ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITÀ DI BOLOGNA SCUOLA DI LINGUE E LETTERATURE, TRADUZIONE E INTERPRETAZIONE Corso di Laurea Magistrale in Lingua e Cultura Italiane per Stranieri L’ITALIANO SCRITTO DEGLI APPRENDENTI SINOFONI: UNA PROPOSTA DI ANALISI DEGLI ERRORI PROVA FINALE IN: DIDATTICA DELLA LINGUA ITALIANA L2 Relatore: Presentata da: Claudia Borghetti Marina Buzzetti Correlatore: Guiping Hu I Sessione Anno accademico 2015-2016 Ringraziamenti Desidero prima di tutto ringraziare la professoressa Claudia Borghetti per avermi seguito come relatrice nello sviluppo e nell’elaborazione di questa tesi. I suoi consigli sono stati preziosi non solo per i capitoli teorici, ma anche per l’analisi dei dati. Ringrazio anche la professoressa Hu Guiping per aver contribuito come correlatrice nella supervisione delle traduzioni dal cinese: è sempre stata gentile e disponibile per qualsiasi problema. Ringrazio i miei genitori per avermi permesso di studiare all’Università di Bologna e per avermi sempre sostenuta e incoraggiata durante tutto questo percorso universitario: è grazie a loro se posso essere qui oggi. Ringrazio le mie sorelle Anna e Chiara per essere state delle guide importanti, ma anche delle amiche con cui condividere tutto e su cui contare sempre. Ringrazio Andrea, per avermi sempre supportata (e sopportata) durante il percorso universitario e soprattutto durante la stesura della tesi. Grazie ai suoi discorsi motivanti e alle sue competenze informatiche ho potuto terminare la tesi con soddisfazione. Ringrazio le mie grandi amiche Giulia e Isabella (赵梦雨 Zhao Meng Yu e 赵玮 Zhao Wei) per avermi sempre sostenuta e aiutata durante la stesura della tesi: sono state sempre disponibili nei miei confronti e accurate nelle risposte quando ho chiesto loro di potermi confrontare sugli errori degli studenti sinofoni apprendenti l’italiano. Ringrazio anche Elisa per avermi supportata e consigliata durante la stesura della tesi e Francesca per avermi ascoltata e contagiata con la sua allegria. Le vere amiche sono rare e si contano sulle dita di una mano, quindi mi ritengo molto fortunata ad averne trovate addirittura quattro. Infine, un ringraziamento va a tutti i parenti e gli amici che sono presenti nella mia vita, ciascuno a suo modo, e a quelli che non ci sono più ma so che mi guardano e sono fieri di me per essere arrivata a questo giorno. Ringrazio quindi Alessandro, Yuri, Mingu, Cecca, Franci, Janko, Federico, Giulia, Veronica, Maria, Mariachiara, Alfredo, Stefano, Francesca, Ariel, Ruben, Mirko, Fabio e tutti gli altri. Indice Introduzione 1 Indice delle sigle e delle abbreviazioni 7 Capitolo 1. L’interlingua e il concetto di errore 9 1.1 L’interlingua e la sua evoluzione 1.2 Le sequenze di acquisizione 9 17 1.2.1 I primi studi sulle sequenze di acquisizione 17 1.2.2 Le sequenze di acquisizione in italiano come L2 18 1.3 La concezione dell’errore in prospettiva storica 23 1.3.1 Le teorie comportamentiste e cognitiviste 24 1.3.2 L’analisi degli errori 26 1.3.3 La riconsiderazione del ruolo della lingua materna 29 Capitolo 2. L’italiano e gli apprendenti sinofoni 2.1 Cinese e italiano a confronto 33 33 2.1.1 Il sistema tonale e i caratteri 33 2.1.2 La struttura sillabica e le parole 36 2.1.3 L’ortografia 37 2.1.4 Composizione e derivazione 41 2.1.5 Il genere e il numero 42 2.1.6 L’articolo 45 2.1.7 Il verbo 47 2.1.8 Gli avverbi 51 2.1.9 Gli aggettivi 52 2.1.10 Le preposizioni 54 2.1.11 La sintassi 55 2.1.12 Il lessico 58 Capitolo 3. Lo studio 3.1 Gli obiettivi: una precisazione 61 61 3.2 Il macro-contesto: alcune riflessioni sulle culture dell’apprendimento e dell’insegnamento 3.2.1 Un confronto tra i ruoli di insegnante e studente in Cina e in Italia 3.3 Il contesto 63 64 69 3.3.1 Il laboratorio 69 3.3.2 Gli studenti 71 3.4 La raccolta dei dati 73 3.5 L’analisi dei dati 74 3.5.1 Per una griglia di analisi 75 3.5.2 Procedimento 78 Capitolo 4. Per un’analisi dei fenomeni d’interferenza 4.1 Gli errori pragmatici nelle email formali 81 84 4.1.1 Aperture delle email formali 85 4.1.2 Richieste 89 4.1.3 Chiusure e saluti 90 4.2 Le interferenze dal cinese 92 4.2.1 Errori morfosintattici derivati dal cinese 92 4.2.2 Errori semantici derivati dal cinese 99 4.3 Gli errori derivati dall’inglese 105 4.3.1 Errori morfosintattici derivati dall’inglese 105 4.3.2 Errori semantici derivati dall’inglese 107 Conclusioni 111 Bibliografia 115 Appendice 121 Introduzione La concezione dell’errore nel campo della linguistica acquisizionale e dell’educazione linguistica è cambiata notevolmente a partire dalla fine degli anni Sessanta; in tempi anche recenti l’errore linguistico è stato studiato e analizzato sotto diversi punti di vista (Pallotti, 1998; Cattana & Nesci, 2000; Valentini, 2004; Chini, 2010). Se in precedenza infatti l’errore era visto come devianza dalla norma, un elemento da correggere ed eliminare perché non si ripetesse, attualmente lo si considera un fattore necessario all’apprendimento. Lo scopo dello studio riportato in questa tesi era analizzare gli errori fatti da venti sinofoni apprendenti di italiano come lingua seconda nel corso di tre diverse composizioni scritte. Più specificatamente, la ricerca condotta mirava a identificare quali, tra gli errori dei discenti, fossero interlinguistici, vale a dire riconducibili all’interferenza della loro lingua materna. Per introdurre meglio gli obiettivi del lavoro, soffermiamoci innanzitutto su questa terminologia. • La lingua materna o L1 è quella che si apprende da bambini, la prima lingua che si impara. Essa viene spesso chiamata anche “lingua di partenza” o “lingua madre”. • La seconda lingua o L2 è qualsiasi lingua che si apprende dopo la L1. Da un punto di vista didattico (e quindi non strettamente acquisizionale) si dice “lingua seconda” anche la lingua che l’apprendente impara quando si trova nel paese dove la L2 è parlata abitualmente (per esempio l’italiano appreso dagli immigrati in Italia). Sempre in chiave didattica ma in maniera opposta rispetto alla L2, la lingua straniera o LS è quella appresa in un contesto in cui non è la lingua usata per le comunicazioni quotidiane dalle comunità locali. É il caso dell’inglese appreso a scuola o università in Italia. Sia la lingua seconda che la lingua straniera, quando studiate in classe (non acquisite quindi in contesto di apprendimento spontaneo) possono essere chiamate “lingua target”, “lingua di arrivo” o “lingua obiettivo”. • L’interlingua è ‘la varietà di lingua d’arrivo parlata dall’apprendente in una determinata fase dell’apprendimento’ (Cattana & Nesci, 2000: 216); 1 l’interlingua è anche un sistema linguistico dinamico (ovvero in continua evoluzione) e contraddistinto da regole. • L’input è il materiale linguistico in L2 a cui un apprendente è esposto (sia fuori che dentro la classe). • L’interferenza è l’influenza esercitata dalla lingua madre o da un’altra lingua conosciuta sulla nuova lingua che l’apprendente sta imparando. • Gli errori intralinguistici sono gli errori commessi da un apprendente di L2 che riguardano la sua interlingua. Questo tipo di errore è caratterizzato dal fatto che l’apprendente sviluppa ipotesi errate riguardo la lingua di arrivo. Gli errori intralinguistici vengono anche “evolutivi”, perché ‘sono dello stesso tipo di quelli prodotti dai bambini che imparano la lingua madre’ (Cattana & Nesci, 2000). • Gli errori interlinguistici sono invece quelli causati dall’interferenza della L1 o di un’altra lingua conosciuta e vengono perciò anche chiamati appunto “di interferenza”. Tornando quindi agli obiettivi della tesi, lo scopo era soprattutto individuare e analizzare quali errori dei soggetti sinofoni studiati fossero riconducibili all’interferenza della L1 e dell’inglese (LS). Il contesto da cui sono stati tratti i dati per lo studio era un laboratorio di lingua italiana in cui io ero l’insegnante. Le sessioni del laboratorio sono state due, diciotto ore per ogni sessione di laboratorio, per un totale di trentasei ore. I dati raccolti erano di natura scritta e si trovavano in particolare in tre composizioni. Gli studenti esaminati partecipavano al Programma Marco Polo, di cui si parlerà tra breve, e si trovavano in Italia da meno di un anno. Prima di proseguire con la descrizione dello studio è necessario fare alcune precisazioni relative al macrocontesto, vale a dire alla presenza dei cinesi in Italia. L’immigrazione cinese è iniziata alla fine degli anni Ottanta; se ne sono occupati diversi studiosi come Ceccagno (2003), Favaro (2003), Biasco, Wen e Banfi (2003). Inoltre, recentemente la Cina ha cominciato a promuovere la mobilità internazionale dei propri studenti in Paesi come gli Stati Uniti, l’Inghilterra, la Francia, la Germania, ecc. con l’intento di formare una nuova classe dirigente capace di interagire a livello globale 2 su piano linguistico, culturale e sociale (Vedovelli, 2011). Per questo motivo, sono presenti molti studenti cinesi anche in Italia. Tra il 2004 e il 2006 è stato sviluppato il Programma Marco Polo (MP) dalla Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) ‘su diretta sollecitazione della Presidenza della Repubblica Italiana per incrementare la presenza di studenti cinesi nelle università italiane’ (Bonvino, Rastelli, 2011: IX). Molte università italiane attivano, in collaborazione con il programma MP, un corso propedeutico di lingua italiana della durata di circa sei mesi. Il programma d’insegnamento dell’italiano L2 Marco Polo ha lo scopo di formare gli studenti cinesi dal punto di vista linguistico e culturale, perché, una volta terminato il corso, possano iscriversi alle università italiane e frequentare le lezioni in modo abbastanza agevole. Per quanto riguarda i corsi di italiano L2, il programma Marco Polo, dato che l’italiano e il cinese possiedono una distanza tipologica e strutturale, pone molta attenzione agli studenti sinofoni (dal punto di vista linguistico ma anche culturale) rispetto ad altri studenti che possiedono una lingua madre non molto distante dall’italiano, come il francese, lo spagnolo, l’inglese, ecc. Tuttavia, nonostante le grandi speranze riposte nel Programma MP riguardo l’integrazione culturale e linguistica degli studenti cinesi, i problemi non mancano. Il primo riguarda il numero degli studenti cinesi che hanno scelto di scriversi alle università italiane, dato che è molto inferiore rispetto a quello atteso. Questo fatto è essenzialmente dovuto alle politiche restrittive sull’immigrazione e anche alla burocrazia italiana che concede pochi visti d’ingresso (Vedovelli, 2011). Gli studenti cinesi, viste le complicazioni burocratiche, spesso si affidano alla mediazione di società cinesi per iscriversi all’università, ma queste società non sono sempre affidabili (Vedovelli, 2011). Il secondo problema sta nel fatto che diversi atenei, ‘senza alcuna specifica esperienza né sulle questioni acquisizionali, né sull’insegnamento dell’italiano L2, si sono lanciati sugli studenti “Marco Polo” considerandoli una fonte di entrate per i vari Centri linguistici’ (Vedovelli, 2011: 5). Spesso al posto delle università si sono proposte scuole private come centri di insegnamento della lingua italiana agli studenti partecipanti al progetto, o in alternativa soggetti privati che non possiedono alcuna competenza sugli studenti cinesi. Questi ultimi spesso hanno ottenuto accordi con le università su basi territoriali con l’idea di poter trarre profitto da quel tipo di pubblico: ciò ha mostrato che spesso il locale prevale sul nazionale, con la conseguenza di far apparire l’Italia come poco affidabile (Vedovelli, 2011: 6). Il terzo problema riguarda l’accoglienza degli studenti cinesi: i posti nelle case dello studente sono limitati così 3 come i anche tutor messi a disposizione dalle università. Il quarto problema è stato definito da Vedovelli (2011: 7) la “non-politica linguistica”, ovvero il fatto che il nostro Paese procede a rilento nel panorama linguistico rispetto agli altri Paesi europei: non esiste una classe dirigente che si occupi realmente del problema e le normative sono scarse. Inoltre, le università generalmente non offrono informazioni in cinese, con il risultato che spesso gli studenti cinesi cambiano il percorso di studio dopo aver capito che è diverso da ciò che si aspettavano in virtù delle poche informazioni ricevute (Rastelli, 2010). Inoltre poche università offrono corsi in lingua inglese, perciò gli studenti cinesi spesso si ritrovano a dover studiare su manuali scritti in un italiano per loro molto complesso e a seguire lezioni in italiano durante le quali è richiesto di prendere appunti. Oltre ai problemi derivati dalla gestione politica italiana dell’insegnamento delle lingue nelle università, anche il progetto Marco Polo ha presentato alcune complicazioni. Prima di tutto, un carico di lavoro eccessivo (560 ore distribuite in soli sei mesi, 1 che equivale a 27-30 ore a settimane); con la conseguenza che i risultati dell’apprendimento non sono sempre soddisfacenti, dato che informazioni e competenze non devono essere solo imparate a memoria dagli studenti ma elaborate e acquisite (Rastelli, 2010). Infine, a causa della cattiva organizzazione del progetto, molti apprendenti abbandonano il programma: provano infatti elevate difficoltà nell’apprendimento della lingua italiana e frustrazione per l’alto costo della vita nel nostro Paese (Vedovelli, 2011). La precedente digressione può aiutare a comprendere le difficoltà incontrate dagli studenti sinofoni in Italia. Spesso lo studente cinese viene considerato chiuso o poco collaborativo (Favaro, 2003), quando in realtà è a disagio perché sente di non poter comunicare nella lingua di arrivo, non capisce le lezioni, i manuali ed è frustrato dal carico economico che apporta alla propria famiglia. Come già affermato in precedenza, questo elaborato non vuole essere una proposta didattica per gli studenti sinofoni che studiano l’italiano L2, ma un’analisi di alcune composizioni che presentano errori derivati dalla lingua madre e dall’inglese (l’altra lingua solitamente conosciuta dai soggetti coinvolti nello studio). Questo tipo di errori sono interessanti perché mettono in evidenza i ragionamenti e le intenzioni comunicative dell’apprendente. In secondo luogo, questi errori sono utili all’insegnante, 1 I sei mesi di corso alla fine diventano cinque effettivi se non quattro e mezzo in alcune sedi, se si considera che molte università sospendono le attività durante il mese di agosto. 4 poiché possono aiutare a comprendere alcune differenze della lingua cinese rispetto a quella italiana. L’elaborato si divide in quattro capitoli. Il primo capitolo teorico si divide in tre parti. La prima parte riguarda la nozione di “interlingua” e la sua evoluzione nel corso del tempo: vengono proposte alcune definizioni (Pallotti, 1998; Rastelli, 2009) oltre alla prima offerta da Selinker nel 1972. Sulla base di quest’ultima vengono presentati cinque processi (Selinker, 1972) che sottendono alla costruzione dell’interlingua. Successivamente si riportano le tre fasi entro le quali l’interlingua di un apprendente passa per giungere alla lingua di arrivo: la varietà pre-basica, la varietà basica e la varietà post-basica. Collegata all’interlingua è la definizione di “sequenza di acquisizione”, ovvero l’ordine attraverso il quale si apprendono gli elementi di una lingua (Rastelli, 2009). Nella seconda parte del capitolo vengono presentati i primi studi riguardanti le sequenze di acquisizione in ambito anglosassone. Successivamente si trattano le ricerche condotte sulle sequenze di acquisizione nell’italiano L2 che riguardano la temporalità, la modalità e il genere (Pallotti, 1998). Nella terza parte si affronta infine il concetto di errore in prospettiva storica. Dopo una panoramica iniziale, viene presentato in particolare il filone di studi denominato “analisi degli errori”. Valentini (2004), parlando degli studi sull’acquisizione dei morfemi inglesi durante gli anni Settanta, riassume inoltre tre tipologie di errori: gli errori intralinguistici, gli errori interlinguistici e gli errori ambigui. Nella terza parte si parla anche del ruolo del transfer linguistico e della riconsiderazione della lingua madre dagli anni Ottanta. Il transfer si presenta a diversi livelli del linguaggio: fonologico, morfologico, sintattico del lessico e del discorso. Il secondo capitolo tratta alcune caratteristiche della lingua cinese e le mette a confronto con quelle della lingua italiana per evidenziare le differenze tra i due sistemi linguistici. Alcune caratteristiche della lingua cinese sono ad esempio il sistema tonale, l’utilizzo dei caratteri e del pinyin, la tipologia isolante, l’importanza del contesto e dell’ordine delle parole. Queste vengono confrontate con la scrittura italiana tramite l’alfabeto latino, la tipologia flessiva e dunque le classi di parole (il verbo, il nome, l’aggettivo…), la concezione della parola, ecc. Le differenze tra le due lingue permettono di capire le difficoltà che un sinofono può incontrare nell’apprendimento dell’italiano L2 e quali errori evolutivi possono essere presenti. Inoltre, per ogni possibile difficoltà riscontrata dagli apprendenti sinofoni vengono riportati alcuni esempi tratti dalle composizioni degli studenti da me analizzati. 5 Il terzo capitolo precisa inizialmente gli obiettivi della tesi. Successivamente, confronta il metodo di insegnamento e apprendimento cinese rispetto a quello italiano; questa descrizione può far comprendere alcuni comportamenti degli studenti sinofoni, e inoltre aiuta a descrivere il contesto didattico in cui sono stati raccolti i dati. In seguito viene descritto il contesto della raccolta dei dati, quindi il laboratorio, gli studenti, le lezioni, i compiti assegnati. A questo punto si parla della griglia di analisi utilizzata per esaminare i dati raccolti tramite le tre tracce scritte. Il quarto e ultimo capitolo si divide in tre parti. Nella prima parte si analizzano gli errori probabilmente derivati dalla L1 e di natura pragmatica; nella seconda quelli derivati dall’interferenza del cinese; infine, nella terza, vengono analizzati gli errori derivati probabilmente dalla 6 lingua inglese. Indice delle sigle e delle abbreviazioni <C>: semplificazione di consonante /CC/: tratto fonologico delle consonanti intense CCC: parola con tripla consonante come “strada”, “stretto”, “costretto”, ecc. CL: classificatore CRUI: Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (d): determinante (D): determinato DAMS: Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo DE: particella determinante 的 de IL: interlanguage L1: prima lingua imparata L2: lingua seconda LE: particella aspettuale e temporale 了 le LS: lingua straniera MP: Marco Polo OFA: Obbligo Formativo Aggiuntivo PN: parlante nativo PNN: parlante non nativo TL: target language 7 Capitolo 1. L’interlingua e il concetto di errore In questo primo capitolo teorico si andranno a introdurre alcuni elementi fondamentali come l’interlingua, la sua evoluzione nel tempo, le sequenze di acquisizione, il concetto di errore e di analisi degli errori. La nozione di interlingua è importante, poiché permette di comprendere che nell’apprendimento non solo non esistono due monolitici estremi quali la lingua di partenza (detta anche L1) e la lingua di arrivo (detta anche L2), ma anche che, nel percorso per arrivare alla seconda lingua, esistono tante tappe necessarie. Inoltre, l’interlingua è direttamente collegata all’idea di errore (solitamente negativa) e alla sua rivalutazione in quanto necessario e auspicabile. Grazie ad esso infatti, l’apprendente può migliorare e arrivare sempre più vicino alla lingua che desidera (o che deve) imparare. Come verrà spiegato in questo capitolo, il concetto di errore è essenziale anche per l’insegnante, poiché una conoscenza profonda dei diversi tipi di errori e delle loro possibili cause permette al docente che dovrà insegnare la L2 di capire le difficoltà principali degli studenti e di come correggere gli errori sulla base di diversi fattori. Pertanto, nella prima parte di questo capitolo si esaminerà il concetto di interlingua e il suo sviluppo nel corso del tempo, il ruolo delle sequenze di acquisizione e il loro ordine all’interno dell’italiano come L2. Nella seconda parte del capitolo, si tratterà invece l’errore, le diverse tipologie di errori e l’analisi degli errori. Inoltre, si approfondirà il concetto di transfer linguistico e della sua riconsiderazione nelle diverse teorie, poiché sarà fondamentale per i capitoli successivi, in particolare nel quarto, dove si analizzeranno gli errori derivati da L1 e da altra lingua studiata (l’inglese). 1.1 L’interlingua e la sua evoluzione Il concetto di interlingua si è sviluppato a partire da alcune considerazioni sugli errori di apprendenti di L2 durante gli anni Sessanta (Corder, 1967): con una diversa visione degli errori, infatti, si aprì la strada a un nuovo tipo di analisi delle produzioni degli apprendenti e dei loro errori. Questi ultimi non erano più visti solo in prospettiva di interferenza da L1, né come attività casuali, ma come sistema governato da regole precise (Rastelli, 2009). Come ricorda Corder (1967), ‘ancora da meno tempo si è 9 abbandonata l’abitudine di considerare la lingua di chi apprende una seconda lingua, una forma difettosa, distorta e scorretta della lingua che sta imparando’ (citato in Arcaini & Pi, 1984: 49). È in questo contesto dunque che cominciò a svilupparsi il concetto di “interlingua”, soprattutto grazie all’apporto di Larry Selinker (1972), il quale, con il termine interlanguage, designò un sistema linguistico a sé stante utilizzato dall’apprendente di L2 per produrre una norma della lingua di arrivo seguendo determinate regole, o per definirla come l’autore, ‘the existence of a separate linguistic system based on the observable output which results from a learner’s attempted production of a TL norm. This linguistic system we will call “interlanguage” (IL)’ (Selinker, 1972: 214). Con il termine “sistema”, Selinker alludeva al fatto che l’interlingua non è casuale o determinata da fattori contingenti, ma una lingua a tutti gli effetti, con una grammatica interna, con regole derivate dalla prima lingua, altre riconducibili alla seconda, altre ancora influenzate da meccanismi universali (Rastelli, 2009). Inoltre, l’utilizzo del termine “sistema”, più precisamente “un sistema a sé stante”, equivale a dare grande importanza all’apprendente, poiché enfatizza l’autonomia del sistema linguistico interno di quest’ultimo: gli errori non sono casuali, ma l’indizio che il soggetto sta formulando ipotesi sulla lingua obiettivo, e che il suo sistema linguistico è dinamico, in continua evoluzione. Con il termine “regola”, invece, non si intende la mera applicazione di nozioni imparate a memoria senza alcuna riflessione, ma deduzioni, concetti acquisiti dall’apprendente attraverso la sperimentazione dell’interlingua. Inoltre, quest’ultima non viene considerata come semplice imitazione della L2, ma come conoscenza dinamica e mutevole della lingua obiettivo in un dato momento, e definita, quindi, anche come “competenza transitoria” (Rastelli, 2009). Sono state date diverse definizioni di interlingua nel corso del tempo (sempre attendendosi a quella originaria di Selinker) e, a partire dagli anni Novanta, si è cercato anche di spiegarne e di insegnarne le caratteristiche principali. Per esempio Pallotti (1998) definisce l’interlingua la varietà di lingua d’arrivo parlata da un apprendente: si tratta di un vero e proprio sistema linguistico, caratterizzato da regole che in parte coincidono con quelle della L2, in parte sono riconducibili alla L1 e in parte sono indipendenti da entrambe (Pallotti, 1998: 13). 10 Rastelli (2009), in modo più semplice (ma non meno efficace), definisce l’interlingua come ‘la lingua parlata e scritta da una persona che la sta imparando’ (Rastelli, 2009: 28); prosegue, successivamente, precisandone alcune caratteristiche: Il termine interlingua si riferisce sia alla competenza astratta (al sistema di regole, secondo alcuni innato) posseduta dall’apprendente in un determinato momento sia alla lingua che egli costruisce in una situazione reale in un certo contesto non solo grazie alle regole, ma anche al contributo determinante dell’interlocutore. L’interlingua è dunque condizionata in parte da regole interne alla mente dell’apprendente e in parte da influssi esterni, oltre che delle caratteristiche peculiari della seconda lingua (Rastelli, 2009:28). Rastelli (2009) chiarisce dunque che l’interlingua è influenzata da diversi fattori, sia interni sia esterni all’apprendente, e inoltre sottolinea come Pallotti (1998) l’importanza dell’insieme di regole combinato al contributo che l’apprendente apporta all’acquisizione di una seconda lingua. Nel saggio Interlanguage (1972), Selinker evidenziò cinque processi che sottendono alla costruzione dell’interlingua: • Il transfer linguistico (language transfer), ovvero la produzione di comportamenti linguistici in L2 che sono influenzati dalla L1. Inoltre, nella sezione Fossilization fa alcuni esempi di transfer linguistico derivati dalla fonologia e dalla sintassi; precisa che questi fenomeni compaiono quando l’attenzione dell’apprendente è concentrata su un argomento mentalmente impegnativo o quando è in uno stato di ansia o in uno stato di estremo rilassamento. La fossilizzazione è un meccanismo presente nella struttura psicologica latente dell’apprendente e deriva da regole presenti in una determinata L1: tutti gli apprendenti (di qualsiasi età e a prescindere dalla quantità di input che ricevono) tendono a mantenere nella loro interlingua tracce della lingua materna (Arcaini & Pi, 1984). • Il transfer di insegnamento (transfer-of-training), ovvero la produzione di strutture e regole devianti dalla norma dovute al fatto che l’insegnante vi ha insistito (e su cui a volte si è erroneamente impuntato) (Chini, 2010). Un esempio riportato da Selinker descrive la difficoltà che parlanti serbo-croati hanno in tutti i livelli di competenza inglese nel distinguere le forme he/she. Inizialmente si potrebbe pensare che la sovraestensione di he (in tutti i contesti, anche al posto di she) possa essere determinata da transfer linguistico. Il fatto è 11 che la distinzione dei due morfemi è la stessa anche nella lingua dei parlanti nativi (serbo-croati), per cui gli apprendenti non possono commettere questo errore per influenza della L1. Pertanto, questo potrebbe essere il caso di un transfer-of-training: gli errori potrebbero essere dovuti al fatto che i libri di testo e gli insegnanti tendono a presentare esercizi ed esempi unicamente con he e meno spesso con she. • Le strategie di acquisizione di L2 (strategies of second-language learning) che derivano dal modo in cui l’apprendente si rapporta alla lingua di arrivo. Succede spesso che vengano omessi gli elementi che risultano di difficile comprensione o che alcune forme della L2 (per esempio le forme più regolari) vengano usate prima delle altre (Chini, 2010). Gli apprendenti infatti ragionano in termini di complessità, e tendono a utilizzare dapprima forme più semplici e riconoscibili, mentre solo successivamente (una volta acquisite alcune forme “facili”) utilizzano quelle più complesse e irregolari. Selinker le definisce come ‘a tendency on the part of learners to reduce the TL to a simpler system’ (Selinker, 1972: 219). • Le strategie di comunicazione in L2 (strategies of second-language communication), ovvero le modalità a disposizione dell’apprendente per farsi comprendere dai parlanti nativi (PN), come ad esempio parafrasi, mimica, gesti, richieste di chiarimento o aiuto. • L’ipergeneralizzazione o sovrestensione di regole di L2 (overgeneralization of TL linguistic material), ovvero la sovraestensione dell’uso delle forme apprese anche in contesti inadeguati: per esempio l’impiego di forme regolari al posto di quelle irregolari, o l’applicazione del passato in -ed nonostante la presenza di did, come in questo caso: “What did he intended to say?” (Selinker, 1972: 218). Nell’enunciato considerato, l’apprendente ha sovraesteso il morfema -ed in un contesto errato, poiché è già presente il passato in did. L’applicazione del morfema -ed è generalmente corretta nel caso della formazione del passato dei verbi regolari; tuttavia, nell’esempio trattato viene considerato scorretto, perché è presente una frase interrogativa, che richiede il passato del verbo to do. Nella nota relativa a questo esempio, Selinker precisa che questa frase è stata prodotta da un israeliano di mezza età molto fluente in inglese: ciò sta a indicare che spesso gli apprendenti possiedono molta conoscenza esplicita (o dichiarativa) delle regole che governano la grammatica, ma che l’acquisizione implicita (o 12 procedurale) non ne è una logica conseguenza; per poter parlare in modo adeguato una seconda lingua, bisogna non solo saperne le regole ma averle interiorizzate, e dunque produrre enunciati senza pensare troppo alla norma giusta da utilizzare caso per caso. Questi cinque fattori sono quelli che contribuiscono alla costruzione dell’interlingua di un apprendente. Essi sono importanti per comprendere quali strategie e influenze vengono utilizzate affinché l’apprendente impari la seconda lingua. In aggiunta, alcune strategie sopra descritte sono necessarie all’apprendente per poter comunicare efficacemente con i parlanti nativi. Inoltre, come già trattato nel punto che spiega il transfer linguistico, l’interlingua, al contrario dell’apprendimento della lingua madre, secondo Selinker (1972) potrebbe presentare anche forme di fossilizzazione, ovvero linguistic items, rules, and subsystems which speakers of a particular NL will tend to keep in their IL relative to a particular TL, no matter what the age of the learner or amount of explanation and instruction he receives in the TL (Selinker, 1972: 215). La fossilizzazione, dunque, è un fenomeno che tende a mantenere alcuni elementi della lingua materna all’interno dell’interlingua in quasi tutti gli apprendenti. L’interlingua, come già affermato in precedenza, si presenta dunque come un continuum di varietà linguistiche, con variabilità e sistematicità: essa infatti è variabile e dinamica, poiché evolve per avvicinarsi sempre più alla lingua di arrivo, mentre è sistematica, poiché l’interlingua degli apprendenti una L2 non è data da comportamenti linguistici casuali, ma è formata da un sistema di regole. Inoltre, l’interlingua è caratterizzata da alcune fasi fondamentali attraverso cui la lingua dell’apprendente deve necessariamente passare per giungere alla lingua obiettivo. Queste tappe sono state trattate con diverse definizioni, terminologia e quantità nel corso del tempo da alcuni studiosi, tra cui, Valentini (1992), Giacalone Ramat (1993), Banfi (1993), Pallotti (1998), Chini (2010). Di seguito si riportano le tre fasi consolidate. • La varietà pre-basica o iniziale: il parlante presenta difficoltà a livello comunicativo e non è in grado di sostenere una conversazione. Questa situazione è tipica di apprendenti le cui L1 sono tipologicamente e strutturalmente distanti dalla lingua di arrivo, e non hanno nemmeno una lingua intermediaria che semplifichi l’acquisizione (Banfi, 1993). La varietà pre-basica prevede poche 13 parole-chiave (Chini, 2005) e un lessico molto elementare. Per questo motivo, spesso gli apprendenti utilizzano singole unità non analizzate e imparate a memoria: esse costituiscono una sorta di moduli prefabbricati (Chini, 2005) e vengono chiamate formule fisse. Le parole vengono apprese per il loro valore semantico, più che per quello funzionale (aggettivi, verbi, nomi, avverbi …), e la scarsa consapevolezza delle categorie funzionali porta a organizzare il discorso sulla base di principi pragmatici: \IT\ sei andato direttamente dall'Asmara a Milano? \HG\ no + eh Asmëra (xxx) Addis Abëba Kartum Kartum Cairo Nell’esempio riportato, tratto da Cattana & Nesci (2004: 22), si può notare che l’elenco delle città corrisponde all’ordine cronologico in cui l’intervistato le ha visitate e questo è il solo principio che permetta all’interlocutore di comprendere il messaggio. Inoltre (come si può notare dall’esempio sopra riportato), nella fase pre-basica la morfologia e la sintassi sono quasi completamente assenti, per cui i principali mezzi di comunicazione sono gli elementi di tipo lessicale e funzionale, come la negazione che è spesso ‘espressa mediante una particella invariabile’ (Pallotti, 1998: 38). Come accennato, questa fase si basa su principi pragmatici (e sul contesto) e utilizza il focus last, definito come ‘il focus viene per ultimo’ (Pallotti, 1998: 40). La struttura del focus last prevede che le informazioni nuove e salienti vengano posizionate alla fine della frase (Valentini, 2003); esso viene paragonato da Pallotti (1998) alla struttura topic-comment nella quale il topic (tema o argomento) viene posizionato all’inizio della frase, mentre il comment (rema) segue il topic e lo commenta: \IT\ mh - quando sei venuto dall'Asmara in Italia? \HG\ eh + eh ++ badre eh ++ deci ++ mamma eh - deci eh duo eh deci [“mio padre è venuto dieci anni fa, la mamma dodici”] Come si può notare dall’esempio tratto da Cattana & Nesci (2004: 22), i due topic “padre” e “mamma” (posti all’inizio) sono seguiti dai commenti. Nella fase pre-basica, data la scarsità di elementi linguistici consolidati, l’apprendente 14 utilizza alcune strategie per farsi capire, per esempio la richiesta di aiuto all’interlocutore e l’utilizzo della gestualità (Chini, 2010). L’apprendente in questa fase dipende ancora completamente dal parlante nativo e dalla sua disponibilità verso richieste di chiarificazione, ripetizioni, presentazione di opzioni, ecc. (Giacalone Ramat, 1993). Per riassumere, il ruolo dell’interlocutore è molto attivo, mentre quello del parlante non nativo è tendenzialmente passivo. • La varietà basica o intermedia: il parlante comincia a essere in grado di interagire con i parlanti nativi, solitamente di argomenti relativi al lavoro, alla quotidianità e alla vita sociale. Per le persone provenienti da zone geografiche in cui si parlano lingue non troppo distanti dalla lingua di arrivo, agisce spesso l’interferenza della L1 come strategia per il successo della comunicazione (Banfi, 1993). Inoltre, la grammatica presenta una morfologia assente o molto semplice. Gli elementi lessicali sono usati in modo invariabile; prevalgono i verbi non coniugati o utilizzati in una forma basica; 2 il tempo e l’aspetto del verbo vengono resi tramite mezzi lessicali; la copula è scarsamente usata; articoli e preposizioni sono per lo più assenti; si utilizzano funtori grammaticali (articoli, preposizioni, congiunzioni, ecc.) in contesti e con funzioni non standard (Pallotti, 1998). Nella fase basica il lessico aumenta e comincia a specializzarsi nelle diverse categorie semantiche. Perciò, come già trattato sopra, anche se la morfologia è perlopiù assente, le funzioni di tempo, aspetto, genere e numero vengono espresse dal lessico (Cattana & Nesci, 2004). Inoltre, al livello basico dell’interlingua, come ricordato da Chini (2010), prevale maggiormente la paratassi, ma, nonostante la debolezza nella costruzione delle frasi, l’apprendente comincia a distinguere e suddividere le parole che incontra in classi e categorie (il nome, il verbo, l’aggettivo, ecc.). Infine, in questa fase agisce maggiormente il principio semantico controller first, che tende a porre a inizio enunciato il referente che controlla l’azione del verbo (Chini, 2010). Il controller first, ovvero ‘l’elemento che controlla viene per primo’ (Pallotti, 1998: 41), prevede che il referente (che possiede maggior controllo) venga posizionato all’inizio dell’enunciato. 2 La forma basica in molte lingue corrisponde alla radice verbale + la vocale tematica. In italiano la forma basica corrisponde alla terza persona singolare come “io mangia, tu mangia” oppure all’infinito come “io mangiare”. 15 • La fase post-basica o avanzata: il parlante è in grado di discutere di un argomento e di interagire con i parlanti nativi; è dunque un’interlingua che si avvicina sempre di più alla varietà dei nativi (Banfi, 1993; Giacalone Ramat, 1993). Tutti gli elementi della frase presentano forme simili alla lingua di arrivo: la morfologia si arricchisce, compaiono gli ausiliari e le subordinate, il discorso assume un ordine vicino alla LT e ci si avvale di principi sintattici e non solo pragmatici (Chini, 2010). Chini (2005) distingue tre ulteriori sotto-fasi in quella post-basica: o quella degli stadi intermedi, ovvero la fase in cui sono presenti morfologia e sintassi in modo più sistematico e vicino alla L2, ma che ancora presenta aree fragili nella fonetica e in elementi periferici (per esempio incertezze con le preposizioni, errori con il genere dei nomi e con la paratassi, ripetizioni a livello lessicale). o la fase delle varietà avanzate, che comprendono una grammatica sostanzialmente simile a quella della L2: la morfosintassi è corretta anche se presenta ancora qualche piccola deviazione dalla LT. Ci sono incertezze inoltre a livello di prosodia, fonetica e lessico, morfosintassi. o lo stadio delle varietà quasi-native; queste varietà sono quasi uguali e poco distinguibili dalle varietà sub-standard dei nativi; non presentano errori di lessico o grammatica, ma hanno qualche volta caratteristiche grammaticali e discorsive non conformi alla L2. Per concludere, l’interlingua si presenta come un sistema variabile (Corder, 1967), ordinato, logico, dinamico e in continua mutazione. Dipende da principi inizialmente pragmatici e, successivamente, da principi sintattici. Inoltre, l’interlingua si avvale di alcune strategie utilizzate dagli apprendenti (di acquisizione e di comunicazione) per poter interagire con i parlanti nativi ed essere compresi. Infine, essa è influenzata anche da elementi quali la lingua materna e l’insegnamento, oltre ad altri fattori come la motivazione, l’ansietà, la personalità, l’attitudine e lo stile cognitivo, ecc. descritti ad esempio in Pallotti (1998) e Chini (2005). 16 1.2 Le sequenze di acquisizione Un altro concetto importante legato all’interlingua è quello di “sequenza di acquisizione”, ovvero l’ordine in cui si apprendono alcuni elementi della lingua (Rastelli, 2009): ciò significa che l’apprendimento delle lingue segue un ordine particolare che, in linea di massima, è uguale per ogni apprendente. Come afferma Chini (2005): ‘Uno dei principali risultati della ricerca sull’acquisizione è l’evidenza che gli apprendenti imparano in un ordine ricorrente le strutture della grammatica di L2’ (Chini, 2005: 80). In questo paragrafo si parlerà dunque dei primi studi relativi alle sequenze di acquisizione, in particolare di quelli anglosassoni, mentre successivamente verranno trattate alcune sequenze di acquisizione in italiano L2. 