PILLOLA ANTICONCEZIONALE: Guida alla corretta prescrizione Gli estroprogestinici orali sono una forma di contraccezione diffusamente utilizzata. La progressiva diminuzione negli anni del contenuto di estrogeno e progestinico ha contribuito alla riduzione di effetti avversi e delle complicanze cardiovascolari. Come risultato questi farmaci sono un metodo anticoncezionale sicuro per diverse donne. In passato l’ FDA (Food and Drug Administration) poneva come limita di etá di utilizzo dei contraccettivi 35 anni per donne fumatrici e 40 anni per le non fumatrici. Nel 1989 tale limitazione è stata rimossa e pertanto l’utilizzo di questi farmaci puó essere applicato a tutte le donne con una personalizzazione della prescrizione fino all’etá perimenopausale. Con queste premesse il Medico di Medicina Generale puó avere un ruolo centrale e consapevole nell’educazione, counseling e scelta del contraccettivo. Questo articolo si occuperá di proporre una revisione sull’uso di estroprogestinici includendo aspetti di farmacologia, indicazioni, controindicazioni ed efficacia. Buona lettura! ATTENZIONE!!! Per essere meglio identificabili nel testo le principali molecole ormonali verranno evidenziate con il colore verde COME FUNZIONANO? I contraccettivi orali agiscono principalmente tramite l’inibizione delle gonatropine ipofisarie (FSH,LH) impedendo l’ovulazione. Questo fondamentale meccanismo è dovuto in gran parte all’azione del progestinico. L’estrogeno contenuto nella pillola contribuisce anche’esso al blocco dell’ovulazione ma ha la fondamentale azione di regolarizzare il ciclo mestruale. Farmacologia: un’utile arma per il medico che deve scegliere quale ormone prescrivere Estrogeni Nel 1938 si scoprí che l’aggiunta di un gruppo etinile all’Estradiolo era in grado di creare un composto attivo per OS con un drammatico aumento della potenza estrogenica. Questa formulazione, nota come Etinil-estradiolo, rappresenta l’estrogeno largamente piú utilizzato nei contraccettivi orali. A seguire è iniziata la ricerca sui cosiddetti ‘’estrogeni naturali’’ come l’Estradiolo-valerato (un estere del 17B-estradiolo naturale umano) e l’Estradiolomicronizzato. Secondo alcuni studi in corso gli estrogeni naturali sono in grado di indurre minor sintesi di proteine a livello epatico, quali SHBG (Sexual Hormon Biding Globulin), angiotensinogeno e fattori coinvolti nel processo della coagulazione oltre ad avere una minore interferenza sulla sintesi lipidica rispetto all’Etinil-estradiolo. Queste formulazioni, presenti principalmente in combinazione con Dienogest e Nomegestrolo, Italia in pare siano particolarmente adatte sopra i 35 anni, mano a mano che il rischio cardiovascolare tende ad aumentare. Progestinici Presto la procedura descritta in precedenza per gli Estrogeni fu eseguita anche sul Testosterone dove la sostituzione etinilica diede origine all’Etisterone, base di partenza per l’ottenimento di altre molecole. La successiva rimozione di un carbonio (C-19) all’Etisterone infatti si è rivelata in grado di cambiare la sua forma da androgeno a progestinico. Questa scoperta diede origine alla classe piú famosa dei progestinici tra i quali anche il noto Levonorgestrel (II generazione). Tutti questi progestinici testosterone-derivati sono in grado di legarsi ai recettori degli androgeni manifestando quindi una attivitá androgenica residua che va tenuta in considerazione soprattutto in donne con pelle molto grassa, acne, irsutismo o dislipidemie nelle quali possono peggiorarne il quadro clinico. III GENERAZIONE Altri progestinici con minor effetto androgenico sono poi stati sviluppati in seguito e rientrano nella terza generazione (es. Desogestrel, Gestodene) (VEDI TAB 2). E’comunque importante sottolineare come gli effetti ‘’benefici’’ di questa generazione siano controbilanciati da un verosimile aumentato effetto trombofilico (discorso analogo per il Drospirenone, vedi paragrafo seguente). NON CLASSIFICATI Drospirenone: in questo momento rappresenta uno tra i progestinici piú utilizzati al mondo. Particolarmente prescritto per la sua buona azione antiandrogenica ma soprattutto per la sua debole azione antimineralcorticoide, dovuta alla molecola di origine, lo spironolattone. Questa sua caratteristica aiuterebbe a contrastare la ritenzione idrica, motivo per cui risulta particolarmente apprezzato soprattutto da parte di giovani donne, la cui compliance appare molto buona. Ciproterone-acetato: ‘’Gold Standard’’ nella terapia estroprogestinica utilizzata nelle pazienti con iperandrogenismo (es.ovaio policistico). Il Ciproterone acetato é l’ ormone con la migliore attivitá anti-androgenica e una collaterale attivitá progestinica. L’ associazione dell’ estrogeno massimalizza l’effetto anti-androgenico poiché causa l’aumento delle SHBG circolanti le quali legano a loro volta gli androgeni impedendone il legame con i recettori. In questo modo l’estrogeno è in grado di potenziare l’azione del Ciproterone acetato. Nella formulazione in commercio lo troviamo associato all’Etinilestradiolo nel dosaggio di 0,035 mg, e deve essere prescritto alle pazienti che presentano malattie dermatologiche androgeno-dipendenti (acne, alopecia androgenica, irsutismo ecc). Questa pillola usata per la contraccezione è Off-label. Dienogest: uno dei progestinici piú recenti, derivato del Nortestosterone e sostanzialmente privo di attivitá androgenica ma anzi dotato di attivitá antiandrogenica pari a circa 1/3 di quella del Ciproterone Acetato. Ha dimostrato inoltre un importante effetto progestinico sull’endometrio motivo per cui ha anche indicazione, non associato all’estrogeno, per l’endometriosi. L’efficacia nel trattamento dell’endometriosi dipenderebbe infatti dalla capacità del Dienogest di creare un ambiente ipoestrogenico ed iperprogestinico che provoca prima la decidualizzazione del tessuto endometriale ectopico e successivamente, prolungando il trattamento, l’atrofia delle lesioni. Nomegestrolo: derivato dal 17-idrossi-progesterone è un progestinico di sintesi con elevata potenza progestinica e discreta attivitá anti-androgenica. TAB 1 TAB 2 EFFICACIA La dimenticata assunzione delle dosi di estroprogestinici, in particolare se successiva al periodo di intervallo o al placebo, é una comune causa di fallimento della contraccezione. Se una singola dose è stata saltata, la pillola dimenticata va assunta appena possibile e quella seguente va assunta regolarmente come da precedente programma, alla medesima ora, anche se questo volesse dire assumere due pillole in uno stesso giorno o contemporaneamente. Come linea generale da seguire se la pillola dimenticata viene assunta entro le 12 ore dall’orario programmato la sicurezza contraccettiva non viene inficiata, se invece viene assunta dopo le 12 ore la potenza contraccettiva tende ad essere ridotta anche se statisticamente il rischio di gravidanza per una singola pillola dimenticata risulta molto basso. Fondamentale invece la contraccezione di barriera aggiuntiva nel momento in cui 2 o piú pillole siano state dimenticate soprattutto se consecutivamente. Di seguito si riportano a titolo esemplificativo due esempi di gestione della pillola in caso di scorretta assunzione, trascritti dai bugiardini di due tra le piú famose pillole anticoncezionali. Pillola monofasica Dimenticanza giorni 1-7: Se la donna ha avuto rapporti sessuali non protetti nel corso della settimana precedente alla dimenticanza il rischio di rimanere incinta è aumentato. Se invece non ha avuto rapporti nella settimana precedente deve assumere la compressa dimenticata, usare un metodo contraccettivo di barriera per i 7 giorni seguenti e terminare il blister. Dimenticanza giorni 8-14: La donna deve assumere la compressa dimenticata e finire il blister Dimenticanza giorni 15-24: Si hanno 2 opzioni valide: 1. Assumere compressa dimenticata, terminare le compresse attive, buttare le compresse placebo ed iniziare un nuovo blister 2. Smettere di assumere le compresse attive, assumere direttamente le compresse placebo e riprendere un nuovo blister Pillola multifasica (es. quadrifasica di 28 giorni) Dimenticanza giorni 1-9: Se la donna ha avuto rapporti nel corso della settimana precedente, si è a rischio di gravidanza. Se non si hanno avuto rapporti nella settimana precedente, prendere la compressa dimenticata, proseguire con la compressa seguente come di consueto e utilizzare un metodo contraccettivo di barriera per i successivi 9 giorni. Dimenticanza giorni 10-17: Prendere la compressa dimenticata, proseguire con la compressa seguente come di consueto e utilizzare un metodo contraccettivo di barriera per i successivi 9 giorni. Dimenticanza giorni 18-24: non assumere la compressa dimenticata, iniziare immediatamente nuova confezione, utilizzare un metodo di barriera per i successivi 9 giorni. Dimenticanza giorni 25-26: assumere compressa dimenticata e proseguire con la compressa seguente come di consueto e non è necessario adottare misure contraccettive aggiuntive. Dimenticanza giorni 27-28: scartare compressa dimenticata e continuare assunzione compresse come al solito. Non è necessario adottare misure contraccettive aggiuntive. NB: Se una paziente assume due pillole in un giorno per errore, deve