J LA DESTRA STORICA AL POTERE CHE COSA FU LA DESTRA STORICA? PERCHÉ VI ERA UN'ENORME DISTANZA FRA PAESE REALE E PAESE LEGALE? QUALE MODELLO DI STATO VENNE SCELTO? COME AFFRONTARONO I GOVERNI DELLA DESTRA IL PROBLEMA DEL BRIGANT AGGIO? QUALI PROWEDIMENTI FURONO ADOTTATI DALLA DESTRA PER RISANARE IL BILANCIO DELLO STATO? stevano. Destra e Sinistra storiche erano infatti partiti di notabili: schieramenti politici che raggruppavano gli eletti in Parlamento, ma non avevano una struttura organizzata. Si votava con il sistema uninominale (ogni collegio elettorale eleggeva un solo candidato). Nella mancanza di efficaci mezzi di informazione, la competizione elettorale avveniva quindi, più che tra opposti programmi politici, tra personalità del luogo,' i notabili appunto, che per farsi eleggere sfruttavano la notorietà determinata dal loro ruolo sociale. ~ Accentramento o decentramento? Gli uomini della Destra storica proveMorto Cavour nel 1861, gli succedette nivano da un ambiente sociale abbaun aristocratico toscano, il baron ~ I quindici anni della storia d'Italia stanza omogeneo, l'aristocrazia terriera. tino Ricasoli(1809-1880). A lui, e più~in che vanno dal 1861 aL1876-furono gerleialé alla classe politica della Dedominati dalla ;siddetta «De1!r~ Al moderatismo della TIestra stonc~ stra storica, toccò in via preliminare il storica»: «Destra», in quanto gli si contrapponeva l'impostazione più democratica della Sinistra, che era .. compito di risolvereurf pfOl51ema-lstiiiomfhi politici a essa appartel'espressione di una diversa e più ami! tuzionale: quale assetto avrebbe dovunenti erano dei moderati, eredi pia realtà sociale, costituita prevalenU to avere il nuovo-Stato itàuanO?1:fitadi Cavour; «storica» (l'aggettivo temente dalla borghesia cittadina. lia doveva 'e;serè uno Stata «accentravèIineaggiunto successivamenDestra e Sinistra storiche erano inveto» o «decentrato»? te) perché questo schieramento ".--- ~ Modello di Stato accentrato era la ebbe un ruol~ric;o» nella for- ce accomunate dalla stessa concezione liberale dello Stato: in sintesi, si Franéi~ ;apole-onica,con a sua Strutmazione dell'Italia. .-/ Al di là delle definizioni, tuttavia, la trattava della destra e della sinistra libe- tura gerarchica che prevedeva un forrale, che erano espressione di una pie- te controllo del governo centrale sugli Destra storica occupava una posizioenti 10caÙ attraverso i prefetti. ne di centro nel dibattito politico ita- cola parte del Paese. Infatti la legge elettorale del Regno di Sardegna, Modello di Stato decentrato era inveliano, in quanto la vera ('[e~stra)era ---estesa al Regno d'Italia, prevedeva ce la Gran Bretagna che lasciava ampie rappresentata dai clericali e dai reae giudizi arie zionari nostalgici dci-Vecchi Stati ita- che avessero diritto di voto solo i cif- libertà amministrative .--- ..•.•... tadini italiani in possesso dei seguenalle varie contee. liani preunitari; la Sinistra storica, ti requisiti: Venne scelto il modello di Stato acinvece, era formata wevalentemente '> essere di sesso maschile; centrato-:-Llfaha fììCOSìClivisa iD-pr~ da m,azz~@-g{H'4ba:~ni. > av~re 25 anni di età; vifice7"ilgoverno nominò per ogni > sauer leggere e scrivere; provinéia suo rapwesentante, il > pagare almeno 40 lire di imposte refetto. Anche i sindaci dei comuni • l'anno. erano nominati dal governo e a esso PREFETTO La base elettorale era ridottissima, rispc)I\devan<T.i:commi.i non godevano Dal latino praefectus, «preposto, circa 400 000 11~5sone, cioè il ~della diinqùe di'alcuna autonomia. messo a capo», la figura del prepopolazione e i'l@dei maschi adulti. La scelta del modello centralista era fetto venne istituita nell'ordina\)\ \l~~'S\\ ~\\\I\\\, } ll:l\, 'S\ ì:~l:,c.\)c.l',l:l c.