1.2.1 I primi studi sulle sequenze di acquisizione La definizione delle sequenze di apprendimento è derivata dagli studi relativi al built-in syllabus di Corder (1967), ovvero ‘un “sillabo incorporato” nell’apprendente, il quale, sia che venga istruito esplicitamente, sia che debba ricostruire la lingua solo dalle interazioni in cui viene coinvolto, procede in modo almeno in parte prevedibile’ (Pallotti, 1998: 43). Alcune ricerche relative alle varietà di apprendimento iniziali mostrarono che l’acquisizione di una seconda lingua si basava sulla ricostruzione di regole da parte dell’apprendente: il soggetto dimostrava di formulare delle ipotesi sul funzionamento della lingua che gli consentivano progressivamente di avvicinarsi sempre più alle norme della lingua di arrivo. A partire dagli anni Settanta, dunque, si intrapresero studi chiamati Morpheme Studies sull’acquisizione dell’inglese, prima come lingua materna (Brown, 1973), e successivamente come lingua seconda (Dulay & Burt, 1974). Notando che negli studi di acquisizione della lingua madre si ritrovavano elementi ricorrenti anche tra parlanti diversi, si cominciò a ipotizzare che esistessero dei meccanismi universali che guidassero l’apprendimento. Per questo motivo, successivamente, si iniziarono studi analoghi su apprendenti di inglese L2 (bambini 17 spagnoli e cinesi)3: in questo modo si notò che l’ordine di acquisizione dei morfemi era simile a quello studiato sui bambini in riferimento alla L1 (Pallotti, 1998; Chini, 2005). Nel 1977 Krashen riassunse la sequenza di acquisizione dei morfemi verbali inglesi con il seguente schema: -ing (progressivo) > is/are (copula) > ausiliare is del progressivo > passato irregolare > passato regolare > -s della III persona > s’ del possessivo Tuttavia, questi studi non mancarono di attrarre critiche e negli anni successivi si fecero ulteriori ricerche sulle sequenze di acquisizione. In ogni caso, gli studi furono utili perché mostrarono l’esistenza di una gerarchia di difficoltà nell’acquisizione delle seconde lingue, e rappresentarono il primo passo verso le ricerche successive sull’acquisizione (per esempio la negazione inglese) (Pallotti, 1998). Inoltre come detto, gli studi effettuati negli anni Settanta sull’acquisizione, individuando un percorso acquisizionale comune a soggetti diversi, diedero importanza all’apprendente e al suo percorso di acquisizione, ridimensionando il ruolo della lingua materna. Questa idea del carattere creativo delle interlingue e della somiglianza dell’acquisizione di L1 e L2 fece ipotizzare al tempo che i due processi fossero uguali perché uguali erano i dispositivi mentali innati. Successivamente questa ipotesi, detta “dell’identità”, venne abbandonata e superata, tra un istante vedremo perché, considerando il caso specifico dell’italiano. 1.2.2 Le sequenze di acquisizione in italiano come L2 Per quanto riguarda l’italiano, nel corso degli anni, sono state individuate alcune sequenze di apprendimento comuni a tutti gli apprendenti relative alla temporalità, alla modalità, al genere. Per la temporalità sono stati fatti numerosi studi (soprattutto negli anni Novanta) e nella sequenza sono stati rilevati quattro stadi (Pallotti, 1998): • Primo stadio. Nella prima fase non si riscontrano mezzi morfologici usati in modo produttivo per produrre la temporalità, ma si utilizza una forma unica del verbo che coincide con la radice verbale. La forma maggiormente utilizzata è 3 Gli studi vennero effettuati attraverso il Bilingual Syntax Measure, una serie di disegni mostrati ai soggetti che servivano, tramite domande precise, a stimolare la produzione di particolari morfemi. Altre domande servivano a stimolare la produzione del passato, del plurale e degli ausiliari (Pallotti, 1998). 18 quella della terza persona singolare (o seconda singolare), detta anche “forma base”, come “io lavora/noi lavora, ecc.”, oppure l’infinito, come “io lavorare”. Come vedremo, quest’ultimo è molto utilizzato dai cinesi, perché è simile al verbo invariabile della loro lingua madre, che è di tipo isolante. A questo proposito, Valentini (1992) precisa che ‘l’uso dell’infinito è molto più generalizzato per gli apprendenti cinesi che per altri soggetti’ (Valentini, 1992: 73). In generale è comunque la terza persona singolare ad essere usata come forma base: il motivo risiede nel fatto che gli apprendenti acquisiscono per prima la forma più comune del verbo (la terza persona singolare dell’indicativo presente), che è in effetti quella più frequente (Valentini, 1992). • Secondo stadio. Una volta acquisita la forma verbale basica, gli apprendenti hanno necessità di contrapporvi un’altra forma per sottolineare l’opposizione tra azioni presenti o continuate e azioni passate o concluse: per questo secondo scopo, si utilizza inizialmente soprattutto il suffisso -to del participio passato. Tuttavia, durante questa fase, spesso gli apprendenti non utilizzano il participio passato solamente con valore temporale, ma anche aspettuale: il suffisso -to infatti non denota unicamente ‘ogni azione accaduta prima del momento dell’enunciazione, ma tipicamente quelle azioni con un aspetto perfettivo, di evento delimitato e concluso’ (Pallotti, 1998: 51). In frasi come “Questo fatto male” e “Guarda di finito” vengono espresse azioni concluse e collocabili ‘come “punti” nel tempo’ (Pallotti, 1998: 51). • Terzo stadio. In questa fase gli apprendenti sviluppano ulteriormente il concetto di temporalità e distinguono morfologicamente eventi passati a carattere puntuale ed eventi passati a carattere durativo; pertanto, dopo aver appreso il participio passato, si acquisisce l’imperfetto. Inizialmente, il primo imperfetto è era/ero con funzione di copula, e sono frequenti anche le forme imperfette di verbi come “avere” e “potere”; successivamente, si sviluppa il passato imperfettivo anche di altri verbi, soprattutto quelli che possiedono già in sé stessi un significato stativo e durativo. Gli apprendenti cinesi, ad esempio, non possedendo la morfologia nella loro lingua madre, sviluppano più lentamente di altri il concetto di temporalità e spesso tendono a utilizzare soprattutto il participio passato; successivamente, una volta acquisito l’imperfetto, spesso non riescono a percepire la differenza con il passato prossimo. 19 • Quarto stadio. Dopo le forme passate, iniziano a comparire anche quelle del futuro e del condizionale; solo più tardi quelle del congiuntivo. Anche in questa fase si crea un’opposizione, questa volta tra fattualità e non fattualità, ovvero tra ciò che è presentato come certo e ciò che invece risulta solo ipotizzabile, possibile, desiderabile. Questo livello viene raggiunto solitamente dagli apprendenti che hanno avuto un’istruzione esplicita frequentando corsi di lingua e leggendo manuali che spiegano la grammatica. La velocità e il grado di sistematicità con cui queste forme entrano nell’interlingua dell’apprendente dipendono anche dalla L1: nel caso in cui quest’ultima presenti strutture simili all’italiano, le forme del futuro, del condizionale e del congiuntivo vengono notate ed espresse fin dai primi stadi. Questo stadio presenta molti problemi; ciò non stupisce dato che anche i parlanti nativi riscontrano difficoltà con l’utilizzo del congiuntivo e del condizionale. Per riassumere, si presenta di seguito la sequenza dell’acquisizione della temporalità italiana (Chini, 2010: 27): presente (e infinito) > (ausiliare) + participio passato > imperfetto > futuro > condizionale > congiuntivo Per quanto riguarda la modalità, essa (come suggerisce il nome) manifesta i modi in cui un parlante si esprime, per esempio attraverso il dubbio, l’ipotesi e il desiderio. Oltre a queste modalità spesso espresse dai modi del verbo, ne esistono altre come le epistemiche (che riguardano il grado di impegno del parlante nell’esprimere la verità di ciò che vuole dire; Chini, 2005), le deontiche (che riguardano la libertà e gli obblighi, infatti deontico sta a indicare il dovere) e le dinamiche (che riguardano la volontà). Pallotti (1998) si sofferma sui mezzi per esprimere la modalità e individua tre stadi principali di acquisizione: • Modalità implicita. Questa modalità è assimilabile alla fase pre-basica, nella quale l’apprendente non possiede ancora i mezzi necessari per potersi esprimere adeguatamente. La modalità implicita prevede l’impiego di segnali non verbali, gesti, intonazione, espressioni del volto, ecc., che nel complesso servono a far comprendere all’interlocutore i dubbi, le certezze e i desideri del parlante non nativo. L’intonazione, in particolare, esprime incertezza ed esitazione; inoltre è 20 spesso usata come richiesta di aiuto nei confronti del parlante nativo, che ha il compito di ricostruire il senso e la modalità dell’enunciato. • Modalità lessicale. In questa fase cominciano a comparire i primi mezzi che esprimono la modalità. Tuttavia, vengono utilizzati elementi lessicali e non grammaticali. Per la modalità epistemica si usano forme verbali fisse come “penso”, “credo”, “non so”, e avverbi come “forse”, “magari”, “possibile” i quali esprimono soprattutto incertezza e possibilità; l’espressione della certezza tramite avverbi come “sicuramente”, “certamente” compare invece più avanti. Per le modalità deontica e dinamica si usano verbi quali “volere”, “potere”, “dovere”, “bisogna”; inoltre, anche l’utilizzo dell’infinito può voler esprimere una modalità deontica, come si può vedere nell’esempio seguente (Pallotti, 1998: 54): PN: come mai/ perché? PNN: perché- studiare PN: ah perché dovevi studiare- certo • Modalità grammaticale. I mezzi grammaticali di questa modalità compaiono abbastanza tardi ed esprimono come il parlante interpreta gli eventi, gli stati e le azioni. Della modalità grammaticale fanno parte il condizionale e il congiuntivo: anche se vengono usati in modo consapevole e produttivo solo dagli apprendenti avanzati, anche i parlanti la cui varietà è basica usano talvolta formule fisse e non analizzate come “vorrei” e “sarebbe”. Il congiuntivo è il modo verbale appreso solitamente per ultimo, poiché presenta un paradigma complesso e perché comprende le funzioni di dipendenza sintattica e di modalità ipotetica che sono molto difficili da individuare per gli apprendenti. Inoltre, in fase avanzata alcuni apprendenti riescono a utilizzare i verbi con modalità deontica (dovere e potere) in una sfumatura epistemica come i parlanti nativi, come per esempio nelle frasi “Può essere stato lui” o “Non deve essere in casa”; oppure alcuni apprendenti riescono a utilizzare l’imperfetto e il futuro per esprimere modalità come nelle frasi “Se era per me, andavo subito” o “Sarà stato lui a lasciare tutto questo disordine”. L’imperativo è una forma verbale che pone diverse difficoltà ai parlanti non nativi. Inizialmente è appreso tramite formule fisse non analizzate, e solo successivamente, a seguito dell’acquisizione di altre forme, viene utilizzato in modo produttivo in diversi contesti. 21 Per quanto riguarda il genere, l’italiano consta di due tipologie, il maschile e il femminile. Altre lingue possono esprimerne tre (considerando anche il genere neutro), oppure apparentemente nessuno (come il cinese, che non fa distinzione per i nomi comuni, a parte quelli che descrivono il sesso del referente quali padre, madre, signore, signora, ecc.). Il genere è importante, perché serve a suddividere i nomi in categorie e inoltre serve per l’utilizzo di un altro fenomeno fondamentale in italiano: l’accordo. Le difficoltà degli apprendenti l’italiano L2 starà dunque nella ricostruzione del genere di ogni nome. In particolare è necessario capire le regole dell’assegnazione del genere, che spesso sono arbitrarie e dunque all’apparenza possono risultare prive di senso all’apprendente; imparare praticamente a memoria il genere di nomi italiani formalmente poco coerenti (per esempio quelli terminanti in -e) e il genere di quelli semanticamente opachi (per esempio i nomi inanimati) (Chini, 2010). Inoltre, sarà complesso per gli apprendenti capire la natura e la modalità dell’accordo e soprattutto rispettarlo, non solo per elementi vicini come gli articoli, i sostantivi, i possessivi, ecc. ma anche per elementi che regolano la struttura della frase come per esempio i verbi, gli aggettivi, e così via. Pallotti (1998) fa un resoconto di cinque stadi attraverso i quali la lingua dell’apprendente deve passare per acquisire il genere: • Primo stadio. Durante la prima fase gli apprendenti solitamente non notano il genere, nonostante la sua frequenza nell’input dei nativi, oppure lo usano ma solo tramite formule fisse e non analizzate. In questa fase però viene già appresa l’opposizione di genere del pronome anaforico lui/lei, poiché sono le forme principalmente utilizzate nella comunicazione e sono fondamentali per farsi capire dai parlanti nativi (Giacalone Ramat, 1993). • Secondo stadio. In questa fase gli apprendenti cominciano a tentare la formazione di enunciati e la combinazione di parole; si crea dunque il problema dell’accordo. Solitamente i soggetti cercano di accordare nomi e articoli tramite alcune strategie quali l’assonanza e la rima. Gli apprendenti sembrano abbastanza consapevoli del fatto che solitamente la terminazione in -a si riferisce a nomi femminili, mentre quella in -o a nomi maschili; il fatto è che queste soluzioni funzionano per certi tipi di sostantivi, ma in altri casi portano a esiti scorretti, per esempio “la cinema”, “una problema”, “il radio”, “prima semestra”, ecc. In generale, comunque, in questa fase l’accordo si manifesta 22 attraverso la sovra estensione della forma maschile dell’aggettivo, come “nessuno persona” e “amici italiano” (Pallotti, 1998: 58). • Terzo stadio. In questa fase l’apprendente migliora la flessione. La consapevolezza dell’accordo aumenta e si estende anche all’aggettivo attributivo, prima tramite la strategia della rima, successivamente in modo più consapevole. Tuttavia, l’accordo dell’aggettivo predicativo non è ancora presente. • Quarto stadio. In questa fase l’apprendente arriva finalmente a flettere l’aggettivo in posizione predicativa. Si avranno dunque frasi come “Marco è alto” e “Bologna è molto bella”. • Quinto stadio. Nell’ultima fase, gli apprendenti avanzati passano all’accordo tra nome e participio passato. Si avranno pertanto frasi come “siamo andati a lezione” e “sono uscita”. Come fa notare Pallotti (1998), nell’interlingua degli apprendenti le prime forme ad essere acquisite saranno quelle che si trovano vicino al nome che controlla, come per esempio gli articoli e gli aggettivi attributivi, mentre, man mano che i costituenti della frase si allontanano dal nome che controlla l’accordo di genere, sarà sempre più difficile per l’apprendente riuscire a flettere in modo corretto tutte le forme. Gli elementi che fanno parte del sintagma verbale, dunque, saranno quelli che saranno acquisiti per ultimi nell’ordine della sequenza. Chini (2010: 28) riassume come segue la sequenza di apprendimento dell’accordo in italiano: pronome anaforico > articolo > aggettivo attributivo > aggettivo predicativo (>) participio passato flesso Queste dunque sono le principali aree di ricerca sulle sequenze di acquisizione che hanno dimostrato la presenza di percorsi acquisizionali comuni negli apprendenti di italiano L2. 1.3 La concezione dell’errore in prospettiva storica Che cos’è l’errore? Come deve essere considerato? Queste e altre simili domande vengono poste ancora oggi. Spesso le risposte mettono l’errore in un’ottica negativa: 23 l’errore linguistico è deviazione dalla norma, qualcosa da correggere, da eliminare e cancellare, qualcosa di cui vergognarsi. In particolare, anche se il famoso detto recita “sbagliando si impara”, spesso a scuola gli studenti interpretano i propri errori come fallimenti, come ciò che li separa dall’ottenimento di un buon voto; dal canto loro, spesso gli insegnanti concepiscono gli errori come dovuti a mancanze, distrazioni o a non sufficiente impegno nello studio. 1.3.1 Le teorie comportamentiste e cognitiviste Anche nel campo dell’acquisizione delle lingue seconde l’errore linguistico viene spesso considerato come un elemento da eliminare. La visione in ottica negativa dell’errore probabilmente deriva dagli studi di analisi contrastiva degli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso; durante quel periodo infatti assunsero molta importanza le teorie comportamentiste. Il comportamentismo era un orientamento della psicologia moderna che, nell’intento di dare alla psicologia uno statuto simile a quello delle scienze esatte, circoscrive[va] il campo della ricerca all’osservazione del comportamento animale e umano, rifiutando ogni forma di introspezione […]. Il postulato fondamentale del comportamentismo [era] che la psicologia studia il comportamento e non la mente, e che le fonti del comportamento sono esterne, nell’ambiente, e non interne, nella mente (Pichiassi, 2009: 12). Il comportamentismo dunque attribuiva molta importanza all’ambiente e all’esperienza; considerava i comportamenti dipendenti dall’imitazione di modelli presenti nell’ambiente e dipendenti ‘dall’apprendimento di nuovi schemi, mentali e comportamentali’ (Pichiassi, 2009: 12). Secondo i comportamentisti, l’apprendimento era un processo fondamentale attraverso cui modificare i comportamenti e queste teorie ebbero un forte impatto sulla linguistica; in particolare in riferimento alla concezione dell’apprendimento come formazione di abitudini: apprendere una lingua consisteva nell’assumere alcune abitudini, nell’interiorizzare cioè determinati comportamenti linguistici tramite ripetizione e imitazione (Pallotti, 1998). Prendendo spunto dalle teorie comportamentiste, nacquero gli studi di analisi contrastiva, che consistevano nel confronto tra due diversi sistemi linguistici (la lingua madre o lingua di partenza, e la lingua target o lingua di arrivo) per mettere in evidenza le differenze tra gli stessi. Le differenze rilevate erano utili per spiegare quali difficoltà gli apprendenti avrebbero avuto nello studio della lingua seconda. Come evidenziato da 24 Valentini (2004), ‘l’ipotesi contrastiva nasce con l’intento di predisporre una metodologia glottodidattica (il metodo audiorale o audiolinguale) che permetta di evitare l’errore’ (Valentini, 2004: 12). In particolare, l’analisi contrastiva considerava gli errori prodotti dagli apprendenti come un ostacolo e come abitudini linguistiche derivate da lingua madre che dovevano essere corrette. Il ruolo della L1 e della sua interferenza sulla L2 erano fondamentali secondo queste teorie, poiché la L1 influenzava l’apprendimento di una seconda lingua trasferendo su quest’ultima abitudini linguistiche precedenti (Cattana & Nesci, 2000). Alla fine degli anni Cinquanta (a partire dal 1959), Noam Chomsky propose nuovi punti di vista sull’apprendimento della L1 che influenzarono anche gli studi relativi alle L2, e fecero progressivamente abbandonare le teorie comportamentiste per fare spazio all’approccio cognitivista. Chomsky affermava che l’apprendimento della lingua madre non consisteva in abitudini acquisite e interiorizzate, né in comportamenti automatici, consolidati dall’osservazione e dalla pratica, quanto piuttosto nella scoperta di regole da parte del parlante sulla base di un ragionamento creativo. La scoperta delle regole, secondo Chomsky, non poteva essere dovuta unicamente all’input a cui era esposto il bambino, poiché i fatti linguistici non erano abbastanza salienti e sistematici per essere notati dall’apprendente e ricondotti a regole e categorie grammaticali; doveva dunque esistere una capacità innata che forniva al bambino ‘un insieme molto ridotto di ipotesi possibili sulle regole grammaticali della lingua che deve acquisire’ (Pallotti, 1998: 18). Per via dell’influenza di Chomsky la psicologia cognitiva cambiò anche la considerazione dell’apprendente: da passivo e dipendente dall’esterno (nella mentalità comportamentista), egli assunse un ruolo attivo e fondamentale, operando ipotesi sulla lingua, in quanto: […] i suoi errori sono soprattutto testimonianza del modo in cui riflette sulla lingua e formula ipotesi. L’errore da elemento da evitare diventa elemento auspicabile perché dall’errore lo studente può ripartire per rinegoziare e riqualificare le proprie ipotesi sul funzionamento della lingua. In questa nuova prospettiva l’errore non può essere causato esclusivamente da problemi di interferenza ma è il risultato di strategie che l’apprendente mette in atto per imparare e che sono universali. […] La prospettiva interlinguistica assegna all’errore e all’analisi degli errori un ruolo centrale e significativo (D’Annunzio, Serragiotto, 2007: 22). 25 Pertanto, l’interlingua di un apprendente deriva non solo dalle caratteristiche della lingua madre, ma anche da fattori culturali, personali e cognitivi; inoltre l’apprendente, che con l’analisi contrastiva era stato trascurato per dare invece spazio alla sua lingua di partenza e alle abitudini che da essa gli derivavano, veniva ora considerato sotto una nuova luce: era ritenuto ‘un elaboratore attivo che opera sui dati che ha a disposizione e secondo delle complesse serie di sequenze, i processi cognitivi, che sono in parte innati e in parte appresi attraverso l’esperienza’ (Pichiassi, 2009: 15). Gli errori, dunque, non erano più considerati in modo negativo e da eliminare il prima possibile, ma fatti linguistici interessanti e meritevoli di attenzione, poiché potevano mostrare in quale modo il soggetto elaborasse la lingua. Inoltre, come dichiara Nuzzo (2010a): Quelli che al parlante nativo di una lingua appaiono come errori sono per il ricercatore e per l’insegnante preziose spie della ‘grammatica dell’interlingua’, ossia delle regole transitorie di cui l’apprendente si serve per produrre lingua di un determinato momento nel percorso acquisizionale. Tali regole sono il frutto di ipotesi sul funzionamento della L2 che ogni parlante non nativo continuamente formula e sottopone a verifica sulla base dell’input cui è esposto (Nuzzo, 2010: 223-224). 1.3.2 L’analisi degli errori Dopo che la psicologia cognitiva si oppose agli studi comportamentisti, si continuò a ragionare sulle produzioni degli apprendenti di L2 e sui loro cosiddetti errori, ma in modo diverso rispetto al passato. Tra la seconda metà degli anni Sessanta e i primi anni Settanta si sviluppò un filone di studi identificato come “analisi degli errori”. Selinker (1972) e Corder (1967) inoltre proposero la nozione di “interlingua”. In particolare, Corder riconsiderò il ruolo dell’errore dell’apprendente di una lingua target nel suo saggio del 1967 The significance of learner’s errors. Corder descrive i diversi tipi di approccio degli studi contrastivi e cognitivi nei confronti dell’errore e la sua correzione. Una prima posizione affermava che l’occorrenza degli errori era sintomo di tecniche di insegnamento inadeguate; la seconda posizione affermava invece che, poiché viviamo in un mondo imperfetto, gli errori sono inevitabili nonostante i migliori sforzi (1967:162). Inoltre Corder ribadiva che ‘Our Ingenuity should be concentrated on techniques for dealing with errors after they have occurred’ (Corder, 1967: 163). Il linguista sosteneva l’ipotesi secondo cui i processi attraverso i 26 quali gli apprendenti di L2 imparano una seconda lingua sono simili a quelli dei bambini che imparano la lingua madre; di conseguenza affermava che la considerazione degli errori non dovesse essere differente nei due casi. In altre parole, quando un bambino di due anni produce una frase deviante dalla norma, generalmente non si classifica il suo errore come scorretto grammaticalmente. Non lo si intende nemmeno come un errore in quanto tale, anzi lo si ritiene perfettamente normale nella comunicazione di un bambino, la quale fornisce prove dello stato del suo sviluppo linguistico di quel momento. Allo stesso modo, gli errori commessi da un apprendente di L2 dovrebbero essere considerati parte del processo di acquisizione di una nuova lingua, e non deviazioni dalla norma da stigmatizzare. Si dà sempre meno credito al comportamentismo, in particolare all’ipotesi che sosteneva che gli errori di un apprendente di una L2 fossero causati da abitudini, e si studia l’errore in quanto prova di un sistema linguistico in evoluzione. Inoltre si comincia a considerare l’errore da un nuovo punto di vista, più tecnico e preciso. Sempre nel saggio The significance of learner’s errors, Corder distingue due tipologie di errori in base alla sistematicità e alla non sistematicità poiché, come dice lui stesso ‘The opposition between systematic and nonsystematic errors is important’ (Corder, 1967: 166): • Gli errori non sistematici sono casuali, e sono riconducibili a lapsus di memoria o allo stato fisico (ad esempio se si è molto stanchi o le condizioni psicologiche sono compromesse da forti emozioni), e vengono chiamati mistakes. Questa tipologia di errori non è associata a una mancanza di conoscenza delle regole che governano la lingua, ma rappresenta semplicemente fatti accidentali della performance linguistica. Solitamente siamo subito consci di questi errori quando avvengono e abbiamo un certo grado di sicurezza nel correggerci, poiché conosciamo la forma corretta da produrre. Sarebbe irragionevole ritenere che un apprendente non possa avere alcune di queste sviste (o scivoloni, traducendo letteralmente da slips, dal verbo to slip, scivolare) dato che è soggetto a simili condizioni interne ed esterne anche quando parla la sua lingua madre. Questi errori non hanno rilevanza nel processo di acquisizione di una seconda lingua. • Gli errori sistematici invece sono fondamentali per capire come ragiona un apprendente e per intuire a che stadio della sua interlingua si trova; questi vengono chiamati errors. Questo tipo di errori fa parte della cosiddetta “competenza transitoria” (transitional competence) e sono significativi per tre 27 motivi: 1) servono all’insegnante per capire a che stadio della lingua è giunto l’apprendente, come è progredito e cosa resta da insegnargli; 2) servono allo studioso per capire come l’apprendente impara o acquisisce una lingua e quali strategie e procedimenti utilizza per comprenderne il funzionamento; 3) servono infine all’apprendente stesso, poiché il commettere errori è un metodo che l’apprendente ha per testare le sue ipotesi sulla natura della lingua che sta imparando. Per riassumere, Corder identifica due tipologie di errori: quelli non sistematici e accidentali (o lapsus) che fanno parte della performance e che vengono chiamati mistakes, e quelli sistematici che fanno parte della competence transitoria e che vengono chiamati errors (Corder, 1967: 166, 167). Durante gli anni Settanta, come già spiegato in precedenza, proseguirono le ricerche sugli errori e l’interlingua, inizialmente tramite i Morpheme Studies. In particolare, gli studi di Dulay & Burt si basarono sull’acquisizione dell’inglese da parte di bambini ispanofoni prima, e cinesi dopo. Lo studio relativo a bambini ispanofoni che apprendono l’inglese si attuò tramite la tassonomia comparativa, ossia tramite il confronto di errori prodotti da un gruppo di bambini ispanofoni che apprendevano l’inglese come L2 con strutture dello spagnolo e le strutture di bambini che imparavano l’inglese come L1. Grazie a questa indagine si scoprì che gli errori prodotti erano principalmente di tre tipi: gli errori evolutivi, gli errori interlinguistici e gli errori ambigui (Valentini, 2004). • Gli errori evolutivi erano quelli che si riscontravano sia in bambini ispanofoni apprendenti l’inglese come L2, sia in bambini apprendenti l’inglese come L1 e che non mostravano quindi caratteristiche derivate dallo spagnolo. • Gli errori interlinguistici erano quelli che provenivano dalla lingua madre spagnola nei bambini ispanofoni, e non erano quindi presenti nei bambini con l’inglese come L1. • Gli errori ambigui erano quelli che si riscontravano sia nei bambini ispanofoni apprendenti l’inglese come L2, sia in bambini apprendenti l’inglese come lingua materna, ma che riflettevano alcune caratteristiche dello spagnolo. Inoltre, si osservò che l’incidenza degli errori interlinguali era molto bassa (circa il 5%); questa constatazione costituiva una prova contro l’ipotesi comportamentista, che invece vedeva nell’interferenza della lingua madre la causa principale degli errori. 28 Successivamente alla ricerca di Dulay & Burt, molti altri studiosi si interessarono agli errori e condussero diversi studi su apprendenti cinesi, tedeschi, spagnoli e italiani. Si affermarono dunque due questioni principali: • I bambini con lo spagnolo, il cinese e il cantonese come L1 apprendono i morfemi grammaticali inglesi nello stesso ordine. • Questo ordine è simile anche per i bambini che imparano l’inglese come lingua madre. Queste ipotesi fecero abbandonare le teorie comportamentiste e diedero corpo alla teoria dell’identità, ‘secondo cui apprendenti di lingue materne diverse imparano la lingua seconda attraverso gli stessi percorsi di apprendimento e similmente ai bambini che imparano quella lingua come L1’ (Valentini, 2004: 16). Infatti, come ribadito anche da Chini (2010), col proseguire degli studi riguardanti l’interlingua e l’analisi degli errori, si cominciò a dare sempre più importanza ad alcuni fattori linguistici universali nell’apprendimento di una lingua seconda, rispetto al ruolo della lingua madre, che venne in tal modo ridimensionato (in un primo tempo addirittura negato). Pertanto, si dedicò sempre più spazio alla competenza dell’apprendente, a quello che era in grado di fare, piuttosto che ai suoi errori. 1.3.3 La riconsiderazione del ruolo della lingua materna Dagli anni Ottanta in poi si è ripreso in considerazione il ruolo della lingua madre, la quale viene spesso adesso interpretata come una delle possibili strategie che gli apprendenti utilizzano per apprendere la L2: anche questo tipo di strategia è stata definita transfer o interferenza. Il concetto di transfer è applicabile a qualunque livello linguistico; per fare solo due esempi: a livello fonologico si hanno diversi errori riguardanti la pronuncia, estendibili anche all’ortografia (ad esempio fenomeni come “lui alliva” di sinofoni invece di “lui arriva”); a livello sintattico si hanno diverse costruzioni riconducibili a lingua madre (soprattutto nel caso di sinofoni, per esempio “amica di giornata”, anziché “la giornata della mia amica”), ecc. (Chini, 2010). Il transfer linguistico è solitamente considerato in modo positivo se c’è vicinanza tipologica tra L1 e L2, poiché gli apprendenti si basano su costruzioni e forme simili ai due sistemi linguistici per formulare ipotesi riguardanti la L2. Un francese o uno spagnolo, ad esempio, saranno facilitati nell’apprendimento dell’italiano, dato che le 29 due tre lingue sono tutte flessive e neolatine. Tuttavia, a volte la similarità tra le lingue può anche essere problematica, perché non tutte le forme della L1 (lessico, costruzione frasale, morfologia) sono automaticamente trasferibili nella L2: è il caso dei false friends dove, per esempio, lo spagnolo embarazada significa “incinta”, oppure degli scambi di parola, dove lo spagnolo asilo significa casa di riposo, mentre in italiano è utilizzato in tutt’altro modo. Tuttavia, quando il transfer viene utilizzato in situazioni in cui la L1 e L2 sono distanti tipologicamente e strutturalmente, l’effetto è negativo e ostacolante (Chini, 2010). Pertanto, per una lingua isolante come il cinese e una lingua flessiva come l’italiano, l’interferenza è spesso dannosa e rallenta il processo di acquisizione della seconda lingua. Comunque, l’utilizzo dell’interferenza avviene spesso in aree della L2 che sono difficili da comprendere per l’apprendente e vengono quindi sostituite da altri comportamenti linguistici più semplici, chiari o brevi della L1. Inoltre, a parere di chi scrive, non bisogna temere il transfer, ma considerarlo come fenomeno interessante e degno di essere affrontato e studiato, sia da parte dell’insegnante che dell’apprendente, poiché consente di comprendere in che modo ragiona chi si avvicina alla lingua target; inoltre il transfer, soprattutto per il linguista, è una preziosa fonte di indicazioni sul modo in cui gli apprendenti ragionano nella lingua di partenza. Per esperienza personale, leggere in diverse composizioni di apprendenti cinesi la frase “capire Italia” (ovvero “conoscere l’Italia”) ha aiutato la sottoscritta a concludere che non si trattava di un semplice errore evolutivo o di uno scambio di parola in termini di mistakes o di lapsus, ma che era una costruzione derivata da lingua madre, per la quale in cinese si dice 了解 意大利 liǎojiě yìdàlì. Il termine 了解 liǎojiě ha diversi significati, tra cui “conoscere”, “comprendere”, “capire”, “cercare di scoprire”, “realizzare” (Zhang, 2007, Dizionario di cinese); è risultato chiaro dunque che gli apprendenti cercavano di rendere in italiano la traduzione della costruzione tipicamente cinese di 了 解 liǎojiě. La sovraestensione semantica della parola “capire” è risultata essere quindi un transfer interessante sia per l’insegnante, che ha imparato l’utilizzo del termine cinese e ha potuto correggere l’errore in modo diverso da uno di tipo evolutivo, sia per gli studenti, i quali hanno appreso la differenza tra “capire” e “conoscere” (spiegata in classe dall’insegnante la volta successiva). L’errore è stato dunque corretto, tuttavia non in modo asettico e sommario, ma con un’accortezza in più, dato che era stato riconosciuto come derivato dalla lingua madre. 30 Per riassumere, nel caso di distanza tipologica tra lingua di partenza e lingua di arrivo, il transfer è spesso negativo, poiché non ci sono strutture di contatto tra i due sistemi linguistici che potrebbero avvicinarli. Tuttavia, questo non deve scoraggiare l’insegnante, soprattutto se ha studiato la lingua madre degli apprendenti, perché può essere un’occasione di approfondimento e di riflessione sulle L1 e L2 per entrambe le parti. Lo stesso Selinker (1992, in Pallotti, 1998) ridefinisce il transfer linguistico, precisando che esso non è un semplice trasferimento di strutture dalla lingua materna alla lingua di arrivo, ma soprattutto influenze e utilizzo di conoscenze precedenti. Oltre al superamento del pensiero comportamentista, ciò significa essere consapevoli che le influenze sono di vario genere e che inoltre può esserci interferenza anche da lingue altre rispetto alla lingua madre. In aggiunta, il transfer viene considerato come uno dei tanti processi che costruiscono l’interlingua, e non più l’unico. Il transfer si presenta a diversi livelli del linguaggio: • La fonologia. È certamente la categoria in cui l’interferenza si manifesta maggiormente ed è più difficile da superare: nonostante un apprendente possa arrivare a fasi avanzate e quasi-native, spesso (quasi sempre) mantiene un accento tipico della L1. Per esempio, i cinesi faticano a distinguere la /l/ dalla /r/, la /p/ dalla /b/ e la /t/ dalla /d/. Inoltre, non riescono a percepire le doppie, assenti nella loro lingua madre, e altri tratti della lingua italiana come i suoni CCC (come in “strada”), e il suono /v/, spesso reso con /f/. L’accento cosiddetto straniero sarà percepito dai parlanti nativi anche a livelli molto elevati poiché, nonostante la corretta pronuncia delle singole parole, spesso nell’espressione di enunciati più lunghi diventa udibile l’identità del PNN tramite l’intonazione, il ritmo e le accentuazioni (Pallotti, 1998). • Il lessico. In questa categoria gli errori dovuti a interferenza si manifestano, come già sottolineato in precedenza, tramite i falsi amici, ovvero parole della lingua target che “assomigliano” a livello fonologico e formale ad altre parole nella lingua madre o altra lingua appresa, ma che non hanno lo stesso significato, per esempio “studiare in libreria” viene utilizzato da un’apprendente cinese che ha studiato a scuola la lingua inglese, e confonde library (in inglese “biblioteca”) con “libreria” (in inglese book-shop). • La sintassi. Nella categoria della sintassi, spesso gli apprendenti utilizzano strutture appartenenti alla loro lingua madre o a un’altra lingua studiata per 31 formare frasi in italiano. I cinesi, per esempio, tendono a mantenere la struttura del determinante-determinato, per cui il modificatore del sostantivo o determinante va alla sinistra del determinato, mentre in italiano, lingua che governa a destra, avviene il contrario. Per fare un esempio, una studentessa scrive “un’amica di giornata” intendendo “la giornata di un’amica”. • La morfologia. Questa categoria solitamente non prevede molti episodi di interferenza, poiché ‘pare in effetti piuttosto strano che un apprendente “trasferisca” al verbo inglese le regole per la formazione del passato in italiano (ad esempio un ipotetico writato come passato di write)’ (Pallotti, 1998: 63). • Il discorso. Alla categoria appartengono le modalità con cui un apprendente cerca di organizzare un discorso. Per esempio, l’elusione prevede il non utilizzo e l’evitamento di certe strutture presenti nella L2, perché difficili per il parlante in quanto assenti nella L1. Inoltre, esistono molte altre strategie e tattiche utilizzate dagli apprendenti e ricavate dalla lingua madre o da altre lingue apprese per riuscire a organizzare meglio quello che vogliono dire. 32 Capitolo 2. L’italiano e gli apprendenti sinofoni Il presente capitolo passa in rassegna le principali aree della lingua italiana che generalmente creano difficoltà agli apprendenti sinofoni. Prendere consapevolezza di quali sono le principali difficoltà acquisizionali può essere utile al docente che insegni italiano L2 ai cinesi, perché possa riflettere sulle ragioni che soggiacciono agli errori e tragga spunto da essi per pensare a esercizi (scritti e orali) che rinforzino determinate competenze. Gli esempi di errori riportati in tutto il capitolo sono tratti dalle composizioni scritte dagli apprendenti sinofoni a cui ho insegnato l’italiano L2 durante un periodo di tirocinio. 2.1 Cinese e italiano a confronto In questa parte dell’elaborato verranno presentate le caratteristiche dell’italiano (ortografia, morfologia del nome e del sistema verbale, lessico, ecc.) che risultano particolarmente complicate per gli apprendenti sinofoni. Questa difficoltà è da imputare principalmente alla distanza tipologica tra i due sistemi linguistici: infatti la lingua cinese è di tipo isolante e quindi priva di morfologia; di distinzione quasi totale di genere e numero, predilige le strutture topic-comment e forma frasi il cui ordine dei componenti è molto rigido. La lingua italiana, al contrario, è di tipo flessivo e dunque ricca di morfologia; predilige le strutture soggetto-predicato, e l’ordine dei componenti frasali è abbastanza libero. Dopo aver ricordato le principali differenze tra i due sistemi linguistici, verranno presentati in dettaglio i principali problemi riscontrati dagli apprendenti sinofoni nello studio della lingua italiana. 