8. Equilibrio in economia aperta
8.1 rapporti con il resto del mondo
Il commercio internazionale rappresenta il complesso degli scambi di beni e servizi tra diversi paesi. Un sistema economico che partecipa al commercio internazionale si dice sistema aperto. Una misura del grado di apertura è data dal rapporto tra il valore delle esportazioni o delle importazioni e il valore della produzione complessiva del paese. Il grado di apertura agli scambi internazionali varia
in maniera significativa da un paese all'altro: gli Stati Uniti, per esempio, sono
un paese abbastanza autosufficiente, con un rapporto esportazione/PIL attorno al
10%; paesi europei come Francia, Germania, Italia hanno un maggior grado di
apertura (mediamente, intorno al 20-25% del PIL); paesi più piccoli come Belgio, Olanda e Irlanda esportano e importano oltre il 50% della produzione complessiva.
TAB. 8.1 Interscambio commerciale Italia per paese o area
(Valori mil. di euro 2008 - composizione % 2007)
Paesi
Export
Import
Valori
%
Valori
%
Paesi UE-27
217,8
60,9
206,3
58,8
UEM
164,7
46
167,7
48,1
di cui Francia
41,8
11,5
32,9
9,3
Germania
47,6
12,9
61
17,5
Spagna
24,5
7,5
15
4,4
Altri paesi UE 27
53,2
14,8
38,6
10,7
di cui Regno Unito
19,6
5,8
11,5
3,4
Resto del mondo
152,8
39,1
165
41,2
Di cui :Cina
6,4
1,7
11,8
5,6
Giappone
4,3
1,2
4,8
1,4
OPEC
21,4
4,9
40,8
9,1
Russia
10,5
2,6
15,1
3,7
Stati Uniti
23,1
6,6
11,5
2,9
Svizzera
14,5
3,6
11,3
3,1
Totale
370,6
100
371,3
100
Va precisato in effetti che quasi il 60% delle esportazioni e delle importazioni dell’Italia
si rivolgono a paesi dell’Unione Economica Europea e dell’Unione Economica e
Monetaria. Come si può vedere dalla tabella 8.1 i partner principali dell’interscambio
commerciale del nostro paese nel 2007 erano innanzitutto la Germania, la Francia , la
Spagna (UEM) e il Regno Unito (UE), mentre il resto del mondo rivestiva un peso
minore pur evidenziando il rilievo dei paesi OPEC per le importazioni, e degli Stati
Uniti come mercato di esportazione.
Mario Oteri
184
Oltre che beni si possono scambiare anche strumenti finanziari: in un regime di
liberalizzazione valutaria i residenti in un paese possono fare investimenti finanziari,
acquistando titoli emessi in un altro paese, o possono indebitarsi emettendo titoli sui
mercati internazionali. Al tempo stesso gli operatori , imprese o singoli, possono fare
investimenti diretti in un paese straniero acquistando attività produttive già esistenti
ovvero creando nuove iniziative imprenditoriali.
8.2. Il tasso di cambio
Ciascun paese scambia beni, servizi e strumenti finanziari con il resto del mondo;
poiché i prezzi sono espressi in valuta nazionale è necessario determinare i rapporti di
cambio fra le singole valute o, più in generale, il rapporto di cambio delle singole valute
nazionali con la valuta che viene utilizzata come mezzo di pagamento internazionale e
che, attualmente, è il dollaro. Il tasso di cambio nominale misura la quantità di valuta
estera che si scambia con una unità di valuta nazionale $/€ (incerto per certo) : ad
esempio occorrono 1,46 dollari per 1 euro:
e=$/€
il tasso di cambio può essere determinato anche dalla quantità di valuta nazionale che si
scambia con una unità di valuta estera €/$ : in questo caso sono necessari 0,68 euro per
un dollaro. Nel testo seguiremo la prima definizione.
Il tasso di cambio nominale è da intendersi a tutti gli effetti come il prezzo di una valuta
in termini di un'altra valuta (una valuta può considerarsi infatti come un bene in quanto
offre al detentore un "servizio", ovvero la possibilità di acquistare beni o titoli
commerciati solo in quella valuta). Come avviene per i prezzi di tutti i beni il tasso di
cambio può variare per effetto di cambiamenti che riguardano la domanda e l'offerta:
in parte le banche centrali possono influire sul tasso di cambio "acquistando" o
"vendendo" valuta straniera (e corrispondentemente "vendendo" o "acquistando" valuta
nazionale), al fine di raggiungere specifici obiettivi di politica economica e monetaria;
gli altri operatori, famiglie e imprese, "offrono" valuta nazionale e "domandano" in
cambio valuta estera (oppure "offrono" valuta estera e "domandano" in cambio valuta
nazionale), per motivi legati a:
scambi commerciali ( importazioni ed esportazioni), incluso il turismo (il turismo
infatti comporta un'importazione di beni da parte del turista, o
corrispondentemente un'esportazione di beni da parte del paese che riceve il
turista);
investimenti finanziari (ad es.: acquisto di buoni del tesoro stranieri);
attività speculative sui cambi (operazioni di acquisto e vendita di valute col solo
fine di guadagnarci attraverso un'eventuale variazione dei tassi di cambio nel
tempo).
Si ha un apprezzamento del tasso di cambio quando aumenta la quantità di dollari che si
scambiano con un euro ; si ha viceversa un deprezzamento quando si riduce la quantità
di dollari necessari ad acquistare un euro. Nel primo caso l'euro vale di più in termini di
dollari, nel secondo vale invece di meno.
Equilibrio in economia aperta
185
Il tasso di cambio è espresso dal rapporto di scambio fra due valute: questo rapporto può
essere alla pari quando una unità di valuta estera si scambia con una unità di valuta
nazionale; sopra la pari quando occorre una maggiore quantità di valuta estera per
acquistare una unità di valuta nazionale; sotto la pari nel caso opposto. Un tasso di
cambio al di sopra delle parità non comporta necessariamente una maggiore
convenienza ad acquistare prodotti esteri rispetto ai prodorri nazionali. Bisogna tenere
conto infatti del tasso di cambio reale, che considera anche il diverso livello generale
dei prezzi nei due paesi considerati. Consideriamo un esempio: il cambio nominale
dollaro/euro è pari a 1,20 (occorrono 1,20 dollari per acquistare 1,00 euro) ;
supponiamo che l'unico bene esistente nel mondo sia costituito dalle arance (in maniera
tale da poter ragionare in termini di prezzo delle arance nei due paesi e non in termini di
livello generale dei prezzi); supponiamo anche che in Italia le arance costino 2 euro al
chilogrammo, mentre negli Stati Uniti 1 dollaro al chilo (le arance vendute in Italia e
quelle vendute negli Usa appartengono a due mercati differenti); in Italia si possono
acquistare 50 kg di arance con 100 euro, mentre negli Stati Uniti con 120 dollari
(ottenuti in cambio dei 100 euro) si possono acquistare 60 kg di arance; la conclusione è
che, in questo caso , il cambio nominale sembra favorevole a chi vive in Italia, ma il
cambio reale (quello che veramente interessa all'agente economico) risulta sfavorevole.
