(Tratto da: Modulo “Italiano/L2, lingua dello studio: proposte didattiche multidisciplinari”. A cura
di Graziella Favaro)
Gli apprendenti sinofoni
Tra le quattro L1 considerate, il cinese è certamente quella più distante dalla L2 e il disorientamento
che possono sperimentare gli apprendenti sinofoni è giustificato dalle numerose differenze.
Dal punto di vista fonetico e grafico, possono risultare di difficile comprensione/discriminazione
uditiva e pronuncia, le parole italiane per la loro lunghezza e per l’assenza dei toni. Vi sono inoltre
nella L2 suoni che in cinese non ci sono (come r, gn, gl) e altri di difficile distinzione (b/p, d/t).
Anche le doppie costituiscono un problema perché nella trascrizione dei caratteri in pinyin non sono
previste.
Il pinyin
Il pinyin è la trascrizione ufficiale dei caratteri cinesi in 26 lettere latine. La trascrizione dà informazioni sulla pronuncia
del carattere e sul tono con cui è modulato. I bambini imparano a scrivere in pinyin all’inizio della loro scolarizzazione,
ancora prima di imparare a leggere e a scrivere i caratteri, in modo tale da condividere la pronuncia dei caratteri con i
compagni di classe che vivono in altre regioni della Cina. La trascrizione in pinyin non coincide con l’alfabeto italiano;
ci sono ad esempio differenze, come nel caso di:
q pronunciata come c dolce
h davanti a vocale è aspirata
g è sempre dura
c si legge z dura
ch si legge c dolce
Per quanto riguarda la grafia, vi possono essere difficoltà a riconoscere la stessa parola dato che ci
sono quattro varianti in italiano, mentre nel pinyin le lettere vengono sempre presentate con la stessa
grafia. Sono inoltre sempre minuscole e quindi l’uso della lettera maiuscola non è compreso. I
caratteri inoltre si susseguono uno dietro l’altro sempre alla stessa distanza e lo spazio fra di loro
non segnala quindi la fine di una parola.
Dal punto di vista morfosintattico, essendo il cinese una lingua isolante, non sono utilizzate
dall’apprendente sinofono le categorie di genere e numero, coniugazione. Sono assenti gli articoli e
risultano quindi di difficile comprensione. Non solo è complesso concordare l’articolo al nome, ma
è poco trasparente anche la funzione di questo elemento. I bambini che sono già stati scolarizzati in
Cina tendono ad assimilare l’articolo al classificatore, cioè all’elemento che nella lingua nazionale
ricorre a sinistra del nome. È un modo per dare valore semantico a un elemento che appare privo di
senso. Vi è allora il rischio di una sovrautilizzazione dell’articolo, che viene messo sempre, anche
davanti ai nomi propri o in combinazione con i dimostrativi (questa la casa; questo il quaderno).
Un’altra questione complessa riguarda l’apprendimento del sistema verbale e l’orientamento nella
morfologia verbale che cambia continuamente. “Dopo aver accettato il fatto che il verbo italiano
varia in maniera anomala e incomprensibile, l’alunno cinese, se non viene assalito dallo sconforto,
concentra tutti i suoi sforzi nella memorizzazione delle diverse forme del verbo. A questo
apprendimento mnemonico non corrisponde però una reale comprensione delle forme verbali. Non
dimentichiamo che il bambino cinese è abituato proprio per cultura a memorizzare interi testi,
poesie, canzoni e la sua capacità mnemonica è particolarmente sviluppata anche perché la stessa
memorizzazione dei caratteri richiede uno sforzo non indifferente”. (B. D’Annunzio, 2000).
Il tempo del verbo più usato è quello presente che viene sovraesteso all’imperfetto, al passato
prossimo, al futuro, all’imperfetto e definito nel tempo grazie all’uso di locuzioni temporali.
Il pronome relativo è un altro elemento importante in italiano che in cinese non esiste e che viene
completamente ignorato dagli allievi cinesi. Così come ignorati a lungo sono i connettivi logici e gli
indici di subordinazione: gli enunciati e le frasi prodotti sono spesso giustapposti con assenza dei
connettivi proprio come nella frase cinese. Altro trasferimento tipico da L1 è quello della struttura
tema/commento molto diffusa in cinese. Così, alla domanda: “Quanti libri ci sono sul tavolo?” il
bambino risponderà: “Libri ci sono tre”.
