Sezione di Treviso
Fattori emotivi-relazionali nei
disturbi dell’apprendimento
Dr.ssa Gabriella Trevisi
Treviso, 23 Marzo 2012
SCHEMA DELLA RELAZIONE
• AREA DELLA CONDIZIONE EMOTIVO-RELAZIONALE
• REAZIONE DEL BAMBINO, DELLA FAMIGLIA E DELLA
SCUOLA
• COSA DEVE SAPERE E COSA PUÒ FARE LA SCUOLA
• ASPETTI EMOTIVO-MOTIVAZIONALI IMPLICATI
NELLE DIFFICOLTA’ DI APPRENDIMENTO
• FATTORI MOTIVAZIONALI
• RESTITUIRE LA SERENITÀ IN FAMIGLIA
“Quando leggo non riesco a riconoscere bene le
parole e così faccio fatica a capire quello che c’e’
scritto. Io lo so che sono dislessico, ma gli altri non ci
credono. Gli insegnanti dicono che non ho voglia ed e’
vero che io non ho più voglia, ma io ho provato a
imparare a leggere come gli altri ma non ci sono
riuscito e non ci riesco (Gianluca, 14 anni)
Testimonianze raccolte da Giacomo Stella nel volume
STORIE DI DISLESSIA
Questa riflessione, in un bambino “con DSA”, quale
influenza
potrebbe avere sul suo sviluppo
psicologico emotivo e relazionale?
Gianluca non riesce a
leggere come gli altri
compagni
Colleziona nuovi insuccessi
che confermano il senso di
insufficienza e di
inadeguatezza
Gianluca inizia a demotivarsi
e non investe energie in
ambito scolastico
Si sente inadeguato (inizia
a costruirsi un’immagine di
sé negativa in ambito
scolastico)
efficienza cognitiva
inferiore rispetto a
quanto richiesto
dall’ambiente
disagio
emotivo-relazionale
maggiori probabilità
di insuccesso nelle
prestazioni richieste
aumento delle lacune
conoscitive, maggiori
difficoltà di sviluppo
e uso delle abilità
strategiche e
metacognitive
diminuzione dei tempi di
attenzione verso
l’apprendimento, diminuzione
della motivazione, reazioni
comportamentali di
passività o aggressività
aumento delle lacune
conoscitive, maggiori
difficoltà di sviluppo e uso
delle abilità strategiche
e metacognitive
esperienze di insuccesso,
maggiori probabilità
di ricevere
giudizi sociali negativi
abbassamento dell’autostima
calo della motivazione,
comparsa di
comportamenti di
evitamento del
compito e di reazioni di
passività, o aggressività
maggiori probabilità
di insuccesso nelle
prestazioni richieste
esperienze di insuccesso,
maggiori probabilità
di ricevere giudizi sociali
negativi, abbassamento
dell’autostima
Effetti reciproci tra disturbi cognitivi e disturbi emotivo-relazionali,
Tressoldi & Vio, 1996
CORRELATI
PSICOLOGICO-EMOTIVO
• I DSA possono accompagnarsi, e spesso si
accompagnano,a problematiche emotivoaffettive più o meno visibili,che si
manifestano precedentemente al
riconoscimento o parallelamente ad esso.
• Tali problematiche, qualora non
adeguatamente affrontate,possono
organizzarsi in nuclei psicopatologici e
pesare sullo sviluppo della personalità
DSA E DISTURBI PSICOPATOLOGICI
I disturbi più spesso associati ai DSA sono collocabili:
•
•
Disturbi internalizzanti
Disturbi d’ansia (attacchi di panico, disturbo di ansia da
separazione, fobie semplici, fobie sociali)
Disturbi somatoformi (nausea, cefalee, etc..)
