Nota Paese Brasile

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BRASILE
In anni recenti il Brasile ha attraversato un prolungato periodo di crescita, caratterizzato da
stabilità macroeconomica e finanziaria. Tra il 2004 e il 2008 il prodotto interno lordo (PIL) è
cresciuto del 5 per cento medio annuo, un ritmo assai elevato nel confronto con la
performance dell’economia brasiliana negli anni ´80 e ‘90. La domanda interna ha avuto una
dinamica vivace. I consumi delle famiglie, sospinti dalla crescita dei salari, hanno accelerato
dall’1,2 per cento nel periodo 1999-2003 al 5 per cento nel periodo 2004-2008; gli
investimenti sono passati dal -2,6 al +10,1 per cento. Nello stesso periodo sono stati creati
mediamente un milione e mezzo di nuovi posti di lavoro l’anno e il tasso di disoccupazione è
diminuito da oltre il 13 per cento nell’aprile del 2004 al 6,8 per cento di fine dicembre.
Le politiche di bilancio poste in essere negli stessi anni hanno garantito consistenti surplus
primari, ovvero avanzi nei bilanci dello stato misurati al netto delle spese per interessi sul
debito pubblico. Ciò ha permesso la riduzione del debito pubblico netto dal 56 per cento del
PIL nel settembre del 2002 al 36 per cento nel dicembre del 2008. Il paese ha inoltre sfruttato
il momento positivo dell’economia globale e l’elevato livello dei prezzi delle materie prime: tra
il 2003 e il 2007 sono stati registrati avanzi di parte corrente della bilancia dei pagamenti e il
debito estero (comprendente sia quello privato sia quello pubblico) si è ridotto da oltre il 40
per cento del PIL nel 2002 a poco più del 10 per cento nel 2008.
Tale evoluzione positiva è stata minata, nel corso della seconda metà del 2008,
dall’aggravarsi della crisi economica e finanziaria internazionale. La crisi è scoppiata
nell’estate del 2007, quando il rallentamento del mercato immobiliare statunitense ha messo
in luce le difficoltà di alcuni intermediari finanziari che avevano massicciamente investito in
prodotti finanziari “strutturati”, legati all’andamento dei mutui ipotecari concessi negli Stati
Uniti a prenditori con basso merito di credito (cosiddetti subprime). Essa si è poi trasmessa
ad altri settori del sistema finanziario, caratterizzati dall’investimento in prodotti finanziari
derivati e ad alta leva finanziaria e ha raggiunto i sistemi bancari. Solo più recentemente le
Fonte: Ufficio ICE San Paolo
tensioni riguardanti gli intermediari finanziari si sono trasmesse all’economia reale
provocando una diffusa contrazione del prodotto e la crescita della disoccupazione in tutte le
economie avanzate. Per quanto concerne il Brasile, come per la maggior parte degli altri
paesi emergenti, gli effetti della crisi si sono manifestati con un certo ritardo e la situazione si
è notevolmente aggravata solo dopo il fallimento della banca d’affari Lehman Brother’s nel
settembre del 2008. Prima di ciò alcuni effetti si erano sentiti sulla borsa, dove l’indice
Bovespa, sulla scorta del calo del prezzo delle commodities, aveva cominciato a ridursi dal
maggio. Da agosto è stato il real a dare segni di debolezza, registrando un deprezzamento
nei confronti del dollaro statunitense di oltre il 15 per cento. Nel corso del quarto trimestre
dell’anno la crisi si è trasmessa anche all’economia reale con ripercussioni sulla produzione
industriale (-9,4 per cento tra il terzo e il quarto trimestre 2008), sull’occupazione (-654 mila
lavoratori con impiego formale a dicembre) e sul PIL (-3,6 per cento rispetto al terzo trimestre
dell’anno). Comunque, nonostante le difficoltà degli ultimi mesi, nel 2008 la crescita del PIL è
stata del 5,1%.
