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L’Editore L’Editore ha effettuato quanto in suo potere per richiedere il permesso di riproduzione del materiale di cui non è titolare del copyright e resta comunque a disposizione di tutti gli eventuali aventi diritto. A cura di Maurizio Clementi – Università degli Studi di Padova con la collaborazione di Matteo Cassina, Elena Di Gianantonio, Leonardo Salviati, Eva Trevisson – Università degli Studi di Padova Fotocomposizione e progetto grafico doma book di Di Grazia Massimo – Napoli Stampato presso la Tipografia Sograte S.r.l. Zona Ind. Regnano – Città di Castello (PG) per conto della EdiSES S.r.l. – Piazza Dante, 89 – Napoli Tel. 0817441706/07 Fax 0817441705 www.edises.it [email protected] ISBN 978 88 7959 8910 PREFAZIONE La Genetica è forse la branca della scienza che ha avuto il più veloce e importante sviluppo nell’ultimo ventennio. Il Progetto Genoma Umano, completato nel 2003, ha fornito ai ricercatori gli elementi di base per la comprensione della struttura del Genoma. I miglioramenti tecnologici e bioinformatici degli anni seguenti hanno permesso di iniziare a comprendere il funzionamento del genoma e i meccanismi biologici alla base delle malattie umane. Non sono mancate sia le difÞcoltà interpretative sia le “sorprese” legate alla complessità del funzionamento del genoma. È prevedibile un ulteriore importante e rapido sviluppo nei prossimi anni. In particolare, è atteso nel prossimo decennio il trasferimento delle conoscenze ottenute in laboratorio alla pratica clinica, in ambito diagnostico, prognostico e terapeutico. Per questo è ambizioso il progetto di preparare un libro di introduzione alla Genetica Medica. La rapidità con cui si accumulano nuove conoscenze rischia di rendere qualunque libro non adeguatamente aggiornato. Tenendo conto di queste limitazioni, abbiamo scritto questo libro per fornire una base per gli studenti delle Scuole di Medicina e Biologia che intraprendono gli studi di Genetica. Questo volume è particolarmente ricco di schemi, tabelle e immagini che possono aiutare lo studente nella comprensione di concetti a volte complessi. Ha un indirizzo decisamente didattico e introduce in maniera semplice e diretta alla complessità dello studio della Genetica Medica. Le informazioni dei vari capitoli forniscono non solo le conoscenze di base, ma anche quelle relative agli sviluppi della ricerca applicata alla Genetica Medica, consentendo allo studente di affrontare lo studio di argomenti speciÞci o la comprensione di articoli scientiÞci. La possibilità di avere la versione digitale del testo e di applicativi per integrare il libro con altre fonti (lezioni, diapositive, articoli scientiÞci) è un ulteriore elemento che rende più agevole ed efÞcace lo studio della materia. Gli Autori Materiale di supporto per i docenti I docenti che utilizzano il testo a scopo didattico possono scaricare dal sito www.edises.it, previa registrazione all’area docenti, le immagini del libro in formato PowerPoint. INDICE GENERALE Capitolo 1 IL GENOMA UMANO 1 Il genoma umano 2 Capitolo 2 MUTAZIONI ClassiÞcazione Metodi di ricerca di mutazioni • Mutazioni indotte 9 31 • Analisi di mutazioni note 32 • Analisi di mutazioni ignote 32 RQ-PCR, MLPA) 34 Sequenziamento e next generation sequencing 36 9 10 13 Capitolo 3 POLIMORFISMI 16 PolimorÞsmi a livello del DNA 17 Capitolo 6 CROMOSOMI 44 Ciclo cellulare 45 Mitosi 45 Meiosi • PolimorÞsmi di singoli nucleotidi (SNP) 31 • Analisi diretta 8 • Mutazioni spontanee: errori durante la replicazione del DNA 31 • Tecniche quantitative (Southern, Mutazioni spontanee ed indotte. Agenti mutageni • Analisi indiretta 17 47 • Meiosi I 47 • Meiosi II 50 Gametogenesi 50 Cromosomi, cariotipo ed esame • PolimorÞsmi di restrizione (RFLP) 17 cromosomico 53 • PolimorÞsmi di ripetizione (VNTR) 18 • Bandeggio 57 18 • Esame cromosomico standard 19 • Cromosomi sessuali X e Y • Microsatelliti o STR e ad alta risoluzione • Variazioni del numero di copie o CNV (Copy Number Variations) 58 61 Capitolo 7 MALATTIE CROMOSOMICHE 66 21 Frequenza delle anomalie cromosomiche 67 Malattie genetiche 22 ClassiÞcazione delle anomalie Frequenza delle malattie genetiche 22 Capitolo 4 MALATTIE GENETICHE E LORO FREQUENZA Capitolo 5 TECNICHE DI INDAGINE MOLECOLARE 24 67 • ClassiÞcazione per sede 67 • ClassiÞcazione per tipo 69 Crossing over ineguale 79 Non-disgiunzione ed età materna 82 Effetti fenotipici delle anomalie Materiale da utilizzare e tecniche di base cromosomiche 25 cromosomiche 82 VI Indice generale