In effetti il potere d'acquisto della valuta nazionale è evidenziato dal tasso di
cambio reale che indica i prezzi dei beni nazionali espressi in termini di beni esteri e
misura la competitività dei prodotti nazionali rispetto ai prodotti esteri . Il prezzo dei
beni italiani è espresso infatti in euro (P); per ottenere il prezzo dei beni italiani in
dollari occorre moltiplicare il prezzo in euro per il tasso di cambio nominale (eP); il
tasso di cambio reale (ε) confronta il prezzo dei beni nazionali espresso in dollari (eP)
con il prezzo dei beni esteri (P*)
ε = eP/P*
A parità di tasso di cambio nominale, il tasso di cambio reale, ovvero il potere
d’acquisto della valuta nazionale, dipende dall’andamento del tasso d’inflazione
interno rispetto a quello del paese con cui si effettuano gli scambi: se i prezzi dei
prodotti nazionali P crescono più velocemente dei prezzi dei prodotti esteri P*, il
prezzo in valuta estera dei prodotti nazionali diventa relativamente più elevato
( apprezzamento del tasso di cambio reale) e la competitività del paese diminuisce .
Tasso di cambio reale
Se ad esempio consideriamo un tasso di cambio nominale pari a 1,46 dollari per un euro, il
tasso di cambio reale è 0,88 quando il tasso d’inflazione negli USA è pari a 0,05 mentre
nell’Unione è solo 0,03; il tasso di cambio reale diventa invece 2,44 se il tasso d’inflazione
USA è 0,03 mentre nell’Unione è pari a 0,05. Ovviamente se il tasso d'inflazione è uguale
nei due paesi il tasso di cambio reale è uguale al tasso nominale.
e = $/Є = 1,46 tasso di cambio nominale
1,46 x (0,03/0,05) = 1,46 x 0,6 = 0,88 tasso di cambio reale
1,46 x (0,05/0,03) = 1,46 x 1,67 = 2,44 tasso di cambio reale
1,46 x (0,05/0,05) = 1,46 x 1
= 1,46 tasso di cambio reale
Mario Oteri
186
Viceversa se il livello dei prezzi dei prodotti esteri P* aumenta più velocemente del
prezzo dei prodotti nazionali P, il prezzo in valuta estera dei prodotti nazionali si riduce
( deprezzamento del tasso di cambio reale) e la competitività del paese aumenta.
Analogamente, a parità del livello dei prezzi nei due paesi, il tasso di cambio reale si
muove in sintonia con il tasso nominale: quando il tasso di cambio nominale (e) si
apprezza , occorre cioè più valuta estera per acquistare un euro, anche il tasso di
cambio reale si apprezza e diminuisce la competitività dei prodotti italiani, che
diventano per gli operatori esteri relativamente più cari.
8.3 I mercati valutari
Per comprendere come si determina il tasso di cambio nominale fra due valute è
opportuno capire come si determina la domanda e l’offerta di valuta. Possiamo
classificare gli scambi di un paese con il resto del mondo in due grandi categorie:
scambio di beni e servizi e scambio di capitali finanziari. Lo scambio di beni è
costituito dalla domanda di prodotti nazionali che proviene dal resto del mondo, che
sono le esportazioni del nostro paese (X), e dalla domanda di prodotti esteri che
proviene dal nostro paese , che sono le importazioni (Q). A fronte delle esportazioni,
che rappresentano un flusso di prodotti venduti dal nostro paese al resto del mondo,
avremo quindi un afflusso di valuta, per esemplificare dollari, che proviene dal resto del
mondo (AV); viceversa a fronte delle importazioni, acquisto di beni dal resto del
mondo, si determina un deflusso di valuta nazionale (DV), ad esempio euro, verso il
resto del mondo.
Tab. 8.3 Bilancia dei Pagamenti Valutaria
Esportazioni
Afflusso di Capitali
Afflusso di Valuta
(Domanda di valuta nazionale )
Importazioni
Deflusso di Capitali
Deflusso di Valuta
( Offerta di valuta nazionale)
Per quanto riguarda i movimenti di capitali si devono considerare deflussi quando dal
nostro paese si effettuano investimenti diretti nel resto del mondo ovvero si acquistano
strumenti finanziari emessi in altri paesi, si fanno cioè prestiti a operatori del resto del
mondo in deficit (DK); si devono invece considerare afflussi quando dal resto del
mondo si fanno investimenti diretti nel nostro paese o si finanziano operatori nazionali
in deficit che si indebitano sui mercati internazionali (AK). E’ chiaro che a fronte dei
flussi finanziari si registrano flussi valutari: in particolare se si acquistano attività
finanziarie emesse nel resto del mondo si determina un deflusso valutario e, viceversa,
se dal resto del mondo sottoscrivono titoli emessi nel nostro paese si determina un
afflusso di valuta. Possiamo schematizzare quanto detto nella Bilancia dei Pagamenti
Valutaria che evidenzia i movimenti di beni e servizi ( Partite correnti) e i movimenti
Equilibrio in economia aperta
187
dei Capitali da un punto di vista valutario. L'afflusso di valuta dal resto del mondo
rappresenta domanda di valuta nazionale: gli operatori che esportano nel resto del
mondo e sono pagati in dollari, come quelli che vogliono sottoscrivere titoli emessi nel
nostro paese, non possono usare questa valuta nel nostro paese ma la devono convertire
in euro ( afflusso di valuta = domanda di valuta nazionale). Al contrario il deflusso di
valuta rappresenta offerta di valuta nazionale: gli operatori che importano o acquistano
titoli dal resto del mondo devono pagare in dollari e, perciò, offrono euro e domandano
dollari ( deflusso di valuta = offerta di valuta nazionale).
