j la destra storica al potere - Suore Salesiane dei Sacri Cuori

J LA DESTRA STORICA
AL POTERE
CHE COSA FU LA DESTRA STORICA?
PERCHÉ VI ERA UN'ENORME DISTANZA FRA PAESE REALE E PAESE
LEGALE?
QUALE MODELLO DI STATO VENNE SCELTO?
COME AFFRONTARONO I GOVERNI DELLA DESTRA IL PROBLEMA
DEL BRIGANT AGGIO?
QUALI PROWEDIMENTI FURONO ADOTTATI DALLA DESTRA
PER RISANARE IL BILANCIO DELLO STATO?
stevano. Destra e Sinistra storiche
erano infatti partiti di notabili: schieramenti politici che raggruppavano gli
eletti in Parlamento, ma non avevano
una struttura organizzata.
Si votava con il sistema uninominale
(ogni collegio elettorale eleggeva un
solo candidato). Nella mancanza di
efficaci mezzi di informazione,
la
competizione
elettorale
avveniva
quindi, più che tra opposti programmi politici, tra personalità del luogo,'
i notabili appunto, che per farsi eleggere sfruttavano la notorietà determinata dal loro ruolo sociale.
~ Accentramento
o decentramento?
Gli uomini della Destra storica proveMorto Cavour nel 1861, gli succedette
nivano da un ambiente sociale abbaun aristocratico toscano, il baron ~
I quindici anni della storia d'Italia
stanza omogeneo, l'aristocrazia terriera. tino Ricasoli(1809-1880). A lui, e più~in
che vanno dal 1861 aL1876-furono
gerleialé alla classe politica della Dedominati dalla ;siddetta
«De1!r~ Al moderatismo della TIestra stonc~
stra storica, toccò in via preliminare il
storica»: «Destra», in quanto gli si contrapponeva l'impostazione più
democratica
della
Sinistra,
che
era
..
compito di risolvereurf pfOl51ema-lstiiiomfhi politici a essa appartel'espressione
di
una
diversa
e
più
ami!
tuzionale:
quale assetto avrebbe dovunenti erano dei moderati, eredi
pia
realtà
sociale,
costituita
prevalenU
to
avere
il
nuovo-Stato itàuanO?1:fitadi Cavour; «storica» (l'aggettivo
temente
dalla
borghesia
cittadina.
lia
doveva
'e;serè
uno Stata «accentravèIineaggiunto successivamenDestra
e
Sinistra
storiche
erano
inveto»
o
«decentrato»?
te) perché questo
schieramento
".--- ~
Modello di Stato accentrato
era la
ebbe un ruol~ric;o»
nella for- ce accomunate dalla stessa concezione liberale dello Stato: in sintesi, si Franéi~ ;apole-onica,con
a sua Strutmazione dell'Italia. .-/
Al di là delle definizioni, tuttavia, la trattava della destra e della sinistra libe- tura gerarchica che prevedeva un forrale, che erano espressione di una pie- te controllo del governo centrale sugli
Destra storica occupava una posizioenti 10caÙ attraverso i prefetti.
ne di centro nel dibattito politico ita- cola parte del Paese. Infatti la legge
elettorale
del
Regno
di
Sardegna,
Modello di Stato decentrato era inveliano, in quanto la vera ('[e~stra)era
---estesa
al
Regno
d'Italia,
prevedeva
ce
la Gran Bretagna che lasciava ampie
rappresentata dai clericali e dai reae giudizi arie
zionari nostalgici
dci-Vecchi Stati ita- che avessero diritto di voto solo i cif- libertà amministrative
.--- ..•.•...
tadini italiani in possesso dei seguenalle varie contee.
liani preunitari; la Sinistra storica,
ti requisiti:
Venne scelto il modello di Stato acinvece, era formata wevalentemente
'>
essere
di
sesso
maschile;
centrato-:-Llfaha fììCOSìClivisa iD-pr~
da m,azz~@-g{H'4ba:~ni.
> av~re 25 anni di età;
vifice7"ilgoverno
nominò per ogni
> sauer leggere e scrivere;
provinéia
suo rapwesentante,
il
> pagare almeno 40 lire di imposte
refetto. Anche i sindaci dei comuni
•
l'anno.
erano nominati dal governo e a esso
PREFETTO
La base elettorale era ridottissima,
rispc)I\devan<T.i:commi.i non godevano
Dal latino praefectus, «preposto,
circa 400 000 11~5sone, cioè il ~della
diinqùe di'alcuna autonomia.
messo a capo», la figura del prepopolazione
e
i'l@dei
maschi
adulti.