\\~ \.ID~\l(',lt'àM\ IDOÒO'Stesso COl', c~l s\. mento itaùano ne) 1861 per uùzia~~ urne solo il ~.Q1§, Qu~(!U d..f.lPut<l;ti era giunti all'unità d'Italia: l'interventiva del governo della Destra storica. Rappresentava il potere eseeletti alla Camera dei Deputati (il Se- to del Regno di Sardegna era stato decutivo nelle province; sovrintennato era di nomina regia) esprimevacisivo. Senza il suo esercito l'Austria deva alla pubblica sicurezza, alla no la volontà di circa 200000 persone, non avrebbe mai abbandonato la pesanità e all'igiene, all'istruzione, su una popolazione complessiva di 22 nisola. Di fatto si era verificata una disponeva della forza pubblica e milionidi abitanti. guerra di conquista: il che non lasciaaveva compiti di controllo sugli enti locali. Era insomma il cardine Abissale era dunque la distanza tra il va spazio a forme di federalismo e del potere a livello locale e l'anello Paese reale e quello rappresentato in tanto meno alla convocazione di di congiunzione con il potere cenParlamento, il Paese legale. I partiti, un'assemblea costituente. Lo Statuto trale. come li intendiamo noi oggi, non esi- Albertino divenne quindi la costitu- ~ La Destra storica --- un ~~--------------------~~ L'analfa_betismo in Italia~ nel 1861 Percentuate di analfabeti sul totale della popolazione: Piemonte nel 1911 -'~ I_P! Lombar!!!'!... Liguria Emilia Romagna Veneto Toscana Umbria ,Lazio Marche Abruzzi Campania IPuglia lBasil~a Calabria - - 1FcI!F-Sardegna 10 20 30 40 50 60 io 80 90 I 100.) Tra i problemi che il nuovo governo dell'Italia unita doveva affrontare c'era anche quello dell'istruzione. " tasso di analfabetismo nel Paese era molto elevato, soprattutto nelle regioni meridionali dove si arrivava a punte del 90%, come in Sardegna. Gli interventi statali in questa direzione non furono però efficaci e la questione dell'analfabetismo in Italia rimase a lungo una grave piaga sociale. zione italiana, così come a tutta l'Italia vennero estese la legislazione e la moneta piemontese, la lira. Da qui la critica di piemontesismo mossa alla Destra storica, accusata di considerare l'Italia come una semplice . estensione del Regno di Sardegna. t. TUTTI A SCUOLA, MA DOVE? Nel 7867, su 22 milioni di abitanti circa il 78% era analfabeta: la percentuale scendeva al 50% in Lombardia, ma saliva al 9Ò%nel Mezzogiorno. Nello stessoperiodo era analfabeta in Francia il 40% della popolazione; in Inghilterra il 25% degli uomini e il 50% delle donne. In Piemonte nel 7859 era stata approvata la legge Casati cheprevedeva la gratuità dell'istruzione elementare con l'obbligo di frequenza del primo biennio. " compito di attuazione della legge era demandato ai comuni. Dopo l'unificazione la legge fu estesa a tutto il territorio nazionale. Mancavano però le scuole e gli insegnanti erano impreparati. Un principio tuttavia era diventato legge: «Il lasciare i figliuoli privi di educazione - scrisse il pedagogista Andrea Angiulli (78377890), di cui riportiamo un brano - è un delitto contro la società». À (Sopra) Una moneta da 5 lire del Regno d'Italia, con l'effigie di Vittorio Emanuele Il di Savoia, coniata a Milano neI1872, e alcune monete di Stati preunitari: (in alto a destra) una moneta da 3 baiocchi della Repubblica romana (coniata nel 1849); (sopra a destra) una moneta da 4 fiorini, coniata nel Granducato di Toscana (1826). Ma c'era anche un'altra ragione che portava a ritenere il modello di Stato accentrato come l'unico possibile: la situazione venutasi a creare nel Mezzogiorno, dove immediatamente dopo l'unificazione era esplosa una rivolta sociale . L'educazione del popolo è un fatto di utilità generale, perciò è un dovere nazionale, e cade nelle appartenenze o nei diritti dello Stato. L'educazione nazionale attua la condizione indispensabile alla libertà e al benessere di -tutti, è un principio di ordine, e non può essere abbandonato all'arbitrio degli individui o di una classe. Ammettere la libertà in questo dominio, sarebbe lo stesso che ammettere potersi dagli