Nonostante le prospettive di rallentamento della crescita per il 2009, il Brasile appare più
preparato oggi rispetto al recente passato a fronteggiare la crisi internazionale. Tale
condizione è stata resa possibile grazie ai citati miglioramenti dell’economia nel corso degli
ultimi cinque anni. In particolar modo gioca a favore del paese la diminuzione sia del debito
estero sia del debito pubblico. In passato l’elevato livello di indebitamento in dollari provocava
marcate tensioni sui conti pubblici e con l’estero nelle fasi caratterizzate dal deprezzamento
del tasso di cambio. Oggi, viceversa, il paese è creditore netto nei confronti dell’estero.
La crisi e la repentina svalutazione del Real (nel giro di pochi giorni il dollaro è passato da un
controvalore in Reais di 1,60 a quello di 2,20), che ad inizio autunno ha costretto la Banca
Centrale ad interventi massicci sul mercato dei cambi per evitare il rischio di fallimento per
molte aziende operanti nei mercati esteri, ha influenzato anche l’andamento dell’interscambio
commerciale del Brasile con il resto del mondo. Il rallentamento del commercio con l’estero è
stato causato dal fatto che in Brasile i nuovi contratti per l’export sono rimasti in sospeso in
attesa di una definizione del tasso di cambio e del miglioramento della liquidità nel mercato
del credito in dollari, principalmente riguardo ai prodotti manifatturati che non hanno un
prezzo di riferimento come le commodities che sono quotate in borsa. Lo stesso discorso vale
anche per le importazioni, dal momento che gli imprenditori brasiliani hanno valutato a fondo
la situazione prima di ricominciare a fare nuovi acquisti di materie prime e di prodotti finiti.
Il Brasile esporta soprattutto materie prime verso i Paesi europei, gli Stati Uniti e la Cina,
mentre verso i Paesi del Mercosur l’export è costituito per circa l’80% da manufatti. I beni
importati, invece, sono costituiti principalmente dall’acquisto di macchinari e beni capitali
esteri, resi meno cari grazie all’andamento di costante (fino all’autunno del 2008)
apprezzamento del Real dell’ultimo triennio.
In un’economia in cui vi è la tendenza a concentrare le esportazioni su prodotti di catena
produttiva ristretta con una ridotta fase di produzione e quindi con minore valor aggiunto, per
la crescita delle esportazioni è stato fondamentale in questi anni l'incremento della domanda
di materie prime agricole ed industriali di cui il Brasile è forte esportatore e le cui quotazioni
hanno registrato un forte apprezzamento sui mercati mondiali. Zucchero, alcool, cellulosa,
minerali di ferro e carni da macello rappresentano le principali voci dell'export brasiliano e le
Fonte: Ufficio ICE San Paolo
commodities in generale rappresentano circa il 50% dell'export brasiliano. Dopo la metà dei
2008, la diminuzione del prezzo delle commodities, oltre a generare una contrazione dei
valori esportati, ha prodotto un impatto negativo sull'importante settore agricolo contribuendo
all'aumento della disoccupazione e alla diminuzione del salario reale.
La struttura dell'export brasiliano, quindi, genera due conseguenze: rende il mercato più
instabile e può causare la formazione di un deficit commerciale per il 2009, dopo otto anni di
saldi positivi (+24,8 milioni di dollari nel 2008). Il commercio con l'estero del Brasile, oltre a
subire il colpo del rapido rallentamento economico dei paesi più industrializzati, dovrà
affrontare il rischio della riduzione del tasso di sviluppo delle economie asiatiche, le quali
rappresentano il più importante mercato di sbocco per le esportazioni del paese
sudamericano. L’indebolirsi della domanda estera rappresenta l'ulteriore elemento che, per la
prima volta dal 1996, potrebbe determinare nel 2009 un calo nei volumi esportati. E´lecito
ritenere peraltro che il Brasile soffrirà meno degli altri paesi emergenti l'impatto del
rallentamento della domanda mondiale, dal momento che l'economia brasiliana è ancora
relativamente chiusa (il rapporto export/PIL è al di sotto del 15% a fronte di un 40% in media
per i mercati emergenti). Il governo federale del Brasile per mitigare gli effetti negativi previsti
per il 2009 su produzione e occupazione ha messo in programma di aumentare ulteriormente
gli investimenti entro il 2010 nei settori della logistica, dell'energia e delle infrastrutture sociali
e urbane, nell'ambito del PAC (Programma di Accelerazione della Crescita), che prevede
investimenti per un totale di 646 miliardi di Reais (circa 200 miliardi di Euro) entro il 2010.