2.1.1 Il sistema tonale e i caratteri Il cinese mandarino (uno dei sette grandi gruppi dei dialetti cinesi) appartiene al gruppo sinitico della famiglia sino-tibetana, ed è definito in diversi modi: “cinese moderno standard”, “dialetto del nord”, “varietà di Pechino”, e viene chiamato 普通话 pǔtōnghuà, ovvero “lingua comune”, dalla popolazione Hàn (Valentini, 1992; Abbiati, 1992; Arcodia, 2010; Bernini, 2010). In particolare, la lingua comune iniziò a formarsi a 33 partire dalla varietà del cinese settentrionale durante la dinastia Táng (608-907 d.C.) (Biasco, Wen e Banfi, 2003). Come già accennato, il cinese possiede caratteristiche tipologiche isolanti, per cui ogni parola è invariabile e possiede una funzione autonoma: perciò, il contesto e l’ordine delle parole all’interno della frase sono fondamentali per chiarire il significato del discorso. Inoltre, a differenza dell’italiano, la lingua cinese presenta un carattere tonale, in cui il tono è ‘una variazione dell’altezza di un suono linguistico’ (Arcodia, 2010: 66); i toni vengono anche definiti come ‘picchi tonetici aventi valore fonologico (distintivo/contrastivo): si tratta di fenomeni soprasegmentali, parti integranti della resa fonologica della sillaba cinese’ (Biasco, Wen e Banfi, 2003: 241). I caratteri cinesi sono circa diecimila e si distinguono nello scritto, mentre le sillabe sono solo quattrocento circa (Biasco, Wen e Banfi, 2003). Per riuscire a riprodurre foneticamente tutti i caratteri si devono necessariamente riutilizzare le sillabe più volte; in questo modo si creano frequenti casi di omofonia, per cui è difficile distinguere i caratteri. Il tono ha la funzione di differenziare foneticamente ogni parola per ridurre l’elevato numero di omofonie e riconoscere i diversi caratteri. Ecco un semplice esempio che riassume quanto appena detto e che mostra l’elevata quantità dei caratteri rispetto all’esiguità del numero delle sillabe corrispondenti: 妈 麻 马 mā má mǎ mamma canapa/lino cavallo ruvido/sesamo… 骂 mà insultare 吗 ma (neutro) particella interrogativa Questo esempio mostra alcune differenze rispetto al sistema italiano: prima di tutto, come è evidente, sono presenti i cosiddetti caratteri (invece delle lettere). Inoltre, l’utilizzo dell’alfabeto latino con traslitterazione in pinyin (che verrà descritto tra poco) è solo funzionale alla scrittura della singola sillaba e alla lettura dei toni: se un testo venisse letto solamente tramite il pinyin, sarebbe incomprensibile, a causa delle frequenti omofonie. Queste ultime possono essere disambiguate solo dal testo scritto e dalla lettura dei caratteri (Iannàccaro, 2010). Il sistema di trascrizione 拼音 pīnyīn, ovvero “annotare i suoni” è un sistema di traslitterazione dei caratteri cinesi che avviene tramite l’utilizzo dell’alfabeto latino. Esso venne adottato nel 1956, dopo la nascita della Repubblica Popolare e durante una 34 massiccia riforma della lingua; contiene 26 lettere che compongono circa 400 sillabe e come ricordano Biasco, Wen e Banfi (2003: 45): Poiché il numero complessivo delle sillabe è molto inferiore rispetto al totale degli ideogrammi, è facile dedurre che dal punto di vista fonetico la lingua cinese ha un altissimo numero di parole omofone. Tale ambiguità è chiarita solo in parte dalla presenza dei “toni”, infatti se è vero che omofoni con toni diversi sono distinguibili (o almeno dovrebbero esserlo!), d’altra parte vi è un’altissima incidenza di omofoni che hanno lo stesso tono: omofoni con tono diverso 买 mǎi comprare 卖 mài vendere omofoni con tono uguale 游 yóu nuotare 邮 yóu spedire Come già spiegato in precedenza, il numero delle sillabe rispetto a quello dei caratteri è molto inferiore, pertanto le omofonie sono molto frequenti; i toni servono per ridurle ma non riescono nel compito completamente (Limonta, 2009). Nel parlato, invece, l’omofonia viene chiarita dal contesto e dall’ordine delle parole all’interno della frase. Per riprendere l’esempio della sillaba “ma” e dei relativi toni, ecco di seguito uno scioglilingua:4 妈妈 骑马, Māmā qímǎ, 马 慢 妈妈 mǎ màn māmā 骂 马 mà mǎ Traduzione La mamma va a cavallo, (ma siccome) il cavallo è lento, la mamma rimprovera il cavallo. 4 Tratto da http://www.ltl-cinese.it/imparare-il-cinese-scioglilingua/ (12.06.2016) 35 Come si può notare dall’esempio sopra riportato, i cinesi sono soliti usare i giochi linguistici dato l’elevato numero delle omofonie.5 Oltre al sistema tonale, l’altra differenza sostanziale rispetto alla lingua italiana, è l’utilizzo del sistema dei caratteri invece dell’alfabeto latino, utilizzato solo per rendere chiara la lettura dei toni. Inoltre, il sistema degli 汉字 Hànzì (caratteri cinesi) si basa sul fatto che il carattere è al tempo stesso ‘un’entità iconica (percepita a livello visivo), una unità sillabica (fonologica, percepita a livello acustico) e una unità semantica (veicolante, a livello cognitivo, uno specifico significato)’ (Banfi, 2003: 185). Ciò significa che ogni carattere ha valore semantico, ed essendo un’unità grafemica è immediatamente visibile e interpretabile. In italiano, invece, le lettere raggiungono un senso solo tramite l’aggregazione delle stesse.6 C’è quindi notevole opacità del sistema alfabetico e c’è una grande differenza anche per quanto riguarda la lunghezza dei testi: quelli redatti tramite i caratteri sono sostanzialmente più corti di quelli scritti tramite l’alfabeto. Inoltre i testi redatti con l’alfabeto sono molto più complessi per la lunghezza delle parole (Banfi, 2003). 2.1.2 La struttura sillabica e le parole Rispetto alla struttura sillabica delle lingue europee, quella cinese appare più semplificata: non vengono ammessi i nessi consonantici, sono consentite solo le consonanti nasali, possono essere presenti i dittonghi ma non i trittonghi (Biasco, Wen e Banfi, 2003). Inoltre, la parola cinese è semplice se paragonata alle lunghe e complesse parole italiane: la maggior parte delle parole cinesi sono formate da una sola sillaba (per esempio 书 shū, libro; 天 tiān, cielo; 狗 gǒu, cane). Nel caso in cui una parola sia formata da due sillabe (电脑 diànnǎo, computer; 头发 tóufa, capelli; 鼻子 bízi, naso) o da tre ( 自 行 车 zìxíngchē, bicicletta; 红 绿 灯 hónglǜdēng, semaforo), ogni sillaba mantiene comunque un proprio significato, anche se viene separata dalla precedente e dalla successiva. Per esempio, la parola 电脑 diànnǎo, ovvero computer, è formata dalla 5 Dalle omofonie derivano anche alcune superstizioni: come negli Stati Uniti con il numero 13, in Cina si omette o evita il numero 4 (nei piani degli alberghi, ecc.), poiché 四 sì (quattro) e 死 sǐ (morte) si pronunciano allo stesso modo (ma con toni differenti). Oppure: il venti maggio in Cina è popolare tra i giovani per essere la festa degli innamorati, e bisogna dire “ti amo” alla persona amata. Questo perché il 20/5 in cinese si rende con 5/20 (prima il mese e poi il numero), ovvero 520 wǔ èr líng, che pronunciato velocemente risulta simile alla pronuncia di 我爱你 wǒ ài nǐ (ti amo). 6 Le lettere non possiedono un significato separate le une dalle altre come avviene invece per i caratteri cinesi. 36 sillaba 电 diàn che significa “elettricità” e dalla sillaba 脑 nǎo che significa “cervello”, dunque “cervello elettronico”. Mentre nel cinese antico erano presenti praticamente solo parole monosillabiche, nel cinese moderno, e in particolare nel dialetto di Pechino, sono comuni le parole plurisillabiche tra cui, soprattutto, quelle composte (Biasco, Wen e Banfi, 2003; Banfi, 2003a). 2.1.3 L’ortografia Come già spiegato in precedenza, il cinese differisce molto dall’italiano per quello che riguarda la scrittura: è basato infatti sui caratteri, unità grafematiche dotate di significato le quali esprimono a prima vista un senso ben preciso. ‘Le unità grafiche cinesi sono quindi combinazioni di un certo numero di tratti fondamentali. Il carattere più semplice si compone di un unico tratto, mentre i più complessi arrivano a sommarne una trentina’ (Abbiati, 1992: 96). La difficoltà di apprendere l’italiano si trova quindi nel ripensare il concetto di parola, la sua lunghezza e la sua costituzione. Mentre ad esempio le sillabe dell’inglese si aggirano all’incirca sulle ottomila (Lin, 2001 citato in Arcodia, 2010), le sillabe cinesi sono nell’ordine delle centinaia; questo comporta, in cinese, una certa semplicità della struttura sillabica (Arcodia, 2010). Un apprendente sinofono presenta certamente difficoltà ad apprendere il sistema fonologico dell’italiano, poiché prevede strutture sillabiche articolate e svariate combinazioni di consonanti. Inoltre, non essendo presenti in cinese distinzioni di sonorità o lunghezza, in genere si registrano incertezze con le opposizioni tra /c/ e /g/, tra /p/ e /b/, tra /d/ e /t/: callo vs gallo; basta vs pasta; dreno vs treno; supermercado; cipi (cibi) quanto (quando), ecc. Poiché in cinese mancano le consonanti intense (è assente il tratto fonologico /CC/, si può intuire la difficoltà a produrle e a notarle nel sistema fonologico italiano (Biasco, Wen; Banfi, 2003). Dati i problemi dei sinofoni con le doppie, sul piano grafematico avvengono semplificazioni di consonanti, mediante <C> (Banfi, 2003). Oppure, essendo gli apprendenti a conoscenza che nel sistema italiano sono presenti le doppie, tendono a riportarle in contesti inadeguati: mi piaciono; stano a casa; tropo; simpattici; grazie mile; ho chiamatto; communicazioni; dificilissima; raggazza; del’italia; al’universita; chiachera; paessaggio; mi piace i corsi di DAMS mollto, ecc. 37 Proprio il concetto di parola e i suoi confini rendono difficile la definizione degli spazi tra le parole a livello grafico: mentre per gli italiani la parola è definibile come quell’unità compresa tra due spazi, per i cinesi la questione è più complessa, poiché non è prevista una spaziatura tra le parole e i caratteri sono scritti tutti alla stessa distanza (Limonta, 2009). I caratteri cinesi si scrivono uno di seguito all’altro e non prevedono spaziatura; per andare a capo le parole composte vengono suddivise in modo libero. Inoltre, è solo dal 1949 che la scrittura si è uniformata al sistema di linee orizzontali e da sinistra a destra su imitazione del modello occidentale, mentre negli anni Venti e Trenta la scrittura era da destra a sinistra (Biasco, Wen e Banfi, 2003). Come già spiegato in precedenza, dato che la scrittura cinese non prevede spazi tra i caratteri, spesso gli scritti degli apprendenti sinofoni possiedono parole scritte attaccate, o separate in modo scorretto: guard oilfilm; al11 (alle undici); l’insalat; in fine; second me; un dei miei amici, ecc. In alternativa, sono comuni anche le parole separate non da spazi, ma da punti, oppure separate da due o più spazi. Questo fenomeno sta a indicare, ancora una volta, che gli apprendenti sinofoni non hanno ben chiaro il confine delle parole e la loro forma: In questi giorni , sono molto stanca; Dopo che ho capito Italia , ho trovato questa bellissima; Quanto io ritorto al casa mio. studiato la lingua; ho abitato in italia circa un”anno,ho incontrato un sacco di persone; ci sono tante cose da studiare. ma …; le lezioni sono interessanti mi piace molto. ma i professori …; e non volevo studiare,quindi pensavo che io …, ecc. Anche Banfi (2003: 202) descrive l’utilizzo del punto al posto dello spazio da parte del soggetto esaminato Wenbo7: [il punto] Non è una marca di chiusura di un periodo, bensì funziona quale vera e propria “linea di confine” tra singole unità informative: dal punto di vista grafematico, il punto fermo adottato da Wenbo sembra coincidere con la spaziatura che, in un testo redatto in caratteri cinesi, intercorre tra i singoli ideogrammi. Wenbo è uno studente sinofono apprendente l’italiano L2 di sedici anni, immigrato all’epoca (2003) da meno di un anno a Milano. Il soggetto Wenbo è stato esaminato da Banfi tramite due rilevazioni scritte. I dati vengono analizzati nel saggio di Banfi (2003) Dagli ideogrammi all’alfabeto latino: osservazioni sull’italiano scritto di un apprendente sinofono. 7 38 Pertanto, i caratteri sono il sistema privilegiato e maggiormente utilizzato dai cinesi, mentre il pinyin rappresenta soltanto la trascrizione fonetica dei caratteri, come già ricordato in precedenza. Tuttavia, il pinyin al giorno d’oggi è un sistema utile soprattutto per l’uso del computer (Limonta, 2009). In aggiunta, Favaro (2003: 157) afferma che Risulta inoltre complesso l’uso della grafia corsiva alla quale non sono stati abituati. Il fatto che una stessa parola possa essere scritta in modi differenti, mantenendo tuttavia lo stesso significato, risulta inizialmente incomprensibile e spiazzante. Come già ricordato, dato che le parole cinesi sono monosillabiche o bisillabiche, quelle italiane spesso risultano lunghe e di difficile formazione; per questo motivo sono presenti nelle composizioni degli apprendenti parole malformate, malapropismi e disgrafismi (Banfi, 2003), o parole che presentano scambi o assenza di fonemi: libero (libro); fammi (farmi); io ritorto (ritorno); gande (grande); rimagne; frequnta; contempotanea; precendente; scora sttetimana; improtante; cibi traduzionali; come alti (altri); prossio (prossimo); easme (esame); dipengere; mistati (mischiato); insime; freshe (fresche); buonissim; frequentaoto; i palori; techniche; officiale; guartare; antate; risturante; stance; modo (mondo); internazioni (internazionali); sembre (sembra); umanitaro (umanitario); bouno (buono); univerdita (università); bibliteca; professoeri; fine sittimana; insgnano; campagni di studio; imprare, ecc. Un’altra differenza riscontrabile è il fatto che il cinese prevede nella scrittura caratteri di uguale dimensione, mentre l’italiano contempla lettere maiuscole e minuscole. Per un apprendente sinofono, dunque, è complicato distinguere non solo i nomi comuni dai nomi propri, ma anche altri tipi di sostantivi che prevedono le maiuscole: le materie scolastiche, la personificazione di una cosa, le facoltà universitarie, ecc. 8 Inoltre, spesso gli studenti sinofoni si confondono e non riescono a concepire le maiuscole dopo il punto fermo, posizionandole dopo la virgola o in mezzo alla frase. Ecco di seguito alcuni esempi sulle maiuscole e minuscole di cui si è appena parlato: 8 Come ho potuto notare dall’analisi dei dati degli apprendenti sinofoni. 39 italia; monica; Abito a bologna; rossi; semiotica (materia); Lasagna; lettere e beni culturali; l’Università; politecnico; via zamboni; è Il compleanno; Bologna e una bella Citta.; Io sono una studentessa Cinese; c’è una altra nome ALMA; Ci sono Molti fenomeni che si laureano nell’università di Bologna; loro sono Zingaro; pioveva tutto il giorno, Non mi piace andare fuori, ecc. Attualmente, la punteggiatura cinese corrisponde abbastanza a quella occidentale, ma in realtà questa è stata introdotta solamente negli anni Venti, durante il processo di modernizzazione della lingua scritta. Una differenza sostanziale rispetto all’italiano riguarda l’utilizzo della “minivirgola” (顿号 dùnhào‘), che si utilizza negli elenchi in cui sono presenti oggetti o soggetti (Biasco, Wen e Banfi, 2003). Inoltre, i punti sono formati da un pallino vuoto (come questo 。). Anche per questo motivo, gli apprendenti sinofoni presentano problemi con la punteggiatura, come dimostra il caso seguente, ricavato dai dati da me analizzati: Il lavoro in ristorante è spesso a Mario, Vuole trovare un lavoro più casuale e guadagna più soldi. Perché Vuole sta con la sua ragazza Ogni giorno; Loro sono molto simpatiche. quando ho qualche problema non posso capire loro chieso. sempre mi danno i risposti perfetti; Abbiamo studiato l'italiano insieme in Cina. adesso lei abita a Milano. studia la pittura. la domenica scorsa lei è venuta a Bologna per andare a casa mia; Mi piace visto i film , leggere e scrivere ,così ho scelto …; per prossimo giorno .e poi fatto la palestra a casa; In questi giorni , sono molto stanca, ecc. Un’altra categoria che riguarda l’ortografia che è molto problematica per gli apprendenti sinofoni è quella che riguarda gli accenti e gli apostrofi in italiano In alcuni casi, gli studenti omettono l’accento e l’apostrofo per evitare di dover produrre una struttura con cui non hanno molta confidenza: quindi c’è una altra nome ALMA; una alta (altra) cosa; nel anno 2014-2015; universita; la universita; perche/ perce; non ce il materio, ecc. In altri casi tentano di scrivere l’apostrofo e l’accento, ma confondendone il significato e/o l’uso. Infatti, questi due elementi non hanno molta salienza per un sinofono e pochi apprendenti di italiano riescono quindi ad applicarli nella stessa frase: Al’universita; perche'; quindì; un’ altro libro; anchè/anché; e’ tornato; pero'; e’ andato molto bene; e’ sorpreso; universita’; pero’; vorro’; potro’; la filosofia è (e) le lezioni interessanti; Perche io c'e; fin’ora, ecc. 40 Una terza tipologia di casi è quella che riguarda il tentato utilizzo dell’apostrofo o dell’accento ma con diversi segni grafici come l’asterisco, le doppie virgolette e quelle semplici: e* (è); e” (è); difficulta”; facolta'; dell’’esame; Dopo un po 'ha cominciato; E* molto buono; Lei e* venuta; nell”universita; un”anno; dell" esame, ecc. 2.1.4 Composizione e derivazione Per quanto riguarda la morfologia nominale, il cinese consta di un sistema monadico (Della Putta, 2008): i sostantivi non variano per numero e genere, le parole non si possono flettere e non cambiano forma. La funzione delle parole può essere ricavata unicamente dalla posizione che occupano all’interno della frase, perciò si può affermare che non esistono parti del discorso chiaramente delineate come in italiano: una parola può fungere da nome, aggettivo, verbo, avverbio a seconda della posizione e del contesto. Diverso invece il discorso per l’italiano, lingua flessiva ad alta morfologia che richiede necessariamente alcune marche grammaticali (Arcodia, 2010). Mentre le parole cinesi non cambiano mai, quelle italiane dipendono dalla radice e dalla desinenza, dai prefissi e dai suffissi e così via. Per un cinese, dunque, è molto difficile imparare un verbo come “capire”: formato dalla radice cap- (portatrice dell’informazione semantica), questo verbo consta anche di vocale tematica e di varie desinenze (portatrici dell’informazione grammaticale) Anche per i nomi il problema è lo stesso e, al contrario di quelle cinesi, le parole italiane risultano poco trasparenti, se non opache: Nella “parola” tipica dell’italiano, frequentemente, non è possibile attribuire con chiarezza singoli valori semantici a singoli pezzi di significante (morfi); nella forma rido, la terminazione -o “contiene” i significati di prima persona, singolare, tempo presente, modo indicativo; in una lingua isolante quale è il cinese, come abbiamo visto, ogni costituente della parola veicola tipicamente un solo significato (Arcodia, 2010: 68). Per ribadire il concetto, la parola cinese è solitamente unica e non modificabile. L’unico modo per aggiungere un significato diverso è quello di sommare un altro carattere al primo tramite la composizione. Per fare un esempio, 电 diàn significa elettricità, ma 电 话 diànhuà sta a indicare elettricità + parola, ossia il telefono (con i fili) o la chiamata telefonica; e ancora, 电视 diànshì deriva da “elettricità + visione”, dunque televisione. 41 In italiano, invece, la formazione di parola avviene spesso per derivazione, senza contare che le diverse parti che compongono la parola complessa possono non avere un significato a sé stante. Per esempio la parola “giornalista” proviene dal sostantivo “giornale” e cambia significato grazie al suffisso -ista. Tuttavia, il suffisso -ista non ha un significato specifico, o una connessione semantica immediatamente accessibile: spesso un parlante nativo non sa spiegare perché sia giusto dire “giornalista” anziché “giornaiolo”; semplicemente suona bene o è più adatta (in cinese si dice 听起来更对 * tīngqilai gèngduì). Il processo di derivazione è dunque difficile per un cinese. Non a caso, forme come “lui discussa” (ovvero “lui discute”), “obbligazione” (invece di “obbligo”), “ho sceglio” (ovvero “ho scelto”) oppure “preparelo” (invece di “prepararlo”) sono molto rare, soprattutto in apprendenti che si trovano in fase prebasica o basica. Questo tipo di procedimento è al contrario comune in apprendenti la cui lingua è vicina tipologicamente all’italiano; questi parlanti sono quindi più portati a fare ipotesi sulla derivazione. Invece, in apprendenti sinofoni con distanza tipologica spesso sono evitati o utilizzati solo da apprendenti in fase avanzata. Infatti, come ricorda Della Putta (2008: 62-63): Un ultimo dato interessante è anche la tardiva comparsa di forme analogiche del verbo; si tratta di sovra estensioni di regole morfologiche regolari a forme verbali irregolari che forniscono risultati come ando, leggio, dicio, ecc… Le forme analogiche del verbo sono il primo passo verso la morfologia e dimostrano come l’apprendente ne stia lentamente acquisendo le regole. Sono generalmente molto precoci nelle interlingue di parlanti con LM vicina all’italiano, mentre nelle interlingue dei sinofoni queste forme sono molto più tardive e talvolta non compaiono quasi mai, a dimostrare ulteriormente come lo scoglio morfologico sia difficile da superare. 2.1.5 Il genere e il numero Come già spiegato in precedenza, la parola cinese è invariabile, e dunque non contiene in sé stessa le caratteristiche del genere e due numero. Come afferma Abbiati (1992: 110): In cinese le varie categorie grammaticali non sono modalità obbligatorie che richiedono di essere sistematicamente contrassegnate con l’impiego di indicatori formali. Informazioni quali numero, genere, tempo, modo tendono a essere fornite solo in casi di reale necessità, qualora il contesto non sia di per sé sufficiente a renderle implicitamente chiare. 42 Per quanto riguarda il genere, l’italiano possiede alcune parole più trasparenti (quelle che finiscono in -o e in -a rispettivamente per il maschile e il femminile)9, mentre altre hanno il genere coperto (le parole che terminano in -e). Lo studente sinofono presenta difficoltà, dunque, non solo nel ricostruire il genere di ogni sostantivo (procedimento non presente nella lingua madre), ma anche nell’associare a memoria ogni tratto al genere e quindi ‘ripensare la categorizzazione linguistica appresa con la prima lingua’ (Giacalone Ramat, 2003: 15). Per esempio, come può un cinese, non abituato all’esplicitazione del genere e del numero, imparare che “cane” e “fiore” sono nomi maschili, ma che “nave” e “canzone” sono nomi femminili? Inoltre, anche se per un parlante nativo le terminazioni in -o e in -a sono chiaramente riconducibili a sostantivi maschili e femminili, per un apprendente sinofono l’associazione non è automatica e risulta spesso confusa: semestra (invece di semestre); palori (parole); nei lezioni; i lezioni; materio (materia); i risposti (le risposte); la pranzo, ecc. Anche i nomi in -e risultano problematici: carote; cane; caffè; sapone; nome; ordine; classe; capitale; lezione; colazione; pura interessa (puro interesse), ecc. Inoltre, come riassume Valentini (1992: 15-16): Dal punto di vista della morfologia nominale, l’italiano e il cinese sono assai diversi; l’italiano ha un sistema bipartito in base al quale ad ogni nome è assegnato il genere, maschile o femminile (talvolta arbitrariamente e talvolta su base semantica). La categoria grammaticale del genere è codificata nella morfologia nominale generalmente tramite suffissi flessivi; essa è, inoltre, altamente pervasiva nel sistema, essendo marcata, oltre che sul nome, anche su altre parti del discorso sia all’interno del SN (ad es. negli aggettivi attributivi e negli articoli) che al di fuori di esso (ad es. negli aggettivi predicativi e nel participio passato); serve inoltre, oltre i confini di frase, per le riprese anaforiche realizzate con pronomi. Alla semplicità nozionale del sistema si contrappone il fatto che le corrispondenze tra morfi e significati grammaticali sono spesso biunivoche (con casi di polimorfia e allomorfia). 9 Anche se, com’è noto, ci sono varie eccezioni, come “il problema” e “la radio”. 43 In cinese invece il chiarimento del genere è affidato al contesto, e in alcuni casi (quando non è sufficiente) si ricorre all’utilizzo dei nomi: per gli esseri umani per gli animali 女 nǚ – femminile 母/雌 mǔ/ cí – femmina 男 nán – maschile 公/雄 gōng/ xióng – maschio Questi nomi precedono i sostantivi da chiarire nel genere (Biasco, Wen e Banfi, 2003: 54). Per esempio, se si vuole parlare di una studentessa, anziché di uno studente, è necessario anteporre la marca femminile 女 nǚ (che letteralmente significa “donna”) al sostantivo 学生 xuésheng (che significa “studente/ssa”) in questo modo: 女学生 nǚ xuésheng, ovvero “studentessa”. Oltre alla difficoltà del genere, si aggiunge anche quella del numero: in cinese infatti quest’ultimo non è un tratto necessario, e si ricorre a una marca specifica che segnala il plurale. La particella 们 men adempie a questo scopo e di solito reca un’idea di collettività: 们 men non può essere inteso come vero e proprio segno di plurale, ma solo come generico contrassegno di pluralità, poiché la sua assenza non indica necessariamente il singolare e la sua occorrenza è possibile solo in presenza di nomi di persona che non siano quantificati (Abbiati, 1998: 21). L’utilizzo di 们 men si riscontra praticamente solo per quanto riguarda il sistema pronominale, dove ad esempio 我 wǒ (io) deve essere distinto da 我们 wǒmen (noi). In italiano, invece, il numero è necessario, e una volta individuato il genere del sostantivo, bisogna anche esprimerne la singolarità o la pluralità. Il numero viene espresso tramite tratti che possono creare parzialmente confusione nell’apprendente sinofono: alla fine della parola si aggiungono i tratti -i per il maschile ed -e per il femminile, mentre si aggiunge il tratto -i per i nomi di terza classe, ossia quei sostantivi che al singolare terminano in -e, come “padre”, “bicchiere” e “chiave”. Gli apprendenti sinofoni dunque tendono a confondere il singolare dei nomi di terza classe con il plurale dei nomi femminili: i luoghi delle lezione; le sue lezione; librerie (al singolare); le lezione; due edizione; le paesi, ecc. 44 In cinese invece il numero del sostantivo non è espresso morfologicamente, ma è dato solitamente da singoli lessemi, come i numerali e i quantificatori (Valentini, 1992). Ad esempio, nelle frasi 三本书 sān běn shū (tre libri) e 一本书 yī běn shū (un libro) il nome 书 shū (libro) resta invariabile, mentre la quantità viene data dai numerali 三 sān (tre) e 一 yī (uno). 2.1.6 L’articolo Per quanto riguarda l’articolo, nella lingua cinese questo viene spesso associato al classificatore ( 量 词 liàngcí), ovvero un’unità utilizzata per la quantificazione dei sostantivi. I classificatori sono preceduti sempre da un numero, da un dimostrativo o da un interrogativo. Come dice il nome stesso, questi elementi servono a classificare i nomi che accompagnano in diverse categorie, dato che questi ultimi sono di forma invariabile, privi di genere e numero. I classificatori sono formati da un unico carattere e sono dunque monosillabici; inoltre, ne esistono diversi tipi: quelli per le misure, per il tempo, quelli verbali e quelli, ovviamente, nominali (名量词 míngliàngcí) (Biasco, Wen e Banfi, 2003). Il classificatore “universale” 个 gè è quello che può essere utilizzato al posto di tutti gli altri, soprattutto nel parlato, mentre è meno frequentemente nello scritto, in cui invece è richiesto l’uso dei diversi classificatori per mantenere un livello formale. Come già ribadito, i classificatori nominali sono ‘morfi associati ad ogni nome a seconda dell’appartenenza ad una determinata classe semantica o di proprietà fisiche del referente’ (Valentini, 1992: 16). Per esempio il classificatore 条 tiáo è utilizzato per oggetti dalla forma allungata e stretta o serpeggiante come 一条路 yì tiáo lù (una strada); 两条鱼 liǎng tiáo yú (due pesci), mentre il classificatore 辆 liàng viene utilizzato per i veicoli come 一 辆 公 共 汽 车 yī liàng gōnggòngqìchē (un autobus), oppure il classificatore 本 běn è utilizzato per i libri o i volumi come 三本书 sān běn shū (tre libri), ecc. Tuttavia, articoli e classificatori non sono la stessa cosa. In italiano esistono categorie simili ai classificatori dal punto di vista concettuale, le cosiddette costruzioni genitive: per esempio, in italiano non si dice “un sale”, ma “un pizzico di sale”, “un pugno di sale”, “un cucchiaino di sale”; e ancora non si dice “un latte”, ma “un bicchiere di latte”, “una bottiglia/un cartone di latte” e così via (Limonta, 2009). Come ricorda Della Putta (2008), in italiano il plurale è espresso tramite un mutamento vocalico a fine parola che si lega al genere del sostantivo, mentre in cinese è il numerale 45 che precede il sostantivo a esprimere il plurale. Un apprendente sinofono ha difficoltà dunque non solo nell’accordo di genere tra articolo e sostantivo, ma anche nell’accordo numerale. Inoltre, gli articoli rappresentano una delle categorie di morfemi più complessi, perché sono portatori di diverse funzioni come specificità, numero e genere. Gli apprendenti sinofoni faticano molto a svilupparli, poiché sono ‘poco salienti a livello percettivo’ e non riescono a capirne la regolarità, nonostante siano molto frequenti nell’input (Chiapedi, 2010: 53). Grazie alle composizioni scritte dagli studenti sinofoni, è possibile osservare come alcuni nomi che in teoria sembravano appresi senza problemi, in realtà siano percepiti confusamente. Per esempio, nomi come “lezione” o “semestre”, così frequenti nell’input, sembrano essere stati notati e assimilati dagli apprendenti sinofoni, ma, analizzando i testi e in particolare gli articoli che accompagnano i nomi, si capisce che era un’ipotesi superficiale: una grande problema; questa paese; la pranzo; i lezioni; un segreteria; le classe; il coniugazione; scorsa semestre; una studente; le paesi; i compagno di scuola; tutte le famiglia; la fine settimana; sul biglietti; il serie TV; le sue amici; prima semestre; una studente, ecc. Inoltre, per gli studenti sinofoni è complicato comprendere la definitezza o meno del sostantivo e, quindi, la classificazione degli articoli in determinativi e indeterminativi. In molte composizioni su cui si basa questo elaborato, nella descrizione della propria giornata molti studenti hanno scritto che la sera spesso guardavano un film. In questo caso sarebbe stato adatto l’articolo indeterminativo “un”, poiché non era chiaro che tipo di film stessero guardando. Invece, gli studenti hanno scritto tutti (tranne uno) costruzioni con articoli determinativi, sintomo di una non completa assimilazione della definitezza dell’articolo: guardo il film; guard oil film; guardoil film; guardano il film; legge il libro (anziché un libro); bevono un vino, ecc. L’apprendente sinofono presenta incertezze nel selezionare il giusto articolo per il sostantivo scelto, anche dopo aver compreso il concetto di genere e numero (per esempio bisogna dire “lo zaino” e non “il zaino”) come negli esempi che seguono: 46 negli libri; il articolo; i amici intelligente; il esame; i amici; i studenti; il italiano; i spaghetti; l’’insegnati (gli insegnanti); Ciao la mia amica!; alcuni i miei compagni; quello periodo, ecc. Spesso tende ad omettere del tutto l’articolo, sia per la difficoltà nel selezionare quello giusto 10 , sia perché nella lingua madre non è presente come categoria, e non viene notata nelle fasi iniziali: sono Ø studentessa cinese; Ø miei amici e io; devo prendere Ø autobus; chiamato Ø mio amico; tutto Ø giorno; è molto difficile per Ø cinese (per i cinesi, per un cinese); Adesso anche c’è Ø OFA; io e Ø mio amico Isa; Questa è Ø differenza; In classe Ø professori; perche Ø marzo; Ø Università di Bologna; Essa è madre dell’università tutto Ø mondo; Sono Ø studente di DAMS; Tre giorni fa Ø mio fidanzato; con Ø suo dentista; per passare Ø mio compleanno; Ø cosa che mi fa piacere di più, ecc. 2.1.7 Il verbo La categoria probabilmente più complessa per lo studente sinofono è quella del verbo, come si può notare da questa frase scritta dall’apprendente MW: ‘Penso che l’italiano è molto difficile per cinese. In modo speciale, il coniugazione è molto difficile, in cinese tutto è uguale, non c’è il coniugazione. Quindi mi sbaglio spesso’ (Composizione di MW). In cinese infatti il verbo presenta una forma invariabile senza specificazioni di genere, numero e persona come è invece tipico delle lingue flessive. Il verbo cinese dunque non rientra in una categoria a parte come per l’italiano, ma, a seconda del contesto e della posizione all’interno della frase, assume la funzione di verbo, aggettivo o nome (Limonta, 2009). In italiano, invece, il verbo assume forme diverse in base al tempo, al modo, alla diatesi ecc. Gli apprendenti sinofoni, data l’assenza di morfologia nella L1, impiegano molto più tempo di altri apprendenti (che possiedono vicinanza tipologica all’italiano) ad apprendere la morfologia verbale italiana. Infatti, come ricorda anche Valentini (1992), ‘tale lentezza nell’apprendimento della morfologia è imputabile principalmente alla distanza tipologica tra la lingua materna, prevalentemente isolante, e la lingua bersaglio, che è invece di tipo flessivo’ (Valentini, 1992: 252). Pertanto, l’apprendente sinofono deve compiere un grande sforzo non solo per ripensare la categoria, ma anche per memorizzare tutte le vocali tematiche e le desinenze che fanno parte del verbo e che 10 Facendo ciò adotta quindi una strategia di evitamento. 47 lo modificano. In cinese i tempi e i modi del verbo sono espressi tramite strategie lessicali, mentre in italiano il verbo possiede al suo interno le informazioni sulla morfologia. Spesso, quindi, gli apprendenti sinofoni tendono a riportare alcune caratteristiche del verbo tramite elementi lessicali, anche se basterebbe rendere la persona o il tempo: Prima,sono andata al negozio per prendere tessuto d'olio … Poi avuto un'idea quando ho guardato la foto di mio fidanzato; mio fidanzato e' tornato a Bologna ieri sera prima al giorno fissato; Poi faccio colazione o vado al bar per colazione. Poi ,fino a mezzogiorno , guard oil film o gioco a computer; Finale , mangio una pizza … poi dormo; Adesso studio in questa bella scuola; di solito io ho la lezione nel questo tempo; Alle fine mi piace molto studiare nell’ università di Bologna; Ieri è la domenica, è sempre pioggia, ecc. Tra gli esempi sopra riportati, la frase “Ieri è la domenica, è sempre pioggia” è emblematica, perché permettere di comprendere l’importanza che i cinesi attribuiscono agli elementi lessicali piuttosto che a quelli verbali. Nel caso considerato lo studente non è molto sicuro di come coniugare il verbo dato che nella sua lingua madre questo è sempre invariabile; perciò supplisce a questa mancanza utilizzando un elemento che chiarisce il tempo in cui si svolge l’azione, e cioè “ieri”. Un’altra difficoltà è data dalla copula e dagli ausiliari che non esistono nella lingua cinese. Si incontrano pertanto omissioni: e poi Ø chiamato mio amico; e Ø giocato la carta finito al 10; e poi Ø fatto la palestra a casa .Io Ø dormito al 12; Poi Ø avuto un'idea; non Ø capito tutti; XI’AN anche Ø molto famoso; la filosofia è le lezioni Ø interessanti; ho tornato a casa e Ø dormito; e Ø frequentato con Lei; non Ø capito tutti; che Ø intelligenti, difficili e ideali; Le lezioni Ø sempre dalle nove alle tredici, ecc. Oppure errori con gli ausiliari, in particolare nell’espressione del passato prossimo: Ho stato Bologna; Ho entrato l’università di bologna; Ieri io sono alzato alle 10; pomeriggio siamo andato al casa di mio amico; E siamo cenati e siamo giocati insieme bene; Il giorno successivo pioveva, stava alla casa di mia amica tutto giorno; quando sono stanca ho tornato a casa; ho arrivarò a Bologna da 17,45; Spendevamo 3 ore per fare i ravioli, è stato molto stanco, ecc. 48 In cinese il verbo 有 yǒu presenta diversi significati e può essere utilizzato in vari contesti per esprimere sia il possesso sia il trovarsi. In italiano, invece, queste due modalità devono essere distinte tra “avere” ed “esserci”. Viste le diverse concezioni della lingua italiana e cinese riguardo a questo tipo di verbo, sono frequenti anche alcuni errori relativi all’esistenza e al possesso: Perche io c'e il esame fino al 18.00; è sempre pioggia; ma Elisa cucina è molto bene; vivo a qui è molto felice; Il libro dell'esame c'è due edizione; I prof e molto conoscenza, ecc. Un’altra difficoltà incontrata spesso dagli studenti sinofoni che imparano l’italiano relativa al sistema verbale è la temporalità. In cinese infatti assume grande importanza l’aspetto del verbo (più che il tempo), ovvero ‘la struttura temporale interna di un evento’ (Arcodia, 2010: 79). Sono presenti tre aspetti principali che servono a descrivere l’azione: quello perfettivo dato da 了 le, quello progressivo dato da 着 zhe, e quello esperienziale dato da 过 guò. Anche l’italiano possiede l’aspettualità, ma la questione è molto più complessa, poiché essa è unita alla temporalità e distinguerle può non risultare immediato: un esempio significativo è rappresentato da “stare + gerundio”, oppure la forma “dormiva” in cui l’imperfetto contiene sia il valore di passato che di imperfettivo (Arcodia, 2010). Pertanto, comprendere la differenza tra imperfetto e passato prossimo è spesso difficoltoso e impegnativo. Anche la reggenza dei verbi è un altro aspetto complesso per gli apprendenti sinofoni, che solitamente costruiscono le frasi ponendo i verbi in serie, in libera sequenza. In italiano invece entrambi i verbi della costruzione devono essere coniugati con attenzione e spesso sono causa di problemi come risulta dagli esempi seguenti: Vado al università al11 per insegno la lingua italiano; Mi piace sempre di fare una passeggiata; Mi piace visto i film (vedere); Perché Vuole sta con la sua ragazza Ogni giorno; Vorrei chiederLa; Mi piace studio nel biblioteca; vuole guadagna più soldi; dobbiamo festeggiamo insieme tutte le famiglia; chiamato mio amico uscire di mangiato la sushi; Si spera che questo giorno ottenere; Mi piace sempre di vedere; rimagne per chiachera; per frequnta; difficile per capire, per parlare; posso cambio; a (per) controllare i denti; ho scelto a dipengere; dificilissima di capire; nessun problema da passare, ecc. Nel caso di uno studente è possibile notare come la forma “vorrei/voglio + infinito” sia sostituita dalla formula fissa appresa “vorro’ (con apostrofo anziché accento) + infinito”: 49 pero’ vorro’ imprare l’italiano per studiare buonissim; Adesso c’ero alcuni problemi che vorro’ consultare per l’esame.Volevo chiedere potro’ andare all’orario di ricevimento martedi’ alle 18;30?Anche se sarai libero,vorro’ andare dalle 16 alle 18, ecc. Inoltre, anche l’accordo soggetto-predicato è difficile da mantenere, soprattutto con verbi come “piacere”, da cui spesso gli studenti sono tratti in inganno (non riescono per esempio a distinguere il soggetto dal complemento di termine). È vero che logicamente il soggetto che prova il sentimento di piacere è una persona, ma la costruzione italiana prevede la formula “qualcosa + piacere + a qualcuno”. Quindi si possono avere frasi come “il gelato piace ai bambini” oppure “ai bambini piace il gelato”, ma il verbo dipende sempre dal numero del soggetto, e non da chi prova il sentimento. In una frase come “alla mia amica cinese piacciono molto i ravioli” sarà il soggetto “i ravioli” a decidere il numero del verbo, e ciò confonde molto spesso gli studenti sinofoni, abituati a formare frasi più semplici e senza preposizioni, in cui fondamentale è l’ordine dei costituenti. In una frase come 我喜欢他 wǒ xǐhuan tā, letteralmente “io piacere lui” e traducibile come “a me piace lui”, se vengono scambiati gli ordini degli elementi, anche il senso della frase si modifica: 他喜欢我 tā xǐhuan wǒ, letteralmente “lui piacere io” si traduce come “io piaccio a lui”. Questa differenza nella costruzione della frase può far capire a chi legge e agli insegnanti che si trovano di fronte studenti sinofoni (con varietà pre-basica o basica in italiano L2) quanto sia difficile formare frasi corrette che ruotino attorno a un verbo così frequente nell’input e anche molto utile per la comunicazione. Il verbo “piacere”, infatti, si utilizza in diversi contesti, ed è fondamentale anche per i parlanti non nativi che vogliono entrare in contatto con i PN, rispondendo a domande su di sé, o raccontando loro stessi preferiscono e cosa non amano. Nelle composizioni degli studenti sinofoni esaminate in questo elaborato, erano presenti molte forme di “mi piace” e “non mi piace”, in particolare nel testo Cosa ti piace e cosa non ti piace dell’università, ed è stato possibile esaminare in quale modo gli studenti concepissero la costruzione della frase con il verbo piacere, e successivamente dedicare una parte della lezione a questa tipologia di verbo. Di seguito si elencano gli errori più comuni relativi al verbo “piacere” e in generale alla costruzione del soggetto-predicato con altri verbi: 50 ci sono qualche cosa non mi piace; Secondo me le lezioni sono interessanti mi piace molto; anche a te piace i cibi più piccanti; mi piace i corsi di DAMS; mi piace i cibi bolognese; il mio compagno di stanza si chiama Raffaella; una studentessa iscritto; In ALMA, si può fare molte cose; molte cose … possono farli; ma non c’è idea o pensiero mai; I luoghi delle lezione sono separate; al college si (ci) sono un sacco di tempo libero; le lezioni è interessante … è un po’ difficile, ecc. Come già spiegato in precedenza, il verbo cinese non possiede forme verbali finite, e per questo deve sempre contare su mezzi lessicali o sintattici per l’espressione del tempo, numero, persona, ecc. Inoltre, l’espressione del soggetto è sempre obbligatoria, poiché non è indicata dal verbo invariabile (Banfi, Giacalone Ramat, 2003). In italiano, invece, la categoria verbale è sufficiente per esprimere la maggior parte delle informazioni riguardanti il soggetto, proprio perché quest’ultimo è collegato al verbo. Pertanto, per un apprendente sinofono è complesso comprendere che il soggetto in italiano non è obbligatorio dato che il verbo veicola tutte le informazioni necessarie. Tende, perciò a sovraestenderlo anche in contesti non necessari: Lui lavora in un ristorante; Di solito Mario deve lavorare da martedì a domenica; Dopo il lavoro Mario è molto stanco; loro vanno al supermercato; Essa è madre dell’università; Io amo filosofia; Lei abita a Perugia; Poi io preparo la colazione; di solito io ho la lezione nel questo tempo,dunque io ho molto fame dopo la lezione; io non posso andare la lezione in orario, ecc. 2.1.8 Gli avverbi La lingua cinese consta di circa 500 avverbi, numero nettamente minore rispetto a quelli italiani. L’esiguità di questo numero è dovuto al fatto che in cinese non esistono gli avverbi di luogo, poiché sono considerati sostantivi di luogo o di posizione; inoltre, non esistono neanche molti di quelli che in italiano vengono considerati avverbi di tempo come “ieri”, “oggi”, “adesso”, ecc., poiché in cinese sono ritenuti anch’essi dei sostantivi (Biasco, Wen e Banfi, 2003). Infatti, ‘ciò che l’italiano qualifica come avverbio di luogo in cinese è generalmente 方位词 fāngwèicí “parola indicante luogo”, una sottocategoria dei sostantivi’ (Mazza, 2011: 71). La categoria degli avverbi italiani risulta complessa per gli apprendenti sinofoni per il fatto che in cinese l’ordine degli elementi è rigido e dunque anche l’avverbio possiede una sua posizione ben determinata, ossia quella preverbale: questo perché il cinese è una lingua che colloca i suoi 51 determinanti alla sinistra del determinato. In italiano, invece, la posizione dell’avverbio è molto più libera e flessibile; inoltre, gli avverbi italiani sono autonomi (a differenza di quelli cinesi) e possono modificare, oltre al verbo, un aggettivo, un altro avverbio e, più raramente, un sostantivo (Mazza, 2011). Nelle composizioni degli studenti sinofoni, si possono notare dunque incertezze nella formazione e nel posizionamento degli avverbi, poiché ritenuti liberi e privi di regole in confronto alla rigidità dell’ordine degli elementi nella frase cinese. In particolare, i sinofoni tendono ad anticipare alcuni avverbi, quelli di tempo a inizio frase11, e altri (come “tanto” e “molto”) in fondo alla frase: sempre mi danno i risposti perfetti; Ogni sera leggo il manuale sempre mentre leggo il dizionario; Anche posso andare all'orario di ricevimento; adesso anche c’è OFA; ero felice tanto; sempre rimagne per chiachera con le sue amici; mi piace la facoltà molto; mi piace i corsi di DAMS mollto; Mi piace sempre di fare una passeggiata nel”universita ; la mia cara amica italiana sempre aiutami; ma XI’AN anche molto famoso che il cibo (per il cibo); siamo stance molto ma siamo felice molto; non parlo italiano bene, ecc. 2.1.9 Gli aggettivi Per quanto riguarda gli aggettivi, essi risultano abbastanza complessi per gli apprendenti sinofoni, poiché in cinese non esistono sostanziali differenze tra questi e i verbi: sarà il contesto e la posizione sintattica a determinarne la categoria. Gli aggettivi possono costituire un predicato senza l’utilizzo della copula e per questo motivo vengono chiamati “verbi aggettivali” (Arcodia, 2010). Come ricorda Mazza (2011: 61-62): In cinese gli aggettivi sono stati tradizionalmente analizzati come sottoclasse dei verbi con i quali condividono alcune caratteristiche comuni, quali la capacità di svolgere liberamente la funzione di predicato, la possibilità di essere negati dall’avverbio 不 bù (“non”) e di comparire secondo lo schema “X 不 X” in frasi interrogative. Inoltre, in cinese l’aggettivo assume in sé stesso la funzione di predicato, non ha bisogno di copula, ma è già completo; l’utilizzo del verbo essere 是 shì è limitato solo alla delineazione dell’esistenza, e può essere impiegato unicamente con i sostantivi: 11 Similmente alla tendenza nella L1 a collocare i sostantivi temporali in prima posizione. Per esempio “Sempre mi danno i risposti perfetti”. 