POLITECNICO DI MILANO
Scuola di Ingegneria dei Sistemi
Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Gestionale
Il settore bancario tra crisi e
credit crunch
Un’analisi dell’offerta di credito
RELATRICE:
Prof.ssa Florio Anna Paola
Tesi di Laurea Magistrale di
Gianbattista Aresi
Matricola 765849
Anno Accademico 2011/2012
ii
RINGRAZIAMENTI
Ringraziamenti
Ed eccoci qui. Le ultime parole che sto scrivendo sono anche
quelle con cui inizierà la mia tesi. Si, sono le ultime, ma non
di certo le meno importanti, perché se sono arrivato fino a questo
punto devo solo ringraziare davvero molte persone.
Ringrazio innanzitutto la mia famiglia, perché mi ha sostenuto
in questi cinque anni durante i quali ho frequentato il Politecnico
di Milano. Grazie per avermi permesso di proseguire gli studi e
non avermi mai ostacolato in quello che ho volute fare.
Un
sentito
ringraziamento
va
alla
mia
relatrice,
la
professoressa Anna Florio. La ringrazio perché, oltre a seguirmi
ed essere sempre disponibile a rispondere alle mie mail, ha saputo
consigliarmi anche nel prendere decisioni in un contesto diverso
da quello della tesi. Non nascondo che il suo parere positivo ha
avuto un peso non indifferente nella scelta di iscrivermi al master
che sto tuttora frequentando.
Un ringraziamento speciale va ad Eleonora, la mia ragazza,
perché è riuscita a starmi vicino in questi mesi difficili tra
paure, incertezze e poco tempo per fare qualsiasi cosa. Grazie per
avermi sopportato, davvero. Ringrazio anche tutti i miei amici,
Francesco per primo, che hanno condiviso con me il percorso
universitario e non solo: grazie perché sono stati veramente degli
anni fantastici, e non me li dimenticherò mai.
Un ringraziamento specifico va ad Alessandro Gobbi per la sua
disponibilità, per avermi aiutato nella ricerca dei dati e
nell’utilizzo del software Eviews.
iii
INDICE
Indice
Ringraziamenti ............................................................................................................. iii
Indice ............................................................................................................................ iv
Elenco delle Figure ....................................................................................................... vi
Elenco delle Tabelle .................................................................................................... viii
Riassunto ...................................................................................................................... ix
Abstract ......................................................................................................................... x
Sommario ..................................................................................................................... xi
Executive Summary .................................................................................................... xiii
INTRODUZIONE ........................................................................................................... xv
IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL .............................................................. 1
1.1 Il Modello di Bernanke e Blinder .................................................................... 2
1.2 La Verifica con la Metodologia VAR ............................................................ 12
1.3 Gli Sviluppi della Credit View ....................................................................... 19
1.4 La “Credit View” e l’Italia ............................................................................. 26
LA RIVISITAZIONE DEL CREDIT CHANNEL ................................................................... 29
2.1 L’importanza del Credito nel Contesto Attuale ........................................... 35
LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY” .................................................... 38
3.1 The Euro Bank Lending Survey..................................................................... 41
3.2 I Risultati BLS per l’Italia .............................................................................. 50
IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO ....................................... 56
4.1 Il Punto di Vista delle Banche ...................................................................... 69
UNA POSSIBILE SOLUZIONE ....................................................................................... 74
5.1 Il Funding For Lending Scheme .................................................................... 74
CONCLUSIONE ............................................................................................................ 83
APPENDICE ................................................................................................................. 86
iv
INDICE
Appendice A: I moltiplicatori del reddito in Bernanke-Blinder .......................... 86
Appendice B: La Metodologia VAR .................................................................... 90
Appendice C: Dati .............................................................................................. 93
Appendice D: Tabelle Funding for Lending Scheme .......................................... 98
BIBLIOGRAFIA ........................................................................................................... 100
v
ELENCO DELLE FIGURE
Elenco delle Figure
Figura 0.1 Tassi di crescita del credito totale .......................................................................................xvii
Figura 0.2 Andamento della domanda e dell'offerta di credito in Europa ........................................... xxi
Figura 0.3 Andamento della domanda e dell'offerta di credito in Germania .......................................xxii
Figura 0.4 Andamento della domanda e dell'offerta di credito in Spagna..........................................xxiii
Figura 0.5 Andamento della domanda e dell'offerta di credito in Italia ............................................. xxiv
Figura 0.6 Percentuale di imprese che hanno subito un razionamento del credito ............................ xxvi
Figura 0.7 Prestiti Totali concessi in Italia verso tutte le controparti ................................................. xxvii
Figura 0.8 Prestiti bancari verso imprese non finanziarie ................................................................. xxviii
Figura 0.9 Prestiti ad imprese italiane: domanda, offerta e principali fattori responsabili ................. xxix
Figura 1.1 Curve CC-LM ........................................................................................................................... 5
Figura 1.2 Effetto di un aumento delle riserve bancarie ......................................................................... 6
Figura 1.3 Shock Espansionario IS ........................................................................................................... 8
Figura 1.4 Aumento della Domanda di Moneta ...................................................................................... 8
Figura 1.5 Aumento della Domanda di Credito ....................................................................................... 9
Figura 1.6 Risposte di tasso di disoccupazione, depositi, titoli detenuti e prestiti bancari ad uno shock
al Federal Funds Rate valutate su un orizzonte di 24 mesi (gennaio 1959 - dicembre 1978)............... 14
Figura 1.7 Risposte di tasso di disoccupazione, depositi, titoli detenuti e prestiti bancari ad uno shock
al Federal Funds Rate valutate su un orizzonte di 24 mesi (gennaio 1959 - dicembre 1978)............... 15
Figura 1.8 Risposte di tasso di disoccupazione, depositi, titoli detenuti e prestiti bancari ad uno shock
al Federal Funds Rate valutate su un orizzonte di 24 mesi (gennaio 1984 - dicembre 2012)............... 17
Figura 3.1 Spread Euribor 6m - Eonia OIS 6m ....................................................................................... 40
Figura 3.2 Stretta creditizia in Europa ................................................................................................... 42
Figura 3.3 Percentuale di PMI che individuano il finanziamento come problema principale ............... 43
vi
ELENCO DELLE FIGURE
Figura 3.4 Confronto fra andamento rendimenti Buoni del Tesoro decennali e indice FTSE Italian AllShare Banks Index ................................................................................................................................. 45
Figura 3.5 Fattori che influenzano la domanda di credito in Europa .................................................... 46
Figura 3.6 Banche europee che hanno incrementato il margine applicato sui prestiti ......................... 47
Figura 3.7 Fattori che determinano variazioni nell'offerta di credito in Europa.................................... 49
Figura 3.8 Stretta creditizia in Italia ...................................................................................................... 50
Figura 3.9 Incremento dei margini applicati sui prestiti concessi in Italia ............................................ 52
Figura 3.10 Fattori che determinano variazioni dell’offerta di credito in Italia..................................... 54
Figura 4.1 Evoluzione settore bancario Europeo [Fonte: ECB Statistical Data Warehouse] ................. 58
Figura 4.2 Evoluzione Attivo Medio Bancario Europeo ......................................................................... 59
Figura 4.3 Evoluzione di prossimità operativa e distanza funzionale dal 1990 al 2007 ........................ 63
Figura 4.4 Evoluzione Cost-Income Ratio bancario in Europa ............................................................... 65
Figura 5.1 Credito da parte di banche e building societies verso famiglie e imprese non finanziarie in
UK.......................................................................................................................................................... 75
Figura 5.2 Andamento Cash ISA e Depositi Vincolati con scadenza annuale in UK ............................... 80
Figura 5.3 Tasso medio fisso e variabile per un mutuo ipotecario biennale ......................................... 81
Figura 7.1 Federal Funds Rate ............................................................................................................... 93
Figura 7.2 Tasso di disoccupazione ....................................................................................................... 94
Figura 7.3 Inflazione ............................................................................................................................. 95
Figura 7.4 Depositi ................................................................................................................................ 96
Figura 7.5 Prestiti .................................................................................................................................. 97
Figura 7.6 Titoli detenuti ....................................................................................................................... 97
vii
ELENCO DELLE TABELLE
Elenco delle Tabelle
Tabella 0.1 Eurozona: Prestiti all'economia, valori assoluti e variazioni annuali ................................. xix
Tabella 1.1 Effetto di diversi shock sulle variabili osservabili .................................................................. 5
Tabella 3.1 Emissioni nette obbligazionarie in Italia e Europa, periodo 2010-2012 .............................. 51
Tabella 5.1 Dati aggregati utilizzo Funding For Lending Scheme .......................................................... 78
Tabella 7.1 Ammontare iniziale di crediti detenuti e variazioni trimestrali di ogni intermediario
partecipante .......................................................................................................................................... 98
Tabella 7.2 Utilizzo del Collateral Swap da parte dei partecipanti ........................................................ 99
viii
RIASSUNTO
Riassunto
In questo lavoro di tesi vogliamo analizzare l’offerta di
credito bancaria per favorire una miglior comprensione dello
scenario economico attuale. Per raggiungere il nostro obiettivo
sarà presentato il filone della letteratura noto come credit view
e la sua evoluzione dagli anni ’90 ad oggi. Utilizzando un modello
VAR mostriamo che il meccanismo di trasmissione della politica
monetaria è cambiato rispetto al passato, ma il credito resta
comunque un elemento importante per lo sviluppo economico.
Analizzando
le
Bank
Lending
Survey
identifichiamo
fattori
responsabili per variazioni di domanda e offerta di credito nel
periodo successivo alla crisi del 2008. Per lo specifico caso
italiano individuiamo tra le possibili cause del blocco del
credito il consolidamento che ha interessato il settore bancario
negli ultimi venti anni e le modifiche strutturali che ha
introdotto.
Infine
presentiamo
un’analisi
del
Funding
For
Lending, una soluzione proposta dalla Banca d’Inghilterra per
favorire il flusso del credito verso l’economia.
ix
ABSTRACT
Abstract
In this work we want to describe banks’ credit supply current
situation, with the purpose to achieve a better understanding of
the present economic conditions. To reach our goal, we exhibit the
academic literature developed in the ’90 globally known as credit
view and the major theoretical contributions of the last twenty
years. Using a VAR model we show that today the credit channel in
its original formulation is inactive, but we underline the
importance of credit as a driver for economic development. We show
the trend that affected credit markets after 2008 crisis, trying
to identify with Bank Lending Survey data some underlying factors
responsible for low levels of credit demand and supply. For the
specific Italian case, we study the consolidation that interested
banking sector from 1990 to 2007 and the structural changes
introduced. Then we analyse the Funding for Lending Scheme, a
solution proposed by Bank of England to promote credit flow from
banks to real economy.
x
SOMMARIO
Sommario
In questo lavoro di tesi si vuole analizzare l’offerta di credito
bancaria con lo scopo di favorire una maggiore comprensione della
situazione economica attuale. Per raggiungere questo obiettivo
verrà
presentato
il
filone
della
letteratura
sviluppatosi
all’inizio degli anni ’90 noto come credit view, il quale afferma
l’esistenza di meccanismi alternativi rispetto al classico canale
del tasso d’interesse per la trasmissione della politica monetaria
all’economia reale. Verranno ripercorse le tappe fondamentali che
hanno caratterizzato l’evoluzione di questa corrente accademica.
Per prima cosa presenteremo la disputa iniziale tra monetaristi
e Keynesiani riguardo al grado di sostituibilità delle fonti di
finanziamento per banche e imprese; successivamente illustreremo
l’applicazione
Bernanke
dell’acceleratore
[1995]
al
canale
finanziario
del
credito
descritto
e
da
l’impatto
dell’introduzione della regolamentazione del capitale bancario
sull’attività creditizia; infine termineremo con le ultime teorie
che individuano nel rischio e nei cambiamenti della sua percezione
il fattore chiave che lega indirettamente la politica monetaria
al comportamento delle banche. Attraverso l’utilizzo di un modello
VAR, mostreremo le differenze tra l’effetto di uno shock monetario
sulla composizione dell’attivo bancario in passato ed oggi.
Nonostante la scomparsa di un effetto diretto di ribilanciamento
del
portafoglio
di
attività
detenuto
dalle
banche,
verrà
sottolineata l’importanza attribuita al credito come determinante
principale dello sviluppo economico attraverso il finanziamento
degli investimenti delle imprese. Verrà presentato un quadro delle
variazioni nel mercato del credito nel periodo successivo alla
crisi del 2008, costruito confrontando i dati relativi alla
domanda e offerta di prestiti in Europa e in Italia. Analizzando
xi
SOMMARIO
le risposte fornite dagli istituti di credito partecipanti alla
Bank Lending Survey identificheremo i principali fattori che
possono essere considerati responsabili di variazioni delle curve
di domanda e offerta di credito, per cercare di capire se c’è stato
realmente un credit crunch o la riduzione dei volumi del credito
è il risultato di una domanda indebolita dalla recessione. Per
spiegare ciò che sta accadendo nel nostro paese ci ricondurremo
alla
letteratura
caratteristiche
che
ha
strutturali
studiato
del
settore
l’evoluzione
bancario
delle
italiano
nell’ultimo ventennio e la tipologia di relazione che si instaura
tra banca e impresa, oggetto di studio del filone economico del
relationship lending. Dopo aver presentato alcune considerazioni
provenienti dal mondo delle banche riguardo alla relazione fra
regolamentazione, nuovi modelli di business bancari e il trend che
ha interessato i volumi del credito negli ultimi anni, verrà
analizzato il Funding for Lending Scheme proposto dalla Banca
d’Inghilterra come una possibile soluzione per incentivare il
flusso del credito bancario verso le imprese e favorire la ripresa
economica.
xii
EXECUTIVE SUMMARY
Executive Summary
In this work we want to describe banks’ credit supply current
situation, with the purpose to achieve a better understanding of
the present economic conditions. To reach our goal, we exhibit the
academic literature developed in the ’90 globally known as credit
view,
which
support
the
existence
of
a
mechanism
for
the
transmission of monetary policy to real economy alternative to the
classic interest rate channel. We review the major steps that
contribute to create and evolve this academic line of thinking.