continuare la sua normale posologia senza saltare un giorno, finirá la confezione semplicemente un giorno prima. Quando è necessaria la contraccezione d’emergenza? Secondo la WHO (Word Health Organization) la contraccezione di emergenza puó essere utilizzata a seguito di un rapporto a rischio nei seguenti casi: Sono state dimenticate 3 o piú pillole estroprogestiniche consecutivamente Pillola progestinica (mini-pillola) assunta piú di 3 ore in ritardo rispetto al normale orario di assunzione Pillole contenente Desogestrel assunte con piú di 12 ore di ritardo rispetto al normale orario di assunzione ATTENZIONE!!! La cosiddetta ‘’pillola del giorno dopo” o “pillola di emergenza” agisce bloccando l’ovulazione, questo significa che se l’ovulazione è giá avvenuta, la pillola anche se presa immediatamente dopo il rapporto non ha efficacia, e soprattutto non è in grado di impedire l’annidamento dell’ovulo eventualmente fecondato. NB: in questo articolo non verrá ulteriormente trattata la contraccezione d’emergenza. ESAMI PRE ASSUNZIONE La contraccezione ormonale puó essere prescritta in modo sicuro dopo una attenta raccolta anamnestica e dopo la misurazione della pressione arteriosa. Ulteriori indagini ematochimici, esame della mammella, pap test e screening per malattie sessualmente trasmissibili sono considerati NON necessari secondo l’ American College of Obstetricians and Gynecologists (ACOG), la World Health Organization (WHO), e la Royal College of Obstetricians and Gynecologists (RCOG). La documentazione del BMI è altresí un parametro importante prima di iniziare la contraccezione poiché le donne obese sono considerato a rischio maggiore per lo sviluppo di trombosi venosa profonda. NB: Non è necessario alcun tipo di esame di follow-up durante l’assunzione della pillola CRITERI ELIGIBILITA’ Cliccando sulla seguente immagine è possibile ingrandire lo schema riassuntivo della WHO del 2016 per i criteri di eligibilitá all’assunzione di estroprogestinici. Il CDC (Centers for Disease Control ) nel 2016 ha modificato le tavole della WHO per i criteri di eligibilitá alla contraccezione. Su questa base, alcune delle condizioni che rendono inaccettabile il rischio di salute legato all’assunzione di estroprogestinici includono: Etá ≥35 anni e fumatrice di ≥15 sigarette al giorno Multipli fattori di rischio per patologie cardiovascolari (etá avanzata, fumo, diabete, ipertensione) Ipertensione sistolica ≥160 mmHg O diastolica ≥100 mmHg Tromboembolismo venoso Mutazioni trombogeniche note Ischemie miocardiche note Storia di stroke Patologie valvolari cardiache, ipertensione polmonare, alto rischio di fibrillazione atriale, endocardite batterica (anche subacuta) storia di LES Emicrania con aura (ogni etá) Cancro alla mammella Cirrosi Adenoma epatocellulare o epatoma maligno INTERAZIONI L’Etinil-estradiolo è assorbito senza subire modificazioni per circa il 40-50%. La porzione rimanente attraversa un significativo metabolismo nella parete intestinale ed a seguire nel fegato, principalmente tramite il citocromo P450-3A4. Una parte di Etinil-estradiolo viene poi coniugato ed escreto tramite la bile. I batteri della flora intestinale sono in grado di deconiugare i metaboliti tramite l’estradiolo-beta-glucorinidasi, rilasciando l’Etinilestradiolo in forma attiva per il riassorbimento nell’intestino attraverso un meccanismo enteropatico. I Progestinici al contrario sono molto ben assorbiti, con assenza di metabolismo intestinale di parete metabolismo di primo passaggio epatico. e minor Alcuni antibiotici possono ridurre la quantitá di flora batterica intestinale coinvolta nell’idrolisi degli estrogeni coniugati nel tratto gastrointestinale riducendone potenzialmente l’efficacia contraccettiva. L’American College of Obstetricians and Gynecologist ha tuttavia concluso che tetracilcina, doxiciclina, ampicillina, metronidazolo, fluconazolo e fluorochinoloni non interferiscono con i livelli di ormone nelle donne che assumono estroprogestinici orali. Il metabolismo dei contraccettivi orali è poi accelerato da qualsiasi farmaco che aumenti l’attivitá degli enzimi microsomali epatici come gabapentin, levetiracetam, lamotrigina, fenitoina, carbamazepina, topiramato. L’unico antibiotico per cui è stata accertata una riduzione evidente dei livelli ormonali di farmaco è la rifampicina, discorso analogo per la griseofulvina. L’effetto opposto è caratterizzato dagli inibitori degli enzimi microsomiali/citocromi epatici. Questi farmaci (macrolidi, levofloxacina, fluconazolo, amiodarone ecc) assieme al succo di pompelmo, aumenterebbero i livelli ormonali nel sangue, ma gli effetti sull’efficacia della contraccezione sembrano ininfluenti non apparendo altrettanto chiari. Per tutti questi motivi è comunque importante informare le donne in terapia antibiotica della possibili interazioni (epatiche-intestinali). PREPARAZIONI DISPONIBILI Ci sono due diversi tipi di contraccettivi orali: 1) Pillole combinate che contengono estrogeni e progestinici Le pillole combinate possono essere monofasiche o multifasiche. Le prime contengono la stessa dose di estrogeno e progestinico in tutte le 21/24 pillole attive mentre le seconde contengono dosi variabili di progestinici ed estrogeni nei giorni 21/24 con lo scopo di ridurre il carico totale ormonale durante il mese e dare una maggiore naturalezza al ciclo mimando quello fisiologico. In realtá queste preparazioni, a paritá di molecole usate, non hanno dimostrato importanti vantaggi rispetto alle formulazioni monofasiche. Alcune pillole hanno pause ridotte (es. 24 giorni di farmaco attivo e 4 di pausa) avrebbero minori effetti avversi, ridotta follicologenesi e maggiore sicurezza contraccettiva. 2) Pillole solo progestiniche (anche chiamate ‘’minipillole’’) Le pillole solo progestiniche, che sono associate a maggior rischio di spotting intermestruale rispetto alle combinazioni, sono raramente prescritte al di fuori dell’allattamento o per particolari fattori di rischio che escludono l’uso di estrogeni. Di seguito si riportano alcune condizioni in cui l’utilizzo del solo progestinico è da preferire: Pillola in continuo? Sono disponibili in commercio pillole che possono essere assunte in continuo per 2-3 mesi con ampio beneficio per i sintomi premestruali e mestruali, i quali risulterebbero notevolmente diminuiti. Nei primi mesi è possibile la presenza di spotting, effetto avverso che tende a diminuire con l’assunzione nel tempo. In Italia una delle principali pillole commercializzate è quella Levonorgestrel/Etinilestradiolo. contenente EFFETTI AVVERSI I rischi e gli effetti avversi degli estroprogestinici sono influenzati dal tipo di molecola, dalla dose e dalla via di somministrazione. Basse dosi di estrogeni sono associati a ridotto rischio di tromboembolismo e minori effetti collaterali estrogeno-correlati come nausea, gonfiore, tensione mammaria. Al contrario ridurre troppo la dose di estrogeni per pillola (10-20 mcg) si puó associare a problemi di sanguinamento. Indipendentemente dalla formulazione il principale rischio di sanguinamento e spotting si riscontra nel primo trimestre e va poi a decrescere. Diversi studi indicano come l’aumento di peso in realtá sia molto limitato se non irrilevante. Secondo alcuni studi il picco ormonale potrebbe influenzare parzialmente il senso di fame mimando quello che si verifica durante l’ovulazione che dal punto di vista evolutivo spingeva la donna a nutrirsi maggiormente nel momento in cui la gravidanza era piú probabile e la necessitá di cibo maggiore. Esiste un’associazione con l’infarto miocardico. Tuttavia essendo l’IM un evento estremamente raro in donne sane in etá riproduttiva, il raddoppiamento del rischio categorizza comunque l’evento come a bassa incidenza. Un aumentato rischio nell’incidenza di trombosi venose è dimostrato sia con alte che basse dosi di estrogeni. Nonostante la riduzione ormonale ne abbia migliorato la sicurezza e gli effetti avversi, il rischio di TVP è stato ridotto ma non eliminato. Il rischio è influenzato da etá, peso, stato trombofilico e tipo di progestinico usato (generazioni piú recenti hanno un rischio maggiore). Nonostante ció il rischio di tromboembolismo in donne sane è molto basso ed è di molto inferiore a quello associato ad una gravidanza inattesa. Il rischio di tumore ovarico o endometriale è ridotto con l’uso di estroprogestinici. Il rischio di tumore alla cervice appare aumentato forse anche legato alle abitudini sessuali, mentre i dati sul tumore della mammella non sono univoci. Secondo la WHO e la ACOG donne con storia di emicrania che assumono estroprogestinici sono a rischio aumentato per tromboembolismo cerebrale; inoltre il rapporto rischio/beneficio non è vantaggioso in donne con etá superiore a 35 anni ed emicrania. Infine donne con emicrania + aura o sintomi focali di ogni etá non dovrebbero assumere estroprogestinici poiché il rischio è considerato inaccettabile. CURIOSITA’ NB: Il profilattico risulta comunque il principale presidio in grado di proteggere dalle malattie sessualmente trasmissibili, indipendentemente dalla contraccezione. Un ringraziamento speciale al Consultorio di Novara ed alla Dott.ssa Maria Rosa Cerini (specialista in