52 ānnà shì yì míng lǎoshī 安娜是一名老师 Anna è un’insegnante [Anna essere insegnante] *安娜是漂亮 ānnà shì piàoliang Anna è bella [Anna essere bella] Per la seconda frase basterà utilizzare l’aggettivo 漂亮 piàoliang (bella), preceduto dall’avverbio di grado 很 hěn (lett. “molto”) o da altri avverbi dello stesso tipo, che annullano il valore comparativo contrastivo degli aggettivi in generale. Infatti, gli avverbi di grado sono fondamentali, poiché in loro presenza viene eliminata la comparazione (Mazza, 2011). In italiano, invece, le due categorie vengono chiaramente distinte e gli aggettivi attributivi e predicativi differiscono molto: • La funzione attributiva è data quando il collegamento tra l’aggettivo e il nome è diretto (“la casa grande”). • La funzione predicativa è data quando il collegamento tra l’aggettivo e il nome non è diretto, ma si stabilisce tramite il verbo “essere” che funge da copula, o altri verbi (“apparire”, “diventare”, “sembrare”, ecc.) sempre con la funzione di copula (Mazza, 2011). Pertanto, più i costituenti della frase si allontanano, più gli apprendenti sinofoni hanno difficoltà ad accordarli; conseguentemente, trovano più complessi gli aggettivi di tipo predicativo, che formano il predicato nominale, poiché devono anche coniugare il verbo tenendo conto del nome: I lezioni per me e’ molto difficile; Le due sorprese sono successi nello stesso tempo ieri; Mi piace molto ALMA. E’ molto libero; Credo che le lezioni dell’estetica sia più intelligente; Ma non mi piace la storia della scienza mai. Perché è noioso secondo me; tutti i palori … sono difficilissimo; la moda italiana è la più famoso; università … E tanto famoso; i compagno di scuola e tanto amichevole; Lasagna. E* molto buono; La lingua è il più difficile; l’Università è più famoso; Gli studenti italiani sono molto gentile, ecc. Tuttavia, anche gli altri aggettivi sono problematici, probabilmente perché alcuni aggettivi come “strapieno” e “vecchio” sono in realtà formule memorizzate e quindi non ancora contestualizzate e declinate: molti vecchio edifici; gande (grandi) scenari; qualche giorni; qualcosa altra; ogni posti; Ma non mi piace la città molto grande e strapieno; chiacchierare con i amici intelligente; ho 53 molto fame; molti piatti distintivo; al casa mio; la lingua italiano; un’altra cose; quella l’orario; i cibi caratteristico; cibi traduzionali e deliziosa; molti amici nuovo, ecc. 2.1.10 Le preposizioni Le preposizioni italiane sono un altro tratto molto complesso da apprendere per i cinesi: sono molto frequenti nell’input ma poco salienti per gli studenti sinofoni, perché apparentemente non seguono regole fisse e presentano numerose eccezioni. Inoltre, sono una categoria assente nella lingua cinese: uno dei pochi esempi simili è rappresentato da 给 gěi, particella che può fungere da verbo (“dare”) oppure da complemento di termine (“a qualcuno”) nella costruzione di alcune frasi. Per esempio, nella frase 我给她发邮件 wǒ gěi tā fā yóujiàn, letteralmente “io a lei invio email” (e dunque “le invio una email”), 给 gěi ha la stessa funzione della preposizione “a”. Tuttavia, il numero e la varietà delle preposizioni italiane è decisamente superiore rispetto agli equivalenti cinesi. In particolare, la distinzione tra preposizioni semplici e articolate risulta ostica agli studenti, e dunque nelle composizioni si trovano esempi che mostrano la reale difficoltà nello sceglierle. Per la scelta del luogo: e' sorpreso quando ha guardato il proprio dipinto di lui alla camera sua (nella); la sua ragazza viene a lei; Il lavoro in ristorante; poi andare a ristorante per cena; Le aule si trovano (ne) i palazzi antichi; lavoro dalle 14 alle 18 in martedì; a risturante; mi piace molto all universita; ma (in) altra universita; vado spesso alla piscina; vado a palestra; Ho entrato l’università; al casa mio; nel”universita; che studiano a politecnico; stava alla casa di mia amica; vado al letto; andare da dottore; Penso che (nel)la mia facoltà non ci sono; nel luoghi strani; nel biblioteca; mi piace molto studiare nell’ università di Bologna; vado al centro; passeggiare a via zamboni; tornare a Cina; l'ho messo nel muro, ecc. Per la scelta del tempo: prima al giorno fissato; In lunedì; A pomeriggio poi andare a ristorante per cena; A sera a pomeriggio; Dal 9 al 15; al 8; al 12; In sera; in weekend; al martedì (del/di martedì); nel questo tempo; al mattina; all mese prossimo; a giovedì o venerdì; visito la mia fidanzata a fine sittimana; alla fine settimana, ecc. Per la scelta della specificazione: 54 ristorante cinese di Sichuan; i colori d'olio (a olio); la foto di mio fidanzato; studente di sue lezioni; della semiotica; La vita di universita; gioco al calcio; ristorante cinese di Sichuan; dell’esame (sull’esame/riguardo l’esame); differenza all’università della cina; appello di OFA; Sono F** D* di Dandong; l’esame del martedì; il periodo di capodanno cinese; di primo anno; problema sull’orario di ricevimento, ecc. In alcuni casi gli apprendenti sinofoni omettono le preposizioni (come avviene per gli articoli), data la vastità dei casi possibili e della loro variabilità; inoltre le evitano per il fatto che in cinese non esistono corrispettivi simili: Essa è madre dell’università Ø tutto mondo; La Città Ø Bologna; L‘università si trova Ø ogni posti; Frequento il corso Ø Storia contemporanea; il libro Ø Giulio Sapelli; Ciao Ø tutti; Ho stato Ø Bologna; ; ho bisogno Ø sostituire; io non posso andare Ø la lezione; mi sono iscritta Ø l’esame del martedì, ecc. 2.1.11 La sintassi Per quanto riguarda la costruzione delle frasi, il cinese e l’italiano differiscono molto, soprattutto nella presentazione delle informazioni. La lingua cinese è a preminenza topicale, ovvero si sviluppa secondo lo schema topic-comment. Questa modalità tende a collocare il tema (ossia l’argomento del discorso già conosciuto o di cui si parla) all’inizio della frase, e il rema (ossia l’informazione nuova che commenta il tema) nella parte restante della frase tramite l’ordine basico SVO (Limonta, 2009). L’italiano, invece, è una lingua a soggetto che identifica in modo più delineato il soggetto e il predicato all’interno della frase, tramite la struttura soggetto-predicato (Valentini, 1992). Come ricorda anche Della Putta (2008: 58): […] la struttura tema-rema si basa su coesioni testuali, pragmatiche e di conoscenza del mondo, mentre la struttura soggetto-predicato implica nella maggioranza dei casi una relazione di tipo morfologico. Il cinese presenta dunque numerosissimi fenomeni di anafora zero, dove, cioè, il tema non ha alcun legame morfologico con il rema. […] L’italiano non permette mai l’anafora zero in quanto il soggetto deve essere legato al predicato da marche morfologiche o, nel caso di frasi scisse, da riprese anaforiche tramite l’uso di pronomi. La differenza tra le due strutture topic-comment e soggetto-predicato può far intuire quanto sia difficile per un apprendente sinofono comprendere il sistema pronominale e 55 il suo utilizzo tramite le riprese anaforiche. Infatti, in una frase come “Il pane l’ha comprato Francesco” compare una struttura simile a quella del tema-rema (in italiano detta frase segmentata); tuttavia il costituente posto in prima posizione deve essere ripreso obbligatoriamente dall’articolo l’-, perché la frase abbia senso compiuto. Questo tipo di enunciati sono molto comuni nel parlato, in particolare quando si vuole mettere in evidenza un elemento. Si utilizza pertanto la dislocazione a sinistra: nella frase sopra riportata non era, infatti, importante Francesco (il vero soggetto che compie l’azione) ma il pane, in risposta a una frase precedente del tipo “Chi ha comprato il pane?”. In una composizione di uno studente è visibile in modo abbastanza delineato la classica struttura topic-comment cinese: “Il libro dell'esame c'è due edizione” che in cinese si traduce con 考试的书有两种版本, kǎoshì de shū yǒu liǎng zhǒng bǎnběn, letteralmente “esame DE libro esserci due CL edizione”. In italiano la frase si tradurrebbe semplicemente con “ci sono due edizioni del libro per/dell’esame”, oppure nel parlato si potrebbe dislocare a sinistra la parte a cui si vuole dare risalto in questo modo: “del libro dell’esame ci sono due edizioni”. Anche per quanto riguarda i pronomi, dunque, si può notare la difficoltà degli apprendenti sinofoni a gestirli: E la cosa più sorprendermi (che più mi ha sorpreso); il proprio dipinto di lui; Il tempo del corso .Ø Ho usato per …; Mi sento tutto bene qua (Sto bene qua/Va tutto bene qua); E fammi particolarmente felice (A farmi); la mia amica sempre aiutami; per mantenersi in forma (mantenermi); lei si sembra, ecc. Per quanto riguarda invece l’ordine dei costituenti della frase, in cinese è molto rigido, poiché non esistono categorie predefinite (come l’aggettivo, il verbo, il nome, ecc.) e la funzione di ogni parola è determinata dalla sua posizione all’interno della frase. Per fare un esempio scherzoso, una delle prime volte che ho provato a parlare in cinese, volevo dire alla mia amica 赵玮 Zhào Wěi che mi sarebbe mancata (doveva andare a Milano per il weekend) e quindi ho tradotto letteralmente dall’italiano “mi mancherai da morire” in questo modo: 我想你死了 wǒ xiǎng nǐ sǐ le (io mancare/volere tu morire LE). In realtà, se non fosse stata mia amica e mi fossi rivolta a una persona che non conoscevo, avrei fatto una brutta figura e avrei creato grandi fraintendimenti, perché la frase che le avevo scritto significa in realtà “ti voglio morta”, similmente all’ordine inglese I want you dead o I want you to die. Mi è stato spiegato che questa 56 differenza nel significato della frase era dovuta allo slittamento del carattere 你 nǐ (tu) al posto di 死 sǐ (morte/morire) e che la frase corretta sarebbe stata: 我想死你了 wǒ xiǎng sǐ nǐ le. Inoltre, Il problema è stato causato dalla doppia accezione di 想 xiǎng, che significa sia “mancare” (nel senso di provare nostalgia) sia “volere/desiderare” a seconda del contesto. Quello che a me risultava un piccolo spostamento, per un cinese era invece un cambiamento abissale che stravolgeva il senso della frase. In cinese, dunque, l’ordine dei costituenti è importante, poiché, a seconda della posizione che assumono, modificano la loro funzione (nome, aggettivo, verbo, avverbio, ecc.) e anche il senso del discorso. In italiano, invece, l’ordine dei costituenti è molto più libero (anche se non totalmente), poiché ogni categoria è chiaramente distinta in base alla morfologia; inoltre gli elementi della frase possono essere abbastanza spostati senza provocare grandi stravolgimenti12. La differenza più importante riguardante l’ordine dei costituenti è la frase relativa: quella cinese si compone di determinante (d) e determinato (D): tutto ciò che è relativo al determinato si sviluppa alla sua sinistra, ovvero in posizione pre-nominale; inoltre, la marca di relativizzazione è rappresentata da 的 de: 我朋友的一天 wǒ péngyou de yìtiān, letteralmente “io amico/a de giornata”, ossia “la giornata del/la mio/a amico/a”. Il determinato 一天 yìtiān è preceduto dalla particella strutturale 的 de, mentre il determinante 朋友 péngyou, “amico/a” si colloca alla sua sinistra. Inoltre, nella sintassi cinese la preferenza va quasi sempre alla coordinazione, se non alla giustapposizione. L’italiano, invece, è una lingua che governa a destra in cui gli elementi più “leggeri” e grammaticali (aggettivi possessivi, dimostrativi, numerali, ecc.) precedono il nome, mentre quelli più “pesanti” e salienti (genitivi, frasi relative, ecc.) stanno alla sua destra (Limonta, 2009). Inoltre, le particelle che relativizzano la frase sono rappresentate da “che” e, in misura minore, da “cui” (o “il quale”). Queste particelle non sono molto chiare agli studenti, come si evince dalla frase scritta da NC in una composizione: ‘Ho conosciuto molti amici nuovo che studiano a politecnico di Milano (non so come usare preposizione + ‘cui’)’ (Composizione, NC). La tendenza dei cinesi a produrre enunciati più brevi e leggeri può essere in contrasto con la sintassi italiana, che invece predilige la subordinazione (con un gran numero di congiunzioni) e i periodi più complessi. Solitamente le frasi subordinate sono l’ultimo elemento appreso dai cinesi, nonostante l’alta frequenza nell’input dei parlanti 12 Questo non vale però in tutti i casi: vedasi esempi quali “un tipo curioso” e “un curioso tipo”. 57 nativi (anche se la subordinazione appartiene maggiormente alla modalità scritta). Nelle composizioni degli studenti sinofoni prese in esame in questo elaborato sono presenti molte omissioni e strategie di evitamento, poiché la relativizzazione è forse il secondo argomento più ostico dopo la morfologia; in alternativa, sono presenti tentativi di relativizzazione non completi: dopo Ø l'ho finito; E la cosa piu' sorprendermi era mio fidanzato e' tornato a Bologna ieri sera prima al giorno fissato che mi ha detto prima; c’è una alta cosa Ø mi piace; Se ci sono le cose Ø mi piaciono; anche ci sono qualche cosa Ø non mi piace; un compagno di casa che infastidendo e stupido; Penso che la cosa difficile è Ø la mia lingua italiana non è buona; Ma ci sono alcune cose Ø non mi piaciono; In Italia, che è abituato a viaggiare in terno; Voglie che la prossima volta che si va in spiaggia con il treno; Ho visto Ø il Suo orario di ricevimento è dalle 16 alle 18; Quindi non capito spesso che il professore parla in corso; diciamo che quello che è successo a scuola; Ma io so Ø l’orario di ricevimento è 1618 (io so che); Purtroppo che domani e' il capodanno cinese, ecc. Come ricorda Luzi (2010), l’acquisizione della sintassi dell’interlingua può essere riassunta nel seguente modo: forme paratattiche (discorso diretto, prerelative) > causali, temporali > finali > completive con alta integrazione > relative > completive con bassa integrazione > ipotetiche > concessive 2.1.12 Il lessico Per quanto riguarda il lessico, Banfi (1993) riporta alcune tendenze degli apprendenti di una seconda lingua a livello lessicale, che potrebbero presentare (e che di fatto presentano) i cinesi: • Strutture analitiche/perifrastiche, utilizzate per esprimere strutture di cui non si conosce il nome, per esempio “un compagno di casa” (per “coinquilino”); “la stanza dello studio” (per “l’aula studio”). • Aggiunta e regolarizzazione di morfemi, per ottenere la massima trasparenza: “l’economica” per “l’economia”; “delli vari rispetti” per “dei vari aspetti”; “cinematografica” per “cinematografia”. 58 • Sovrestensioni di morfemi derivativi, come per esempio “la deludente” per “delusione”; “acqua bollito” per “acqua bollente”; “obbligazione” per “obbligo”; “sono noioso” invece di “sono annoiata”. • Semplificazioni morfematiche: “mistati” per “mescolati”, derivato probabilmente da “misto”. • Fenomeni di aplologia, causati dalla difficoltà delle parole italiane. I cinesi in particolare faticano con questo argomento e gli esempi possibili sarebbero molti. Qui di seguito se ne riportano solo alcuni: “prossio” per “prossimo”; “scora sttetimana” per “la scorsa settimana”; “buonissim” per “bellissimo/buonissimo”; “i palori” per “le parole”, ecc. Inoltre, si possono notare molti scambi di parola e di locuzioni errate, proprio perché l’italiano possiede molte sfumature per ogni parola e può risultare complesso intuire quella giusta da adottare in base al contesto: nello stesso tempo (nello stesso momento); Finalmente (Alla fine); sono molto noioso (per dire annoiata); ho studiato dipingere (pittura); prendere tessuto d'olio (tela ad olio); Il procedimento di dipengere; ha guardato (ha visto); in via Andare Costa (Andrea Costa); la sua ragazza viene a lei (va da lui); trovare un lavoro più casuale; riguardo alla carriera di studiare su website; l’università comoda; un tipo di tradurre; infastidendo (fastidioso) e stupido; trovo un bar tranquillo (cerco); Finale (infine, alla fine); dopo la deludente (delusione); obbligazione (obbligo); Andare a ricevimento (invece di venire, errore presente in tutte le composizioni degli studenti), ecc. In particolare, gli scambi di parola più frequenti tra i sinofoni riguardano soprattutto il verbo “andare” e “venire”. Come fa notare Nuzzo (2010b), la loro distinzione dipende dalla concezione della deissi spaziale, abbastanza rigida sia in italiano che in cinese. Ciò che può aiutare nella scelta è la competenza pragmatica e questa difficoltà può essere superata tramite la spiegazione contrastiva dei corrispettivi cinesi 去 qù (andare) e 来 lái (venire): Inoltre, come fa notare Banfi (2003: 194): Non stupisce il fatto che alcuni segnali testuali, evidentemente tratti dall’input in forza della loro salienza e comunque non analizzati nel loro specifico valore semantico, risultino inseriti in contesti linguistici incongrui rispetto alle regole della testualità di italiano/L2 e secondo tecniche di articolazione testuale difficili da cogliere nel loro farsi. 59 Infine, in composizioni di cinesi sono presenti formule fisse, ovvero pezzi di frasi imparate a memoria per supplire momentaneamente alla mancanza di lessico e alla poca capacità di costruire frasi corrette: sto da sola; dipingere (sta per pittura), sovraesteso anche per il sostantivo; stanza/camera sua; Mi piaceALMA; dopo il lavoro; iscriversi, prenotare l’esame; si può studiare; potrei; Vuole (con la maiuscola dove non serve, due casi); Mi piace/Ma non mi piace; strapieno; apprendo idee/apprendimento; secondo me; un po’; Devo studiare l’italiano sodo/ studiare sodo; per mantenersi in forma; come sapete; Come vai?, ecc. Le formule fisse spesso non sono notate dai parlanti nativi, i quali pensano solamente che l’apprendente stia imparando bene la lingua. In realtà spesso si assiste a situazioni in cui l’apprendente utilizza i clitici al posto giusto in frasi come “non mi piace”, “non lo so”, “mi alzo” e tuttavia utilizza ancora la forma basica della terza persona singolare (io mangia) o l’infinito (tu mangiare). Questo fatto non deve stupire o lasciare perplesso il parlante nativo: semplicemente l’apprendente ha imparato a memoria pezzi di frasi solitamente molto frequenti nell’input 60 per facilitare la comunicazione. Capitolo 3. Lo studio L’obiettivo di questo elaborato di tesi è quello di analizzare e discutere le produzioni scritte in italiano di una classe composta da venti studenti sinofoni. In particolare, lo scopo della raccolta e dell’analisi dei dati era quello di individuare quali tra gli errori dagli apprendenti fossero riconducibili a interferenze dalla lingua madre o da un’altra lingua straniera studiata (nella maggior parte dei casi l’inglese). 3.1 Gli obiettivi: una precisazione Dicevamo che l’obiettivo di questo elaborato è analizzare gli errori presenti nelle composizioni scritte di venti studenti cinesi, e in particolare di errori derivati da lingua madre. Come ricorda infatti Limonta (2009): Sicuramente, essendo l’italiano e il cinese due lingue estremamente distanti per tipologia, l’interferenza della L1 sulla L2 risulta particolarmente forte, soprattutto agli stadi iniziali: la nota insensibilità dei sinofoni per specifici tratti fonologici della nostra lingua e per alcune categorie morfologiche tipiche delle lingue flessive, quali l’italiano, rappresenta la principale causa di errori tipici riscontrabili nelle loro produzioni (Limonta, 2009: 39). Ci concentriamo qui sugli errori derivati dall’interferenza della L1 degli apprendenti, pur nella consapevolezza che quegli stessi errori (così come molti altri) sono anche interpretabili come evolutivi, dovuti cioè ai tentativi degli studenti di ricostruire e acquisire il sistema linguistico italiano. Ciò risponde a una scelta deliberata. Nel primo capitolo si è parlato dell’evoluzione del concetto di errore a partire dalla fine degli anni Sessanta. Quelle considerazioni, che sono servite a introdurre l’argomento e a precisare lo scopo della tesi, hanno evidenziato come la lingua transitoria degli apprendenti, l’interlingua, possa essere letta in termini positivi, come il sintomo cioè di ciò che essi sanno della lingua obiettivo, piuttosto che il contrario (le 61 mancanze, i difetti del loro sistema linguistico transitorio). Per fare un esempio, se uno studente scrive “loro colazionano insieme”, sarebbe opportuno considerare il fatto che sta tentando di usare la parola “colazione” come se fosse un verbo simile a “pranzare” e “cenare”. Si potrebbe quindi chiedersi in che modo e in quale direzione si stia sviluppando la sua interlingua, piuttosto che segnalare il suo come un semplice errore. Tuttavia, nel presente elaborato si è ritenuto importante concentrarsi sugli errori influenzati dalla lingua madre (o da altra lingua straniera conosciuta) poiché, pur contenendo errori evolutivi interessanti, la lingua italiana prodotta dagli apprendenti sinofoni offre spesso spunti interessanti anche in termini interlinguistici. Come abbiamo visto nel Capitolo 2, molte strutture sono riconducibili a interferenze dal cinese, e mostrano in che modo lo studente elabori la nuova lingua a partire dalla sua familiarità con il cinese. Spesso, infatti, gli apprendenti realizzano enunciati corretti dal punto di vista comunicativo, ovvero riescono a ‘trasmettere dei messaggi, [...] a farsi capire dal proprio interlocutore anche commettendo qualche errore nell’uso della lingua’ (Cattana & Nesci, 2000: 74). Tuttavia, le loro frasi appaiono “insolite” dal punto di vista linguistico, perché per esempio contengono parole non adeguate a un determinato contesto oppure scorrette a livello morfologico. Sono stati questi casi in particolare quelli su cui mi sono voluta soffermare nel corso dell’analisi. Come già trattato nel primo capitolo (Paragrafo 1.3.3), esistono due tipi di transfer. Quello positivo si ritrova soprattutto nelle produzioni di apprendenti le cui lingue sono tipologicamente affini all’italiano; data la vicinanza tipologica tra le due lingue, alcune parole o strutture della L1 possono risultare utili all’apprendente per formulare ipotesi sulla L2. Il transfer negativo invece riguarda in particolare i casi in cui lingua d’origine e lingua d’arrivo sono tipologicamente diverse; in questi casi il transfer può causare un rallentamento nell’apprendimento della L2. Proprio per questo motivo ho ritenuto di dover dare importanza agli errori derivati dalla lingua madre. Perciò, nell’analisi dei dati, ho tralasciato gli errori intralinguistici per concentrarmi su quelli interlinguistici, i quali permettono di comprendere (per quanto possibile) come si pone uno studente cinese arrivato da poco in Italia in relazione alle lingue che sa già e alla nuova lingua che vuole imparare. 62 3.2 Il macro-contesto: alcune riflessioni sulle culture dell’apprendimento e dell’insegnamento Prima di procedere con il caso specifico, è bene precisare alcune differenze fondamentali tra il metodo di educazione cinese e quello italiano, perché ciò aiuta a descrivere il contesto didattico in cui sono stati raccolti i dati, e perché queste differenze sono variabili di insegnamento e apprendimento che, in generale, è bene non minimizzare. Durante la prima lezione con gli studenti sinofoni ho avuto alcune difficoltà a rapportarmi con loro. Infatti, durante la spiegazione stavano in assoluto silenzio senza porre alcuna domanda, mentre quando li interpellavo singolarmente per capire se avessero compreso la spiegazione si limitavano ad annuire senza pronunciare una parola. Dopo aver tentato diverse volte di farli esprimere individualmente, ho cominciato a porre domande alla classe, sperando acquisissero fiducia. Infatti, nel corso del resto della lezione, gli studenti rispondevano a ogni domanda in coro e dando l’impressione di conoscere già gli argomenti che stavo spiegando. Anche nel completamento di alcuni esercizi grammaticali (scelta di essere/avere, c’è/ci sono, ecc.) sono stati rapidi e le risposte erano in gran parte corrette. Tuttavia, quando tornavo a proporre esercizi per la comunicazione orale (presentarsi, dire qualcosa di sé, raccontare della propria città di provenienza) non rispondevano o si limitavano a dire frasi come “io non so” o “non so dire”. Pertanto, mi è stato chiaro che non avrei potuto capire il loro livello di interlingua tramite l’esposizione orale, ma solo tramite dei compiti scritti. Ho scelto di basare la mia analisi degli errori sulle composizioni scritte anche perché avevo poche ore a disposizione per il laboratorio di L2 (diciotto in tutto) e in quel tempo limitato ho dovuto spiegare diversi argomenti, far esercitare gli studenti e sottoporli a una prova finale. Questa breve introduzione serve a inquadrare il contesto della classe durante la prima lezione, e a far comprendere le difficoltà che ho incontrato inizialmente (e che spesso incontrano anche altri insegnanti che interagiscono con studenti sinofoni). Tra breve confronteremo le differenze tra la Cina e l’Italia sui metodi di apprendimento e insegnamento. 63 3.2.1 Un confronto tra i ruoli di insegnante e studente in Cina e in Italia Questa spiegazione può risultare utile per comprendere alcuni atteggiamenti degli studenti cinesi in classe, spesso ritenuti dagli insegnanti passivi e non collaborativi (Favaro, 2003; Della Putta, 2008). In realtà, l’educazione cinese presenta semplicemente aspetti differenti rispetto a quella italiana per quanto riguarda la concezione dei ruoli di studente e insegnante. Prendendo come riferimento il modello di Hofstede (1991), Consalvo spiega che la cultura cinese è caratterizzata dal “collettivismo”, ovvero si tende a preferire il bene comune rispetto a quello individuale e si considera l’individualità come sinonimo di egoismo. Il collettivismo implica anche la collaborazione all’interno della famiglia e di uno stesso gruppo in vista della collettività, proprio come prevedono i dettami confuciani. 13 Inoltre, è presente il rapporto superiore-subordinato (previsto anche nei dettami confuciani), nel quale la persona che appartiene al rango più alto (gli antenati, i parenti, i professori) non viene quasi mai messa in discussione. Come ricorda anche Consalvo (2012: 36): Il confucianesimo, la corrente di pensiero che ancora oggi concorre a formare la cultura cinese e che ha notevolmente influenzato ed influenza tutt’oggi le metodologie didattiche in uso nelle scuole, sottolinea molto i benefici che derivano dalle relazioni gerarchiche fisse che mostrino rispetto per l’età, per lo status di persona anziana, per le tradizioni familiari. Per quanto riguarda il metodo didattico cinese, Consalvo (2012), Rao (2001) e Tang & Absalom (1998) concordano sul fatto che il successo dell’apprendimento è dovuto soprattutto alla bravura dell’insegnante nell’esporre gli argomenti delle lezioni, nonché all’impegno che il docente mette nel far comprendere la spiegazione agli studenti. Infatti la conoscenza rappresenta in Cina ciò che deve essere trasmesso piuttosto che scoperto dallo studente: quest’ultimo troverà più normale partecipare a un metodo in cui riceve conoscenza da parte di un’autorità (il professore) e non a un metodo in cui deve interpretarla (Rao, 2001). La figura centrale del professore rispecchia gli ideali confuciani per cui ‘non si tiene conto delle diverse abilità o dei Confucio (551-479 a. C.) era un filosofo cinese che si interessò alla giustizia e all’etica, basando i suoi precetti su alcuni punti fondamentali come la lealtà, la rettitudine, il rispetto delle gerarchie familiari, l’aiuto del prossimo e l’importanza dello studio (Cheng, 2000). I suoi dettami sono seguiti ancora oggi. 13 64 diversi bisogni dello studente, ma ogni studente viene considerato in relazione al suo gruppo classe e deve apprendere conformemente ai suoi compagni, collaborando con loro’ (Consalvo, 2012: 35). L’insegnante pertanto rappresenta una fonte di sapere, un’autorità, un modello da imitare, una persona idealmente più vecchia estremamente competente, che mantiene la disciplina, premia gli studenti migliori e punisce quelli più svogliati (Tang & Absalom, 1998). In Cina, solo alla fine della lezione il professore smette di assumere un atteggiamento distaccato, e diventa più amichevole e disponibile a offrire spiegazioni aggiuntive. Ciò sarebbe dovuto al fatto che il suo ruolo è anche quello di mentore, genitore e amico, che deve sviluppare le qualità morali dei propri studenti (Consalvo, 2012). Inoltre, egli deve possedere una profonda e totale conoscenza della materia che insegna: solo in questo modo potrà assicurarsi di stare formando in modo adeguato i suoi studenti. Nel caso in cui uno o più studenti non abbiano compreso alcuni passaggi della spiegazione, la colpa viene attribuita all’insegante, poiché non ritenuto sufficientemente in grado di formare il sapere dei suoi allievi. Come già spiegato in precedenza, infatti, la riuscita dell’apprendente non dipende dalle sue abilità, ma dall’assunto confuciano che prevede studio (tramite memorizzazione e ripetizione) e allenamento costante. Questo tipo di approccio implica anche che ogni persona, grazie all’allenamento e all’impegno costante, possa raggiungere l’obiettivo fissato. Se la figura del professore in Cina è così importante, si può intuire che quella dello studente dovrà esserne all’altezza e fare tutto il possibile per meritarne le lodi. Lo studente deve essere disciplinato e diligente, studiare molto e obbedire all’autorità (Tang & Absalom, 1998). Inoltre deve prendere appunti, seguire la spiegazione del professore e prendere voti alti per onorare la famiglia e gli antenati (Consalvo, 2012). Sempre secondo il concetto confuciano, l’apprendimento richiede necessariamente impegno, sforzo, sacrificio e dedizione, e gli studenti vengono considerati ‘contenitori da riempire attraverso la lettura dei classici’ (De Marco, Mascherpa, 2011: 46). Molto importante è anche la spiegazione della grammatica tramite la ripetizione e la memorizzazione individuale, e non in gruppi di discussione (De Marco, Mascherpa, 2011). Durante la lezione non vengono fatte domande, perché idealmente il professore dovrebbe spiegare in modo chiaro ed esaustivo. Pertanto, quando non capiscono, gli studenti tendono a cercare prima le risposte attraverso la consultazione dei libri o di Internet, o richiedendo l’aiuto dei compagni (Consalvo, 2012). Inoltre, il porre domande durante la lezione può essere interpretato come atteggiamento egoistico e individualista, poiché ‘sottrarrebbe tempo alla spiegazione e interromperebbe il lavoro dell’insegnante’ (Consalvo, 2012: 65 36). Solamente nel caso in cui gli studenti non siano riusciti a trovare risposta autonomamente possono richiedere chiarimenti all’insegnante, ma in separata sede e non pubblicamente. Il rischio è quello di perdere la faccia (丢面子 diū miànzi in cinese), poiché la domanda può essere interpretata come banale dal resto dei compagni, in un clima molto competitivo. Per quanto riguarda l’insegnamento della lingua straniera, esso in Cina è abbastanza tradizionale: si basa sul metodo grammaticale-traduttivo e audiovisivo, mentre le attività di produzione e interazione orale non vengono molto considerate (Consalvo, 2012). L’apprendimento della lingua straniera è simile a quello dei caratteri cinesi, con memorizzazione del lessico e delle regole grammaticali della LS. Come riassume Consalvo: Per la maggior parte degli studenti cinesi, le attività più importanti del corso di lingua sono rappresentate dalla lettura e dalla scrittura, mentre viene data molta meno importanza allo sviluppo delle attività comunicative, come le discussioni in classe o in lavori di gruppo, di cui ignorano il funzionamento e le funzionalità (Consalvo, 2012: 43). Anche Piccinini (2010) afferma che spesso le attività comunicative vengono interpretate ‘perlopiù come perdite di tempo o come semplici attività, non seriamente connesse con l’apprendimento’ (Piccinini, 2010: 241). Anche se dagli anni Ottanta si stanno adottando in Cina alcuni metodi didattici occidentali, tuttavia la maggior parte degli insegnanti e degli studenti continua a imparare la LS con i metodi tradizionali. Inoltre, ci sono alcuni problemi che rallentano la riforma del metodo didattico: la mancanza di risorse, le dimensioni eccessive delle classi, le poche ore a disposizione per l’insegnamento della LS e la conoscenza non sempre sufficiente dell’inglese da parte degli insegnanti (Piccinini, 2010). Per quanto riguarda la cultura italiana, questa, come molte altre società occidentali, sarebbe caratterizzata dall’ “individualismo”, cioè il singolo tenderebbe a dare precedenza al proprio bene e al raggiungimento degli obiettivi personali. Nella cultura occidentale, sono presenti diversi atteggiamenti nei confronti dei professori. Il docente è una figura professionale che si suppone abbia una vasta conoscenza della propria materia, e che sia disposto a ricevere gli studenti per chiarire eventuali dubbi. Tuttavia, rispetto alla concezione cinese, il ruolo del docente, in una certa misura 66 almeno, per quanto autorevole, può essere messo in dubbio, dato che si tende a dare spazio alle idee dei singoli e dunque a un approccio di tipo dialogico tra (semi) pari. Il metodo italiano prevede senz’altro anche lezioni frontali, ma è sempre più comune anche all’università trovare insegnanti che tentano di coinvolgere gli studenti tramite laboratori o lavori di gruppo. In generale le domande da parte degli studenti sono incentivate: nel caso in cui la classe non rivolga domande al professore, quest’ultimo tende a ritenerla disattenta e incurante della spiegazione. Spesso i professori cercano la partecipazione degli studenti come feedback per capire se stanno spiegando in modo chiaro e se stanno parlando di nozioni già conosciute e quindi banali. Inoltre, il feedback è utile ai docenti per comprendere se le informazioni che stanno spiegando sono troppo difficili e devono essere precedute da ulteriori spiegazioni, oppure se ci sono osservazioni sull’argomento che potrebbero collegarsi ad altri aspetti. Pertanto, il professore italiano tende a mantenere l’attenzione degli studenti attraverso domande generali poste all’intera classe. Spesso assume un atteggiamento autorevole (ma non autoritario) e amichevole (ma non troppo confidenziale) durante la lezione, con lo scopo di stabilire un rapporto collaborativo con i propri studenti e di interesse per la materia. Per quanto riguarda l’apprendimento della lingua straniera, in Italia, come in altri Stati occidentali, la LS viene studiata in modo approfondito e tramite diversi tipi di attività, anche quelle di tipo comunicativo. La lezione si divide in varie parti, come la spiegazione delle regole linguistiche, la lettura in classe di alcuni testi, i lavori di gruppo, l’esercitazione della competenza orale tramite l’esposizione di argomenti, ecc. Dopo aver confrontato i metodi di insegnamento e di apprendimento cinesi e italiani, ora si tratteranno le difficoltà riscontrate dagli studenti cinesi nell’università italiane. Riprendendo la descrizione dell’atteggiamento autorevole, ma abbastanza amichevole dei professori italiani, gli apprendenti sinofoni potrebbero ritenere questo sconveniente e perdere fiducia nel docente italiano. Potrebbero infatti non vederlo come una guida da seguire ed emulare e che detiene il sapere, ma come una figura che lascia spazio agli studenti per le loro domande personali ed egoistiche, tra l’altro spesso non troppo pertinenti all’argomento trattato. Come già affermato in precedenza, gli studenti cinesi non pongono domande e non interagiscono con il professore durante la lezione. Non stupisce, dunque che i cinesi, una volta arrivati in Italia, si sentano a disagio quando un professore chiede loro di intervenire durante la lezione. Anche nelle università italiane, infatti, non capita spesso che un apprendente sinofono faccia 67 domande durante la lezione. Questo atteggiamento può essere letto da persone occidentali come passività nei confronti della spiegazione e del professore: ‘ […] l’insegnante gestisce totalmente il processo formativo e dove gli studenti passivamente e mnemonicamente acquisiscono i dati. Ne emergono comportamenti di particolare stupore nel sentirsi chiamati in causa durante la lezione […]’ (Della Putta, 2008: 63). In realtà, il silenzio degli studenti cinesi non deve essere interpretato come passività o noncuranza della spiegazione, ma come forma di rispetto verso l’autorità e paura di perdere la faccia. Con queste premesse si può facilmente intuire quanto risulti strano e inadeguato il metodo di insegnamento italiano (e più in generale occidentale) agli studenti cinesi. A proposito della difficoltà che gli studenti sinofoni riscontrano con l’espressione orale, Piccinini (2010: 242) afferma che: Chi, tra gli studenti, aveva seguito un metodo più in linea con le nuove tendenze didattiche improntate ad una comunicazione efficace, risultava quasi fin dalle prime lezioni in grado di sviluppare abilità comunicative, come esprimere il proprio punto di vista su diversi argomenti o fare una presentazione di se stessi, mentre altri faticavano ad adeguarsi a tale metodo, dimostrando di non essere mai stati sottoposti a questo tipo di compito e trovandosi incapaci di rispondere oralmente a testi che avevano compreso invece per iscritto. Per questi ultimi soggetti, il tempo necessario per arrivare ad una soddisfacente prova orale è stato molto più lungo degli altri. […] Fattori culturali, quindi, determinano un prolungamento del periodo necessario ad un corretto apprendimento di competenze connesse alla comunicazione orale […]. Naturalmente, per gli studenti sinofoni si tratta solo di comprendere che i due sistemi educativi presentano delle differenze e di abituarsi al nuovo approccio italiano. Tuttavia, bisogna anche cercare di capire la difficoltà iniziale dello studente cinese non solo per quanto riguarda la lingua, ma anche da un punto di vista culturale. Spesso si interpretano infatti alcuni atteggiamenti dei sinofoni in modo troppo precipitoso e stereotipato, mentre in realtà questi ultimi stanno cercando di comprendere una lingua e una cultura estranee e in gran parte incomprensibili. Questa premessa si è resa necessaria per introdurre alcune caratteristiche del Laboratorio didattico nel contesto del quale sono stati raccolti i dati di questo studio. 