Il tasso di cambio è determinato dai movimenti valutari ed è stabile quando afflusso e
deflusso di valuta sono in equilibrio. Questo equilibrio può verificarsi quando sia le
partite correnti che i movimenti di capitali sono in equilibrio, o quando i due conti si
compensano fra di loro; ad esempio se le Importazioni superano le Esportazioni e si
registra un deflusso netto di valuta nelle partite correnti, un afflusso di Capitali
superiore al deflusso può assicurare l’equilibrio valutario e la stabilità del tasso di
cambio. In questo caso, ovviamente, il paese sta acquistando dal resto del mondo più
prodotti di quanto non riesca a venderne e sta pagando indebitandosi sui mercati
internazionali. Un’operazione normale per un paese che si indebita ed acquista beni per
accrescere la sua capacità produttiva e ripagare nel prossimo futuro i debiti contratti, ma
che può risultare rischiosa, come insegnano le esperienze del Messico e di altri paesi
latino americani, se il paese si indebita con il resto del mondo per acquistare beni di
consumo di lusso o per fare operazioni speculative che non garantiscono il pagamento
dei debiti.
In simboli se
X = IM AK = DK AV = DV
il tasso di cambio è stabile. Ovvero se
X < IM AK >DK AV = DV
il tasso di cambio è stabile ma il paese si sta indebitando con il resto del mondo.
Gli squilibri della bilancia valutaria hanno effetti sul tasso di cambio. Ad esempio
se si verifica un attivo delle partite correnti, se cioè le Esportazioni superano le
Importazioni, dato l’equilibrio nel movimento dei capitali, si determina un afflusso netto
di valuta dal resto del mondo che tende a far apprezzare la valuta nazionale rispetto a
quella estera.
X > IM AK = DK AV> DV e↑
Al contrario un passivo delle partite correnti, o un deflusso netto di capitali, che
determina un deflusso valutario netto tende a deprezzare il tasso di cambio cioè il valore
della valuta nazionale rispetto a quella estera.
X<IM AK<DK AV < DV e↓
Quando il tasso di cambio si apprezza aumenta il potere d’acquisto della nostra valuta e
gli operatori nazionali hanno convenienza ad acquistare prodotti del resto del mondo
mentre per i non residenti i nostri prodotti sono più cari: le importazioni aumentano e le
esportazioni si riducono. Accade il contrario quando la valuta nazionale si deprezza.
Mario Oteri
188
8.4
Mercato valutario e regime di cambio
Il rapporto di scambio fra due valute si determina sulla base degli accordi di cambio
esistenti nel sistema monetario: si possono avere regimi di cambio flessibili, regimi di
cambio fissi e regimi di cambio manovrati.
Oggi fra le principali valute esiste un regime di cambi flessibili nel senso che il tasso di
cambio, ad esempio fra dollaro ed euro, è dato dall'equilibrio che si determina sul
mercato fra domanda e offerta delle due valute. La domanda di euro è effettuata dagli
operatori del nostro paese che esportando prodotti nel resto del mondo, ad esempio
negli Stati Uniti, sono pagati in dollari che, tuttavia, non possono utilizzare in Italia
come mezzo di pagamento : sono perciò costretti ad offrire dollari e domandare euro sul
mercato valutario. L'offerta di euro è fatta, invece, dagli importatori che dovendo pagare
in dollari i prodotti acquistati all’estero, ad esempio negli Stati Uniti, sono costretti a
procurarseli sul mercato valutario offrendo euro in cambio di dollari. Analogamente se
si considerano i movimenti di capitali la domanda di euro viene effettuata da operatori
del resto del mondo che, volendo acquistare attività finanziarie emesse nel nostro paese,
devono pagare in euro; mentre gli operatori nazionali che vogliono acquistare attività
finanziarie emesse all'estero in dollari, offrono euro per procurarsi la valuta necessaria.
Nella figura 8.4.1 rappresentiamo il mercato valutario fra dollaro ed euro: in ordinata
poniamo il tasso di cambio $/Є che ci dice quanti dollari occorrono per un euro. Mano a
mano che ci allontaniamo dall'origine degli assi è necessaria un quantità crescente di
dollari per acquistare un euro a significare che il dollaro si deprezza e l'euro si apprezza.
Figura 8.4.1. Mercato valutario e tasso di cambio
$/Є
S ( IM - DK)
S1 ( IM - DK)
E
e
A
1
E
e1
D (X - AK)
V
V1
V
Equilibrio in economia aperta
189
La domanda di euro ha il normale andamento decrescente ad indicare che quando il
dollaro si apprezza, a danno dell'euro, diventa più conveniente per gli operatori stranieri
acquistare prodotti o attività finanziarie sul nostro mercato : le nostre esportazioni
pertanto aumentano. L'offerta di euro si presenta crescente dato che per gli operatori
nazionali è più conveniente acquistare prodotti esteri quando il dollaro si deprezza e
l'euro si apprezza : le nostre importazioni aumentano.
In regime di cambi flessibili il tasso di cambio è determinato dall'incontro fra
domanda e offerta. Ad un livello superiore a quello di equilibrio gli operatori nazionali
vogliono comprare beni dal resto del mondo per un valore che eccede quello che i non
residenti desiderano acquistare nel nostro paese, l'offerta supera la domanda: l'euro si
deprezza rispetto al dollaro, aumentano le esportazioni si riducono le importazioni e si
raggiunge l'equilibrio. Se si dovesse verificare un improvviso aumento dell'offerta di
euro, ad esempio perché si verifica un deflusso speculativo di capitali, la funzione si
sposta verso destra in S1 determinando un eccesso di offerta sulla domanda pari al
tratto EA; il dollaro comincia ad apprezzarsi mentre l'euro si deprezza riducendo la
quantità di dollari necessari ad acquistare un euro. Si raggiunge una nuova posizione di
equilibrio in E1, quando il tasso di cambio si assesta al livello e1 riportando
l'eguaglianza fra domanda e offerta e la stabilità sul mercato valutario.
