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MAURIZIO CLEMENTI
Con la collaborazione di:
Matteo Cassina
Elena Di Gianantonio
Leonardo Salviati
Eva Trevisson
ELEMENTI
DI GENETICA
MEDICA
Maurizio Clementi
Elementi di Genetica Medica
Copyright © 2016 EdiSES S.r.l. – Napoli
9 8 7 6 5 4 3 2 1 0
2020 2019 2018 2017 2016
Le cifre sulla destra indicano il numero e l’anno dell’ultima ristampa effettuata
A norma di legge è vietata la riproduzione,
anche parziale, del presente volume o di
parte di esso con qualsiasi mezzo.
L’Editore
L’Editore ha effettuato quanto in suo potere
per richiedere il permesso di riproduzione
del materiale di cui non è titolare del copyright e resta comunque a disposizione di
tutti gli eventuali aventi diritto.
A cura di
Maurizio Clementi – Università degli Studi di Padova
con la collaborazione di
Matteo Cassina, Elena Di Gianantonio, Leonardo Salviati, Eva Trevisson – Università degli Studi di Padova
Fotocomposizione e progetto grafico
doma book di Di Grazia Massimo – Napoli
Stampato presso la
Tipografia Sograte S.r.l.
Zona Ind. Regnano – Città di Castello (PG)
per conto della
EdiSES S.r.l. – Piazza Dante, 89 – Napoli
Tel. 0817441706/07 Fax 0817441705
www.edises.it
[email protected]
ISBN 978 88 7959 8910
PREFAZIONE
La Genetica è forse la branca della scienza che ha avuto il più veloce e importante sviluppo
nell’ultimo ventennio. Il Progetto Genoma Umano, completato nel 2003, ha fornito ai ricercatori
gli elementi di base per la comprensione della struttura del Genoma. I miglioramenti tecnologici e
bioinformatici degli anni seguenti hanno permesso di iniziare a comprendere il funzionamento del
genoma e i meccanismi biologici alla base delle malattie umane. Non sono mancate sia le difÞcoltà
interpretative sia le “sorprese” legate alla complessità del funzionamento del genoma. È prevedibile
un ulteriore importante e rapido sviluppo nei prossimi anni. In particolare, è atteso nel prossimo
decennio il trasferimento delle conoscenze ottenute in laboratorio alla pratica clinica, in ambito
diagnostico, prognostico e terapeutico.
Per questo è ambizioso il progetto di preparare un libro di introduzione alla Genetica Medica. La
rapidità con cui si accumulano nuove conoscenze rischia di rendere qualunque libro non adeguatamente aggiornato.
Tenendo conto di queste limitazioni, abbiamo scritto questo libro per fornire una base per gli studenti delle Scuole di Medicina e Biologia che intraprendono gli studi di Genetica.
Questo volume è particolarmente ricco di schemi, tabelle e immagini che possono aiutare lo
studente nella comprensione di concetti a volte complessi. Ha un indirizzo decisamente didattico
e introduce in maniera semplice e diretta alla complessità dello studio della Genetica Medica. Le
informazioni dei vari capitoli forniscono non solo le conoscenze di base, ma anche quelle relative
agli sviluppi della ricerca applicata alla Genetica Medica, consentendo allo studente di affrontare lo
studio di argomenti speciÞci o la comprensione di articoli scientiÞci.
La possibilità di avere la versione digitale del testo e di applicativi per integrare il libro con altre
fonti (lezioni, diapositive, articoli scientiÞci) è un ulteriore elemento che rende più agevole ed efÞcace lo studio della materia.
Gli Autori
Materiale di supporto per i docenti
I docenti che utilizzano il testo a scopo didattico possono scaricare dal sito www.edises.it, previa
registrazione all’area docenti, le immagini del libro in formato PowerPoint.