68 3.3 Il contesto In questo paragrafo viene innanzitutto descritto il laboratorio didattico durante il quale sono state raccolte le composizioni scritte degli apprendenti. Successivamente si introdurranno gli studenti che vi hanno preso parte. 3.3.1 Il laboratorio A gennaio 2015 ho vinto un bando con assegno di tutorato presso la Scuola di Lettere e Beni Culturali come insegnante di italiano L2 per studenti sinofoni che non avessero assolto l’Obbligo Formativo Aggiuntivo (OFA). L’OFA è un test di verifica delle conoscenze (anche linguistiche) di studenti iscritti a vari corsi (DAMS, Scienze della Comunicazione, Lettere e Filosofia, ecc.). L’intervento didattico si è articolato in due diverse sessioni: alla prima (tra febbraio e marzo) hanno preso parte diciotto studenti; alla seconda (da aprile a maggio) hanno partecipato due soli discenti. Ciascuna sessione OFA prevedeva diciotto ore di lezione totale, con frequenza bisettimanale (tre ore a lezione) e obbligo di frequenza. Il curricolo includeva le seguenti attività: • esercizi di lettura e interpretazione di testi accademici; • esercizi di scrittura di brevi testi argomentativi; • ripasso delle strutture grammaticali funzionali alla corretta esposizione scritta; • prova finale. Le lezioni (sei per ciascuna sessione) prevedevano una prima parte in cui si correggevano i compiti assegnati; successivamente si introducevano i nuovi argomenti, si svolgevano gli esercizi (per la maggior parte di genere grammaticale); infine si faceva pratica di scrittura su tipi testuali vari (lettere informali, email formali, ecc.). Alcuni temi trattati venivano precedentemente concordati con gli studenti, i quali esprimevano il bisogno di approfondire o capire meglio aspetti linguistici come il passato prossimo e l’imperfetto o genericamente comunicativi (ad esempio, in che modo chiedere alcune informazioni ai professori). Per quanto mi riguarda, oltre a spiegare alcuni elementi di grammatica, ho tenuto lezioni su argomenti vari, tra cui che cos’è il ricevimento universitario, come funziona la tastiera del computer italiano e come usare la punteggiatura. 69 Come spiegato all’inizio del Paragrafo 3.2, durante la prima lezione ho riscontrato alcune difficoltà: non sono riuscita a relazionarmi in modo efficace con gli studenti, i quali stavano quasi sempre in silenzio; inoltre, non sono riuscita a comprendere il loro livello di interlingua tramite la comunicazione orale, ma solo attraverso la produzione scritta. Anche l’organizzazione delle altre cinque lezioni non è stata semplice: dovevo programmare la struttura di ogni lezione tenendo conto del livello di ciascuno studente e delineare esercizi di rinforzo in base alle diverse esigenze. Una difficoltà dell’organizzare le lezioni è stata dovuta soprattutto alla scarsità del tempo a disposizione: con un numero superiore di ore avrei potuto conoscere meglio gli studenti per aiutarli singolarmente, a seconda del livello di competenza di ciascuno. Inoltre, come già spiegato in precedenza, gli studenti cinesi tendono a non porre domande e a non richiedere spiegazioni soprattutto nelle fasi iniziali. Pertanto, sarebbero state necessarie molte ore aggiuntive, non solo per poter spiegare gli argomenti in modo più approfondito, ma anche per ottenere la fiducia degli studenti e la loro collaborazione. La mia intenzione primaria era di adottare un approccio di tipo valenziale nella spiegazione degli argomenti di grammatica, come suggeriscono anche Pellin (2010) e Rosi (2010). 14 Il metodo valenziale sarebbe stato molto interessante sia ai fini della ricerca sia per ‘indurre lo studente a riflettere sugli elementi necessari che devono stare attorno ad un verbo’ (Pellin, 2010: 167). Inoltre la grammatica valenziale sarebbe stata utile per aiutare lo studente a comprendere meglio le preposizioni, il ruolo di “agente”, “paziente”, “beneficiario”, ecc. Tuttavia, sempre a causa dell’esiguità del numero di ore a disposizione non è stato possibile adottare questo tipo di approccio, e si è optato per un metodo più tradizionale, con spiegazioni grammaticali di alcuni argomenti particolarmente ostici per gli studenti. Oltre alla grammatica, ci si è concentrati anche su come elaborare produzioni scritte come la scrittura di una email formale a un professore, la lettura in classe di alcuni esempi di avvisi dei docenti e la spiegazione di concetti come “ricevimento” e “appello”, spesso confusi dagli studenti. Questi argomenti sono stati trattati per esercitare la produzione scritta, poiché, come già spiegato in precedenza, non c’è stato tempo a sufficienza per sviluppare la competenza orale e per acquisire la 14 La grammatica valenziale propone di introdurre il verbo come elemento centrale e di sviluppare la frase attorno a questo e alle sue valenze (da zero a quattro), piuttosto che attraverso i complementi della grammatica tradizionale. Con il metodo valenziale non si identifica più il soggetto come componente cruciale della frase, ma come una delle valenze del verbo. Per esempio, il verbo “dare” è trivalente (possiede tre valenze): il soggetto che dà qualcosa, l’oggetto dato, e il destinatario che riceve l’oggetto, come si nota dalla frase “Marco dà un fiore a Stefania”. 70 loro fiducia. Infatti, anche durante le ultime lezioni, gli studenti avevano difficoltà a esprimersi oralmente e spesso mi chiedevano informazioni (per esempio sul permesso di soggiorno) in cinese. Nello scritto gli studenti si sono sentiti più liberi di parlare e di esprimere la loro opinione rispetto all’orale, anche compiendo degli errori. Anche Piccinini (2010), parlando degli studenti sinofoni partecipanti al programma Marco Polo afferma che la scarsa competenza linguistico-comunicativa degli apprendenti sinofoni, causa loro non pochi problemi, ‘poiché non sono abituati a sviluppare queste abilità strettamente connesse all’uso della lingua orale per scopi autentici’ (Piccinini, 2010: 244). 3.3.2 Gli studenti Gli studenti cinesi partecipanti al Laboratorio di italiano L2 erano, come già anticipato, venti in tutto: diciotto per la prima sessione, e due per la seconda. Nel corso dell’elaborato si utilizzeranno i nomi degli apprendenti in versione codificata, dove la prima lettera maiuscola indica l’iniziale del cognome, mentre la seconda lettera maiuscola il nome dell’apprendente. Nel caso in cui lo/la studente/essa abbia un nome composto da due unità ci sarà anche una terza lettera maiuscola. Per esempio, se una studentessa si chiama Zhao Wei, il cognome e il nome codificati diventano ZW; se invece il nome è Zhao Meng Yu, il codice identificativo diventa ZMY. Gli studenti erano tutti iscritti al primo anno di università di diverse Scuole presso l’Ateneo di Bologna (Lettere e Beni Culturali, Scienze Politiche, Lingue e Letterature, Traduzione e Interpretazione), provenivano da diverse aree della Cina (sia zone costiere sia aree interne, tra cui Shang Hai, Xi’ An, Pechino e Dandong) e probabilmente molti di loro avevano partecipato al Progetto Marco Polo (sei mesi per 560 ore di corso di italiano L2), come mi è stato confermato da qualche studente parlando dopo la lezione. Purtroppo non ho potuto avere a disposizione i dati di ciascuno degli apprendenti, come l’età precisa, la città di provenienza, le università frequentate o la conoscenza di altre lingue straniere. Questo perché, per motivi di privacy, i dati degli apprendenti non potevano essere resi noti. Pertanto, le uniche informazioni ottenute sono state fornite spontaneamente dagli studenti nelle loro composizioni. La difficoltà della lezione stava, appunto, nel diverso grado di competenza in italiano posseduto dagli studenti che frequentavano il corso. Conseguentemente, non era 71 raro trovare studenti che si annoiavano durante la lezione insieme ad altri che facevano fatica a capire l’argomento trattato. Inoltre, alcuni studenti avevano frequentato in precedenza (al liceo o privatamente) un corso di inglese, perciò spesso se ne avvalevano per apprendere l’italiano. Altri studenti invece (soprattutto quelli che provenivano da regioni interne della Cina) non avevano alcun tipo di conoscenza pregressa di altre lingue straniere. Questi ultimi pertanto avevano difficoltà ad organizzare la frase e a memorizzare le parole, perché non avevano a disposizione un’altra lingua europea con cui confrontare l’italiano. Un’altra difficoltà riscontrata durante la lezione era la scarsa collaborazione degli studenti. Tre apprendenti si dimostravano interessati: mi guardavano mentre spiegavo, prendevano qualche appunto, annuivano per segnalare che stavano seguendo la lezione. Gli altri studenti invece tendevano a chiudersi in un profondo silenzio, non interagivano in alcun modo nonostante le domande che rivolgevo, spesso guardavano il telefono e chattavano, oppure parlavano tra loro e non mi consideravano. Questa situazione si è venuta a creare probabilmente a causa di tre fattori: • La mia giovane età come professoressa di un corso OFA. Come già spiegato in precedenza l’insegnante in Cina è considerato come autorità indiscutibile, che detiene tutto il sapere della sua materia e che ha una certa età. Al contrario, io avevo solo ventitré anni ed ero ancora una studentessa, non una professoressa con anni di insegnamento pregressi. • L’importanza attribuita al laboratorio. Il corso OFA durava solo diciotto ore, mentre un corso universitario ha durata semestrale o annuale. Il corso OFA inoltre presupponeva un esame finale di idoneità che non era considerato fondamentale per la carriera universitaria, mentre un corso universitario prevede un voto, che è importante per la carriera universitaria dello studente. • La differente modalità di spiegazione della scuola cinese rispetto a quella italiana. Come già spiegato nel Sotto paragrafo 3.2.1, in Cina le lezioni sono di natura frontale: il professore spiega e gli studenti non fanno domande, neanche nel caso in cui non abbiano capito bene. Le lezioni presuppongono spesso che gli studenti copino quello che il professore scrive alla lavagna. La modalità di spiegazione occidentale è invece più variegata e prevede non solo il metodo frontale, ma anche lavori di gruppo, autovalutazioni, ecc. Inoltre, gli studenti non devono solo copiare quello che il professore scrive alla lavagna (metodo spesso sostituito dalla 72 proiezione di slide), ma devono prendere appunti (ciascuno a suo modo), fare domande al professore per chiarire i propri dubbi o per soddisfare altre curiosità. Pertanto, questi tre fattori (oltre alla personalità di ogni studente) che si sono presentati durante la prima lezione hanno inciso abbastanza sulla relazione insegnantestudente, e ho dovuto, mio malgrado, cambiare atteggiamento. Nel corso delle cinque lezioni successive ho infatti mantenuto un rapporto amichevole con gli studenti e mi sono dimostrata disponibile a domande e chiarimenti anche per email, oltre a segnalare anche eventi interessanti al di fuori della dimensione universitaria quali tandem linguistici. Tuttavia, in seguito ho cercato di assumere un comportamento più autorevole e severo, specie in alcuni momenti, per guadagnare la fiducia e il rispetto degli studenti in tempi brevi, date le poche ore a disposizione. Questo cambiamento è stato (sembrerebbe) percepito in modo positivo dagli studenti, che da quel momento mi hanno trattata con più rispetto e mi hanno seguito con più attenzione. Alla prima lezione, come già spiegato in precedenza, il livello della classe formata da diciotto studenti sembrava molto alto: completavano gli esercizi in modo veloce e preciso e rispondevano in coro con molta convinzione. Tuttavia, correggendo a casa le loro composizioni singolarmente, mi sono resa conto che le abilità scritte erano molto meno sviluppate rispetto alla percezione che ne avevo avuto durante la lezione e nel pretest. Pertanto, sono giunta alla conclusione che mi sarei dovuta concentrare sulla correzione in classe delle composizioni (lasciate in forma anonima). 3.4 La raccolta dei dati In questo paragrafo si introdurranno i compiti scritti assegnati agli studenti, vale a dire tre composizioni di natura leggermente diversa l’una dall’altra. Tuttavia, i dati di questo studio si riassumono in un quadro più ampio. Oltre alle tre composizioni che sono risultate utili all’analisi, sono stati anche assegnati alcuni esercizi di tipo grammaticale, come il completamento di alcune frasi con l’imperfetto e il passato prossimo, frasi da completare con i possessivi, ecc. Altri esercizi sono stati ad esempio: scrivere dieci nomi maschili e dieci nomi femminili conosciuti, leggere un testo e riscriverlo alla terza 73 persona singolare, mettere la punteggiatura in un testo in cui era completamente assente. Di seguito si presentano i testi delle tre composizioni: • Esercizio per casa: Racconta a un amico/a la tua vita in Italia prendendo spunto dal testo letto in classe di Sonia Bianchi (per esempio cosa fai durante la giornata, all’università, nel tempo libero ...). • Esercizio per casa: Scrivi quello che ti piace dell’università di Bologna (per esempio i compagni di corso, le materie ecc.) e quello che invece non ti piace dell’università. • Esercizio per casa: Scrivi una e-mail a un insegnante di Storia contemporanea che non avete mai incontrato per chiedere: 1) Di sostituire un libro dell'esame (Giulio Sapelli, Storia economica dell'Italia contemporanea, Milano, Bruno Mondadori, 2008), con un’edizione precedente (1997). 2) Di poter andare all'orario di ricevimento martedì alle 18,30, anche se l’orario di ricevimento è 16.00-18.00. Potete usare il cognome che preferite per l’insegnante. Solo le tre composizioni sopra citate sono risultate utili ai fini dell’analisi degli errori derivati dalla L1 e dell’altra lingua straniera conosciuta (l’inglese). Questo perché, partendo da un tema dato, gli studenti erano liberi di scrivere quanto volevano (ci sono stati studenti che hanno scritto tre righe e altri che ne hanno scritte otto). Inoltre, potevano spaziare nel tema e concentrarsi su argomenti che prediligevano (come, per esempio, nella composizione La tua vita in Italia). Infine, potevano scrivere in modo non troppo controllato: mi ero infatti raccomandata che non utilizzassero il dizionario, ma che provassero a scrivere in modo libero, come se non avessero avuto a disposizione il dizionario oppure l’aiuto di un amico italiano. Per quanto riguarda il materiale, ho potuto lavorare su molti dati, perché quasi tutti gli apprendenti hanno svolto le tre composizioni. Per la composizione La tua vita in Italia e per Email formale tutti gli studenti hanno consegnato il compito, mentre per Cosa ti piace e cosa non ti piace dell’università, sedici studenti hanno consegnato il compito, per un totale di cinquantasei composizioni da poter analizzare. 3.5 L’analisi dei dati 74 In questo paragrafo verranno presentati i contributi che mi hanno portato a creare una griglia per l’analisi dei dati. Successivamente verrà presentata la griglia e il procedimento attraverso il quale ho analizzato i dati. 3.5.1 Per una griglia di analisi Per quanto riguarda l’analisi, mi sono avvalsa di contributi diversi: • La griglia di Pallotti e Ferrari in Osservare l’interlingua. Una procedura sistematica per la valutazione delle competenze in italiano L2.15 • La griglia di Nuzzo in Valutare l’interlingua di studenti cinesi.16 La griglia di Pallotti e Ferrari è stata utile, perché mostrava spunti interessanti su come esaminare l’interlingua a livello di competenza comunicativa e soprattutto linguistica. In particolare da questa griglia ho tratto il riquadro che metteva in evidenza se c’erano formule fisse. La griglia di Nuzzo invece è stata utile, perché non valutava l’interlingua degli studenti in modo generale, ma dava importanza a quella degli studenti sinofoni, dando consigli su cosa tenere in considerazione (nella tabella le ‘note grammaticali e acquisizionali’) e offrendo un esempio di analisi dell’interlingua di una studentessa cinese (Nuzzo, 2010a: 235-236). Tuttavia, queste griglie erano sì utili, ma non adeguate al tipo di ricerca che intendevo fare: mostravano, infatti, le competenze di ciascun apprendente, mentre mi sembrava che non fosse posta la giusta attenzione ad alcuni termini particolari utilizzati dagli studenti, alle strutture frasali e all’ordine delle parole. Inoltre, l’analisi dei dati era basata in entrambi i casi su trascrizioni di registrazioni audio, e non su composizioni scritte. Pertanto, siccome l’obiettivo dello studio di questa tesi era quello di esaminare gli errori degli studenti sinofoni derivati dalla L1 e dalla lingua inglese, ho deciso di creare una nuova tabella basandomi sul manuale Analisi e correzione degli errori di Cattana & Nesci (2000). Tuttavia, le griglie di Pallotti & Ferrari e di Nuzzo, non sono state abbandonate. I riquadri relativi agli articoli, all’accordo, alle preposizioni, alla costruzione delle frasi, ecc. sono stati utilizzati capovolgendone il significato. Ovvero, invece di utilizzarli per misurare le competenze degli apprendenti, sono stati utilizzati per registrarne gli errori e successivamente 15 Materiali del 2007/2008, MeMo Modena http://istruzione.comune.modena.it/memo/allegati/osservare%20l'interlingua_infanzia%20statale.pdf (12.06.2016). 16 Il saggio di Nuzzo si trova in Rastelli, S. (a cura di), (2010). Italiano di Cinesi, Italiano per Cinesi. Dalla prospettiva alla didattica acquisizionale. Perugia: Guerra, pp. 223-238. 75 analizzarli. Inoltre, da Cattana & Nesci si sono tratte le suddivisioni di ortografia, morfologia, sintassi, lessico e stile. La griglia che ho creato contiene diversi riquadri in cui si elencano le categorie che solitamente sono più problematiche per gli studenti sinofoni e da cui derivano spesso alcuni errori: da questi riquadri ho ricavato i dati che poi ho utilizzato come esempi nel secondo capitolo. Nei riquadri relativi agli errori pragmatici, a quelli derivati dalla L1 e dall’inglese ho ricavato invece i dati che verranno analizzati nel quarto capitolo. Nella griglia sottostante sono stati utilizzati alcuni esempi tratti da diverse composizioni degli studenti, per dare un’idea al lettore di come erano analizzati i testi. Esempio di errore dell’apprendente Categoria linguistica e tipo di errore Ortografia 1. 2. 3. 4. 5. 1. Per esempio: “mi piaciono”, “tropo” 2. Per esempio: “perche”, “universita”, Doppie Accento Maiuscole Apostrofo Scambio/Assenza di fonemi 3. 4. 5. “citta” Per esempio: “bologna”, “professore rossi”, “via zamboni” Per esempio: “del universita”, “nel universita” Per esempio: “libero” (libro), “lezinone” (lezione), “gande” (grande) Morfologia 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 1. Accordo tra nome e articolo o tra Accordo nominale Genere del nome Accordo soggetto-predicato Errore nella coniugazione dei verbi Reggenza del verbo Tempo Ausiliare 2. 3. 4. 5. 6. 7. 76 nome e aggettivo, per esempio: “al mattina”, “le belle classe”, “il coniugazione” Genere errato, per esempio: “il materio” Accordo soggetto-predicato errato. Per esempio: “mi piace i cibi bolognese” Errata coniugazione dei verbi, per esempio: “faccia il bagno”, “io ho tornato a casa”, “università … e tanto famoso” Errore nella reggenza del verbo, per esempio: “mi piace studio nel biblioteca”, “rimagne per chiachera” Utilizzo di un tempo verbale errato, per esempio: “cosa devo dipingere (dovevo)”, Mancato utilizzo dell’ausiliare, per esempio: “Poi Ø avuto un'idea” Sintassi 1. 2. 3. 4. 1. Errori nell’utilizzo delle Preposizione Costruzione delle subordinate Ordine improprio Articolo 2. 3. 4. preposizioni, per esempio: “A sera”, “l’ho messo nel muro”. Oppure mancanza di preposizione, per esempio: “La città Ø Bologna” Per esempio la mancanza di relativizzazione: “c’è una alta cosa Ø mi piace” o “anche ci sono qualche cosa Ø non mi piace” Ordine improprio degli elementi della frase, per esempio: “Il lavoro in ristorante è spesso a Mario”, “anche ci sono qualche cosa non mi piace”, “mi piace la facoltà molto” Omissione dell’articolo, per esempio: “è molto difficile per Ø cinese”, “Ø miei amici e io” Lessico 1. Scambio di parola 2. Locuzione errata 1. Utilizzo di una parola al posto di 2. un’altra, oppure utilizzo di parola inventata, per esempio: “qualche tempo (qualche volta)”, “andare” (venire), “la stanza dello studio” (la sala studio), “sono molto noioso” (annoiata) Locuzione errata, per esempio: “alle fine” (in conclusione), “in modo speciale” (in particolar modo), “finale” (infine) Stile 1. Punteggiatura 2. Posizione connettivi 1. Utilizzo della punteggiatura in modo 2. errato. Per esempio l’utilizzo del punto al posto dello spazio, o il posizionamento di virgole in contesti errati. Per esempio il posizionamento di “anche” e “molto” in frasi come “anche mi piace andare al mare molto”. Errori pragmatici Errori riscontrati nella produzione dell’email formale, per esempio “gentile professoressa marina”, “auguri a te” (Distinti Saluti), e altri di cui si parlerà nel quarto capitolo. Errori probabilmente derivati dalla L1 Errori morfosintattici e semantici derivati dalla L1 di cui si parlerà nel quarto capitolo, per esempio: “Dopo che ho capitolo Italia”. Errori probabilmente derivati da altra lingua Errori morfosintattici e semantici derivati dalla lingua inglese di cui si parlerà del quarto capitolo, per esempio: “Il mio italiano è cattivo” straniera conosciuta (inglese) 77 Utilizzo di formule fisse, per esempio “non lo so”, “non mi piace”, e altri termini imparati a memoria ma non analizzati, come per esempio “strapieno”. Formule fisse Tabella 1 3.5.2 Procedimento Durante l’analisi dei dati, per ciascun apprendente sono state fatte due suddivisioni: una in cui erano riportate le tre composizioni dell’apprendente per notarne gli errori, 17 e l’altra in cui si analizzavano i dati delle composizioni tramite la griglia che si è presentata sopra. I riquadri relativi a ortografia, morfologia, sintassi, lessico e stile sono risultati molto utili per analizzare gli errori intralinguistici degli apprendenti. Per esempio, lo studente CC scrive nella composizione La tua vita in Italia le due frasi “(lui) faccia il bagno” e “(loro) facciano cena insieme”: ciò fa presupporre che l’apprendente abbia ipotizzato che il verbo “fare” si coniughi in base alla prima persona singolare dell’indicativo presente “io faccio” (struttura, probabilmente, molto frequente nell’input). Inoltre, molti errori evolutivi che si sono analizzati nella griglia, come detto, sono stati anche utilizzati come esempi nel secondo capitolo, in cui si descrivevano le principali difficoltà incontrate dagli apprendenti sinofoni con la lingua italiana. Alcuni esempi di questa tipologia di errori sono: difficoltà con le doppie; difficoltà a distinguere la “b” dalla “p” e la “d” dalla “t”; difficoltà con accento e apostrofo in parole come “città” e “l’università”; malformazione di alcune parole, soprattutto a livello vocalico, ecc. Il riquadro relativo agli errori pragmatici è risultato essere interessante, perché mi ha aiutato a notare le difficoltà avute dagli studenti nel comprendere alcune frasi utilizzate nelle email formali (“Gent. Professore”, “La ringrazio per l’attenzione”, “le porgo Distinti Saluti”) e ha rivelato le costruzioni pragmatiche provenienti dalla lingua cinese utilizzate nella composizione Email formale. Questa tipologia di errori verrà analizzata nel quarto capitolo. Inoltre, il riquadro sulle formule fisse ha messo in evidenza alcune costruzioni non analizzate, derivate da frasi di uso comune e frequenti nell’input (“mi piace”, “non mi piace”, “non lo so”). 17 Tutti i testi degli apprendenti sono stati suddivisi e raccolti in Appendice. 78 I riquadri relativi agli errori probabilmente derivati dalla L1 e da altra lingua straniera conosciuta (l’inglese) si sono rivelati essere i più interessanti, e verranno analizzati nel quarto capitolo. Queste due tipologie di errori sono prevalentemente di due categorie: gli errori morfosintattici che derivano dalla L1 e dalla LS e gli errori semantici che derivano dalla L1 e dalla LS. 79 Capitolo 4. Per un’analisi dei fenomeni d’interferenza In questo capitolo si intende descrivere gli errori dei venti studenti che hanno frequentato il laboratorio OFA di riparazione. Verranno presi in esame solo alcuni degli errori presenti nelle composizioni, tralasciando quelli evolutivi, di cui si è parlato nel secondo capitolo, per concentrarsi sugli errori derivati da lingua madre e da altra lingua appresa. Verranno quindi trattati gli errori interlinguistici, poiché “spie preziose” (Banfi, 2003a) dei processi mentali degli apprendenti. Inoltre, l’analisi di questo tipo di errore può essere utile al docente che stia insegnando l’italiano L2 a studenti sinofoni per comprendere meglio il loro punto di vista e le loro produzioni linguistiche. Si è consapevoli che la linguistica acquisizionale si basi principalmente su produzioni orali di soggetti esaminati (Valentini, 1992; contributi in Banfi, 2003; Rastelli, 2010). Tuttavia, anche i testi scritti di sinofoni in italiano L2 sono importanti, anche se trattati più marginalmente in qualche ricerca (Favaro, 2003; Banfi, 2003; Duso, 2010). Come ricordato da Banfi (2003: 183): Pertanto entro un qualsiasi testo scritto redatto da un apprendente una L2 “precipitano” sulla pagina – e vi emergono con l’evidenza che è data dalla forza intrinseca propria della fissazione grafematica – fenomeni che, analizzati attentamente, possono valere quali preziose “spie” atte a illuminare aspetti non marginali di come un apprendente “percepisce” il sistema di L2 e di come lo “riproduce” fissandolo sulla pagina scritta. Tali “spie” dicono molto sia sull’atteggiamento dell’apprendente nei confronti della L2 in termini socioculturali e sia, evidentemente, offrono ulteriore materiale di analisi su fenomeni attinenti il piano strettamente linguistico: una simile ricognizione permette infatti di cogliere, riflessa nell’interlingua, la salienza di fatti fono-morfologici, sintattici, lessicali e testuali propri del sistema L1 così come questi sono stati “filtrati” dall’apprendente. Inoltre può essere utile lavorare con gli apprendenti sinofoni sulla stesura di un testo in quanto è particolarmente utile curare l’abilità di scrittura: a partire da un livello poco più che iniziale (A1.1) gli insegnanti dovrebbero incoraggiare gli studenti a mettere su carta parole e frasi, in quanto i cinesi sono abituati ad utilizzare molto la memoria visiva (Duso, 2010: 238). Gli errori relativi alle tre composizioni di cui si è parlato nel terzo capitolo sono stati suddivisi in tre aree. La prima riguarda gli errori pragmatici, riscontrabili in 81 particolare in riferimento alla scrittura di email formali (Paragrafo 4.1); come vedremo, spesso questi sono riconducibili all’interferenza della lingua madre. Più chiaramente collegabili al cinese sono i fenomeni commentati nel Paragrafo 4.2; mentre sono trattati nel Paragrafo 4.3 gli errori più probabilmente dovuti all’influenza dell’inglese. A questo proposito, alcuni apprendenti presentavano conoscenze pregresse del giapponese, ma è stata la conoscenza dell’inglese a fungere da ponte tra la lingua madre e la lingua di arrivo (l’italiano). Pertanto, anche l’utilizzo di forme riprese dalla lingua inglese non devono essere sottovalutate in quanto, come sostenuto da Duso: Nel caso gli apprendenti conoscano una seconda lingua come l’inglese, tenderanno probabilmente ad appoggiarvisi, recuperando gli elementi coesivi che appaiono simili a quelli italiani: frequenti all’interno del corpus dei cantonesi risultano per es. finalmente per infine, sulla base dell’inglese finally, ed infatti con il valore di in effetti per estensione di in fact (Duso, 2010: 240). Gli apprendenti presi in esame che avevano studiato la lingua inglese in precedenza commettevano meno errori a livello ortografico e di organizzazione della frase rispetto agli studenti che invece non la conoscevano. Per esempio, gli apprendenti con LS posizionavano correttamente le virgole, non usavano i punti al posto degli spazi e organizzavano la frase in maniera abbastanza coesa e coerente. Gli errori del Paragrafo 4.2 derivati lingua cinese e gli errori del Paragrafo 4.3 derivati dalla lingua inglese sono stati ulteriormente suddivisi in due categorie: gli errori morfosintattici e gli errori semantici. Gli errori morfosintattici del Sottoparagrafo 4.2.1 e del Sottoparagrafo 4.3.1 sono quelli che riguardano la forma della parola e della frase e ‘comprendono una vasta tipologia: si va dall’ordine degli elementi della frase alla costruzione delle subordinate, dalle false ipotesi sulla reggenza dei verbi al mancato uso di articoli e preposizioni’ (Cattana & Nesci, 2000: 58). Inoltre, nel caso degli errori morfosintattici considerati in questo elaborato di tesi, essi sono derivati dalla L1 e dalla LS; quindi spesso si ritrovano costruzioni che in italiano appaiono scorrette, mentre vengono spesso tradotte letteralmente dal cinese e dall’inglese. Gli errori semantici del Sottoparagrafo 4.2.1 e del Sottoparagrafo 4.3.1 sono quelli che riguardano il significato della frase; spesso quest’ultimo non riesce a essere espresso nel modo in cui vorrebbero gli apprendenti e vengono così prodotte costruzioni errate. All’interno della semantica si trovano anche errori di tipo lessicale. Questi ‘comprendono l’uso di una parola al posto di un’altra, l’invenzione di parole inesistenti, il ricorso a termini della propria lingua 82 madre oppure l’uso di locuzioni vagamente conosciute ma ricostruite malamente’ (Cattana & Nesci 2000: 58). Sempre all’interno degli errori semantici si trovano anche le “collocazioni”, ovvero la combinazione di due o più parole per esprimere un particolare significato. Questa combinazione è abituale per i parlanti nativi, ma non è immediatamente intuibile per i PNN, i quali devono imparare a memoria i diversi tipi di collocazioni per comprenderne il significato. Le collocazioni infatti non possiedono riscontri formali esatti nelle altre lingue. Per esempio to have lunch si traduce con “pranzare” e non “avere il pranzo”. In italiano alcune collocazioni sono ad esempio “vittoria schiacciante”, “amico fidato” e “cogliere l’attimo”. Tuttavia, non tutte le coppie e le triple di parole sono collocazioni. “Per esempio le frasi “mangiare a quattro palmenti” e “mangiare di gusto” 18 sono collocazioni, in quanto sono parole che si combinano spesso tra loro e sono accettate dai parlanti nativi. I PN usano inoltre quelle combinazioni di parole in modo abituale per trasmettere alcuni significati particolari che vanno oltre il semplice senso di “mangiare qualcosa”. Invece, le frasi “mangiare una pizza/una caramella/una zuppa” non vengono considerate collocazioni ma combinazioni libere, poiché “pizza”, “caramella” e “zuppa” possono essere scambiate tra loro (e con molte altre parole) senza mutare il senso della frase, ovvero che “qualcuno mangia qualcosa”. Tuttavia, nonostante si cerchi di raggruppare i diversi tipi di errori, non sempre si possiede la certezza assoluta che un determinato errore sia derivato dalla L1 o dalla LS, oppure che sia di natura pragmatica, morfosintattica o semantica. Ciò è attribuibile principalmente a due ragioni. La prima è che non è possibile leggere nella mente degli apprendenti e comprendere completamente cosa stavano pensando mentre scrivevano: gli errori scritti infatti non permettono all’interlocutore di chiedere spiegazioni e chiarimenti. La seconda ragione è che i moduli della lingua (semantica, pragmatica, morfosintassi) sono strettamente legati tra loro e spesso è complesso distinguere a quale area appartiene un errore. Spesso inoltre, una frase contiene diversi tipi di errori, collocabili in più aree. Questo capitolo non ha dunque la pretesa di collocare gli errori in settori specifici. Il suo scopo è quello di ordinare, per quanto possibile, gli errori derivati da L1 e LS degli apprendenti sinofoni presi in esame. Gli esempi riportati nel testo e la spiegazione dell’argomento delle collocazioni sono tratti da Faloppa, F. (2010), ‘Collocazioni’, Enciclopedia dell'Italiano, http://www.treccani.it/enciclopedia/collocazioni_(Enciclopedia-dell'Italiano)/(12.06.2016) 18 83 4.1 Gli errori pragmatici nelle email formali Per quanto riguarda gli errori pragmatici, si è stabilito di dedicare una sezione a parte per questa tipologia, poiché non sono presenti semplici sviste o mal interpretazioni del testo, ma si identificano differenze sia in termini pragmalinguistici sia nell’atteggiamento verso l’alterità. Cattana & Nesci (2000: 64) definiscono gli errori pragmatici in questo modo: Sono quelli che derivano da una scarsa attenzione alla situazione comunicativa o dalla mancata conoscenza delle caratteristiche di organizzazione del discorso in relazione alla funzione. […] Nella produzione scritta spesso i testi degli studenti non rispettano le caratteristiche formali tipiche del genere di appartenenza oppure presentano improvvise e imprevedibili variazioni di stile all’interno della stessa produzione. Gli errori pragmatici si sono verificati nella terza composizione, ovvero Email formale, un compito che avevo assegnato agli studenti. Durante la lezione precedente avevo spiegato le caratteristiche dell’email scritta a un professore, con le relative formule di apertura e di chiusura e l’utilizzo del “Lei”. Gli apprendenti sinofoni di italiano L2 presentano difficoltà non solo nell’imparare le norme pragmatiche della lingua di arrivo, ma faticano molto19 a memorizzare le formule di cortesia e l’allocuzione pronominale. Ciò è anche causato dal fatto che per gli studenti sinofoni è difficile apprendere le regole che governano l’accordo nominale e verbale relativamente all’allocuzione; pertanto, per loro è complesso ricostruire la morfologia legata alle forme di cortesia. Nuzzo (2010b: 213) riassume la difficoltà del rivolgersi all’interlocutore con il Lei: Ma la faccenda non è per niente semplice. L’allocuzione pronominale costituisce uno dei sotto-sistemi meno trasparenti dell’intero sistema flessionale italiano poiché presenta un’asimmetria (io – tu – Lei; noi – voi ?) e una norma dell’accordo di genere doppiamente regolata: le forme pronominali sono sempre femminili, però, quando la persona cui ci si rivolge ha la funzione di soggetto, l’accordo del sostantivo e dell’aggettivo avviene non in base alla concordanza grammaticale, bensì al sesso del referente; quando la persona cui ci si rivolge ha la funzione di complemento oggetto, l’accordo è sempre al femminile, anche in presenza di un referente di sesso maschile. Per esempio, in una frase come “Devo farle i miei complimenti, dottor Marchi: Lei è un ingegnere attento e scrupoloso” l’allocuzione riguarda il soggetto della frase, perciò Più di altri apprendenti con L1 strutturalmente e tipologicamente vicina all’italiano come il francese e lo spagnolo. 19 84 l’accordo si basa sul sesso maschile del referente. Al contrario, in una frase come “Professore mi scusi se la disturbo al telefono, ma l’ho cercata oggi nel suo ufficio e non l’ho trovata” il referente a cui ci si rivolge è il complemento oggetto, perciò l’accordo va comunque al femminile. Inoltre, per gli studenti sinofoni le formule di apertura e di chiusura e le altre norme pragmatiche risultano molto difficili da memorizzare. Come afferma Nuzzo (2010c: 145): La competenza pragmatica […] è parte del bagaglio di conoscenze di cui un parlante adulto dispone nella propria L1. Semplificando un po’, possiamo dire che qualsiasi parlante nativo d’italiano sa che [Vorrei un’informazione] è più cortese di [Voglio un’informazione], anche se magari non saprebbe spiegarne il motivo, esattamente come sa che si dice sono andata e non ho andato. Un apprendente d’italiano, invece, deve imparare entrambe queste regole della L2. Spesso i parlanti non nativi hanno conoscenza solo parziale delle norme pragmatiche della L2, pertanto nella comunicazione con i parlanti nativi possono verificarsi [de]i malintesi […]. Pertanto, per gli apprendenti sinofoni gli atti pragmatici spesso sono causa di fraintendimenti e malintesi. Come già spiegato in precedenza, le abitudini linguistiche dei sinofoni sono molto differenti da quelle italiane. La scrittura dell’email formale può essere un esempio che mostra in modo chiaro tale diversità. Verranno ora distinti gli errori pragmatici con possibile interferenza della L1 in tre sezioni: quelli riscontrati all’apertura delle email formali, quelli riscontrati nel corpo delle email formali (le richieste) e quelli riscontrati nella chiusura delle email formali. 