Ginecologia), la quale ha contribuito alla revisione di questo articolo in nome della sinergia tra specialisti e medici di medicina generale, preziosi alleati per la gestione e la cura ottimale del paziente. BIBLIOGRAFIA AUTORE DANIELE ANGIONI Sindromi psichiatriche di interesse del MMG: depressione (Parte 2) Ecco il secondo appuntamento di argomento ‘’le sindromi psichiatriche di pertinenza del Medico di Medicina Generale’’. Quello che andrete a leggere è una revisione della letteratura incentrata sulla terapia al fine di delineare un profilo pratico ed utile della gestione di questa patologia. NB: La gran parte dei farmaci con indicazione per l’ansia hanno anche indicazione per la depressione. Per questo motivo le caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche dei farmaci giá trattati nel precedente appuntamento non verranno ripetute. La lettura di questa revisione potrebbe risultare pertanto incompleta a chi non avesse giá letto l’articolo antecedente. Si consiglia quindi, per chi se lo fosse perso: ‘’Patologie psichiatriche di pertinenza dell’MMG: Ansia’’ EPIDEMIOLOGIA Chi non ha mai trattato un episodio depressivo? Quanto è grave questa patologia? La WHO classifica la depressione come l’undicesima causa di disabilitá e mortalitá al mondo, con un tasso di recidiva particolarmente alto. La ricorrenza in 2 anni è infatti superiore al 40%; dopo due episodi di depressione maggiore, il rischio entro 5 anni è approssimativamente del 75%. DEFINIZIONE Un episodio di depressione maggiore o depressione unipolare é definita dall’ American Psychiatric Association’s Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, (DSM5) come un periodo di almeno 2 settimane con 5 o piú dei seguenti sintomi, in soggetti senza storia di mania, ipomania o mania mista: tono depresso perdita di interesse o piacere in diverse attivitá insonnia o ipersonnia cambiamento di appetito o peso rallentamento psicomotorio o agitazione diminuzione delle energie scarca capacitá a concentrarsi pensieri di colpa o inutilitá pensieri ricorrenti sulla morte o suicidio NB: almeno uno dei sintomi deve peró comprendere tono depresso o appiattimento dello stato emotivo e del piacere (detta anedonia). TEST DIAGNOSTICI L’U.S. Preventive Services Task Force afferma l’importanza dello screening anamnestico per la depressione nella popolazione adulta includendo anche gli anziani e le donne incinta e nel post partum. E’ importante tuttavia sapere come i risultati ottenuti dall’uso di qualsiasi scala diagnostica ed in particolare di screening per la depressione siano imperfetti per qualsiasi popolazione, specialmente quella geriatrica. QUANTO È DIFFICILE FARE SCREENING PER LA DEPRESSIONE? E’ stato dimostrato come la domanda ‘’ Lei è depressa?’’ abbia una specificitá del 97% ma una sensibilitá solo del 32%, con una capacitá di identificare appena 2 pazienti su 10 affetti da questa patologia. Fare invece le seguenti due domande: Duranti i mesi passati, è mai stata/o impensierita/o o infastidita/o dal ‘’sentirsi giú di morale’’ , depressa/o o senza speranza? Durante i mesi passati, è mai stata/o impensierita/o o infastidita/o dallo scarso interesse nelle sue attivitá abituali? Ha dimostrato in alcuni studi una sensibilitá del 97% e una specificitá quasi doppia, del 67%. A solo scopo informativo si allega uno dei test di screening della depressione, considerato tra i piú usati, che potrebbe essere utile come ‘’falsa riga’’ per porre alcune domande piú o meno indirette ed indagare una eventuale depressione. PHQ9 LINK NB: punteggi ≥10 suggeriscono maggiore , invece punteggi <5 remissione nel caso di follow-up del 50% durante il trattamento è risposta. la diagnosi di depressione sono negativi o indicano post terapia. Una riduzione tipicamente significativa di ATTENZIONE!!! Nei pazienti in cui si indaga una depressione bisogna sempre verificare che non si tratti di una fase depressiva di un disturbo di bipolare o maniaco-depressivo (il quale non verrá trattata in questo articolo) poiché la terapia si differenzia in piú tratti dalla depressione unipolare o maggiore. ESAMI EMATOCHIMICI La depressione é una diagnosi clinica basata sulla storia del paziente e su riscontri obiettivi. Nessun test di laboratorio, come noto, è in grado di diagnosticare questa patologia, ma alcuni esami ematochimici possono essere utili al fine di escludere potenziali problemi medici che potrebbero concomitare o essere la causa della depressione. In caso di sospetta origine organica si ricorda di considerare i seguenti accertamenti: Emocromo TSH B12 Screening sifilide (si consigliano test non treponemici come VDRL o RPR, se positivi da confermare poi con test treponemici come TPHA) HIV Elettroliti inclusi calcio, fosfato, magnesio BUN e creatinina Funzionalitá epatica Alcolemia Tossicologia su sangue e urina EGA Test di soppressione al desametasone (es. Sindrome di Cushing) Test di stimolo con ACTH (es. morbo di Addison) TRATTAMENTO In generale come primo trattamento andrebbero sempre scelti i cosiddetti antidepressivi comprendono: SSRIs SNRIs Antidepressivi atipici di seconda generazione che Modulatori serotonina Per gli effetti avversi importanti e le interazioni andrebbero evitati i farmaci appartenenti alla prima generazione di antidepressivi ovvero: Antidepressivi triciclici Inibitori di MAO Sono disponibili una vasta gamma di trattamenti efficaci per la depressione. Sia la terapia farmacologica che quella psicoterapica sono in grado da sole di risolvere i sintomi. La psicoterapia rispetto al trattamento farmacologico si è dimostrata efficace anche nel prevenire le recidive. Nella popolazione generale, la combinazione di terapia farmacologica e psicoterapica hanno dimostrato migliore efficacia garantendo una risposta piú duratura. L’utilizzo combinato di questi due approcci terapeutici ha dimostrato un forte miglioramento della qualitá della vita ed una migliore compliance ai trattamenti, in particolare nelle terapie con durata maggiore di 3 mesi. COSA USARE IN I LINEA? La quasi totalitá delle linee guida consiglia in prima linea gli inbitori della ricaptazione della serotonina (SSRIs). Eccone alcuni: Sertralina Escitalopram Fluoxetina Fluvoxamina Paroxetina Citalopram Vortioxetina (Novitá!)*** Questa classe di farmaci ha un’ottima maneggevolezza. Gli SSRI sono decisamente i preferiti rispetto ad altri antidepressivi, anche per il trattamento di bambini e adolescenti; rappresentano inoltre la prima linea nelle depressioni in etá avanzata (raccomandazione supportata dalle linee guida APA 2011). Gli effetti avversi dei farmaci SSRI sono meno spiccati rispetto ad altre molecole, il che garantisce una compliance migliore. Effetti avversi piuttosto frequenti includono comunque: alterazioni gastrointestinali, disfunzioni sessuali e cambiamenti nella percezione della proprio energia (fatigue ecc ). Si pensa che gli SSRIs siano relativamente sicuri in pazienti con problemi cardiaci e tendenzialmente non alterino i valori pressori, la frequenza cardiaca e la conduzione cardiaca, compreso il ritmo. Tuttavia, un aumento dose dipendente del QT è dimostrato con l assunzione di Citalopram (da evitare in pazienti con sindrome del QT lungo). L’uso di Citalopram potrebbe essere comunque appropriato per i pazienti con sindrome del QT lungo in assenza di altre alternative terapeutiche valide (a basse dosi e monitorando elettroliti ed ECG). Il Citalopram deve essere sospeso in pazienti con QT corretto (QTc) persistentemente superiore a 550 ms. Esistono alcune evidenze che suggeriscono come Escitalopram e Sertralina siano il miglior compromesso tra efficacia e tollerenza. Ogni SSRI è comunque adatto per un trattamento iniziale della depressione. La Sertralina rappresenta uno dei farmaci SSRI piú prescritti, tuttavia è importante ricordare le sue possibili interazioni con il citocromo P450 3A4, 2D6 e la frequenza piuttosto alta rispetto alle altre molecole di manifestare diarrea o disturbi gastrointestinali. D’altra parte la Sertralina rappresenta l’antidepressivo per cui è stata documentata meglio la sicurezza cardiovascolare, dimostrato nei pazienti depressi con angina o infarto miocardico recente. L’Escitalopram per esempio é noto avere meno interazioni epatiche ed è quindi la scelta appropriata per coloro che hanno un regime farmacologico complesso. Questa molecola inoltre è risultata particolarmente tollerata secondo diversi studi preliminari. Il principale discriminante è il costo, ben superiore al Citalopram pur non avendo un’efficacia o una tollerabilitá cosí superiore da giustificarne il prezzo. (in alcune formulazioni anche 4-5 volte superiore) Ció che in realtá potrebbe influenzare la scelta di un farmaco rispetto ad un altro quindi è lo spettro degli effetti avversi, quindi: Si consiglia collaterali garantire paziente ATTENZIONE!!! comunque una veloce consultazione degli effetti come riassunto nelle TABELLE 1 e 2 al fine di il miglior farmaco rispetto alla clinica del (vedi paragrafo ‘’COME SCEGLIERE IL FARMACO MIGLIORE?’’). NB: Secondo alcuni studi la probabilitá di interrompere un trattamento si è dimostrata inferiore con Citalopram, Escitalopram e Sertralina rispetto agli altri antidepressivi. Novitá***Nel 5 Marzo del 2015 