individui distruggere le basi della vita sociale. Sopprimete la scuola, e non resta come principio di ordine che la prigione e la forca. La scelta è tra il boia e il maestro di scuola. Un dì lo Stato non impiegava che il primo; fra breve forse non impiegherà più che il secondo. Se lo Stato ha il diritto di punire chi infrange le leggi della vita, ha eziandio quello che richiede che queste leggi siano apprese, perché , ~'-~-'" ~ Il brigantaggio La caduta del regime borbonico, in seguito all'insurrezione garibaldina, aveva fatto nascere nelle masse meridionali la speranza di un rinnovamento non solo politico, ma anche sociale. Questa speranza andò ben presto delusa. Le pesanti tasse e il servizio militare obbligatorio scatenarono la rivolta in qualche caso condotta in nome del papa e dei Barboni. Il nuovo Stato italiano venne individuato come «nemico», e contro di esso i briganti agivano assaltando le carceri o incendiando gli archivi comu- non siano infrante. l ... ] È assurdo o impossibile sperare un impulso rispetto all'educazione generale da quelli medesimi che debbono riceverla, e che sono perciò meno capaci di sentire e comprendere il bisogno. Lo Stato non piglia il posto dell'industria privata, piglia un posto che l'industria privata lascerebbe vuoto. Dall'altra parte la società può obbligare i genitori a istruire o a fare istruire i propri figliuoli, come può obbligarli a nutrirli. Imponendo lo Stato l'istruzione obbligatoria non fa più di quello ch'egli fa, quando impone il rispetto della proprietà e dell'ordine pubblico. Il lasciare i figliuoli privi di educazione è un delitto contro questi e contro la società intera. E la società per punire cotesto delitto è fornita del diritto ch'ella ha di proteggere i terzi, di proteggere i minori, di difendere se stessa. I. ii1 [S•• MAFIA La parola viene dal siciliano mafiusu (eprepotente. ma landrlno»), che deriva forse dall'arabo marfud (eriflutato»). In origine voce tipica dell'area palermitana, a partire dal 1863 ha cominciato a diffondersi a seguito dell'opera drammaturgica dialettale I mafiusi della Vicaria di G. Rizzotto. Indicava piccole associazioni guidate da un capo e dotate di una cassa comune alimentata dai furti e dalle estorsioni. Fin dalle sue origini, il termine coglie due tratti costanti del fenomeno mafioso: la sua natura criminale e la tendenza ad approfittare della debolezza dello Stato per accaparrarsene con la forza le funzioni. nali per distruggere i registri di leva e quelli fiscali; nemici erano anche i possidenti locali le cui fattorie venivano saccheggiate. Dopo l'attacco, i briganti si ritiravano in montagna. Dal punto di vista militare, il brigantaggìo fu un'attività di guerriglia che nei cinque anni che vanno dal 1860 al 1865 divampò in diverse zone del Meridione, in particolare in quelle più interne, con esclusione della Sicilia. A operare erano diverse bande (composte anche da 400 uomini) costituite da ex soldati del disciolto esercito borbonico, disertori, contadini e banditi veri e propri. La guerra costò migliaia di morti fra briganti, militari e civili e impose allo Stato uno sforzo pesantissimo: in certi momenti nella repressione furono impegnati anche 120000 uomini. Nella sostanza, i governi della Destra storica affrontarono la questione del brigantaggìo solo in un'ottica repressiva, ~ In questa stampa allegorica l'Italia unita è alle prese con due gravi problemi (la questione romana e il brigantaggio) e invita il generale Cialdini a chiedere l'aiuto di Garibaldi. Roma, Museo del Risorgimento. senza cercare di rimuoverne la cause sociali profonde. La generale incomprensione dei problemi del Sud da parte del nuovo Stato italiano alimentò il diffondersi di quei fenomeni, come la camorra e la mafia (già presenti nel Regno delle Due Sicilie), che ancora oggi devastano il Paese. ~ Libero scambio e pareggio del bilancio Economicamente, il