INDICE GENERALE
Capitolo 1
IL GENOMA UMANO
1
Il genoma umano
2
Capitolo 2
MUTAZIONI
ClassiÞcazione
Metodi di ricerca di mutazioni
• Mutazioni indotte
9
31
• Analisi di mutazioni note
32
• Analisi di mutazioni ignote
32
RQ-PCR, MLPA)
34
Sequenziamento e next generation
sequencing
36
9
10
13
Capitolo 3
POLIMORFISMI
16
PolimorÞsmi a livello del DNA
17
Capitolo 6
CROMOSOMI
44
Ciclo cellulare
45
Mitosi
45
Meiosi
• PolimorÞsmi di singoli
nucleotidi (SNP)
31
• Analisi diretta
8
• Mutazioni spontanee: errori
durante la replicazione del DNA
31
• Tecniche quantitative (Southern,
Mutazioni spontanee ed indotte. Agenti
mutageni
• Analisi indiretta
17
47
• Meiosi I
47
• Meiosi II
50
Gametogenesi
50
Cromosomi, cariotipo ed esame
• PolimorÞsmi di restrizione (RFLP)
17
cromosomico
53
• PolimorÞsmi di ripetizione (VNTR)
18
• Bandeggio
57
18
• Esame cromosomico standard
19
• Cromosomi sessuali X e Y
• Microsatelliti o STR
e ad alta risoluzione
• Variazioni del numero di copie
o CNV (Copy Number Variations)
58
61
Capitolo 7
MALATTIE CROMOSOMICHE
66
21
Frequenza delle anomalie cromosomiche
67
Malattie genetiche
22
ClassiÞcazione delle anomalie
Frequenza delle malattie genetiche
22
Capitolo 4
MALATTIE GENETICHE
E LORO FREQUENZA
Capitolo 5
TECNICHE DI INDAGINE MOLECOLARE
24
67
• ClassiÞcazione per sede
67
• ClassiÞcazione per tipo
69
Crossing over ineguale
79
Non-disgiunzione ed età materna
82
Effetti fenotipici delle anomalie
Materiale da utilizzare e
tecniche di base
cromosomiche
25
cromosomiche
82
VI
Indice generale
Alcune sindromi cromosomiche
• Sindrome di Down
84
84
• Sindrome di Turner
84
• Sindrome di Klinefelter
84
• Sindrome XYY
85
Capitolo 11
MALATTIE COMPLESSE
E IDENTIFICAZIONE DEI GENI
DI SUSCETTIBILITÀ
130
Malattie complesse o multifattoriali
131
IdentiÞcazione dei geni di suscettibilità
Capitolo 8
TECNICHE DI STUDIO
DEI CROMOSOMI
86
Tecniche di citogenetica classica
87
Tecniche di citogenetica molecolare
87
• FISH (Fluorescent In Situ
Hybridization)
• Array-CGH
Capitolo 9
MALATTIE MONOGENICHE
Malattie monogeniche
Malattie autosomiche dominanti
87
90
95
96
104
• Penetranza ed espressività
105
• Mutazioni de novo
106
• Mosaicismo gonadico
107
Malattie autosomiche recessive
109
Trasmissione X-linked ed inattivazione del
cromosoma X
112
Malattie X-linked recessive
113
Malattie X-linked dominanti
116
Malattie legate al cromosoma Y
116
Capitolo 10
EREDITÀ NON MENDELIANA
118
Malattie mitocondriali
119
• Eredità materna
121
• Eteroplasmia
121
• Effetto soglia
122
• Segregazione casuale
122
• Manifestazioni cliniche
122
• Rischio di ricorrenza
122
Imprinting e disomia uniparentale
123
Mutazioni dinamiche
125
alle malattie complesse
133
• Analisi di linkage
133
• Studi di associazione
135
Capitolo 12
IL TUMORE COME MALATTIA GENETICA
137
Oncogeni e proto-oncogeni
140
Oncosoppressori
142
Geni mutatori
145
Riarrangiamenti cromosomici e cancro
147
Tumori con predisposizione ereditaria
148
Il retinoblastoma: un modello della
cancerogenesi
150
Applicazione clinica
151
Capitolo 13
CONSULENZA GENETICA
152
Metodologia
153
Motivi delle richieste di consulenza
genetica
154
Anamnesi familiare
154
Capitolo 14
DIAGNOSI PRENATALE
NON INVASIVA E INVASIVA
156
Diagnosi prenatale invasiva
157
• Tecniche di prelievo di materiale
embrio-fetale
• Diagnosi prenatale citogenetica
Diagnosi prenatale non invasiva
157
158
161
• Test biochimici
161
• EcograÞa
161
• Non Invasive Prenatal Testing (NIPT)161
Capitolo 15
TEST GENETICI
Tipi di test genetici
• Test diagnostici
164
Capitolo 17
GENETICA DI POPOLAZIONE
173
165
Stima delle frequenze alleliche
174
165
Legge di Hardy-Weinberg
175
• Test preclinici (presintomatici)
165
• Test predittivi o di suscettibilità
165
Hardy-Weinberg e costanza
• Test di screening
166
delle frequenze alleliche
Limiti dei test genetici
166
Capitolo 16
TERATOLOGIA
167
Cosa sono i teratogeni
168
Principi di base della teratologia clinica
169
• Assunzioni della legge di
QUESTIONARIO
GLOSSARIO
INDICE ANALITICO
175
179
185
189
Metodi per identiÞcare i teratogeni
nell’uomo
170
• Studi sugli animali
170
• Case-report e studi epidemiologici 170
Farmacocinetica in gravidanza
171
Consulenza teratologica
171
Farmacogenomica
171
Indice generale
VII
10
EREDITÀ NON MENDELIANA
Malattie mitocondriali
Eredità materna
Eteroplasmia
Effetto soglia
Segregazione casuale
Manifestazioni cliniche
Rischio di ricorrenza
Imprinting e disomia uniparentale
Mutazioni dinamiche
Alcune malattie monogeniche presentano delle
caratteristiche che violano le classiche leggi di Mendel sulla trasmissione dei caratteri ereditari. Possiamo distinguere tre principali gruppi di patologie non
mendeliane: quelle legate a mutazioni del DNA mitocondriale, quelle da imprinting genomico e quelle da
espansione di triplette (mutazioni dinamiche).
Malattie mitocondriali
Con il termine “malattie mitocondriali” si intende
un gruppo di patologie caratterizzate da disfunzione della catena respiratoria (CR mitocondriale. La
CR catalizza la fase terminale del metabolismo cellulare. Gli elettroni generati nelle reazioni ossidative
vengono trasferiti all’ossigeno formando acqua e
l’energia liberata da tali reazioni viene utilizzata per
produrre ATP (Figura 10.1).