4.1.1 Aperture delle email formali All’apertura delle email formali, alcuni studenti esaminati non utilizzano il cognome del professore, bensì solo il nome: per esempio nella composizione dell’alunno CC si riscontra l’errore pragmatico “Gentile Professor Paolo,”. Tenendo conto del fatto che l’apprendente aveva a disposizione diversi esempi riguardo la modalità con cui scrivere una email formale come “Gent. Professore”, “Gent. Professor Rossi”, “Gentile Professore/professor Rossi, si può ipotizzare che lo studente CC abbia confuso le formule spiegate durante la lezione e si sia sbagliato durante la scrittura. Tuttavia, anche altri due studenti compiono lo stesso errore, scrivendo: “Gent. Professor Mario,” e “Gentile professoressa marina”. Anche in questo caso, gli apprendenti MW e WKS si rivolgono al professore chiamandolo per nome, anziché per 85 cognome. Questa modalità può essere interpretata come scortese dai parlanti italiani, ma non è in realtà voluta: i cinesi sono molto attenti al rispetto, soprattutto dell’autorità (come i medici, i professori, ecc.) e delle persone anziane. Esiste addirittura il classificatore specifico 位 wèi utilizzato al posto di 个 gè (più universale), per indicare rispetto verso una persona. La costruzione 一个人 yí gè rén (una persona) è molto diversa rispetto a 一位老人 yí wèi lǎo rén (una persona anziana); dunque, gli studenti cinesi non sono stati maleducati o poco rispettosi nei confronti dell’insegnante, ma probabilmente hanno mal interpretato la spiegazione per qualche motivo. Pertanto, ci si può chiedere se tre apprendenti su venti si siano semplicemente sbagliati a scrivere le formule di apertura, oppure se questi errori derivino da altri fattori. Si possono provare a fare alcune ipotesi, per esempio confrontando le formule di presentazione cinesi con quelle italiane. In Cina è abitudine presentarsi prima con il cognome e poi con il nome, anche tra ragazzi o tra pari. Per esempio, una ragazza che si chiama 梦雨 MèngYǔ (tradotto letteralmente: “sogno di pioggia”) non si presenterà a persone della sua età solo con il suo nome, ma nella formula “cognome + nome” tramite 赵梦雨 Zhào MèngYǔ, come se fosse una parola unica e non composta da due unità. Pertanto, anche nella situazione dell’email formale è fondamentale e ancora più ovvio per un cinese utilizzare sempre il cognome, e mai solamente il nome. In italiano invece non esistono norme sempre valide, e la presentazione dipende dal contesto e dalla situazione. Per esempio, se una ragazza che si chiama Francesca si deve presentare ad alcuni ragazzi, userà solamente il nome, mentre se la ragazza si trova a un colloquio userà la formula “nome + cognome”. Nel caso in cui Francesca debba inviare un’email si possono avere due casi: se deve mandare l’email a qualche amico o a un parente utilizzerà solamente il nome, mentre se deve mandare l’email a un professore o a una persona con cui non ha mai parlato prima, si firmerà con nome e cognome. Tornando ai nostri apprendenti, probabilmente CC, MW e WKS non hanno compreso fino in fondo la mia spiegazione relativa all’email formale in cui specificavo l’importanza dell’utilizzo della formula “nome + cognome”. Potrebbero, per esempio, aver supposto che la parte importante della presentazione fosse il nome proprio.20 Se si valida questa ipotesi, potrebbero successivamente aver applicato questa regola anche a Gli apprendenti potrebbero aver sentito la presentazione tramite il solo uso del nome proprio nell’input. Infatti è molto frequente che i parlanti nativi si presentino informalmente tramite formule come “piacere Francesca”, “piacere, Marco”, ecc. In alternativa, gli apprendenti potrebbero essersi confusi e aver utilizzato la formula di apertura informale, in cui si dice per esempio “Caro Paolo”, “Cara Giada”, ecc. 20 86 un contesto molto più formale (la scrittura di una email a un professore), che invece prevede l’utilizzo solo del cognome. In alternativa, gli studenti CC, MW e WKS potrebbero aver concepito i nomi propri “Paolo”, “Mario” e “marina” come se fossero cognomi, poiché il nome italiano viene posto in prima posizione proprio come accade per il cognome cinese. Oltre a questi tre casi, anche lo studente WSB scrive nella sua email la formula “Mareo professore:” invece di “Gent. Professor Mareo”. In questo caso si possono fare due ipotesi. La prima, che lo studente abbia utilizzato correttamente il cognome di un professore chiamato Mareo. La seconda, che in realtà il professore facesse di nome Mario e che lo studente abbia trascritto o capito male. Inoltre, se si valida la seconda ipotesi, bisogna supporre che WSB, come gli apprendenti CC, MW e WKS, non abbia ben compreso la consegna dell’insegnante e abbia ritenuto che la prima parte della formula “nome + cognome” fosse quella più importante come in cinese. Come già spiegato poco fa, in italiano nelle aperture viene sì prima il nome e poi il cognome, ma nelle email formali sono necessari entrambi e non solo il nome (come accade nelle lettere scritte agli amici). L’errore sarebbe grave persino in cinese: infatti, anche nella lingua madre, l’apprendente avrebbe dovuto scrivere 尊敬的 (zūn jìng de) Mareo 教授 (jiào shòu), ovvero “Egregio/Spettabile Mareo professore”. Dunque, anche se la costruzione “cognome + professore” (anziché “professore + cognome”) deriva dal cinese, non si spiega comunque la mancanza dell’appellativo formale “Gentile/Egregio”, presente (anzi fondamentale) anche nella lingua madre 尊敬的 zūn jìng de. Un altro problema con il solo utilizzo del nome al posto di “nome + cognome” si riscontra nella composizione dell’apprendente ZSD, il quale si presenta tramite la formula “mi chiamo Arturo, …”. In una email formale, come già spiegato in precedenza, è necessario anche il cognome, poiché in italiano ci si presenta con nome e cognome. In questo caso la sola presenza del nome deriva probabilmente da una mala interpretazione del compito richiesto (come per CC, MW e WKS) e non da un errore di distrazione: infatti, a fine email, lo studente si firma nuovamente solo con “Arturo”. In alternativa, come già affermato precedentemente, lo studente ZSD potrebbe aver interpretato importante la prima parte della formula “nome + cognome”, considerando “Arturo” come se fosse il cognome (a imitazione della formula cinese “cognome + nome”), oppure aver preso ad esempio la modalità di scrittura di una lettera informale, nella quale ci si firma solo con il nome. 87 Dopo aver analizzato alcune formule di apertura e di presentazione tramite il solo utilizzo del nome, passiamo ora alle formule di presentazione e di apertura tramite il cognome (utilizzato in modo errato). Per esempio, la formula “Gentile Prof. rossi” utilizzata dalla studentessa WY, può creare dei malintesi, poiché WY scrive il cognome del professore in minuscolo, mentre lascia in maiuscolo “Gentile” e “Prof.”. Tuttavia, bisogna ricordare i problemi che gli apprendenti sinofoni riscontrano nell’utilizzo delle maiuscole. Infatti, come già spiegato nel secondo capitolo, i caratteri cinesi sono tutti di uguale dimensione, e questo crea difficoltà nei sinofoni, soprattutto quando devono distinguere le minuscole dalle maiuscole. Spesso gli studenti sinofoni si presentano e si firmano utilizzando solo minuscole, come nel caso dell’apprendente HCD, il quale si presenta con “mi chiamo h**c*** d*” e si firma allo stesso modo alla fine dell’email. Un altro esempio di utilizzo del cognome al posto della formula “cognome + nome” è quello della studentessa NC, che scrive “Mi chiamo Bianco Alessandra”. In realtà la formula “cognome + nome” non è considerata errata, ed è utilizzata spesso anche dai parlanti nativi per presentarsi all’inizio di una email formale. Tuttavia, nel caso di NC, la formula è probabilmente derivata dalla lingua cinese, dove ci si firma e ci si presenta prima per cognome e poi per nome. Per quanto riguarda l’utilizzo scorretto della punteggiatura nelle formule di apertura, si possono analizzare quattro casi: due che possiedono un errato utilizzo della punteggiatura in quanto gli apprendenti hanno difficoltà a imparare le regole pragmatiche, e due casi che invece derivano probabilmente dall’interferenza della L1. A proposito degli errori di punteggiatura causati da mal interpretazioni, un esempio è quello della studentessa LJL, la quale scrive nella sua composizione “Gentile professor.”. In questo caso l’apprendente non ha ben compreso la spiegazione dell’insegnante e ha unito le due formule “Gent. professor Rossi,” e “Gent. Professore,”. LJL inoltre posiziona il punto dopo “professor”, anziché la virgola. Inoltre, anche la studentessa LRX compie un errore con la punteggiatura, scrivendo “Gentile Professore.Lalli,” e mettendo il punto anziché lo spazio tra “Professore” e “Lalli”. Questo tipo di errore forse è causato da una ancora non chiara concezione dello spazio e del punto di cui si è parlato nel secondo capitolo, o forse è causato da una confusione delle diverse possibilità presentate dall’insegnante (Gent. Professore,/Gentile professor XXX,/Gent. Professore XXX, ecc.). 88 A proposito degli errori di punteggiatura derivati probabilmente da L1 ci sono due esempi, quello dell’apprendente WSB che scrive “Mareo professore:” e quello dell’apprendente ZQW la quale scrive “Gentile professore Rossi:”. Come si può notare, in entrambi i casi, al posto della virgola, richiesta nella formula italiana, vengono utilizzati i due punti. La frequenza di questo tipo di errori nelle composizioni degli studenti cinesi pone ulteriore attenzione al fenomeno: esistono, infatti, solo in questo corpus due esempi contenenti i due punti dopo la formula di apertura. Ciò deve far riflettere l’insegnante sulla non casualità o semplice distrazione dei due studenti WSB e ZQW, e sul metodo di produzione formale nella lingua madre degli apprendenti. L’utilizzo dei due punti dopo la formula “尊敬的 (zūn jìng de) Nome del professore 教授: (jiào shòu)” è infatti la norma nella scrittura di una email formale in Cina, mentre in Italia e in altri paesi (specialmente quelli di formazione anglosassone) si utilizza la virgola dopo “Gent. Professore”. Pertanto, si può ritenere che questi due errori derivino dall’interferenza della L1 nella scrittura di una email formale. 4.1.2 Richieste Anche con le richieste gli apprendenti sinofoni producono alcuni errori pragmatici. Per esempio, la frase della studentessa LX “Le scrivo perché, voglio sostituire un libro dell’esame …”. In questo caso, LX sbaglia a rivolgersi al professore con la forma “voglio”, anche perché, poco prima, ha utilizzato la formula di cortesia “Le scrivo”. Questo è un classico esempio di competenza pragmatica errata che può recare danni alla comunicazione, e che può venire interpretato come inappropriato e maleducato, essendo l’interlocutore un professore universitario. Altri errori nell’utilizzo della forma “voglio” anziché “vorrei” si trovano nelle frasi “Quindi voglio presentare domanda di sostituire quel libro nell’esame”, “voglio andare all’orario di ricevimento martedì” e “vorro’ andare dalle 16 alle 18”. Anche in questi casi gli studenti MW e ZSD e la studentessa WY utilizzano una forma troppo forte e colloquiale, mentre sarebbe preferibile il condizionale di cortesia. Tuttavia, l’insegnante dovrebbe comprendere la difficoltà degli apprendenti sinofoni nell’utilizzo delle formule di cortesia e del condizionale, soprattutto nel descrivere la modalità. Nella lingua cinese infatti non è presente la morfologia, e quindi nemmeno la modalità grammaticale. Pertanto, un verbo come 想 xiǎng può significare “voglio”, “vorrei”, “vogliono”, “vorremo”, “vorremmo”, ecc. a seconda del contesto e della situazione che si sta trattando. Per quanto riguarda invece la 89 frase dell’apprendente ZSD “Anche se sarai libero”, questa può risultare irrispettosa per un professore italiano. Sarebbe invece più corretto utilizzare una forma quale “se sarà libero, …”, oppure “se avrà tempo …” alla terza persona singolare. Tuttavia per gli studenti cinesi è difficile imparare la forma di cortesia e coniugarla a seconda del tempo e della modalità utilizzata nell’email. In cinese esiste la forma di cortesia 您 nín (Lei), utilizzata con persone a cui si deve rispetto quali gli insegnanti, i medici e l’autorità in generale, e la forma 你 nǐ (tu), utilizzata in modo informale (con gli amici, ecc.). Tuttavia, i verbi sono invariabili e solamente la marca 您 nín fa comprendere al lettore il tipo di registro utilizzato. La forma di cortesia in italiano, invece, non richiede solo l’utilizzo del Lei, ma anche alcune modifiche in tutta la morfologia nominale e verbale. 4.1.3 Chiusure e saluti Per quanto riguarda le formule di chiusura e i saluti, sono presenti alcuni errori di questo tipo nelle composizioni degli studenti sinofoni. Di seguito se ne riportano alcune, presentandole nello stesso modo degli apprendenti quando hanno scritto l’email. La formula di chiusura dell’apprendente WKS si mostra nel modo seguente: Distinti Saluti Mario L’apprendente WKS prima di tutto non comprende completamente la formula di chiusura dei Distinti Saluti (difficile anche per un parlante nativo), lasciando alcuni spazi vuoti tra “Distinti” e “Saluti”. Inoltre, lo studente si firma solamente con il nome, probabilmente perché non ha ben presente la firma italiana composta da “nome + cognome”. Un’altra ipotesi potrebbe essere che WKS abbia creduto che la firma in chiusura della email formale fosse uguale a quella presente nella lettera a un amico, dove infatti si utilizza solo il nome. L’utilizzo del cognome nel caso dell’email informale sarebbe risultato strano ed eccessivamente formale, mentre, come è già stato spiegato in precedenza, sono necessari entrambi nel rivolgersi a un professore. La formula di chiusura dell’apprendente WSB si presenta in questo modo: Cordiali saluti. Auguri a te. W*** S*b* 90 La costruzione “Auguri a te.” (祝好 zhù hǎo) è una formula utilizzata in Cina, ma solo tra persone dello stesso livello (tra pari) e non avviene mai tra studente e professore, ma solo viceversa, per esempio, quando un professore augura un buon lavoro a uno studente. Nel caso in cui uno studente scriva a un professore alcune email e abbia instaurato un rapporto più confidenziale, lo studente può scrivere 祝您工作顺利 zhù nín gōngzuò shùnlì, letteralmente “Auguro Lei lavoro buono/di successo”, quindi “Le auguro buon lavoro”. Solitamente, però, lo studente dovrebbe utilizzare la formula “Cordiali Saluti” (此致敬礼 cǐzhìjìnglǐ) che si scrive in questo modo: 此致 敬礼! Firma XXX I primi due caratteri (此致 cǐzhì) devono essere preceduti da due spazi bianchi e stanno a indicare la fine del corpo della mail, mentre i due caratteri di saluto (敬礼 jìnglǐ, che vorrebbero dire “con molto rispetto”) devono essere posti nella riga sottostante e seguiti dal punto esclamativo. Infine, la firma dello studente deve essere posta nella riga sottostante i saluti, ma al centro, come mostrato sopra. Data la diversità di scrittura dell’email formale, non stupisce che gli studenti sinofoni si trovino spaesati nell’apprendere le modalità formali della lingua italiana, prima di tutto perché sono considerate formule difficili da ricordare, in secondo luogo perché anche il modo di posizionare le formule è differente. La formula dell’apprendente ZQW sotto riportata, non costituisce un errore, ma può essere analizzato anch’esso come interferenza dalla L1: In attesa di risposa,Cordiali saluti! Z**** Q*w** Riprendendo la spiegazione della chiusura dell’email formale cinese, possiamo notare che la studentessa ZQW applica la struttura formale dell’email in cinese al contesto italiano. Utilizza infatti la formula “In attesa di risposta” come avevo spiegato nel corso della lezione, e tuttavia sembra mettere in pratica la formula cinese “Cordiali Saluti” (此 致 敬 礼 cǐzhìjìnglǐ) nella seconda parte. Questa supposizione appare validata dalla presenza del punto esclamativo dopo “Cordiali Saluti” a imitazione della modalità cinese della chiusura dell’email formale come descritto in precedenza (敬礼!). 91 4.2 Le interferenze dal cinese In questo paragrafo si analizzano gli errori probabilmente derivati dalla L1, che non hanno però natura pragmatica come quelli presentati nella sezione precedente. Gli errori più probabilmente derivati dalla L1 vengono divisi in due sezioni: gli errori morfosintattici e gli errori semantici. 4.2.1 Errori morfosintattici derivati dal cinese Gli apprendenti producono errori morfosintattici derivati dalla L1 utilizzando ad esempio strutture morfologiche e sintattiche provenienti dal cinese, oppure applicando un differente ordine delle parole all’interno della frase. Un caso di confusione delle categorie di verbo e nome è presente nella frase dell’apprendente ZSD “è sempre pioggia” deriva dal cinese 一直都在下雨 yìzhí dōu zài xiàyǔ, ovvero “sempre tutto pioggia/piovere”. Lo studente, invece di scrivere “ha piovuto tutto il giorno”, traduce letteralmente dalla L1 (anche con lo stesso ordine frasale). La difficoltà di distinzione tra il nome e il verbo dipende dal fatto che nella lingua cinese non ci sono le stesse distinzioni di categorie come in italiano, e dunque ZSD confonde “piovere” con “pioggia”. Per quanto riguarda l’utilizzo della struttura topic-comment dalla L1 sono presenti due esempi. Il primo è costituito dalla frase “Le due sorprese sono successi nello stesso tempo ieri” della studentessa CZ. La frase è abbastanza naturale in italiano, perché in questo caso la dislocazione a sinistra serve a dare risalto alle due sorprese, ai due eventi importanti di quella giornata. Questa struttura utilizzata in cinese, come già descritto in precedenza, si chiama topic-comment21 e prevede che l’argomento (il topic) si trovi in posizione iniziale della frase. In questo caso, dunque, “le due sorprese” corrispondono al topic, mentre “sono successi nello stesso tempo ieri” è il comment (o rema). In cinese (lingua a prominenza topicale), l’ordine topic-comment delle parole è programmato per dare enfasi a una certa parte della frase. Per esempio, si consideri la frase 这个消息我知道了 zhè ge xiāoxi wǒ zhīdao le, letteralmente “Questa notizia io sentita LE”, ovvero “Ho già sentito questa notizia”. Nel caso considerato, 这消息 zhè xiāoxi “questa notizia”, ossia il topic della frase, è posto all’inizio della stessa, mentre La struttura topic-comment è tipica anche di altre lingue isolanti e dell’interlingua degli apprendenti una L2. 21 92 我知道了 wǒ zhīdao le “io l’avevo già sentita” viene dopo e serve a commentare la notizia. In italiano, se volessimo tradurre la frase avvicinandoci più al cinese diremmo “Questa notizia l’ho già sentita”, con una dislocazione a sinistra che serve a enfatizzare la notizia in sé, non il fatto che io l’abbia sentita o meno. Inoltre, come già spiegato nei capitoli teorici, il cinese e l’italiano differiscono, perché la lingua italiana richiede necessariamente il clitico per riprendere l’oggetto posto in prima posizione: una frase come “Questa notizia ho già sentita” risulterebbe strana e non grammaticale per un parlante nativo, mentre l’inserimento di l’- (la) permette di comprendere e di riprendere che cosa ho già sentito. Il secondo esempio di struttura topic-comment è rappresentato dalla frase “Il libro dell'esame c'è due edizione” dell’apprendente NC. Questa è una costruzione che deriva dal cinese per tre ragioni. La prima ragione risiede appunto nella struttura topic-comment. In italiano è corretto dire “ci sono due edizioni del libro dell’esame”, mentre la traduzione cinese della frase è 考试的书有两种版本 kǎoshì de shū yǒu liǎng zhǒng bǎnběn, ossia “esame DE libro esserci/avere due CL edizione”. Anche in questo caso quindi, possiamo notare la struttura topic-comment, con l’argomento in posizione iniziale (il libro dell’esame) e poi il resto della frase (c’è due edizione). In italiano una frase simile poteva essere costruita con dislocazione a sinistra: “Per il libro dell’esame ci sono due edizioni” oppure “Il libro dell’esame ha due edizioni”. La seconda ragione deriva dal fatto che l’apprendente NC fatica a declinare il nome “edizione” al plurale, perché, in cinese (che non possiede genere e numero), anche in presenza di numerali, non si flette il nome. Dunque, anche se in italiano si dice “un’edizione, due edizioni, tre edizioni, ecc.”, in cinese il nome resta invariabile, indipendentemente dal numerale: 一种版本 yī zhǒng bǎnběn ,两种版本 liǎng zhǒng bǎnběn,三种版 sān zhǒng bǎnběn, ecc. La terza ragione deriva dalla scelta del verbo “c’è” anziché “ha”: in cinese, infatti, si utilizza in questi casi il verbo 有 yǒu, che significa sia “avere” che “esserci”, come spiegato nel secondo capitolo. La frase dell’apprendente LRX “quindi secondo una studentessa straniera le lezioni sono un po’ difficili” contiene al suo interno una struttura particolare. I cinesi, infatti, per dire “secondo me/secondo la mia opinione” traducono 对我来说 duì wǒ lái shuō, ovvero la costruzione “对 duì (per/secondo) + persona che pensa una cosa o ha un’opinione + 来说 láishuō (parlare, dire)”. La costruzione appena analizzata ha il significato di “per/secondo me/lei/il ragazzo/la professoressa …”. In questo caso, l’apprendente ha pensato alla frase 所以对一个外国学生来说 suǒyǐ duì yígè wàiguó 93 xuésheng láishuō, letteralmente “secondo/per un(a) stranier(a) studente(ssa) parlare”. LRX l’ha tradotta in italiano con “secondo una studentessa straniera”, invece che con “per una studentessa straniera”. I cinesi possono tradurre le frasi “secondo me (secondo la mia opinione) non dovresti andare” e “per me la lezione è difficile” con la stessa costruzione 对我来说 duì wǒ lái shuō. In italiano, “secondo me” e “per me” non hanno sempre lo stesso significato, dipende dal contesto e dalla frase. L’utilizzo di “per me/mia sorella/qualcuno” probabilmente deriva dal più formale “per quanto riguarda”, ed è utilizzato per esempio in frasi come “per gli studenti cinesi è difficile apprendere questo elemento”, mentre solitamente viene utilizzato in contesti come “per me è importante”, “tempo per me stessa”, ecc. L’uso di “per me è giusto” invece è molto colloquiale, e sarebbe forse preferibile utilizzare “secondo me”. Questi esempi possono far comprendere quanto sia difficile per un apprendente sinofono utilizzare in italiano il giusto termine a seconda del contesto e della situazione. Inoltre, gli esempi sopra riportati fanno capire quante sfumature possieda la lingua italiana. In cinese, invece, la costruzione per esprimere questi due significati è sempre la stessa. Probabilmente, dunque, LRX ha appreso la costruzione “secondo me” (forse perché più frequente nell’input dei parlanti nativi), e l’ha trasferita nella frase analizzata in questione. Parlando delle diverse modalità utilizzate dai sinofoni per la coesione, si possono riportare diversi esempi. Per esempio, nella frase “Prima,sono andata al negozio per prendere tessuto d'olio […] Poi avuto un'idea quando ho guardato la foto di mio fidanzato”, la costruzione “Prima … Poi …” è tipica della lingua cinese, che utilizza molti elementi lessicali per rendere la temporalità. In cinese è infatti comune la costruzione 首先。。。以后 shǒuxiān … yǐhòu, ossia “prima (ho fatto, ho scritto, ho letto, ecc.) poi (sono andata, ho visto, mi sono addormentata, ecc.). Altre costruzioni che delineano la temporalità sono quelle utilizzate della studentessa ZQW “Quando a mezzogiorno”, “Quando la sera” e “Quando in classe”. Queste derivano dall’abitudine cinese di utilizzare la parola “quando” (的时候 de shíhou) per specificare il tempo. Le traduzioni quindi sono 中午的时候 zhōngwǔ de shíhou (Quando a mezzogiorno), 晚上的 时候 wǎnshang de shíhou (Quando la sera) e 上课的时候 shàngkè de shíhou (Quando in classe). Un’altra costruzione che delinea la temporalità è la frase scritta dall’apprendente SM “sono andata a Bologna per visitare di inizia la vita della città universitaria”. SM probabilmente voleva dire “sono venuta a Bologna per vedere in anticipo com’è la vita universitaria”. La costruzione “Di inizia” ha il corrispondente in 94 先 xiān, che in italiano si può tradurre in diversi modi: “prima”, “in anticipo”, “all’inizio”, “come prima cosa”, ecc. La studentessa può aver pensato a una frase di questo tipo: 我去博洛尼亚先看一看大学生活是怎样的 wǒ qù bóluòníyà xiān kànyíkàn dàxué shēnghuó shì zěnyàng de, ovvero “io andare Bologna prima/in anticipo guardare un po’/dare un’occhiata università vita essere come DE”. Per quanto riguarda l’utilizzo delle congiunzioni derivate dalla L1, la frase dello studente HCD “se durante la vacanza” può esserne un esempio. La frase considerata si può tradurre in questo modo: 如果/假如 在假期。。。 rúguǒ/jiǎrú zài jiàqī…, ovvero “se in vacanza”. L’assenza del verbo “essere” e quindi della frase “se sono in vacanza”, in cinese è compensata dall’utilizzo di 在 zài che, come è già stato spiegato nei capitoli teorici, può avere il valore di marca di luogo e tempo, oppure di verbo “esserci, trovarsi”. In questo caso specifico 在 zài ha valore temporale e sta a indicare un periodo entro il quale si svolge l’azione. Un altro esempio che mostra l’utilizzo delle congiunzioni derivate dalla L1 è la frase “Anche se il italiano e il corso sono molto difficili, ma credo che posso imparare l’italiano”. In questa frase dell’apprendente MW, sono presenti le congiunzioni “anche se” e “ma” che non sarebbero corrette nella lingua italiana, ma perfettamente applicabili in quella cinese. La traduzione della frase è la seguente: 虽然 意大利语以及课程都很难,但是我相信我能学好意大利语 suīrán yìdàlìyǔ yǐjí kèchéng dōu hěn nán, dànshì wǒ xiāngxìn wǒ néng xuéhǎo yìdàlìyǔ. Nella lingua cinese, se non si scrivesse dopo “anche se” (虽然 suīrán) la congiunzione “ma” (但是 dànshì), la frase risulterebbe incompleta. La costruzione cinese le richiede dunque entrambe: 虽然。。。但是 suīrán … dànshì. Un altro esempio che mostra l’utilizzo delle congiunzioni derivate dalla L1 è la frase di MW “Perché quando finito il corso sono molto stanco, dunque dormo un po’.”. La frase riprende la lingua cinese tramite le congiunzioni 因为。。。所以 yīnwèi … suǒyǐ, ovvero “Dato che ... (allora)”, mentre la traduzione letterale delle due congiunzioni sarebbe proprio “Perché … dunque/allora”. La traduzione cinese di tutta la frase è 因为上完课以后我很累,所以我睡了一会儿 yīnwèi shàng wán kè yǐhòu wǒ hěn lèi, suǒyǐ wǒ shuì le yí huì er. La traduzione italiana corretta prevede due possibilità: 1) Dato che dopo la fine della lezione sono molto stanco, vado a dormire un po’ 2) Dopo la lezione di solito sono molto stanco, quindi vado a dormire un po’. Per quanto riguarda l’ordine dei costituenti, le costruzioni con “anche” a inizio frase sono molto frequenti nelle composizioni degli apprendenti cinesi. Sebbene sia 95 molto comune nelle interlingue degli apprendenti che imparano l’italiano la collocazione di elementi (quali avverbi e congiunzioni) per primi, in questo caso non si tratta di semplici errori evolutivi, ma di errori interlinguistici. In cinese si colloca “anche” sempre in posizione preverbale se avverbio o iniziale se congiunzione. In italiano invece la collocazione degli elementi è più libera e flessibile. Nelle frasi “anche c’è una alta cosa mi piace” e “anche ci sono qualche cosa non mi piace” si può notare appunto la collocazione in prima posizione di “anche” da parte dello studente CC per cui il significato della frase non è compromesso, ma il suo posizionamento risulta “strano” ai parlanti nativi. In cinese, tuttavia, è molto comune utilizzare le espressioni 还有 háiyǒu e 也有 yěyǒu, letteralmente “anche c’è/avere” per legare le frasi tramite coordinazione. Le due frasi sopra citate si traducono nel seguente modo: • Per “anche c’è una alt(r)a cosa (che) mi piace”, 还有另一件我喜欢的事 háiyǒu lìng yí jiàn wǒ xǐhuan de shì. • Per “anche ci sono qualche cosa non mi piace”, 还有/也有一些事/东西是我不喜欢 的 háiyǒu/yěyǒu yìxiē shì/dōngxi shì bùxǐhuan de. Come si può notare, in entrambi i casi le formule 还有 háiyǒu e 也有 yěyǒu sono poste necessariamente all’inizio della frase, mentre in italiano la posizione degli elementi non è strettamente rigida e varia a seconda del contesto. Proseguendo nell’analisi dell’ordine dei costituenti, la frase “Ce una longa tempo storia” è una costruzione scritta dall’apprendente WKS. Questa probabilmente proviene dalla costruzione cinese 有一段 很长时间的历史 yǒu yuan han Chung shíjiān de lìshǐ, ovvero “c’è/ha un CL lungo tempo storia”, mentre in italiano basterebbe dire “L’Università di Bologna ha una lunga storia”. Oltre alla costruzione tipica del cinese molto differente rispetto all’italiano, si può anche notare la confusione del significato di 有 yǒu, di cui si è già parlato in precedenza. Un altro esempio che tratta l’ordine dei costituenti è la frase dell’apprendente WSB “io vengo dalla Cina XI’AN”. Questa è una costruzione tipica cinese, dove si dice prima da quale paese si proviene e poi si precisa la città. In cinese, dunque, si traduce 我来自中国西安 wǒ láizì zhōngguó Xī’ān, ovvero “io provengo Cina Xi’An”. Un altro fattore che riguarda l’ordine delle parole all’interno della frase è la determinazione. Come già spiegato nel secondo capitolo, il cinese è una lingua che pone i determinanti a sinistra, mentre pone a destra il determinato. Inoltre, è presente la marca di relativizzazione 的 de. Per esempio, l’apprendente LX utilizza nei suoi tre testi molte 96 costruzioni date da “aggettivo + nome”, tipiche della L1 e visibili in strutture come “una deliziosa pizza” 一块美味的披萨 yí kuài měiwèi de pīsà e “grandi scenari” 美丽的风景 měilì de fēngjǐng. Un altro esempio che riporta la costruzione “determinante + determinato” è la frase dell’apprendente WSB “Perché XI’AN cibi al secondo posto in Asia”. La costruzione infatti è derivata dalla lingua cinese: 因为西安的美食在亚洲处于 第二位 yīnwèi Xī’ān de měishí zài yàzhōu chǔyú dì’èrwèi, ovvero “perché Xi’An DE cibi in Asia essere seconda posizione”. Infatti, in cinese la costruzione di WSB “Xi’An cibi” diventa 西安的美食 xī’ān de měishí, che in italiano vorrebbe dire “i cibi di Xi’An”. Inoltre, lo studente WSB utilizza un’altra frase contenente la costruzione “determinante + determinato”: “possiamo di cambiare il corso del tempo” (dove con “corso” si intende la lezione). Anche questa frase proviene dal cinese: 我们可以改一改上课的时间吗 ? wǒmen kěyǐ gǎiyìgǎi shàngkè de shíjiān ma?, ovvero “noi potere cambiare lezione DE tempo?”. In particolare la costruzione che in italiano si tradurrebbe con “il tempo del corso/lezione” viene invertito in cinese a causa del diverso metodo di determinazione presente nelle due lingue, e diventa “corso DE tempo”. Proseguendo nella descrizione degli errori che derivano dalla costruzione “determinante + determinato”, il titolo della composizione La tua vita in Italia della studentessa ZQW è “una amica di giornata”. La frase deriva dalla costruzione cinese 我 朋 友 的 一 天 wǒ péngyou de yìtiān, che letteralmente si traduce proprio “io amica DE un giorno”. In questo caso il determinante è 朋友 péngyou, “amica”, mentre il determinato è 一天 yìtiān, “un giorno/giornata”. Per quanto riguarda l’utilizzo di espressioni colloquiali e tipiche del parlato, si può considerare la frase della studentessa ZQW “la mattina, ci svegliamo è molto tardi, …”. Questa deriva dalla frase cinese 早上,我们起的很晚 zǎoshang, wǒmen qǐ de hěn wǎn (la mattina, noi svegliarci DE molto tardi) o meglio 早上,我们起来以后,已 经很晚了 zǎoshang, wǒmen qǐlai yǐhòu, yǐjīng hěn wǎn le (la mattina, noi svegliarci dopo, già molto tardi). Come già accennato, questa costruzione è abbastanza libera e tipica del parlato o dei diari; dà l’impressione di una scrittura di getto, che non si sofferma troppo sulla grammatica e la struttura della frase. In cinese infatti questa tipologia di frasi è accettata e largamente utilizzata (appunto nel parlato). In italiano scritto (e quindi più ragionato e formale) sarebbe stato più corretto scrivere “La mattina ci siamo svegliate molto tardi” oppure “La mattina, quando ci siamo svegliate era molto tardi”. Un altro esempio di costruzione colloquiale e tipica del parlato è la frase della studentessa YNX “abbiamo mangiato il riso e la carne di manzo, molto buono”. Questa 97 deriva dal cinese 我们吃了米饭和牛肉,很好吃 wǒmen chī le mǐfàn hé niúròu, hěn hǎochī, ovvero “noi mangiato riso e manzo carne, molto buono”. La costruzione 很好吃 hěn hǎochī (molto buono) è molto utilizzata nel parlato, a livello colloquiale, dove non è obbligatoria l’espressione del soggetto o la ripresa dello stesso con 它们 tāmen (“loro”, ovvero i cibi), oppure con 这个 zhège (questi) o 那个 nàge (quelli). Si può notare, inoltre, che l’apprendente scrive “molto buono” invece di “molto buoni”. Ciò è causato dal fatto che l’apprendente traduce alla lettera 很好吃 hěn hǎochī che in cinese è invariabile e non distingue dunque il singolare dal plurale. Il genere e il numero vengono infatti disambiguati grazie al contesto. Esistono inoltre altri errori morfosintattici derivati da L1 che dipendono da diversi fattori come la mancanza di sintagmi, il posizionamento di preposizioni in contesti errati oppure la loro mancanza, ecc. Per esempio, la frase della studentessa WJW “ho chiamatto al amica” proviene probabilmente dal cinese 我给我朋友打了电话 wǒ gěi wǒ péngyou dǎ le diànhuà, ovvero “a/alla io amico/a chiamare”. In italiano e in inglese non si utilizza la preposizione “a” (ho chiamato la mia amica/I called my friend), mentre in cinese è necessaria la preposizione 给 gěi. Al contrario, nella frase “Ho entrato l’università di bologna da circa cinque mesi” dell’apprendente WY manca la preposizione “nell’ ”. La frase deriva forse dal cinese 我已经进入博洛尼亚大学大概 5 个 月了 wǒ yǐjīng jìnrù bóluòníyà dàxué dàgài wǔ gè yuè le, ovvero “io già entrare Bologna università circa 5 mesi LE”. La costruzione “entrare l’università” proviene infatti dal cinese 进入大学 jìnrù dàxué, che non prevede l’utilizzo della preposizione “a”, ma solo l’oggetto in cui si entra. In questo corpus esistono anche costruzioni morfosintattiche che mancano di alcuni elementi. Per esempio, la frase dell’apprendente ZYJ “Sono già stata in Italia per 18 mesi e bisogno ancora tanto tempo per organizzare la frase”, manca dell’ausiliare “avere”. La costruzione “bisogno ancora tanto tempo” può essere derivata anche dal cinese 我需要更多时间 wǒ xūyào gèngduō shíjiān, ovvero “io avere bisogno ancora più tempo”. Nella frase dell’apprendente SM “L’inizano le lezioni spesso sento infelice”, manca invece il riflessivo “mi”. La costruzione “sento infelice” potrebbe venire dal cinese 我感到很不高兴 wǒ gǎndào hěn bùgāoxìng, ossia “io sentire molto non felice”. Il verbo 感到 gǎndào significa infatti “sentire, provare” e si utilizza proprio come in italiano, con la differenza che “sentire” spesso richiede anche il riflessivo “mi” (“mi sento male/stanco/felice”). In cinese invece bisogna esprimere il soggetto tramite un 98 pronome personale ( 我 wǒ in questo caso) e il verbo 感到 gǎndào + il sentimento provato. Infine, esistono nel corpus analizzato alcune costruzioni che mancano del giusto sintagma. Per esempio, nella frase dello studente MW “Inoltre, a causa di salute, ho bisogno di andare da dottore”, manca il sintagma “di problemi”. La costruzione “a causa di salute” (anziché “a causa di problemi di salute”) deriva dal cinese 由于健康的原因 yóuyú jiànkāng de yuányī, letteralmente “dato che/poiché/per salute DE ragione/causa”. Un altro esempio che mostra la mancanza di un sintagma è la frase “Credo che sia il risultato di nostalgia”, nella quale è assente il sintagma “un problema”, oppure “a causa di”. Questa è una frase dell’apprendente ZYJ che deriva dal cinese 我觉得这是思乡/想家 的结果 wǒ juéde zhè shì sīxiāng/xiǎngjiā de chéngguǒ, ovvero “io penso questo è nostalgia DE risultato”. In cinese infatti è molto frequente utilizzare 思乡/想家的结果 sīxiāng/xiǎngjiā de chéngguǒ (il risultato della nostalgia), mentre in italiano è comune dire “credo che sia a causa della nostalgia”. 4.2.2 Errori semantici derivati dal cinese Le interferenze nel caso degli errori semantici derivati dalla L1 si registrano soprattutto a livello lessicale tramite scambi di parola, invenzione di parole inesistenti, ricorso a termini della L1, uso di locuzioni conosciute ma utilizzate malamente (Cattana & Nesci, 2000). Sono presenti, inoltre, anche errori di collocazione, in cui si combinano due parole per esprimere un significato specifico. Per quanto riguarda gli errori lessicali, nel corpus si sono riscontrati alcuni casi. Per esempio, l’apprendente HCD nella frase “dopo pranzo , vado al centro e trovo un bar tranquillo con alcuni amici …” utilizza il termine “trovo un bar tranquillo”, mentre in italiano sarebbe più corretto dire “cerco un bar tranquillo”, oppure “vado in un bar tranquillo”. Questo tipo di errore deriva dalla L1, che utilizza proprio il termine “trovare”, poiché, come mi è stato spiegato da una mia amica cinese: “Nella frase la persona ha trovato il bar o no? Se l'ha già trovato, è giusto usando trovare. Se non ha ancora trovato, cioè vado a cercare, si dice 去找 in cinese”. 