Initially we start from the initial battles between monetarists
and Keynesians on the degree of relative substitutability of
instruments used by banks and firms to finance themselves. Then
we display Bernanke’s financial accelerator application to the
credit channel and the impact of bank capital regulation on credit
activity. We conclude with the last theory that identifies the main
drivers that affect banks’ behaviour with risk and its perception
among financial sector. Using a VAR model, we show the different
effect of a monetary shock on banks’ balance sheet before 1980 and
today. Even if any direct effect of banks’ activity (portfolio
rebalancing) disappeared, we highlight the importance of credit
as
a
key
factor
for
economic
development
through
firms’
investments financing. Moreover, we display some changes that
affected European and Italian credit market after 2008 crisis
building a picture with data on credit demand and supply. We look
at the answers given to the Bank Lending Survey by banks to identify
the main factors responsible of low demand and supply levels, with
the aim to understand if we can talk of Credit Crunch for the
current situation or if it is only the result of demand weakened
by recession. Then we analyse the structural changes that affected
Italian banking sector in the last twenty years to explain the
xiii
EXECUTIVE SUMMARY
evolution
of
bank-firm
relationship,
studied
by
economic
literature referred to relationship lending. After reporting some
observations adduced by banks’ managers to explain the link
between regulation, new bank business models and movements that
affected credit volumes in the last years, we present an analysis
of Funding for Lending Scheme proposed by Bank of England as a
possible solution to promote credit flow from banking system to
firms and help economic recovering.
xiv
INTRODUZIONE
“It is important for the functioning of the system
that the banker should know,
and be able to judge what his credit is used for
and that he should be an independent agent.[…]
One of the bigger errors of classical investment theory
is to have made banking a mechanical function
which might just as well be filled by some government department”
Joseph Schumpeter, Business Cycles (1939)
INTRODUZIONE
Il presente lavoro di tesi è volto ad analizzare l’offerta di
credito bancario. La tematica è stata largamente trattata dalla
letteratura accademica, principalmente nel filone sviluppatosi
come credit view agli inizi degli anni ’90, con l’avvento del quale
è stata sottolineata l’importanza del credito rispetto alla moneta
come elemento attraverso cui uno shock di politica monetaria viene
trasmesso
all’economia
reale.
La
rilevanza
accademica
e
l’attualità dell’argomento sono dimostrate dal fatto che una delle
principali
sfide
odierne
nella
modellazione
macroeconomica
consiste proprio nell’inserimento del settore bancario come
agente dinamico nei modelli DSGE (Dynamic Stochastic General
Equilibrium), i modelli di equilibrio generale con fondamenti
microeconomici
che
rappresentano
il
benchmark
attuale
per
valutare l’impatto di scelte politiche e shock esogeni su un
sistema economico.
xv
INTRODUZIONE
L’importanza del credito come determinante dello sviluppo
economico è ampiamente riconosciuta anche dai policy maker. Ne
sono esempio gli ultimi discorsi tenuti dal governatore della
Banca d’Italia Ignazio Visco1 e del presidente della Banca Centrale
Europea Mario Draghi2, i quali negli ultimi interventi hanno
ribadito come l’incentivazione del flusso di credito verso le
imprese sia un aspetto fondamentale per la ripresa economica.
Appare altrettanto naturale associare l’attuale recessione che
sta interessando la zona euro (ed in particolare l’Italia) al
credit crunch di cui la stessa regione è stata oggetto negli ultimi
anni con livelli di intensità differenti tra diverse nazioni.
ο‚·
Innanzitutto, cosa si intende per credit crunch?
Una tra le prime definizioni è stata proposta nel 1991 dal
Council of Economic Advisers (CEA), l’organo a supporto del
presidente degli Stati Uniti per questioni di politica economica,
che definisce un credit crunch come “una situazione in cui
l’offerta di credito viene ristretta al di sotto del livello
solitamente associato ai tassi di interesse di mercato prevalenti
e
al
livello
corrente
di
profittabilità
dei
progetti
di
investimento”3. In pratica con questo termine si identifica una
contrazione dell’offerta di credito indotta da una caduta della
patrimonializzazione
delle
banche
(“capital
crunch”),
da
riduzioni nella liquidità del sistema bancario, o talvolta da un
accentuarsi dell’avversione al rischio delle banche nella loro
attività di concessione di prestiti.
1
Due tra i numerosi possibili esempi si possono trovare nel primo discorso pubblico dell’attuale
Governatore della Banca d’Italia all’Assiom Forex 2012 di Parma, dove esortava le banche a
concedere più prestiti alle imprese, e nel discorso tenuto per l’edizione 2013 dello stesso convegno,
dove ribadisce l’importanza della funzione delle banche nell’allocazione del credito.
2
Lo stesso presidente della Bce ha ribadito l’importanza del credito negli ultimi discorsi tenuti in
pubblico; a titolo esemplificativo possiamo citare la conferenza presso la BCE del 7-2-2013,
l’intervento presso l’Accademia Cattolica della Baviera a Francoforte del 27-2-2013 e il discorso
tenuto il 15-3-2013 di fronte ai leader politici del Consiglio Europeo, nel quale ha sottolineato come i
problemi di Spagna e Italia provengano in buona parte dal blocco del credito.
3
Council of Economic Advisers (1992): Economic Report to the President
xvi
INTRODUZIONE
Come vedremo nelle prossime pagine, in Europa negli ultimi anni
è stata rilevata una riduzione generale della crescita dei volumi
di credito. Per poter parlare di credit crunch è necessario però
che questa diminuzione non sia il risultato di un indebolimento
della domanda di credito causato dalla recessione economica, ma
deve presentarsi una situazione in cui l’eccesso di domanda non
viene soddisfatto a causa di un livello troppo basso dell’offerta
da parte delle banche.
Figura 0.1 Tassi di crescita del credito totale (variazioni trimestrali annualizzate, percentuali)
[Fonte: ECB Statistical Data Warehouse]
xvii
INTRODUZIONE
La Figura 0.1 mostra i tassi di crescita del totale di prestiti
rilevati
nelle
quattro
maggiori
economie
dell’area
euro
nell’ultimo decennio. Osservando il grafico si può vedere come la
Spagna, considerato in passato il “leone europeo” per aver
mantenuto tassi di crescita del PIL tra il 3% e il 4% negli anni
precedenti la crisi, sia stato negli stessi anni oggetto di un
forte boom creditizio con variazioni trimestrali annualizzate che
proprio prima dell’esplosione della crisi si avvicinavano al 30%;
la stessa nazione è anche quella che segna le performance peggiori
nel periodo post crisi, con il credito in contrazione da metà 2009
e percentuali negative in doppia cifra per gli ultimi dati
disponibili
un’imminente
(-11%),
ripresa
che
non
fanno
economica.
presagire
L’andamento
del
l’arrivo
di
credito
in
Francia e Italia ha un’evoluzione simile fino a metà 2011, quando
lo scoppio della crisi del debito sovrano colpisce duramente le
banche italiane e segna l’inizio del trend di contrazione dei
prestiti ancora oggi in atto (-2.6%). La Germania appare invece
come la nazione “relativamente” più stabile, visto che prima del
2008 non è oggetto di boom eccessivi e presenta una contrazione
del credito tra il 2009 e il 2010 (il picco si attesta intorno al
+10% nel corso del 2008 contro tassi di crescita negativi nel
biennio successivo). Nelle ultime rilevazioni le variazioni
registrate sono positive ma deboli, attestandosi intorno ad una
crescita dell’1%. Pur non avendo subito direttamente gli effetti
della crisi del debito sovrano attraverso l’innalzamento del costo
di finanziamento all’emissione di titoli di stato, bisogna
ricordare che i tedeschi ne subiscono comunque le conseguenze
essendo un paese esportatore situato nel centro dell’Eurozona che
commercia molto con i paesi limitrofi. Per questo riduzioni dei
consumi nei partner commerciali europei si traducono per la
Germania in diminuzioni della domanda di beni estera ed un
conseguente rallentamento dell’attività economica.
xviii
INTRODUZIONE
Belgio
Germania
Spagna
Francia
Italia
Olanda
Media
EU
Tasso crescita PIL
2012 (%)
-0.2
0.7
-1,4
0.0
-2,4
-0,9
-0,6
Totale prestiti
(Miliardi di euro)
490
4660
2096
4418
2470
1375
17993
Tasso crescita
totale prestiti (%)
-10,4
-0,5
-4,5
0,0
1,4
0,6
-1,8
Totale prestiti
verso imprese
non finanziare
(Miliardi di euro)
112
909
728
876
875
379
4542
Tasso crescita
prestiti verso
imprese non
finanziarie (%)
-1,5
1,4
-11,1
0,8
-2,6
3,8
-2,3
Totale prestiti
verso famiglie
(Miliardi di euro)
113
1452
824
1091
610
435
5253
Tasso crescita
prestiti verso
famiglie (%)
4,3
1,4
-3,5
2,3
-1,0
3,3
0,5
Credito al
consumo (%)
-1,9
0,2
-7,9
-1,0
-6,0
-2,8
-2,8
Mutui
ipotecari (%)
6,0
1,9
-3,3
2,8
-0,2
4,2
1,3
Tabella 0.1 Eurozona: Prestiti all'economia, valori assoluti e variazioni annuali (dicembre 2012)
[Fonte: ECB Statistical Data Warehouse]
La Tabella 0.1 mostra un quadro generale aggiornato al 31
dicembre 2012 della situazione europea. Sono riportati valori
assoluti e variazioni percentuali annue del credito totale
concesso da sei diversi paesi alle rispettive economie; sono
inoltre riportati i volumi totali ed i tassi di crescita per i
prestiti concessi verso imprese non finanziarie e famiglie, oltre
alla crescita del PIL per l’anno 2012. Per poter confrontare paesi
xix
INTRODUZIONE
dimensionalmente simili non consideriamo Belgio e Olanda, le cui
economie sono rispettivamente all’incirca il 25% e il 40% rispetto
a quella italiana. Osservando la tabella in cerca di conferme
riguardo
alla
relazione
tra
credito
e
crescita
illustrata
inizialmente, notiamo che in Europa le uniche nazioni non in
recessione
(con
variazioni
del
Prodotto
Interno
Lordo
non
negative) per il 2012 sono Germania (+0.7%) e Francia (+0%), che
registrano incrementi anche nel credito concesso alle imprese
(+1.4% e +0.8% rispettivamente). Parallelamente le nazioni più
colpite dalla recessione, come Spagna (-2.4%) e Italia (-1.4%),
sono quelle che registrano la riduzione maggiore di prestiti verso
le imprese (-11.1% e -2.6%). Per quest’ultima categoria di
prestiti possiamo notare che in Germania, Francia e Italia il
credito bancario ha dimensioni aggregate comparabili, mentre la
Spagna registra un ammontare tra il 20% e il 25% inferiore. Invece
per quanto riguarda i prestiti verso le famiglie, il nostro paese
registra un totale che è all’incirca il 40% rispetto ai tedeschi
(600 miliardi contro 1500), la metà rispetto ai francesi e circa
200 miliardi di euro in meno rispetto al paese iberico, a conferma
del ridotto indebitamento complessivo delle famiglie italiane
rispetto alla media europea.
Ricordando che l’ammontare totale di prestiti rilevati è dato
dall’incontro tra domanda e offerta di credito, risulta complesso
determinare con precisione in quale misura ognuna delle due
grandezze possa essere considerata responsabile della variazione
registrata
rispetto
al
periodo
precedente.
In
generale,
escludendo situazioni particolari che impediscono alle banche di
incrementare i prestiti concessi, è la domanda che influisce sul
livello del credito, con il settore bancario che si adegua fornendo
all’economia il denaro richiesto.
I grafici che verranno in seguito presentati hanno proprio lo
scopo di rendere possibile un confronto tra domanda e offerta di
xx
INTRODUZIONE
credito. Sono stati elaborati cercando di quantificare4 le
risposte qualitative fornite dalle banche dei rispettivi stati ad
un questionario promosso dalla BCE, la European Bank Lending
Survey, che analizzeremo dettagliatamente in seguito.