Alcune sindromi cromosomiche • Sindrome di Down 84 84 • Sindrome di Turner 84 • Sindrome di Klinefelter 84 • Sindrome XYY 85 Capitolo 11 MALATTIE COMPLESSE E IDENTIFICAZIONE DEI GENI DI SUSCETTIBILITÀ 130 Malattie complesse o multifattoriali 131 IdentiÞcazione dei geni di suscettibilità Capitolo 8 TECNICHE DI STUDIO DEI CROMOSOMI 86 Tecniche di citogenetica classica 87 Tecniche di citogenetica molecolare 87 • FISH (Fluorescent In Situ Hybridization) • Array-CGH Capitolo 9 MALATTIE MONOGENICHE Malattie monogeniche Malattie autosomiche dominanti 87 90 95 96 104 • Penetranza ed espressività 105 • Mutazioni de novo 106 • Mosaicismo gonadico 107 Malattie autosomiche recessive 109 Trasmissione X-linked ed inattivazione del cromosoma X 112 Malattie X-linked recessive 113 Malattie X-linked dominanti 116 Malattie legate al cromosoma Y 116 Capitolo 10 EREDITÀ NON MENDELIANA 118 Malattie mitocondriali 119 • Eredità materna 121 • Eteroplasmia 121 • Effetto soglia 122 • Segregazione casuale 122 • Manifestazioni cliniche 122 • Rischio di ricorrenza 122 Imprinting e disomia uniparentale 123 Mutazioni dinamiche 125 alle malattie complesse 133 • Analisi di linkage 133 • Studi di associazione 135 Capitolo 12 IL TUMORE COME MALATTIA GENETICA 137 Oncogeni e proto-oncogeni 140 Oncosoppressori 142 Geni mutatori 145 Riarrangiamenti cromosomici e cancro 147 Tumori con predisposizione ereditaria 148 Il retinoblastoma: un modello della cancerogenesi 150 Applicazione clinica 151 Capitolo 13 CONSULENZA GENETICA 152 Metodologia 153 Motivi delle richieste di consulenza genetica 154 Anamnesi familiare 154 Capitolo 14 DIAGNOSI PRENATALE NON INVASIVA E INVASIVA 156 Diagnosi prenatale invasiva 157 • Tecniche di prelievo di materiale embrio-fetale • Diagnosi prenatale citogenetica Diagnosi prenatale non invasiva 157 158 161 • Test biochimici 161 • EcograÞa 161 • Non Invasive Prenatal Testing (NIPT)161 Capitolo 15 TEST GENETICI Tipi di test genetici • Test diagnostici 164 Capitolo 17 GENETICA DI POPOLAZIONE 173 165 Stima delle frequenze alleliche 174 165 Legge di Hardy-Weinberg 175 • Test preclinici (presintomatici) 165 • Test predittivi o di suscettibilità 165 Hardy-Weinberg e costanza • Test di screening 166 delle frequenze alleliche Limiti dei test genetici 166 Capitolo 16 TERATOLOGIA 167 Cosa sono i teratogeni 168 Principi di base della teratologia clinica 169 • Assunzioni della legge di QUESTIONARIO GLOSSARIO INDICE ANALITICO 175 179 185 189 Metodi per identiÞcare i teratogeni nell’uomo 170 • Studi sugli animali 170 • Case-report e studi epidemiologici 170 Farmacocinetica in gravidanza 171 Consulenza teratologica 171 Farmacogenomica 171 Indice generale VII 10 EREDITÀ NON MENDELIANA Malattie mitocondriali Eredità materna Eteroplasmia Effetto soglia Segregazione casuale Manifestazioni cliniche Rischio di ricorrenza Imprinting e disomia uniparentale Mutazioni dinamiche Alcune malattie monogeniche presentano delle caratteristiche che violano le classiche leggi di Mendel sulla trasmissione dei caratteri ereditari. Possiamo distinguere tre principali gruppi di patologie non mendeliane: quelle legate a mutazioni del DNA mitocondriale, quelle da imprinting genomico e quelle da espansione di triplette (mutazioni dinamiche). Malattie mitocondriali Con il termine “malattie mitocondriali” si intende un gruppo di patologie caratterizzate da disfunzione della catena respiratoria (CR mitocondriale. La CR catalizza la fase terminale del metabolismo cellulare. Gli elettroni generati nelle reazioni ossidative vengono trasferiti all’ossigeno formando acqua e l’energia liberata da tali reazioni viene utilizzata per produrre ATP (Figura 10.1). La CR è costituita da 5 complessi enzimatici, ciascuno composto da numerose subunità proteiche, in parte codificate dal genoma nucleare (nDNA) e poi importate nel mitocondrio, in parte dal genoma mitocondriale (mtDNA). Solo il complesso II è costituito unicamente da subunità codificate dal nDNA. Il genoma mitocondriale umano costituisce un’entità autonoma distinta dal DNA nucleare, con Protidi Gliceridi Glucidi Amminoacidi Acidi Glicerolo Acido Acidi chetoglutarico grassi piruvico e ossalacetico ATP Spirale di Lynen A-H2 H2 acetil-CoA CO2 Krebs A NADH NAD + ATP Fe2+ Fe2+ Fe2+ Fe2+ cit.b cit.c cit.a cit.a3 Fe3+ Fe3+ Fe3+ Fe3+ FADH2 FAD H2O 1/2 O2 Accettori ADP + Pi H2 ADP + Pi 2H+ Catena re ADP + Pi 2H+ spiratori a Matrice Membrana interna 10.1 Membrana esterna Mitocondrio. In microscopia elettronica i mitocondri appaiono come organelli allungati delimitati da due membrane, con