MEDICINA A cura di Francesco Detomaso * E la pressione sale ... ipertensione arteriosa è stata recentemente definita come una delle manifestazioni di quella che potrebbe essere definita la “sindrome da stile di vita”, un insieme di malattie che originano dall'ingestione di un eccesso di calorie, di grassi saturi, di sodio e alcool, e dall'esposizione attiva e passiva al fumo (1). Lo “stile di vita” dominante in Italia è quello del mondo occidentale. Non c’è quindi da stupirsi se, in Italia, su una popolazione di circa 57,8 milioni di abitanti, ci sono 18,5 milioni di ipertesi (2). Non va trascurato, inoltre, che soltanto 11.9 milioni sono gli ipertesi in trattamento e di questi solo 5,1 milioni hanno una pressione arteriosa ben controllata. L'ipertensione arteriosa è, purtroppo, una condizione che predispone chi ne è affetto a una maggiore possibilità, quindi a un rischio maggiore, di ammalarsi di malattie cardiovascolari (ictus, infarto del miocardio, angina pectoris, vasculopatia periferica, etc) e renali. La frequenza dell’ipertensione arteriosa aumenta progressivamente con l'età passando da circa il 4% nei soggetti con età compresa tra 18 e 29 anni al 64% in quelli con età compresa tra 70 e 79 anni. Sarebbe, quindi, utile definire in modo semplice l'ipertensione arteriosa, conoscerne i disturbi più o meno gravi ad essa correlati e avere, infine, poche ma chiare idee generali sul come affrontarla. Monalisa, Fernando Botero, Medellin (Colombia) 19.4.1932 presente nell'albero arterioso e corrisponde alla diastole ventricolare (il rilasciamento del ventricolo che segue alla sistole). Perciò viene indicata come pressione diastolica o pressione arteriosa minima. I valori normali Per soggetti adulti valgono le indicazioni riportate nelle linee guida delle Società Europee dell’Ipertensione arteriosa e di Cardiologia (3): Pressione arteriosa normale I20-129/80-84 Pressione arteriosa normale/alta I30-I39/85-89 Pressione normale/alta è un termine inteso a richiamare l'attenzione sulla necessità di una maggiore sorveglianza, sull'attenzione circa l'esistenza e l'eventuale correzione di altri fattori di rischio cardiovascolare (fumo, ipercolesterolemia, diabete mellito, microalbuminuria, eccesso di peso o obesità, alcolici) e sull'adozione di un idoneo stile di vita (attività fisica, alimentazione povera di sale e di grassi, ricca di frutta, di verdure e di pesce magro). Che cosa è Ogni volta che il cuore batte, 60-70 volte al minuto, a riposo, spinge il sangue nelle arterie creando in esse una pressione. Questa pressione arteriosa permette al sangue pompato dal cuore di fluire, attraverso le arterie di grosso calibro, fino alle più piccole diramazioni capillari, in ogni parte del corpo fornendo nutrizione ed ossigeno per la sopravvivenza di tutte le cellule del nostro organismo. La pressione più elevata presente nell'albero arterioso e corrispondente alla sistole ventricolare viene indicata come pressione sistolica o pressione arteriosa massima. La pressione minima è, invece, la pressione più bassa pugliasalute La patologia Per affermare che un soggetto è iperteso sono da considerare tre diversi aspetti. • Il valore della pressione arteriosa: ogni valore di pressione sistolica eguale o superiore a 140 o di pressione diastolica eguale o superiore a 90 rientra nell'ambito della patologia, quindi è definita ipertensione arteriosa. - quarantasei - giugno 2005 I farmaci per l’ipertensione arteriosa • La persistenza nel tempo di valori elevati di pressione arteriosa: il riscontro di un unico valore di pressione arteriosa elevato, specie se non marcatamente elevato, non è sufficiente ad affermare l'esistenza di una condizione di ipertensione arteriosa. Se i valori riscontrati superano soltanto di poco il limite di 140/90, il tempo di osservazione con ripetuti controlli, prima di concludere che si è di fronte ad un'ipertensione, può essere anche di alcuni mesi. La presenza di danno d'organo: qualora esistano alterazioni cardiache, cerebrali o renali clinicamente riferibili ad una condizione ipertensiva, la diagnosi di ipertensione arteriosa può essere posta anche con pochi rilievi di pressione arteriosa elevata. Però è anche vero che mentre il cuore e il cervello sono gli organi che più spesso soffrono le conseguenze dell'ipertensione arteriosa, così il rene è l'organo che più spesso ne costituisce la causa. A questo proposito è utile tener distinte come causa di ipertensione arteriosa le malattie di un solo rene o di ambedue. Le malattie renali unilaterali sono a volte dovute a riduzione del