去找 qùzhǎo significa infatti “andare a cercare”. Per segnalare che la ricerca è andata a buon fine, al verbo 找 zhǎo (cercare) bisogna aggiungere 到 dào, che ha il significato di “arrivare”, “raggiungere”. Pertanto, la traduzione della frase sarà 我和我几个朋友找到了一个安静的酒吧 wǒ hé wǒ jǐge péngyou zhǎodào le yígè ānjìng de jiǔbā, letteralmente “io e io alcuni amici trovare 99 un tranquillo DE bar”, in cui 找到 zhǎodào significa “trovare” (cercare e alla fine trovare). Anche la frase dell’apprendente MW “Quindi non capito spesso che il professore parla in corso” presenta un errore lessicale. “Parla” (al posto di “dice” o “spiega”) deriva dal cinese 讲 jiǎng, che significa sia “spiegare” sia “parlare”. La traduzione completa della frase è 所以我经常听不懂教授上课讲的话 suǒyǐ wǒ jīngcháng tīngbudǒng jiàoshòu shàngkè jiǎng de huà, letteralmente “quindi io spesso non capire professore nella lezione/corso parla/spiega DE parola/spiegazione”. Per quanto riguarda la parola “corso”, essa viene utilizzata diverse volte dall’apprendente MW nelle tre composizioni. Tuttavia, mentre in alcuni contesti il termine “corso” potrebbe risultare appropriato, in altri è preferibile usare la parola “lezione”. La sovrestensione di “corso” probabilmente è dovuta al fatto che in cinese le due alternative hanno la stessa radice: infatti “corso” si dice 课程 kèchéng, mentre “lezione” si dice 课 kè. Inoltre la traduzione inglese di 课 kè è class; course; subject; lesson. Pertanto, l’apprendente forse ha provato a tradurre la parola prima dal cinese all’inglese, e poi dall’inglese all’italiano, scrivendo “corso”. I caratteri cinesi, infatti, come spiegato nei capitoli teorici, possiedono molti significati che emergono a seconda del contesto della frase. Anche la frase di WJW “ho dormito alle 12” rappresenta un errore di semantica lessicale. In cinese la costruzione si traduce con 我晚上 12 点睡觉 wǒ wǎnshang shí’èr diǎn shuìjiào, ovvero “io sera 12 ora dormire”. In cinese 睡觉 shuìjiào significa sia “dormire” sia “andare a letto”, mentre in italiano i verbi “dormire”, “addormentarsi” e “andare a letto” sono molto diversi tra loro. In italiano invece sarebbe dunque più opportuno scrivere “ieri sera sono andata a letto/a dormire alle 12” o “ieri sera mi sono addormentata alle 12”. Alcuni errori invece non sono il risultato di uno scambio di parola, ma di una produzione di significato errata. Per esempio, la frase dell’apprendente ZSD “mi vedo tante strane e freshe cose che non ho mai visto nei lezioni”, soprattutto per la parte “strane e freshe (fresche) cose”, ovvero “cose nuove, interessanti, mai viste”. In cinese per descrivere questo tipo di esperienza si usa molto frequentemente l’espressione 新鲜 事 xīnxiānshì, tradotto letteralmente “fresche cose”. Anche la frase dell’apprendente ZZY “cosa fa mi scomodo è che il mio dipartimento è un po lontano da casa mia” è un esempio di errore semantico: ZZY non sa che la frase da lui prodotta non esprime il significato che intendeva. In particolare “cosa mi fa scomodo” deriva probabilmente dalla costruzione cinese 让我感到不方便的是 ràng wǒ gǎndào bùfāngbiàn de shì, ovvero “fare io sentire scomodo DE essere”. Lo studente ZZY descrive quello che gli dà 100 fastidio parlando in termini di scomodità attraverso il termine cinese 不方便 bùfāngbiàn. Un terzo esempio di espressione scorretta del significato è la frase dello studente ZZY “La mia vita scolastica quotidiana è cosi colorata”. ZZY non sa infatti che in italiano non si utilizza il termine “colorata” in quel contesto. La costruzione potrebbe derivare dalla frase cinese 我每天的学习生活是这么的丰富多彩 wǒ měitiān de xuéxí shēnghuó shì zhème de fēngfù duōcǎi, ovvero “io ogni giorno DE studio vita essere così DE ricca piena di colore/multicolore”. In cinese la costruzione 丰富多彩 fēngfù duōcǎi è molto utilizzata e significa “ricca e colorata”, ed è simile all’italiano “vivace”. Parlando degli errori di collocazione, si possono analizzare alcuni esempi. Tra essi, la frase della studentessa ZYJ “entrare la sfera professionale” che proviene dal cinese 进 入 专 业 领 域 jìnrù zhuānyè lǐngyù, ovvero “entrare professionale sfera/area/campo”. Un altro esempio di collocazione (anzi più precisamente una combinazione libera) è costituito dalla costruzione della studentessa LJL “mangiare il pranzo”. Questa deriva dal cinese 吃午饭 chī wǔfàn, letteralmente “mangiare pranzo”, mentre in italiano esiste il verbo apposito “pranzare” (e anche “cenare”). In cinese, invece, tutti i pasti vengono preceduti da 吃 chī (mangiare). Inoltre, anche l’apprendente MW utilizza le costruzioni “mangio colazione” e “mangio la cena” (invece di “faccio colazione” e “ceno”). In cinese si traducono con 我吃早饭 wǒ chī zǎofàn (letteralmente “mangio colazione”) e con 我吃晚饭 wǒ chī wǎnfàn (letteralmente “mangio cena”). Anche la frase dell’apprendente HCD “faccio alcuni piatti cinesi” è un errore collocazione (o forse combinazione libera). La frase deriva dal cinese 我做几道中国菜 wǒ zuò jǐdào zhōngguócài. Infatti 做 zuò ha il significato di “fare”, ma in questo caso anche di “cucinare/preparare piatti cinesi”. Viene dunque sovraestesa la forma del verbo “fare” anche in un contesto dove sarebbe preferibile utilizzare altri verbi come “preparare” o “cucinare”. Anche nelle frasi della studentessa LRX “quando ho qualche problema non posso capire loro chieso … tutti i palori negli libri […] troppo techniche e non posso capire” è presente un errore di collocazione. Infatti, le due occorrenze di “non posso capire” (“posso” al posto di “riesco”) rappresentano proprio questo tipo di errore. In cinese ci sono diversi modi (come in italiano) per esprimere la modalità (“non posso”, “non riesco”, “non voglio” …). In questo caso, mentre in italiano si dice “non riesco a capire la lezione”, in cinese si utilizza la costruzione potenziale 我 听 不 懂 课 wǒ tīngbudǒng kè. La costruzione potenziale prevede “il verbo 听 tīng (sentire) + 不 bù (negazione) + 懂 dǒng (capire/comprendere)”, quindi letteralmente “non riuscire a 101 capire (nel senso di udire)”. Nella parte successiva, dove LRX non riesce a capire ciò che legge perché le parole sono troppo difficili sarebbe corretto utilizzare la costruzione potenziale 我看不懂 wǒ kànbudǒng. Questa costruzione prevede invece “il verbo 看 kàn (leggere/vedere) + 不 bù (negazione) + 懂 dǒng (capire/comprendere)”, quindi letteralmente “non riuscire a capire (nel senso di leggere/vedere). Un altro esempio di collocazione è la frase dell’apprendente ZSD “Spendevamo 3 ore per fare i ravioli”. La costruzione potrebbe derivare dal cinese 我们花了 3 个小时包饺子 wǒmen huā le sān gè xiǎoshí bāo jiǎozi, ovvero “Noi spendere LE 3 CL ore preparare ravioli”. Il termine 花 huā possiede diversi significati tra cui quello di “fiore”, quello di “colorato”, quello di “spendere denaro” ( 花 钱 huāqián), ma anche quello di “impiegare del tempo”, “spendere del tempo” (花时间 huā shíjiān, come in inglese spend some time). In questo caso si può utilizzare in rapporto al tempo e diventa 花了 3 个小时 huā le sān gè xiǎoshí, ossia “spendere 3 ore”. Anche la frase della studentessa ZYJ “le scrivo per chiedere due problemi sul metodo d’esame” in cui è utilizzata la costruzione “chiedere due problemi” è un errore di collocazione. La costruzione è tipica del cinese che usa lo stesso termine 问题 wèntí con il significato sia di “problema” sia di “domanda”. La traduzione cinese dunque è 问 两 个 问 题 wèn liǎnggè wèntí, letteralmente “chiedere due CL domanda/problema”, mentre in italiano sarebbe corretto dire “fare una domanda” o più informalmente “chiedere qualcosa”. Un altro esempio di errore di collocazione si trova nella frase “Spero di poter imparare un sacco di conoscenza”, nella quale la costruzione “imparare + conoscenza” non funziona in italiano. La frase deriva dal cinese 我希望能 学到很多知识 wǒ xīwàng néng xuédào hěnduō zhīshi dell’apprendente WSB, ovvero “io sperare potere imparare molta conoscenza”. La costruzione “imparare molta conoscenza” (学到很多知识 xuédào hěnduō zhīshi) è molto utilizzata nella lingua cinese. Anche nella frase dell’apprendente ZZY “capire conoscenze diverse” c’è un errore di collocazione simile a quello appena esaminato. La frase deriva forse dal cinese 了解不同的知识 liǎojiě bùtóng de zhīshi, ovvero “capire non uguali DE conoscenze”. In italiano sarebbe più appropriato scrivere “imparare diverse cose”, “conoscere tante cose” o, in un italiano più formale, “acquisire diverse conoscenze”. L’ambiguità si trova in 了 解 liǎojiě, verbo che può significare “conoscere”, “comprendere”, “capire”, “fare conoscenza di qualcuno”, “scoprire”, “intendersi di qualcosa”, oppure anche nome che può significare “comprensione”, “conoscenza”. L’ambiguità di 了解 liǎojiě come errore di collocazione si trova anche nella frase dello studente WSB “Dopo che ho capito Italia” 102 Questa proviene dalla costruzione cinese 我了解了意大利以后 wǒ liǎojiě yìdàlì yǐhòu, ovvero “io capire/conoscere Italia dopo”. Come già spiegato, 了解 liǎojiě possiede molti significati, tra cui “capire” e “conoscere”. Anche nella frase “il mio ideale è fare un buon designer di moda” dell’apprendente WSB è presente un errore di collocazione: in italiano si dice infatti “essere/diventare + un mestiere”. La frase cinese corrispondente è 我的理想是当一个出色的时尚设计师 wǒ de liǐxiǎng shì dāng yígè chūsè de shíshàng shèjìshī, ovvero “io DE ideale è fare (lavorare come) un buon/bravo DE moda designer”. In questo caso la costruzione dello studente WSB 当一个出色的时尚设计师 dāng yígè chūsè de shíshàng shèjìshī (fare/lavorare come un bel designer di moda) utilizza 当 dāng, che significa sia “fare” sia work as, “lavorare come/in quanto”, ed è seguito dal mestiere/lavoro che una persona svolge. Per esempio: “faccio il professore/lavoro come professore/sono un professore” in cinese diventa 当老师 dāng lǎoshī. In questo caso, quindi, se in italiano sarebbe corretto dire “voglio diventare un bravo designer di moda/voglio lavorare come designer di moda”, in cinese esiste il doppio significato di 当 dāng. Altri esempi di significati molteplici di verbi si ritrovano in 有 yǒu che, come già spiegato nel secondo capitolo, possiede sia il significato di “avere”, sia quello di “esserci. Una frase che presenta questo tipo di esempio è “Il libro dell'esame c'è due edizione” dell’apprendente NC. La traduzione cinese della frase è 考试的书有两种版本 kǎoshì de shū yǒu liǎng zhǒng bǎnběn, ossia “esame DE libro esserci/avere due CL edizione”. Un’altra frase che presenta diversi significati di 有 yǒu, è quella della studentessa ZQW: “ma altra universita non ce il materio DAMS”. Questa deriva dalla costruzione cinese 在其他大学里没有 DAMS 的课程 zài qítā dàxué lǐ méiyǒu DAMS de kèchéng, ovvero “in altra università dentro non c’è DAMS DE materie”. In italiano sarebbe stato corretto dire “nelle altre università non ci sono le materie del DAMS” oppure “le altre università non hanno le materie del DAMS”. C’è un terzo esempio che presenta i molteplici significati di 有 yǒu: “io c'e il esame fino al 18.00”. Questa frase dello studente WKS proviene dal cinese 我有个考试晚上 6 点结束 wǒ yǒu gè kaǒshì wǎnshang liù diǎn jiéshù, ovvero “io c’è/avere CL esame sera 6 ora finire”. Anche in questo caso, lo studente sinofono fatica a distinguere i due significati del verbo 有 yǒu. Come già specificato all’inizio di questo capitolo, ho provato a suddividere alcuni errori del corpus in diverse categorie. Tuttavia, i moduli della lingua sono fortemente intrecciati e spesso non è semplice distinguere le diverse tipologie di errore. 103 Pertanto, si riportano alcuni esempi di frasi analizzate che contengono tipi di errori differenti. La frase della studentessa ZQW “mi sembre che questa segreteria e molto bene e molto umanitaro” deriva probabilmente dalla frase cinese 我感觉这个秘书处非常 好也非常人性化 wǒ gǎnjué zhège mìshūchù fēicháng hǎo yě fēicháng rénxìnghuà che alla lettera vuol dire “io ritengo questa segreteria molto bene e molto umanitaria”. In questa costruzione quindi possiamo notare diversi errori: 1. L’assenza in cinese della copula (un errore quindi morfosintattico). Come spiegato nei capitoli teorici, in cinese gli aggettivi presentano alcune caratteristiche dei verbi e vengono chiamati “verbi aggettivali”, poiché non è necessaria la copula, ma solo il termine 非常 fēicháng (molto). Inoltre, lo studente fatica a coniugare il verbo al congiuntivo come richiesto dalla costruzione “mi sembra che” (mi sembre che questa segreteria e molto bene). 2. La traduzione di 非常好 fēicháng hǎo in “molto bene” invece che “molto buona/ ben organizzata” proviene dai molteplici significati di 好 hǎo (buono, bene, bravo, giusto, ecc.). Questo errore potrebbe essere di tipo semantico. 3. La traduzione letterale di 人 性 化 rénxìnghuà con “umanitaria” deriva probabilmente dalla confusione con 人性 rénxìng (umanità, natura umana) (un errore lessicale). Infatti, il termine 人 性 化 rénxìnghuà 22 contiene il significato di “man-oriented”, “amichevole”, “gentile”, “disponibile” ed è strutturato ponendo attenzione alla persona in quanto essere umano e non semplice numero, da trattare in modo freddo o distaccato. Quindi la segreteria di cui parla l’apprendente ZQW è sempre disponibile ad aiutare ogni persona per qualsiasi questione e non lascia gli studenti soli a risolvere i problemi burocratici. In cinese è molto comune utilizzare la costruzione 人性 化 rénxìnghuà per definire qualcuno o qualcosa (la segreteria) che è disponibile, che aiuta individualmente, mentre in italiano una segreteria del genere potrebbe essere semplicemente definita come “disponibile ad aiutare ogni studente e che si interessa degli individui non come numeri da sbrigare, ma come persone a cui serve aiuto”. Anche la frase dell’apprendente ZSD “Adesso c’ero alcuni problemi che vorro’ consultare per l’esame” contiene diversi tipi di errori. La costruzione deriva dal cinese e si traduce nel seguente modo: 现在我有一些关于考试的问题要咨询 xiànzài wǒ yǒu yìxiē 22 Il chiarimento del termine 人性化 rénxìnghuà è stato suggerito dalla professoressa Hu Guiping. 104 guānyú kǎoshì de wèntí yào zīxún, ovvero “adesso io avere alcune riguardo esame DE domande/problemi voglio/vorrò chiedere consiglio/consultare”. Questa frase, dunque, presenta tre tipologie di errori derivati da L1: 1. “alcuni problemi” (一些问题 yìxiē wèntí) in cinese possiede il duplice significato di “problemi” e di “domande”. Lo studente ha quindi tradotto i caratteri con “problemi”, invece di dire “ho alcune domande”. Questo errore potrebbe essere di collocazione, come si è già notato per l’apprendente ZYJ. 2. “che vorro’” deriva da 要 yào, verbo che ha il significato di “volere”, ma viene utilizzato anche per esprimere una situazione futura. In questo caso lo studente ha unito i due significati e ha così creato “vorrò”. Questo errore potrebbe essere morfosintattico. 3. “vorro’ consultare” deriva dal cinese 咨询 zīxún che ha diversi significati (tra cui “cercare consiglio”, “consultare”, “consultazione”, “cercare informazioni”, “inchiesta”). In questo caso lo studente ha scelto uno dei molteplici significati di 咨询 zīxún e ha tradotto con “vorro’ consultare” anziché con “vorrei chiedere consiglio”. Questo tipo di errore potrebbe rientrare nella categoria di semantica lessicale. 4.3 Gli errori derivati dall’inglese In questo paragrafo si analizzano gli errori riscontrati nel corpus che probabilmente derivano dall’inglese, l’altra lingua studiata dagli apprendenti. La LS infatti è risultata essere molto utile a diversi apprendenti nel passaggio dal cinese all’italiano. 4.3.1 Errori morfosintattici derivati dall’inglese Gli apprendenti sinofoni producono alcuni errori morfosintattici derivati dall’altra lingua straniera conosciuta, l’inglese. Esistono nel corpus errori di costruzione della frase, a imitazione della LS. Per esempio, l’apprendente CZ scrive la frase “Di solito faccio niente ma studiare quando sto da sola”. In particolare, la costruzione “faccio niente ma studiare” non sembra semplicemente un errore di scrittura ma una derivazione da un’altra lingua: infatti, in inglese, LS della studentessa, la frase si traduce in I do nothing but study when I’m home alone. La struttura do nothing but è tipica dell’inglese 105 e in italiano si potrebbe tradurre con “faccio di tutto tranne che studiare quando sto da sola”. Un altro esempio di costruzione morfosintattica derivata dalla LS è la frase “miei amici e io ci divertiamo” dell’apprendente YNX. Questa frase proviene dall’inglese my friends and I have a lot of fun, che antepone sempre prima le altre persone e poi la prima singolare, mentre in italiano è usuale dire “io e i miei amici ci divertiamo”. Un altro errore di costruzione morfosintattica è la frase “quindi sono da Cina a Italia per studiare la moda” dello studente WSB. Questa proviene probabilmente dall’inglese I’m from China to Italy to study fashion. Anche la frase dell’apprendente ZYJ “Un altro problema è sull’orario del ricevimento” imita una costruzione inglese. In particolare, la preposizione sull’ nella frase “sull’orario del ricevimento” è probabilmente derivata dalla preposizione inglese about, e quindi la traduzione sarebbe The other problem is about the time of the ricevimento. L’apprendente LJL scrive una frase che probabilmente ricalca una struttura inglese. La frase è la seguente: “Ma ci sono alcune cose non mi piaciono.Il tempo del corso .Ho usato per mangiare il pranzo alle 11:00~12:00,di solito io ho la lezione nel questo tempo,dunque io ho molto fame dopo la lezione”. La frase è probabilmente tradotta in modo errato dall’inglese nel modo seguente: But there are some things I don’t like, the time of course. I used to eat lunch during 11.00~12:00. But usually I have classes during this period. Come si può notare dalla frase appena menzionata, l’apprendente potrebbe aver tradotto letteralmente I used to con “Ho usato per”, mentre in italiano la traduzione corretta sarebbe “ero solita”, “avevo l’abitudine di”, “ero abituata a”. Anche la frase della studentessa ZQW “ho sempre chiesto loro per le note” deriva dall’inglese I’ve always asked them for notes e ciò si deduce da tre ragioni: 1. La struttura della frase italiana scritta dalla studentessa è uguale a quella tradotta in inglese. 2. “chiedere per” deriva dall’inglese ask for. 3. “note” (anziché “appunti”) deriva dall’inglese notes. Sono presenti nel corpus costruzioni morfosintattiche che eliminano o aggiungono elementi alla frase a imitazione delle costruzioni inglesi. Per esempio, la frase “Nel mio tempo libero” dell’apprendente YNX potrebbe provenire dall’inglese in my spare time, in particolare per la presenza del possessivo “mio”, non necessario in italiano, mentre molto utilizzato in inglese. Anche la frase dell’apprendente WY “Ho entrato l’università di bologna”, in particolare la costruzione “ho entrato l’università” 106 forse proviene dall’inglese I entered the university of Bologna, dove non sono necessarie le preposizioni “a” o “in” con il verbo to enter (mentre sono necessarie con il verbo “entrare” italiano). La costruzione “sento infelice” presente nella frase della studentessa SM “L’inizano le lezioni spesso sento infelice” manca invece del riflessivo “mi”. La frase probabilmente deriva dall’inglese I feel unhappy, che non richiede il riflessivo. La frase dell’apprendente ZYJ “bisogno ancora tanto tempo” è un errore morfosintattico, in quanto ZYJ non conoscere la costruzione “avere + bisogno”. La costruzione può derivare dall’inglese I need a lot of time/I need more time in cui il verbo need non necessita dell’ausiliare “avere” per essere completo. Esistono nel corpus anche alcune costruzioni colloquiali tradotte letteralmente dall’inglese. Per esempio, nella frase scritta dall’apprendente LTQ “Lo sai le lezioni sono difficili per noi cinesi” la costruzione colloquiale “Lo sai”, deriva probabilmente dall’inglese e si può tradurre con l’intercalare You know. Anche la frase dell’apprendente ZYJ “vedi che non ce l’ho tanto tempo per il ripasso” è colloquiale in inglese. In particolare “vedi che” potrebbe derivare dall’abitudine inglese di dire you see (alternativa di you know), ed è utilizzato solitamente come intercalare. 4.3.2 Errori semantici derivati dall’inglese Esistono nel corpus diversi tipi di errori semantici, per cui le intenzioni dell’apprendente sono espresse in un modo scorretto. Per esempio, nella frase della studentessa CZ “finalmente ho scelto a dipengere”, “finalmente” è utilizzato in modo non completamente corretto, perché il senso del testo era invece “alla fine ho scelto di dipingere”. “Finalmente” viene tradotto da finally, che presenta il doppio significato in inglese di in the end e at conclusion, (in italiano corrispondono ad “alla fine” e “finalmente”). L’apprendente CZ dunque probabilmente utilizza la prima traduzione di finally trovata, credendo che non ci sia differenza. Anche la frase “ti visito sinceramente” non veicola il significato nel modo che avrebbe voluto l’apprendente LX. La costruzione potrebbe provenire dall’inglese I’ll definitely visit you (Ti farò sicuramente visita), poiché LX traduce in italiano “ti visito” (proprio come richiede l’inglese) invece di “ti farò visita/ti verrò a trovare”. LX, dunque, potrebbe aver copiato o capito male nella traduzione di definitely, confondendo “sicuramente” con “sinceramente”. Anche l’apprendente FD utilizza in modo scorretto to visit, scrivendo la frase “visito la mia fidanzata a fine sittimana”. In inglese to visit significa “fare visita”, “andare a trovare”, oppure “visitare un luogo”, mentre spesso in italiano si dice “il 107 dottore ha visitato il paziente”. In inglese dunque la frase si traduce con I visit my girlfriend. Inoltre, l’apprendente FD scrive la frase “un compagno di casa che infastidendo”; il termine “infastidendo” (invece di “mi infastidisce” o “fastidioso”) forse deriva dall’inglese annoying. Lo studente può averlo tradotto dal verbo “infastidire” e aver aggiunto -endo prendendo come esempio -ing di annoying. Nella frase dell’apprendente HCD “Mi piace la vita tranquilla, non mi piace la vita rumoresa”, il termine “vita rumoresa” (rumorosa) probabilmente deriva da noisy (rumoroso, fastidioso), e associato a “vita” assume il senso di “caotico”. Nella frase della studentessa WJW “studiare in libreria”, la parola “libreria” proviene dall’inglese library (che significa biblioteca in inglese) ed è un falso amico, poiché invece in italiano “libreria” rappresenta un negozio in cui si comprano i libri (detto appunto in inglese bookshop). Pertanto, questo tipo di errore è semantico, in quanto il significato che WJW voleva esprimere, non è stato bene esposto. Inoltre, l’apprendente WJW scrive la frase “Ho prestato un libro dell'esame”, dove “ho prestato” (invece di “ho preso in prestito”) deriva forse dall’inglese I borrowed a book. In italiano “prestare” e “prendere in prestito” (corrispondenti a lend e borrow) sono molto simili formalmente (ma diversi a livello semantico) ed è quindi facile che uno studente sinofono possa confondere i due termini. Anche la frase dell’apprendente ZZY “cosa fa mi scomodo è che […]” non veicola il significato sperato. La costruzione deriva probabilmente dalla frase inglese The thing that makes me feel uncomfortable is that [...]. La parola uncomfortable, infatti, viene utilizzata sia per le cose (the bed is very uncomfortable), sia per le persone e per il disagio provato. In questo caso, lo studente parla di una situazione disagevole e fastidiosa, ovvero il fatto che la facoltà si trovi lontano da casa sua. Un altro errore semantico derivato dalla LS è per esempio la frase “i libri riferiti per l’esame” dell’apprendente ZYJ che proviene forse dall’inglese the books related to/about the exam. Anche la costruzione “come una compensa” situata all’interno della frase “abbiamo deciso di rifarla alla fine settimana come una compensa” della studentessa ZYJ è un errore semantico e deriva probabilmente dall’inglese as a compensation. Nella frase “In modo speciale, il coniugazione è molto difficile” dello studente MW, la locuzione “In modo speciale” deriva forse dall’inglese In a special way, ed è un errore lessicale. Lo studente MW aveva forse intenzione di dire “In modo particolare”. Nella frase della studentessa NC “Il 18 febbraio è il festivo di primavera in Cina”, le parole “festivo di primavera”, ovvero la Festa di Primavera (tradotto letteralmente da 春 节 chūnjié, e conosciuto come il Capodanno cinese), deriva 108 probabilmente dall’inglese The Spring Festival. La parola “obbligazione” all’interno della frase della studentessa ZYJ “il corso tipo biotecnologia, matematica e psicologia è un’obbligazione per tutti i studenti di primo anno” è corretta in italiano, ma poco utilizzata e sta a indicare un dovere morale. Al suo posto, è più naturale usare “obbligo”, quindi probabilmente lo studente ha derivato la parola dal termine inglese obligation (impegno, obbligo). Esistono nel corpus anche alcuni termini inglesi, utilizzati a volte inconsciamente, mentre altre volte in modo conscio, poiché gli apprendenti non conoscono la parola italiana corrispondente. Per esempio, la frase “riguardo alla carriera di studiare su website” scritta dall’apprendente CC possiede un termine della LS (website), in mancanza della conoscenza del corrispettivo italiano “sito internet”. Non è chiaro tuttavia cosa intendesse lo studente CC con la frase “riguardo alla carriera di studiare su website”, forse allo studio e all’acquisizione di informazioni riguardanti la carriera universitaria online. Il termine “troppo techiche” presente nella frase della studentessa LRX “tutti i palori negli libri secondo me sono difficilissimo. troppo techniche e non posso capire” probabilmente proviene dall’inglese technical words che richiede il -ch subito dopo te-, mentre in italiano il -ch è utilizzato solo alla fine della parola “tecniche”. Invece la frase dell’apprendente LX “posso uscire con mia amica or stare a casa” probabilmente è un errore di distrazione, poiché LX sostituisce l’inglese or alla congiunzione “o”. Esistono inoltre alcuni errori di collocazione, come ad esempio la frase dell’apprendente MW “Il mio italiano è cattivo”, in inglese My Italian is very bad. Un altro esempio di collocazione errata è la frase dell’apprendente ZSD “Spendevamo 3 ore”, di cui si è già discusso nel Paragrafo 4.2.2 La costruzione può derivare anche dall’inglese We spent three hours. Mentre in italiano è corretto dire “impiegare del tempo”, in inglese si utilizza la costruzione to spend some time. Un altro esempio simile di differenza di collocazione tra italiano e inglese (non presente nel corpus) si può notare anche nella costruzione “prestare attenzione” e to pay attention per cui in italiano si utilizza il termine “prestare”, mentre in inglese quello di “pagare”. 109 Conclusioni L’obiettivo dell’elaborato di questa tesi era di analizzare gli errori derivati dalla L1 e dall’inglese di venti studenti sinofoni che hanno seguito un laboratorio linguistico di riparazione nel quale io ero l’insegnante. Le lezioni prevedevano diverse tipologie di esercizi, ma solo tre composizioni scritte da ciascuno studente sono risultate utili ai fini dell’analisi. Gli errori analizzati nel quarto capitolo sono stati suddivisi in tre macro aree: gli errori tipicamente pragmatici (e derivati probabilmente dalla lingua cinese), gli errori derivati dalla L1 e gli errori derivati probabilmente dall’inglese. A parte l’area che tratta gli errori di natura pragmatica, ciascuna delle altre due aree è stata ulteriormente suddivisa in errori di interferenza morfosintattica ed errori di interferenza semantica. Tuttavia, come già spiegato nel quarto capitolo, le suddivisioni sono servite a dare ordine agli errori per analizzarli ma non si può essere completamente certi della loro natura in molti casi. L’analisi delle composizioni ha messo in evidenza come molti errori che erano stati inizialmente interpretati come evolutivi o dovuti a sbagli (mistakes) fossero di fatto da considerarsi più probabilmente interlinguistici, dovuti cioè all’influenza della lingua di partenza o dell’inglese. Dall’analisi è emerso che la maggior parte degli errori fatti dagli apprendenti sinofoni erano di natura semantica e morfosintattica e che derivavano dall’interferenza della lingua madre. Una buona parte degli errori derivavano anche dall’altra LS conosciuta, l’inglese, mentre una parte minore erano di natura pragmatica e derivavano dalla L1; l’alta incidenza di errori di tipo pragmatico era anche dovuta al fatto che una delle composizioni non era a tema libero, ma prevedeva la scrittura di una email formale. Nel complesso, l’analisi effettuata ha confermato quanto già emerso da ricerche precedenti sull’italiano degli apprendenti sinofoni: i problemi con la morfologia (Valentini, 1992) e le difficoltà dovute alla diversa concezione di “parola” in italiano e in cinese (Banfi, 2003; Pellin, 2010). Inoltre, questa tesi ha tenuto presenti alcune caratteristiche del sistema dell’insegnamento e dell’apprendimento in Cina (Consalvo, 2012; De Marco, Mascherpa, 2011; Piccinini, 2010; Matteini, 2010; Pellin, 2010; Tang & Absalom, 1998) per far comprendere al lettore (per quanto possibile) le difficoltà degli apprendenti sinofoni con il sistema italiano e la difficoltà da me riscontrata nel raccogliere i dati sotto forma di produzioni orali. Infatti, come già spiegato nel terzo capitolo, la distanza 111 tipologica tra il cinese e l’italiano e i differenti metodi di insegnamento (anche linguistico) dei due Paesi, hanno reso difficile la proposta di esercizi orali e di compiti strettamente comunicativi (Piccinini, 2010), portandomi a considerare rilevanti solo i dati relativi alle produzioni scritte. Questo è stato uno dei fattori che ha posto alcuni limiti allo studio della tesi. Un altro fattore limitante è stato il poco tempo a disposizione per insegnare l’italiano L2 ai sinofoni e per acquisire la loro fiducia e collaborazione. Se avessi avuto più tempo avrei infatti organizzato le lezioni in modo diverso, avrei adottato probabilmente un approccio valenziale, ponendo il verbo (e le sue valenze) come fulcro della frase, avrei dato maggiore rilevanza agli esercizi orali, e avrei mantenuto alcune ore a settimana per lo sviluppo delle competenze comunicative. Inoltre, lo svolgimento della prova finale dopo sole quindici ore di corso di riparazione, è stato a mio parere precipitoso. Ciò è tanto più vero se consideriamo che Rastelli (2010) solleva il dubbio del valore predittivo degli esami quando questi sono sostenuti, dai partecipanti al Progetto Marco Polo dopo ben 560 ore di corso. Afferma infatti che Ogni decisione sull’ammissione o meno di uno studente, cioè ogni decisione sul suo futuro a breve e medio termine, deve sempre essere una funzione non solo di ciò che lo studente sa in un determinato momento, ma anche degli indici predittivi di conoscenze linguistiche che il candidato ancora non padroneggia, ma che noi presumiamo potrà avere di lì a qualche mese (quando comincerà a confrontare le lezioni e a sostenere gli esami) (Rastelli, 2010: 13). Piccinini (2010), parlando della lentezza degli studenti sinofoni del progetto Marco Polo nell’apprendimento dell’italiano L2, che attribuisce a fattori quali la distanza tipologica e il differente metodo di insegnamento cinese, afferma che […] più che un esame per la valutazione complessivamente definitiva dopo soli sei mesi di corso, così com’è organizzato il corso di italiano per i sinofoni, sarebbe piuttosto necessaria in questa fase una valutazione “in prospettiva”, che confermi un giudizio sull’apprendente basato su indici prospettici già osservati durante il corso, ma che diventi definitivo solo dopo almeno un anno dall’inizio della frequenza del corso da parte dell’apprendente (Piccinini, 2010: 244). Pertanto, se le 560 ore di corso del progetto Marco Polo sono state ritenute insufficienti per far apprendere l’italiano L2 agli studenti sinofoni, non c’è dubbio che lo siano state le poche ore di didattica da me gestite. Un altro limite dello studio è stato quello di non 112 poter avere accesso ad alcune informazioni riguardanti gli studenti quali l’età, la città di provenienza, gli studi fatti in precedenza, le lingue conosciute (e a quale livello), ecc. Queste informazioni sarebbero risultate utili per comprendere se gli studenti avessero studiato in Cina la lingua italiana, oppure se l’avessero appresa tramite il progetto MP e a che livello, quali fossero le loro competenze in inglese, se l’avessero studiato a scuola o da autodidatti, e così via. Tuttavia, i limiti, come gli errori, sono necessari per migliorare. Come sostiene anche Rastelli (2010), sarebbe indispensabile avere più tempo a disposizione per insegnare l’italiano agli apprendenti sinofoni: sei mesi infatti non sono sufficienti per l’acquisizione delle strutture linguistiche e pragmatiche della nostra lingua, col risultato che molti studenti si sentono frustrati e abbandonano il programma. Attualmente si esaminano gli studenti Marco Polo con una prova finale, ma spesso, successivamente, devono anche frequentare un corso di riparazione OFA all’università di diciotto ore. Il laboratorio spesso non migliora significativamente la loro competenza comunicativa e presenta un’ulteriore prova finale. Sarebbe invece preferibile impiegare qualche mese in più per l’insegnamento dell’italiano L2 e diluire il carico di lavoro (27-30 ore a settimana sono eccessive), per lasciare tempo agli studenti di abituarsi alle norme e alle usanze italiane. Inoltre, a parere di chi scrive, potrebbe essere utile far riflettere gli studenti sui propri errori, scritti e orali, in diversi modi. Un primo metodo potrebbe essere quello di far correggere a ciascuno studente una composizione (scritta in modo anonimo) da un altro apprendente, per poi coinvolgere il resto della classe. Questo sarebbe importante sia per sviluppare una competenza metalinguistica sia per sviluppare la competenza comunicativa in italiano, dato che una simile attività abituerebbe gli studenti a parlare in pubblico e a esporre il proprio punto di vista tramite la L2. Un secondo metodo (di cui parla anche Nuzzo, 2010b) potrebbe essere quello di proporre alcuni esercizi mirati allo sviluppo della competenza pragmatica, soprattutto nelle prime fasi dell’interlingua, e a confrontare, tutti insieme in classe, gli errori più ricorrenti. Gli apprendenti sinofoni hanno necessità di comunicare con i parlanti nativi per richiedere informazioni, per sbrigare la burocrazia e per interagire in diverse situazioni (all’ospedale, in questura, all’università). Durante il mio periodo di tirocinio, una lezione è stata dedicata alla scrittura di una email formale a un professore, per aiutare gli studenti a chiedere informazioni riguardo gli esami, il ricevimento, i libri, ecc. L’esercizio riguardante questo argomento pragmatico si è focalizzato sulla modalità scritta, date le difficoltà a sviluppare la competenza orale degli apprendenti durante il 113 poco tempo a disposizione. Inoltre, come affermato anche da Vedovelli (2011), l’Italia dovrebbe organizzare meglio la burocrazia e l’accoglienza degli studenti provenienti dalla Cina, per non farli sentire soli e per non portarli a chiudersi nei confronti della nostra società. Bisognerebbe migliorare l’integrazione degli apprendenti sinofoni, organizzando attività sia per gli studenti Marco Polo, sia per gli studenti italiani (per esempio i tandem linguistici), per fare in modo che i cinesi trovino anche amici italiani (e non solo connazionali) e velocizzino in questo modo l’apprendimento della L2. L’amicizia con gli italiani non deve avere solamente un fine linguistico, ma può anche essere un modo per conoscere meglio la cultura del nostro Paese e per cominciare a vivere in Italia grazie all’aiuto dei parlanti nativi. Viceversa, per gli studenti italiani potrebbe essere importante conoscere gli studenti cinesi, per eliminare gli stereotipi presenti nella nostra società e per approfondire la conoscenza di una lingua e una cultura che sembrano molto distanti, ma che in realtà presentano più aspetti in comune di quanto si possa 114 immaginare. Bibliografia Abbiati, M. (1992), La lingua cinese, Venezia: Cafoscarina. Abbiati, M. (1998), Grammatica di cinese moderno, Venezia: Cafoscarina. Arcaini, E., Py, B. (1984) (a cura di), Interlingua. Aspetti teorici e implicazioni didattiche, Roma: Istituto della Enciclopedia Italiana. Arcodia, G.F. (2010), ‘La lingua italiana vista da un cinese’, in Rastelli, S. (a cura di), Italiano di Cinesi, Italiano per cinesi: dalla prospettiva della didattica acquisizionale, Perugia: Guerra, pp. 65-87. Banfi, E. (1993), ‘Italiano come L2’, in Banfi, E. (a cura di), L'altra Europa linguistica. Varietà di apprendimento e interlingue nell'Europa contemporanea, Firenze: La Nuova Italia, pp. 35-102. Banfi, E. (2003), ‘Dagli ideogrammi all’alfabeto latino: osservazioni sull’italiano scritto di un apprendente cinese’, in Banfi, E. (2003), (a cura di) Italiano/L2 di cinesi. Percorsi acquisizionali, Milano: Franco Angeli, pp. 181-204. Banfi, E., Giacalone Ramat, A. (2003), ‘Verbi italiano e cinese a confronto e questione di acquisizione del verbo italiano da parte di sinofoni’, in Banfi, E. (2003) (a cura di), Italiano/L2 di cinesi. Percorsi acquisizionali, Milano: Franco Angeli, pp.25-56. Banfi, E. (2003) (a cura di), Italiano/L2 di cinesi. Percorsi acquisizionali, Milano: Franco Angeli. Bernini, G. (2010), ‘Misurare la distanza tipologica: l’apporto del World Atlas of Language Structures’, in Apprendere l’italiano da lingue lontane: prospettiva linguistica, pragmatica, educativa. Atti del Convegno-Seminario Bergamo, 17-19 giugno 2010, Perugia: Guerra, pp. 21-39. Biasco, M., Wen, M., Banfi, E. (2003), Introduzione allo studio della lingua cinese, Roma: Carocci. Bonvino, E., Rastelli, S. (2011), ‘Introduzione’, in La didattica dell’italiano a studenti cinesi e il progetto Marco Polo. Atti del XV seminario AICLU, 19 febbraio 2010, PaviaRoma: Pavia University Press, pp. IX-XIII. 115 Cattana, A. e Nesci, M. T. (2000), Analisi e correzione degli errori. Torino: Paravia. Ceccagno, A. (2003), ‘Lingue e dialetti dei cinesi in Italia: percezioni, aspirazioni, ostacoli’, in Banfi, E. (2003) (a cura di), Italiano/L2 di cinesi. Percorsi acquisizionali, Milano: Franco Angeli, pp. 123-150. Chiapedi, N. (2010), ‘L’articolo italiano nell’interlingua di apprendenti sinofoni: problematiche acquisizionali e considerazioni glottodidattiche’, in Italiano LinguaDue, 2, pp. 53-74, http://riviste.unimi.it/index.php/promoitals/article/view/822 (12.06.2016). Chini, M. (2005), Che cos’è la linguistica acquisizionale, Roma: Carocci. Chini, M. (2010), ‘Concetti, fenomeni e fattori relativi all’acquisizione di lingue seconde’ in Rastelli, S. (a cura di), Italiano di Cinesi, Italiano per cinesi: dalla prospettiva della didattica acquisizionale, Perugia: Guerra, pp. 23-43. Consalvo, G. (2012), ‘L’influenza delle differenze culturali nell’apprendimento dell’italiano L2 da parte di sinofoni: il metodo di studio e l’insegnamento della lingua straniera in Cina’, Italiano LinguaDue, 1, pp. 31-45, http://riviste.unimi.it/index.php/promoitals/article/view/2269 (12.06.2016). Corder, P. (1967), ‘The significance of learners’ errors’, International Review of Applied Linguistics, 5, pp. 161-170, http://www.uky.edu/~tmclay/Corder%201967.pdf (12.06.2016). D’Annunzio, B., Serragiotto, G. (2007), ‘La valutazione e l’analisi dell’errore’, FILIM – Formazione degli Insegnanti di Lingua Italiana nel Mondo, pp. 1-33, http://venus.unive.it/filim Università Ca’ Foscari di Venezia (12.06.2016). Della Putta (2008), ‘Insegnare l’italiano ai sinofoni: contributi acquisizionali, tipologici e glottodidattici’, in Studi di Glottodidattica, p. 52-67, http://ojs.cimedoc.uniba.it/index.php/glottodidattica/article/viewFile/209/80 (12.06.2016). De Marco, A., Mascherpa, E. (2011), ‘Una proposta didattica per gli studenti cinesi: il Focus on Form’, in Italiano LinguaDue, 2, pp. 38-54, http://riviste.unimi.it/index.php/promoitals/article/view/1914 (12.06.2016). 116 Duso, E.M. (2010), ‘ Un laboratorio di scrittura per apprendenti cinesi’, in Apprendere l’italiano da lingue lontane: prospettiva linguistica, pragmatica, educativa. Atti del Convegno-Seminario Bergamo, 17-19 giugno 2010, Perugia: Guerra, pp. 231-247. Faloppa, F. (2010), ‘Collocazioni’, Enciclopedia dell'Italiano, http://www.treccani.it/enciclopedia/collocazioni_(Enciclopedia-dell'Italiano)/ (12.06.2016) Favaro, G. (2003), ‘Alunni cinesi a scuola. Accoglienza, inserimento e progetti didattici’, in Banfi, E. (2003) (a cura di), Italiano/L2 di cinesi. Percorsi acquisizionali, Milano: Franco Angeli, pp.151-162. Fornabaio, M. (n.d.), ‘妈妈骑马 (Māmā qímǎ)’, http://www.ltl-cinese.it/imparare-ilcinese-scioglilingua/ (12.06.2016). Giacalone Ramat, A. (1993), ‘Italiano di stranieri’, in Sobrero A.A. (a cura di), Introduzione all’italiano contemporaneo. Vol II. La variazione e gli usi, Roma-Bari: Laterza, pp. 341-410. Hofstede, G. (1991), Cultures and Organizations: Software of the Mind, New York: McGraw-Hill, citato in Consalvo (2012: 31). Iannàccaro, G. (2010), ‘Si legge com’è scritto: modelli linguistici e scritture delle lingue’, in Apprendere l’italiano da lingue lontane: prospettiva linguistica, pragmatica, educativa. Atti del Convegno-Seminario Bergamo, 17-19 giugno 2010, Perugia: Guerra, pp. 73-101. Limonta, G. (2009), ‘Analisi degli errori in produzioni scritte di apprendenti sinofoni’, in Italiano LinguaDue, 1, pp. 29-54, http://riviste.unimi.it/index.php/promoitals/article/view/429 (12.06.2012). Lin, H. (2001), A Grammar of Mandarin Chinese, München: Lincom Europa, citato in Arcodia (2010: 66). Luise, M.C. (2006), Italiano come lingua seconda. Elementi di didattica, Torino: UTET. Luzi, E. (2010), ‘Costruzioni polifunzionali nell’italiano L2 di cinesi: tra coordinazione e subordinazione’, in Apprendere l’italiano da lingue lontane: prospettiva linguistica, pragmatica, educativa. Atti del Convegno-Seminario Bergamo, 17-19 giugno 2010, Perugia: Guerra, pp. 103-121. 