proprietà e funzioni biologiche distinte, separate da uno spazio intermembrana. A livello della membrana mitocondriale interna sono localizzati gran parte dei componenti della catena respiratoria, il complesso dell’ATP sintasi responsabile della fosforilazione ossidativa ed anche due enzimi del ciclo dell’acido citrico. La matrice mitocondriale rappresenta la sede in cui convergono le principali vie metaboliche attraverso l’acetil-CoA e contiene numerosissimi enzimi. Malattie mitocondriali 119 120 Eredità non mendeliana un codice genetico che differisce da quello universale del DNA nucleare (Tabella 10.1). Rappresenta le vestigia del genoma degli antichi batteri entrati in simbiosi con il progenitore delle cellule eucariotiche alcuni miliardi di anni fa. A testimonianza della sua origine batterica, il mtDNA possiede alcune caratteristiche simili a quelle dei genomi procariotici. È costituito da una molecola circolare di 16.569 pb ed è privo di istoni. Esso contiene 37 geni, 13 per subunità della catena respiratoria, 2 per RNA ribosomali e 22 per tRNA; vi è una sola regione regolatoria non codificante (d-loop), mentre non vi sono introni. Inoltre, il tasso di mutazioni spontanee del mtDNA è 17 volte più elevato di quello del DNA nucleare. Il mtDNA dipende dal nDNA per la sua replicazione e per la sua trascrizione in mRNA, mentre per quanto riguarda la sintesi proteica, tRNA e rRNA sono codificati nel mitocondrio, invece le proteine associate ai ribosomi e le amminoacil-tRNA sintetasi sono di origine nucleare. La biogenesi della CR richiede perciò la cooperazione coordinata di due distinti genomi (Tabella 10.2). Tabella 10.1 Genoma nucleare e genoma mitocondriale nDNA mtDNA Dimensioni 3,3 Gb 16,5 kb N° copie/cellula 2 >100 Cromosomi 23 1 Struttura dei cromosomi Lineare Circolare Cromatina Sì No Geni 20.000 37 Introni Sì No Sequenze codificanti 2% 90% Tasso di mutazione spontanea 2,5×10–8 per base per generazione ~2,7×10–5 per base per generazione Codice genetico Universale Mitocondriale Tabella 10.2 Geni nucleari e mitocondriali implicati nella biogenesi della catena respiratoria mtDNA nDNA 7 Subunità del complesso I Otre 60 subunità dei complessi I, III, IV, V 1 Subunità del complesso III Complesso II e citocromo c 3 Subunità del complesso IV Fattori di assemblaggio 2 Subunità del complesso V DNA polimerasi ␥ e proteine necessarie alla replicazione (elicasi, etc.) 22 tRNA RNA polimerasi e proteine necessarie alla trascrizione 2 rRNA Fattori implicati nella sintesi proteica Enzimi per la biosintesi del coenzima Q Enzimi per il metabolismo nucleotidico Proteine che regolano la dinamica mitocondriale Altri I difetti della catena respiratoria possono quindi essere causati da mutazioni nel nDNA (e quindi essere ereditati secondo le leggi della genetica mendeliana classica, AD, AR, XL) oppure da mutazioni del mtDNA (in questo caso sono ereditati secondo regole proprie della genetica mitocondriale). Esistono poi alcune alterazioni del mtDNA che sono secondarie a difetti del nDNA (vedi riquadro). A livello del mtDNA possiamo ritrovare mutazioni puntiformi o riarrangiamenti su larga scala (delezioni o duplicazioni). Alcune mutazioni sono ricorrenti (le delezioni comuni e le sostituzioni a livello dei nucleotidi 8993, 3243 e 8544 del mtDNA), mentre altre sono state identificate solo in uno o due pazienti. Esse possono essere trasmesse con delle modalità diverse da quelle della genetica mendeliana classica. Le caratteristiche della genetica mitocondriale sono: 1) l’eredità materna; 2) l’eteroplasmia, cioè la presenza di una proporzione variabile di mtDNA normale e mutato in una cellula; 3) l’effetto soglia; 4) la segregazione casuale. Inoltre, le mutationi del mtDNA possono interessare anche i geni per i tRNA e gli rRNA, mentre non esistono esempi analoghi nel DNA nucleare. Alterazioni del mtDNA secondarie a mutazioni nucleari Alcune alterazioni del mtDNA non sono degli eventi primitivi, ma sono determinate da mutazioni in alcuni geni nucleari che controllano la replicazione e la stabilità del mtDNA. Per deplezione di mtDNA si intende un’alterazione del numero di copie per cellula di genoma mitocondriale (che per il resto sono strutturalmente normali) al di sotto di un valore minimo necessario per assicurare una normale biogenesi della CR. Le sindromi con deplezione di mtDNA sono di solito ereditate come caratteri autosomici recessivi e sono causate da mutazioni nel gene per la DNA polimerasi mitocondriale (PolG) e nei geni che regolano il metabolismo del pool di deossinucleotidi