www.hubculture.it 1 luglio 2012 Debutto di 'Antonio e Clepatra' al Licinium: la sperimentazione di John Pascoe Per l'apertura di Stagione 2012 del Licinium è andata in scena Antonio e Cleopatra, sesta opera shakespeariana in questo sito, nella versione dell’inglese John Pascoe, regista, scenografo e costumista di fama internazionale che ha diretto i maggiori artisti lirici nei più importanti teatri d’Opera del mondo, nonché da quest'anno Direttore Artistico del teatro. Sul proscenio per la presentazione la presidente Luisa Rovida che dedica l'apertura 2012 alla memoria di Gianlorenzo Brambilla, storico Direttore Artistico e regista dell’Accademia, recentemente scomparso. E ancora Pascoe che, citando in sintesi le sue numerose collaborazioni con i teatri del mondo e dunque la vicinanza a interpreti di grande prestigio, accetta questa collaborazione, in particolare per la possibilità di sperimentazione e nonostante la scarsità di sovvenzioni che il momento contingente impone. Pascoe, che saluta in platea il grande scenografo Ezio Frigerio, qui per l'occasione, descrive 'Antonio e Cleopatra' come un'opera importante di Shakespeare, ma poco rappresentata, per la difficoltà di messa in scena in ragione dei continui scarti d'ambiente tra la Reggia alessandrina di Cleopatra e la Roma dei Triumviri. Dunque la sfida con nuove soluzioni che utilizzano un fondale ricurvo per le proiezioni video, funzionali ai cambi d'ambiente e alla stimolazione di atmosfere. E' sulla scena composta da gruppi architettonici che rimandano al teatro classico, emergenti da podio semicircolare a gradoni che si protende sul pubblico, ospitato sulla spianata del parco, che ha www.hubculture.it 1 luglio 2012 inizio per la regia di un connazionale del celebre drammaturgo la rappresentazione del teatro elisabettiano. Elemento preponderante della versione in rappresentazione è il rapporto tra fisicità del teatro e l'immaterialità dell'immagine video che suggestiona, evoca, suggerisce, consente trasposizioni e balzi, ellissi spaziali e temporali con lavoro continuo di dissolvenze. Pascoe enuncia nelle note di aver voluto un allestimento lontano da una messa in scena letterale, archeologica e didascalica dell’Impero Romano e dell’Antico Egitto, tendente piuttosto a una resa surreale e immaginifica concentrata ad evidenziare il dramma emozionale più profondo dei personaggi. Di fatto si allontana dal 'realismo', di cui in ogni caso prende l'iconografia senza passare per astrazioni, attraverso la commistione di registri che mettono a confronto teatro e arte cinematografica. In particolare il cinekolossal di stampo holliwoodiano, passato tuttavia attraverso il bagno nei sontuosi fondali scenografici di preparate maestranze del grande teatro, è qui cifra dirimente. Il teatro fisico, quello degli attori vestiti di preziosi costumi, sta dentro una resa che a nostra percezione rimanda al classicismo della 'Scuola di Atene' di Raffaello Sanzio per le Stanze Vaticane, in virtù della disposizione dei gruppi concatenati nei gesti ed espressioni, composti e dissociati in funzione della gerarchia dettata dal racconto, a seconda della bisogna, con continui attraversamenti della scena da parte degli attori; classicismo che viene riassorbito, per poi riproiettarsi, nel punto focale del techno-braciere centrale e avanzato che a seconda della luce emessa detta gli umori dei personaggi. Ecco, questo teatro fisico, di riferimento classico, ma anche ellenistico dell'Asia minore, o ancora nell'aura di uno spazio palladiano, stanno al cinema, al CINEKOLOSSAL in particolare, come un omaggio: per la coloritura, per la restituzione, per le citazioni come la scritta in capitale romana che sembra titolo di testa o da manifesto, e ancora la musica incessante che diventa colonna sonora. Certo la resa cinematografica è spuria perché intrisa di lessico e di segno teatrale. E sempre con riferimento a pellicole storiche, quello di Pascoe è l'Antonio e Cleopatra epico, e 'biblico', su cui incombe il Mosè della spartizione delle acque d'Egitto ne I dieci comandanti, film di Cecil B. De Mille (1956). I protagonisti principali, di stampo teatrale, nelle intenzioni della regia introspettivi, tendono così a stemperarsi e svanire, assorbiti dalla potenza della scena. C'è dunque uno scarto: il nucleo che è tragedia d’amore e dramma politico, intenzione alla riflessione sul dubbio tra passione e ragione, sullo sfondo del grande tema del potere, ne esce a nostro avviso sovrastato da un'altra potenza, quella della scena in proiezione, grandiosa, altisonante, e della pregevole e bella fattura del costume, che insieme tendono ad estinguere la complessità, l'ambiguità del personaggio shakespeariano, forse in ragione della resa di un cast che deve ancora essere messa a punto. Non c'è dubbio che questa soverchia capacità, il metaforico potere del 'mondo' sul personaggio, potrebbe diventare davvero una chiave di lettura dell'opera, purchè si recuperi anche il valore del dettato shakespeariano - specie nell'interpretazione attorale, con ritmo, alternanza e modulazione - e dunque l'ascendente sul pubblico. All'esordio è ancora evidente la giustapposizione dei registri intertretativi, che slega e dissolve a tratti il coinvolgimento emozionale disperdendolo all'inseguimento delle parti. Insomma una commistione di tante idee, anche molto interessanti, da sviluppare e mettere a fuoco, e se sperimentazione dev'essere che sia, il Licinium potrebbe essere luogo deputato a questo perchè 'l'opera contemporanea' di Shakesperare diventi un corpo solo, la sintesi di linguaggi e forme ambigue che trovano nuova risoluzione.