Disturbi depressivi (demoralizzazione)
•
•
•
Disturbi esternalizzanti
Disturbo da deficit di attenzione e iperattività
Disturbo oppositivo oppositivo-provocatorio
Disturbi della condotta
•
COME SI SENTE IL BAMBINO
L’insuccesso prolungato genera scarsa
autostima e dalla conseguente mancanza di
stima nelle proprie abilità ha origine un
disagio psicologico (immagine di sè negativa)
che, nel tempo, può dare origine ad una
elevata demotivazione all’apprendimento e a
manifestazioni emotivo-affettive
particolari quali la forte inibizione, la
rabbia, l’aggressività, gli atteggiamenti
istrionici di disturbo in classe e in alcuni
casi l’ansia e la depressione
LE REAZIONI DEL BAMBINO
ALL’INSUCCESSO
IMPOTENZA APPRESA
• Denigrazione della propria intelligenza
• Perdita di fiducia nelle proprie capacità
• I successi già raggiunti vengono oscurati
dagli insuccessi
• Demotivazione
• Stati d’animo negativi
• Minore persistenza
• Peggioramento della situazione
PROCESSO DI PENSIERO E DSA
• Nella maggioranza dei casi si manifesta la
tendenza ad una organizzazione
introversiva, depressiva, passivizzante,
disinvestente, isolante (depressione)
Oppure minoritariamente…
• Si manifesta l’alternativa di una
organizzazione estroversiva, nella quale
può sussistere uno sfondo depressivo,
mascherato dalla più evidente tendenza ad
agire, disturbando l’ordine costituito e/o
aggredendo (disturbo della condotta)
COME SI SENTE LA FAMIGLIA
LA DISLESSIA SI RIPERCUOTE IN DIVERSI MODI
I genitori non sempre si
sentono all’altezza della
situazione, si ritengono
responsabili delle
difficoltà del figlio,
talvolta sottopongono il
figlio a importanti
esercizi di recupero
I genitori possono rivivere,
attraverso l’esperienza del
figlio, i loro stessi insuccessi
scolastici e frustrazioni
I figli non-dislessici spesso
sono gelosi dei fratelli
dislessici che ricevono più
attenzioni e tempo dai
genitori
La famiglia è in allarme; subisce
la ferita narcisistica
conseguente al messaggio di
avere un figlio diverso dalla
proprie rappresentazioni e
aspettative
REAZIONE DELLA FAMIGLIA
1. Turbamento
2. Messa in atto di meccanismi di difesa che si
traducono in negazione o spunti persecutori
3. Rabbia
4. Tristezza depressiva e senso di colpa
5. Accettazione del problema e progettualita’
ORGANIZZAZIONE E
TIPI DI REAZIONE
Modello della coalizione
trattamento intensivo del bambino con un
accanimento fondato sulla ripetizione di esercizi
Modello della contrapposizione
valutazione della scuola giudicata arbitraria e non
credibile; pellegrinaggio da specialisti,
cambiamento di scuola
Modello collaborativo-sinergico
famiglia e scuola si aiutano reciprocamente; da
questa atmosfera non viene escluso il bambino
COME SI SENTE LA SCUOLA
• Gli insegnanti si interrogano sull’impegno
del bambino, sulle sue condizioni familiari,
sono preda del dubbio, aumentano gli
stimoli, confermano l’insuccesso e
consolidano il rifiuto
• Compito dell’insegnante formulare una
“prima ipotesi” sulla natura delle difficoltà
scolastiche e indirizzare la famiglia verso
le necessarie verifiche
COSA DEVE SAPERE LA SCUOLA E.....
•
Riconoscere che quel bambino non è pigro,
non è svogliato, non è poco intelligente
•
Riconoscere che il disturbo esiste e si può nominare
•
Segnare un confine chiaro tra ciò che dipende
dall’impegno del bambino e ciò che non dipende da
lui
•
Sapere che quel disturbo ha certe caratteristiche e
che si può fare qualcosa
•
Capire ciò che è modificabile e quello che serve per
modificarlo
•
Accettare che qualcosa non si modificherà
......E COSA PUÒ FARE LA SCUOLA
•
Restituire significato alla sofferenza
•
Evitare che si cristallizzi una reazione di difesa dovuta alla
ferita insanabile della propria identità
Evitare l’instaurarsi di una dinamica di vergogna, colpa,
rifiuto che può pregiudicare anche l’accettazione di ogni
aiuto
Aiutare il ragazzo ad avere consapevolezza precocemente
Incoraggiare a sperimentare la capacità di agire sulla realtà
esterna per modificarla
Favorire lo sviluppo di un senso di autoefficacia e di
competenza per recuperare uno sviluppo armonico pur
conservando aree di vulnerabilità
•
•
•
•
ASPETTI EMOTIVO-MOTIVAZIONALI IMPLICATI
NELLE DIFFICOLTA’ DI APPRENDIMENTO
La motivazione e’ un insieme di funzioni
psicologiche che servono ad attivare,
orientare e regolare l’attività rivolta ad un
obiettivo. Rappresenta l’investimento di
energie nel portare avanti le discipline
scolastiche.