neonato Stato italiano mostrava gravi segni di arretratezza: la povertà era diffusa, in particolare nelle campagne, accompagnata da fame, malattie, ignoranza. La mortalità infantile raggiungeva il 20%. Il reddito pro-capite era pari a metà di quello francese e a due terzi di quello inglese. La rete ferroviaria non superava i 2000 km, rispetto ai quasi 20000 della Gran Bretagna o ai 10000 della Francia. ' Occorreva dunque che il nuovo Stato intervenisse per favorire la crescita dell'economia. Ma come? Il bilancio statale era in forte deficit anche a causa dell'elevato costo delle guerre d'indipendenza: il debito pubblico infatti ammontava a 2402 milioni di lire (circa il 40% del prodotto nazionale), più della metà del quale ereditato dal Regno di Sardegna. Gli uomini della Destra storica erano fermamente convinti, secondo la dottrina liberista, che l'economia italiana si sarebbe potuta sviluppare solo favorendo il libero scambio: > sia all'interno del Paese: a questo se po il governo provvide ad abbattere dogane interne; > sia all'esterno del Paese: questo a=venne estendendo a tutta l'Italia le tariffe doganali piemontesi, tra le pii basse d'Europa. Per quanto riguarda il bilancio dell Stato, la Destra storica si prefisse' raggiungimento del pareggio: solo co ' infatti - pensava - l'Italìa sarebbe stata riconosciuta dalla comunità finanziaria internazionale come uno Stato affidabile, e i capitali stranieri sarebbero affluiti in Italia a sostegno dello sviluppo economico del Paese. Nella battaglia per il pareggio del bilancio si distinse particolarmente, come ministro delle Finanze, QuintinoSella (18271884). Nel 1867 vennero requisiti e venduti terreni ecclesiastici e del demanio pubblico. Poteva essere questa un'occasione per migliorare le condizioni del Paese, soprattutto del Mezzogiorno. Ma la preoccupazione di «far cassa» prevalse su ogni altra considerazione. Questi beni infatti vennero venduti all'asta: di conseguenza, invece di andare a migliorare le condizioni dei braccianti e dei piccoli proprietari, alimentarono ancora di più il latifondo. La gente comune, infatti, non era certo in grado di competere con le disponibilità economiche dei latifondisti. A parte comunque questo provvedimento straordinario, la ricerca del pareggio del bilancio venne perseguita attraverso il ricorso al prelievofiscale. La quota della ricchezza prelevata passò dal 6,9% del 1860 all'1l,4% del 1880. Nei primi anni il prelievo avvenne soprattutto attraverso le imposte dirette (sui redditi delle persone), mentre dal 1865 in poi crebbe il peso delle imposte indirette (sui prodotti). In pochi anni le imposte indirette aumentarono del 107%, mentre quelle dirette del 63%. Un esempio di tassazione indiretta, la più detestata, fu l'imposta sul macinato introdotta nel 1868: di fatto si trattava di un'imposta sul pane, l'alimento quotidiano degli Italiani. Le manifestazioni di piazza contro questo provvedimento furono represse con violenza. Il bilancio finale della repressione fu di 3788 arrestati, 1099 feriti e 257 morti. 2. IL COMPLETAMENTO DELL'UNITA D'ITALIA QUALE ESITO EBBE LA TERZA GUERRA D'INDIPENDENZA? COME VENNE ANNESSA ROMA? COME FURONO REGOLATI I RAPPORTI FRA STATO E CHIESA7 QUALI REGIONI RIMANEVANO ANCORA FUORI DAL REGNO AL MOMENTO DELL'ANNESSIONE DI ROMA? ~ Firenze capitale d'Italia Il desiderio di completare l'unità nazionale era largamente sentito da tutto il Paese. Al di fuori dei confini del Regno d'Italia vi erano ancora il Veneto, il Trentino, il Friuli Venezia Giulia, il Lazio e soprattutto Roma. Ma sul come completare l'unità d'Italia il Paese era diviso. La Destra storica era contraria a una conquista armata di Roma, difesa, anche militarmente, da Napoleone III che era sensibile all'opinione pubblica francese di fede cattolica schierata a fianco del papa. Mazziniani e garibaldini erano invece favorevoli a