flusso sanguigno del rene (ipertensione reno-vascolare) causata da alterazioni dell'arteria renale o dei suoi rami principali. Le alterazioni di più frequente rilievo sono costituite da placche aterosclerotiche occlusive (in pazienti di sesso maschile sopra i 50 anni), oppure da ostruzioni a manicotto fibrose o fibromuscolari (in pazienti di sesso femminile e sotto i 40 anni). Il meccanismo principale dell'ipertensione reno-vascolare è l'attivazione del sistema renina-angiotensinaaldosterone indotta dall'ischemia. Questa patologia presenta una ipertensione arteriosa senza particolari caratteri che la distingua da quella essenziale (circa il 95% del totale), senza cioè dei i più comuni segni delle malattie renali quali un esame delle urine patologico o l’insufficienza renale. Le malattie che colpiscono entrambi i reni (Nefropatie) rappresentano la più comune causa di ipertensione secondaria. Sul piano diagnostico non vi sono in genere problemi per riconoscerla, specialmente se già esiste un'insufficienza renale più o meno pronunciata e sono presenti spesso alterazioni significative dell'esame delle urine. La. storia clinica del paziente mette, inoltre, in rilievo una malattia renale precedente rispetto all'ipertensione. • Accertare l'esistenza di altri fattori di rischio cardiovascolare: diabete mellito (glicemia), dislipidemia (colesterolo totale e HDL, trigliceridi), l’insieme dei quali prende il nome di Sindrome metabolica. pugliasalute Gli anti-ipertensivi devono sempre essere prescritti dal medico e i loro effetti vanno controllati dal medico. I principali farmaci adoperabili per la terapia dell’ipertensione arteriosa sono raccolti in sei categorie. • ACE-inibitori: inibiscono l'enzima che attiva l'angiotensina, potente costrittore delle arterie. • Inibitori recettoriali dell'angiotensina (o sartani): impediscono all'angiotensina di agire, legandosi ai suoi recettori. • Calcio-antagonisti: impediscono al calcio di entrare nelle cellule muscolari delle pareti delle arterie; si ottiene in tal modo una vasodilatazione. • Diuretici: allontanano il sodio dall'organismo per via renale (saluretici). • Beta-bloccanti: bloccano il simpatico e abbassano la pressione principalmente diminuendo quantità di sangue che il cuore manda in circolo. • Alfa-bloccanti: inibiscono la vasocostrizione indotta dalle catecolamine (noradrenalina). I criteri di scelta sono tuttora sostanzialmente empirici. Particolare attenzione meritano gli effetti sul cuore e sul rene, le controindicazioni, e gli eventuali effetti collaterali. Nelle ipertensioni lievi la terapia è di solito iniziata con un solo farmaco. Se questo risulta inefficace può essere sostituito con un altro appartenente ad altra categoria. Oppure si può associare al primo un secondo farmaco o anche più d'uno. Se la pressione arteriosa è stabilmente ridotta a meno di 140/90 ed il paziente non presenta segni di compromissione d'organo o malattie concomitanti è sufficiente misurare la pressione una volta al mese. Le misurazioni vanno effettuate più spesso se la pressione non è ancora stabilmente normalizzata, se la terapia è stata cambiata, se la terapia richiede l'assunzione di tre o più farmaci, se sopravvengono malattie intercorrenti, se vi sono importanti modificazioni climatiche (con il caldo la pressione tende a diminuire; con il freddo o con l'altitudine la pressione tende ad aumentare). La terapia antipertensiva va continuata a vita. In rarissimi casi è possibile una sospensione completa della terapia che però richiede frequenti controlli. Salvo casi particolari (pressione inferiore a 105/60, con astenia e sensazione di "venir meno") la decisione di sospendere la terapia va presa di comune accordo con il medico. Spesso questa sensazione di “venir meno” è riportata da pazienti ipertesi da lungo tempo allorquando si realizzi il controllo della pressione arteriosa: ciò induce erroneamente il paziente a sospendere di propria iniziativa il farmaco. Al contrario in tali casi la terapia anti-ipertensiva deve essere continuata in quanto il paziente generalmente nell’arco di una settimana si abituerà ad i nuovi regimi pressori (normali) e non manifesterà più quella sensazione di “venir meno”. A tal scopo è da segnalare l’importanza di ridurre i valori della pressione arteriosa elevata progressivamente. * Struttura Complessa di Nefrologia e Dialisi AUSL BA/5 - Putignano (Direttore Dott. Michele Giannattasio) 1) Chobanian AV, Bakris GL, Black HR, et al. JAMA 2003; 289:2560-2571 2) Monica Study 94 3) Guidelines ESH-ESC 2003 - quarantasette - giugno 2005