La scelta del modello centralista era
fetto venne istituita nell'ordina\)\
\l~~'S\\
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ll:l\,
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ì:~l:,c.\)c.l',l:l
c.\\~
\.ID~\l(',lt'àM\ IDOÒO'Stesso COl', c~l s\.
mento itaùano ne) 1861 per uùzia~~
urne solo il ~.Q1§, Qu~(!U d..f.lPut<l;ti era giunti all'unità d'Italia: l'interventiva del governo della Destra storica. Rappresentava il potere eseeletti alla Camera dei Deputati (il Se- to del Regno di Sardegna era stato decutivo nelle province; sovrintennato era di nomina regia) esprimevacisivo. Senza il suo esercito l'Austria
deva alla pubblica sicurezza, alla
no
la
volontà
di
circa
200000
persone,
non
avrebbe mai abbandonato la pesanità e all'igiene, all'istruzione,
su
una
popolazione
complessiva
di
22
nisola.
Di fatto si era verificata una
disponeva della forza pubblica e
milionidi
abitanti.
guerra
di
conquista: il che non lasciaaveva compiti di controllo sugli
enti locali. Era insomma il cardine
Abissale era dunque la distanza tra il va spazio a forme di federalismo e
del potere a livello locale e l'anello
Paese reale e quello rappresentato
in tanto meno alla convocazione
di
di congiunzione con il potere cenParlamento, il Paese legale. I partiti,
un'assemblea costituente. Lo Statuto
trale.
come li intendiamo noi oggi, non esi- Albertino divenne quindi la costitu-
~ La Destra storica
---
un
~~--------------------~~
L'analfa_betismo in Italia~
nel 1861
Percentuate di analfabeti sul totale della popolazione:
Piemonte
nel 1911
-'~
I_P!
Lombar!!!'!...
Liguria
Emilia Romagna
Veneto
Toscana
Umbria
,Lazio
Marche
Abruzzi
Campania
IPuglia
lBasil~a
Calabria
-
-
1FcI!F-Sardegna
10
20
30
40
50
60
io
80
90
I
100.)
Tra i problemi che il nuovo governo dell'Italia unita doveva affrontare c'era anche quello dell'istruzione. " tasso di analfabetismo nel Paese era molto elevato, soprattutto nelle regioni meridionali dove si arrivava a punte del 90%, come in Sardegna.
Gli interventi statali in questa direzione non furono però efficaci e la questione dell'analfabetismo
in Italia rimase a lungo una
grave piaga sociale.
zione italiana, così come a tutta l'Italia vennero estese la legislazione e la
moneta piemontese, la lira.
Da qui la critica di piemontesismo mossa
alla Destra storica, accusata di considerare l'Italia come una semplice
. estensione del Regno di Sardegna.
t.
TUTTI A SCUOLA, MA DOVE?
Nel 7867, su 22 milioni di abitanti circa il
78% era analfabeta: la percentuale scendeva al 50% in Lombardia, ma saliva al
9Ò%nel Mezzogiorno. Nello stessoperiodo era analfabeta in Francia il 40% della
popolazione; in Inghilterra il 25% degli
uomini e il 50% delle donne. In Piemonte
nel 7859 era stata approvata la legge Casati cheprevedeva la gratuità dell'istruzione elementare con l'obbligo di frequenza
del primo biennio. " compito di attuazione della legge era demandato ai comuni.
Dopo l'unificazione la legge fu estesa
a tutto il territorio nazionale. Mancavano però le scuole e gli insegnanti
erano impreparati. Un principio tuttavia era diventato legge: «Il lasciare i figliuoli privi di educazione - scrisse il
pedagogista Andrea Angiulli (78377890), di cui riportiamo un brano - è
un delitto contro la società».
À (Sopra) Una moneta
da 5 lire del Regno d'Italia,
con l'effigie di Vittorio
Emanuele Il di Savoia,
coniata a Milano neI1872,
e alcune monete di Stati
preunitari: (in alto a
destra) una moneta
da 3 baiocchi
della Repubblica romana
(coniata nel 1849);
(sopra a destra) una
moneta da 4 fiorini,
coniata nel Granducato
di Toscana (1826).
Ma c'era anche un'altra ragione che
portava a ritenere il modello di Stato
accentrato come l'unico possibile: la
situazione venutasi a creare nel Mezzogiorno, dove immediatamente
dopo
l'unificazione era esplosa una rivolta
sociale .