La CR è costituita da 5 complessi enzimatici, ciascuno composto da numerose subunità proteiche,
in parte codificate dal genoma nucleare (nDNA) e
poi importate nel mitocondrio, in parte dal genoma
mitocondriale (mtDNA). Solo il complesso II è costituito unicamente da subunità codificate dal nDNA.
Il genoma mitocondriale umano costituisce
un’entità autonoma distinta dal DNA nucleare, con
Protidi
Gliceridi
Glucidi
Amminoacidi
Acidi Glicerolo Acido
Acidi chetoglutarico
grassi
piruvico
e ossalacetico
ATP
Spirale
di Lynen
A-H2
H2
acetil-CoA
CO2
Krebs
A
NADH
NAD +
ATP
Fe2+
Fe2+
Fe2+
Fe2+
cit.b
cit.c
cit.a
cit.a3
Fe3+
Fe3+
Fe3+
Fe3+
FADH2
FAD
H2O
1/2 O2
Accettori
ADP + Pi
H2
ADP + Pi
2H+
Catena re
ADP + Pi
2H+
spiratori
a
Matrice
Membrana interna
10.1
Membrana esterna
Mitocondrio. In microscopia elettronica i mitocondri appaiono come organelli allungati delimitati da due
membrane, con proprietà e funzioni biologiche distinte, separate da uno spazio intermembrana. A livello
della membrana mitocondriale interna sono localizzati gran parte dei componenti della catena respiratoria,
il complesso dell’ATP sintasi responsabile della fosforilazione ossidativa ed anche due enzimi del ciclo dell’acido citrico. La matrice mitocondriale rappresenta la sede in cui convergono le principali vie metaboliche
attraverso l’acetil-CoA e contiene numerosissimi enzimi.
Malattie mitocondriali
119
120
Eredità non mendeliana
un codice genetico che differisce da quello universale del DNA nucleare (Tabella 10.1). Rappresenta le
vestigia del genoma degli antichi batteri entrati in
simbiosi con il progenitore delle cellule eucariotiche
alcuni miliardi di anni fa. A testimonianza della sua
origine batterica, il mtDNA possiede alcune caratteristiche simili a quelle dei genomi procariotici. È costituito da una molecola circolare di 16.569 pb ed è
privo di istoni. Esso contiene 37 geni, 13 per subunità della catena respiratoria, 2 per RNA ribosomali e
22 per tRNA; vi è una sola regione regolatoria non
codificante (d-loop), mentre non vi sono introni.
Inoltre, il tasso di mutazioni spontanee del mtDNA è
17 volte più elevato di quello del DNA nucleare.
Il mtDNA dipende dal nDNA per la sua replicazione e per la sua trascrizione in mRNA, mentre per
quanto riguarda la sintesi proteica, tRNA e rRNA
sono codificati nel mitocondrio, invece le proteine
associate ai ribosomi e le amminoacil-tRNA sintetasi
sono di origine nucleare.
La biogenesi della CR richiede perciò la cooperazione coordinata di due distinti genomi (Tabella
10.2).
Tabella 10.1 Genoma nucleare e genoma
mitocondriale
nDNA
mtDNA
Dimensioni
3,3 Gb
16,5 kb
N° copie/cellula
2
>100
Cromosomi
23
1
Struttura dei
cromosomi
Lineare
Circolare
Cromatina
Sì
No
Geni
20.000
37
Introni
Sì
No
Sequenze
codificanti
2%
90%
Tasso di mutazione
spontanea
2,5×10–8 per
base per
generazione
~2,7×10–5 per
base per
generazione
Codice genetico
Universale
Mitocondriale
Tabella 10.2 Geni nucleari e mitocondriali implicati nella biogenesi della catena
respiratoria
mtDNA
nDNA
7 Subunità del complesso I
Otre 60 subunità dei complessi I, III, IV, V
1 Subunità del complesso III
Complesso II e citocromo c
3 Subunità del complesso IV
Fattori di assemblaggio
2 Subunità del complesso V
DNA polimerasi ␥ e proteine necessarie alla replicazione (elicasi, etc.)
22 tRNA
RNA polimerasi e proteine necessarie alla trascrizione
2 rRNA
Fattori implicati nella sintesi proteica
Enzimi per la biosintesi del coenzima Q
Enzimi per il metabolismo nucleotidico
Proteine che regolano la dinamica mitocondriale
Altri
I difetti della catena respiratoria possono quindi
essere causati da mutazioni nel nDNA (e quindi essere ereditati secondo le leggi della genetica mendeliana classica, AD, AR, XL) oppure da mutazioni del
mtDNA (in questo caso sono ereditati secondo regole proprie della genetica mitocondriale). Esistono
poi alcune alterazioni del mtDNA che sono secondarie a difetti del nDNA (vedi riquadro).
A livello del mtDNA possiamo ritrovare mutazioni puntiformi o riarrangiamenti su larga scala (delezioni o duplicazioni). Alcune mutazioni sono ricorrenti (le delezioni comuni e le sostituzioni a livello
dei nucleotidi 8993, 3243 e 8544 del mtDNA), mentre altre sono state identificate solo in uno o due pazienti. Esse possono essere trasmesse con delle modalità diverse da quelle della genetica mendeliana
classica.