Sino al 1971, con il sistema di Bretton Woods, vigeva un regime di cambi fissi basato
sul dollaro che era convertibile, in rapporto fisso, con l’oro mentre ciascuna valuta
nazionale si scambiava, in rapporto fisso, con il dollaro. Lo scambio fra due valute
avveniva sulla base delle reciproche parità con il dollaro: ad esempio se erano necessari
200 marchi e 400 lire, rispettivamente, per acquistare un dollaro, il rapporto di cambio
fra lira e marco era determinato in 2 lire per 1 marco. Ovviamente la Banca Centrale di
ciascun paese era tenuta a far fronte alle richieste del mercato cambiando al tasso
predeterminato i valori richiesti. Nel caso di un eccesso di offerta sulla domanda, dovuto
ad un deficit della Bilancia dei Pagamenti, la Banca Centrale doveva far fronte alle
richieste di valuta attingendo alle Riserve Ufficiali, cioè alla quantità di dollari
precedentemente accumulate che deteneva in portafoglio. Se le riserve si rivelavano
insufficienti la Banca Centrale poteva ricorre ai prestiti internazionali, ottenuti da altre
Banche Centrali o da istituzioni internazionali, che comportavano un costo aggiuntivo in
termini di interessi da corrispondere sul debito, ovvero era costretta a svalutare il tasso
di cambio accettando un rapporto di scambio più gravoso per la propria valuta. La
svalutazione può rivelarsi positiva per quanto riguarda le esportazioni, ma rappresenta
un maggiore costo delle importazioni e, nel caso di prodotti come il petrolio, un
aggravio dei costi che rende sempre più difficile il pareggio della Bilancia dei
Pagamenti. Per impedire che i tassi di cambio fossero soggetti a manovre speculative
difficilmente sostenibili dalle Banche Centrali, nel sistema di Bretton Woods erano
previste forti limitazioni alla circolazione dei capitali finanziari. Ritornando alla figura
8.4.1 e ipotizzando che il tasso e sia quello fisso previsto dagli accordi di cambio, un
aumento nell'offerta di valuta avrebbe costretto l’autorità monetaria a procurarsi un
ammontare di dollari pari ad EA attingendo alle riserve ufficiali.
Se queste fossero state insufficienti o se il deficit delle partite correnti fosse stato di
natura strutturale, e quindi destinato a ripetersi nel tempo, l’autorità monetaria sarebbe
stata costretta a modificare il rapporto di scambio svalutando la moneta nazionale.
Quando esistono degli accordi fra le Banche Centrali per intervenire sul mercato dei
cambi si parla di sistema di cambi manovrati. Un tipico esempio è rappresentato dal
Mario Oteri
190
Sistema Monetario Europeo (SME) creato dai paesi europei aderenti alla Comunità
Economica Europea nel 1979 nel tentativo di far fronte alla crisi del sistema di Bretton
Woods stabilizzando i tassi di cambio. Il sistema prevedeva la creazione di una moneta
comune, l'ECU, che fungeva da unità di misura meramente contabile per le altre valute;
ciascuna valuta nazionale poteva oscillare liberamente attorno alla parità centrale con
l'ECU di una certa percentuale (+/- 2,5%); se la valuta nazionale avesse superato la
banda di oscillazione prevista i paesi interessati sarebbero dovuti intervenire
modificando i rapporti di cambio.
Nella figura 8.4.2. il tasso di cambio della lira nei confronti dell'ECU è stabilito al
livello ( e* ) e questo rapporto può variare con un apprezzamento della lira sino al
livello (e2 ) o un deprezzamento sino al livello ( e1) senza che l’autorità monetaria
abbia l'obbligo di intervenire; nel caso in cui la variazione dalla parità centrale avesse
superato questi livelli sarebbe stato necessario modificare il rapporto di cambio
rivalutando o svalutando la Lira.
Con la creazione dell'Unione Economica e Monetaria, alla fine degli anni novanta,
alcuni paesi dell'Unione Europea hanno adottato una moneta unica, l'euro, che ha
sostituito le singole valute nazionali creando un nuovo sistema monetario basato sulla
Banca Centrale Europea. Lo SME continua a sopravvivere per regolare i rapporti con
Figura 8.4.2 Tassi di cambio manovrati
ECU/
L
S ( IM - DK)
e2
E
e*
e1
D (X - AK)
L
L
i paesi europei che, pur aderendo alla Comunità Economica Europea, non hanno
adottato l'euro, come ad esempio la Gran Bretagna o la Svezia, o con i paesi che sono
entrati successivamente nell'Unione, come la Polonia e la Romania, e non hanno ancora
potuto adottare l’euro. Nel nuovo sistema l'euro rappresenta la valuta di riferimento alla
quale si devono adeguare tutti paesi aderenti.
Equilibrio in economia aperta
191
8.5 Il mercato delle merci in Economia Aperta
Che effetti hanno i rapporti con il resto del mondo sul mercato interno ? Occorre
innanzitutto evidenziare la differenza fra domanda di prodotti nazionali e domanda
nazionale di prodotti : la prima si riferisce alla spesa per acquistare prodotti nazionali
proveniente sia dal paese, come i Consumi, gli Investimenti e la Spesa Pubblica, che dal
resto del mondo, come le Esportazioni. Mentre la domanda nazionale di prodotti si
riferisce alla spesa dei residenti per acquistare prodotti nazionali o provenienti dal resto
del mondo, comprende cioè anche le importazioni. Quindi mentre in economia chiusa i
due concetti coincidono in un'economia aperta occorre aggiungere, alle componenti
interne della spesa, la differenza fra la domanda di prodotti nazionali che proviene dal
resto del mondo ( esportazioni) e la domanda nazionale rivolta a merci prodotte nel
resto del mondo ( importazioni); occorre aggiungere la differenza fra esportazioni o
importazioni ovvero il saldo netto delle partite correnti.
Come sappiamo in un'economia chiusa la domanda aggregata è data da
AD = C + I + G
ma una parte di questa spesa si indirizza su beni e servizi prodotti nel resto del mondo
riducendo la domanda di beni nazionali; sottraendo le importazioni alla domanda
aggregata evidenziamo la domanda nazionale di prodotti (AA) :
AA = C + I + G - IM
aggiungendo a questa la domanda di prodotti nazionali che proviene dal resto del
mondo (esportazioni) otteniamo la domanda complessiva di prodotti nazionali ( ZZ)
ZZ = C + I + G - IM + X
che possiamo scrivere
ZZ = C + I + G + NX
dove
NX = X - IM
Lo scambio di beni e servizi con il resto del mondo dipende innanzitutto
dall'andamento del tasso di cambio nominale: se l'euro si deprezza rispetto al dollaro
per i residenti negli Stati Uniti diventa più conveniente l'acquisto di prodotti europei
favorendo le nostre esportazioni. Gli scambi sono influenzati, inoltre, dall’andamento
del tasso di cambio reale che indica il prezzo dei prodotti nazionali in termini di
prodotti esteri: se il tasso di cambio reale si apprezza il paese diventa meno
competitivo, perché i prodotti nazionali sono più cari dei prodotti esteri. Ad esempio,
dato un tasso di cambio nominale fra dollaro ed euro il tasso di cambio reale si
Mario Oteri
192
apprezza quando il tasso d’inflazione nell’Unione Economica e Monetaria è più
elevato che negli Stati Uniti, il prezzo in dollari delle merci europee aumenta e la
competitività si riduce.