Figura 0.2 Andamento della domanda e dell'offerta di credito in Europa (indice di diffusione)
[Fonte: European Bank Lending Survey]
Nella Figura 0.2 possiamo vedere l’evoluzione delle condizioni
di domanda e offerta di credito relative alla regione europea nel
suo complesso, secondo le risposte di più di cento banche operanti
in tutto il continente. Possiamo innanzitutto notare che il
triennio precedente alla crisi del 2008, considerato un periodo
di relativo boom economico per alcuni paesi (ad esempio la Spagna),
è caratterizzato da un permanente eccesso di domanda. Questo può
essere spiegato ipotizzando che l’aggiustamento dell’offerta di
credito da parte delle banche si realizzi solo in seguito ad un
4
Per rendere possibile un confronto è stato preso l’indice di diffusione relativo alle due domande
generali del questionario sull’andamento di domanda e offerta di credito. I valori dell’indice relativi
all’offerta sono stati in seguito moltiplicati per -1, in modo che ad una restrizione delle condizioni di
accesso al credito corrisponda uno spostamento verso il basso della curva.
xxi
INTRODUZIONE
effettivo aumento delle richieste di prestiti. In un’economia in
crescita dove la domanda continua ad aumentare, l’offerta si
adegua con un periodo di ritardo dando origine ad un eccesso di
domanda permanente che viene eliminato quando la stessa domanda
smette di crescere. Negli anni successivi alla crisi possiamo
invece
individuare
due
periodi
caratterizzati
da
dinamiche
differenti: il primo, da metà 2009 a fine 2011, dove la domanda
torna a crescere e l’offerta presenta dei problemi, poiché le
banche hanno delle difficoltà a reperire fondi da prestare sul
mercato a causa delle tensioni causate dallo scoppio della crisi
del debito sovrano; il secondo, da inizio 2012 fino ad oggi, in
cui i problemi di liquidità del settore bancario vengono risolti
dalle due LTRO promosse dalla Banca Centrale Europea ma il
prolungamento della recessione indebolisce la domanda delle
imprese.
Figura 0.3 Andamento della domanda e dell'offerta di credito in Germania (indice di diffusione)
[Fonte: European Bank Lending Survey]
Nella Figura 0.3 possiamo vedere il caso specifico della
Germania, adottando sempre il punto di vista delle banche che hanno
risposto
al
questionario.
Osservando
xxii
l’offerta
di
credito,
INTRODUZIONE
possiamo evidenziare come le banche tedesche abbiano ristretto le
condizioni di accesso al credito abbastanza pesantemente nel
biennio successivo alla crisi del 2008, a fronte di una diminuzione
della domanda più moderata. Per questo periodo si può parlare anche
per la Germania di credit crunch poiché nel grafico è rappresentato
un eccesso di domanda causato principalmente da una brusca
riduzione dell’offerta. Anche per il biennio 2010-2012 la figura
presenta un eccesso di domanda, anche se più contenuto perché le
banche tedesche hanno subito l’impatto della crisi greca e degli
sviluppi successivi in misura minore rispetto a quelle italiane
e spagnole. La domanda tedesca, che sembrava essersi completamente
ripresa a metà 2011, subisce poi l’impatto della crisi che ha
investito l’Europea e resta debole per tutto il 2012 fornendo
segnali ambigui nelle ultime rilevazioni.
Figura 0.4 Andamento della domanda e dell'offerta di credito in Spagna (indice di diffusione)
[Fonte: European Bank Lending Survey]
In
Figura
0.4
è
rappresentato
l’evolversi
del
panorama
creditizio spagnolo secondo le banche iberiche partecipanti al
questionario promosso dalla BCE. La prima cosa che si nota dal
grafico è il crollo che ha visto protagoniste sia domanda che
xxiii
INTRODUZIONE
offerta di credito a cavallo tra il 2007 e il 2008: le tempistiche
corrispondono al momento dell’esplosione della bolla cresciuta
nel settore immobiliare iberico negli anni precedenti. Il settore
bancario spagnolo, formato da grandi banche internazionali ben
patrimonializzate come Santander e BBVA e piccole cajas regionali
in media sottocapitalizzate, rischia il tracollo per la forte
esposizione
verso
il
mercato
immobiliare
ma
viene
salvato
dall’intervento statale. Numerose cajas5 vengono così fuse in
un’unica banca (Bankia) che nel 2012 riceve all’incirca 20
miliardi
di
euro
dal
governo
per
essere
ricapitalizzata.
Nonostante le difficoltà delle banche spagnole per la penisola
iberica non si può parlare di credit crunch per la debolezza che
caratterizza la domanda in tutto il periodo successivo alla crisi.
Gli ultimi dati pervenuti mostrano un settore bancario che sembra
aver superato i momenti di maggiore difficoltà e una domanda di
credito ancora in diminuzione a causa della recessione che il paese
sta vivendo.
Figura 0.5 Andamento della domanda e dell'offerta di credito in Italia (indice di diffusione)
[Fonte: European Bank Lending Survey]
55
Le cajas spagnole altro non sono che l’equivalente delle casse di risparmio italiane.
xxiv
INTRODUZIONE
In Figura 0.5 è rappresentata invece la situazione italiana.
Secondo le risposte fornite dagli otto gruppi bancari partecipanti
alla Bank Lending Survey già dall’inizio del 2007 la domanda di
credito inizia a mostrare una flessione che si amplifica verso la
fine del 2008 in seguito al fallimento della banca d’affari
statunitense Lehman Brothers. Nonostante la ridotta esposizione
nei
confronti
dei
titoli
tossici
commercializzati
dalle
investment bank americane, nello stesso periodo la totalità delle
banche
italiane
intervistate
afferma
di
aver
ristretto
le
condizioni di accesso al credito. Sul finire del 2009 l’Italia
sembra
aver
sorpassato
la
crisi
senza
necessità
di
alcun
salvataggio bancario e gli stessi istituti credito riportano
miglioramenti nella domanda di prestiti da parte delle imprese.
Per il biennio 2010-2012 il grafico presenta un eccesso di domanda,
probabilmente non effetto della crescita delle richieste di
prestiti ma dalla restrizione dell’offerta di credito bancario.
Questo spostamento della curva di offerta è provocato dalle
difficoltà che le banche italiane hanno nel finanziarsi sul
mercato dopo lo scoppio della crisi del debito sovrano. Riguardo
a questo periodo gli intermediari intervistati imputano la
diminuzione del credito a una debolezza della domanda, descrivendo
un quadro dove le imprese migliori cercano modalità alternative
di finanziamento e quelle più rischiose si rivolgono alle banche
e vengono respinte; dall’altra lato abbiamo spesso sentito parlare
di credit crunch da parte delle imprese, le quali riportano una
maggiore probabilità che la richiesta di concessione di un mutuo
venga respinta nel periodo successivo alla crisi (come mostrato
nella figura seguente).
xxv
INTRODUZIONE
Figura 0.6 Percentuale di imprese che hanno subito un razionamento del credito
[Fonte: Indagine sulle imprese industriali e dei servizi, Banca d’Italia]
La
Figura
0.6,
riportata
dall’indagine
sulle
imprese
industriali e dei servizi condotta annualmente dalla Banca
d’Italia, mostra in un orizzonte pluriennale la percentuale di
imprese intervistate che dichiarano di essere state razionate,
ovvero che non hanno ricevuto l’intero ammontare di prestiti
richiesto nell’anno considerato dal questionario. Come possiamo
vedere questa percentuale, che si attestava intorno al 3% nel
triennio
2005-2007,
è
notevolmente
aumentata
nel
periodo
successivo alla crisi registrando un picco dell’11,7% per il 2011,
ultimo anno per il quale sono disponibili i dati. Oltre al fatto
che una generica impresa italiana ha maggiori probabilità di
subire
un
razionamento
dopo
la
crisi,
la
figura
mostra
un’asimmetria persistente tra le percentuali relative a CentroNord e Sud Italia per tutto l’orizzonte temporale di riferimento.
Una
possibile
spiegazione
per
la
maggiore
probabilità
di
razionamento delle imprese del meridione sarà illustrata nel
capitolo 4 analizzando alcune caratteristiche strutturali del
sistema bancario italiano.
xxvi
INTRODUZIONE
Ma cerchiamo di comprendere meglio la situazione italiana,
osservando l’andamento dell’ammontare di prestiti totali, del
credito concesso alle imprese non finanziarie e delle motivazioni
che secondo le banche intervistate hanno provocato una riduzione
della domanda e dell’offerta di credito in Italia.
Figura 0.7 Prestiti Totali concessi in Italia verso tutte le controparti (miliardi di euro)
[Fonte: ECB Statistical Data Warehouse]
Come mostrato nella Figura 0.7, i volumi del credito in Italia
sono praticamente congelati dal 2008, dopo un decennio di prospera
crescita.
Tuttavia bisogna evidenziare delle differenze tra la
situazione italiana e quella di altri paesi in difficoltà della
zona euro: l’ammontare totale di prestiti è rimasto pressoché
invariato, senza subire contrazioni intorno al 10% su base annua
come nel caso spagnolo; ciò che preoccupa maggiormente è invece
xxvii
INTRODUZIONE
la durata temporale estesa di questa situazione. Il perdurare del
blocco del credito nel quinto anno successivo al 2008 e la mancanza
di segnali di ripresa fanno temere il ripetersi di una recessione
prolungata come la Grande Depressione che ha interessato gli USA
negli anni ’30 o il più recente “decennio perduto” giapponese.
Figura 0.8 Prestiti bancari verso imprese non finanziarie (variazioni annue e variazioni trimestrali annualizzate)
[Fonte: Bollettino economico No.67, Banca d'Italia]
Osservando
nella
Figura
0.8
l’andamento
specifico
delle
variazioni dei prestiti verso imprese non finanziare italiane,
notiamo che nonostante la brusca frenata nei tassi di crescita
causata dalla crisi (da +12% a fine 2007 a 0% nel 2009) il nostro
paese non ha subito contrazioni nel credito fino alla fine del
xxviii
INTRODUZIONE
2011. A metà dello stesso anno sembra che nel nostro paese il
credito si stia riprendendo mostrando tassi di crescita di poco
inferiori al 5% quando l’inasprirsi della crisi del debito sovrano
causa una inversione di tendenza che porta all’attuale trend
negativo, confermato dagli ultimi dati che riportano una netta
contrazione (-2,4%).
Con l’ausilio di un altro grafico, sempre elaborato sui dati
della Bank Lending Survey, andiamo a vedere come domanda e offerta
di credito possono essere considerate responsabili dei movimenti
espansivi o contrattivi del credito a detta delle banche italiane.
Figura 0.9 Prestiti ad imprese italiane: domanda, offerta e principali fattori responsabili
[Fonte: European Bank Lending Survey]
xxix
INTRODUZIONE
Nella Figura 0.9 sono contenuti i grafici relativi alla stretta
creditizia (sopra) e alla domanda di credito (sotto), con i
relativi fattori considerati come principali responsabili delle
variazioni. Da una rapida disamina possiamo identificare per il
lato offerta i due momenti più critici nel periodo finale del 2008
e in dicembre 2011 (dove metà delle banche intervistate dichiara
di aver ridotto il credito elargito), che corrispondono anche ai
momenti in cui gli istituti di credito hanno dichiarato di aver
aumentato in maggior misura i margini verso le imprese più
rischiose. Dal lato domanda vediamo che il momento peggiore è
costituito dal 2012, dove oltre il 50% dei partecipanti al
questionario segnala un crollo della domanda di credito per
finanziamento di investimenti, mentre le uniche richieste di
prestiti giungono dalle imprese che vogliono ristrutturare il
debito acceso in passato a tassi di mercato superiori.
Nel capitolo 1 andremo a ripercorrere l’evoluzione della
letteratura accademica partendo dal modello di Bernanke e Blinder,
che nel 1988 ha segnato l’inizio del filone della credit view.
Ad un’analisi dettagliata di tale modello e delle sue implicazioni
seguirà una nostra estensione della verifica empirica proposta
dagli stessi autori qualche anno dopo con la metodologia VAR. A
seguire mostreremo gli sviluppi della letteratura nel decennio
successivo (passando ad esempio per i lavori di Kashyap e Stein
[1993;1995;1997] e Van Der Heuvel [2002;2005]). Infine verrà
illustrata l’applicazione della teoria classica all’Italia, Paese
considerato appropriato per testare empiricamente le conclusioni
della lending view.
Nel capitolo 2 presenteremo la rivisitazione della credit view
formulata da parte del governatore della Federal Reserve Ben
Bernanke in un celebre discorso tenuto ad Atlanta nel 2007, e i
punti
principali
della
successiva
riformulazione
analitica
operata da Piti Disyatat [2010]. Sarà presentata anche la teoria
attraverso la quale si è cercato di dare spiegazioni allo scoppio
xxx
INTRODUZIONE
della crisi del 2008 cercando un legame tra politica monetaria e
comportamento del settore bancario, ovvero il risk taking channel
di Claudio Borio e Haibin Zhu [2010]. Sarà infine trattata
l’importanza della lending view nel contesto attuale, dove la
politica monetaria non è più responsabile di shock che si riversano
sull’economia reale ma cerca affannosamente di stimolare una
ripresa che al giorno d’oggi non si è ancora verificata.
Nel capitolo 3, dopo aver illustrato alcuni effetti che la crisi
del 2008 ha avuto sul settore bancario, analizzeremo le risposte
fornite dalle banche europee alla
Bank Lending Survey per
comprendere meglio le motivazioni che hanno causato questo credit
crunch nel periodo successivo alla crisi, per poi studiare nello
specifico le risposte delle banche italiane. Questo ci aiuterà a
fornire una descrizione più dettagliata della situazione europea
e del nostro paese.