Le caratteristiche della genetica mitocondriale
sono:
1) l’eredità materna;
2) l’eteroplasmia, cioè la presenza di una proporzione variabile di mtDNA normale e mutato in una
cellula;
3) l’effetto soglia;
4) la segregazione casuale.
Inoltre, le mutationi del mtDNA possono interessare anche i geni per i tRNA e gli rRNA, mentre non
esistono esempi analoghi nel DNA nucleare.
Alterazioni del mtDNA secondarie a
mutazioni nucleari
Alcune alterazioni del mtDNA non sono degli eventi
primitivi, ma sono determinate da mutazioni in alcuni geni nucleari che controllano la replicazione e la
stabilità del mtDNA. Per deplezione di mtDNA
si intende un’alterazione del numero di copie per
cellula di genoma mitocondriale (che per il resto
sono strutturalmente normali) al di sotto di un valore minimo necessario per assicurare una normale
biogenesi della CR. Le sindromi con deplezione di
mtDNA sono di solito ereditate come caratteri autosomici recessivi e sono causate da mutazioni nel
gene per la DNA polimerasi mitocondriale (PolG)
e nei geni che regolano il metabolismo del pool di
deossinucleotidi mitocondriali, ma possono essere anche secondarie a cause non genetiche, quali
l’assunzione di farmaci antiretrovirali che possono
interferire con PolG.
Alcuni pazienti presentano un particolare quadro di
anomalie del genoma mitocondriale detto “delezioni multiple”. Consiste nell’accumulo di molecole di mtDNA recanti delezioni di diversa ampiezza,
soprattutto a livello del muscolo, causate da mutazioni in geni che regolano il processo di replicazione
del mtDNA. Possono essere ereditate con modalità
dominante o recessiva e non vi è trasmissione alla
prole dei genomi mitocondriali anomali, ma le delezioni si formano nuovamente in ogni generazione di
individui affetti.
Eredità materna
Il mtDNA è ereditato solo dalla madre. Dopo la
fecondazione, infatti, i mitocondri dello spermatozoo che eventualmente sono penetrati nello zigote
vengono attivamente eliminati. Ciò fa sì che possono essere affetti da mutazioni del mtDNA sia i maschi che le femmine, ma solo le femmine possono
trasmettere la mutazione alla prole.
Eteroplasmia
Ogni cellula contiene 2 copie per ogni gene nucleare, mentre la situazione per i geni mitocondriali
è completamente diversa. Infatti, vi sono in media
circa 5-15 molecole di mtDNA per ogni mitocondrio
e vi è un numero variabile di mitocondri per cellula
(da >50 a >1000), per cui ogni cellula possiede da un
minimo di diverse centinaia fino ad alcune decine di
migliaia di copie di mtDNA. Ne consegue che le mutazioni possono interessare proporzioni variabili del-
le molecole di mtDNA in una cellula o in un tessuto
(da 0% a 100%). Per eteroplasmia si intende la coesistenza di due popolazioni di mtDNA (wild type e
mutato) all’interno di uno stessa cellula o di uno
stesso tessuto.
Il grado di eteroplasmia può variare tra cellula e
cellula in un dato tessuto e tra diversi tessuti in uno
stesso organismo.
Per omoplasmia si intende la presenza di molecole di mtDNA di un unico tipo (o wild type o mutato) in un dato tessuto o organismo.
Le mutazioni patologiche sono solitamente eteroplasmiche, mentre le varianti omoplasmiche sono
di solito dei polimorfismi. Le mutazioni omoplasmiche sono rare e per poter essere compatibili con la
vita devono essere necessariamente lievi o avere un
effetto tessuto-specifico (ad es. la mutazione A1555G
Malattie mitocondriali
121
122
Eredità non mendeliana
associata a ipoacusia dopo assunzione di aminoglicosidi o le mutazioni associate ad atrofia ottica di
Leber). Infatti, le comuni mutazioni del mtDNA causano solitamente una perdita di funzione del gene
mutato, perciò è essenziale che sia presente una piccola quota di molecole di mtDNA normali (eteroplasmia) per assicurare quel minimo di funzionalità della CR che permetta lo sviluppo dell’embrione e del
feto. Difetti completi della CR sono infatti incompatibili con la vita. Una mutazione omoplasmica severa,
interessando tutte le molecole di mtDNA di quell’organismo, provocherebbe un difetto della CR troppo
grave per consentire lo sviluppo.
È intuitivo che nel caso di mutazioni eteroplasmiche la gravità del fenotipo biochimico e clinico sarà
proporzionale alla percentuale di mtDNA mutato.
Per esempio, la mutazione T8993C (gene per la
subunità 6 del complesso V della CR), se è presente a
livelli intorno al 70%, causa una sindrome clinica
detta NARP (Neuropatia, Atassia, Retinite Pigmentosa) ad esordio in età adulta e lentamente progressiva, mentre se presente a livelli superiori al 95% causa
una forma di sindrome di Leigh, una encefalomiopatia estremamente grave, ad esordio nel primo anno
di vita e con decorso rapidamente fatale.
osseo) le cellule con elevate percentuali di mtDNA
mutato tendono ad essere sfavorite nella replicazione. Alla lunga ciò comporta che le mutazioni tendono ad essere eliminate. Al contrario, per motivi non
ancora del tutto chiariti, nei tessuti post-mitotici
(quali il muscolo o le cellule neuronali) le mutazioni
tendono ad accumularsi.
