Il primo caso di Ebola in Europa Infermiera spagnola colpita dal virus

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Esteri
Il primo caso di Ebola in Europa
Infermiera spagnola colpita dal virus
La donna infettata a Madrid dal missionario rimpatriato. Non era mai stata in Africa
3.439
le vittime
provocate dal
virus Ebola
secondo i dati
dell’Organizzazione mondiale
della sanità
7.492
i contagiati,
tutti in Africa
occidentale a
parte il caso
dell’infermiera,
avvenuto ieri in
Spagna
50%
la percentuale
di mortalità:
è classificato
come agente
di rischio
biologico
di livello 4
Ebola ha lasciato l’Africa e
riesce a trasmettersi anche in
Europa. È successo per la prima
volta a Madrid, a un’infermiera
entrata in contatto con un missionario malato. Il religioso,
Manuel García Viejo, era stato
rimpatriato dalla Sierra Leone
quando già i sintomi del virus
erano evidenti. Ha lottato contro il male pochi giorni, quindi
ha ceduto morendo undici
giorni fa, il 26 settembre. Tutti
sapevano della pericolosità del
virus che ad oggi ha contagiato
più di 7mila persone e ne ha uccise più della metà. Tutti erano
preparati per proteggersene
quando García Viejo è sceso
dall’aereo che lo portava a casa
dall’Africa. Eppure la gabbia di
contenzione non è bastata.
Un’infermiera di 44 anni che è
entrata appena due volte nella
sua stanza d’isolamento al-
l’ospedale La Paz Carlo III della
capitale spagnola si è ammalata.
La ministra della Sanità Ana
Mato, tesissima, garantisce che
la salute pubblica spagnola è all’altezza del compito, che Madrid partecipa ai piani di prevenzione sin da quando Ebola,
l’8 agosto, è stato dichiarato
emergenza internazionale. Garantisce, infine, che tutti i protocolli di sicurezza sono stati rispettati: doppi guanti, tute di
protezione, maschere. Ma invece di rassicurare, la ministra
spaventa perché, evidentemente, il virus ha beffato ogni precauzione.
Di fatto, Ebola si è propagato
in ospedale e, senza che nessuno lo immaginasse, ne è uscito,
nel sangue dell’infermiera. È
stato in metropolitana con lei,
al supermercato, a casa di ami-
ci, con altri pazienti e colleghi.
Ieri, a 10 giorni dalla morte del
missionario, a 14 giorni dal suo
arrivo in Spagna, il virus si è rivelato con una febbre altissima
e due test hanno confermato il
contagio. Ma già dal 30 settembre la donna aveva qualche linea di febbre. Correttamente,
secondo le norme di sicurezza,
aveva avvertito l’ufficio rischi
del proprio ospedale. Non le
hanno suggerito nulla se non
misurarsi la febbre. Per sei
giorni la temperatura non è
mai salita oltre i 38,6 che sono
Le misure
Sono già 34 le persone
sotto osservazione
per aver avuto contatti
con la 44enne
l Thomas
Duncan, il
liberiano «caso
zero» di Ebola
negli Stati Uniti,
è in condizioni
«critiche»
all’ospedale di
Dallas
l Da ieri è
sottoposto a
una terapia a
base di un
farmaco
sperimentale, il
brincidofovir
(un antivirale)
autorizzato per
i casi di
«emergenza»
(come Ebola)
13 dic. 20 dic. 27 dic. 3 gen. 10 gen. 17 gen. 24 gen. 31 gen. 7 feb. 14 feb. 21 feb. 28 feb. 7 mar. 14 mar. 21 mar. 28 mar. 4 apr.
2014
Madre
del paziente
zero
Suocera
del dipendente
dell’ospedale
PREFETTURA
DI GUECKEDOU
Infermiera
Sorella di tre anni
del paziente zero
Carlo III, invece, c’è chi critica
l’attrezzatura anti contagio sostenendo che guanti e tuta sono legati da un sistema poco
pratico di nastri adesivi.
Il ministero della Sanità rivela che ora le persone poste in
osservazione epidemiologica
sono almeno 34. Trenta sono i
colleghi dell’infermiera che accudirono il missionario malato.
A loro vanno aggiunti il medico
e i due infermieri del pronto
soccorso di Alcorcon. Ultimo,
ma forse quello a maggior rischio, il marito della donna. La
lista però potrà allungarsi nelle
prossime ore per includere tutti coloro che sono entrati a contatto con la malata europea numero uno dal 30 settembre,
quando in ferie, aveva solo poche linee di febbre.
Andrea Nicastro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
PREFETTURA
DI KISSIDOUGOU
Ostetrica
Villaggio
di Meliandou
Sorella
della nonna
del paziente
zero
Nonna
del paziente
zero
Fratelli
del dottore
Dipendente
dell’ospedale
Villaggio
di Dawa
Persone che hanno
partecipato al funerale
della nonna del paziente
zero
SIERRA
LEONE
Macenta
AFRICA
Famiglia
dell’ostetrica
PAZIENTE
ZERO
Bambino
di due anni
MALI
SENEGAL
GUINEA
BISSAU
GUINEA
Kissidougou
Gueckedou
CONAKRY
Villaggio
di Dandou
Pombo
La quota delle
persone che
hanno
contratto Ebola
in Liberia e che
sono curate in
ospedale
I milioni di
dollari stanziati
dai governi e
dalle istituzioni
internazionali
per combattere
il virus
Negli Usa
Come si è diffuso il virus
6 dicembre
2013
18%
700
la soglia di allarme ufficiale per
il riconoscimento di Ebola. Sei
giorni in cui l’infermiera ha
continuato le sue vacanze iniziate all’indomani della morte
del religioso.