L'educazione del popolo è un fatto di
utilità generale, perciò è un dovere
nazionale, e cade nelle appartenenze
o nei diritti dello Stato.
L'educazione nazionale attua la condizione indispensabile alla libertà e
al benessere di -tutti, è un principio
di ordine, e non può essere abbandonato all'arbitrio degli individui o
di una classe. Ammettere la libertà in
questo dominio, sarebbe lo stesso
che ammettere potersi dagli individui distruggere le basi della vita sociale. Sopprimete la scuola, e non resta come principio di ordine che la
prigione e la forca. La scelta è tra il
boia e il maestro di scuola. Un dì lo
Stato non impiegava che il primo; fra
breve forse non impiegherà più che
il secondo. Se lo Stato ha il diritto di
punire chi infrange le leggi della vita,
ha eziandio quello che richiede che
queste leggi siano apprese, perché
,
~'-~-'"
~ Il brigantaggio
La caduta del regime borbonico, in
seguito all'insurrezione
garibaldina,
aveva fatto nascere nelle masse meridionali la speranza di un rinnovamento non solo politico, ma anche sociale.
Questa speranza andò ben presto delusa. Le pesanti tasse e il servizio militare obbligatorio scatenarono la rivolta in qualche caso condotta in nome del papa e dei Barboni.
Il nuovo Stato italiano venne individuato come «nemico», e contro di esso i briganti agivano assaltando le carceri o incendiando gli archivi comu-
non siano infrante. l ... ] È assurdo o
impossibile sperare un impulso rispetto all'educazione
generale da
quelli medesimi che debbono riceverla, e che sono perciò meno capaci
di sentire e comprendere il bisogno.
Lo Stato non piglia il posto dell'industria privata, piglia un posto che l'industria privata lascerebbe vuoto.
Dall'altra parte la società può obbligare i genitori
a istruire o a fare
istruire i propri figliuoli, come può
obbligarli a nutrirli. Imponendo lo
Stato l'istruzione obbligatoria non fa
più di quello ch'egli fa, quando impone il rispetto della proprietà e
dell'ordine pubblico. Il lasciare i figliuoli privi di educazione è un delitto contro questi e contro la società
intera. E la società per punire cotesto
delitto è fornita del diritto ch'ella ha
di proteggere i terzi, di proteggere i
minori, di difendere se stessa.
I. ii1 [S••
MAFIA
La parola viene dal siciliano mafiusu (eprepotente. ma landrlno»), che deriva forse dall'arabo marfud (eriflutato»). In
origine voce tipica dell'area palermitana, a partire dal
1863 ha cominciato a diffondersi a seguito dell'opera
drammaturgica dialettale I mafiusi della Vicaria di G. Rizzotto. Indicava piccole associazioni guidate da un capo e
dotate di una cassa comune alimentata dai furti e dalle
estorsioni. Fin dalle sue origini, il termine coglie due tratti
costanti del fenomeno mafioso: la sua natura criminale e
la tendenza ad approfittare della debolezza dello Stato
per accaparrarsene con la forza le funzioni.
nali per distruggere i registri di leva e
quelli fiscali; nemici erano anche i possidenti locali le cui fattorie venivano
saccheggiate. Dopo l'attacco, i briganti si ritiravano in montagna.
Dal punto di vista militare, il brigantaggìo fu un'attività di guerriglia che
nei cinque anni che vanno dal 1860 al
1865 divampò in diverse zone del Meridione, in particolare in quelle più
interne, con esclusione della Sicilia.
A operare erano diverse bande (composte anche da 400 uomini) costituite
da ex soldati del disciolto esercito
borbonico, disertori, contadini e banditi veri e propri.
La guerra costò migliaia di morti fra
briganti, militari e civili e impose allo
Stato uno sforzo pesantissimo: in certi momenti nella repressione furono
impegnati anche 120000 uomini.
Nella sostanza, i governi della Destra
storica affrontarono la questione del
brigantaggìo solo in un'ottica repressiva,
~ In questa stampa
allegorica l'Italia unita è
alle prese con due gravi
problemi (la questione
romana e il brigantaggio)
e invita il generale Cialdini
a chiedere l'aiuto di
Garibaldi. Roma, Museo
del Risorgimento.
senza cercare di rimuoverne la cause
sociali profonde.
La generale incomprensione dei problemi del Sud da parte del nuovo Stato italiano alimentò il diffondersi di quei fenomeni, come la camorra e la mafia (già
presenti nel Regno delle Due Sicilie),
che ancora oggi devastano il Paese.