Eteroplasmia e segregazione casuale spiegano
(in parte) l’estrema variabilità clinica delle mutazioni
del mtDNA.
Effetto soglia
In assenza di una diagnosi genetica precisa è
molto difficile fornire una consulenza genetica, data
l’estrema eterogeneità genetica di queste condizioni. Le forme infantili sono più frequentemente dovute a difetti del nDNA autosomici recessivi (ma non
sono rare le mutazioni del mtDNA), mentre nell’adulto possiamo trovare patologie trasmesse come
caratteri autosomici dominanti o patologie da mutazioni del mtDNA. Le mutazioni del mtDNA possono
essere sporadiche (il paziente è il primo caso in famiglia) o possono essere ereditate per via materna.
Qualora venga identificata una mutazione del
nDNA il counselling è relativamente semplice (valgono le regole della genetica classica).
Nel caso di una mutazione del mtDNA la situazione è più complessa. Se l’affetto è maschio il rischio di
trasmissione alla prole è praticamente zero. Per le
femmine, nel caso di mutazioni omoplasmiche il
100% della prole sarà affetto dalla patologia (spesso
però non sarà possibile prevedere con certezza la
gravità). Per le delezioni comuni del mtDNA il rischio
è di circa il 5%, mentre per le mutazioni del nucleotide 8993 esistono delle tabelle che correlano il rischio
di trasmissione alla prole con i livelli di eteroplasmia
La maggior parte delle mutazioni mitocondriali
presenta il cosiddetto effetto soglia. Per poter determinare un fenotipo clinico o biochimico le mutazioni devono colpire una percentuale critica delle molecole di mtDNA presenti in una cellula o in un tessuto. Al di sotto di questo valore soglia non si ha la
malattia. Il valore soglia differisce da mutazione a
mutazione, ma è solitamente compreso tra 70% e
90%. Pertanto, gli individui in cui una determinata
mutazione non raggiunge la soglia di patogenicità
nei vari tessuti saranno asintomatici. Le femmine
sono però a rischio di trasmettere la malattia.
Segregazione casuale
La percentuale di mtDNA mutante può variare
ad ogni divisione cellulare per la segregazione casuale del mtDNA nelle cellule figlie durante la mitosi.
Questo comporta che tessuti diversi in uno stesso
organismo possono presentare dei livelli di eteroplasmia notevolmente diversi. Un ulteriore fattore
che può modulare l’eteroplasmia è la selezione. Infatti, nei tessuti ad alta replicazione (ad es. il midollo
Manifestazioni cliniche
Poiché la principale funzione della CR è la sintesi
di ATP, le malattie mitocondriali colpiscono prevalentemente i tessuti a più alta richiesta energetica,
quali il sistema nervoso, il muscolo scheletrico ed il
cuore. Sono frequentemente interessati anche il fegato e il rene. Tuttavia, sono stati descritti segni clinici a carico di tutti i tessuti dell’organismo. Le patologie possono essere tessuto-specifiche o multisistemiche e possono esordire a qualsiasi età (da forme
ad esordio neonatale o addirittura in utero a forme
che si manifestano nell’anziano).
Rischio di ricorrenza
nella madre. Per la maggior parte delle mutazioni
non è però possibile calcolare un rischio di ricorrenza. Infatti, non è praticamente possibile misurare i
livelli di mtDNA mutato negli oociti materni.
A gravidanza iniziata non è possibile correlare in
maniera affidabile i livelli di mutazione eventualmente riscontrati nei villi coriali, o negli amniociti,
con quelli nei tessuti critici fetali (cervello, cuore,
muscolo). Infatti, l’assenza (o bassi livelli) di mutazione a livello di amniociti o villi coriali non esclude che
la mutazione possa essere presente in percentuale
elevata in altri tessuti fetali. Il problema della diagnosi prenatale delle patologie del mtDNA è perciò
in gran parte ancora aperto.
Imprinting e disomia uniparentale
Nella genetica classica l’espressione di un gene
in un individuo è indipendente dal sesso del genitore da cui è ereditato. Tuttavia, è stato osservato che
nei mammiferi alcuni geni vengono espressi o meno
a seconda del genitore che li ha trasmessi. Per alcuni
di essi è espresso solo l’allele ereditato dal padre, per
altri solo l’allele ereditato dalla madre. Questo fenomeno è detto imprinting genomico, termine preso
in prestito dall’etologia, dove l’imprinting indica il
comportamento animale condizionato da stimoli in
un periodo suscettibile di apprendimento.
Si tratta di un processo epigenetico attraverso
cui uno dei due alleli di un gene è “marcato” e quindi
espresso in maniera differenziale a seconda del genitore che lo ha trasmesso. Dal punto di vista molecolare, il gene con imprinting viene metilato e la sua
espressione viene quindi bloccata. Il processo è simile all’inattivazione del cromosoma X, solo che in
questo caso non è un evento casuale e non interessa
l’intero cromosoma, ma solo alcune regioni definite
(Figura 10.2).
L’imprinting genomico è esclusivo dei mammiferi e si è evoluto insieme alla placenta. È infatti più
rudimentale nei marsupiali, mentre nei mammiferi
monotremi (ornitorinco ed echidna), che depongo
uova, è pressoché assente. Si pensa che si tratti di un
meccanismo di controllo della crescita fetale.