Nel capitolo 4 verrà invece analizzato un altro filone della
letteratura sviluppata sul caso italiano, il quale cerca un legame
tra le caratteristiche strutturali di un sistema bancario e i
rapporti che si instaurano tra banche e imprese. Ripercorrendo
brevemente
le
principali
distinzioni
esistenti
tra
sistemi
“bancocentrici” e “mercatocentrici”, andremo a vedere come il
consolidamento del settore bancario di cui è stata oggetto
l’Italia
nell’ultimo
ventennio
abbia
modificato
alcune
caratteristiche strutturali del sistema che hanno portato ad una
parziale distruzione delle relazioni tra banche e imprese create
in precedenza ed al razionamento di imprese situate in particolari
zone geografiche. Nella seconda parte del capitolo andremo ad
illustrare invece il punto di vista delle banche, come vedono e
cercano di spiegare l’evoluzione della situazione attuale e la
contestuale riduzione del credito rilevata; verrà presentata
anche la posizione del settore bancario nei confronti delle nuove
normative introdotte dai regulator e dei nuovi modelli di business
bancari basati sui derivati nati con l’innovazione finanziaria.
xxxi
INTRODUZIONE
Nel
capitolo
5
presenteremo
una
possibile
soluzione
sperimentata dalla Banca d’Inghilterra per uscire dal credit
crunch, riportando i risultati parziali ad oggi disponibili. La
banca centrale inglese attraverso il Funding For Lending Scheme
crea un piano razionale che incentivi le banche inglesi ad
incrementare il credito concesso all’economia.
Il capitolo 6 conclude.
xxxii
1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL
Capitolo 1
IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING
CHANNEL
Negli ultimi tempi, vista la gravità della situazione italiana,
questa espressione americana è diventata molto utilizzata e
familiare per chi segue le vicende economiche europee e non solo.
Per comprendere meglio cosa sta accadendo e i possibili fattori
responsabili delle condizioni economiche attuali presentiamo una
rassegna
della
letteratura
per
tracciarne
l’evoluzione
dei
contenuti e scoprire le origini della terminologia.
L’importanza
e
gli
effetti
dell’attività
creditizia
sull’economia vengono inizialmente sottolineati nel lavoro di
Bernanke e Blinder [1988], i quali richiedono che venga attribuita
maggiore
attenzione
al
ruolo
del
credito
come
elemento
fondamentale nella trasmissione della politica monetaria. Per far
ciò gli autori utilizzano un modello a tre asset: moneta, bonds
e
loans
(che
si
ipotizzano
forme
di
finanziamento
non
perfettamente sostituibili per le imprese6). Secondo quanto
descritto dal modello, per mezzo di una manovra di politica
monetaria la banca centrale può influenzare il comportamento delle
banche e la loro offerta di credito, e quindi avere effetti sulle
scelte di investimento delle imprese e sull’economia reale. Di
seguito verrà descritto il modello di Bernanke e Blinder e
6
Riguardo alla imperfetta sostituibilità di bonds e loans, gli autori prendono spunto dai lavori di
Tobin “A General Equilibrium Approach to Monetary Theory” [1969] e Brunner-Meltzer “Money, Debt
and Economic Activity” [1972]. Per risalire alle origini dell’idea che esista un lending channel, ovvero
un meccanismo di trasmissione della politica monetaria alternativo al classico interest rate channel
che funzioni per mezzo del credito bancario, bisogna risalire ai lavori di Tobin e Brainard [1963] e
Brainard [1964].
1
1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL
successivamente verrà presentata un’estensione della verifica
empirica proposta dagli stessi autori nel 1992, utilizzando un
campione di dati americani aggiornati fino al 31 dicembre 2012.
1.1 Il Modello di Bernanke e Blinder
Il punto di partenza è l’analisi delle criticità di un classico
modello IS-LM, che rappresenta sullo stesso piano le curve di
equilibrio tra domanda e offerta del mercato dei beni e della
moneta. Questo modello è costruito sull’ipotesi che prestiti e
debiti obbligazionari siano forme di finanziamento perfettamente
sostituibili e perciò condensate in un unico mercato, quello
obbligazionario, il cui equilibrio non viene discusso per la legge
di Walras7.
Ipotesi non verificata totalmente nella realtà: infatti mentre
le imprese più grandi possono scegliere quale modalità di
finanziamento adottare, le PMI spesso (e soprattutto nel contesto
europeo) dipendono unicamente dai prestiti bancari.
Criticando la profonda asimmetria di trattamento introdotta tra
offerta di credito e di moneta i due autori introducono un modello
a tre asset (moneta, obbligazioni e prestiti) che si può risolvere
imponendo l’equilibrio tra domanda e offerta nei tre mercati,
ottenendo come risultato i tassi d’equilibrio su prestiti (ρ) e
obbligazioni (i). Chi cerca un finanziamento si trova così a
scegliere in base alla relazione che intercorre tra i due tassi.
Andiamo quindi a vedere attraverso quali equazioni specifiche
si determina l’equilibrio nei vari mercati.
7
Il corollario della legge di Walras qui citato afferma che in un sistema economico composto da n
mercati se (n-1) mercati sono in equilibrio allora sarà in equilibrio anche l’n-esimo. Per questo nella
risoluzione dell’IS-LM è sufficiente imporre l’equilibrio simultaneo nel mercato dei beni e della
moneta, disinteressandosi di quello dei titoli obbligazionari.
2
1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL
Nel mercato del credito la domanda di prestiti avrà la seguente
forma
𝐿𝑑 = 𝐿(𝜌, 𝑖, π‘Œ)
π‘π‘œπ‘›
πœ•πΏπ‘‘
πœ•πΏπ‘‘
πœ•πΏπ‘‘
< 0,
>0 𝑒
>0
πœ•πœŒ
πœ•π‘–
πœ•π‘Œ
dove la dipendenza positiva dal PIL (Y) modella la domanda di
credito a scopo transazionale, che è determinata dalla necessità
di finanziare un livello maggiore
di scorte o da un bisogno di
liquidità emerso per stare al passo con lo sviluppo economico.
Naturalmente la domanda di credito subirà variazioni positive in
caso di aumento dei tassi obbligazionari e negative in caso di
incremento dei tassi praticati sui prestiti. L’offerta di credito
ha origine invece dal bilancio degli istituti bancari, dove le
attività (riserve R, obbligazioni B e prestiti concessi Ls) devono
eguagliare le passività (depositi D) affinché sia rispettato il
vincolo di bilancio
𝑅 + 𝐡 + 𝐿𝑠 = 𝐷
π‘π‘œπ‘› 𝑅 = π‘Ÿπ· + 𝐸
dove le riserve R sono composte da riserve obbligatorie (rD) e
libere (E). Attraverso alcuni semplici passaggi è possibile
ricavare l’equazione dell’offerta di credito
𝐿𝑠 = 𝑓(𝜌, 𝑖)𝐷(1 − π‘Ÿ)
π‘π‘œπ‘›
πœ•π‘“
πœ•π‘“
>0𝑒
<0
πœ•πœŒ
πœ•π‘–
dove f modellizza la scelta di portafoglio delle banche, che
devono
scegliere
come
allocare
la
liquidità
tra
finanziari e prestiti a seconda del profitto che ne
strumenti
possono
ottenere. L’equilibrio nel mercato del credito sarà quindi
garantito dall’equazione
𝐿𝑑 = 𝐿𝑠
𝐿(𝜌, 𝑖, π‘Œ) = 𝑓(𝜌, 𝑖)𝐷(1 − π‘Ÿ)
(1)
3
1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL
Il mercato dei beni è modellizzato attraverso la classica
relazione tra investimento e risparmio (IS)
𝐼𝑆:
π‘Œπ‘‘ = π‘Œ 𝑠
π‘Œ = π‘Œ(𝜌, 𝑖)
π‘π‘œπ‘›
πœ•π‘Œ πœ•π‘Œ
,
<0
πœ•πœŒ πœ•π‘–
(2)
Nel mercato della moneta l’offerta di depositi da parte delle
banche è generata dalle riserve detenute per il moltiplicatore
della moneta
𝐷 𝑠 = π‘š(𝑖)𝑅
π‘π‘œπ‘› π‘š(𝑖) =
1
[πœ€(𝑖)(1 − π‘Ÿ) + π‘Ÿ]
πœ•πœ€(𝑖)
<0
πœ•π‘–
πœ€(𝑖) ∈ [0,1],
dove
ε(i)
rappresenta
l’elasticità
delle
riserve
libere
rispetto al tasso i. Questo coefficiente è positivo ma decrescente
rispetto a incrementi di i, poichè modellizza il comportamento
delle banche che spostano la propria liquidità in investimenti
maggiormente remunerativi rispetto alle riserve in eccesso (che
non sono remunerate) quando i tassi di mercato crescono. La domanda
di depositi è originata dalla motivazione transazionale e assume
la forma
𝐷 𝑑 = 𝐷 𝑑 (𝑖, π‘Œ)
π‘π‘œπ‘›
πœ•π·
πœ•π·
<0𝑒
>0
πœ•π‘–
πœ•π‘Œ
(3)
Eguagliando domanda e offerta di depositi ottengo la classica
LM, che rappresenta il luogo dei punti d’equilibrio del mercato
della moneta
𝐿𝑀:
𝐷𝑑 = 𝐷 𝑠
𝐷(𝑖, 𝑦) = π‘š(𝑖)𝑅
4
1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL
L’equilibrio del mercato del credito e dei beni vengono
condensati in un’unica equazione chiamata CC (Commodities &
Credit)8, la quale mantiene le principali proprietà di una IS ma
si muove anche in seguito a variazioni di politica monetaria (R)
o shock relativi al mercato del credito.
Se prestiti e obbligazioni sono strumenti
di
finanziamento
perfettamente
sostituibili (per chi presta o chi chiede
un prestito), o se la domanda di beni è
insensibile a ρ, la CC collassa in una
classica IS poiché non c’è più
dipendenza dal mercato del credito.
Se moneta e credito sono perfetti
sostituti la LM diventa orizzontale
(trappola della liquidità). La politica
monetaria resta comunque influente
perché muove la CC.
Figura 1.1 Curve CC-LM
[Fonte: Bernanke-Blinder 1988]
Analizzando la risposta del modello a shock esogeni sulle
principali variabili d’interesse, otteniamo i seguenti risultati.
Tabella 1.1 Effetto di diversi shock sulle variabili osservabili
[Fonte: Bernanke-Blinder 1988]
8
L’equazione esplicita della CC si ottiene sostituendo (3) in (1), e successivamente il risultato in
(2). L’idea originale di rappresentare gli equilibri nel mercato dei beni e del credito con una sola
curva risale al lavoro “Money, Interest and Prices: an integration of monetary and value theory”
(1956) dell’economista israelo-americano Don Patinkin. Per il dettaglio della derivazione dei
moltiplicatori di impatto sulle varie grandezze presentati in seguito rimandiamo all’Appendice A.
5
1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL
Come mostrato in Tabella 1.1, la risposta di credito e moneta
ai diversi shock appare molto simile. Le uniche differenze di
comportamento si verificano in seguito a shock relativi alle
rispettive domande. Per questo motivo Bernanke e Blinder criticano
la storica importanza asimmetrica data ai due aggregati, invocando
maggiore attenzione nei confronti del credito.
Gli autori sollevano anche questioni importanti sull’operato di
una banca centrale che, agendo in ottica stabilizzante9, deve
scegliere se avere come grandezza obiettivo il credito o la moneta.
Al tempo della pubblicazione del modello la politica monetaria non
aveva a disposizione tutte le “armi” che si ritrova oggi in mano,
per cui l’unica variabile di policy che poteva essere utilizzata
era
l’ammontare
di
riserve
detenute
dagli
intermediari
finanziari. Modificando questa grandezza nel modello si provocano
spostamenti sia della curva di offerta di credito che di moneta.
(a)
(c)
(b)
Figura 1.2 Effetto di un aumento delle riserve bancarie (politica espansiva)
9
Partendo da una situazione iniziale di equilibrio, in seguito a uno shock esogeno che perturba il
sistema economico la banca centrale cerca di ristabilire l’equilibrio iniziale.
6
1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL
Nella Figura 1.2 viene mostrato come nel modello un aumento delle
riserve provoca uno spostamento verso destra di entrambe le curve.
Se l’effetto sul reddito è sicuramente espansivo per la somma dei
contributi di LM e CC, la variazione indotta sul tasso d’interesse
dipende dagli spostamenti relativi delle due curve, che a loro
volta dipendono dalle elasticità delle domande di credito e moneta
rispetto a variazioni del reddito Y. Lo spostamento della LM
dipende anche dall’elasticità del moltiplicatore della moneta
rispetto
al
tasso
d’interesse,
responsabile
di
variazioni
dell’offerta di depositi da parte delle banche.
Se nel caso (a) è illustrata una situazione dove le elasticità
delle domande sono simili, nel caso (b) lo spostamento della CC
prevale e nel caso (c) quello della LM. Da un punto di vista
economico il caso (b) è quello che vorremmo evitare, ovvero una
politica monetaria espansiva che provoca aumenti del tasso
d’interesse d’equilibrio. Questa situazione può essere esclusa
imponendo le condizioni:
πœ•πΏπ‘‘ πœ•π· 𝑑
≅
πœ•π‘¦
πœ•π‘¦
πœ€(𝑖) =
πœ•π‘š(𝑖)
π‘›π‘œπ‘› π‘‘π‘Ÿπ‘œπ‘π‘π‘œ π‘’π‘™π‘’π‘£π‘Žπ‘‘π‘œ
πœ•π‘–
Intuitivamente questa situazione è quella che più si avvicina alla
realtà, dove l’effetto principale della politica monetaria è dato
dall’interest rate channel (spostamento della LM) che viene
amplificato o contrastato dagli effetti di minore entità del
credit channel (spostamento della CC).