~ Libero scambio e
pareggio del bilancio
Economicamente, il neonato Stato italiano mostrava gravi segni di arretratezza: la povertà era diffusa, in particolare nelle campagne, accompagnata
da fame, malattie, ignoranza. La mortalità infantile raggiungeva il 20%. Il
reddito pro-capite era pari a metà di
quello francese e a due terzi di quello
inglese. La rete ferroviaria non superava i 2000 km, rispetto ai quasi 20000
della Gran Bretagna o ai 10000 della
Francia.
'
Occorreva dunque che il nuovo Stato
intervenisse per favorire la crescita
dell'economia. Ma come? Il bilancio
statale era in forte deficit anche a causa dell'elevato costo delle guerre d'indipendenza: il debito pubblico infatti
ammontava a 2402 milioni di lire (circa il 40% del prodotto nazionale), più
della metà del quale ereditato dal Regno di Sardegna.
Gli uomini della Destra storica erano
fermamente convinti, secondo la dottrina liberista, che l'economia italiana
si sarebbe potuta sviluppare solo favorendo il libero scambio:
> sia all'interno del Paese: a questo se po il governo provvide ad abbattere dogane interne;
> sia all'esterno del Paese: questo a=venne estendendo a tutta l'Italia le tariffe doganali piemontesi, tra le pii
basse d'Europa.
Per quanto riguarda il bilancio dell
Stato, la Destra storica si prefisse'
raggiungimento del pareggio: solo co '
infatti - pensava - l'Italìa sarebbe stata riconosciuta dalla comunità finanziaria internazionale come uno Stato
affidabile, e i capitali stranieri sarebbero affluiti in Italia a sostegno dello
sviluppo economico del Paese.
Nella battaglia per il pareggio del bilancio
si distinse particolarmente, come ministro delle Finanze, QuintinoSella (18271884). Nel 1867 vennero requisiti e
venduti terreni ecclesiastici e del demanio pubblico. Poteva essere questa
un'occasione per migliorare le condizioni del Paese, soprattutto del Mezzogiorno. Ma la preoccupazione di «far
cassa» prevalse su ogni altra considerazione. Questi beni infatti vennero
venduti all'asta: di conseguenza, invece
di andare a migliorare le condizioni dei
braccianti e dei piccoli proprietari, alimentarono ancora di più il latifondo.
La gente comune, infatti, non era certo
in grado di competere con le disponibilità economiche dei latifondisti.
A parte comunque questo provvedimento straordinario, la ricerca del pareggio del bilancio venne perseguita
attraverso il ricorso al prelievofiscale.
La quota della ricchezza prelevata
passò dal 6,9% del 1860 all'1l,4% del
1880. Nei primi anni il prelievo avvenne soprattutto attraverso le imposte dirette (sui redditi delle persone), mentre dal 1865 in poi crebbe il peso delle
imposte indirette (sui prodotti). In pochi anni le imposte indirette aumentarono del 107%, mentre quelle dirette del 63%. Un esempio di tassazione
indiretta, la più detestata, fu l'imposta
sul macinato introdotta nel 1868: di fatto si trattava di un'imposta sul pane,
l'alimento quotidiano degli Italiani.
Le manifestazioni
di piazza contro
questo provvedimento furono represse
con violenza. Il bilancio finale della
repressione fu di 3788 arrestati, 1099
feriti e 257 morti.
2. IL COMPLETAMENTO
DELL'UNITA D'ITALIA
QUALE ESITO EBBE LA TERZA GUERRA D'INDIPENDENZA?
COME VENNE ANNESSA ROMA?
COME FURONO REGOLATI I RAPPORTI FRA STATO E CHIESA7
QUALI REGIONI RIMANEVANO ANCORA FUORI DAL REGNO AL MOMENTO
DELL'ANNESSIONE DI ROMA?
~ Firenze capitale d'Italia
Il desiderio di completare l'unità nazionale era largamente sentito da tutto il Paese. Al di fuori dei confini del
Regno d'Italia vi erano ancora il Veneto, il Trentino, il Friuli Venezia Giulia,
il Lazio e soprattutto Roma.
Ma sul come completare l'unità d'Italia
il Paese era diviso.
La Destra storica era contraria a una
conquista armata di Roma, difesa, anche militarmente,
da Napoleone III
che era sensibile all'opinione pubblica
francese di fede cattolica schierata a
fianco del papa.