L’imprinting si stabilisce durante la gametogenesi. Dopo la fecondazione viene mantenuto nelle varie divisioni mitotiche, mentre nelle cellule germinali viene cancellato e riprogrammato a seconda del
sesso dell’individuo (Figura 10.3).
Il fenomeno dell’imprinting ha due conseguenze: 1) per un corretto sviluppo di un organismo è necessario un contributo genetico biparentale; 2) alcune mutazioni in geni sottoposti ad imprinting possono presentare delle modalità di trasmissione apparentemente bizzarre.
Il DNA del promotore
non è modificato; il
gene è disponibile per
essere trascritto.
a)
Promotore
b)
10.2
Gene
Il DNA del promotore è
modificato; il gene non
è disponibile per la
trascrizione.
S
Silenziamento
genico. (a) Normalmente le basi all’interno o in prossimità del promotore non sono
metilate,
m
permettendo la trascrizione del gene adiacente. (b) Nel silenziamento genico dovuto a modificazioni epigenetiche, le basi all’interno o in prossimità del promotore sono metilate. Questo impedisce il legame delle proteine, inclusa l’RNA polimerasi, e il gene non è trascritto (cioè è silenziato).
Imprinting e disomia uniparentale
123
124
Eredità non mendeliana
INSERTO
10.1
EPIGENETICA
L
’epigenetica è lo studio dei modi in cui le modificazioni
chimiche del DNA e delle proteine ad esso associate alterano l’espressione dei geni senza modificare la sequenza
nucleotidica del DNA. Un carattere epigenetico è un fenotipo stabile dovuto a cambiamenti nell’espressione genica. Diversamente dalle mutazioni, che implicano un cambiamento
della sequenza di DNA, le modificazioni epigenetiche non varia-
Correlato all’imprinting è il fenomeno della disomia uniparentale. Normalmente ciascuno dei due
cromosomi che formano una coppia di cromosomi
omologhi è ereditato da un genitore diverso (uno
dal padre ed uno dalla madre). In alcune situazioni,
però, può capitare che ambedue i membri della cop-
no la sequenza nucleotidica, ma influenzano il modo in cui si
comportano i geni. L’epigenoma è l’assetto epigenetico di una
cellula. Nel corso della sua vita, un organismo mantiene il suo
genoma, ma può cambiare l’epigenoma e il profilo di espressione dei geni diverse volte, a seconda delle condizioni ambientali.
pia siano ereditati dallo stesso genitore (Tabella
10.3). Nel caso il cromosoma in questione contenga
geni sottoposti ad imprinting, ciò può provocare patologie. Nell’uomo la disomia uniparentale dei cromosomi 6, 7, 11, 14, 15 è associata a condizioni patologiche specifiche.
Maschio
Spermatozoi
Zigote
Cellule
germinali
Eliminazione
dell'imprinting
Nuovo
imprinting
Oociti
Femmina
LEGENDA
Imprinting in
cromosomi
femminili
Imprinting in
cromosomi
maschili
10.3
L’imprinting è una modifica reversibile del DNA che influisce sull’espressione del gene modificato.
Un cromosoma paterno ricevuto da una femmina ha un imprinting maschile che viene rimosso e sostituito con un imprinting femminile prima di essere trasmesso alla generazione successiva. Allo stesso
modo, un cromosoma materno ricevuto da un maschio è ridefinito come cromosoma maschile prima di
essere trasmesso alla generazione seguente.
Tabella 10.3 Meccanismi di origine della disomia uniparentale (UPD)
Meccanismo
Definizione
Un gamete disomico è fecondato da un gamete nullisomico. L’UPD
è presente nello zigote.
Complementazione gametica
Un gamete disomico è fecondato da un gamete monosomico. Un
cromosoma viene perso in una divisione mitotica precoce.
Trisomy rescue
Un gamete monosomico è fecondato da un gamete nullisomico. Il cromosoma monosomico si duplica in una divisione mitotica precoce.
Duplicazione mitotica
Due gameti normali. Precocemente viene perso un cromosoma
omologo e l’altro viene duplicato.
Errore post-fecondazione
Esempio classico di patologia da imprinting sono
le sindromi di Prader-Willi e di Angelman. Si tratta di
due condizioni cliniche diverse che tuttavia mappano sulla stessa regione del cromosoma 15. Tale regione può essere suddivisa in due distinte sottoregioni: la regione PW, che contiene svariati geni ed è
espressa dal cromosoma paterno, mentre sul cromosoma materno è metilata (Figura 10.4), e la regione
ANG, che contiene essenzialmente solo il gene
UBE3A, che invece è espressa dal cromosoma materno, mentre nel cromosoma paterno è metilata.
La sindrome di Prader-Willi può essere causata
da 1) delezione della regione 15q11q13 sul cromosoma paterno, 2) disomia uniparentale materna,
3) mutazioni nel centro per l’imprinting. In tutte queste situazioni la regione PWS non è espressa. La sindrome di Angelman invece può essere causata da 1)
delezione della regione 15q11-q13 sul cromosoma
materno, 2) disomia uniparentale paterna, 3) mutazioni nel centro per l’imprinting, 4) mutazioni puntiformi nel gene UBE3A. In tutte queste situazioni il
gene UBE3A (l’unico gene nella regione ANG) non è
funzionale.