un'azione armata. Nel giugno del 1862 una prima iniziativa di Garibaldi ebbe l'appoggio del capo del governo UrbanoRattazzi (1808-1873). Dopo essere partiti dalla Sicilia, giunti sulla penisola, i garibaldini vennero però fermati proprio dall'esercito ìtafìano inviato da Rattazzi. Napoleone III, infatti, aveva minacciato l'intervento dell'esercito francese se l'iniziativa fosse proseguita. Lo scontro tra l'esercito italiano e i garibaldini avvenne sull'Aspromonte (29 agosto 1862). I morti furono una dozzina; Garibaldi stesso venne ferito e arrestato. Questo episodio convinse il governo italiano che la sola strada da percorrere era l'accordo con la Francia. Per questa ragione, nel 1864venne stipulata la Convenzione di Settembre, con cui l'Italia si impegnava a difendere i confini dello Stato pontificio in cambio del graduale ritiro delle truppe francesi da Roma. Come garanzia del suo impegno, l'Italia trasferiva la sua capitale da Torino a Firenze: era il segno che lo Stato italiano rinunciava definitivamente a ogni interesse per Roma. I Torinesi protestarono con estremo vigore contro il trasferimento: la repressione delle forze dell'ordine causò una trentina di morti e oltre cento feriti. ~ La terza guerra d'indipendenza Nel 1866, mentre ancora divampava in tutto il Paese la polemica per la rinuncia a Roma, Bismarck propose all'Italia un'alleanza in vista della guerra con l'Austria. Nell'estate di quell'anno, ebbe inizio così la terza guerra d'indipendenza che si risolse assai rapidamente a vantaggio dell'alleanza italo-tedesca. Ma mentre i Prussiani sbaragliarono gli Austriaci a Sadowail9 luglio 1866, l'Italia venne ripetutamente sconfitta dall'esercito au- SVIZZERA FRANCIA Mar Ligure c +- r4 Forze italiane ~=-'===Fo=~=ea=us=tn='aC=he=: ~ ) __ M_a_r_Tlf_m_n_o _ Je- mlle lo 'a- ro- Ire ne .n- in n.ara .•. I bersaglieri entrano a Roma da Porta Pia il 20 settembre 1870; pinto di M. Cammarano. ;io si ;10 ei a ri- u- striaco, inferiore per numero di uomini e per mezzi, sia nella battaglia terrestre di Custoza (24 giugno), sia in quella navale di lissa (20 luglio). (~Avvenimenti p.l72) Solo Garibaldi con i Cacciatori delle Alpi ottenne alcuni successi, come a Bezzecca, aprendosi la strada verso Trento. Venne però fermato da un perentorio ordine, conseguente al sopraggiunto armistizio, a cui rispose con un telegramma di una sola celebre parola: «Obbedisco». Lltalia aveva perso tutte e due le bat- Il governo del neonato Regno d'Italia con sede a Torino velecompletare l'unificazione facendo coincidere i confini dello stato con quelli geografici: era necessario quindi annettere il eneto, sotto il dominio austriaco, e il Lazio cioè lo Stato Ponti'0. Occorreva poi dare stabilità al nuovo Regno perché sia i ::Orboni dell'ex Regno delle Due Sicilie, sia l'Austria potevano -.ettere ancora in discussione l'unificazione. la liberazione del Veneto fu preparata con l'alleanza con la ssia in vista della guerra contro l'Austria. Nell'estate del 366 si combattè così la terza guerra d'Indipendenza che per : Italiani fu disastrosa: l'esercito italiano fu sconfitto a Custoza _ giugno 1866), la marina a Lissa. '- Lissa, sulle coste della Dalmazia, la flotta italiana al coma ndell'ammiraglio Carlo Persano attaccò una base fortificata riaca ma venne colta alle spalle dalle corazzate nemiche e - sconfitta (20 luglio 1866). - Solo Garibaldi con il suo esercito di volontari, ..!Jpi,ottenne un successo militare e tentò di - ento ma fu fermato dall'armistizio firmato fra - ci. È in questa circostanza che si espresse edisco». i Cacciatori deldirigersi verso Prussiani e Aucon il celebre Prussiani sconfissero gli Austriaci a Sadowa; ciò bastò per ere la guerra. La pace di Vienna (3 novembre 1866) stabilì :essione del Veneto all'Italia; ma l'Austria per disprezzo lo gnò a Napoleone 111 come intermediario, che poi lo conò all'Italia. = taglie in