16 Latina Il giornale di DOMENICA 28 FEBBRAIO 2016 Sport malato LA TESTIMONIANZA Il racconto di un ex ciclista amatoriale scoperto durante un controllo “Mi dopavo e vi spiego perchè” “Non corri per il premio, ma contro te stesso e per arrivare davanti a tutti” “Certo che non si tratta di vincere un prosciutto o un televisore a schermo piatto, c’è solo la voglia di sentire l’adrenalina che ti scorre dentro, di giocartela fino alla fine e di tagliare il traguardo, magari davanti a tutti”. S.C. ha 51 anni, e da sempre va in bicicletta. Da una vita, per tutti i giorni, feste comprese, ha passato almeno tre ore sul sellino. Nei week end anche cinque o sei ore se si trattava di una uscita fuoriporta. Oltre a questo tour de force, se si considera lo spirito puramente amatoriale e passionale dell’attività sportiva in questione, gare su gare. In provincia, in regione, in giro per l’Italia, fino ad arrivare a partecipare a competizioni amatoriali a livello internazionale. Da cinque anni ha staccato la spina. Dopo essere stato tirato in ballo, seppur senza conseguenze, in una storia di doping. Una storia che ha confermato l’uso di un ormone eccitante, tra l’altro artigianale, e quindi ancora più pericoloso, acquistato in quella che viene definita la fitta rete del doping amatoriale. Possibile che anche il ciclismo amatoriale sia in balia del doping? “Quasi quanto lo è stato quello professionistico. Purtroppo, ed anche sulla mia pelle, posso confermare che il doping nel ciclismo amatoriale è molto diffuso. Fino a pochi anni, quando ancora correvo come un disperato, girava un po’ di tutto: eccitanti, ormoni, ma anche forme modificate di eritropoie- I DATI Mentre i dati trasmessi dal Coni, relativi all’anno 2014, confermano il ciclismo come il secondo sport nazionale più controllato dall’antidoping (729 campioni analizzati contro i 3309 del calcio, con un totale di 7 esiti avversi e 38 atipici), soltanto nell’ultimo lustro si è assistito nel Lazio a un significativo giro di vite per contrastare l’abuso delle sostanze proibite. A favorirlo fu una serie di episodi di fronte ai quali fu oggettivamente difficile voltarsi e soprassedere, su tutti il rinvenimento di un quantitativo ingente di scatole (vuote) di medicinali proibiti a margine di una kermesse amatoriale disputata po non puoi dare dieci minuti di distacco a tutti. Così come nel professionismo, molti amatori utilizzano queste sostanze non prima delle gare, ma durante gli allenamenti, per arrivare al top durante la sessione di gare. Poi c’è anche “ Per una confezione puoi arrivare a spendere 700 euro tina. ‘Le bombe’ che giravano erano anche frutto di preparazioni artigianali, e quindi credo molto più pericolose del doping scientifico”. Costo? “Dai 300 ai 700 euro per confezioni”. Quindi anche il ciclismo amatoriale, quello dove si corre per passione e magari per vincere una mortadella, è malato? “Non tutto ovvio. Chi fa uso di sostanze resta una minoranza, e ci sono tantissime associazioni sportive che fanno grandi sacrifici per portare avanti questo sport solo per spirito passionale. Purtroppo, però, a livello psicologico subentrano altri aspetti. Chi è nato sopra una bicicletta, conosce bene la fatica ed il sacrificio di correre in primis contro sé stesso. E’ una sfida tra te e la bici, prima che con gli altri. Vuoi dare il massimo, sempre, per sentirti vivo. E questo sentimento trova il suo sugello durante la gara. Quando vuoi sentire l’adrenalina scorrerti dentro, arrivare davanti a tutti. Il prosciutto non conta, ma conta sentirsi forti ed in alcuni casi vivi. E purtroppo c’è chi arriva a fare uso di sostanze per ottenere certi standard”. Quindi, in parole povere, il problema si annida nella psicologia di ogni ciclista. “Non lo so. So soltanto che il ciclismo, come molti altri sport amatoriali dove potrebbe girare di tutto, porta ad essere un tantino invasati e fare uso anche di sostanze per essere sempre in condizione di ottenere buone prestazioni, E’ come sentirsi il campione che guardi in Tv”. Hai fatto uso di ormoni, e hai detto che girano anche altri eccitanti, addirittura la famigerata epo. L’assunzione di queste sostanze quanto incide su una prestazione, che il più delle volte, tra l’altro, è una corsa di paese? “Intanto occorre fare subito una precisazione: il doping non ti aiuta a diventare un fenomeno. Se resti attaccato con lo sputo al gruppo per una vita, e poi ti dopi, il giorno do- Dall’inchiesta “Oil for drug” al giro di vite contro i furbetti Un male difficile da debellare Il calcio resta lo sport più controllato nel Lazio alle pendici dei Pratoni del Vivaro una decina di anni fa. IL CASO LAZIO E’ nel biennio 2008-2009 che i controlli, non solo effettuati a sorteggio (ovvero estraendo il numero del dorsale del corridore) ma spesso mirati ai primi classificati nella singola gara, sono diventati serrati in diverse gare a circuito e non più, come era stato fino ad allora, esclusivamente in quelle valide per la Coppa Lazio. Diversi furono gli amatori del panorama regionale immediatamente pizzicati con le mani nella marmellata, a partire dai nettunesi Enrico Raponi, positivo al testosterone e squalificato per due anni dal 2009 al 2011, Sergio Urbani, coinvolto nello scandalo “Oil for drug” (indagine avviata nel 2003 in seguito alla morte sospetta di un ciclista dilettante e che, negli anni seguenti, si è focalizzata nel Lazio), e Mauro De Carolis, anch’egli sospeso per due anni dalla Commissione di Appello Federale della Federciclo, con pena confermata dal Tribunale Nazionale Antidoping dopo il ricorso presentato. Nell’ultimo lustro, inoltre, si sono registrate le tre sospensioni in via cautelare per atleti del Team Terenzi Lazzaretti, tra le quali quella di Federico Pieri sospeso a seguito di controlli in eventi distinti per Eritropoietina ricombinante, mentre per controlli dopogara i casi più recenti sono quelli riguardanti Fabrizio De Amicis (tesserato FCI) sospeso in via cautelare dopo un controllo a sorpresa effettuato dal Ministero della Salute (CVD), ex legge 376/2000, in una kermesse amatoriale tenuta a Cisterna il 6 ottobre 2013, e Vittorio Iosca (tesse- ” chi si bomba prima di una gara, tanto i controlli restano pochissimi”. Ecco, perché non vengono fatti dei test? “A quanto ne so io costano troppo. Le associazioni sportive dilettantistiche vivono di sponsor e contributi spontanei, e a quanto ne so io le stesse federazioni amatoriali affiliate al Coni, non navigano nell’oro. C’è fatica a controllare i professionisti poi, figuriamoci i corridori della domenica”. Perché hai detto basta? “Perché mi hanno beccato e ho aperto gli occhi. Ti rendi conto che non ne valeva la pena per tanti motivi, in primis quello della salute. Poi perché non si può andare in depressione perché non si riesce a correre più forte degli altri”. Cosa raccomandi a chi ancora si attacca al doping? “ Divertitevi a portare in bici i vostri figli o i vostri nipotini”.