l’AIFA ha approvato la Vortioxetina per il trattamento della depressione maggiore negli adulti. Il meccanismo di azione coinvolge l’aumento della serotonina attraverso l’inibizione del reuptake. L’approvazione è nata dal risultato di 5 studi, incluso uno studio selettivo per pazienti anziani. Questi trials hanno dimostrato una riduzione statisticamente significativa di tutti i sintomi della depressione rispetto al placebo, con risultati piú consistenti ottenuti nel range di dosaggio 15/20 mg/die. Inoltre un mantenimento a lungo termine della terapia (24/62 settimane) ha dimostrato minor rischio di ricaduta rispetto al placebo. Due studi hanno dimostrato anche l’efficacia a basse dosi (2,5/5 mg/die). I principali eventi avversi sono stati: nausea, diarrea, xerostomia, costipazione, vomito, vertigini, disturbi sessuali. Attualmente non ha una indicazione preferenziale rispetto agli altri SSRIs, tuttavia grazie ad un meccanismo molecolare relativamente diverso dagli altri SSRIs pare abbia buona efficacia nei soggetti che non hanno avuto beneficio dalla I linea di terapia. Inoltre il suo profilo di sicurezza suggerisce ridotti effetti avversi in ambito di aumento di peso, sedazione-insonnia, disfuzioni sessuali (studi della durata di 1 anno di follow/up in th) LE ALTERNATIVE … SNRIs Gli inibitori della ricaptazione della serotonina e noradrenalina (es. Venlafaxina, Duloxetina) sono indicati in particolare in pazienti con fatigue importante o sindromi dolorose associate ad episodi di depressione. Questi farmaci sono anche una ottima seconda linea nei pazienti che non hanno risposto ai SSRIs. L’uso concomitante di SNRIs e altri antidepressivi possono causare problemi. Per esempio la combinazione di Venlafaxina e Mirtazapina ha dimostrato importanti effetti collaterali senza di fatto aumentare l’efficacia rispetto alla monoterapia. Gli SNRIs hanno una un profilo di tollerabilitá paragonabile a quella dei SSRIs, con l’aggiunta, per ovvi motivi di farmacodinamica, degli effetti noradrenergici come l’ipertensione diastolica, anche se solo a dosi elevate. ATTENZIONE!!! Secondo l’opera “le basi farmacologiche della terapia: il manuale” Goodman&Gilman, la Venlafaxina viste le sue deboli capacitá di influire sul citocromo 2D6 sarebbe considerato il farmaco ideale, ove necessario, in caso di terapia con Tamoxifene! Antidepressivi atipici e modulatori della serotonina Tra i principali antidepressivi atipici si ricordano la Mirtazapina e il Trazodone. Tra i modulatori della serotonina il piú conosciuto è il Bupropione. Questi farmaci hanno dimostrato efficacia sia in monoterapia che in terapia combinata. Il Bupropione ha evidenziato minori effetti avversi sessuali e gastrointestinali rispetto agli SSRIs e si è dimostrato adatto in modo collaterale a chi intende tentare la disuassefazione dalla dipendenza da tabacco. La Mirtazapina invece è associata a maggiori rischio di aumento ponderale ma in una revisione sistematica ha dimostrato una velocitá di azione ‘’a pieno regime’’ piú rapida rispetto a Citalopram, Fluoxetina, Paroxetina e Sertralina. Dopo 4 settimane la risposta è comunque risultata comprabile in tutte le molecole a confronto. COME SCEGLIERE IL FARMACO MIGLIORE? La terapia della depressione deve essere pensata su misura per il singolo paziente in base agli effetti che puó tollerare, alle interazioni ed alle comorbiditá. TABELLA 1 TABELLA 2 Nonostante alcuni effetti avversi siano comuni nella seconda generazione di antidepressivi, l’incidenza di specifici effetti collaterali durante terapie di breve durata (6/12 settimane) differisce. Per esempio la diarrea si verifica molto piú frequentemente con la Sertralina rispetto al Bupropione, Citalopram, Fluoxetina, Fluvoxamina, Mirtazapina, Paroxetina e Venlafaxina; lausea e vomito avvengono piú spesso con la Venlafaxina rispetto agli altri SSRIs; la sonnolenza è maggiore con il Trazodone rispetto al Bupropione, Fluoxetina, Mirtazapina, Paroxetina e Venlafaxia; l’aumento ponderale è molto piú spiccato e verosimile con l’assunzione di Mirtazapina (fino a 3Kg in 6/8 settimane) rispetto alla Fluoxetina, Paroxetina, Trazodone e Venlafaxina. TABELLA 3 (emivita e interazioni) A QUALE DOSAGGIO? TABELLA 4 CONTINUAZIONE E MANTENIMENTO DELLA TERAPIA La terapia per la depressione deve garantire un benessere di almeno 6 mesi (standard terapeutico), nel caso in cui un trattamento impostato non dia una risposta clinica per 6 mesi non si puó parlare di mantenimento della terapia. I soggetti che hanno una durata della risposta superiore a 6 mesi possono accedere al mantenimento terapeutico mantenendolo per almeno 1-3 anni (con rivalutazione al termine del periodo), se: 1) presenti fattori di rischio per ricorrenza quali: Storia di maltrattamenti infantili Esordio precoce Storia di almeno 2/3 episodi di depressione maggiore Sintomi persistenti Comorbiditá psichiatriche o altri disturbi di salute che ne giustifichino l’uso prolungato Menomazioni o fattori di stress psicosociali Stile cognitivo negativo (o ‘’modo di pensare’’ depressogeno) Storia familiare Oppure 2) storia di multipli episodi cronici, severi, complicati (vedi legenda algoritmo) o comorbiditá psichiatriche e disturbi medici di altra natura che lo giustifichino. NB: la categoria al punto 2) puó anche mantenere la terapia a tempo indefinito La continuazione ed il mantenimento del trattamento includono farmacoterapia, psicoterapia o entrambi. Studi randomizzati hanno indicato che la farmacoterapia piú la psicoterapia sono piú efficaci rispetto alla farmacoterapia o alla psicoterapia da sole. L’efficacia della monoterapia è comunque superiore, in questi soggetti, rispetto all’assenza di trattamento. ATTENZIONE!!! Pazienti con depressione maggiore che hanno completato con successo un trattamento farmacologico in acuto (8/12 settimane) possono trattamento psicoterapico ‘’shiftare’’ o aggiungere un di continuazione/mantenimento. Questa strategia è particolarmente utile nel momento in cui si stia attraversando una gravidanza oppure durante l’allattamento, in modo da evitare effetti avversi nel neonato (per maggiori informazioni vedi paragrafo‘’DEPRESSIONE POST PARTO E ALLATTAMENTO’’) Di seguito si riporta una utile flow chart per orientarsi nella gestione temporale della terapia antidepressiva: ALGORITMO LEGENDA CURIOSITA’: MODULATORE MELATONINA COME ANTIDEPRESSIVO AGOMELATINA: è un agonista melatoninergico (recettori MT1 e MT2) e un antagonista dei recettori 5HT2c. Studi di legame indicano che l’agomelatina non ha alcun effetto sulla captazione delle monoammine e non ha alcuna affinitá per i recettori alfa e beta adrenergici, istaminargici, colinergici, dopaminergici e benzodiazepinici. Questa molecola aumenta il rilascio di noradrenalina e dopamina in particolare nella corteccia frontale e non ha influenza sui livelli extracellulari di serotonina. Effetti avversi comuni: Aumento transaminasi, cefalea, vertigini, sonnolenza, insonnia, ansia, nausea, diarrea, dolore addominale, iperidrosi, dolore alla schiena e fatigue. Vantaggi: L’Agomelatina non altera la vigilanza notturna e la memoria, aumenta la fase di sonno ad onde lente, senza modificare la quantitá di sonno REM. Sembra inoltre in grado di anticipare la latenza del sonno migliorandone la qualitá senza causare sonnolenza diurna. Non pare essere associata a disfunzioni sessuali, e non ha effetti sul peso corporeo, sulla frequenza cardiaca e sulla pressione arteriosa, non induce inoltre sindrome da interruzione in seguito ad improvvisa cessazione del trattamento. Non perdispone ad abuso. Dosaggio: 25 mg 1 volta/die da assumere prima di coricarsi, dopo due settimane aumentabile a 50 mg 1 cp /die. È raccomandata la valutazione delle transaminasi pre-trattamento e dopo 3,6,12 e 24 settimane. DEPRESSIONE POST PARTO E ALLATTAMENTO Profilassi Per le pazienti che hanno da poco partorito e che erano state trattate con successo in precedenza per depressione e sono ora a rischio recidiva si consiglia una profilassi con antidepressivi. Se la farmacoterapia non è attuabile, la psicoterapia o l’attento watch and wait sono comunque alternative accettabili. Post partum blue La depressione post partum nella gran parte dei casi è di lieve/moderata entitá e tende a risolversi spontaneamente. Il cosiddetto postpartum blue tipicamente si risolve in 2 settimane con una gestione conservativa che include supporto e adeguato riposo. Tuttavia, pazienti che non migliorano nell’arco di questo periodo o che vedono aggravarsi i sintomi potrebbero avere necessitá di un trattamento attivo. Depressione moderata Per le pazienti con depressione moderata, si suggerisce preferenzialmente la psicoterapia rispetto alla farmacoterapia; in caso di fallimento la terapia farmacologica torna ad essere la migliore alternativa possibile, in particolare se il soggetto ha giá risposto bene in passato a terapia analoga. Depressione severa In caso di disturbi severi si consigliano antidepressivi come I LINEA di terapia invece della psicoterapia, la quale puó comunque eventualmente essere usata come trattamento aggiuntivo. NB: per il primo episodio di depressione maggiore nel post parto è raccomandato comunque un trattamento di lunga durata (6/12 mesi). In questi casi è bene sapere, al contrario del pensiero comune, che diversi antidepressivi possono essere verosimilmente usati con sicurezza durante l’allattamento, tuttavia non esistono studi sufficienti per delinearne un profilo tranquillizzante (vedi sito Lactmed piú avanti) e dovrebbe sempre essere valutato il rapporto rischio/beneficio in base al grado di depressione ed alle manifestazioni. Donne che intendono allattare devono essere informate che gli antidepressivi cosí come gli psicotropi, sono secreti nel latte materno. È bene sottolineare come le concentrazioni varino molto da molecola e molecola. Alcuni studi hanno dimostrato come l’uso di antidepressivi triciclici (Amitriptilina), Sertralina e Paroxetina durante l’allattamento sia relativamente sicuro e che i valori di antidepressivi nel sangue dei neonati allattati è risultato basso o addirittura non rilevabile. NB: Per chi volesse leggere di piú a riguardo consiglio la consultazione di questi tre farmaci appena citati nel portale Lactmed nella sezione ‘’Search’’, LINK. Segnalazioni di tossicitá nei lattanti con questi farmaci sono rari, tuttavia non sono noti gli effetti di esposizioni di lunga durata anche se in tracce. ANTIDEPRESSIVI NEGLI ANZIANI: ‘’start low, go slow, but go!’’ Il razionale dietro questa frase è che gli anziani rispondono piú lentamente agli antidepressivi rispetto ai giovani e tendono ad avere un tasso di effetti avversi maggiore anche legati a interazioni tra farmaci. La gran parte degli antidepressivi sono risultati associati ad un aumentato rischio di cadute. Si suggerisce quindi di iniziare gli antidepressivi a dosaggio ridotto, spesso a metá della dose consigliata per gli adulti, aumentando lentamente la dose in base alla clinica. Interazioni tra farmaci sono maggiori per Fluoxetina, Paroxetina, Fluvoxamina. In genere i farmaci che offrono una migliore tollerabilitá nei pazienti in polifarmacoterapia sono Escitalopram, Citalopram e Sertralina. ATTENZIONE!!! Gli effetti avversi gastrointestinali degli SSRIs talvolta sono poco tollerati negli anziani poiché possono portare a perdita di peso a seguito di episodi di nausea, anche se lieve. Bibliografia Autore Daniele Angioni Sindromi psichiatriche di interesse del MMG: disturbi d’ansia (Parte 1) Questo articolo é il primo di 2 appuntamenti dedicati alle sindromi psichiatriche di interesse del Medico di Medicina Generale. In particolare verranno trattate le sindromi ansioso-depressive. Il primo articolo, ovvero quello che andrete a leggere ora, è una revisione delle principali sindromi ansiose, incentrato su diagnosi e cura. Nonostante la relativa sicurezza della maggior parte degli antidepressivi e ansiolitici comunemente usati, il loro utilizzo ottimale richiede una chiara comprensione del meccanismo d’azione, della farmacocinetica, delle potenziali interazioni con altri farmaci e della diagnosi differenziale delle malattie psichiatriche. Buona lettura La patologia I disturbi d’ansia sono comuni disturbi psichiatrici. I pazienti con questa diagnosi vivono disagio ed esperienze emotive molto forti che li conducono a chiedere aiuto al Medico di Famiglia. Nonostante l’alta incidenza, la patologia risulta spesso poco diagnosticata e rimane quindi non trattata. In accordo con il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disordes, Quinta Edizione (DSM-5), i disturbi d’ansia includono vere e proprio patologie accomunate da paura, ansia e sensazioni di disturbo nei confronti dell’ambiente circostante. Queste sindromi sembrano essere causate da interazioni tra fattori biopsicosociali, sono quindi legate a stress, traumi ma anche ad una certa vulnerabilitá genetica. Ansia, varianti e terapia L’ansia è un’emozione umana normale che, secondo una prospettiva psicobiologica, svolge una funzione adattativa. Tuttavia, in ambito psichiatrico, le sensazioni di paura o timore che non sono focalizzate (per es. l’ansia generalizzata) o sono sproporzionate rispetto al pericolo percepito ( per es. fobie specifiche) spesso richiedono un trattamento. Vediamole una ad una… 1) DISTURBO D’ANSIA GENERALIZZATA (GAD) Questo disturbo è caratterizzato dall’eccessiva presenza di ansia e preoccupazione, entrambi sintomi difficilmente controllabili. E’ caratterizzato da una preoccupazione ingiustificata che si manifesta per tempi lunghi (il DSM-5 individua come 6 mesi il cut off per porre diagnosi di GAD) associata a tensione motoria, iperattivitá simpatica ed eccessiva vigilanza. Per definire il disturbo, ansia e preoccupazione devono essere associate almeno a 3 dei seguenti sintomi: Irrequietezza Facile faticabilitá Difficoltá a concentrarsi o sensazione di mente vuota Irritabilitá Tensione muscolare Disturbi del sonno NB: anche se non è un parametro diagnostico, l’ideazione suicidaria è risultato associato con il disturbo di ansia generalizzato, ed è un elemento da tenere ben presente. TH***: (verrá trattata assieme a quella dei ‘’disturbi da attacco di panico’’, vedi paragrafo successivo) 2) DISTURBI DA ATTACCO DI PANICO (DAP) È un disturbo caratterizzato da episodi di ansia molto intensa associati a sintomi somatici quali tachicardia, tachipnea e vertigini. Questi pazienti spesso si presentano direttamente in pronto soccorso per dispnea, dolore toracico e senso di morte imminente. Tipicamente riferiscono insorgenza spontanea di paura che raggiunge il picco entro 10 minuti. Gli attacchi sono associati con una vera e propria costellazione di sintomi quali: Palpitazioni Sudorazione Tremore Sensazione di fiato corto Sensazione di svenimento Dolore o peso toracico Nausea e algia addominale Depersonalizzazione Paura di impazzire o perdere il controllo Paura di morire Parestesie Brividi Secondo il DSM-5 la diagnosi è posta se: 1) gli attacchi di panico sono associati alla preoccupazione di riaverne un altro o alle conseguenze che questo puó portare (per almeno 1 mese) Oppure 2) Si manifestano cambiamenti comportamentali in relazione agli attacchi in assenza di uso di sostanze o in presenza di malattie organiche Durante gli episodi, il paziente ha l’urgenza di fuggire o scappare con senso di morte imminente. Altri sintomi possono includere cefalea, mani fredde, diarrea, insonnia, fatigue, pensieri intrusivi. I pazienti con questo disturbo hanno paura di rivivere l’ennesimo attacco e questo li porta a modificare il loro stile di vita e carattere. NB: é sempre bene escludere il consumo o l’abuso di alcol, caffeina, teofillina, simpaticomimetici, anticolinergici oppure droghe (cocaina, anfetamina, LSD, ecstasy ecc) e cannabis. TH***: Il trattamento con l’antidepressivo triciclico Clorimipramina è stato il primo ad essere approvato in Europa, tuttavia l’elevata incidenza di reazioni avverse osservata durante terapia con questo farmaco ha portato ad una elevata percentuale di pazienti (45%) ad interrompere la terapia prima della comparsa della remissione. Le sempre piú numerose evidenze del coinvolgimento della serotonina nell’eziologia dei disturbi di ansia ha suggerito il piú recente utilizzo di farmaci ad azione serotoninergica piú selettivi rispetto agli antidepressivi triciclici. La scelta di instaurare una terapia farmacologica, cognitivo/comportamentale o entrambe si basa sulla compliance del paziente rispetto alla terapia proposta. Nei casi piú complessi la doppia terapia farmacologica e cognitivo/comportamentale è quella che ha dato maggiori benefici. Per i soggetti che preferiscono la terapia farmacologica si suggerisce come prima linea di trattamento un SRI (che questo sia un inibitore selettivo della serotonina SSRI oppure un inibitore del reuptake della serotonina e noradrenalina SNRI). SSRI e SNRI offrono la migliore combinazione tra efficacia e sicurezza evitando alcuni degli effetti avversi piú pericolosi tipici degli antidepressivi triciclici e delle benzodiazepine. In sostanza nessuna singola molecola ha dimostrato efficacia significativa superiore ad altre in queste patologie. La scelta va quindi personalizzata sul profilo di effetti avversi, sulle interazioni e sulla storia del paziente stesso. La dose terapeutica è approssimativamente la stessa usata per il trattamento della depressione. La dose di partenza dovrebbe sempre essere bassa per poi crescere gradualmente fino a beneficio clinico raggiunto (evidente dopo almeno 4 settimane) ed è la piú bassa indicata. Ecco alcune molecole da poter utilizzare: I LINEA DI TERAPIA: ATTENZIONE!!! E’ buona norma effettuare un ECG con calcolo QTc prima di cominciare la terapia anche se si intendono dare farmaci non interagenti a questo livello, strategia utile nel caso di switch futuro su altre molecole. Fluoxetina (SSRI): puó essere usata in particolare nei soggetti con disturbi di panico associati a depressione. Purtroppo ad inizio terapia i pazienti tendono a tollerarla malamente poiché a volte può aumentare temporaneamente l’ansia e l’insonnia (meglio quindi la somministrazione al mattino visto il possibile effetto attivante). Questo ’’effetto avverso’’ è mitigato se si inizia a dosi molto basse e si aumenta gradualmente e molto lentamente. La Fluoxetina ha un’emivita lunga, il che la rende una buona scelta nei pazienti scarsamente complianti ma aumenta notevolmente il tempo necessario