mitocondriali, ma possono essere anche secondarie a cause non genetiche, quali l’assunzione di farmaci antiretrovirali che possono interferire con PolG. Alcuni pazienti presentano un particolare quadro di anomalie del genoma mitocondriale detto “delezioni multiple”. Consiste nell’accumulo di molecole di mtDNA recanti delezioni di diversa ampiezza, soprattutto a livello del muscolo, causate da mutazioni in geni che regolano il processo di replicazione del mtDNA. Possono essere ereditate con modalità dominante o recessiva e non vi è trasmissione alla prole dei genomi mitocondriali anomali, ma le delezioni si formano nuovamente in ogni generazione di individui affetti. Eredità materna Il mtDNA è ereditato solo dalla madre. Dopo la fecondazione, infatti, i mitocondri dello spermatozoo che eventualmente sono penetrati nello zigote vengono attivamente eliminati. Ciò fa sì che possono essere affetti da mutazioni del mtDNA sia i maschi che le femmine, ma solo le femmine possono trasmettere la mutazione alla prole. Eteroplasmia Ogni cellula contiene 2 copie per ogni gene nucleare, mentre la situazione per i geni mitocondriali è completamente diversa. Infatti, vi sono in media circa 5-15 molecole di mtDNA per ogni mitocondrio e vi è un numero variabile di mitocondri per cellula (da >50 a >1000), per cui ogni cellula possiede da un minimo di diverse centinaia fino ad alcune decine di migliaia di copie di mtDNA. Ne consegue che le mutazioni possono interessare proporzioni variabili del- le molecole di mtDNA in una cellula o in un tessuto (da 0% a 100%). Per eteroplasmia si intende la coesistenza di due popolazioni di mtDNA (wild type e mutato) all’interno di uno stessa cellula o di uno stesso tessuto. Il grado di eteroplasmia può variare tra cellula e cellula in un dato tessuto e tra diversi tessuti in uno stesso organismo. Per omoplasmia si intende la presenza di molecole di mtDNA di un unico tipo (o wild type o mutato) in un dato tessuto o organismo. Le mutazioni patologiche sono solitamente eteroplasmiche, mentre le varianti omoplasmiche sono di solito dei polimorfismi. Le mutazioni omoplasmiche sono rare e per poter essere compatibili con la vita devono essere necessariamente lievi o avere un effetto tessuto-specifico (ad es. la mutazione A1555G Malattie mitocondriali 121 122 Eredità non mendeliana associata a ipoacusia dopo assunzione di aminoglicosidi o le mutazioni associate ad atrofia ottica di Leber). Infatti, le comuni mutazioni del mtDNA causano solitamente una perdita di funzione del gene mutato, perciò è essenziale che sia presente una piccola quota di molecole di mtDNA normali (eteroplasmia) per assicurare quel minimo di funzionalità della CR che permetta lo sviluppo dell’embrione e del feto. Difetti completi della CR sono infatti incompatibili con la vita. Una mutazione omoplasmica severa, interessando tutte le molecole di mtDNA di quell’organismo, provocherebbe un difetto della CR troppo grave per consentire lo sviluppo. È intuitivo che nel caso di mutazioni eteroplasmiche la gravità del fenotipo biochimico e clinico sarà proporzionale alla percentuale di mtDNA mutato. Per esempio, la mutazione T8993C (gene per la subunità 6 del complesso V della CR), se è presente a livelli intorno al 70%, causa una sindrome clinica detta NARP (Neuropatia, Atassia, Retinite Pigmentosa) ad esordio in età adulta e lentamente progressiva, mentre se presente a livelli superiori al 95% causa una forma di sindrome di Leigh, una encefalomiopatia estremamente grave, ad esordio nel primo anno di vita e con decorso rapidamente fatale. osseo) le cellule con elevate percentuali di mtDNA mutato tendono ad essere sfavorite nella replicazione. Alla lunga ciò comporta che le mutazioni tendono ad essere eliminate. Al contrario, per motivi non ancora del tutto chiariti, nei tessuti post-mitotici (quali il muscolo o le cellule neuronali) le mutazioni tendono ad accumularsi. Eteroplasmia e segregazione casuale spiegano (in parte) l’estrema variabilità clinica delle mutazioni del mtDNA. Effetto soglia In assenza di una diagnosi genetica precisa è molto difficile fornire una consulenza genetica, data l’estrema eterogeneità genetica di queste condizioni. Le forme infantili sono più frequentemente dovute a difetti del nDNA autosomici recessivi (ma non sono rare le mutazioni del mtDNA), mentre nell’adulto possiamo trovare patologie trasmesse come caratteri autosomici dominanti o patologie da mutazioni del mtDNA. Le mutazioni del mtDNA possono essere sporadiche (il paziente è il primo caso in