ipotesi fatte sulle
specie di fungo ritrovate, abbiamo
condotto un’analisi del DNA in
collaborazione con il prof. Francis
Schwarze, direttore del laboratorio
di biotecnologie del legno dell’EMPA a St. Gallen, amico e collaboratore di vecchia data. I corpi
fruttiferi del fungo vengono raccolti dal tronco, isolati e quindi fatti
crescere in condizioni di sterilità
in piastre con un terreno di coltura selettivo per particolari generi
fungini. Porzioni molto piccole del
tessuto miceliare, di circa 5 mm
di diametro, sono infatti in grado
di generare un nuovo organismo
fungino, avendo in sè cellule indifferenziate che rigenerano il fungo proprietà questa in comune anche
con le cellule vegetali, ma non
con quelle animali.
Una volta rigenerato il fungo, è
possibile isolarne il materiale genetico e, attraverso specifici marcatori molecolari, riconoscerne quindi
la specie; a tal fine, i protocolli di
laboratorio seguiti per l’estrazione
del DNA sono diversi a seconda
delle metodologie seguite, però
tutti utilizzano la PCR (Polymerase
Chain Reaction - reazione a catena
della polimerasi), strumento che
consente di moltiplicare (“amplificare”) frammenti di acidi nucleici
- nel nostro caso del fungo - in
modo da ottenere rapidamente e
in grandi quantità materiale genetico da analizzare successivamente.
Seguendo questa procedura e avvalendoci sia di quanto osservato
direttamente sugli esemplari arborei (forma, colore e modo di
sviluppo del carpoforo) sia della
collaborazione e dell’esperienza
del laboratorio svizzero, si arriva
sempre all’esatta determinazione
della specie fungina, consentendoci quindi di prendere le migliori
decisioni per apportare le eventuali corrette cure agli alberi.
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