per raggiungere livelli adeguati nel plasma (settimane). Da ricordare come questa alteri il metabolismo del citocromo P-450 2D6, 2C9 piú altri minori. (a questo LINK trovate i principali farmaci inibitori ed induttori dei citocromi ). Tende a non dare astinenza anche se sospeso senza scalare. DOSE: 20-60 mg/die durante i pasti. Dose di partenza 20 mg. Se la dose totale supera i 20 mg si consiglia somministrazione BID. NB: attualmente la gran parte dei farmaci registrati con questo principio attivo hanno come indicazione depressione, disturbi ossessivo compulsivi e bulimia nervosa, ne cosegue che la somministrazione di Fluoxetina per ansia e disturbi da attacchi di panico sia Off-label. Non usare in caso di: terapia concomitante con IMAO, tioridazina (aritmie), pimozide (prolungamento Qtc e aritmie) tamoxifene. Può incrementare il rischio di rabdomiolisi se usata in concomitanza ad inibitori della HMG-CoA reduttasi (soprattutto simvastatina, atorvastatina, lovastatina) Paroxetina (SSRI): parzialmente sedante, saggiamente utilizzato questo farmaco inibisce rappresenta un SSRI con effetto effetto collaterale che puó essere nei pazienti che lo necessitino. Anche il citocromo P450 2D6. Alcune raccomandazione pratiche sulla Paroxetina : 1. Somministrare una volta al giorno di solito prima di coricarsi, comunque in base alla tollerabilità del singolo paziente 2. Incrementare la dose del 50% ad ogni stepàla Paroxetina inibisce il suo stesso metabolismo pertanto quando si aumenta il dosaggio del 50% le sue concentrazioni plasmatiche possono raddoppiare. 3. Scalare il dosaggio per evitare effetti da sospensione, tali effetti possono essere più gravi rispetto ad altri SSRI 4. Può causare raramente sanguinamenti ed iponatremia (soprattutto nei pazienti anziani e reversibile con la sospensione) DOSE Attacchi di Panico: 40 mg/die. Si inizia da una dose iniziale 10 mg aumentando gradualmente di 10 mg per volta in base alla risposta clinica ed ai tempi del singolo paziente. DOSE Ansia Generalizzata: 20 mg/die e assunzione con le modalitá descritte per l’attacco di panico (fino a 50 mg/die). Non usare in caso di: terapia concomitante tioridazina, pimozide, tamoxifene con IMAO, Citalopram (SSRI): tende ad aumentare il QT proporzionalmente alla dose somministrata. Visto il rischio concreto di aumento del QT, questa molecola è controindicata negli individui con sindrome del QT lungo (necessario ECG con calcolo QTc se non noto). DOSE per ambedue le patologie: 10 mg/die con aumento a 20 mg/die generalmente dopo una settimana. Il dosaggio giornaliero ottimale è di 20/30 mg somministrati in una dose unica, tendenzialmente la sera. NB:La dose non dovrebbe superare i 40 mg/die. Nei pazienti che hanno in terapia anche inibitori di citocromo P2C19 (principalmente cimetidina, fluconazolo e omeprazolo ma vedi il LINK) e 3A4, la dose non dovrebbe superare i 20 mg/die. Non usare in caso di: tioridazina, pimozide. terapia concomitante con IMAO, Escitalopram (SSRI): é noto avere meno interazioni epatiche ed è quindi la scelta appropriata per coloro che hanno un regime farmacologico complesso. Questa molecola inoltre è risultata particolarmente tollerata secondo diversi studi preliminari. Il principale discriminante è il costo, ben superiore al Citalopram pur non avendo un’efficacia o una tollerabilitá cosí superiore da giustificare il prezzo. (in alcune formulazioni anche 4-5 volte superiore) DOSE: 10 mg/die aumentabili a 20 mg/die in base alla risposta clinica. Non usare in caso di: terapia concomitante con IMAO, pimozide Sertralina (SSRI): rappresenta una opzione valida. Da ricordare le sue possibili interazioni con il citocromo P450 3A4, 2D6. Ha frequenza piuttosto alta rispetto alle altre molecole di manifestare diarrea o disturbi gastrointestinali. DOSE: 50-150 mg/die, con dose di partenza 25 mg/die in unica somministrazione giornaliera preferibilmente al mattino per la sua azione attivante, comunque in base alla tollerabilità del paziente. NB: E’ l’antidepressivo per cui è stata documentata meglio la sicurezza cardiovascolare, dimostrato nei pazienti depressi con angina o infarto miocardico recente. Duloxetina e Venlafaxina: hanno un’ottima efficacia quando concomitano sintomi depressivi. Molto utili nel caso sia presente dolore, in particolare neuropatico. La Venlafaxina ha minore interazioni farmacologiche ma tende a causare picchi ipertensivi (primariamente diastolici). DOSE: Duloxetina 60-120 mg con dose iniziale Venlafaxina 75-225 mg con dose iniziale 75 mg. 30 mg, ATTENZIONE!!! Secondo l’opera “le basi farmacologiche della terapia: il manuale” Goodman&Gilman, la Venlafaxina viste le sue deboli capacitá di influire sul citocromo 2D6 sarebbe considerato il farmaco ideale, ove necessario, in caso di terapia con Tamoxifene! Mirtazapina (NASSA): ha un importante effetto sedativo particolarmente indicato quando concomitano ansia ed insonnia, tali azioni possono manifestarsi già poco dopo l’inizio del trattamento. Appartiene ai NASSA (antidepressivi serotoninegici specifici e noradrenergici). Generalmente puó aggravare l’ansia, almeno in una fase iniziale. Questa molecola agisce distintamente su: 1. r e c e t t o r i a l f a 2 a g o n i s t i , i n c r e m e n t a n d o l a noradrenalina sinaptica e serotonina 2. b l o c c a alcuni recettori postsinaptici che concettualmente mediano l’eccessiva ansia quando stimolati dalla serotonina stessa. La Mirtazapina puó causare sedazione residua al mattino la quale spesso aumenta se la terapia è protratta nel tempo. Un altro effetto avverso da tenere presente è l’effetto oressizzante il quale tende a causare aumento di appetito e, di conseguenza, di peso (ciò puó essere saggiamente sfruttato in particolari situazioni cliniche). DOSE: 15-60 mg/die, dose iniziale 15 mg la molecola esercita la sua efficacia dopo circa 2 settimane. NB: La Mirtazapina è registrata con l’indicazione per la depressione maggiore, di conseguenza la prescrizione per l’ansia è Off-label. Influenza debolmente il sistema dei citocromi e dunque può essere preferibile in pazienti che necessitano di terapie concomitanti. ATTENZIONE!!! Gli antidepressivi con attivitá sedatativa come Paroxetina, Mirtazapina e altri Antidepressivi Triciclici sono solitamente prescritti solo di notte prima di andare a letto in modo da migliorare il sonno ma dovrebbero essere accompagnati dall’avvertimento di non guidare subito dopo la dose o la mattina successiva se in presenza di sonnolenza. L’iniziale assunzione di SRI o Antidepressivi Triciclici puó causare, come giá detto, un temporaneo peggioramento della sintomatologia ansiosa. Questo fenomeno è stato chiamato da Sinclair et al. “jitteriness/anxiety syndrome” e non differisce in base al tipo di assunzione del farmaco. L’incidenza è molto variabile in base ai dati di letteratura essendo l’ansia qualcosa di molto soggettivo (4-65%). Si raccomanda quindi particolare attenzione al paziente in queste prime fasi di terapia, dato che sarebbe in grado di inficiare la compliace stessa. Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale: la Psicoterapia Congnitiva e Comportamentale puó essere usata da sola o in aggiunta alla terapia farmacologica. La combinazione delle due garantisce un risultato superiore nella gran parte dei casi rispetto all’uso singolo di una delle due strategie terapeutiche. La terapia cognitiva aiuta i pazienti a capire come pensieri automatici e false credenze/distorsioni si associno a risposte emotive esagerate ed eccessive, come l’ansia, che possono portare a conseguenze comportamentali secondarie. La terapia comportamentale include esposizioni sequenziali sempre maggiori a stimoli ansiogeni in modo da desensitizzare il paziente. Le line guida APA 2011 descrivono l’importanza del monitoraggio dei cambiamenti in termini di frequenza degli eventi in esame dopo che il trattamento è iniziato. Se non si ha una diminuzione o un beneficio nel medio termine è necessario riconsiderare la terapia, qualsiasi essa sia. II LINEA DI TERAPIA: Se alla prima linea di terapia si ha risposta parziale o nulla si consiglia in ordine di prioritá: Instaurare, se non giá in uso, Terapia CognitivoComportamentale Aumentare dose del farmaco fino alla massima dose terapeutica tollerata Cambiare molecola fra quelle precedentemente elencate oppure introdurre in aggiunta al farmaco in corso PREGABILIN a dose iniziale 50 mg diviso in due somministrazioni, poi 50-300 mg diviso in 2-3 somministrazioni/die (attenzione alla funzionalitá renale) III LINEA DI TERAPIA (ma non sempre…): Benzodiazepine: Somministrazioni endovenose o orali di Benzodiazepine possono essere talvolta usate. L’ Alprazolam è ampiamente usato per i disturbi da attacco di panico, ma è attualmente in parte criticato per il suo alto rischio di dipendenza. L’Alprazolam ha emivita breve/intermedia, il ché lo rende particolarmente prono ad ansia di rimbalzo e dipendenza psicologica. Per questo motivo ultimamente si preferiscono Benzodiazepine con un’emivita piú lunga (es. Clonazepam). Di seguito si riportano le emivite delle principali BDZ. Ecco un elenco dei parametri farmacocinetici di alcune Benzodiazepine usate per insonnia/ansia: Benzodiazepine a breve durata d’azione: Triazolam : emivita 1,5-5,5 h, picco plasmatico 0,5-2 h . DOSE standard: 125-250 mcg Brotizolam: emivita 3-8 h, picco plasmatico 45 min. DOSE standard: 0,25 mg. Tra le molecole con emivita intermedia troviamo: Alprazolam: emivita 11h, picco plasmatico 1-2h. DOSE standard: 3-6 mg Lormetazepam: emivita 10-12 h, picco plasmatico 2,4 h. DOSE standard: 1-2 mg Temazepam: emivita 9,5-12,4 h, picco plasmatico 2-3 h. DOSE standard: 10-20 mg Estazolam: emivita 10-24 h, picco plasmatico 0,5-1,6 h. DOSE standard: 0,5-2 mg Lorazepam: emivita 14 h, picco plasmatico 2 h. DOSE standard: 1-2,5 mg Bromazepam: emivita 20,1 h, picco plasmatico 1,2 h. DOSE standard: 1,5- 3 mg. Tra le molecole con emivita lunga troviamo: Diazepam: emivita 20-70 h, picco plasmatico 30-90 min. DOSE standard: 2-5 mg. Flurazepam: emivita 48-120 h, picco plasmatico 0,5-3 h . DOSE standard: 15-60 mgdt Nitrazepam: emivita 25-300 h, picco plasmatico 40-80 min . DOSE standard: 5 mg Flunitrazepam: emivita 15-30 h, picco plasmatico 0,75-2 h . DOSE standard: 0,5-1 mg Delorazepam: emivita 100 h, picco plasmatico 45-min1,5 h. DOSE standard: 0,5-1 mg Clobazam: emivita >42h, picco plasmatico 0,5-4h. DOSE standard: 10 mg Ketazolam: emivita 48h,picco plasmatici 3h. DOSE standard: 15-75 mg Clonazepam: emivita 17-60 h, picco plasmatico 1-4h con steady state a 5/7 gg. DOSE standard: 4-8 mg. La maggior parte di queste molecole ad eccezione di alcune (come Lorazepam e Temazepam) sono metabolizzate totalmente o in parte a livello del CYP3A4. Le Benzodiazepine rappresentano un farmaco abusato per queste patologie. Agiscono in fretta ma causano labilità psicologica e importante dipendenza, oltre che tolleranza. Ha senso utilizzarle come iniziale coadiuvante in attesa della titolazione degli inibitori della ricaptazione della serotonina, e possono essere scalate in 4-12 settimana quando la terapia è a pieno regime. Questo approccio tende a migliorare la tollerabilitá a breve termine della cura, anche se potrebbe aumentare il rischio di sedazione, eventualitá che va monitorata e resa nota. Nonostante sia un riscontro comune, l’uso di Benzodiazepine sul lungo termine dovrebbe essere evitato. Nonostante abbiano un buon effetto di controllo anche a distanza di tempo, l’indicazione dovrebbe essere riservata come linea di salvataggio in pazienti con disturbi da attacchi di panico refrattari a terapia. ATTENZIONE!!! Sarebbe meglio evitare l’uso di benzodiazepine nei pazienti >65 anni a causa del probabile effetto paradosso; frequenti anche la confusione, e le cadute accidentali causate da eccessiva sedazione. 3) ANXIETY DISORDER (SAD) O FOBIA SOCIALE Una persona affetta da fobia sociale tipicamente riporterá una marcata e persistente paura di tutto ció che è ‘’sociale’’ e delle situazioni in cui è necessario eseguire una ‘’performance’’. Spesso infatti le abilitá e le capacitá del soggetto sono compromesse o alterate sia nella vita scolastica che lavorativa. La tendenza è ad evitare qualsiasi tipo di test oppure a viverlo con intensa ansia e fatica. In questi casi è sempre bene chiedere se il paziente ha difficoltá a parlare in pubblico, a mangiare nei ristoranti ad usare toilet pubbliche o a socializzare. NB: la paura del giudizio o di essere umiliati è comunemente descritta da soggetti con questa patologia. TH: Entrambi psicoterapia e farmacoterapia sono trattamenti efficaci nella fobia sociale. L’autoesposizione allo stimolo come monoterapia è risultata efficace ed utile, risulta quindi raccomandata. Soprattutto se associata a tecniche di rielaborazione cognitiva del proprio vissuto in modo da modificare il sistema cognitivo alla base di questa patologia (ipervalutazione del giudizio altrui e scarsa tolleranza alla frustrazioni ed ai commenti negativi) Questa patologia risponde tipicamente agli inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI) o agli inibitori di monoamine-ossidasi (IMAO). Si raccomanda comunque l’uso di SSRI come I LINEA a dosi crescenti mantendendo la minima dose efficace. Tra gli SSRI approvati per la fobia sociale troviamo la Paroxetina e la Sertralina (vedi profilo farmacocinetico nel paragrafo “Th Ansia generalizzata ed attacchi di panico” ). Anche la Fluvoxamina si è dimostrata efficace anche se oggi ha solo indicazione per Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) e Depressione maggiore. Da sottolineare come questa molecola abbia pesanti influenze a livello dei citocromi. DOSE Fluvoxamina: 50-300 mg/die con dose iniziale 50 mg/die (Off –label) DOSE Paroxetina 20 mg/die con dose iniziale di 10 mg. Se dopo alcune settimane si riscontra inefficacia i pazienti hanno dimostrato beneficio con aumenti di 10 mg per volta fino ad un massimo di 50 mg/die. DOSE Sertralina 50 mg/die, con dose di partenza 25 mg/die in unica somministrazione giornaliera. La dose di inibitori della ricaptazione della serotonina puó essere aumentata se la risposta risulta parziale o assente dopo 6 settimane, e puó essere aumentata ogni 2 settimane fino a raggiungere la dose massima. Se questo tipo di terapia fallisce, i pazienti a volte rispondono a terapia con Benzodiazepine. Trattamenti a lungo termine con Clonazepam sono limitati ma supportano l’ipotesi della sua efficacia. Betabloccanti, Clonidina e Buspirone (revocato in Italia) sono solitamente inutili per il trattamento a lungo termine anche se sui betabloccanti va aperta una parentesi. L’Atenololo, il Nadololo e il Propanololo partendo dalle minime dosi disponibili sul mercato ed aumentando se non presente risposta terapeutica potrebbero essere utili nel trattamento circoscritto dell’ansia situazionale o da performance. La terapia va scalata gradualmente e poi sospesa dopo 6-12 mesi di piena risposta. Se i sintomi recidivano, ri-iniziare terapia e continuarla a tempo indefinito. 4) FOBIA SPECIFICA O SEMPLICE Se é sospettata la fobia semplice, vanno eseguite domande selettive riguardo la manifestazione spropositata di paura rispetto a situazioni particolai (es. animali, insetti, sangue, aghi, api, altezza). Questa fobia puó essere molto disabilitante e causare stress emotivo portando in alcuni casi anche a svillupare altri disturbi di ansia maggiori, depressione, ideazione suicidaria e disturbi sostanza-correlati, in particolar modo abuso o dipendenza da alcol. TH: Questa patologia risponde molto bene alla Terapia CognitivoComportamentale La graduale desensitizzazione è il trattamento piú usato. Esposizioni prolungate e ripetute determineranno la riduzione dei sintomi. Trial randomizzati e controllati indicano che la fobia semplice/specifica risponde alla terapia espositiva, sia che questa sia reale sia tramite realtá virtuale. Attualmente nessuno studio importante ha dimostrato l’efficacia dell’intervento combinato psicofarmacologico in questo tipo di patologia. 5) AGORAFOBIA Intensa ansia che si manifesta quando il paziente é esposto a specifiche situazioni quali altezze, animali, piccoli spazi o temporali. La paura è anche spesso associata al timore di rimanere intrappolati senza via di fuga ( es. rimanere fuori di casa da soli; in una folla di persone non familiari, su un ponte; in un tunnel; in un veicolo in movimento). TH: L’Agorafobia molto spesso risponde al trattamento con SSRI. La terapia dovrebbe essere iniziata a dosi molto basse (vedi il paragrafo “Th di ansia generalizzata e attacchi di panico”) e aumentata fino a raggiungere la minima dose efficace in grado di controllare il panico del paziente. Le Benzodiazepine possono essere usate sia come adiuavante alla terapia sia come trattamento primario, non rappresentano in ogni caso il farmaco di prima linea a causa dei potenziali abusi. Se il paziente ha frequenti attacchi di panico e NON ha storia di abuso di sostanze, l’utilizzo di Benzodiazepine puó essere considerato utile in attesa che la terapia con inibitori della ricaptazione della serotonina faccia effetto. NB: Le Benzodiazepine a lunga durata di azione (Diazepam, Clonazepam ecce ecc) usate a orari prefissati e non al bisogno, visto anche l’andamento farmacocinetico lento e graduale, hanno dimostrato una minor dipendenza e un minor rischio di abuso. La dose di queste BDZ puó essere aumentata ogni 2-3 giorni fino a quando i sintomi non sono controllati. L’uso di Benzodiazipine a breve emivita va considerato nella gestione e nel controllo del sintomo acuto da attacco di panico. Se la risposta è minima o assente dopo 6 settimane, il SSRI dovrebbe essere aumentato ogni 2 settimane fino a risposta clinica o a raggiungimento della dose massima. Risposte parziali o assenti al dosaggio massimo suggeriscono di: 1. Cambiare SSRI, 2. Cambiare classe e optare verso Venlafaxina (dose 75 mg/die a rilascio prolungato, dose di partenza 37,5 mg/die) o Duloxetina (Dose 30 mg/die monosomministrazione aumentabile a 60mg/die, Off-label per Agorafobia, registrato in Italia anche per il disturbo d’ansia generalizzato) 3. Optare per Antidepressivi triciclici come Amitriptilina o Imipramina (talvolta tollerati alle dosi terapeutiche) o IMAO (restrizioni dietetiche e frequenti interazioni farmacologiche). Molte di questi molecole sono Off-label in Italia. Per i pazienti con buona risposta, il trattamento dovrebbe essere protratto per 9/12 mesi prima di considerare un lento tapering fino alla sospensione. Se i sintomi ricorrono alla sospensione, il trattamento dovrebbe essere ripristinato e continuato fino a tempo indefinito. NB: Indicate anche le Tecniche Cognitivo-Comportamentali, con sessioni specifiche per le condotte agorafobiche (tecniche di esposizione). 