famiglia) o possono essere ereditate per via materna. Qualora venga identificata una mutazione del nDNA il counselling è relativamente semplice (valgono le regole della genetica classica). Nel caso di una mutazione del mtDNA la situazione è più complessa. Se l’affetto è maschio il rischio di trasmissione alla prole è praticamente zero. Per le femmine, nel caso di mutazioni omoplasmiche il 100% della prole sarà affetto dalla patologia (spesso però non sarà possibile prevedere con certezza la gravità). Per le delezioni comuni del mtDNA il rischio è di circa il 5%, mentre per le mutazioni del nucleotide 8993 esistono delle tabelle che correlano il rischio di trasmissione alla prole con i livelli di eteroplasmia La maggior parte delle mutazioni mitocondriali presenta il cosiddetto effetto soglia. Per poter determinare un fenotipo clinico o biochimico le mutazioni devono colpire una percentuale critica delle molecole di mtDNA presenti in una cellula o in un tessuto. Al di sotto di questo valore soglia non si ha la malattia. Il valore soglia differisce da mutazione a mutazione, ma è solitamente compreso tra 70% e 90%. Pertanto, gli individui in cui una determinata mutazione non raggiunge la soglia di patogenicità nei vari tessuti saranno asintomatici. Le femmine sono però a rischio di trasmettere la malattia. Segregazione casuale La percentuale di mtDNA mutante può variare ad ogni divisione cellulare per la segregazione casuale del mtDNA nelle cellule figlie durante la mitosi. Questo comporta che tessuti diversi in uno stesso organismo possono presentare dei livelli di eteroplasmia notevolmente diversi. Un ulteriore fattore che può modulare l’eteroplasmia è la selezione. Infatti, nei tessuti ad alta replicazione (ad es. il midollo Manifestazioni cliniche Poiché la principale funzione della CR è la sintesi di ATP, le malattie mitocondriali colpiscono prevalentemente i tessuti a più alta richiesta energetica, quali il sistema nervoso, il muscolo scheletrico ed il cuore. Sono frequentemente interessati anche il fegato e il rene. Tuttavia, sono stati descritti segni clinici a carico di tutti i tessuti dell’organismo. Le patologie possono essere tessuto-specifiche o multisistemiche e possono esordire a qualsiasi età (da forme ad esordio neonatale o addirittura in utero a forme che si manifestano nell’anziano). Rischio di ricorrenza nella madre. Per la maggior parte delle mutazioni non è però possibile calcolare un rischio di ricorrenza. Infatti, non è praticamente possibile misurare i livelli di mtDNA mutato negli oociti materni. A gravidanza iniziata non è possibile correlare in maniera affidabile i livelli di mutazione eventualmente riscontrati nei villi coriali, o negli amniociti, con quelli nei tessuti critici fetali (cervello, cuore, muscolo). Infatti, l’assenza (o bassi livelli) di mutazione a livello di amniociti o villi coriali non esclude che la mutazione possa essere presente in percentuale elevata in altri tessuti fetali. Il problema della diagnosi prenatale delle patologie del mtDNA è perciò in gran parte ancora aperto. Imprinting e disomia uniparentale Nella genetica classica l’espressione di un gene in un individuo è indipendente dal sesso del genitore da cui è ereditato. Tuttavia, è stato osservato che nei mammiferi alcuni geni vengono espressi o meno a seconda del genitore che li ha trasmessi. Per alcuni di essi è espresso solo l’allele ereditato dal padre, per altri solo l’allele ereditato dalla madre. Questo fenomeno è detto imprinting genomico, termine preso in prestito dall’etologia, dove l’imprinting indica il comportamento animale condizionato da stimoli in un periodo suscettibile di apprendimento. Si tratta di un processo epigenetico attraverso cui uno dei due alleli di un gene è “marcato” e quindi espresso in maniera differenziale a seconda del genitore che lo ha trasmesso. Dal punto di vista molecolare, il gene con imprinting viene metilato e la sua espressione viene quindi bloccata. Il processo è simile all’inattivazione del cromosoma X, solo che in questo caso non è un evento casuale e non interessa l’intero cromosoma, ma solo alcune regioni definite (Figura 10.2). L’imprinting genomico è esclusivo dei mammiferi e si è evoluto insieme alla placenta. È infatti più rudimentale nei marsupiali, mentre nei mammiferi monotremi (ornitorinco ed echidna), che depongo uova, è pressoché assente. Si pensa che si tratti di un meccanismo di controllo della crescita fetale. L’imprinting si stabilisce durante la gametogenesi. Dopo la fecondazione viene mantenuto nelle