Dato il tasso di cambio reale possiamo dire che le esportazioni ( X ) dipendono dal
reddito dei paesi importatori che sono, generalmente, i paesi più ricchi : in un’economia
di mercato i beni si scambiano con moneta e la domanda pagante è quella più
importante. Ricordiamo che gli Stati Uniti, che sono il mercato più ricco, rappresentano
la locomotiva dello sviluppo internazionale perché importano dal resto del mondo più
beni di quanto non esportano.
X = f (Y*, e P/P*)
Le importazioni ( IM ) invece, dato il tasso di cambio reale, dipendono dal livello di
spesa dei residenti e, quindi, dal livello del reddito nazionale (Y) ; seguendo
l'impostazione già analizzata per il consumo, si ipotizza una propensione marginale ad
importare (m) stabile che si aggiunge al risparmio e all'imposizione fiscale riducendo la
spesa su prodotti nazionali.
IM = f ( mY, e P/P*)
Le esportazioni nette, che indicano il saldo dalle partite correnti e sono determinate
dalla differenza fra esportazioni e importazioni, dipendono perciò dal reddito estero, dal
reddito nazionale e dal tasso di cambio reale.
NX = X – IM
NX = f ( Y*, mY, e P/P*)
In particolare il saldo è positivo quando le esportazioni superano le importazioni, ed
aumenta al crescere del reddito dei paesi esteri, al diminuire del reddito nazionale,
quando il prezzo dei prodottti nazionali in termini e di valuta estera diminuisce per un
deprezzamento del tasso di cambio nominale, ovvero perchè il tasso d'inflazione nei
paesi esteri è superiore a quello interno. Viceversa le importazioni superano le
esportazioni e si registra un saldo negativo delle partite correnti.
NX ↑ se Y*↑ mY↓ e↓ P/P*↑
8.5.1
Una rappresentazione grafica della bilancia commerciale
Nella fig.8.5.1 (a) rappresentiamo la spesa dei residenti (AD) in relazione al livello del
reddito, ricordiamo che la pendenza della funzione dipende dalla propensione marginale
al consumo , cioè dalla parte d'incremento di reddito nazionale speso in incremento dei
consumi. In un’economia aperta, considerando anche la spesa per Importazioni, una
parte della spesa dei residenti si indirizza al resto del mondo e la domanda di prodotti
nazionali diminuisce; in particolare si riduce la propensione marginale al consumo dei
Equilibrio in economia aperta
193
prodotti nazionali e varia, quindi, la pendenza della funzione. Sottraendo le
Importazioni (IM) dalla AD individuiamo la domanda di beni nazionali (AA) espressa
dai residenti. A questa aggiungiamo la domanda di beni nazionali proveniente dal resto
del mondo, le Esportazioni (X), e otteniamo la domanda complessiva di prodotti
nazionali (ZZ); dato che le esportazioni dipendono dal livello del reddito estero la
propensione marginale al consumo rispetto al reddito nazionale rimane immutata e,
quindi, la ZZ si sposta verso l'alto parallelamente alla AA . La differenza fra la
curva AD e la curva ZZ permette di evidenziare l'andamento del saldo commerciale
della Bilancia dei pagamenti in relazione al Reddito nazionale. Ricordiamo che la AD
indica la spesa complessiva dei residenti, la AA indica la spesa dei residenti per prodotti
nazionali, la ZZ indica la domanda interna ed esterna di prodotti nazionali. Quando la
domanda di prodotti nazionali supera la domanda complessiva dei residenti ( ZZ >
AD ) le esportazioni superano le importazioni e si registra un saldo attivo della bilancia
commerciale ; quando la domanda di prodotti nazionali è inferiore alla domanda
complessiva dei residenti (ZZ < AD) le importazioni superano le esportazioni e si
registra un saldo negativo della bilancia commerciale . Al livello di reddito Y' la
domanda di prodotti nazionali è uguale alla spesa complessiva dei residenti (ZZ = AD) ,
le esportazioni sono uguali alle importazioni e la bilancia commerciale è in equilibrio.
Fig. 8.5.1
Mercato interno e saldo commerciale
D
45°
(a)
AD
ZZ
AA
Y'
Y''
Y
NX
(b)
Y'
Y''
Y
NX
194
Mario Oteri
Nella parte (b) della figura 8.5.1 consideriamo le esportazioni nette in relazione
all'andamento del reddito nazionale, dato il tasso di cambio reale, il reddito estero e le
componenti interne della domanda aggregata. Y' indica il livello del reddito che porta in
equilibrio la bilancia commerciale, la funzione NX incontra l'asse delle ascisse; a livelli
di reddito inferiori si ha un saldo positivo dato che, a parità di esportazioni determinate
dal reddito estero, si riduce la spesa per importazioni ; al contrario al crescere del
reddito aumenta la spesa per importazioni e le esportazioni nette diventano negative
( deficit della bilancia commerciale). Va precisato che il livello di equilibrio del reddito
nazionale è individuato dall’incontro fra la curva della domanda interna ed esterna di
prodotti nazionali (ZZ) e la bisettrice ad indicare che domanda e offerta sono uguali
(reddito Y''). Tuttavia a livello del reddito Y'' si determina un deficit della bilancia
commerciale evidenziato dalla funzione NX al di sotto dell’asse delle ascisse ( fig. 8.5.1
b).
Il saldo NX permette di evidenziare il diverso effetto di una variazione della domanda
interna o della domanda esterna sul livello del reddito e sulla bilancia commerciale. In
un’economia aperta un aumento di una componente autonoma della domanda interna,
come ad es. la spesa pubblica (G), ha innanzitutto un impatto relativamente minore sul
livello del reddito nazionale dato che una parte della spesa si indirizza all’acquisto di
prodotti esteri, la propensione marginale a consumare prodotti nazionali è diminuita;
allo stesso tempo l’aumento della domanda nazionale di importazioni, a parità di
esportazioni, determina un deficit della bilancia commerciale. Nella figura 8.5.1 (a)
l'aumento della spesa pubblica può essere individuato da uno spostamento della ZZ
verso l'alto e da un nuovo reddito di equilibrio a destra di Y', a questo maggiore livello
di reddito corrisponde nella fig. 8.5.1. (b) un deficit della bilancia commerciale . In
economia aperta l'efficacia della politica fiscale espansiva è pertanto ridotta dalla
tracimazione degli effetti sui mercati esteri: questo spiega la riluttanza dei singoli paesi
ad attuare singolarmente interventi di sostegno della domanda aggregata e la necessità
di concordare eventuali politiche con gli altri paesi (G7, G20 etc.)