La motivazione dipende:
• aspettative di riuscita (dalla percezione di
essere capaci di affrontare il compito)
• valore assegnato al compito (dagli obiettivi
che la persona si pone)
I bambini, con D.S.A., rispetto ai loro compagni senza
particolari difficoltà, hanno:
 un concetto di sè più negativo
(Tabassam e Grainger, 2002);
 si sentono meno supportati emotivamente, provano più ansia
e hanno poca autostima
(Hall, Spruill e Webster, 2002);


tendono a sentirsi meno responsabili del proprio
apprendimento e a persistere poco
(Anderson-Inman, 1999)
abbandonano il compito alle prime difficoltà
(Bouffard, Couture, 2003)
Possono risultare problematici questi aspetti:
1) autoattribuzioni (stili attributivi)
2) percezione di autoefficacia
ASPETTO
DEFINIZIONE
NEI D.S.A.
ACCETTAZIONE SOCIALE
Inclusione di un gruppo di “popolari vs rifiuto. Presenta
implicazioni per lo “star bene” a scuola
Il rifiuto sembra dipendere da difficoltà nell’interpretare le situazioni
sociali, ad esempio, come aggressive o amichevoli, nel porsi nella
prospettiva dell’altro e negli aspetti comunicativi in genere (Pearl e
Cosden, 1982)
ATTRIBUZIONI CAUSALI
Spiegazioni date ai propri successi e insuccessi
Vi e’ la tendenza ad individuare cause non controllabili
(incomprensione da parte dell’insegnante, incapacità personali) in
particolare per l’insuccesso (Tur-Kaspa e Bryan 1993)
CONCETTO DI SE’
Rappresentazione delle proprie caratteristiche e
capacità in relazione agli altri
Il concetto di sè e’ più debole per gli aspetti scolastici, ma non per
le altre aree della vita (Winne, Woodlands e Wong, 1982)
AUTOEFFICACIA
Percezione di essere capaci di affrontare il compito
Si manifesta spesso la percezione di non essere capaci, di essere
valutati negativamente per i propri insuccessi (Tabassam e
Grainger 2002)
AUTOREGOLAZIONE
Capacità di riuscire a gestire da sè, di automotivarsi, di
resistere alla frustrazione di fronte alle difficoltà e agli
insuccessi
Il sistema interno di autoricompensa risulta più debole, in
particolare per bambini con ADHD. Risultano quindi necessari
rinforzi esterni che fungano da conferma e sostengano il percorso
dell’apprendimento (Olivier e Steenkamp 2004)
AUTOSTIMA
Valutazione globale di sè e per ambiti, per esempio
autostima sociale, scolastica e sportiva
Vi e’ una bassa autostima scolastica, mentre per altri ambiti
l’autostima e’ come quella dei pari che non presentano difficoltà
d’apprendimento (Harter, Whitesell e Junkin 1998); c’e’ bassa
corrispondenza fra la percezione dello studente ideale e la propria
(Moè, Cornoldi e De Beni 2001)
OBIETTIVI DI
APPRENDIMENTO
Scopi per cui apprendere. Distinzione tra obiettivi alla
prestazione e obiettivi alla padronanza
Si manifesta una prevalenza di obiettivi di prestazione con
orientamento a evitare il compito: “non mi impegno per evitare di
fare brutta figura, di essere deriso/a o giudicato/a incapace” (Dunn
e Shapiro 1999)
VALORE E ASPETTATIVE
Importanza data al compito che e’ vissuto come parte di
sè o strumentale ai propri obiettivi
I compiti e le attività scolastiche possono essere vissuti come inutili