varie divisioni mitotiche, mentre nelle cellule germinali viene cancellato e riprogrammato a seconda del sesso dell’individuo (Figura 10.3). Il fenomeno dell’imprinting ha due conseguenze: 1) per un corretto sviluppo di un organismo è necessario un contributo genetico biparentale; 2) alcune mutazioni in geni sottoposti ad imprinting possono presentare delle modalità di trasmissione apparentemente bizzarre. Il DNA del promotore non è modificato; il gene è disponibile per essere trascritto. a) Promotore b) 10.2 Gene Il DNA del promotore è modificato; il gene non è disponibile per la trascrizione. S Silenziamento genico. (a) Normalmente le basi all’interno o in prossimità del promotore non sono metilate, m permettendo la trascrizione del gene adiacente. (b) Nel silenziamento genico dovuto a modificazioni epigenetiche, le basi all’interno o in prossimità del promotore sono metilate. Questo impedisce il legame delle proteine, inclusa l’RNA polimerasi, e il gene non è trascritto (cioè è silenziato). Imprinting e disomia uniparentale 123 124 Eredità non mendeliana INSERTO 10.1 EPIGENETICA L ’epigenetica è lo studio dei modi in cui le modificazioni chimiche del DNA e delle proteine ad esso associate alterano l’espressione dei geni senza modificare la sequenza nucleotidica del DNA. Un carattere epigenetico è un fenotipo stabile dovuto a cambiamenti nell’espressione genica. Diversamente dalle mutazioni, che implicano un cambiamento della sequenza di DNA, le modificazioni epigenetiche non varia- Correlato all’imprinting è il fenomeno della disomia uniparentale. Normalmente ciascuno dei due cromosomi che formano una coppia di cromosomi omologhi è ereditato da un genitore diverso (uno dal padre ed uno dalla madre). In alcune situazioni, però, può capitare che ambedue i membri della cop- no la sequenza nucleotidica, ma influenzano il modo in cui si comportano i geni. L’epigenoma è l’assetto epigenetico di una cellula. Nel corso della sua vita, un organismo mantiene il suo genoma, ma può cambiare l’epigenoma e il profilo di espressione dei geni diverse volte, a seconda delle condizioni ambientali. pia siano ereditati dallo stesso genitore (Tabella 10.3). Nel caso il cromosoma in questione contenga geni sottoposti ad imprinting, ciò può provocare patologie. Nell’uomo la disomia uniparentale dei cromosomi 6, 7, 11, 14, 15 è associata a condizioni patologiche specifiche. Maschio Spermatozoi Zigote Cellule germinali Eliminazione dell'imprinting Nuovo imprinting Oociti Femmina LEGENDA Imprinting in cromosomi femminili Imprinting in cromosomi maschili 10.3 L’imprinting è una modifica reversibile del DNA che influisce sull’espressione del gene modificato. Un cromosoma paterno ricevuto da una femmina ha un imprinting maschile che viene rimosso e sostituito con un imprinting femminile prima di essere trasmesso alla generazione successiva. Allo stesso modo, un cromosoma materno ricevuto da un maschio è ridefinito come cromosoma maschile prima di essere trasmesso alla generazione seguente. Tabella 10.3 Meccanismi di origine della disomia uniparentale (UPD) Meccanismo Definizione Un gamete disomico è fecondato da un gamete nullisomico. L’UPD è presente nello zigote. Complementazione gametica Un gamete disomico è fecondato da un gamete monosomico. Un cromosoma viene perso in una divisione mitotica precoce. Trisomy rescue Un gamete monosomico è fecondato da un gamete nullisomico. Il cromosoma monosomico si duplica in una divisione mitotica precoce. Duplicazione mitotica Due gameti normali. Precocemente viene perso un cromosoma omologo e l’altro viene duplicato. Errore post-fecondazione Esempio classico di patologia da imprinting sono le sindromi di Prader-Willi e di Angelman. Si tratta di due condizioni cliniche diverse che tuttavia mappano sulla stessa regione del cromosoma 15. Tale regione può essere suddivisa in due distinte sottoregioni: la regione PW, che contiene svariati geni ed è espressa dal cromosoma paterno, mentre sul cromosoma materno è metilata (Figura 10.4), e la regione ANG, che contiene essenzialmente solo il gene UBE3A, che invece è espressa dal cromosoma materno, mentre nel cromosoma paterno è metilata. La sindrome di Prader-Willi può essere causata da 1) delezione della regione 15q11q13 sul cromosoma paterno, 2) disomia uniparentale materna, 3) mutazioni nel centro per l’imprinting. In tutte queste situazioni la regione PWS non è espressa. La sindrome di Angelman invece può essere causata da 1) delezione della regione 15q11-q13 sul cromosoma materno, 2) disomia uniparentale