Al contrario un aumento della domanda estera, dovuto ad esempio ad un aumento
del reddito dei paesi esteri ( gli Stati Uniti sono considerati la “locomotiva del mondo”)
o ad un deprezzamento del tasso di cambio, fa crescere la domanda di prodotti nazionali
e il livello del reddito con un aumento delle esportazioni nette. In questo caso, a parità
di reddito nazionale, il livello delle esportazioni è maggiore mentre le importazioni
restano invariate determinando un aumento delle esportazioni nette. Nella fig.ra 8.5.2
(a) l'aumento della domanda estera è evidenziato da uno spostamento della funzione di
domanda di prodotti nazionali verso l'alto (ZZ') e dal un nuovo reddito di equilibrio Y'
in corrispondenza al punto E'. Nella parte (b) della figura 8.5.2. l'aumento della
domanda estera determina o spostamento della funzione di Esportazioni nette (NX)
verso l'alto e verso destra ad indicare che a parità di reddito , e di importazioni, le
esportazioni sono maggiori. Al nuovo livello di reddto di equilibrio (Y') si determina un
attivo della bilancia commerciale evidenziato nella parte (a) dalla differenza fra curva
ZZ e curva AD, la domanda di prodotti nazionali supera la domanda nazionale di
prodotti, e nella parte (b) dalla differenza fra la NX' e l'asse dell'ascisse. Si rileva che per
raggiungere il pareggio della bilancia commerciale il reddito dovregge raggiungere il
livello Y'' in corrispondenza del quale ZZ = AD e NX = 0.
Equilibrio in economia aperta
195
Va in effetti precisato che un deprezzamento del tasso di cambio non porta
necessariamente ad un aumento delle esportazioni nette dato che la reattività delle
esportazioni e delle importazioni dipende dalla elasticità della domanda dei singoli
prodotti. Così un deprezzamento del tasso di cambio può avere un effetto limitato sulla
quantità di petrolio importato da un paese e si potrebbe alla fine risolvere in un
maggiore esborso per acquistare la stessa quantità a prezzi più elevati. Allo stesso tempo
il deprezzamento del cambio potrebbe avere effetti irrilevanti su quei prodotti che già
soddisfano pienamente la domanda estera , come ad esempio la domanda di caffè nei
paesi più ricchi: in questo caso i paesi produttori si troverebbero a vendere la stessa
quantità di merce a prezzi minori con un'evidente calo del valore delle esportazioni. Gli
economisti hanno dimostrato che un deprezzamento del cambio può portare ad un attivo
della bilancia commerciale solo se la somma delle elasticità delle esportazioni e delle
importazioni rispetto al prezzo è maggiore di uno ( condizione di Marshall - Lerner).
Fig.ra 8.5.2 Aumento della domanda estera e bilancia commerciale
D
45°
AD
ZZ '
E'
ZZ
E
Y
Y'
Y''
Y
NX
Y
Y'
Y''
NX'
NX
Mario Oteri
196
8.6
Il mercato dei capitali
Il movimento dei capitali fra un paese e il resto del mondo dipende innanzitutto dal
regime valutario esistente, perchè non sempre è possibile portare liberamente capitali
all'estero: nel sistema di Bretton Woods esistevano ad esempio forti vincoli che, sino
alla metà degli anni ottanta , hanno limitato la circolazione dei capitali. Con il prevalere
dell'impostazione liberista, ed il passaggio ad un sistema di cambi flessibili, il mercato
internazionale dei capitali è stato progressivamente liberalizzato rendendo possibile lo
scambio di strumenti finanziari emessi in paesi diversi. La scelta degli operatori fra titoli
emessi in paesi diversi dipende ovviamente dalla differenza fra i rendimenti: è più
conveniente sottoscrivere i titoli emessi nel paese dove si pagano tassi d'interesse più
elevati. Tuttavia gli operatori devono tener conto del tasso di rendimento reale che può
essere influenzato dalla differenza nei tassi d'inflazione fra i due paesi e dalle variazioni
attese nel tasso di cambio. Infatti a parità di tasso di rendimento nominale, il rendimento
reale è diverso se il paese che emette i titoli ha un tasso d'inflazione più elevato che
riduce il potere d'acquisto della valuta di pagamento ; analogamente il rendimento reale
del titolo si riduce se si prevede un deprezzamento del tasso di cambio della valuta di
pagamento. In simboli possiamo dire che l'operatore cerca di eguagliare il rendimento
dei titoli nazionali (i) al rendimento dei titoli esteri (i*) che deve tener conto anche della
variazione attesa del tasso di cambio
i = i* - e
e
A parità di tassi di rendimento se vi sono aspettative di un apprezzamento del tasso di
cambio, l’euro si apprezza rispetto al dollaro, gli operatori non avranno convenienza ad
acquistare titoli in dollari che potranno essere cambiati con una quantità minore di euro.
Viceversa se l’euro si deprezza conviene avere acquistato titoli emessi dollari che
avranno un valore più elevato in termini di euro.
Le aspettative sul diverso andamento del tasso di rendimento reale spiega il fatto che
possono essere considerati equivalenti titoli emessi in due paesi con tassi nominali
diversi. Infatti le aspettative su variazioni del tasso di cambio possono rendere più
convenienti titoli che, pur indicando un rendimento nominale inferiore, saranno pagati in
valuta che avrà un maggiore potere d’acquisto.
Un altro aspetto che può influenzare il rendimento reale dei titoli è il cosiddetto
elemento politico che può essere rappresentato, ad esempio, da una normativa fiscale
sulla tassazione dei rendimenti più favorevole in un paese piuttosto che in un altro. Date
le aspettative sul tasso d'inflazione, sul tasso di cambio e sull'elemento politico, per
semplicità assumiamo che il movimento di capitali di un paese con il resto del mondo
dipende dalla differenza fra tasso d'interesse interno e tasso d'interesse esterno.