Mazziniani e garibaldini erano invece
favorevoli a un'azione armata. Nel giugno del 1862 una prima iniziativa di Garibaldi ebbe l'appoggio del capo del governo UrbanoRattazzi (1808-1873). Dopo
essere partiti dalla Sicilia, giunti sulla
penisola, i garibaldini vennero però
fermati proprio dall'esercito ìtafìano
inviato da Rattazzi. Napoleone III, infatti, aveva minacciato l'intervento dell'esercito francese se l'iniziativa fosse
proseguita. Lo scontro tra l'esercito italiano e i garibaldini avvenne sull'Aspromonte (29 agosto 1862). I morti furono
una dozzina; Garibaldi stesso venne ferito e arrestato.
Questo episodio convinse il governo
italiano che la sola strada da percorrere era l'accordo con la Francia. Per
questa ragione, nel 1864venne stipulata la Convenzione di Settembre, con cui
l'Italia si impegnava a difendere i confini dello Stato pontificio in cambio
del graduale ritiro delle truppe francesi da Roma. Come garanzia del suo impegno, l'Italia trasferiva la sua capitale
da Torino a Firenze: era il segno che lo
Stato italiano rinunciava definitivamente a ogni interesse per Roma. I Torinesi protestarono con estremo vigore
contro il trasferimento: la repressione
delle forze dell'ordine causò una trentina di morti e oltre cento feriti.
~ La terza guerra
d'indipendenza
Nel 1866, mentre ancora divampava in
tutto il Paese la polemica per la rinuncia a Roma, Bismarck propose all'Italia un'alleanza in vista della guerra
con l'Austria.
Nell'estate di quell'anno, ebbe inizio
così la terza guerra d'indipendenza che si
risolse assai rapidamente a vantaggio
dell'alleanza italo-tedesca. Ma mentre i
Prussiani sbaragliarono gli Austriaci a
Sadowail9 luglio 1866, l'Italia venne ripetutamente sconfitta dall'esercito au-
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n.ara
.•. I bersaglieri entrano
a Roma da Porta Pia
il 20 settembre 1870;
pinto di M. Cammarano.
;io
si
;10
ei
a
ri-
u-
striaco, inferiore per numero di uomini
e per mezzi, sia nella battaglia terrestre di Custoza (24 giugno), sia in quella
navale di lissa (20 luglio). (~Avvenimenti
p.l72)
Solo Garibaldi con i Cacciatori delle Alpi ottenne alcuni successi, come a Bezzecca,
aprendosi la strada verso Trento. Venne
però fermato da un perentorio ordine,
conseguente al sopraggiunto armistizio, a cui rispose con un telegramma di
una sola celebre parola: «Obbedisco».
Lltalia aveva perso tutte e due le bat-
Il governo del neonato Regno d'Italia con sede a Torino velecompletare l'unificazione facendo coincidere i confini dello
stato con quelli geografici: era necessario quindi annettere il
eneto, sotto il dominio austriaco, e il Lazio cioè lo Stato Ponti'0. Occorreva
poi dare stabilità al nuovo Regno perché sia i
::Orboni dell'ex Regno delle Due Sicilie, sia l'Austria potevano
-.ettere ancora in discussione l'unificazione.
la liberazione del Veneto fu preparata con l'alleanza con la
ssia in vista della guerra contro l'Austria. Nell'estate del
366 si combattè così la terza guerra d'Indipendenza
che per
: Italiani fu disastrosa: l'esercito italiano fu sconfitto a Custoza
_ giugno 1866), la marina a Lissa.
'-
Lissa, sulle coste della Dalmazia, la flotta italiana al coma ndell'ammiraglio
Carlo Persano attaccò una base fortificata
riaca ma venne colta alle spalle dalle corazzate nemiche e
- sconfitta (20 luglio 1866).
-
Solo Garibaldi con il suo esercito di volontari,
..!Jpi,ottenne un successo militare e tentò di
- ento ma fu fermato dall'armistizio
firmato fra
- ci. È in questa circostanza che si espresse
edisco».
i Cacciatori deldirigersi verso
Prussiani e Aucon il celebre
Prussiani sconfissero gli Austriaci a Sadowa; ciò bastò per
ere la guerra. La pace di Vienna (3 novembre 1866) stabilì
:essione del Veneto all'Italia; ma l'Austria per disprezzo lo
gnò a Napoleone 111 come intermediario,
che poi lo conò all'Italia.