7
1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL
Andiamo ora a vedere, con l’ausilio di alcuni grafici, come
reagirebbe una banca centrale “monetarista” o “creditista” in
risposta ad alcuni shock.
Figura 1.3 Shock Espansionario IS
In seguito ad uno shock espansionario (Figura 1.3) che faccia
traslare la CC verso destra, sia credito che moneta tendono ad
aumentare. La risposta corretta stabilizzante sarà identica in
questo caso qualunque sia la grandezza da stabilizzare e quindi
entrambe le banche centrali ridurranno le riserve.
Figura 1.4 Aumento della Domanda di Moneta
8
1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL
In seguito ad un aumento della domanda di moneta (Figura 1.4)
la situazione appare differente. Infatti l’eccesso di domanda
provocherebbe
un
aumento
del
tasso
d’interesse,
stimolando
l’offerta di depositi a scapito dell’offerta di credito. Una banca
centrale monetarista cercherebbe di contenere l’espansione della
moneta indotta dalla domanda contraendo le riserve (quindi
spostando la LM a sinistra) e provocando una riduzione del PIL.
Al contrario una banca centrale “creditista” noterebbe che
l’aumento della domanda di moneta ha avuto un effetto depressivo
sul
credito
e
espanderebbe
le
riserve,
stabilizzando
così
l’economia.
Figura 1.5 Aumento della Domanda di Credito
In seguito ad un aumento della domanda di credito (Figura 1.5)
ci troveremmo in una situazione simmetricamente opposta. Per
l’eccesso di domanda si alzerebbero i tassi sui prestiti e le
banche sarebbero incentivate ad aumentare l’offerta di credito e
ridurre
quella
“creditista”
di
depositi.
ridurrebbe
destabilizzazione
del
Quindi
le
PIL,
una
riserve
mentre
una
banca
centrale
provocando
banca
centrale
“monetarista” le espanderebbe stabilizzando l’economia.
9
una
1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL
Tornando
alla
letteratura
accademica,
la
questione
della
sostituibilità delle fonti di finanziamento viene applicata anche
al sistema bancario. La tesi di imperfetta sostituibilità viene
rifiutata da Romer e Romer [1990], i quali sostengono che il
processo di deregulation e innovazione finanziaria avvenuto nel
decennio precedente ha permesso alle banche di scegliere la
modalità di funding a loro più conveniente. In risposta a una
manovra restrittiva di politica monetaria gli istituti di credito
possono cioè utilizzare strumenti finanziari senza requisiti di
riserva obbligatoria, e quindi l’offerta di credito non dovrebbe
essere influenzata dalla politica monetaria ed evolversi in
maniera indipendente da essa.
Negli USA questi non sono anni ruggenti, e dopo il Black Monday
del 1987 e il collasso di numerose Savings&Loans10 (d’ora in poi
S&L)
sul
finire
degli
anni
ottanta
giunge
la
recessione.
Nonostante il mercato finanziario abbia reagito rapidamente
recuperando le perdite di Wall Street, l’economia stenta a
riprendersi e il biennio successivo è caratterizzato da un basso
livello di attività economica e contrazione del credito.
Nel 1991, con la pubblicazione di “The Credit Crunch” ad opera
di Bernanke-Lown, il termine entra a far parte della letteratura
accademica e inizia a essere utilizzato in essa. La ricerca
contiene un’analisi dei fattori che possono aver portato alla
contrazione del credito ed apre la strada a un filone di studi che
verrà inglobato successivamente nella cosiddetta credit view.
Osservando l’andamento del credito gli autori ipotizzano una
diminuzione causata in parte dalla debolezza della domanda, tesi
supportata
dal
fatto
che
anche
le
forme
di
finanziamento
alternative al credito bancario hanno registrato nello stesso
10
Queste erano istituzioni che raccoglievano depositi e fornivano mutui e credito al consumo a
cittadini americani. Furono duramente colpite dalla stretta monetaria attuata da Volcker all’inizio
degli anni ’80 e collassarono alla fine del decennio a causa dello squilibrio tra attività (costituite da
investimenti e prestiti di lungo periodo) e passività (basate sulla raccolta di depositi a vista e
strumenti di risparmio di breve periodo).
10
1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL
periodo una diminuzione nei volumi. La causa principale viene
identificata nel peggioramento dei bilanci delle imprese, alla
quale segue una
riduzione del relativo merito di credito.
Spostando il focus dell’analisi sull’offerta di credito, vengono
identificati tra i possibili fattori determinanti la scarsa
disponibilità di fondi prestabili, l’eccessiva severità dei
regulator alla fine degli anni ‘80 e il rallentamento della
crescita delle cartolarizzazioni, ma nessuno dei tre sembra
assumere un ruolo determinante. Infatti riguardo al primo non si
notano incrementi di competizione tra le banche nel mercato del
funding11, mentre il secondo ed il terzo non appaiono di per se
come vincoli così influenti da poter “bloccare” il credito. I
movimenti di quest’ultimo appaiono invece fortemente dipendenti
da un’altra grandezza, il capitale bancario, che è direttamente
connessa con l’attività di supervisione dei regolatori e con la
possibilità di offrire prestiti da parte delle banche. Parlando
di capital crunch si descrivono quindi le perdite iscritte a
bilancio dagli istituti di credito in seguito al collasso delle
S&L e il successivo ribilanciamento obbligatorio dell’attivo, che
in ultima istanza ha causato una riduzione dell’offerta di
credito. Dopo aver verificato empiricamente su un campione ridotto
relativo alle banche del New Jersey che movimenti di capitale e
credito
sono
positivamente
correlati,
viene
sottolineata
l’importanza del credito nel determinare l’andamento economico e
richiesta una maggiore attenzione ai suoi aggregati, storicamente
considerati di minore importanza rispetto alla moneta.
11
Se così fosse, si rileverebbe una maggiore remunerazione delle possibili fonti di finanziamento,
ad esempio attraverso l’offerta di tassi più elevati sui depositi.
11
1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL
1.2 La Verifica con la Metodologia VAR
Negli
anni
successivi
alla
pubblicazione
del
modello
precedentemente presentato sono stati effettuati innumerevoli
tentativi per giustificare empiricamente l’esistenza del canale
del credito. Molte di queste analisi sono state effettuate
utilizzando la metodologia VAR, come la prima verifica empirica
operata dagli stessi autori nel 1992 per gli Stati Uniti, che qui
riproporremo rimandando all’appendice B per una breve spiegazione
riguardante la metodologia dei vettori autoregressivi.
Nelle sezioni iniziali del paper i due economisti presentano
un’analisi dettagliata del Federal Funds Rate12 (d’ora in poi FFR).
Questo tasso di mercato americano viene individuato come un
miglior predittore dell’attività economica futura rispetto agli
indicatori relativi agli aggregati monetari (M1 e M2) e, come
sostenuto
dagli
autori,
rappresenta
una
buona
proxy
per
identificare la politica monetaria attuata dalla Federal Reserve
nel corso della storia. Per provare quest’ultima affermazione
occorre dimostrare che l’evoluzione dell’FFR, fissato come tasso
di equilibrio tra domanda e offerta di riserve bancarie, dipenda
principalmente
dall’offerta
di
denaro
gestita
dalla
banca
centrale e non sia eccessivamente influenzato dalla domanda; in
realtà questo è vero, poiché la Fed è disposta a concedere
liquidità in misura illimitata al tasso FFR target stabilito,
eliminando ogni eventuale eccesso di domanda per quel tasso
prefissato. Di conseguenza l’FFR è determinato dall’offerta di
riserve sul mercato interbancario e una manovra restrittiva si
configura come una riduzione di questa offerta ed un conseguente
aumento del tasso effettivo rilevato sul mercato. Ad una riduzione
delle
riserve
disponibili,
attraverso
12
il
meccanismo
del
Il Federal Funds Rate è il tasso d’interesse di mercato con il quale le banche americano si
prestano liquidità con scadenza overnight. In realtà esistono due FFR: il Federal Funds Rate Target,
che rappresenta il tasso obiettivo per raggiungere il quale la Federal Reserve interviene sul mercato
interbancario fornendo liquidità o ritirandola, e l’Effective Federal Funds Rate, media dei tassi
realmente praticati sul mercato pesati per i volumi delle rispettive transazioni.
12
1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL
moltiplicatore monetario, segue una diminuzione dell’offerta di
depositi verso il pubblico da parte delle banche.
Estendendo infine l’ipotesi di imperfetta sostituibilità delle
fonti di finanziamento anche al settore bancario, il calo dei
depositi non può essere compensato con l’utilizzo di altri
strumenti
di
funding
senza
requisiti
di
riserva,
come
i
certificati di deposito o i money market funds. Di conseguenza si
traduce in una diminuzione del passivo e specularmente dell’attivo
bancario, visto che le due grandezze contabili devono essere
uguali.
Tuttavia la riduzione dell’attivo di bilancio non avviene in
maniera omogenea attraverso la diminuzione proporzionale di tutte
le
categorie
che
lo
compongono,
ma
appare
più
come
un
ribilanciamento di portafoglio nel quale il peso relativo delle
diverse componenti varia. E’ così che nel lending channel
descritto da Bernanke e Blinder uno shock di politica monetaria
si traduce una riduzione permanente dell’ammontare di prestiti
concessi dalle banche.
Lo scopo della nostra analisi è l’estensione della verifica
proposta dagli autori ad un arco temporale successivo, ovvero
valutare
se
questa
ricomposizione
dell’attivo
bancario
è
riscontrabile anche utilizzando dati più recenti rispetto a quelli
utilizzati nel paper originale. Per riprodurre operativamente
questo effetto, abbiamo stimato un VAR inserendo un campione di
dati statunitensi dal 1 gennaio 1959 al 31 dicembre 1978. Questa
operazione di replica è stata effettuata con l’obiettivo di
confrontare i nostri risultati con quelli ottenuti nel lavoro
originale, verificando così che le variabili che abbiamo scelto
sono comparabili con quelle utilizzate in passato.
Tra le variabili inserite (ciascuna ritardata di sei periodi
per permettere effetti cross-temporali) figurano un indicatore di
politica monetaria rappresentato dall’FFR [FEDFUNDS], il tasso di
disoccupazione [UNRATE], il logaritmo dell’inflazione e dei
13
1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL
valori assoluti deflazionati delle variabili provenienti dai
bilanci bancari (depositi [L_RDEP], titoli detenuti [L_RSEC] e
prestiti [L_RLOA])13. Per avere maggiori informazioni sui dati e
sulle
serie
storiche
utilizzate,
rimandiamo
il
lettore
all’appendice C.
Una volta stimati i coefficienti del nostro modello abbiamo
valutato
gli
effetti
di
uno
shock
di
politica
monetaria
sull’economia reale utilizzando la risposta all’impulso rispetto
ad
uno
shock
all’FFR,
che
ci
ha
permesso
di
osservare
qualitativamente gli effetti e le dinamiche provocate sulle altre
variabili.
Figura 1.6 Risposte di tasso di disoccupazione, depositi, titoli detenuti e prestiti bancari ad uno shock al
Federal Funds Rate valutate su un orizzonte di 24 mesi
(Campione: gennaio 1959 - dicembre 1978)
13
Tra parentesi quadre sono riportate le sigle associate alle relative variabili presenti nelle figure
successive, elaborate con l’utilizzo del software Eviews.
14
1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL
Figura 1.7 Risposte di tasso di disoccupazione, depositi, titoli detenuti e prestiti bancari ad uno shock al
Federal Funds Rate valutate su un orizzonte di 24 mesi
(Campione: gennaio 1959 - dicembre 1978)
[Fonte: “The Federal Funds Rate and The Channels of Monetary Transmission”, Bernanke e Blinder (1992)]
Confrontando la Figura 1.6 con la Figura 1.7 (le nostre risposte
con quelle originali) possiamo verificare che i risultati sono
coerenti con ciò che ci aspettavamo, a meno di un’unica differenza
riscontrata: nella nostra analisi in seguito ad un aumento
dell’FFR la riduzione che interessa i depositi inizia al momento
dello shock e raggiunge l’apice intorno al nono mese per poi
svanire intorno al ventiduesimo mese, mentre nel lavoro originale
la
diminuzione
si
configura
come
permanente
al
termine
dell’orizzonte temporale di osservazione. Per quanto riguarda le
variabili dell’attivo bancario notiamo che la dinamica dei titoli
detenuti
è
qualitativamente
simile
a
quella
dei
depositi:
diminuzione iniziale, picco intorno ai nove mesi e progressiva
ricostituzione del livello iniziale. Al contrario la riduzione dei
prestiti inizia con qualche periodo di ritardo (quarto/quinto
mese) ma risulta permanente. Per avere un feedback degli effetti
15
1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL
sull’economia reale osserviamo anche l’andamento del tasso di
disoccupazione: inizia a crescere stabilmente dopo circa 5 mesi
dallo shock e si stabilizza ad un livello superiore rispetto a
quello iniziale, mostrando una dinamica speculare rispetto ai
prestiti. Osservando le risposte ottenute, possiamo interpretare
economicamente il ritardo con cui inizia la diminuzione dei
prestiti ricordando la loro natura contrattuale, poiché al
contrario dei titoli detenuti non è permessa una vendita immediata
ma
esiste
l’obbligo
di
rispettare
le
scadenze
temporali
specificate nel contratto. Possiamo anche osservare che se
obbligazioni e prestiti fossero perfetti sostituti per le imprese
non assisteremmo a un ribilanciamento di portafoglio (asset
management), ma ad una riduzione proporzionale delle due voci di
bilancio. La cosa più importante da notare è che l’unica variabile
proveniente dai bilanci bancari la cui dinamica appare correlata
con gli effetti sull’economia reale è proprio il totale dei
crediti: infatti il tasso di disoccupazione inizia ad aumentare
proprio in corrispondenza dei periodi in cui i prestiti iniziano
a diminuire e la variazione per le due variabili non è temporanea
ma permanente al termine dei 24 mesi. Questo dimostra e giustifica
l’importanza attribuita al credito bancario come determinante
dello sviluppo economico in quegli anni.