ANK = f ( i – i*)
Quando il tasso d'interesse interno è maggiore del tasso d'interesse esterno aumenta
l'afflusso di capitali (AK) mentre tende a ridursi il deflusso (DK): cresce perciò
l'afflusso netto di capitali (ANK). Agli operatori conviene, infatti acquistare strumenti
finanziari emessi nel nostro paese che offrono un rendimento più elevato; al contrario se
il tasso d’interesse interno è inferiore a quello internazionale gli operatori hanno
Equilibrio in economia aperta
197
convenienza a spostarsi su titoli esteri accrescendo il deflusso netto di capitali. In
quest'ambito possiamo evidenziare due situazioni estreme: la perfetta mobilità del
movimento dei capitali e l'esistenza di vincoli alla mobilità. Nel primo caso il paese
opera in regime di liberalizzazione valutaria , non esiste alcun limite al movimento dei
capitali il sistema finanziario nazionale è perfettamente integrato in quello
internazionale, il tasso d'interesse interno non può discostarsi da quello esterno. Nel
secondo caso, invece, non è consentito esportare o importare capitali dal resto del
mondo, il sistema finanziario del paese è isolato dal sistema finanziario internazionale, il
tasso d'interesse interno è svincolato da quello esterno.
8.5 Equilibrio della Bilancia dei Pagamenti e curva BP.
Come abbiamo visto la Bilancia dei Pagamenti è in equilibrio quando l’afflusso di
valuta è uguale al deflusso di valuta, indipendentemente dal fatto che partite correnti e
movimenti di capitali siano reciprocamente in equilibrio, ovvero l’attivo di un conto
compensi il passivo dell’altro.
AV=DV
Possiamo perciò dire che la Bilancia dei Pagamenti è in equilibrio quando le
esportazioni nette, differenza fra esportazioni e importazioni, sono uguali al deflusso
netto di capitali, che si determina quando il deflusso supera l’afflusso di capitali
NX = DNK
L’equilibrio della Bilancia dei Pagamenti dipende dalle variabili che influenzano lo
scambio di beni e servizi e i movimenti di capitali: innanzitutto il tasso di cambio reale
e ( P/P*), il reddito estero Y*, il reddito nazionale mY, la differenza fra tasso
d‘interesse interno ed esterno ( i – i*),
BP = f [ e P/P*, Y*, mY*, ( i – i*)]
Dato il tasso di cambio reale , il reddito dei paesi esteri e il tasso d’interesse
internazionale, che possono essere considerate variabili esogene, la curva BP indica
coppie di valori d’interesse e di reddito che garantiscono l’equilibrio della Bilancia dei
Pagamenti. Nella figura 8.3 sul grafico a) indichiamo in ordinata il tasso d’interesse
interno (i) mentre in ascissa indichiamo i movimenti valutari (V) che sono in attivo a
destra dell’origine e negativi a sinistra. Indichiamo poi, con una retta parallela all’asse
delle ordinate, la funzione di esportazioni nette (NX) , che dipende dal livello del
reddito nazionale ma è esogena rispetto al tasso d’interesse ; se il reddito nazionale è al
livello Y1 le esportazioni superano le importazioni , funzione NX1, determinando un
afflusso di valuta V1. Quando il reddito aumenta al livello Y2, crescono anche le
importazioni e le esportazioni nette diventano negative, funzione NX2 , con un deflusso
valutario pari a V2. Costruiamo quindi la funzione di deflusso netto di valuta (DNK),
data dalla differenza fra deflusso ed afflusso di valuta, che dipende dalla differenza fra
tasso d’interesse interno e tasso d’interesse esterno. Quando il tasso d’interesse interno è
uguale a quello internazionale ( i = i*) il deflusso netto di valuta è zero , la funzione
Mario Oteri
198
(DNK) interseca l’asse delle ordinate; al di sopra il tasso d’interesse interno supera
quello internazionale ( i2 > i*) gli operatori hanno convenienza ad acquisire titoli emessi
nel nostro paese e il deflusso netto di capitali diventa negativo, si verifica cioè un
afflusso di capitali . Al contrario diminuendo il tasso d’interesse al di sotto di quello
internazionale (i1 < i) gli operatori hanno convenienza ad acquisire titoli esteri e il
deflusso netto di capitali diventa positivo .
Figura 8.5 Costruzione della curva BP
a)
NX2
b)
NX1
i
i
BP
A2
i2
i2
E2
i = i*
i1
A1
i1
E1
DNK
- V2
0
V1
+V
Y1
Y2 Y
Nel grafico b), a sinistra, indichiamo il tasso d’interesse, in ordinata, e il livello del
reddito, in ascissa, per individuare la funzione di equilibrio della Bilancia dei pagamenti
( BP). Al livello di reddito Y1 le esportazioni superano le importazioni e le esportazioni
nette sono positive, NX1, determinando un afflusso di valuta V1; per mantenere la
Bilancia dei pagamenti in equilibrio il tasso d’interesse deve collocarsi al livello i1, al di
sotto del tasso internazionale, in modo da compensare le partite correnti (A1) con un
deflusso di capitali. Sul grafico b) abbiamo il primo punto di equilibrio ( E1)
corrispondente alle coordinate Y1 e i1. Quando il reddito raggiunge il livello Y2 le
importazioni aumentano e superano le esportazioni determinando un ammontare di
esportazioni nette negativo con un deflusso di valuta pari a V2; per compensare questo
deflusso il tasso d'interesse deve crescere al di sopra del livello internazionale ( i2) in
modo di attirare capitali, determinando un deflusso netto di capitali negativo in
corrispondenza al punto ( A2 ). Sul grafico b) determiniamo il secondo punto di
equilibrio E2 di coordinate ( i2) e (Y2 ) : attraverso i due punti tracciamo la funzione BP
che indica coppie di valori d'interesse e di reddito che danno l'equilibrio sulla Bilancia
dei pagamenti.
Equilibrio in economia aperta
199
Di norma la funzione BP si presenta crescente ad indicare che per mantenere l'equilibrio
al crescere del reddito , e quindi delle importazioni, con conseguente deflusso di valuta,
deve crescere anche il tasso d'interesse per attirare capitali e valuta. In particolare la
pendenza della funzione BP dipende dalla reattività del movimento di capitali ai
movimenti del tasso d'interesse: in caso di vincoli al movimento di capitali la BP si
presenta verticale ad indicare che l'equilibrio della Bilancia dei pagamenti dipende
soltanto dalle partite correnti. Si presenta invece orizzontale in caso di perfetta mobilità
nel movimento di capitali ad indicare che il sistema finanziario nazionale è
perfettamente inserito in quello internazionale e il tasso d'interesse interno non può
discostarsi da quello esterno: un aumento determina un afflusso teoricamente infinito di
capitali e di valuta, mentre una diminuzione determina un deflusso.
8.6 Equilibrio interno ed equilibrio esterno
Collegando la funzione BP al modello IS / LM è possibile considerare la condizione di
equilibrio del reddito nazionale in economia aperta e analizzare gli effetti delle politiche
monetarie e di quelle fiscali. Dato l’elevato grado d’integrazione raggiunta dai mercati
finanziari si considera una situazione di perfetta mobilità nel movimento dei capitali e
ipotizziamo un regime di cambi flessibili con riferimento ai rapporti dell’Unione
Economica e Monetaria con il resto del mondo.