rispetto ai propri obiettivi di vita e sè futuri (Reid e Borkowski 1987)
La motivazione dipende da una serie
di variabili psicologiche:
1)
2)
3)
4)
5)
la teoria del sè o dell’intelligenza
gli obiettivi di apprendimento
lo stile attributivo
il senso di autoefficacia
l’autostima
LA TEORIA DEL SE’ o DELL’INTELLIGENZA
Teoria dell’intelligenza = un sistema di credenze e convinzioni relative
al proprio funzionamento intellettivo (C.Dweck)
TEORIA ENTITARIA O STATICA
Tratto fisso, non modificabile
Obiettivi di performance (o prestazione)
Le sfide sono una minaccia per l’autostima
Abbandono con facilità di compiti difficili, si
cimentano in compiti facili
Evitano difficoltà ed insuccessi
Sono interessati all’ottenimento di un buon voto
TEORIA INCREMENTALE
Non è un tratto fisso ma la si può accrescere
attraverso l’apprendimento
Obiettivi di padronanza
Sono interessati alla padronanza di un argomento o
una disciplina
Sono interessati all’acquisizione di competenze
L’impegno permette di migliorare l’intelligenza
Trarre profitto dalle sfide e scelgono compiti
sfidanti
Desiderio di impegnarsi in compiti nuovi
I compiti facili non permettono di incrementare
l’autostima
I bambini/ragazzi con DSA hanno una frequenza elevata di rappresentazioni statiche
dell’intelligenza rispetto ai controlli (sottovalutazione del ruolo giocato nell’impegno e dallo
sforzo cognitivo nelle situazioni di apprendimento) e questo risulta per loro ulteriormente
sabotante. (Masi,Poli,Calcagno)
LO STILE ATTRIBUTIVO
• I bambini ed adolescenti con DSA
tendono ad attribuire il fallimento a
fattori interni, quali scarse capacità
(locus of control interno) ,mentre
tendono ad attribuire i successi a
fattori esterni , quali la fortuna o un
aiuto (locus of control esterno).
STILE
EMOZIONI
MOTIVAZIONI
IMPEGNO
Si riesce perchè ci si impegna e
si fallisce perchè non ci si
impegna
Soddisfazione, orgoglio, fiducia in sè.
senso di colpa per il fallimento
Tendenza a rimotivarsi, a riparare, a
imparare dagli errori
IMPOTENTE
Si riesce per caso, perchè il
compito e’ facile o perchè si e’
aiutati. Si fallisce perchè non
si e’ bravi
Sorpresa e gratitudine per il successo.
Vergogna, depressione e apatia per
l’insuccesso
Fuga ed evitamento dei compiti
NEGATORE
Si riesce perchè si e’ bravi e si
fallisce per sfortuna o mancanza
di aiuto
PEDINA
Si riesce o si fallisce per
caso, per (mancanza di) aiuto,
in relazione alla
facilità/difficoltà del compito
ABILE
Si riesce perchè si e’ bravi, in
certi compiti, e si fallisce
perchè non si e’ bravi, in altri
Fiducia in sè, superbia e rabbia per il
fallimento
Tendenza a evitare l’impegno: “chi e’
bravo non serve che si impegni. più uno
si impegna più dimostra che non e’ già
bravo”
Rassegnazione, sorpresa o gratitudine
per il successo
Propensione a evitare l’impegno +
scarsa fiducia in sè e fatalismo
(rituali)
Fiducia in sè, superbia, vergogna
Tendenza a evitare i compiti nuovi
IL SENSO DI AUTO-EFFICACIA
LA PERCEZIONE DI AUTOEFFICACIA E’ UN PROCESSO AUTOVALUTATIVO,
UNA STIMA DELLE PROPRIE ABILITÀ INTERPERSONALI
L’autoefficacia dipende da:
1. La valutazione delle proprie competenze in quell’ambito
2. Le aspettative di riuscita in base alla difficoltà del compito
3. L’importanza che il compito ha per la propria autovalutazione.
Chi possiede un BASSO livello di
autoefficacia teme di fallire, vorrebbe
svolgere i compiti più semplici, non ha ben
chiari gli obiettivi e non utilizza strategie
efficaci, inoltre potrebbe mettere in atto
“autosabotaggio”
Chi possiede un ALTO senso di
autoefficacia si aspetta successo,
aspettativa che a sua volta, sostiene e
motiva per sforzarsi ad ottenere una buona
prestazione che incrementa ulteriormente
il senso di autoefficacia attuando così un
processo circolare
Ambito sociale/interpersonale
Immagine corporea
Autostima globale
Ambito scolastico
Ambito familiare
L’AUTOSTIMA
• La stima di sè e’ un fattore emotivoaffettivo, legata al sentirsi capace e
degni d’amore
• L’autostima di sviluppa a partire da
esperienze precoci di approvazione
ed accettazione
• E‘ l’atteggiamento che ognuno di noi
ha nei confronti di sè stesso
• L’autostima influisce in maniera
determinante sull’apprendimento
QUALI STRATEGIE EDUCATIVE SI POSSONO ATTUARE PER
FAVORIRE UN ATTEGGIAMENTO PIU’ MOTIVATO IN
AMBITO SCOLASTICO?
E’ opportuno elaborare un programma educativo che integri gli
interventi sulle diverse variabili psicologiche:
1.
Lavorare sul senso di auto-efficacia, sull’aspettativa di
potercela fare, assegnando compiti calibrati al livello
dell’alunno, facendogli sperimentare episodi di successo,
valorizzando i traguardi personali, affinché possa strutturare
una percezione di competenza ed un senso di padronanza della
disciplina.
2.
Svolgere un training attribuzionale
3.
Intervenire sulle Teorie del Sé, sul sistema di convinzioni e
credenze, sostituendo una Teoria Statica dell’Intelligenza con
la Teoria Incrementale, attraverso l’interiorizzazione di quel
dialogo interiore che interpreta il fallimento o la difficoltà non
come motivo di frustrazione ed abbattimento, bensì come una
sfida per applicarsi con maggior impegno e perseveranza nel
lavoro.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
Puntare sugli obiettivi di padronanza piuttosto che su quelli di
prestazione;
Aumentare la motivazione, realizzando situazioni
d’apprendimento capaci di destare curiosità, interesse e
desiderio di conoscenza;
Predisporre attività che garantiscano una sfida ottimale, che
facciano sperimentare successo e competenza;
Per quanto riguarda l’autostima assegnare compiti calibrati
per far sì che egli viva esperienze di successo;
Sottolineare che le differenze individuali rappresentano una
ricchezza, che ogni persona eccelle o ha difficoltà in alcune
materie e non in altre;
Evidenziare i progressi personali, gratificare le piccole
conquiste e, in ogni caso, valorizzare ed accogliere la persona
globalmente, pur riconoscendone con sincerità le difficoltà
RESTITUIRE LA SERENITÀ
IN FAMIGLIA
• Non sentitevi colpevoli. Voi non siete la causa della dislessia
di vostro figlio e non potevate prevederlo
• Non incolpate nessun altro: il bambino, l’insegnante, l’altro
genitore. La dislessia è un fatto della vita: accettatela e
pensate alle cose positive che potete fare per affrontarla
• Parlate a vostro figlio e spiegategli come si manifesta e che
cosa potete fare per affrontarla e superarla
• Leggete a vostro figlio, più spesso e più a lungo che potete,
e’ un modo per stare insieme e per condividere
• Dialogate con vostro figlio! La vita familiare è così
impegnativa che spesso manca il tempo per parlare con i figli
• Ascoltate vostro figlio. Imparate ad ascoltare ciò che dice e
notate ciò che non dice. Notate il tono di voce per capire se ci
sono cose che lo preoccupano. Fategli domande: “Cosa pensi?”
“Come ti senti?”
• Cercate delle affermazioni positive delle capacità del ragazzo ad
esempio in campo sportivo, pittorico, musicale o quanto altro
possa farlo sentire uguale o migliore dei coetanei
• Ricordatevi: può sembrare un lavoro immenso crescere un figlio
dislessico, ma non arrendetevi e ammirate i suoi punti di forza
che sono tanti e ancora tanti ne avete da scoprire!
• Per concludere, divertitevi con vostro figlio e fategli capire che
lo amate e amate la sua presenza! Accettate il bambino con tutte
le caratteristiche che lo rendono SPECIALE!
La dislessia non e’ una porta murata,
ma una porta chiusa a doppia mandata.
Per aprirla bisogna trovare la chiave giusta.
Filippo (studente universitario dislessico)
I BAMBINI RINGRAZIANO PER LA CORTESE ATTENZIONE!