Come ribadiremo anche nei capitoli successivi, il meccanismo di
trasmissione della politica monetaria è un processo evolutivo che
al giorno d’oggi non è ancora terminato ed stato oggetto di
numerosi cambiamenti nel corso dell’ultimo ventennio, soprattutto
causati
dalla
deregulation
e
dallo
sviluppo
dei
mercati
finanziari. Andiamo quindi a valutare se esistono differenze
rispetto al passato nelle possibili risposte del sistema economico
attuale ad uno shock monetario. Per questo proposito utilizziamo
un VAR stimato con le stesse variabili sopra citate, il cui
campione questa volta si estende dal 1 gennaio 1984 al 31 dicembre
2012.
16
1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL
Figura 1.8 Risposte di tasso di disoccupazione, depositi, titoli detenuti e prestiti bancari ad uno shock al
Federal Funds Rate valutate su un orizzonte di 24 mesi
(Campione: gennaio 1984 - dicembre 2012)
Come possiamo vedere dalla Figura 1.8, stimando lo stesso VAR
su due periodi temporali diversi otteniamo coefficienti e risposte
all’impulso differenti, poiché si sono modificati i meccanismi di
interazione tra le diverse variabili. Osservando i depositi,
notiamo che da punto di vista qualitativo la reazione ad uno shock
all’FFR non cambia: diminuzione iniziale, picco intorno ai nove
mesi e progressivo ritorno verso il livello originale; l’unica
differenza consiste nell’entità della riduzione, leggermente
superiore rispetto al primo VAR stimato. Le variabili appartenenti
all’attivo bancario presentano invece una dinamica differente
rispetto a quella descritta in precedenza: questa volta sono i
titoli detenuti a essere oggetto di una diminuzione che parte sin
dall’inizio, mentre i prestiti iniziano ad aumentare con qualche
periodo di ritardo sempre a causa della loro natura contrattuale;
17
1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL
entrambe le variazioni si caratterizzano però come permanenti.
L’unica variabile reale, ovvero il tasso di disoccupazione,
presenta
invece
una
riduzione
temporanea
che
sfuma
progressivamente spostandoci verso la fine dei 24 mesi di
osservazione. E’ interessante notare che il canale del credito non
appare attivo in questo periodo temporale, visto che i prestiti
verso l’economia non si riducono ma aumentano in seguito ad uno
shock derivante da una manovra restrittiva.
Riassumendo i risultati della seconda stima VAR fino ad ora
presentati, in seguito ad uno shock di politica monetaria il
settore bancario reagisce con un ribilanciamento permanente del
proprio portafoglio di attività in favore dei prestiti, riducendo
la quota di titoli detenuti. Anche se il lending channel non è
attivo
secondo
le
modalità
descritte
nella
formulazione
originale, variazioni del credito sono accompagnate da movimenti
opposti nel tasso di disoccupazione, come nel primo VAR stimato;
anche se è cambiato il meccanismo di trasmissione della politica
monetaria, l’importante legame positivo esistente tra l’aumento
dei prestiti concessi e l’incremento dell’occupazione è ancora
attivo. Anche se sono cambiate le modalità di propagazione di shock
di politica monetaria, non è cambiata l’importanza del credito
come determinante dello sviluppo economico.
Ma come spiegare il cambiamento rilevato nelle risposte allo
shock di prestiti e titoli detenuti?
Per dare una risposta a questa domanda dobbiamo considerare gli
sviluppi più recenti della letteratura sul canale del credito,
secondo i quali la politica monetaria attuata influisce sul
comportamento e sulle scelte di business delle banche. Secondo
Florio e Nardozzi [2012], gli istituti di credito sono più
incentivati
a
prestare
denaro
all’economia
in
un
ambiente
caratterizzato da tassi d’interesse relativamente elevati, mentre
quando questi ultimi sono prossimi allo zero alle banche conviene
di più investire in titoli finanziari. Questo accade perché tassi
18
1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL
d’interesse elevati, solitamente associati ad un periodo di boom
economico, permettono di ottenere profitti maggiori per quanto
riguarda
il
margine
d’interesse14.
Al
contrario
in
periodi
caratterizzati da una politica monetaria molto espansiva e tassi
bassi, solitamente associati a momenti di difficoltà economica,
le banche preferiscono investire in titoli finanziari e generare
profitti da trading invece che prestare denaro alle imprese.
Infatti con il peggiorare delle condizioni economiche aumenta
l’incertezza e con essa la probabilità di incorrere nel default
di una o più controparti o in un aumento delle sofferenze rilevate.
Questo rende molto più rischiosa e meno redditizia l’attività di
concessione del credito, incentivando le banche a ricercare
alternative dove il profitto possa essere monetizzato in tempi più
ridotti e dove il calcolo del rischio verso cui si è esposti non
debba comportare un monitoraggio continuo della controparte, come
è necessario fare quando si concede un prestito.
1.3 Gli Sviluppi della Credit View
Dopo il lavoro iniziale di Bernanke e Blinder, durante gli anni
’90 si sviluppa una florida letteratura, soprattutto di natura
empirica ma non solo, volta ad confermare ed ampliare il framework
di riferimento che verrà successivamente identificato come credit
view. Nel prossimo paragrafo verrà presentata una panoramica dei
principali lavori pubblicati a riguardo.
1414
Ipotizziamo che il tasso d’interesse fissato dalla BCE sia il 6%, che rappresenta anche il costo di
finanziamento per la nostra banca. Ad una generica impresa che richiede un prestito viene caricato
un margine ulteriore, ad esempio del 30% rispetto al costo di raccolta; tale impresa si troverà a
pagare un tasso vicino all’8%, con il margine d’interesse della banca intoro al 2%. In una situazione
dove i tassi d’interesse della BCE sono all’1%, caricando un margine proporzionalmente identico
all’impresa verrà richiesto un tasso dell’1,30%, con un margine d’interesse per la banca dello 0.3%.
Anche se la situazione è estremizzata, in un’ambiente dove i tassi di riferimento sono alti c’è
maggiore spazio di manovra nella fissazione del margine d’interesse da parte delle banche.
19
1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL
Kashyap-Stein-Wilcox [1993] offrono un importante contributo
definendo due condizioni necessarie affinché sia attivo il credit
channel: devono esistere frizioni nel funding sia per le banche
che per le imprese, dovute alla non perfetta sostituibilità delle
forme di finanziamento. Queste imperfezioni vengono rilevate
osservando che in seguito a manovre di politica monetaria
restrittiva si assiste a variazioni nel mix di finanziamento delle
imprese, che cercano strumenti alternativi ai prestiti bancari.
Esiste perciò un meccanismo diverso rispetto al classico interest
rate channel, attraverso il quale le decisioni prese dalla banca
centrale vengono trasmesse all’economia reale attraverso gli
intermediari finanziari. Un ulteriore punto importante è il
tentativo di risoluzione del problema d’identificazione già
presentato da Bernanke e Blinder. Infatti attraverso l’utilizzo
di modelli econometrici è possibile stimare la relazione fra
diverse variabili ma risulta più complicato determinare la
direzione causale della stessa relazione. Nel caso specifico
risultava difficile capire se fosse il ciclo economico negativo
a deprimere la domanda di credito o la riduzione dell’offerta di
credito a peggiorare l’andamento dell’economia. KSW argomentano
che se la diminuzione del credito fosse imputabile alla recessione
economica che colpisce le imprese, ovvero a un problema di domanda,
anche le forme di finanziamento alternative dovrebbero registrare
un andamento simile. Invece utilizzando dati USA tra il 1964 e il
1989 provenienti dalla banca dati della Federal Reserve viene
mostrato come in seguito a restrizioni monetarie si verifichi un
aumento delle emissioni di commercial paper da parte delle
imprese.
In
dell’offerta
pratica
di
queste
credito
ultime
bancaria
reagiscono
cercando
a
altre
riduzioni
fonti
di
finanziamento, ma un mix differente porta con se una modifica degli
investimenti
e
quindi
effetti
sull’economia reale.
20
sulla
domanda
aggregata
e
1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL
Sempre Kashyap e Stein [1994], dopo aver pubblicato una review
sulla letteratura sviluppatasi ed essersi interrogati sulle
ipotesi microfondanti del modello di Bernanke-Blinder, seguono le
indicazioni proposte da Oliner-Rudebusch [1993] e abbandonano la
dimensione aggregata per cercare differenze nel comportamento
delle
banche
attraverso
un’analisi
cross-sectional
che
le
suddivide in gruppi a seconda della dimensione. Per testare le
proprie idee gli autori elaborano un modello analitico di
equilibrio parziale15 a due periodi che descrive il comportamento
delle banche attraverso la massimizzazione del profitto nella
gestione del portafoglio di attività e passività. Il modello viene
risolto per backward induction e vengono ricavate due proposizioni
testabili empiricamente: in seguito ad uno shock che riduca
l’ammontare dei depositi, rispetto alle grandi banche le piccole
banche mostrano una riduzione più rapida dei prestiti totali
concessi e più lenta dei titoli finanziari detenuti. La logica
sottostante ci dice che per le piccole banche è più difficile
trovare fonti di finanziamento alternative ai depositi, perciò in
seguito a uno shock che riduca il passivo sono costrette a
controbilanciare
diminuendo
l’attivo
e
quindi
i
prestiti
concessi. La difficoltà nel reperire finanziamenti esterni fa sì
che le piccole banche non vogliano ridurre i titoli detenuti,
poiché grazie alla loro relativa liquidità rispetto ai prestiti
possono essere utilizzati per cautelarsi di fronte a shock o
necessità
future.
I
risultati
ottenuti
utilizzando
i
Call
Reports16 dal 1976 al 1992 confermano l’idea che il credit channel
sia più influente ad attivo nel caso di piccole banche, meno abili
o
impossibilitate
nel
diversificare
le
proprie
fonti
di
finanziamento.
15
Viene cioè posto il focus solo sul settore bancario e grandezze di mercato (come potrebbe
essere il tasso sui buoni del tesoro americano) sono considerate input esogeni.
16
I Call Reports sono documenti che ogni banca americana assicurata dalla FDIC doveva
consegnare trimestralmente, con informazioni sullo stato del proprio bilancio a scopo di
regolamentazione.
21
1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL
Il contributo successivo di maggiore importanza giunge da
Bernanke e Gertler [1995], i quali espongono l’applicazione al
canale creditizio del financial accelerator. Quest’ultimo è un
meccanismo per mezzo del quale lo stato finanziario attuale di
un’impresa condiziona le sue scelte d’investimento, le quali
impattano sulle performance future. Infatti è attraverso la
situazione
finanziaria
attuale
che
si
determina
l’external
finance premium, ovvero il premio per il rischio che sommato al
tasso risk-free forma il tasso d’interesse che un’impresa deve
sostenere per finanziarsi con capitale di debito. Gli autori
giungono a queste conclusioni osservando che in realtà gli effetti
della politica monetaria non svaniscono nel lungo periodo come
previsto dalla visione neoclassica a causa dell’aggiustamento dei
prezzi, ma provocano variazioni permanenti sul livello dei prezzi
e soprattutto sul PIL. Utilizzando un VAR viene mostrato come a
una
manovra
restrittiva
seguono
numerose
fluttuazioni
di
variabili reali non direttamente collegate al tasso d’interesse
di breve periodo ma che appaiono influenzate dagli andamenti
dell’external finance premium (d’ora in poi EFP).
Per le imprese l’EFP è determinato dalla rischiosità a loro
attribuita dal mercato e dai collaterali che possono offrire a
garanzie del prestito che richiedono. La politica monetaria può
avere effetti diretti e indiretti proprio su queste garanzie
appartenenti alle imprese attraverso il balance sheet channel.
Nel caso delle banche questi collaterali sono costituiti quasi
unicamente da obbligazioni, il cui valore è sensibile alla
variazione dei tassi di mercato. Nel caso delle imprese tassi
d’interesse maggiori possono incrementare gli interessi passivi
relativi a prestiti a tasso variabile accesi in passato, e quindi
provocare
un
peggioramento
del
conto
economico
e
della
redditività. A questo effetto si va a sommare quello del bank
lending channel già descritto dalla letteratura degli anni
precedenti,
ovvero
attraverso
la
riduzione
dell’offerta
di
credito disponibile per le imprese. La grande importanza di questo
22
1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL
lavoro risiede soprattutto nel focus posto sulle implicazioni che
si vengono a formare tra scelte di politica monetaria e variabili
appartenenti all’economia reale, che spingono verso un’analisi
più esaustiva degli effetti con cui una decisione attuale si
ripercuote sui periodi futuri.