In condizioni di equilibrio il tasso d’interesse interno deve essere uguale al tasso
d’interesse internazionale, la BP si presenta orizzontale, e il livello del reddito Y
determina l’equilibrio simultaneo sul mercato delle merci, sul mercato finanziario e
della bilancia dei pagamenti in coincidenza con il punto d’incontro fra le curve IS, LM e
BP. Consideriamo innanzitutto una politica monetaria restrittiva attuata dall’autorità
monetaria per contenere le spinte inflazionistiche nel sistema economico. Seguendo lo
schema LM la banca centrale riduce l’offerta di moneta
facendo aumentare il tasso d’interesse: in un’economia chiusa si riduce la spesa per
investimenti, la domanda aggregata e il livello del reddito, in un’economia aperta si
deve aggiungere l’afflusso di capitali e di valuta che fa apprezzare il tasso di cambio
riducendo le esportazioni e accrescendo le importazioni. L’effetto restrittivo della
politica monetaria è dunque amplificato da una diminuzione delle esportazioni nette
che riduce ulteriormente la domanda aggregata.
In economia chiusa:
MS ↓ MD > MS i↑ I ↓ AD↓ Y↓
in economia aperta:
i↑> i* AK↑ AV↑ e↑ Q↑ X↓ NX↓ AD↓ Y↓
In regime di cambi flessibili le variazioni del tasso di cambio permettono di isolare il
paese dal resto del mondo liberando la Banca centrale dal vincolo esterno e rendono
efficace la politica monetaria. Nella figura 8.4 partendo da un reddito di equilibrio Y* e
da un tasso d'interesse i = i*, in corrispondenza al punto d'incontro fra le curve IS LM e
BP( punto A), vediamo che una contrazione dell'offerta di moneta sposta la curva LM in
alto a sinistra in LM1 determinando un nuovo equilibrio nel punto B con un tasso
d'interesse maggiore e un reddito minore. L'afflusso di capitali e di valuta fa apprezzare
il tasso di cambio che riduce le esportazioni nette e la domanda aggregata : la curva IS si
Mario Oteri
200
sposta in IS1 e si individua un nuovo equilibrio in corrispondenza al punto C. Alla fine la
politica monetaria ha determinato una contrazione del reddito nazionale al livello Y1,
riducendo la domanda interna e quella esterna, tuttavia il paese si sta indebitando con il
resto del mondo per acquistare prodotti esteri.
Figura 8.6 Politica monetaria con cambi flessibili
i
LM1
LM
B
i1
i=i*
C
A
BP
IS1
Y1
Y*
IS
Y
La politica fiscale si rivela invece inefficace in economia aperta con cambi flessibili,
per il fatto che le variazioni della spesa pubblica sono compensate da variazioni in senso
contrario delle partite correnti della Bilancia dei pagamenti. Ipotizziamo che il governo
voglia attuare una politica fiscale espansiva per sostenere la domanda aggregata e il
livello del reddito. L'aumento della spesa pubblica in deficit, finanziata con emissione
di titoli del debito pubblico, fa aumentare il tasso d'interesse e, come sappiamo,
determina uno spiazzamento (parziale) della spesa privata; in economia aperta l'aumento
del tasso d'interesse influenza anche l'afflusso di capitali e di valuta facendo apprezzare
il tasso di cambio e riducendo le esportazioni nette. In economia aperta con cambi
flessibili e perfetta mobilità dei capitali, la politica fiscale espansiva determina quello
che è definito il doppio deficit, quello dei conti pubblici e quello delle partite correnti
della bilancia dei pagamenti, e si rivela alla fine inefficace.
G↑ AD↑ Y↑ Md↑ > Ms i↑ I ↓ AD↓ Y↓
i ↑ > i* AK↑ AV↑ e↑ Q↑ X↓ NX↓ AD↓ Y↓
Nella figura 8.4.1 l'aumento della spesa pubblica è evidenziato da uno spostamento
verso l'alto della curva IS che determina un nuovo equilibrio nel punto B in
corrispondenza ad un livello del reddito e del tasso d'interesse più elevati.
Equilibrio in economia aperta
201
Ma l'aumento del tasso d'interesse facendo affluire capitali determina un apprezzamento
del tasso di cambio e una contrazione delle esportazioni nette che riporta la curva IS al
livello di equilibrio iniziale nel punto A.
Figura 8.6.1 Politica fiscale con cambi flessibili
i
LM
B
i1
i=i*
A
BP
IS
Y
Y1
IS1
Y
In regime di cambi flessibili, dunque, la politica fiscale diventa inefficace mentre quella
monetaria risulta pienamente efficace grazie alla reattività delle esportazioni e delle
importazioni alle variazioni del tasso di cambio. Queste conclusioni sono evidentemente
condizionate dall'elasticità delle singole voci delle partite correnti rispetto al tasso di
cambio: l'elasticità delle esportazioni, che misura il rapporto fra variazione percentuale
della domanda di prodotti nazionali proveniente dal resto del mondo rispetto alle
variazioni percentuali del tasso di cambio, e l'elasticità delle importazioni, che misura,
invece, il rapporto fra variazione percentuale della domanda nazionale di prodotti esteri
e la variazione percentuale del tasso di cambio. Come sappiamo il valore dell'elasticità
può variare a seconda dei prodotti e quindi, a livello aggregato, possiamo avere effetti
diversi in relazione alla composizione delle esportazioni e delle importazioni. Così ad
esempio nel caso in cui prodotti a domanda rigida, come il petrolio o alcuni prodotti
alimentari come il latte, hanno un peso significativo sul totale delle importazioni un
deprezzamento del tasso di cambio può comportare un aumento del loro costo e un
esborso maggiore piuttosto che una contrazione delle importazioni. Analogamente non è
detto che un deprezzamento del cambio possa portare ad un aumento delle esportazioni:
ad esempio nel caso di prodotti alimentare di base, come il caffè che viene esportato da
alcuni paesi latino americani, la domanda che proviene dai paesi importatori non è
limitata dal prezzo nel senso che i consumatori acquistano già tutta la quantità che
desiderano, la domanda è poco elastica. Un eventuale deprezzamento del tasso di
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cambio avrebbe quindi, come conseguenza, una riduzione dell'incasso complessivo e
una decurtazione del valore delle esportazioni.