Sul fronte dell'offerta, si attende un rallentamento nel mercato dello sviluppo agricolo nel 2009
ed una stabilizzazione nel 2010 favorita dalla diminuzione dell'offerta globale delle "soft
commodity" (caffè, grano, riso, ecc., comunque prodotti non provenienti dalle miniere) e dal
Real più debole.
La produzione industriale ha iniziato a diminuirsi nel 2009 a causa della stretta creditizia e
della debolezza dell'export. Sono stati varati alcuni incentivi del Governo per alcuni settori,
quali la temporanea eliminazione dell’imposta sugli autoveicoli IPI. E’ inoltre in programma un
piano di rilancio dell’edilizia popolare per riattivare il settore delle costruzioni rallentato da una
diminuzione dell'investimento privato e da peggiori condizioni di credito.
L'industria estrattiva è minacciata da rischi crescenti di un rallentamento più brusco del
previsto nello sviluppo del Pil reale della Cina. L'industria dei beni capitali ha iniziato a
indebolirsi nel 2009, ma sulla base della previsione di recupero della domanda interna ed
estera verso la fine dell'anno, dovrebbe poter recuperare già nel 2010. Le attività nel settore
finanziario, che sono state tra le più dinamiche negli anni recenti, stanno anch’esse subendo
un declino a causa di un approccio più cauto da parte degli investitori.
Benché la percentuale del Pil relativa alle tasse sul reddito si ridurrà nel 2009, la diminuzione
sarà probabilmente lieve, dato l'alto livello di diversificazione della base imponibile del Brasile,
che include varie tasse e contributi su redditi aziendali, salari, vendite, commercio estero,
produzione industriale, servizi e beni. Questa situazione rende l'andamento del gettito fiscale
più prevedibile e meno volatile di molte altre grandi economie, cosa che facilita la
pianificazione della politica fiscale. Il governo, quindi, ha potuto affermare la propria
intenzione di adottare una politica fiscale anticiclica nel 2009 per compensare l'andamento di
rallentamento economico.
Fonte: Ufficio ICE San Paolo
Il sistema bancario brasiliano pare che abbia tenuto abbastanza bene agli scossoni finanziari
internazionali e non sembrerebbe particolarmente esposto alle perdite causate da titoli
"infetti" o derivati. Tuttavia alcune banche e imprese brasiliane hanno sofferto perdite a causa
della recente volatilità nelle borse di tutto il mondo e dell'esposizione ai derivati. L'aumento
del credito, pertanto, che è stato un importante volano di sviluppo negli anni recenti, dovrebbe
subire pesanti ridimensionamenti. Insieme ad un tasso di inflazione relativamente elevato,
che in sostanza erode il reddito disponibile, potrebbe causare un rallentamento dei consumi
privati e degli investimenti. In più, la combinazione tra le perdite subite nei mercati esteri con i
derivati e gli alti tassi di interesse, che peggiora i bilanci dei debitori, causa la diminuzione dei
potenziali consumatori e lo slittamento di molte decisioni di investimento. Anche il sistema
bancario ha subito scosse dalla crisi, la quale ha favorito concentrazioni. La fusione dello
scorso ottobre tra la banca Itaú e Unibanco, due tra le più importanti istituzioni finanziarie
brasiliane private, ha creato la più grande banca dell'America Latina. La Federal Reserve lo
scorso ottobre ha istituito delle line di credito temporanee (currency
swap lines) con la Banca Centrale dei Brasile, Messico, Singapore e Corea dei Sud.
L'accordo, in vigore fino alla fine di aprile 2009, è stato creato per consentire liquidità in dollari
Usa fino ad un ammontare di 30 miliardi per ciascuno di questi quattro paesi..
In linea con le misure prese nei paesi industrializzati, il 22 ottobre scorso il governo brasiliano
ha adottato una Medida Provisória (una sorta di decreto legge che entra in vigore prima
ell'approvazione del parlamento), per il conferimento di poteri eccezionali alle due più
importanti banche di proprietà dello stato, Banco do Brasil e Cassa Economica, per l'acquisto
di stock in altre banche. Merita menzione anche l'attivazione di specifiche linee di credito per
favorire il settore agricolo e l'export. In particolare la Banca Centrale ha lanciato una speciale
linea di credito da mettere all'asta tra le banche da utilizzarsi come garanzia sui contratti di
vendita all'export.