117 Matteini, I. (2010), ‘Stili di apprendimento e metacognizione in una classe di sinofoni’, in Rastelli, S. (a cura di), Italiano di Cinesi, Italiano per Cinesi. Dalla prospettiva alla didattica acquisizionale. Perugia: Guerra, pp. 191-208. Mazza, M.C. (2011), ‘L’aggettivo e l’avverbio in italiano e in cinese: analisi contrastiva e proposte glottodidattiche’, in Italiano LinguaDue, 2, p.55-78, http://riviste.unimi.it/index.php/promoitals/article/view/1915 (12.06.2016). Nuzzo, E. (2010a), ‘Valutare l’interlingua di studenti cinesi’, in Rastelli, S. (a cura di), Italiano di Cinesi, Italiano per Cinesi. Dalla prospettiva alla didattica acquisizionale. Perugia: Guerra, pp. 223-238. Nuzzo, E. (2010b), ‘Insegnare la pragmatica’, in Rastelli, S. (a cura di), Italiano di Cinesi, Italiano per Cinesi. Dalla prospettiva alla didattica acquisizionale. Perugia: Guerra, pp. 209-220. Nuzzo, E. (2010c), ‘L’agire linguistico tra universali pragmatici e specificità culturali’, in Apprendere l’italiano da lingue lontane: prospettiva linguistica, pragmatica, educativa. Atti del Convegno-Seminario Bergamo, 17-19 giugno 2010, Perugia: Guerra, pp. 141-157. Pallotti, G. (1998), La seconda lingua. Milano: Bompiani. Pallotti, G., Ferrari, S. (2008), ‘Osservare l’interlingua. Una procedura sistematica per la valutazione delle competenze in italiano L2’, in Me.M.O., p. 1-48, http://istruzione.comune.modena.it/memo/Sezione.jsp?idSezione=1718 (12.06.2016). Pellin, T. (2010), ‘I cinesi e la grammatica: una proposta per insegnare la grammatica italiana ai sinofoni’ in Rastelli, S. (a cura di), Italiano di Cinesi, Italiano per cinesi: dalla prospettiva della didattica acquisizionale, Perugia: Guerra, pp. 151-172. Piccinini, C. (2010), ‘La valutazione predittiva’, in Rastelli, S. (a cura di), Italiano di Cinesi, Italiano per cinesi: dalla prospettiva della didattica acquisizionale, Perugia: Guerra, pp. 239-256. Pichiassi, M. (2009), ‘Modelli teorici sull’apprendimento di una L2’, Università per Stranieri di Perugia, pp. 1-53, http://www.masterdidattica.it/moduliicon/D00013/D00013.pdf (12.06.2016). 118 Rao, Z. (2001), ‘Matching Teaching Styles with Learning Styles in East Asian Contexts’, The Internet TESL Journal, 7, http://iteslj.org/Techniques/ZhenhuiTeachingStyles.html (12.06.2016). Rastelli, S. (2009), Che cos’è la didattica acquisizionale, Roma: Carocci. Rastelli, S. (2010) (a cura di), Italiano di Cinesi, Italiano per cinesi: dalla prospettiva della didattica acquisizionale, Perugia: Guerra. Rastelli, S. (2010), ‘Il programma Marco Polo’, in Rastelli, S. (2010) (a cura di), Italiano di Cinesi, Italiano per cinesi: dalla prospettiva della didattica acquisizionale, Perugia: Guerra, pp. 9-22. Rosi, F. (2010), ‘Insegnare la sintassi della frase semplice e della frase complessa’, in Rastelli, S. (a cura di), Italiano di Cinesi, Italiano per cinesi: dalla prospettiva della didattica acquisizionale, Perugia: Guerra, pp. 173-190. Selinker, L. (1972), ‘Interlanguage’, International Review of Applied Linguistics, 3, pp. 209-231, https://www.scribd.com/doc/88547455/Selinker-Interlanguage (12.06.2016). Selinker, L. (1992), Rediscovering interlanguage. London: Longman, cit. in Pallotti (1998: 64). Tang, D., Absalom, D. (1998), ‘Teaching Across Cultures: Considerations for Western EFL teachers in China’, Hong Kong Journal of Applied Linguistics, 3,2, pp. 117-132, http://citeseerx.ist.psu.edu/viewdoc/download?rep=rep1&type=pdf&doi=10.1.1.123.98 7 (12.06.2016). Valentini, A. (1992), L’italiano dei cinesi. Questioni di sintassi, Milano: Guerini Studio. Valentini, A. (2004), ‘Il ruolo della lingua materna: dall’analisi contrastiva alle varietà di apprendimento, in Ghezzi’, C., Guerini, F., Mulinelli, P. (a cura di), Italiano e lingue immigrate a confronto: riflessioni per la pratica didattica. Atti del Convegno-Seminario Bergamo, 23-25 giugno 2003, Perugia: Guerra, pp. 11-24. Vedovelli, M. (2011), ‘ “Marco Polo, l’internazionalizzazione, la non-politica italiana’, in La didattica dell’italiano a studenti cinesi e il progetto Marco Polo. Atti del XV seminario AICLU, 19 febbraio 2010, Pavia-Roma: Pavia University Press, pp. 1-18. 119 Zhang, S. (2007) (a cura di), ‘ 了 解 liǎojiě’, Dizionario di cinese. Cinese-italiano, italiano-cinese. 120 Appendice Apprendente CZ Testo 1: La tua vita in Italia Racconta di ieri. Le due sorprese sono sucessi nello stesso tempo ieri.Tre giorni fa mio fidanzato e' tornato al suo paese per qualche giorni a controllare i denti con suo dentista .Quindi sto a casa da sola perche' vivo con lui a Bologna.Di solito faccio niente ma studiare quando sto da sola.Ma questa volta ,sono molto noioso e non volevo studiare,quindi pensavo che io possa fare qualcosa altra ,finalmente ho scelto a dipengere .Nonostante ho studiato dipingere per circa sette anni pero' troppo tempo che non ho dipino.Prima,sono andata al negozio per prendere tessuto d'olio,anche i colori d'olio,ma quando sono tornata a casa non sapevo cosa devo dipingere.Poi avuto un'idea quando ho guardato la foto di mio fidanzato.Il procedimento di dipengere e' andato molto bene,dopo l'ho finito,l'ho messo nel muro della stanza sua come una sorpresa.E la cosa piu' sorprendermi era mio fidanzato e' tornato a Bologna ieri sera prima al giorno fissato che mi ha detto prima ,anche lui e' sorpreso quando ha guardato il proprio dipinto di lui alla camera sua. Testo 2: Email formale Gentile prof.ssa Buzzetti, mi chiamo CZ sono iscritta al 1° anno del DAMS e frequento la sua lezione di Storia contemporanea. Le scrivo Vorrei sostituire un libro per chiederLe ( Giulio informazioni Sapelli,storia riguardo economica al corso. dell'Italia contemporanea,Milano ,Bruno Mondadori,2008),con un'edizione precedente(1997). La seconda richiesta riguarda il ricevimento, anche sapendo che l'orario è dalle 16-18 del martedì, La pregherei se potesse ricevermi alle ore 18.30. La ringrazio anticipatamente Distinti Saluti, CZ 121 Apprendente CC Testo 1: La tua vita in Italia Mario è un dei miei amici. E’ italiano e abita a Bologna. Lui lavora in un ristorante, dove in via Andare Costa. Di solito Mario deve lavorare da martedì a domenica. Comincia i lavori alle 10.30 e finisce alle 22.00. Dopo il lavoro Mario è molto stanco, quindi faccia il bagno e va a dormire subito. In lunedì, si alza alle 11:00 e fa colazione, guarda alcune notizie su internet oppure legge il libro. A pomeriggio, la sua ragazza viene a lei, loro vanno al supermercato e facciano cena insieme. Oppure stano a casa, guardano il film e poi andare a ristorante per cena. A sera, vanno al bar, bevono un vino e chiacchierano. Il lavoro in ristorante è spesso a Mario, Vuole trovare un lavoro più casuale e guadagna più soldi. Perché Vuole sta con la sua ragazza Ogni giorno. Testo 2: Cosa ti piace e cosa non ti piace dell’università Università di Bologna è una università molto speciale; Essa è madre dell’università tutto mondo, quindi c’è una altra nome ALMA; Ci sono Molti fenomeni che si laureano nell’università di Bologna. La Città Bologna non soltanto è una città ma anche un’università. L‘università si trova ogni posti della città. Mi piace molto ALMA. E’ molto libero. In ALMA, si può studiare con il suo modo nell’università. Le aule si trovano i palazzi antichi; anche c’è una alta cosa mi piace, In ALMA, si può fare molte cose riguardo alla carriera di studiare su website dell’università. I studenti possono farli facilemente, Per esempi: iscriversi, prenotare l’esame, invitare e-mail a professore ecc. Se ci sono le cose mi piaciono, anche ci sono qualche cosa non mi piace. Ci sono poche lezioni in lingua inglese, Secondo molti studenti asiatici italiana è tropo difficile. 122 Testo 3: Email formale Gentile Professor Paolo, Mi chiamo Davide Rossi, Sono studente di DAMS. Frequento il corso Storia contemporanea nel anno 2014-2015. Vorrei chiedere due cose seguite. Non ho trovato il libro Giulio Sapelli, Storia economica dell'Italia contemporanea, Milano, Bruno Mondadori, 2008. Potrei sostituirlo con un’edizione precedente(1997)? Siccome io lavoro dalle 14 alle 18 in martedì, potrei andare il ricevimento martedì alle 18,30? Anche se l’orario di ricevimento è 16-18. Oppure se è possibile, potrei prenotare un ricevimento in un altro tempo? La ringrazio per l’attenzione e le porgo. Distinti Saluti Davide Rossi Apprendente FD Testo 1: La tua vita in Italia Sono FD di Dandong. Ho 23 anni. Studio filosofia all’università di Bologna. Io amo filosofia, ma infatti,detesto le idee accademiche anche se devo studiarle. Ma credo che sia solo un tipo di tradurre. Nell’apprendimento, mi piacerebbe leggere tranquillo e chiacchierare con i amici intelligente. A volte, gioco a basket con i miei amici a giovedì o venerdì. E di solito, visito la mia fidanzata a fine sittimana. Lei abita a Perugia. A casa mia, spesso leggo o cucino. E devo sopportare un compagno di casa che infastidendo e stupido. 123 Testo 2: Cosa ti piace e cosa non ti piace dell’università Mi piace l’università antica e comoda. Ma non mi piace la città molto grande e strapieno come Bologna. Mi piacciono le lezioni che ho frequentato sono la logica, l’estetica, la filosofia antica che intelligenti, difficili e ideali. Secondo me, la logica è facile. Perché ci sono tanti simboli ma non parole difficili. E anche interessante. Credo che le lezioni dell’estetica sia più intelligente. Il primo libro che abbiamo letto è stato critica del giudizio. E’ confuso in italiano secondo me. Sebbene non posso capirlo bene, lo studio anche e apprendo idee nuove e intelligenti. Ma non mi piace la storia della scienza mai. Perché è noioso secondo me. Il professore ha raccontato le storie sempre ma non c’è idea o pensiero mai. Testo 3: Email formale Gentile prof. Walter, Mi chiamo FD, studio filosofia al 1°anno e ho frequentato le sue lezioni di Storia contemporanea. Le scrivo perchè io volevo sostituire un libro dell'esame (Giulio Sapelli, Storia economica dell'Italia contemporanea, Milano, Bruno Mondadori, 2008), con un’edizione precedente (1997)che ho cercato, posso? D’altre parte, posso andare all'orario di ricevimento l’orario di ricevimento è 16-18? La ringrazio anticipatamente Distinti saluti, FD 124 martedì alle 18,30, anche se Apprendente HCD Testo 1: La tua vita in Italia LA MIA GIORNATA Mi piace la vita tranquilla , non mi piace la vita rumoresa, quindi la mia giornata è molto semplice . Se ho una classe al mattina ,mi alzo alle 7:00 , se durante la vacanza,mi alzo alle 9:00. Poi faccio colazione o vado al bar per colazione. Poi ,fino a mezzogiorno , guard oil film o gioco a computer . A mezzogiorno ,faccio alcuni piatti cinesi , dopo pranzo , vado al centro e trovo un bar tranquillo con alcuni amici , beviamo e chiacchieriamo insieme .Finale , mangio una pizza o un kebab ,poi torno a casa , ascolto la musica o guardoil film alle 11:00 , poi dormo . Testo 2: Cosa ti piace e cosa non ti piace dell’università Al’universita , mi piace incontrare amico nuovo , e passeggiare a via zamboni perche ci sono molti giovani e negozi interessanti . Penso che la cosa difficile è la mia lingua italiana non è buona, non posso chiacchierare con italiano e non capisco la lezinone. Testo 3: Email formale Gent. Professoressa, mi chiamo HCD e ho fissato con lei l'appello di OFA in data 11 marzo . Purtroppo devo tornare a Cina perche 10 marzo è Il compleanno di mia madre . Non potrò sostenere l'esame in quella data , ma verrò all'appello successivo all mese prossimo. Mi scuso per il disguido e le porgo distinti saluti, HCD 125 Apprendente LJL Testo 1: La tua vita in Italia Ciao tutti! Mi chiamo LJL e ho 22 anni. Sono cinese e adesso studio in Italia . Abito a bologna. Di solito mi alzo alle 7:00 ogni giorno.Poi io preparo la colazione.La mia lezione comincia alle 9:00 e fino alle 17:00.Dopo la lezione ,io torno a casa.Poi mi esercito. Di solito corro nel parco perché l’aria nel parco è fresca. Poi torno a casa e fare il bagno.Preparo la cena. Nel tempo libro,mi piace leggere e bere il tè .Oppure gioco a scacchi con la mia amica. Bologna è una bellisima città.Vivo a qui è molto felice. LJL Testo 2: Cosa ti piace e cosa non ti piace dell’università L'università di Bologna è una antica scuola. Adesso studio in questa bella scuola. Ci sono molte belle classe nella scuola.Mi piaciono le belle classe.A volte studio nel luoghi strani per esempio il cinema.Mi piaciono i professoeri perchè loro sono entusiasti.Mi piace studio nel biblioteca.Ci sono molti libri nel bibliteca .Ma ci sono alcune cose non mi piaciono.Il tempo del corso .Ho usato per mangiare il pranzo alle 11:00~12:00,di solito io ho la lezione nel questo tempo,dunque io ho molto fame dopo la lezione.I luoghi delle lezione sono separate,quindi io non posso andare la lezione in orario.Alle fine mi piace molto studiare nell’ università di Bologna. Testo 3: Email formale Gentile professor. Mi chiamo LJL ,studentessa del DAMS e mi sono iscritta l’esame del martedì .L’orario dell’esame è 16-18 .Purtroppo per mptivo del permesso di soggiorno non potrò sostenere l’esame in orario,ma verrò all’esame alle 18:30 .Mi scuso per il disguido e le porgo Distinti Saluti, LJL 126 Apprendente LRX Testo 1: La tua vita in Italia Buongiorno! Mi chiamo LRX e ho 20 anni. Sono cinese,ma adesso abito a Bologna dove frequento l’università di Scienze della comunicazione. La facoltà mi piace molto:i professori e i colleghi sono molto simpatici e le lezioni che seguo sono proprio interessanti. Di solito le lezioni cominciano alle 13.00 e finiscono alle 19.00.Appena finiscono,vado a casa a cenare. Quando ho del tempo libero,ascolto musica,guardo la tv o gioco al computer. Penso che l’Italia sia un splendido paese e che l’italiano sia una lingua bella da ascoltare. Testo 2: Cosa ti piace e cosa non ti piace dell’università Studio scienze della comunicazione. Penso che la mia facoltà non ci sono tante cose da studiare. ma ogni università non è facile. Secondo me le lezioni sono interessanti mi piace molto. ma i professori parlano un po’ veloce, quindi secondo una studentessa straniera le lezioni sono un po’ difficili. Ma ho anche amiche italiane. Loro sono molto simpatiche. quando ho qualche problema non posso capire loro chieso. sempre mi danno i risposti perfetti. E loro mi piacono molto. Non mi piacono i libri per la facoltà. tutti i palori negli libri secondo me sono difficilissimo. troppo techniche e non posso capire. Anche se il titolo è facile per capire, il articolo è molto complicato. LRX Testo 3: Email formale Gent.Professoressa, Mi chiamo LRX,studentessa di Scienze della comunicazione e ho frequentato le sue lezione di sociologia della comunicazione nel secondo semestre dell’anno 2014-2015. Vorrei andare al ricevimento al martedì,ma avrò l’esame dell’altra materia fino alle 18,30 ,quindi,posso andare alle 18,30? Distinti Saluti, LRX 127 Apprendente LX Testo 1: La tua vita in Italia Cara Noemi, Come stai? Ieri, io e mio amico Isa siamo andati a San Marino. San Marino è un paese di montagna, abbiamo guidato sette terno. In Italia, che è abituato a viaggiare in terno. Voglie che la prossima volta che si va in spiaggia con il treno. Abbiamo mangiato una deliziosa pizza a San Marino, ha visto anche gande scenari. Siamo molto felici. Ti visito sinceramente! Oppure quanto abbiamo vacanza ad andare insieme. Mi manca! MILENA Testo 2: Cosa ti piace e cosa non ti piace dell’università Secondo me, al college si sono un sacco di tempo libero,possiamo fare cosa propria. Come posso uscire con mia amica or stare a casa. Questa è differenza all’università della cina.Ma mi piace questo tempo libero,rende la vita in università più ricca. D’altra parte,parlando è difficile.In classe professori insgnano troppi contenuti,non capito tutti,ma quest’anno studierò di più.Voglio imparare più rilassato. Testo 3: Email formale Di Storia contemporanea Gentile Professore.Lalli, Mi chiamo LX , una studente al .3 anno della facoltà di scienze della comunicazione.Le scrivo perché, voglio sostituire un libro dell’esame (questo libro si chiama “Giulio Sapelli, Storia economica dell'Italia contemporanea, Milano, Bruno Mondadori, 2008”), con un’edizione precedente (1997). 128 Anche posso andare all'orario di ricevimento martedì alle 18,30, anche se l’orario di ricevimento è 16-18? La ringrazio per l'attenzione e le porgo. Distinti saluti. LX Apprendente LTQ Testo 1: La tua vita in Italia Ciao la mia amica! Sono a Bologna adesso. Mi sento tutto bene qua. Come stai? Tutto bene? Ora ti voglio raccontare la mia vita in Italia. Devo andare a scuola da lunedì a giovedì. Ogni lunedì devo andare all’università. Perché ho lezione dalle 11 alle 19. Lo sai le lezioni sono difficili per noi cinesi. Così ogni venerdì e la fine settimana vado a scuola a studiare. Ieri volevo andare a fare shopping ma pioveva tutto il giorno, Non mi piace andare fuori se piove. Sono stata a casa e ho guardato dei film. Ho trovato un ristorante cinese di Sichuan è molto buono. Penso che anche a te piace i cibi più piccanti. Vuoi venire a Bologna? Aspetto la tua risposta. Testo 2: Cosa ti piace e cosa non ti piace dell’università Mi piace la mia università,perchè ho fatto amicizia con alcuni i miei compagni e loro sono simpattici. Ma i corsi dell’università sono difficili soprattutto per noi studenti cinesi. Per superare gli esami devo finire i libri o i punti ,ma sono veramente difficili.Ho bisogno di chiedere aiuto ai miei professori e ai miei compagni. Adesso anche c’è OFA ,quindì sono molto impegnata. 129 Testo 3: Email formale Gentile professore, Mi chiamo TTT. Vorrei chiere delle informazioni dell’esame.Ho visto il Suo orario di ricevimento è dalle 16 alle 18, ma ho lezione dalle 16 alle 18, quindì posso andare all'orario di ricevimento martedì alle 18,30? Se no, può dirmi quando posso venire da Lei? Mi scuso per il disuguido e le porgo Distinti Saluti, TTT Apprendente MW Testo 1: La tua vita in Italia Ciao, mi chiamo MW. Adesso io studio la scienza della comunicazione in Italia. Come alti, di solito Mi alzo alle sette, poi mi lavo e mangio colazione. Circa alle nove, vado a scuola con gli amici più intimi. Second me, il corso è molto difficile. Ma i compagni e i professori sono molto simpatici. Alle quindici, ho finito il corso, poi torno a casa. Perché quando finito il corso sono molto stanco, dunque dormo un po’. Dopo, comincio a fare la cena e mangio la cena. In sera io guardo il libro di corso. Circa alle dodici, vado al letto. Inoltre, in weekend di solito io vado al supermercado con gli amici oppure gioco al calcio con gli amici. Certo qualche tempo ascolto la musica o guardo il film da solo ecc. Questa è la mia situazione. Grazie!!!! Testo 2: Cosa ti piace e cosa non ti piace dell’università Ciao, sono uno studente cinese. Adesso studio all’università in Italia. Penso che l’italiano è molto difficile per cinese. In modo speciale, il coniugazione è molto difficile, in cinese tutto è uguale, non c’è il coniugazione. Quindi mi sbaglio spesso. Inoltre, il corso dell’università è abbastanza difficile. Perché il mio italiano è cattivo. Quindi non capito spesso che il professore parla in corso. Ogni sera leggo il 130 manuale sempre mentre leggo il dizionario. Anche se il italiano e il corso sono molto difficili, ma credo che posso imparare l’italiano. Questa è la mia situazione, grazie!!! Testo 3: Email formale Gent. Professor Mario, Mi chiamo MW, studente di Storia contemporanea. Settimana prossima c'è l’esame, ho letto soltanto un libro dell'esame (Giulio Sapelli, Storia economica dell'Italia contemporanea, Milano, Bruno Mondadori, 2008), con un’edizione precedente (1997), quel libero mi sono familiare. Quindi voglio presentare domanda di sostituire quel libro nell’esame. Inoltre, a causa di salute, ho bisogno di andare da dottore in prossio martedì alle 18. Dunque perdere possibilmente l’easme. Alle 18,30 posso dare l’esame. Posso sostituire l'orario di ricevimento prossimo martedì alle 18,30? Mi scuso per il disguido e le porgo. In attesa di risposta, Distinti Saluti, MW Apprendente NC Testo 1: La tua vita in Italia Cara Milena, Come va? Il 18 febbraio è il festivo di primavera in Cina. Quindi sono andata a Piacenza da un mia amica per festeggiare. Ho conosciuto molti amici nuovo che studiano a politecnico di Milano (non so come usare preposizione+ ‘cui’). E siamo cenati e siamo giocati insieme bene. Ero felice tanto. 131 Il giorno successivo pioveva, stava alla casa di mia amica tutto giorno. Non tornare fino a ieri. Ho preso il treno. Mi manca tanto. BUONA VACANZA! NC Testo 2: Email formale Gent.Professor Albi, Mi chiamo Bianco Alessandra ,sono una studentessa di Economia Aziendale e ho frequentato le sue lezione di Storia contemporanea nel prima semestre dell'anno 20142015.E ho alcune domande.Il libro dell'esame c'è due edizione e ho bisogno sostituire un'edizione nuova? E un'altra domanda è posso andare all'orario di ricevimento martedì alle 18.30,anche se l'orario di ricevimento 16-18? La ringrazio per l'attenzione e le porgo. Distinti saluti, Bianco Alessandra Apprendente SM Testo 1: La tua vita in Italia Il mio amico si chiama Lorenzo, è ha 21 anni , è di Bologna e abita in San felice,dove frequenta l’università di filosofia. Lui dice:”mi piace la facoltà molto , la filosofia è le lezioni interessanti.”conosce tante persone nuove e segue delle lezioni, lui discussa la filosofia con me ma io capisco poco perchè il mio italiano no va bene :( Lui di solito comincia le lezioni alle 9:00 e finisce alle16:00, dopo lezioni sempre rimagne per chiachera con le sue amici. Il venerdì dopo le lezione di filosofia , ha mangiato qualcosa con me nel ristorante cinese,dopo pranzo ha comprato un libro scritto in inglese per frequnta un’altra lingua ,quando sono stanca ho tornato a casa e dormito un po’. 132 La sera lui spesso vede i suoi amici italiani per bere una birra,oppure balla in discoteca. Bologna è una città antica o bellissima,mi piace i cibi bolognese! Testo 2: Cosa ti piace e cosa non ti piace dell’università Bologna è una città famosa e antica, l’Università è più famoso nel mondo. Quando io ho frequento la lingua italiana a Siena, durante la Pasqua sono andata a Bologna per visitare di inizia la vita della città universitaria. Gli studenti italiani sono molto gentile e amichevoli . Mi piace visto i film , leggere e scrivere ,così ho scelto la facoltà di Lettere. L’inizano le lezioni spesso sento infelice, perchè non parlo bene italiano ,le lezioni è interessante ma è un po’ difficile per capire ,per palare :( Un’altra per me è improtante! Ci sono molti cibi traduzionali e deliziosa a Bologna, mi piace mangiare tutti i cibi caratteristico della città. Testo 3: Email formale Gent. Professoressa Pesce Mi chiamo S M , studentessa di Economia e Commercio e frequentato con Lei . Vorrei chiedere qualcosa per il libro , penso che il libro prima di imparare è un po difficile per capire, posso sostituire un’altro libro dell’esame? Ho sceglio il libro Storia economia dell’italia contempotanea, Milano, Bruno Mondadori, 2008, con un’edizione precendente(1997). Un’altra cose, purtroppo le comunico che per motivi familiari non potrò sostenere il ricevimento in quella l’orario ho prenotato scora sttetimana , ho arrivarò a Bologna da 17,45, posso cambio l’orario alle 18,30 ? Distinti Saluti, SM 133 Apprendente WJW Testo 1: La tua vita in Italia Oggi è una festa tradizionale cinese,si chiama “Benvenuti il Dio della Ricchezza”. Si spera che questo giorno ottenere la benedizione del Dio della ricchezza, anche io! Oggi ho comprato tre biglietti della lotteria al bar, e poi ho controllato i numeri sul biglietti, ma non ho vinto con gli stessi numeri. Dopo la deludente, sono andata alla biblioteca per guardare i libri sull'arte. In biblioteca, ho incontrato il mio compagno di stanza,si chiama Raffaella. Lei e* venuta alla biblioteca per preparare l'esame di francese. Dopo tre ore, siamo andati alla pizzeria e abbiamo mangiato Lasagna. E* molto buono! Dopo un po 'ha cominciato a piovere,siamo tornata a casa alle 3 del pomeriggio. Alle 6 ho cucinato i spaghetti.Dopo la cena ho guardato il serie TV . Alle 9 ho chiamatto al amica. In fine ho dormito alle 12. Testo 2: Cosa ti piace e cosa non ti piace dell’università Ho studiato in universita da sei mesi,mi piace i corsi di DAMS mollto. Tutti i campagni di studio e l”insegnati sono molto simpatici.La vita di universita e” molto bella e fantastica.Mi piace studiare in libreria con i miei amici e diciamo che quello che è successo a scuola. Mi piace pranzare alla mensa perche i cipi italiani sono buonissimi,come la lasagna. Mi piace sempre di fare una passeggiata nel”universita e vedere il bello paessaggio. Ma secondo me , ci sono anche tante difficulta”. Per sempio non capisco tutti i lesioni come altri studenti italiani.La lingua è il più difficile per studenti cinesi. Anche se ho tante difficulta”,la mia cara amica italiana sempre aiutami. Il tempo passa veloce, ho abitato in italia circa un”anno,ho incontrato un sacco di persone entusiaste, ringrazio molto a loro. Testo 3: Email formale Gentile Prof.Rossi Mi chiamo WJW, una studentessa iscritto al 1anno della facolta' di lettere e beni culturali.Ho prestato un libro dell'esame che si chiama "Storia economica dell'Italia contemporanea" (Giulio Sapelli, Milano, Bruno Mondadori, 2008) . Vorrei sostituire questo libro con un’edizione precedente (1997). Ma io so l’orario di ricevimento è 16134 18 e domani il mio corso di storia camtemporanea finirà alle 16.15. Posso andare all'orario di ricevimento martedì alle 18,30? Distinti Saluti, WJW Apprendente WKS Testo 1: La tua vita in Italia Ieri io sono alzato alle 10 e poi chiamato mio amico uscire di mangiato la sushi .al pomeriggio siamo andato al casa di mio amico e giocato la carta finito al 10 Quanto io ritorto al casa mio. studiato la lingua per prossimo giorno .e poi fatto la palestra a casa .Io dormito al 12. Oggi io alzo al 8 e poi mangio la colazione un caffè . Vado al università al11 per insegno la lingua italiano . Testo 2: Cosa ti piace e cosa non ti piace dell’università universita di bologna e tanto gande. Ce una longa tempo storia. E tanto famoso.I prof e molto conoscenza.i compagno di scuola e tanto amichevole. Mi piace la universita di bologna Testo 3: Email formale Gentile professoressa marina Mi chiamo mario studente di storia contemporanea.Sono iscrivere il esame . Ma vorrei sostituire un libro dell" esame(Giulio Sapelli, Storia economia dell'italia contemporanea,Milano Bruno Mondadori,2008)con ub'edizione precedente(1997) E posso andare all'orario di ricevimento alle 18,30.Perche io c'e il esame fino al 18.00 135 Distinti Saluti Mario Apprendente WSB Testo 1: La tua vita in Italia Ciao tutti. Mi chiamo WSB e ho 22 anni, io vengo dalla Cina XI’AN. Ho stato Bologna per studiare la moda, mi è sempre piaciuta moda , lo so che la moda italiana è la più famoso, quindi sono da Cina a Italia per studiare la moda. Dopo che ho capito Italia, ho trovato questa bellissima, bella architettura e stile ,il tutto mi piace molto. E fammi particolarmente felice è che il cibo qui, è gustoso molto, ma XI’AN anche molto famoso che il cibo. Perché XI’AN cibi al secondo posto in Asia, ci sono molti piatti distintivo, come Italia. Spero di poter imparare un sacco di conoscenza in Italia , perché il mio ideale è fare un buon designer di moda. Testo 3: Email formale Mareo professore: Mi chiamo WSB, studente di DAMS. So che i nostri corsi sono martedì alle 18,30, ma quel giorno un amico e ho un appuntamento molto importante, e ho bisogno di comprare un libro sulla storia. quindi, possiamo di cambiare il corso del tempo per 1618? Grazie mile. Cordiali saluti. Auguri a te. WSB 136 Apprendente WY Testo 1: La tua vita in Italia Caro monica: Ciao! Io sto bene. Come stai? Adesso in bologna dove frequento il centrale. Ti voglio raccontare la mia vita. In questi giorni sono molto stanca. Perchè devo preparare un esame. Spero di averlo passato. Sono in italia da cinque mesi. Penso che ho bisogno di cambiare stile e ritmo di vita. Perchè studiare è importante. Devo studiare l’italiano sodo per conoscere delle culture del’italia e laurearmi. Ogni giorno mi sveglio alle 7 del mattino. Dopo faccio colazione leggo il libro. Dal 9 al 15 vado alla lezione. Nel tempo libero vado a palestra per mantenersi in forma. Dopo ceno mi piace navigare su internet o guardare un film. Hai deciso come trascorrere le tue vacanze? Non devi stare in pensiero per me. Ti voglio bene. WY . Testo 2: Cosa ti piace e cosa non ti piace dell’università Ciao! Caro. Ho entrato l’università di bologna da circa cinque mesi e ho conosciuto molti buoni amici. In questi giorni , sono molto stanca perchè l’italiano è troppo difficile per me. I vocabolari, le grammatiche e i tempi sono molte complesse. Ho bisogno di studiare sodo. L’università di bologna è la più antica università del mondo come sapete. Ci sono molti vecchio edifici che sono bellissimi. Testo 3: Email formale Gentile Prof. rossi Mi chiamo WY. Una studentessa iscritto a 1anno della semiotica. Le scrivo perché voglio andare all'orario di ricevimento martedì alle 18,30, anche se l’orario di ricevimento è 16-18.Mi scuso per il disguido e le porgo. Distinti Saluti, WY 137 Apprendente YNX Testo 1: La tua vita in Italia CIAO CARO. MI CHIAMO MONICA.SONO STUDENTESSA CINESE.SONO NATA NEL 1995 E FREQUENTO IL PRIMO ANNO ALL’UNIVERSITA DI BOLOGNA. LA MIA SCUOLA E GRANDE E BELLA,ANCHE BOLOGNA. MI SONO ALZATA ALLE 9.ALLE 11 SONO USCITA A GIOCARE CON IL MIO AMICO ,E A POMERIGGIO ABBIAMO MANGIATO LA PIZZA E L’INSALAT.DOPO SIAMO ANDATI A GUARDARE UN NUOVISSIMO FILM.POI ABBIAMO MANGIATO IL RISO E LA CARNE DI MANZO,MOLTO BUONO. NEL MIO TEMPO LIBERO ,MI PIACE NUOTARE , VADO SPESSO ALLA PISCINA O AL MARE CON I MIEI AMICI. NELL’ACQUA AZZURA,DIMENTICO LA STANZA DELLO STUDIO , MI RIPOSO,MIEI AMICI E IO CI DIVERTIAMO. COME STAI?PARLAMI DELLA TUA SITUAZIONE. Testo 3: Email formale Gent. Prof. Rossi Mi chiamo YNX, una studentessa iscritta al 1°anno della facolta' triennale di Scienze della Comunicazione. Purtroppo che domani e' il capodanno cinese, dobbiamo festeggiamo insieme tutte le famiglia, verro' all' appello successivo alla vacanza di Pasqua. Mi scusi per il disguido e le porgo. Cordiali saluti, YNX 138 Apprendente ZQW Testo 1: La tua vita in Italia Una amica di giornata Ho una amica di cuore,si chiama Elisa,ha 21anni . Lei è una bella raggazza. Ci siamo conosciute 1 anno fa in classe. Abbiamo studiato l'italiano insieme in Cina. adesso lei abita a Milano. studia la pittura. la domenica scorsa lei è venuta a Bologna per andare a casa mia. la mattina,ci svegliamo è molto tardi, perché siamo pigre. abbiamo chiacchierato tante. Quando a mezzagiorno,sono andata al supermercato con Elisa per preparare la pranzo. Mi piace molto cucinare,ma io non cucino bene,ma Elisa cucina è molto bene. Dopo la pranzo,siamo andate al cinema per guartare un film. dopo abbiamo fatto un giro in centro. Elisa le piace molto a Bologna. perché lei si sembra che Bologna è una bella Citta. Quando la sera,siamo antate a risturante italiano per mangiare,dopo siamo tornate a casa mia,siamo stance molto,ma siamo felice molto. Che bellissima giornata! Testo 2: Cosa ti piace e cosa non ti piace dell’università I COMPITI TESTO: MI PIACE ALL UNIVERSITA DI BOLOGNA. Mi piace molto all universita di Bologna , perche all universita di Bologna e molto famoso in tutto del modo. All universita di Bologna e prima unversita al mondo .Mi piace a Bologna. Secondo me a Bologna e una bella Citta. Studio DAMS, io preferisco DAMS, ma altra universita non ce il materio DAMS. Ci sono molto studente internazionale, ce un segreteria internazionale per aiutare i studenti internazioni , mi sembre che questa segreteria e molto bene e molto umanitaro. Mi piace molto. Mi piacciono i compagni di corso, loro sono molti simpatici. Quando in classe, quando io non ho capito bene, ho sempre chiesto loro per le note. 139 Mi piace la mensa di universita , dopo le lezioni , vado a mensa con le mie amiche ,perche sono pigra ,mi piace i cibi scorciatoia. i cibi di mensa e molto bouno. mi piace molto. Ma non piace: vicino alla univerdita ci sono i ladri , loro sono Zingaro, pochi giorni fa ,mi hanno rubato il portafoglio. Testo 3: Email formale Gentile Professore Rossi: Mi chiamo ZQW. Io sono una studentessa Cinese. Studio il economica. Iscritto a primo anno. Le scrivo perché la prossima mesi devo fare esame di suo,vorrei superare l' esame,devo preparare qualcosa ,come devo fare meglio?devo comparare un libro per preparelo?ma non so come il nome di libro?e dove posso comparare?Mi scusi io non parlo italiano bene,ma devo studiare tante. Per favore,mi può dare qualche aiuto?La ringrazio anticipatamente. In attesa di risposa,Cordiali saluti! ZQW Apprendente ZSD Testo 1: La tua vita in Italia Ieri è la domenica, è sempre pioggia. I miei amici hanno detto a fare i ravioli a casa mia! Abbiamo fatto le spese per comprare la farina, il lievito… E poi abbiamo preparato l’acqua bollito per fare la farina! Quando ci siamo mistati le carni e le verdure, facevamo insime! Spendevamo 3 ore per fare i ravioli, è stato molto stanco.Però l’esito è buonissimo alla fine, i ravioli sono molto gustosi! Grazie tante per i miei amici! 140 Testo 2: Cosa ti piace e cosa non ti piace dell’università Nel 2014 sono entrato all’universita’,quando ho cominciato studiare all’universita’,sono perduto per come studio.la mia lingua e’ brutto ,non lo so cosa posso fare.Ma adesso e’ diverso,mi piace il corso,mi piace i professori!Penso io e’ interessante per andare a lezioni,mi vedo tante strane e freshe cose che non ho mai visto nei lezioni. I lezioni per me e’ molto difficile,pero’ vorro’ imprare l’italiano per studiare buonissim Testo 3: Email formale Gent.Professore, mi chiamo Arturo,studente di DAMS e ho frequentaoto le sue lezioni di storia della fotografia nel primo semestre dell’anno 2014-2015.Adesso c’ero alcuni problemi che vorro’ consultare per l’esame.Volevo chiedere potro’ andare all’orario di ricevimento martedi’ alle 18;30?Anche se sarai libero,vorro’ andare dalle 16 alle 18. La ringrazio molto per l’attenzione. Distinti Saluti, Arturo Apprendente ZZY Testo 1: La tua vita in Italia Caro amico, Come vai? È molto tempo che non ci vediamo. Io adesso abito a Bologna e studio la scienza delle communicazioni all’università. Di solito, mi alzo alle sei ogni giorni. Dopo la colazione all’otto, io vado alla scuola. Le lezioni sempre dalle nove alle tredici, e da Lunedi a mercoledì. Quando torno a casa,mangio sempre con i miei compagni di stanza. Nel tempo libero,mi piace leggere alcuni libri delli vari rispetti e guardo la partita di calcio,questo è anché un motivo importante che sono venuto in Italia. 141 Ho conosciuto alcuni amici italiani.Spero di imparare la lingua italiano in futuro, perché mi piace molto questa paese. Saluto ZZY Testo 2: Cosa ti piace e cosa non ti piace dell’università Ora studio le scienze della comunicazione all’università,cosa fa mi scomodo è che il mio dipartimento è un po lontano da casa mia tale che devo prendere autobus per un sacco di tempo ogni giorno. D’altra parte,no c’è nessun tempo per il pranzo durante le lezioni,è una grande problema cosa mangio a mezzogiorno. Certamente,ci sono anchè alcuni vantaggi. Sono molto contento di parlare con i miei compagni di corso,facciamo quattro chiacchiere sulle differenze tra le paesi,sui divertimenti etc. Il corso in sé è molto interessante,abbaimo vari insegnanti e maggiore dei essi sono buoni.Mi piacciono seguire gli insegnanti e capire conoscenze diverse. La mia vita scolastica quotidiana è cosi colorata. Testo 3: Email formale Gent. Professore Mi chiamo ZZY,studente di sue lezioni economica.Volevo chiederle di sostenere un libro dell'esame (Giulio Sapelli, Storia economica dell'Italia contemporanea, Milano, Bruno Mondadori, 2008), con un’edizione precedente (1997),perché non ho trovato l’edizone nuova in librerie.Volevo chiederle anché se posso andare all'orario di ricevimento martedì alle 18,30?Oltre a ciò,l’orario dalle 16 alle 18. Cordiali saluti ZZY 142 Apprendente ZYJ Testo 1: La tua vita in Italia Ciao. È da tanto tempo che non ci vediamo. Spero di rincontrarti quest’estate e mi manchi tantissimo. Recentemente sto preparando per gli esami universitari, però le lezioni nuove sono già iniziate e vedi che non ce l’ho tanto tempo per il ripasso. Devo studiare di più per non perdere. Ieri ho cenato il Hot Pot con i miei coinquilini per festeggiare il capodanno cinese. Lo so che è già passata la giornata specifica al mercoledì, però eravamo tutte impegnate per frequentare l’università, quindi abbiamo deciso di rifarla alla fine settimana come una compensa. Quando ero ancora in Cina, il Hot Pot è stato solo un divertimento quotidiano con i amici, ma ero così contenta ieri come l’una degli stranieri che lo mangiano per la prima volta… Credo che sia il risultato di nostalgia. La mia lingua italiana è già migliorata quest’anno. Ho passato un esame a gennaio con il voto 27, ma devo accettare che ho preso il voto alto con il vantaggio di essere straniero. Se voglio superare tutti gli esami di semestre scorsa prima luglio, ci sono tanti compiti da fare. Spero che ce la faccio, altrimenti non posso tornare in Cina per passare mio compleanno. Oggi è la giornata tradizionale cinese per dare il benvenuto al dio della ricchezza. Immagino che ci saranno suoni di petardi tutto il posto a Shanghai. Se possibile, cerco di tornare in Cina l’anno prossimo durante il periodo di capodanno cinese, e così possiamo passare la festa insieme. Ci vediamo a luglio, e ti auguro tanto per un felice anno nuovo. Testo 2: Cosa ti piace e cosa non ti piace dell’università Cosa che mi fa piacere di più dell’università è il corso che sto prendendo. Prima di venire in Italia ho studiato il corso di cinematografica nell’università di Shanghai per sei mesi. Il contenuto del piano di studi non è come mia previsione, infatti non ho neanche iniziato a studiare la teoria per la propria facoltà in quello periodo. Secondo il piano 143 didattico officiale, gli studenti devono fare le lezioni dell’educazione generale per un anno prima di entrare la sfera professionale, il corso tipo biotecnologia, matematica e psicologia è un’ obbligazione per tutti i studenti di primo anno, anche se tu non fossi stato nel dipartimento di scenza. Ho scelto mia facoltà attuale con pura interessa, e sono soddisfatta anche sullo trend presente. Con la difficoltà linguistica inevitabile, ho trovato dificilissima di capire cosa vuol dire il professore. Sono già stata in Italia per 18 mesi e bisogno ancora tanto tempo per organizzare la frase. Parlo abbastanza bene l’inglese e il giapponese, però la lingua italiana è semplicemente una cosa tanta diversa da quelli che ho già imparato. Se posso fare tutti gli esami in cinese credo che non ci sia nessun problema da passare, mentre che con la mia capacità attuale non ce lo faccio a esprimere bene il pensiero. Spero che tutti andassero bene finalmente, ma fin’ora è ancora un problema enorme per me. Testo 3: Email formale Gentile Professore, Mi chiamo ZYJ e sono una studentessa straniera del primo anno. Ho frequentato la Sua lezione di storia contemporanea e le scrivo per chiedere due problemi sul metodo d’esame e sull’orario del ricevimento. Sono andata alla biblioteca scolastica per cercare i libri riferiti per l’esame e ho trovato solo un’edizione precedente per Storia econimica dell’italia contemporanea di Giulio Sapelli. Vorrei chiederLa se posso sostenere l’esame con il libro sostituito o devo ancora trovare quell’edizione specifica che ha indicato nell’insegnamento di corso? Un altro problema è sull’orario del ricevimento. Ho visto già che l’orario officiale è 1618 martedì, però purtroppo non ce la faccio perchè ho una lezione da seguire allo stesso periodo. Le chiedo gentilmente se posso andare alle 18,30 invece? La ringrazio molto per l’attenzione e le porgo, Distinti Saluti, ZY 144 145