6) DISTURBO DA STRESS POST TRAUMATICO (PTSD) Si manifesta dopo un evento traumatico importante ed è caratterizzato da un intorpidimento generale, eccessiva reazione agli stimoli improvvisi e da incubi durante il sonno. Rappresenta una reazione patologica protratta ad un fatto gravemente traumatico per l’individuo. Le caratteristiche essenziali sono: Rivivere con la stessa intensità emotiva il trauma o parti di esso Messa in atto di comportamenti di eviamento volti ad eludere situazioni, oggetti o persone che possano correlarsi all’evento traumatico Alterazioni di pensiero e umore (ottundimento emozionale: incapacità di ricordare aspetti legati all’evento traumatico, riduzione dell’interesse e della progettualità ecc) Iperarousal neurovegetativo (sensazione di tensione continua, ipervigilanza, sensazione di essere ‘’sul filo del rasoio’’) La diagnosi è fatta quando i sintomi persistono per un periodo di almeno quattro settimane dopo l’evento traumatico ATTENZIONE!!! Il PTSD predispone a due tipi di complicanze: abuso di sostanze psicoattive e depressione. E’ importante riconoscerlo anche perché è correlato ad un elevato rischio suicidario. TH: La terapia del PTSD di solito prevede un approccio combinato: farmacoterapia e Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale. Per quanto riguarda la farmacoterapia, è raccomandato l’utilizzo di SSRI (es Paroxetina, Sertralina, Fluoxetina) o SNRI (es Venlafaxina) a dosaggio pieno (con i dosaggi e le modalitá spiegate precedentemente), per un periodo di almeno 6 settimane prima di decidere di cambiare farmaco Uno specifico intervento recentemente proposto e che sembra altamente efficace è l’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing): si tratta di una tecnica articolata sulla contemporanea focalizzazione sull’esperienza traumatica e sui movimenti oculari che facilitano la riorganizzazione di una cognitività positiva. NB: Le benzodiazepine sono usate molto di frequente, soprattutto per trattare i sintomi di iperarousal e insonnia, nonostante ciò, non ci sono evidenze che supportano l’utilizzo di tali farmaci, soprattutto in cronico. Quali esami eseguire nel paziente con nuovo riscontro di Sindrome Ansiosa? Qundo il sospetto che l’ansia non sia generata da disturbi medici veri e proprio, come nel caso di mancanza di obiettivitá clinica, giovane etá e tipica presentazione del disturbo, gli esami ematochimici iniziali possono essere limitati ai seguenti: Emocromo Funzionalitá tiroidea Analisi delle urine Screening di sostanza stupefacenti nelle urine (Benzodiazepine, Barbiturici, Cannabis, Cocaina sono le sostanze piú comunemente richieste in prima battuta anche nei reparti di psichiatria, ne consegue che a meno di avere storia anamnestica, la gran parte delle nuove sostanze stupefacenti non vengano testate ‘’di default’’) Nei casi di presentazione fosse atipica o di riscontro in pazienti anziani è sempre bene indagare in modo piú approfondito le cause organiche legate a questa patologia eseguendo in base ai sintomi specifici caso per caso uno o piú dei seguenti accertamenti: ECG (aritmie, prolasso valvola mitrale ecc.) Emogas (disturbi acido/base) Rx torace (embolia polmonare ecc) Elettroencefalogramma (per escludere sospetto di ettacchi epilettici che possono mimare crisi di ansia) fino ad arrivare nei casi piú gravi in III linea diagnostica all’imaging encefalico. ATTENZIONE! Come indicazione generale per tutte le categorie descritte, negli anziani la dose target come primo tentativo deve essere dimezzata rispetto alla popolazione generale. CURIOSITA’ SULLA FISIOPATOLOGIA Nel Sistema nervoso centrale (SNC), i maggiori mediatori dell’ansia sembrano essere la norepinefrina, la serotonina, la dopamina e il GABA (acido gamma-aminobutirrico). Altri neurotrasmettitori e peptidi come il CRF (Fattore rilasciante corticotropina) potrebbero essere coinvolti. A livello periferico, il sistema nervoso autonomo (SNA), specialmente quello simpatico, media diversi sintomi caratteristici della sindrome. Interessante notare che alla PET sono stati dimostrati aumenti di flusso nella regione paraippocampale destra e ridotti livelli di recettori della serotonina tipo 1A nel cingolato anteriore e posteriore e nel rafe dei pazienti con disturbi da attacchi di panico. La risonanza magnetica encefalica ha spesso evidenziato in questi pazienti un ridotto volume del lobo temporale e un ippocampo di dimensioni conservate. Alcuni studi hanno anche evidenziato elevati livelli di orexina, che si pensa possa avere un ruolo importante nella patogenesi. Tutti questi fattori per adesso ha prevalentemente un ruolo descrittivo e non hanno ancora una struttura razionale che li colleghi in modo organico alla patologia. CURIOSITÀ SULLA DIETA…. I prodotti contenenti caffeine quali caffé, tè, coca-cola dovrebbe essere sospesi o ridotti a livelli ragionevole. Preparazioni da banco come erbe medicinali dovrebbero essere ben analizzate dato che l’efedrina ed altri rimedi a base di erbe possono precipitare i sintomi. Daniele Angioni Un ringraziamente speciale al Dott.ssa Camilla Vecchi (spec.nda Psichiatria) che ha contribuito alla revisione di questo articolo in nome della sinergia tra specialisti e medici di medicina generale, preziosi alleati per la gestione e la cura ottimale del paziente. BIBLIOGRAFIA 1. UpToDate 2016: Approach to treating generalized anxiety disorder in adults Michelle Craske et al. 2. Le basi farmacologiche della terapia: il Manuale. Goodman&Gilman II ed. Laurence L Bruton, Randa HilalDandan 3. F a r m a c o l o g i a : p r i n c i p i d i b a s e e a p p l i c a z i o n i terapeutiche,edizione minerva medica, F.Rossi, V. Cuomo, C. Riccardi 4. Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, DSM-V. 5. American Psychiatric Association.Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders. 5th ed. 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Verranno trattati argomenti di pertinenza della Medicina Generale con particolare attenzione alla produzione di contenuti inediti e originali frutto di revisioni della letteratura e collaborazione con colleghi specialisti. Che differenza c’è con i contenuti scientifici presenti sulla pagina Facebook? Ogni settimana sulla pagina Facebook ufficiale, visitabile al LINK, nei giorni di Lunedi e Giovedi verranno condivise news dal mondo riguardo a prevenzione, promozione della salute, innovazione medica, biotecnologica, farmacologica e piú in generale riguardo a novitá su diagnosi e cura di patologie frequentemente riscontrabili dal Medico di Cure Primarie. Oltre a questo verranno altresí condivisi i LINK delle nostre revisioni che potranno essere letti per esteso su questo sito. Perché la necessitá un’Area Scientifica? di creare La Medicina Generale sta affrontando forti cambiamenti. Gli attuali medici in formazione rappresenteranno la nuova classe di Medici di Famiglia 2.0. Si tratta di medici che sempre di piú al pari dei colleghi ospedalieri sono in grado di leggere in modo critico una pubblicazione scientifica e di basare i propri atti diagnostici e terapeutici sulla letteratura, si tratta di professionisti in grado sostenere e promuovere la sinergia tra specialisti e MMG come preziosi alleati per la gestione e la cura ottimale del paziente, che conoscono cosí bene alcuni aspetti delle linee guida di loro pertinenza da sapere non solo quando seguirle ma anche quando non farlo, medici di cittá o di paese ma che sanno interfacciarsi con realtá internazionali. L’obiettivo della sezione è quindi fare divulgazione scientifica tenendo in considerazione i principi fondamentali di Evidence Based Medicine e Slow Medicine che ormai rispecchiano sempre con maggiore efficacia la corrispettiva figura Italiana del “General Practitioner” anglosassone. Un sindacato che parla di Scienza? Come si sposa la divulgazione scientifica con l’informazione sindacale? Informare vuol dire tutelare, ma tutelare spesso vuol dire anche informare. Questo vale sia dal punto di vista scientifico-medico che dal punto di vista sindacale. Ci troviamo nel periodo storico in cui l’appropriatezza prescrittiva monopolizza i dibattiti nel nostro mestiere. Compito del sindacato è quindi non dimenticare quanto sia importante l’aggiornamento e la competenza nel nostro settore per poter entrare nel merito delle scelte cliniche e burocratiche con consapevolezza. Medici più formati, medici più preparati, medici che sanno trattare ad alti livelli più aspetti delle patologie sono medici insostituibili. La pagina Facebook e la nuova sezione presente sul sito lavoreranno quindi in sinergia per condividere informazioni e news seguendo molti dei principi espressi dalla “World Organization of Family Doctors” con l’intento di informare, formare, condividere e discutere temi importanti riguardanti la medicina e la salute. Daniele Angioni, responsabile Area Scientifica Fimmg Nazionale settore Formazione