L’elevato rischio di inflazione ha indotto il Copom (Comitato di Politica Monetaria) a prendere
la decisione unanime di fissare lo scorso settembre il tasso di sconto ufficiale al 13,75%, dopo
quattro aumenti consecutivi a partire da aprile 2008 ma questa tendenza si è poi rovesciata a
seguito della crisi. Le più recenti decisioni del COPOM hanno portato il tasso di sconto SELIC
all’11,25% e sono previste ulteriori riduzioni nel corso dell’anno.
Le aspettative per l'inflazione del 2009 sono di poco al di sopra dell'obiettivo del governo del
4,5%, anche se l'effetto combinato sull'inflazione del minor costo del prezzo delle
commodities e della moneta più debole è difficile da valutare. Nel 2008 il tasso d’inflazione è
stato del 5,9%.
Secondo l'ultimo sondaggio dell'IBGE (Istituto Brasiliano di Geografia e di Statistica) la
popolazione brasiliana nel 2007 si avvicinava ai 190 milioni di abitanti, portando il paese tra i
cinque paesi più popolosi del mondo e diventando la prima potenza demografica dell'America
Latina con un tasso medio annuo di crescita della popolazione pari all'1,4%. La tradizionale
elevata concentrazione della ricchezza, pur restando uno dei principali problemi dei paese,
tende a ridursi. Secondo uno studio svolto nel 2008 dalla società Ipsos per l'impresa Cetelem
del gruppo PNB Paribas mostra che tra il 2005 e il 2007 il reddito delle classi più elevate è
leggermente diminuito (-11%), mentre quello delle classi più basse è leggermente aumentato
(+6%). I fattori che hanno portato all'emergere della nuova classe media e all'accrescere del
suo potere d'acquisto sono stati sostanzialmente Ia diminuzione dei prezzi di alcuni beni e
Fonte: Ufficio ICE San Paolo
servizi, l'aumento dei salari e dell'occupazione, la creazione di programmi sociali e le
agevolazioni di credito a lungo termine.
Un altro elemento importante che ha contribuito a vivacizzare l'economia è stato l’aumento
dei salario minimo, che tra il 1990 e il 2007 ha portato alla riduzione della povertà. Nel
settembre 2006, il salario minimo era di 350 Reais al mese, mentre a inizio 2009 e’ stato
portato a 465 reais. La disoccupazione, (nel 2007 al 9,3%), è ulteriormente scesa nel 2008 a
7,9% grazie anche al forte aumento dei lavoratori registrati con regolari contratti di lavoro, un
segnale importante della stabilità economica di questi anni e della fiducia da parte degli
imprenditori che da essa deriva.
Ma il salto più straordinario che il Brasile ha compiuto nel 2008, sorprendendo l’economia
mondiale è forse il passaggio da paese debitore a creditore. Secondo i dati resi noti dalla
Banca Centrale a fine febbraio 2008, il gigante sudamericano aveva riserve in valuta straniera
pari a 190 miliardi di dollari, mentre il totale dei debiti verso l’estero ammontava a 183 miliardi
di dollari, fatto che ha sicuramente influito nella decisione di promuovere il Brasile tra i paesi
con “investment grade” da parte della Standard & Poor’s (S&P). Quest’ultima agenzia di
classificazione del rischio, considerata una delle più importanti del mercato finanziario, ha
promosso il 30 aprile scorso il rasile al cosiddetto “grado di investimento”. Questo significa
che, sempre secondo l’agenzia, il paese è considerato sicuro per gli investitori di tutto il
mondo. La S&P ha promosso il Brasile dal livello BB+ a BBB.
Il grado di investimento riflette il buon livello della politica economica, caratterizzato da un
atteggiamento “pragmatico”, specialmente nel controllo dei conti pubblici e la libertà della
Banca Centrale di combattere con vigore l’inflazione. La tendenza alla crescita dell’economia
brasiliana genera condizioni affinché il Paese abbia la credibilità per finanziare il suo deficit
nelle transazioni con l’estero.
Fonte: Ufficio ICE San Paolo
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