DA UNA VISITA DOMICILIARE… EMOZIONI CHE LASCIANO SPAZIO ALLA VITA “A Modena ricomincia l’anno accademico 2004-2005, per il terzo anno consecutivo gli studenti del VI anno hanno nel core curriculum un mese di frequenza presso lo studio del Medico di Medicina Generale! Non potranno laurearsi senza aver fatto anche questo tirocinio e frequentato i seminari di Medicina Generale. È un mese per loro eccezionale (il gradimento espresso dai questionari elaborati è altissimo!), trascorso accanto ad un Tutor che li aiuta a scoprire in studio e nelle case della gente più varia, tutto quello che esiste di “disagio, piccole e grandi sofferenze, per sé e per i propri cari”, al di fuori delle mura dell’ospedale e dei poliambulatori dei policlinici universitari ... È proprio vero che gli studenti di medicina devono entrare nelle case delle “persone” per scoprire l’altra parte del mondo della medicina, che rimarrebbe per sempre sconosciuta se si frequentassero solo i reparti ospedalieri come è successo fino ad ora ... Nell’immaginario dello studente, fino ad ora, il paziente grave, era sempre disteso in un letto di ospedale, a recitare quasi il ruolo o meglio la parte del malato ... inguaribile e per questo incurabile. Ed è quello che ha scoperto la studentessa Stefania. Ecco che accanto ad un Tutor scopre che proprio quando in ospedale non c’è più niente da fare, c’è molto da fare per il Medico di famiglia, e la famiglia, ... È qui che il paziente, tornando a casa dall’ospedale, si riveste dei suoi abiti comuni ... ricomincia a riscoprire, gli amici, i ricordi, le foto, gli odori della cucina, il proprio letto, la casa di fronte ... il vicino. Ed allora la malattia così grave e così ineluttabile, in tanti momenti della giornata, non diventa l’unica cosa a cui pensare e non la più importante ... Ed è quello che ha potuto scoprire la studentessa, accompagnandomi a casa di Emilia nel suo primo giorno di tirocinio ... È entrata in punta di piedi in quella casa, che immaginava di sofferenza, pensando di trovarvi un paziente a letto, in attesa della fine ... ma ha scoperto che il paziente, proprio perché è nella sua casa, in famiglia, può trovare ancora la vita, al di là della sua malattia ... e ne è uscita con il cuore pieno di emozioni!” Maria Stella Padula Qualche mese è passato, la porta si apre, io e la dottoressa entriamo nel luminoso appartamento ma quello che ci accoglie sulla soglia non è lo stesso cortese sorriso.. il tempo è trascorso e la gentile signora che ci attende non è più in grado di percorrere con noi il corridoio che conduce alla camera da letto.. Quello che osservo e l’atmosfera che ritrovo non sono molto diversi da ciò che tanto mi ha colpito un giorno di ottobre non troppo lontano da questo, cerco con lo sguardo lo splendido ritratto in salotto, gli oggetti minuziosamente disposti sulle mensole, i fiori che regalano tanta luce a questo angolo di vita e poi l’accoglienza, il calore: ritrovo tutto come ricordavo. La porta della camera da letto è aperta, entro e mi avvicino cercando quel sorriso che tanto mi ha trasmesso.. la malattia sta inevitabilmente evolvendo, le condizioni generali di salute sono peggiorate: la gentile signora ora non si alza più dal letto, spesso è in stato soporoso, è costantemente assistita ma le cure palliative sembrano sortire un buon effetto, la chiamo per nome: apre gli occhi, risponde a semplici quesiti e dimostra di sapere dove e con chi si trova. Dopo averla visitata mi sorprende ancora una volta quando, rispondendo alla dottoressa, mi dice il nome della sua nipotina che da poco è nata.. io la osservo: sorride, gira il viso verso un angioletto di gesso posto sopra il letto, non lo avevo visto prima, è un regalo! Si parla dei suoi ‘bambini’, non riesce a dire che poche parole ma noto che l’umore è diverso, gli occhi umidi di lacrime: questo non è cambiato! La malattia segue il suo corso, le complicanze e il loro esito sono ciò che si aspetta, tutti consapevoli della loro inevitabilità ma ora mi rendo conto che qui anche la vita segue il suo corso e i pensieri, gli affetti, gli oggetti e l’ambiente familiare, le emozioni che continuano a circondare questa amabile signora le lasciano il meritato spazio.. Guardandomi attorno mi accorgo sempre più di quanto tutto ciò che le è stato caro e vicino nel corso del tempo continua a farle compagnia, a regalarle calore; penso che tutto sarebbe diverso senza la sua camera da letto, senza i suoi figli vicino, senza la casa, i suoni, i profumi, l’amore a lei così famigliari. Mi chiedo che cosa possa pensare, mi chiedo in realtà che cosa possa pensare qualsiasi persona nelle sue condizioni, che cosa deve rappresentare la consapevolezza, la sofferenza, la solitudine, la paura di un malato terminale quando, tra l’altro, volgendo lo sguardo verso una qualsiasi direzione niente di famigliare, di caro lo circondi, niente che alimenti quelle emozioni che ’lasciano spazio‘ alla vita che rimane.. La visita si sta concludendo, la dottoressa definisce gli ultimi aspetti per quanto riguarda l’assistenza domiciliare e controllata la terapia rimane il tempo dedicato ad Emilia, quello che, a mio avviso, non dovrebbe mai essere trascurato: la dott. le si avvicina e le chiede come sta, che pensieri ha, che cosa desidererebbe, che cosa può fare un medico, un figlio, qualsiasi persona la circondi per aiutarla a tenere lontane preoccupazioni, ansie, dubbi, dolore.. ‘quel sorriso’ non tarda a mostrarsi.. ‘Sto bene’ , dice, ‘Oggi ho mangiato tanto, mi hanno fatto il pesce..’ , sorridiamo tutti intorno a lei e non so, l’atmosfera è più rilassata.. la saluto e spero di rivederla! La porta si chiude, quello che si sta consumando dietro le mie spalle è sicuramente una tragedia, una vita si sta concludendo ma io penso che, nonostante tutto, ho visto Emilia sorridere ancora una volta, per quanto possa soffrire, non è sola, tutto intorno a lei l’accompagna e spero riesca a regalarle fino all’ultimo momento quelle emozioni che, fino a quando le ricorderanno ciò che è stata, ciò che è e ciò che ha.. lasceranno spazio alla sua vita.. STEFANIA, febbraio 2005