paterna, 3) mutazioni nel centro per l’imprinting, 4) mutazioni puntiformi nel gene UBE3A. In tutte queste situazioni il gene UBE3A (l’unico gene nella regione ANG) non è funzionale. Mutazioni dinamiche Nella seconda metà del secolo scorso è stato osservato che alcune patologie ereditate con modalità autosomica dominante presentavano un fenomeno detto anticipazione. La malattia, infatti, compariva nelle generazioni successive in epoca più precoce e con gravità maggiore. Per molti anni si è dubitato dell’effettiva esistenza di tale fenomeno (che contraddice le leggi di Mendel in quanto viola il postula- to che i caratteri vengano trasmessi dai genitori alla prole senza modificazioni) fino a quando non è stata identificata la base molecolare di tali patologie. Infatti, è stato osservato che in alcuni geni sono presenti sequenze trinucleotidiche che presentano un numero variabile di ripetizioni (da poche unità a poche decine a seconda dei geni). Normalmente tali sequenze ripetute sono stabili, ma quando il numero di ripetizioni oltrepassa un determinato valore (diverso da gene a gene), esse diventano instabili e tendono ad aumentare ulteriormente di dimensioni di generazione in generazione. L’eccessivo aumento di dimensioni di queste sequenze causa la patologia. In generale, il grado di espansione correla con la precocità dell’insorgenza e con la gravità della malattia, rendendo quindi conto del fenomeno dell’anticipazione. L’espansione è probabilmente frutto di due tipi di eventi: 1) durante la replicazione del DNA, in presenza di semplici sequenze ripetute, a causa di appaiamenti sfalsati, si può verificare lo slittamento del filamento di DNA stampo sul filamento in sintesi (o viceversa) e determinare quindi l’inserimento o la delezione di singole unità ripetute (vedi Figura 2.5); 2) eventi di crossing over ineguale (vedi Figura 7.16) possono, a loro volta, provocare l’aumento o la diminuzione di grosse regioni contenenti ripetizioni da una generazione all’altra. È possibile suddividere queste malattie in due classi distinte. Una prima classe di patologie è caratterizzata da modeste espansioni di triplette CAG localizzate Mutazioni dinamiche 125 126 Eredità non mendeliana 10.4 CH3 MAT 15 IC PW ANG PAT 15 IC PW ANG Normale Meccanismi patogenetici nella sindrome di Angelman e nella sindrome di Prader-Willi. CH3 Sindrome di Prader-Willi Sindrome di Angelman CH3 MAT 15 IC PAT 15 IC PW CH 3 ANG MAT 15 IC PW ANG PAT 15 IC PW ANG CH33 Delezione 15q11-q13 sul cromosoma paterno Delezione 15q11-q13 sul cromosoma materno CH3 CH3 MAT 15 IC PW ANG PAT 15 IC PW ANG MAT 15 IC PW ANG PAT 15 IC PW ANG CH3 CH3 Disomia uniparentale materna Disomia uniparentale paterna CH3 MAT 15 IC PW PAT 15 IC PW CH3 ANG MAT 15 IC PW ANG ANG PAT 15 IC PW ANG CH3 CH3 Mutazione nel centro per l’imprinting Mutazione nel centro per l’imprinting CH3 MAT 15 IC PW ANG PAT 15 IC PW ANG CH3 Mutazione nel gene UBE3A (Regione ANG) all’interno della regione codificante di un gene (normalmente meno di 30-40 ripetizioni, gli alleli patologici sono raramente superiori alle 100 ripetizioni). Tale espansione determina la produzione di proteine con dei tratti di poliglutammina (detti anche poli-Q; la tripletta CAG codifica per l’amminoacido glutammina, indicato con la lettera Q) eccessivamente lunghi, che risultano quindi tossici per la cellula. Il grado di tossicità della proteina anomala di- pende dalla lunghezza del tratto di poliglutammina. Si tratta in generale di patologie neurodegenerative trasmesse come caratteri autosomici dominanti, quali la corea di Huntington e l’atassia spinocerebellare di tipo I (SCA1); un’eccezione è l’atrofia muscolare spinobulbare, o malattia dei Kennedy, che è legata all’X. Una seconda classe raggruppa patologie diverse caratterizzate da ampie espansioni (da alcune centi- naia fino a migliaia di ripetizioni) di triplette (solitamente diverse da CAG, addirittura in alcuni casi la sequenza ripetuta è lunga più di 3 nucleotidi) localizzate in regioni non codificanti dei geni affetti (promotore, introni, 5’- o 3’-UTR). Tali patologie riconoscono più modalità ereditarie (AD, AR, XL) e meccanismi patogenetici diversi (perdita di funzione del gene colpito, formazione di mRNA tossici) (Tabella 10.4). L’atassia di Friedrich è una patologia autosomica recessiva caratterizzata da espansione di una tripletta GAA nell’introne 1 del gene per la frataxina. Ampie ripetizioni (>200) alterano la struttura della cromatina e inibiscono la trascrizione del gene. Nel caso del gene FMR1, correlato