L'allevamento degli animali è accusato di essere responsabile del 18% delle emissioni dei gas climalteranti. Non solo: omai la metà delle terre fertili del pianeta viene usata per coltivare cereali, semi oleosi, foraggi, proteaginose, destinati agli animali. Per far fronte a una domanda di terreno in continuo aumento, necessario per far spazio ai terreni da coltivare per gli animali, si distruggono ogni anno migliaia di ettari di foresta pluviale, e si sottraggono le terre ai piccoli contadini. L'allevamento animale però è una delle industrie alimentari più redditizie, e una delle meno sensibili all'appello della sostenibilità. E' l'industria che ha promosso la diffusione degli organismi geneticamente modificati, quella che applica più pesticidi nei campi, quella che produce deiezioni che pongono enormi problemi di smaltimento , quella che consuma acquas ottraendola a chi ne ha bisogno, quella che spinge la produzione a ogni costo, trattando gli animali come fabbriche e non come esseri viventi. I consumatori più responsabili ormai lo sanno: mangiare carne e formaggi significa non solo contribuire all'effetto serra, ma anche ad alimentare le ingiustizie tra nord e sud del mondo e ignorare i diritti del benessere animale. Un tempo, quando la dimensione non era industriale, ed era di piccola scala, l'allevamento era un bene prezioso. Gli animali erano una risorsa fondamentale per l'economia delle comunità rurali: erano un supporto per il lavoro, contribuivano alla fertilizzazione organica del suolo, perchè il loro numero era ridotto e le loro deieizioni non venivano accumulate, ma sparse sui campi, fornivano un supplemento importante per la dieta, non si ammalavano e non avevano bisogno di antibiotici e altri integratorip erché provenivano da razze locali, ben adattate all'ambiente, e vivevano a lungo mantenendo la loro produttività nel tempo. Questa dimensione, che abbiamo ormai quasi perso nei Paesi europei, è ancora valida per 70% delle persone più povere del pianeta, che dipende dall'allevamento per la sopravvivenza, ma che vede progressivamente ridurre i propri spazi, divorati dal land grabbing praticato da alcuni Paesi, in continua ricerca di spazi dove coltivare gli alimenti per gli animali in batteria. Il film, partendo dalla denuncia di quello che significa la produzione industriale di prodotti animali, vuole presentare l'alternativa possibile, una alternativa interessante dal punto di vista animale, umano, economico, ambientale. Durata: 30-40 minuti. Soggetto: i soggetti saranno gli animali e gli uomini, e il loro stretto legame. In particolare verranno visitati piccoli allevatori italiani, persone che hanno abbandonato l'allevamento di frisone e le stalle in cemento armato, dedicandosi all'allevamento di razze tradizionali per produrre carne o formaggio, spesso al pascolo. Persone che sanno sottolineare il valore di una scelta per la quale spesso sono stati giudicti inizialmente come folli, ma che invece ha poi dimostrato di saper dare ottimi risultati, anche economici. Verranno effettuate riprese negli allevamenti che mettano in luce le differenze con gli allevamenti industriali e rendano l'animale protagonista (girando per esempio “alla loro altezza”, documentando tutte le fasi della loro vita, dal parto all'allattamento, al pascolo, alla vita in stalla quando necessario, con la somministrazione di fieno, ma anche il trattamento delle deiezioni. Verranno intervistati gli allevatori in modo che emerga il perché della loro scelta e i vantaggi ottenuti. Verranno effettuate riprese che mostrino la loro vita (per esempio con un campo molto stretto, che li renda protagonisti), i loro tempi, i loro spazi, le loro economie, la loro felicità. Nel film l'inchiesta, la scoperta che un altro allevamento è possibile, viene tenuta come tema di fondo, ma allo stesso tempo l'argomento viene trattato con tutta l'emozione che una storia di vita vera, di contrapposizione a un sistema pre codificato, di frontiera, di forte innovazione, di proposta alternativa, può regalare. Il flusso delle immagini e del montaggio, con ritmi a tratti lenti a tratti molto veloci, verrà scelto in modo da dar l'impressione di una situazione estremamente vitale e dinamica. Le immagini video verranno alternate con immagini still (fotografie), in grado di far fermare lo spettatore su alcuni particolari in modo più efficace rispetto al video. Audience: Il tema verrà trattato in modo da poter rispondere alle esigenze di un pubblico responsabile, persone consapevoli e sensibili all'impatto della produzione di cibo sull'ambiente, che hanno fatto scelte di cambiamento ma hanno ancora grandi difficoltà a intervenire nell'ambito dei prodotti animali. Ma il linguaggio utilizato dovrà coinvolgere anche il pubblico in generale, così come persone responsabili di processi politici, per fare in modo che possano essere sensibili, e poi agire, nel caso di campagne di sensibilizzazione volte a ridurre l'impatto ambientale delgi allevamenti o volte a far conoscere gli allevamenti di piccola scala per favorirne la loro diffusione. Strumenti: il film viene girato con una Canon Eos 6D, sarà in formato 1920x1080, l'obbiettivo utilizzato sarà il 50 mmm, scelto perché più simile all'occhio umano. Le immagini video verranno alternate con immagini still (fotografie), in grado di far fermare lo spettatore su alcuni particolari in modo più efficace rispetto al video. Distribuzione: il video sarà in creative commons 3.0 e verrà reso dispoibile su Vimeo.