Prove successive dell’esistenza e dell’eterogeneità del bank
lending channel, intesa come differenza delle risposte dei singoli
istituti al medesimo shock di politica monetaria, vengono fornite
da uno studio empirico di Kashyap-Stein [1997]. Gli autori
abbandonano la dimensione aggregata per valutare se alcune
caratteristiche
specifiche
del
singolo
istituto
di
credito
possono condizionarne la risposta a shock di politica monetaria.
Costruendo una regressione a due stadi su un dataset contenente
più di un milione di osservazioni trimestrali sulle banche
commerciali
americane
statisticamente
gli
significativi
autori
e
trovano
robusti.
risultati
Interpretando
i
coefficienti ottenuti si spiega come il canale del credito sia più
influente in banche di dimensioni ridotte e dotate di attivi poco
liquidi17.
Intorno agli anni 2000 la conduzione della politica monetaria
mondiale cambia approccio e si diffonde l’inflation targeting: le
banche centrali hanno un obiettivo principale costituito da un
tasso target per l’inflazione (solitamente attorno al 2%) e
fissano il tasso d’interesse di breve periodo a seconda dello
scostamento
dell’inflazione
rilevata
rispetto
al
livello
obiettivo18. Questo tipo di gestione della politica monetaria fu
introdotto
inizialmente
nel
1990
dalla
banca
centrale
neozelandese, alla quale fecero seguito nel 1991 quelle cilena e
17
Per comprendere meglio l’importanza di questo effetto sul PIL bisogna ricordare che la
categoria “piccole banche” a cui gli autori fanno riferimento è costituita dal 95% inferiore della
distribuzione del totale delle banche americane che detiene all’incirca il 25% dell’attivo totale del
settore bancario.
18
Se l’inflazione rilevata è superiore all’obiettivo si procederà con un innalzamento dei tassi
d’interesse di breve periodo, viceversa altrimenti; a questo approccio “lean against the wind” sono
state attribuite proprietà stabilizzanti per l’economia.
23
1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL
canadese. Tra i principali vantaggi attribuiti a questo approccio
possiamo citare la trasparenza e la prevedibilità delle mosse
della banca centrale, visto che ogni investitore può prevedere le
variazioni che saranno applicate nel prossimo futuro al tasso di
breve periodo confrontando il livello attuale dell’inflazione con
l’obiettivo dichiarato dalla stessa banca centrale; tra gli
svantaggi citiamo una ridotta flessibilità nella possibilità di
stimolare l’attività economica, motivazione principale per cui
alcune banche centrali hanno abbandonato regole di inflation
targeting puro nel periodo successivo alla crisi del 200819.
Con la diffusione di questo nuovo approccio la modifica del
coefficiente
di
riserva
obbligatorio
diventa
obsoleta
come
manovra di politica monetaria. Lo scopo originale di questo tipo
di operazioni era il controllo della crescita degli aggregati
monetari, che in passato era direttamente connessa alla crescita
economica. Dagli anni ‘80 in avanti a causa dell’innovazione
finanziaria questo legame s’indebolisce e diventa sempre più
difficile riuscire a controllare l’evoluzione di ciò che viene
considerato come moneta. Nel nuovo millennio le banche centrali
scelgono come principale strumento d’azione la fissazione del
tasso d’interesse di breve periodo, attraverso la modifica del
quale riescono a ottenere gli effetti di una politica monetaria
espansiva o restrittiva pur senza avere il controllo reale della
quantità di moneta presente nel sistema.
Il settore finanziario è protagonista in poco tempo di rapidi
e numerosi cambiamenti. Le distinzioni tra banche commerciali e
banche d’affari, presenti da ben più di mezzo secolo, vengono
abolite in quasi tutto il mondo. Il mercato del funding si è
notevolmente ampliato e offre varie tipologie di passività che non
19
Ad esempio la Federal Reserve all’inizio del 2012 per la prima volta annuncia di avere come
obiettivo un tasso d’inflazione del 2%, pur non avendo mai esplicitamente dichiarato di seguire un
approccio di inflation targeting. Ed infatti a dicembre dello stesso anno annuncia anche che i tassi
d’interesse verranno mantenuti agli attuali minimi storici fino all’arrivo della ripresa economica e ad
una riduzione del tasso di disoccupazione fino al 6.5%.
24
1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL
richiedono requisiti di riserva e per concedere un nuovo prestito
le banche non devono far altro che riuscire a reperire nuovi
capitali
nel
mercato
interbancario.
Il
legame
individuato
originalmente, attraverso il quale la politica monetaria aveva
effetti
diretti
sull’offerta
di
credito
delle
banche,
va
lentamente dissolvendosi, mentre l’attenzione viene posta su
nuovi meccanismi di trasmissione all’economia reale.
Un nuovo contributo è offerto da Van den Heuvel [2002;2005],
prima con un articolo e successivamente con un paper contenente
un modello formalizzato. Secondo l’economista del Federal Reserve
Board, il “vecchio” bank lending channel deve essere sostituito
nelle nuove analisi dal bank capital channel, meccanismo di
trasmissione derivante da imperfezioni nel mercato dell’equity
bancaria. Infatti se ormai è relativamente semplice trovare
capitali sul mercato per finanziare un nuovo prestito, non lo è
ugualmente effettuare un aumento di capitale soprattutto se ci si
trova
in
una
fase
recessiva
del
ciclo
economico.
Il focus è posto sul capitale bancario detenuto dagli istituti,
che funziona sia da requisito da rispettare imposto dai regolatori
che da garanzia per ottenere nuovi finanziamenti nel mercato
interbancario.
Banche
con
livelli
differenti
di
capitale
subiranno in maniera diversa gli effetti di uno shock esterno; di
conseguenza le loro risposte e quindi gli effetti sul sistema con
cui interagiscono saranno eterogenei. Introducendo un modello
rigoroso
l’economista
mostra
come
gli
effetti
del
canale
creditizio dipendano più dalla distribuzione dell’equity nel
sistema di riferimento che dalla capitalizzazione della singola
banca, ovvero più da una dimensione “relativa” che assoluta. Il
lending channel è quindi presente e influente su banche poco
capitalizzate e con un valore di mercato del patrimonio netto
piuttosto basso rispetto ai valori di libro, inserite in un settore
bancario generalmente ben capitalizzato. In un contesto del genere
per gli intermediari rispettare i requisiti imposti dal regolatore
diventa una priorità per ridurre il premio per il rischio pagato
25
1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL
per finanziarsi. Così vengono ridotti i prestiti concessi e gli
sforzi
sono
concentrati
sul
rafforzamento
della
situazione
patrimoniale, con un conseguente danno per le imprese che
necessitano fondi per finanziare i propri investimenti.
1.4 La “Credit View” e l’Italia
L’Italia è una nazione in cui tradizionalmente le imprese si sono
finanziate attraverso il credito bancario, dove solo poche grandi
imprese hanno avuto accesso al mercato dei capitali. Appare cioè
come un ottimo target per testare le prime elaborazioni della
credit view, come confermato da Kashyap-Stein [1997] e Cecchetti
[1999] che reputano l’Italia come la nazione più esposta tra quelle
europee ai possibili effetti del canale creditizio.
I primi tentativi di verifica empirica della teoria applicata
al
caso
italiano
Buttiglione-Ferri
con
dati
[1994]
e
aggregati
sono
Bagliano-Favero
pubblicati
[1995],
i
da
quali
riprendendo Kashyap-Stein-Wilcox [1993] mostrano come in seguito
a una restrizione monetaria si verifichi un aumento dello spread
tra tassi sui prestiti e interessi sui titoli governativi, con
conseguente riduzione del credito. Questo è dovuto alla dipendenza
dal credito bancario delle imprese italiane, le quali in seguito
ad una riduzione dell’offerta sono costrette a pagare tassi
superiori pur di ottenere il finanziamento.
Conigliani, Ferri e Generale [1997] riescono ad attribuire
riduzioni
del
credito
totale
a
restrizioni
dell’offerta
analizzando le modalità di concessione delle linee di credito.
Infatti in Italia il mancato utilizzo di una linea di credito in
precedenza accordata non comporta alcun costo; per questo il
debitore sarà sempre incentivato a chiedere credito in misura
maggiore e mai inferiore rispetto a quanto è disposta a concedere
la banca. Di conseguenza eventuali diminuzioni dell’ammontare di
26
1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL
prestiti concesso sono riconducibili solamente a decisioni degli
istituti di credito e identificano univocamente una restrizione
dell’offerta di credito.
Gambacorta
e
Chiades
[2000]
propongono
invece
un’analisi
approfondita del funzionamento dei meccanismi di trasmissione
della politica monetaria in Italia nel periodo 1984-1998. Per far
ciò viene proposta un’estensione del modello originale di Bernanke
e Blinder al caso di un’economia aperta in regime di cambi fissi.
Infatti se gli USA possono essere considerati un’economia chiusa
essendo il sistema economico più grande al mondo, per una nazione
come
l’Italia,
caratterizzata
da
dimensioni
ridotte
e
commerciante con paesi limitrofi di dimensioni comparabili,
appare più sensato effettuare uno studio considerando anche le
interazioni con l’estero. Nella prima parte della pubblicazione
gli autori, introducendo il canale del credito in un’economia
aperta,
riescono
ad
ottenere
risultati
differenti
dall’inefficacia della politica monetaria in un regime di cambi
fissi dimostrata da Mundell. Viene infatti mostrato come la
maggiore entità degli effetti del canale creditizio comporti la
possibilità
di
sfruttare
margini
di
manovra
più
ampi
per
raggiungere gli obiettivi di reddito e livello dei prezzi fissati
dalla politica interna. Nella seconda parte della pubblicazione
gli autori testano il modello formulato sui dati italiani
attraverso
l’utilizzo
di
un
VAR
strutturale.
I
risultati
confermano la neutralità della politica monetaria nel lungo
periodo, visto che gli effetti sull’output scompaiono a tre anni
dallo shock iniziale che provoca in ultima istanza solo una
variazione dei prezzi. Per concludere gli autori giustificano la
relativa efficacia delle politica monetaria italiana nel cercare
di raggiungere obiettivi interni in un regime di cambi semi-fissi
sottolineando la dipendenza finanziaria delle imprese italiane
dal credito bancario e l’elevata elasticità dell’offerta di
prestiti
rispetto
ai
depositi,
27
situazione
illustrata
in
1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL
precedenze durante l’esposizione del modello di Bernanke e
Blinder.
Tra i primi a testare la teoria utilizzando dati specifici
provenienti
dai
bilanci
bancari
e
sfruttando
tecniche
econometriche basate sui VAR c’è Gambacorta [2001], il quale
mostra che nel nostro paese è attivo il canale creditizio. I
risultati ottenuti dai dati empirici rifiutano l’ipotesi iniziale
di Kashyap-Stein secondo la quale in seguito a un aumento dei tassi
da parte della BCE dovrebbero soffrire di più le piccole banche,
poiché in Italia le BCC appaiono mediamente sovracapitalizzate e
dotate di un buon buffer di liquidità, e per questo “insulate” da
possibili
shock
derivanti
dalla
politica
monetaria.
Infatti, grazie anche alla rapporto relazionale che spesso si
instaura tra banche e imprese (che descriveremo successivamente),
ai prestiti viene attribuita un’importanza strategica rispetto ad
altre attività
e in caso di difficoltà vengono dismessi prima
altri asset dotati di maggiore liquidità e più facilmente
ricostituibili in futuro come i titoli finanziari.
Sempre Gambacorta, questa volta insieme a Mistrulli, seguendo
gli spunti di Van den Heuvel e applicandoli al caso italiano, nel
2003 analizza più specificatamente il ruolo del capitale bancario
nel determinare il comportamento delle banche nell’attività
creditizia. Utilizzando un modello econometrico e un dataset con
dati quadrimestrali dal 1992 al 2001 sulla totalità degli istituti
di
credito
italiani
e
trova
la
conferma
che
banche
ben
capitalizzate sono meno esposte agli influssi della politica
monetaria e possono assorbire meglio shock esogeni al PIL. Inoltre
il “bank capital channel” appare più attivo nel caso delle BCC,
che spesso si trovano con dei mismatch di duration fra attività
e passività, poiché raccolgono a breve e prestano a medio/lungo
termine.
28
2.LA RIVISITAZIONE DEL CREDIT CHANNEL
Capitolo 2
LA RIVISITAZIONE DEL CREDIT
CHANNEL
Il
meccanismo
di
funzionamento
del
credit
channel
viene
riformulato da Ben Bernanke [2007], in un discorso che tiene ad
Atlanta in veste di Presidente della Federal Reserve. Il ruolo
sempre più pervasivo dei mercati ed il loro enorme sviluppo vengono
introdotti
nella
teoria
attraverso
una
generalizzazione
dell’acceleratore finanziario introdotto ben più di dieci anni
prima dallo stesso Bernanke. Nella testimonianza viene ribadito
che shock temporanei all’economia reale possono avere effetti in
periodi successivi, in quanto agiscono sui cash flow e sui bilanci
delle imprese modificando il premio per il rischio che pagano per
finanziarsi.