alla sindrome dell’X fragile (Fraxa), la presenza di un numero di triplette superiore a 200 nella 5’-UTR del gene provoca la metilazione del promotore e quindi il blocco della trascrizione del gene FMR1 recante l’espansione patologica. Un quadro simile può essere provocato anche da mutazioni puntiformi in FMR1 (Figura 10.5). MASCHIO EMIZIGOTE (PORTATORE) Cromosoma X Fenotipo La distrofia miotonica di tipo I è invece causata da espansioni di una tripletta CTG nella 3’-UTR del gene DMPK. Tale sequenza espansa non modifica l’attività del prodotto proteico del gene, ma crea un mRNA tossico. L’entità dell’espansione correla bene con la gravità della patologia: modeste espansioni (50-100 ripetizioni) possono associarsi solo a cataratta, espansioni maggiori si associano a miopatia di gravità variabile, mentre oltre le 1000 ripetizioni si assiste alle forme congenite, che presentano anche un importante coinvolgimento del sistema nervoso centrale. L’RNA tossico forma degli aggregati nucleari e interferisce con i normali meccanismi di splicing della cellula. In molte di queste malattie (sia della prima che della seconda classe) vi è anche una cosiddetta “zona grigia” o premutazione. Si tratta di alleli espansi che non provocano di per sé malattia, ma che sono tuttavia instabili durante la meiosi e possono quindi essere trasmessi alla prole con un’ulteriore espansione (e quindi provocare nella prole la patologia). FEMMINA OMOZIGOTE WILD-TYPE Premutazione w-t/w-t Normale Normale Neurodegenerazione dopo i 50 anni? FEMMINA ETEROZIGOTE Cromosoma X Fenotipo Cromosoma X Fenotipo 10.5 FEMMINA ETEROZIGOTE MASCHIO NORMALE w-t w-t/Premutazione w-t w-t/Premutazione w-t Normale Normale Normale Normale Normale Mutazione w-t/Mutazione w-t/w-t w-t FraXA 50% femmine con ritardo mentale, spesso lieve Normale Normale Esempio di trasmissione della sindrome FraXA. Mutazioni dinamiche 127 128 Eredità non mendeliana Tabella 10.4 Malattie da mutazione dinamica Malattia Trasmissione (locus) Tripletta Normale (N. triplette) Premutazione (N. triplette) Malattia (N. triplette) Effetto Effetto parentale dell’espansione nella prole Corea di Huntington AD (cr. 4) CAG 11-34 30-34 >42 Paterno ↑ Età insorgenza Distrofia miotonica AD (cr. 19) CTG 5-35 50-100 >100 Materno ↑ Età insorgenza ↑ Gravità Atassia AD (cr. 6) spinocerebellare 1 (SCA1) CAG 19-36 - 43-81 Paterno ↑ Età insorgenza Atrofia muscolare spinobulbare (SBMA) XL CAG 11-31 - 40-62 Paterno ↑ Età insorgenza X Fragile A XL CGG 10-50 52-200 >200 Materno NO X Fragile E XL GCC 6-25 - >200 Materno NO Malattia di AD (cr. 14) Machado-Joseph (SCA3) CAG <60 - >65 Nessuno ↑ Età insorgenza Atrofia dentato- AD (cr. 12) rubro-pallidoluisiana (DRPLA) CAG 7-23 - >48 Paterno ↑ Età insorgenza A complicare ulteriormente la questione, si è osservato che vi è una differenza nella predisposizione all’amplificazione tra i due sessi. Per alcune condizioni (ad es. corea di Huntington, SCA1) l’amplificazione avviene preferenzialmente nei cromosomi di origine paterna, per altre (distrofia miotonica, X fragile) nei cromosomi di origine materna. Per esempio, le forme congenite di distrofia miotonica sono quasi sempre osservate nei figli di madri affette. L’individuo eterozigote per il gene con un numero di triplette superiore alla soglia può trasmetterlo alla prole con una probabilità del 50%. La malattia di Huntington (HD) È una malattia trasmessa come carattere autosomico dominante ad insorgenza in età adulta e caratterizzata da movimenti coreici involontari e demenza progressiva. Ha una frequenza di circa 1/10.000 individui. Il locus HD è stato mappato mediante studi di linkage sul braccio corto del cromosoma 4 nel 1983 ed il gene è stato identificato nella regione 4p16.3 nel 1993. Il gene HD si estende per circa 180 kb e contiene 67 esoni che codificano per una proteina (huntingtina) di 3144 amminoacidi (348 kDa). Nella regione 5’ è presente un trinucleotide (CAG) ripetuto e codifica per residui di glutammina. Il numero di ripetizioni è nei cromosomi normali inferiore a 40, mentre è superiore a 42 nei cromosomi HD. Il numero di triplette correla con l’età di insorgenza (maggiore il numero, minore l’età). Il numero di triplette è instabile nella meiosi e tende ad espandersi se la trasmissione è paterna. Questo spiega l’osservazione clinica che le forme giovanili di HD sono trasmesse da padri affetti. È possibile la diagnosi presintomatica (preclinica o prenatale) mediante analisi del DNA, evidenziando il numero di triplette in ogni individuo a rischio. Mutazioni dinamiche 129