Mutazioni dinamiche
Nella seconda metà del secolo scorso è stato osservato che alcune patologie ereditate con modalità
autosomica dominante presentavano un fenomeno
detto anticipazione. La malattia, infatti, compariva
nelle generazioni successive in epoca più precoce e
con gravità maggiore. Per molti anni si è dubitato
dell’effettiva esistenza di tale fenomeno (che contraddice le leggi di Mendel in quanto viola il postula-
to che i caratteri vengano trasmessi dai genitori alla
prole senza modificazioni) fino a quando non è stata
identificata la base molecolare di tali patologie.
Infatti, è stato osservato che in alcuni geni sono
presenti sequenze trinucleotidiche che presentano
un numero variabile di ripetizioni (da poche unità a
poche decine a seconda dei geni). Normalmente tali
sequenze ripetute sono stabili, ma quando il numero
di ripetizioni oltrepassa un determinato valore (diverso da gene a gene), esse diventano instabili e tendono ad aumentare ulteriormente di dimensioni di generazione in generazione. L’eccessivo aumento di dimensioni di queste sequenze causa la patologia. In
generale, il grado di espansione correla con la precocità dell’insorgenza e con la gravità della malattia, rendendo quindi conto del fenomeno dell’anticipazione.
L’espansione è probabilmente frutto di due tipi
di eventi:
1) durante la replicazione del DNA, in presenza di
semplici sequenze ripetute, a causa di appaiamenti sfalsati, si può verificare lo slittamento del
filamento di DNA stampo sul filamento in sintesi
(o viceversa) e determinare quindi l’inserimento
o la delezione di singole unità ripetute (vedi Figura 2.5);
2) eventi di crossing over ineguale (vedi Figura
7.16) possono, a loro volta, provocare l’aumento
o la diminuzione di grosse regioni contenenti ripetizioni da una generazione all’altra.
È possibile suddividere queste malattie in due
classi distinte.
Una prima classe di patologie è caratterizzata da
modeste espansioni di triplette CAG localizzate
Mutazioni dinamiche
125
126
Eredità non mendeliana
10.4
CH3
MAT 15
IC
PW
ANG
PAT 15
IC
PW
ANG
Normale
Meccanismi patogenetici
nella sindrome di Angelman e nella sindrome di
Prader-Willi.
CH3
Sindrome di Prader-Willi
Sindrome di Angelman
CH3
MAT 15
IC
PAT 15
IC
PW
CH 3
ANG
MAT 15
IC
PW
ANG
PAT 15
IC
PW
ANG
CH33
Delezione 15q11-q13
sul cromosoma paterno
Delezione 15q11-q13
sul cromosoma materno
CH3
CH3
MAT 15
IC
PW
ANG
PAT 15
IC
PW
ANG
MAT 15
IC
PW
ANG
PAT 15
IC
PW
ANG
CH3
CH3
Disomia uniparentale materna
Disomia uniparentale paterna
CH3
MAT 15
IC
PW
PAT 15
IC
PW
CH3
ANG
MAT 15
IC
PW
ANG
ANG
PAT 15
IC
PW
ANG
CH3
CH3
Mutazione nel centro per l’imprinting
Mutazione nel centro per l’imprinting
CH3
MAT 15
IC
PW
ANG
PAT 15
IC
PW
ANG
CH3
Mutazione nel gene UBE3A
(Regione ANG)
all’interno della regione codificante di un gene (normalmente meno di 30-40 ripetizioni, gli alleli patologici sono raramente superiori alle 100 ripetizioni).
Tale espansione determina la produzione di proteine con dei tratti di poliglutammina (detti anche
poli-Q; la tripletta CAG codifica per l’amminoacido
glutammina, indicato con la lettera Q) eccessivamente lunghi, che risultano quindi tossici per la cellula. Il grado di tossicità della proteina anomala di-
pende dalla lunghezza del tratto di poliglutammina.
Si tratta in generale di patologie neurodegenerative
trasmesse come caratteri autosomici dominanti,
quali la corea di Huntington e l’atassia spinocerebellare di tipo I (SCA1); un’eccezione è l’atrofia muscolare spinobulbare, o malattia dei Kennedy, che è legata all’X.
Una seconda classe raggruppa patologie diverse
caratterizzate da ampie espansioni (da alcune centi-
naia fino a migliaia di ripetizioni) di triplette (solitamente diverse da CAG, addirittura in alcuni casi la
sequenza ripetuta è lunga più di 3 nucleotidi) localizzate in regioni non codificanti dei geni affetti (promotore, introni, 5’- o 3’-UTR).
Tali patologie riconoscono più modalità ereditarie (AD, AR, XL) e meccanismi patogenetici diversi
(perdita di funzione del gene colpito, formazione di
mRNA tossici) (Tabella 10.4).
L’atassia di Friedrich è una patologia autosomica recessiva caratterizzata da espansione di una tripletta GAA nell’introne 1 del gene per la frataxina.
Ampie ripetizioni (>200) alterano la struttura della
cromatina e inibiscono la trascrizione del gene.
Nel caso del gene FMR1, correlato alla sindrome
dell’X fragile (Fraxa), la presenza di un numero di
triplette superiore a 200 nella 5’-UTR del gene provoca la metilazione del promotore e quindi il blocco
della trascrizione del gene FMR1 recante l’espansione patologica. Un quadro simile può essere provocato anche da mutazioni puntiformi in FMR1 (Figura
10.5).