cui si era confrontata con l'Austria, ma la guerra era stata vinta. Con la pace di Vienna (3 ottobre 1866) l'Italia ottenne il Veneto, ceduto dall'Austria per disprezzo a un intermediario, Napoleone III,' e poi da questi «girato» all'Italia. Le speranze di chi aveva creduto con la terza guerra d'indipendenza di ottenere anche il Trentino e il Friuli Venezia Giulia, ancora sotto il dominio austriaco, erano andate così deluse. In questo contesto, nel 1867 riprese vigore l'iniziativa mazziniana e garibaldina volta a liberare Roma. Il piano prevedeva l'insurrezione dei romani, così da far apparire l'iniziativa agli occhi di Napoleone III come un atto interno allo Stato pontificio. Solo in un secondo tempo sarebbero intervenuti i garibaldini. Ma l'insurrezione fallì, per la scarsa partecipazione popolare e per la pronta reazione della polizia pontificia. Nonostante ciò Garibaldi, alla testa di 3000 volontari, penetrò nello Stato Pontificio. Il 3 novembre 1867 i garibaldini si scontrarono a Mentana con le truppe francesi prontamente inviate nello Stato pontificio da Napoleone III e armate di nuovi fucili a retrocarica (gli (hassepots). Sconfitto dopo un aspro combattimento, Garibaldi venne arrestato e condotto nell'isola di Caprera. ~ Roma capitale d'Italia La possibilità di annettere Roma al Regno d'Italia si verificò pochi anni dopo con la guerra tra Francia e Prussia (e la conseguente caduta del Secondo Impero) che implicò il ritiro delle truppe francesi presenti in città. Il 20 settembre del 1870 un corpo di bersaglieri, comandati dal generale Raffaele Cadorna, dopo aver cannoneggiato con l'artiglieria la cinta muraria, entrò in Roma attraverso la storica breccia di Porta Pia. Scarsa fu la resistenza delle truppe pontificie. Il papa si dichiarò prigioniero dello Stato italiano e indisponibile a ogni trattativa. Il 2 ottobre si svolse il plebiscito di annessione. Il trasferimento della ~itale da Firenze a Roma avvenne nel luglio 1871. Prima però, lo Stato italiano volle regolare i rapporti con la Santa Sede. L'ITALIA NELL'ETÀ DELLA DESTRA E DELLA SINISTRA STORICA •• PERCHÉ ROMA CAPITALE Nel marzo del 7867, pochi mesi prima di morire, Cavour spiegò al Parlamento le ragioni che obbligavano /'Italia a pensare a Roma come propria capitale. Erano ragioni morali e storiche. La questione della capitale non si scioglie, o signori, per ragioni né " clima; né di geografia, neanche per 1 ragioni strategiche [... l. La sce della capitale è determina a z ..grandi ragioni morali. È il sentì1 mento dei popoli quello che c Ora, o signori, in Roma sono senti tutte le circostanze sto . intellettuali, morali, che de o determinare le condizioni della pitale di un grande Stato . Tutta la storia di Roma dal dei Cesari al giorno d'oggi è la ria di una città la cui importanza estende infinitamente al di là suo territorio, di una città, cioè. stinata a essere la capitale i_ grande Stato. Convinto di questa verità -~sento in obbligo di fare ap patriottismo di tutti i cìttadm .a .rr-~ lia, onde cessi ogni discu proposito. c. Cavour, Nel maggio di quell'anno inf ne approvata unilateralmente detta delle «quarentiqie»: OITe «garanzie» date dallo Stato - .. papa affinché potesse svolgere mente il suo magistero. La legge dichiarava il papa ~Jl(:'r9:~~ sacra e inviolabile», dunque no getta alle leggi dello Stato italiane; papa, inoltre, veniva ricono ci sovranità sulla Città del Vatì sieme ai palazzi del Laterano e villa di Castelgandolfo, nonché tazione annua di 3 milioni di lire. Pio IX respinse queste norme: lo, nel 1874 vietò esplicitame cattolici di partecipare alla uta : tica italiana. Il divieto venne riassanto dalla curia romana nella fo non expedit (<<non conviene». -n opportuno» che i cattolici parteei . alle elezioni politiche). La conquista di Roma apriva così profonda frattura all'interno dell'I tra il mondo cattolico e quello Iaìco.