=
taglie in cui si era confrontata con
l'Austria, ma la guerra era stata vinta.
Con la pace di Vienna (3 ottobre 1866)
l'Italia ottenne il Veneto, ceduto dall'Austria per disprezzo a un intermediario, Napoleone III,' e poi da questi
«girato» all'Italia.
Le speranze di chi aveva creduto con
la terza guerra d'indipendenza di ottenere anche il Trentino e il Friuli Venezia Giulia, ancora sotto il dominio austriaco, erano andate così deluse.
In questo contesto, nel 1867 riprese vigore l'iniziativa mazziniana e garibaldina volta a liberare Roma. Il piano
prevedeva l'insurrezione dei romani,
così da far apparire l'iniziativa agli occhi di Napoleone III come un atto interno allo Stato pontificio. Solo in un
secondo tempo sarebbero intervenuti i
garibaldini. Ma l'insurrezione fallì, per
la scarsa partecipazione
popolare e
per la pronta reazione della polizia
pontificia.
Nonostante ciò Garibaldi, alla testa di
3000 volontari, penetrò nello Stato Pontificio. Il 3 novembre 1867 i garibaldini si
scontrarono a Mentana con le truppe
francesi prontamente inviate nello Stato pontificio da Napoleone III e armate
di nuovi fucili a retrocarica (gli (hassepots). Sconfitto dopo un aspro combattimento, Garibaldi venne arrestato e condotto nell'isola di Caprera.
~ Roma capitale d'Italia
La possibilità di annettere Roma al Regno d'Italia si verificò pochi anni dopo
con la guerra tra Francia e Prussia (e
la conseguente caduta del Secondo
Impero) che implicò il ritiro delle
truppe francesi presenti in città.
Il 20 settembre del 1870 un corpo di bersaglieri, comandati dal generale Raffaele Cadorna, dopo aver cannoneggiato con l'artiglieria la cinta muraria, entrò in Roma attraverso la storica breccia di Porta Pia. Scarsa fu la resistenza
delle truppe pontificie. Il papa si dichiarò prigioniero dello Stato italiano
e indisponibile a ogni trattativa.
Il 2 ottobre si svolse il plebiscito di
annessione. Il trasferimento della ~itale da Firenze a Roma avvenne nel
luglio 1871. Prima però, lo Stato italiano volle regolare i rapporti con la Santa Sede.
L'ITALIA NELL'ETÀ DELLA DESTRA E DELLA SINISTRA STORICA
••
PERCHÉ ROMA CAPITALE
Nel marzo del 7867, pochi mesi prima di morire, Cavour spiegò al Parlamento le ragioni che obbligavano
/'Italia a pensare a Roma come propria capitale. Erano ragioni morali e
storiche.
La questione della capitale non si
scioglie, o signori, per ragioni né
" clima; né di geografia, neanche per
1
ragioni strategiche [... l. La sce
della capitale è determina a z
..grandi ragioni morali. È il sentì1
mento dei popoli quello che c
Ora, o signori, in Roma sono
senti tutte le circostanze sto .
intellettuali,
morali, che de o
determinare le condizioni della
pitale di un grande Stato .
Tutta la storia di Roma dal
dei Cesari al giorno d'oggi è la
ria di una città la cui importanza
estende infinitamente al di là suo territorio, di una città, cioè. stinata a essere la capitale
i_
grande Stato.
Convinto di questa verità
-~sento in obbligo di fare ap
patriottismo di tutti i cìttadm .a .rr-~
lia, onde cessi ogni discu proposito.
c. Cavour,
Nel maggio di quell'anno inf
ne approvata unilateralmente
detta delle «quarentiqie»: OITe
«garanzie» date dallo Stato - ..
papa affinché potesse svolgere
mente il suo magistero.
La legge dichiarava il papa ~Jl(:'r9:~~
sacra e inviolabile», dunque no
getta alle leggi dello Stato italiane;
papa, inoltre, veniva ricono ci sovranità sulla Città del Vatì
sieme ai palazzi del Laterano e
villa di Castelgandolfo, nonché
tazione annua di 3 milioni di lire.
Pio IX respinse queste norme:
lo, nel 1874 vietò esplicitame
cattolici di partecipare alla uta :
tica italiana. Il divieto venne riassanto dalla curia romana nella fo
non expedit (<<non conviene». -n
opportuno» che i cattolici parteei .
alle elezioni politiche).
La conquista di Roma apriva così
profonda frattura all'interno dell'I
tra il mondo cattolico e quello Iaìco.