MASCHIO EMIZIGOTE
(PORTATORE)
Cromosoma X
Fenotipo
La distrofia miotonica di tipo I è invece causata
da espansioni di una tripletta CTG nella 3’-UTR del
gene DMPK. Tale sequenza espansa non modifica
l’attività del prodotto proteico del gene, ma crea un
mRNA tossico. L’entità dell’espansione correla bene
con la gravità della patologia: modeste espansioni
(50-100 ripetizioni) possono associarsi solo a cataratta, espansioni maggiori si associano a miopatia di
gravità variabile, mentre oltre le 1000 ripetizioni si
assiste alle forme congenite, che presentano anche
un importante coinvolgimento del sistema nervoso
centrale. L’RNA tossico forma degli aggregati nucleari
e interferisce con i normali meccanismi di splicing
della cellula.
In molte di queste malattie (sia della prima che
della seconda classe) vi è anche una cosiddetta “zona
grigia” o premutazione. Si tratta di alleli espansi che
non provocano di per sé malattia, ma che sono tuttavia instabili durante la meiosi e possono quindi essere trasmessi alla prole con un’ulteriore espansione (e
quindi provocare nella prole la patologia).
FEMMINA OMOZIGOTE
WILD-TYPE
Premutazione
w-t/w-t
Normale
Normale
Neurodegenerazione dopo i 50 anni?
FEMMINA ETEROZIGOTE
Cromosoma X
Fenotipo
Cromosoma X
Fenotipo
10.5
FEMMINA ETEROZIGOTE MASCHIO NORMALE
w-t
w-t/Premutazione
w-t
w-t/Premutazione
w-t
Normale
Normale
Normale
Normale
Normale
Mutazione
w-t/Mutazione
w-t/w-t
w-t
FraXA
50% femmine con
ritardo mentale, spesso lieve
Normale
Normale
Esempio di trasmissione della sindrome FraXA.
Mutazioni dinamiche
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128
Eredità non mendeliana
Tabella 10.4 Malattie da mutazione dinamica
Malattia
Trasmissione
(locus)
Tripletta Normale
(N. triplette)
Premutazione
(N. triplette)
Malattia
(N. triplette)
Effetto
Effetto
parentale dell’espansione nella
prole
Corea di
Huntington
AD (cr. 4)
CAG
11-34
30-34
>42
Paterno
↑ Età
insorgenza
Distrofia
miotonica
AD (cr. 19)
CTG
5-35
50-100
>100
Materno
↑ Età
insorgenza
↑ Gravità
Atassia
AD (cr. 6)
spinocerebellare
1 (SCA1)
CAG
19-36
-
43-81
Paterno
↑ Età
insorgenza
Atrofia
muscolare
spinobulbare
(SBMA)
XL
CAG
11-31
-
40-62
Paterno
↑ Età
insorgenza
X Fragile A
XL
CGG
10-50
52-200
>200
Materno
NO
X Fragile E
XL
GCC
6-25
-
>200
Materno
NO
Malattia di
AD (cr. 14)
Machado-Joseph
(SCA3)
CAG
<60
-
>65
Nessuno
↑ Età
insorgenza
Atrofia dentato- AD (cr. 12)
rubro-pallidoluisiana (DRPLA)
CAG
7-23
-
>48
Paterno
↑ Età
insorgenza
A complicare ulteriormente la questione, si è osservato che vi è una differenza nella predisposizione
all’amplificazione tra i due sessi. Per alcune condizioni (ad es. corea di Huntington, SCA1) l’amplificazione avviene preferenzialmente nei cromosomi di origine paterna, per altre (distrofia miotonica, X fragile)
nei cromosomi di origine materna. Per esempio, le
forme congenite di distrofia miotonica sono quasi
sempre osservate nei figli di madri affette.
L’individuo eterozigote per il gene con un numero di triplette superiore alla soglia può trasmetterlo
alla prole con una probabilità del 50%.
La malattia di Huntington (HD)
È una malattia trasmessa come carattere autosomico dominante ad insorgenza in età adulta e caratterizzata da movimenti coreici involontari e demenza progressiva. Ha una frequenza di circa 1/10.000
individui. Il locus HD è stato mappato mediante studi di linkage sul braccio corto del cromosoma 4
nel 1983 ed il gene è stato identificato nella regione 4p16.3 nel 1993.
Il gene HD si estende per circa 180 kb e contiene 67 esoni che codificano per una proteina (huntingtina) di 3144 amminoacidi (348 kDa). Nella regione 5’ è presente un trinucleotide (CAG) ripetuto
e codifica per residui di glutammina. Il numero di ripetizioni è nei cromosomi normali inferiore a 40,
mentre è superiore a 42 nei cromosomi HD.
Il numero di triplette correla con l’età di insorgenza (maggiore il numero, minore l’età). Il numero
di triplette è instabile nella meiosi e tende ad espandersi se la trasmissione è paterna. Questo spiega l’osservazione clinica che le forme giovanili di HD sono trasmesse da padri affetti. È possibile la
diagnosi presintomatica (preclinica o prenatale) mediante analisi del DNA, evidenziando il numero di
triplette in ogni individuo a rischio.
Mutazioni dinamiche
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