Secondo gli studiosi, un malato di Ebola è contagioso solo
durante la fase sintomatica. Ma
quando il 30 settembre la febbre ha cominciato a salire, il virus poteva già trasmettersi? Solo ieri, con la febbre ormai abbondantemente sopra i 38,6
gradi è scattato il ricovero e le
vere misure precauzionali.
Com’è arrivata al pronto soccorso dell’ospedale di Alcorcon? In metrò? In auto? In taxi?
Perché ha scelto quell’ospedale e non il suo, il Carlo III? Ad
Alcorcon, alcuni sanitari dicono che la malata europea numero uno non è stata accolta
con precauzioni particolari. Al
Persone
in contatto
con il dottore
Dottore
che ha curato
il dipendente
dell’ospedale
LIBERIA
IlIlprimo
primocaso
casonegli
negliUsa
Usa
20 settembre
Thomas Eric Duncan,
40 anni, contrae Ebola
a Monrovia (Liberia)
il 15 settembre.
Poi vola negli Stati Uniti
dove gli viene diagnosticato
il virus
primocaso
casoin
negli
Usa
IlIlprimo
Europa
Famiglia
del dottore
Persone
in contatto
con la famiglia
del dottore
PREFETTURA DI MACENTA
Fonte: New England Journal of Medicine, Organizzazione mondiale della Sanità, El Mundo, The Wall Street Journal
6 ottobre
Un’infermiera che
ha curato (senza successo)
un missionario spagnolo
con il virus viene infettata
anche lei e ricoverata
a Madrid
Corriere della Sera
L’epidemia avanza: in Sierra Leone 121 morti in un giorno
Mancano i posti negli ospedali e il personale per curare i malati. Vietati baci e strette di mano
In 40 ruotano giustamente
intorno al letto di Ashoka
Mukpo, il giornalista americano che lotta per la vita in un
ospedale del Nebraska dopo
essersi infettato in Africa. La
Sierra Leone, 5 milioni di abitanti, ha più o meno lo stesso
numero di medici: 40 per tutto
il Paese. Quanto al virus, il ministro della Sanità di Freetown
ha contato 121 vittime e 81 nuovi casi in un giorno solo: sabato
scorso. Immaginate un titolo e
una foto per ciascuno. Pensate
che persino un funerale è un
sogno impossibile per gli appestati africani di Ebola.
I morti si fanno sparire in
fretta in Liberia, Sierra Leone e
Guinea, i tre piccoli vicini colpiti da un’epidemia cominciata
in sordina nel dicembre scor-
so. Sepolture senza cerimonia
né parenti. E se esiste un inceneritore, come a Monrovia dove la comunità indiana ha messo a disposizione il suo, ci sono
pire collettive da smaltire la
notte quando il fumo svanisce
senza dare nell’occhio.
Per i malati non ci sono abbastanza letti, figuriamoci se si
può contare su un numero sufficiente (quattro per malato è
l’ideale) di operatori scafandrati. Ci sono contagiati che
agonizzano nelle case, lungo le
strade, rifiutati dalle strutture
per mancanza di posti. Gli Usa
mandano migliaia di soldati
per costruire venti ospedali da
campo, la Francia ha promesso
70 milioni di aiuti (l’Italia 5), la
Gran Bretagna costruisce centri di trattamento. Ma tutto il
Nbc News
l Ashoka
Mukpo è il
cameraman
freelance della
«Nbc News»
che ha
contratto
l’Ebola in
Liberia e che
adesso è
ricoverato in
gravi
condizioni in
Nebraska
poco che arriva è troppo lento
rispetto all’accelerazione del
virus: servirebbero infermieri
più che soldati, capitale umano
e non solo finanziario come
denuncia Medici Senza Frontiere che finora ha trattato circa
il 60% dei malati nella regione.
Con quel nome di fiume africano che viene da una regione
del Congo dove nel 1976 si è
fatto conoscere al mondo, Ebola ci ha messo anni per raggiungere la prima vittima in
Africa Occidentale: un bambino di 2 anni infettato da un incontro casuale con un pipistrello della frutta (vettore sano) in una foresta della Guinea.
Nei primi mesi del 2014 si è
spostato nei villaggi e nelle città, seguendo le vie dei funerali
quando ancora si tenevano, at-
traversando frontiere che significano poco per comunità
abituate a spostarsi: fino a pochi anni fa per sfuggire alle
guerre, adesso per il commercio e le visite familiari. Si è diffuso contando sulla mancanza
di strutture sanitarie, sul sospetto che non fosse un’emergenza ma un’invenzione dei
governi per ottenere soldi o
sterminare rivali, sul vuoto in
cui sono caduti gli appelli alla
comunità internazionale e agli
Voli e coprifuoco
Le compagnie aeree
hanno interrotto i voli,
nelle città coprifuoco
e scuole chiuse
altri Paesi africani, prima di assumere l’estate scorsa un passo
letale.
Gran parte delle compagnie
aeree ha interrotto i voli da e
per Ebolaland. I governi cercano di fermare il virus isolando
le persone. Con il coprifuoco,
lo stop ai campionati di calcio,
la chiusura delle scuole. Fa più
rabbia o tenerezza sapere che
la gente se può usa le maniche
lunghe? Anche il sudore è una
via di contagio. Niente baci o
strette di mano. «Don’t touch»
è la parola d’ordine che hanno
imparato tutti i bambini. Eppure Ebola continua a uccidere in
Africa: centinaia di persone in
un giorno solo.
Michele Farina
mikele_farina