Molti insegnanti notano che gli apprendenti cinesi tendono più di altri alunni stranieri a rifugiarsi
nel dizionario, sperando di trovarvi un ancoraggio e una guida. In realtà, contare troppo sul
dizionario bilingue può comportare alcuni rischi, come, ad esempio:
-
sforzarsi meno di capire e memorizzare parole e strutture;
-
non essere in grado di orientarsi rispetto ai vari significati di un termine per riferirlo a quel
determinato contesto;
-
rinforzare e protrarre l’uso del verbo all’infinito.
Gli alunni albanesi
Una parte degli alunni neoarrivati dall’Albania ha acquisito, prima dell’arrivo in Italia, una serie di
parole , espressioni e formule attraverso i programmi televisivi. Per questo, gli insegnanti, dicono
che si tratta spesso di “falsi principianti”, dato che sono in grado di comprendere e agire nelle
interazioni quotidiane in classe.
Dal punto di vista fonetico e grafico, gli alunni albanesi hanno difficoltà a sentire, pronunciare e a
scrivere le parole con l’accento e con le doppie, dato che questi tratti non sono presenti nella L1. Per
quanto riguarda gli aspetti morfosintattici, le caratteristiche della lingua albanese possono
comportare nella prima fase:
-
l’omissione degli articoli determinativi, e dell’articolo in generale
-
l’uso sovraesteso dell’ausiliare avere nei tempi composti
-
la mancata concordanza tra il soggetto e il participio passato
-
il non uso delle preposizioni articolate (data l’assenza degli articoli determinativi in L1)
-
la difficoltà a esprimere il possesso, dato che in albanese avviene attraverso l’uso del
genitivo e non esiste la preposizione di.
Gli apprendenti arabofoni
Ci possono essere fra gli alunni arabofoni di recente immigrazione problemi di disorientamento
iniziale legati alla direzione della scrittura e al senso di apertura del quaderno/libro. Anche la
presentazione di una stessa parola in quattro diverse grafie (stampato maiuscolo, minuscolo, corsivo
maiuscolo e minuscolo) può creare confusione. L’assenza di maiuscole in arabo e un uso ridotto
della punteggiatura richiedono all’apprendente la necessità di dare un senso a queste due tecniche
per poterle usare in maniera corretta. Dal punto di vista fonetico, possono sorgere problemi di
discriminazione uditiva/pronuncia e scrittura con i suoni: p/b, f/v, s/z; con le vocali e/i e o/u e i
dittonghi (uo, ie...).
Infine problemi di comprensione e produzione si possono incontrare con i digrammi e i trigrammi:
chi/che; ghi/ghe; sci; gn; gl.
Per quanto riguarda la morfologia, si riscontrano difficoltà protratte nell’uso degli articoli: sia nel
capire che cosa sono, sia nell’individuarli e usarli in maniera appropriata. Il problema si estende
anche all’uso delle preposizioni articolate.
Le semplificazioni nell’uso dei verbi (assenza di ausiliare, assenza della copula, sovraestensione
della 2°/3° persona singolare) sono comuni agli apprendenti di altre lingue e segnalano dunque, non
tanto un processo di interferenza dalla L1, quanto la permanenza (in quel determinato momento) in
uno stadio di interlingua iniziale che attende d’essere superato e arricchito.
Gli alunni ispanofoni
La vicinanza tra lo spagnolo e la L2 facilita l’apprendente soprattutto nella fase iniziale, ma è anche
fonte di errori che possono diventare fossilizzazioni e cristallizzarsi nel tempo. Di conseguenza, si
può affermare che la fase “critica” che richiede attenzioni linguistiche è quella intermedia, durante
la quale si devono consolidare gli apprendimenti e il transfer adeguato, ma si devono anche rendere
evidenti le differenze tra le due lingue e le peculiarità della L2. Dal punto di vista fonetico e grafico,
si ritrovano fra gli apprendenti ispanofoni difficoltà a: distinguere e differenziare la b e la v, a
pronunciare/produrre parole con la s “impura”, che in spagnolo è sempre preceduta dalla e (estrella,
especie...), ad attribuire il suono corretto a grafemi che nella L1 si pronunciano in maniera diversa
(s, r, ll, nn, cc, sc...). Altri comportamenti linguistici diffusi possono riguardare inoltre:
-
l’uso maggiore dell’accusativo personale (chiamare a Maria, da: llamar a Maria)
-
l’uso delle preposizioni e della loro combinazione con l’articolo (come in spagnolo: en la
casa)
-
l’uso del pronome le per il maschile e il femminile (invece di gli/le)
-
l’uso diverso dei dimostrativi
-
l’uso sovraesteso del passato remoto, invece del più diffuso passato prossimo.