In questo nuovo contesto il problema di generare
credito per le banche può essere paragonato all’effettuare un
investimento da parte un’impresa, visto che entrambe hanno la
necessità di reperire finanziamenti sul mercato. Di conseguenza
proprio come accade ad un’impresa, se una banca subisce uno shock
esterno che riduce il suo merito di credito sarà costretta quindi
a pagare un premio per il rischio maggiore per trovare nuovi fondi,
così elevato che potrebbe rendere poco profittevole e inappetibile
l’attività del credito. Ma la caratteristica specifica delle
banche risiede proprio nell’attività di concessione del credito,
elemento che permette siano considerate imprese “speciali”; la
chiave
della
loro
diversità
risiede
nel
fatto
che
i
loro
investimenti finanziari (i prestiti) permettono la realizzazione
della maggior parte degli investimenti reali dell’economia. Per
questo Bernanke sottolinea l’importanza di avere un sistema
finanziario
in
buona
salute,
perché
29
difficoltà
relative
a
2.LA RIVISITAZIONE DEL CREDIT CHANNEL
quest’ultimo
possono
condizionare
lo
sviluppo
dell’intera
economia reale. Come è stato dimostrato dalla crisi del 2008, i
problemi del settore finanziario possono facilmente diffondersi
nel resto del sistema economico e causare recessioni molto più
estese e pericolose perché impattano sull’occupazione e sul
benessere delle nazioni.
Tra i contributi più interessanti degli ultimi anni figura
certamente la teoria proposta da Borio e Zhu [2008], dove viene
proposto un nuovo framework di riferimento per l’analisi della
trasmissione della politica monetaria. Per far ciò gli autori
utilizzano
un
approccio
eclettico
costruito
con
elementi
provenienti dall’economia monetaria, dal risk management e dalla
finanza
comportamentale.
Dopo
aver
brevemente
ripercorso
l’evoluzione del credit channel (partendo dalla disputa iniziale
sulla sostituibilità delle fonti di finanziamento, passando per
il balance sheet channel di Bernanke [1995] e arrivando alla teoria
del bank capital channel proposta nei primi anni 2000) gli autori
si soffermano sulle conseguenza che possono insorgere in seguito
alla modifica dei requisiti minimi di capitale sul comportamento
delle banche. Vengono individuati due effetti distinti:
ο‚·
il capital threshold effect è rappresentato dai costi che una
banca deve sopportare quando si trova vicino o non rispetta
la soglia dei requisiti minimi di capitale imposti dalle
autorità; l’entità di questo effetto non è costante ma varia
a seconda della turbolenza del mercato e del capitale
detenuto dalle banche
al di sopra del livello
minimo
richiesto20.
20
Gli autori paragonano il variare di questi costi al valore di un’opzione call che cambia a seconda
della differenza tra lo strike price e il prezzo del sottostante e della volatilità del mercato. L’opzione
costa poco quando è out of the money, ma il suo valore cresce con la volatilità e all’avvicinarsi del
prezzo di mercato al prezzo di esercizio (paragonabile alla riduzione del capitale in eccesso detenuto
dalle banche).
30
2.LA RIVISITAZIONE DEL CREDIT CHANNEL
ο‚·
il capital framework effect è riferito all’influenza del
contesto regolamentare in cui le banche operano sulla
percezione e gestione dei rischi che assumono; questo effetto
opera attraverso la modifica dei modelli interni utilizzati
per la valutazione del rischio.
Entrambi gli effetti appaiono caratterizzati da una forte
prociclicità, visto che i rischi tendono ad essere sottostimati
in momenti di boom e sovrastimati in momenti di recessione. Se il
primo effetto è in sostanza una riformulazione del bank capital
channel,
il
secondo
sfrutta
concetti
provenienti
dalla
behavioural finance per identificare la connessione fra politica
monetaria e comportamento degli intermediari. Ed è proprio in
questo legame che viene identificato il risk-taking channel,
inteso come l’impatto che la variazione dei tassi ufficiali può
avere sulla tolleranza al rischio delle banche e sulla loro
percezione della rischiosità connessa con l’attività creditizia.
La teoria proposta trova un’immediata opportunità di applicazione
proprio nella crisi del 2008: il boom economico degli anni
precedenti
unito
ad
una
politica
monetaria
indulgente
nei
confronti della bolla che andava formandosi tra il 2004 e il 2007
ha portato le banche ad indebitarsi facendo leverage e ad assumere
rischi eccessivi; l’esplosione della stessa bolla tra il 2007 e
il 2008 e il crollo dei prezzi di molte attività finanziarie hanno
causato il fallimento di numerose istituzioni che non erano
preparate a gestire uno scenario caratterizzato da perdite così
ingenti. Proprio riferendosi agli avvenimenti degli ultimi anni,
gli autori spiegano la compressione dei premi per il rischio e
l’allentamento degli standard creditizi nei momenti precedenti al
picco della bolla per mezzo di due limitazioni riscontrabili
nell’essere
umano:
la
prima
risiede
negli
incentivi
all’assunzione di nuovi rischi e deriva dal fatto che una scelta
individualmente razionale non necessariamente porta a conseguenze
aggregate benefiche e risultati positivi; la seconda limitazione
31
2.LA RIVISITAZIONE DEL CREDIT CHANNEL
risiede nella scarsa capacità di monitorare l’evoluzione della
percezione del rischio lungo la dimensione temporale, per la quale
è già troppo tardi quando ci si accorge di aver assunto rischi
eccessivi. Sono proprio queste limitazioni a dare origine a cicli
caratterizzati da una rapida crescita dei prezzi e da un successivo
crollo (boom/bust cycles), che si verificano spesso nella realtà
ma
che
risultano
difficilmente
prevedibili.
Proprio
per
modellizzare e gestire queste situazioni le banche centrali
dovrebbero
considerare
maggiormente
il
fattore
rischio
e
inserirlo nelle funzioni di reazione in base alle quali vengono
stabiliti i tassi d’interesse relativi alla politica monetaria.
La riformulazione ufficiale analitica della teoria del credit
channel viene pubblicata da Disyatat [2010] in un paper dove sono
sintetizzate tutte le principali modifiche e innovazioni:
ο‚·
La
politica
monetaria
non
influisce
più
direttamente
sull’offerta di credito, ma sulla salute e sul comportamento degli
intermediari finanziari, oltre che sul loro premio per il rischio.
ο‚·
Sono assenti vincoli quantitativi all’offerta di credito,
se sono soddisfatti i requisiti di capitale; ciò significa che una
banca può concedere un nuovo prestito ogni volta che riesce a
reperire sul mercato dei nuovi capitali.
ο‚·
Se il finanziamento avviene principalmente attraverso il
mercato, l’effetto del bank lending channel è superiore poiché gli
intermediari sono più esposti al rischio di peggioramento delle
condizioni del mercato stesso.
Utilizzando un modello a tre attori (imprese, famiglie e banche)
l’autore formalizza il legame fra banche e imprese facendo
dipendere il costo dei finanziamenti di quest’ultime dallo stato
di salute del sistema finanziario, che può subire variazioni
causate dall’impatto della politica monetaria. Seguendo questo
32
2.LA RIVISITAZIONE DEL CREDIT CHANNEL
schema, quando le banche centrali effettuano manovre restrittive
aumenta il tasso richiesto alle imprese sui prestiti, e di
conseguenza si riduce la domanda di credito di queste ultime.
Risulta di centrale importanza il ruolo del capitale bancario, che
qui viene interpretato come un “salvagente” che permette di
attutire
le
perdite
per
i
depositanti
in
caso
di
mancata
restituzione dei prestiti concessi alle imprese. Il legame fra
politica monetaria e banche viene specificato in due situazioni
già descritte dalla letteratura degli anni precedenti: la prima
è relativa al balance sheet channel descritto da Bernanke, ovvero
all’impatto
che
possono
provocare
variazioni
del
capitale
bancario sulle condizioni di finanziamento delle stesse banche,
mentre
la
seconda
riproduce
il
risk-taking
channel
precedentemente descritto e quindi l’effetto della politica
monetaria sulla percezione del rischio delle banche. In questo
nuovo contesto il comportamento degli intermediari in caso di uno
shock esogeno non è omogeneo, una banca può attutire o amplificare
la trasmissione dello shock all’economia a seconda del proprio
stato di “salute” e del livello di capitale che detiene.
Questi concetti vengono ripresi in un contributo più recente da
Gambacorta e Ibañez [2011], i quali ribadiscono come il meccanismo
di
trasmissione
della
politica
monetaria
sia
in
continua
evoluzione e come la crisi del 2008 abbia accelerato questi
cambiamenti. Oltre a sottolineare l’importanza del capitale
bancario nel determinare l’influenza del canale creditizio, gli
autori analizzano elementi specifici del singolo intermediario
(non considerati dalla teoria tradizionale) per spiegare questa
evoluzione. Ad esempio il raddoppio della ricchezza gestita da
investitori istituzionali nel decennio precedente la crisi ha
favorito le banche nel ricorso sempre più frequente al mercato
obbligazionario per finanziarsi. Se da un lato questo le ha rese
più indipendenti rispetto alla politica monetaria, dall’altro le
ha esposte in maniera molto maggiore agli andamenti del mercato
33
2.LA RIVISITAZIONE DEL CREDIT CHANNEL
dei bond21. Un altro fattore molto importante è l’attività di
cartolarizzazione del credito, che permette di alleggerire gli
attivi e smobilizzare prestiti illiquidi liberando risorse a
bilancio impiegabili in nuove attività. Gli intermediari che ne
facevano largo uso hanno subito un duro contraccolpo con la
riduzione dei volumi relativi a questo segmento nel periodo
successivo al 2008.
Un’altra caratteristica influente è il
modello di business adottato da una banca: durante la crisi gli
intermediari dipendenti da fonti di profitto più volatili22 hanno
ridotto maggiormente l’offerta di credito rispetto a business
basati sul margine d’intermediazione. Riprendendo la formulazione
del risk-taking channel si delineano canali attraverso i quali la
politica monetaria può indurre gli intermediari ad assumersi
maggiori rischi. Un ambiente caratterizzato da bassi tassi
d’interesse può favorire lo sviluppo del “search for yield”,
atteggiamento che spinge i manager ad investire in attività a
rischio e rendimento atteso maggiore per ottenere i bonus
concordati in passato e legati alle performance; un altro effetto
è l’incremento artificiale del valore dei bond utilizzati come
garanzie dalle banche, permettendo di accendere prestiti a tassi
inferiori e causando una generale sottostima dei rischi. A causa
della
grande
finanziario
interdipendenza
e
politica
che
si
monetaria,
è
gli
creata
autori
fra
sistema
concludono
raccomandano ai regulator una maggiore attenzione agli effetti che
le
loro
decisioni
possono
avere
sui
comportamenti
degli
intermediari. Auspicano inoltre una supervisione più estensiva,
con controlli più approfonditi soprattutto sulle caratteristiche
specifiche degli intermediari che appaiono più importanti nel
determinare la singola offerta di credito.
21
L’impatto di un determinato tasso d’interesse di riferimento stabilito dalla banca centrale può
essere differente nel tempo a seconda delle condizioni in cui si trova il mercato finanziario al
momento dell’annuncio.
22
Trading, commissioni e tutte le attività il cui profitto non dipende dal margine d’interesse.
34
2.LA RIVISITAZIONE DEL CREDIT CHANNEL
2.1 L’importanza del Credito nel Contesto
Attuale
Come abbiamo già sottolineato, la trasmissione della politica
monetaria è stata protagonista nell’ultimo ventennio di una
profonda
evoluzione
che
ha
portato
alla
successione
di
interpretazioni differenti sulle modalità di azione del credit
channel.
Il
meccanismo
originale
derivante
dall’imperfetta
sostituibilità delle fonti di finanziamento per il settore
bancario è gradualmente scomparso con lo sviluppo dei mercati
finanziari: la possibilità di utilizzare fonti di finanziamento
alternative ai depositi e senza requisiti di riserva ha reso
impossibile il controllo “meccanico” dell’offerta di moneta
attraverso variazioni del coefficiente di riserva obbligatoria da
parte delle banche centrali.
Se da un lato è scomparso il legame diretto tra politica
monetaria e credito, dall’altro si sono sviluppati una serie di
effetti indiretti causati dalla sempre maggiore interazione e
dipendenza tra banche e mercati. E’ vero che al giorno d’oggi per
concedere un nuovo prestito è sufficiente riuscire a reperire i
fondi necessari sul mercato, ma è anche vero che in una contesto
caratterizzato da tensione e mercati turbolenti come quello
successivo al 2008 per un intermediario può risultare impossibile
raccogliere denaro da prestare alle imprese, anche se queste
ultime avrebbero tutte le caratteristiche necessarie per ricevere
un prestito. In questo modo problemi inizialmente confinati al
settore finanziario possono diffondersi all’economia reale,
attraverso il mancato finanziamento degli investimenti che a loro
volta possono essere considerati tra gli elementi che determinano
in maggior misura la crescita economica. Ricordiamo inoltre che,
come dimostra la situazione attuale e la storia recente, il settore
finanziario è frequentemente protagonista di crisi23 ma allo
23
Negli ultimi quindici anni possiamo ad esempio citare per il settore finanziario la Crisi Asiatica
del 1997, la bolla Internet del 2001, la crisi del 2008 e la crisi del debito sovrano esplosa nel 2011. In
35
2.LA RIVISITAZIONE DEL CREDIT CHANNEL
stesso tempo presenta tempi di recupero molto più ridotti e
maggiori capacità di ripresa rispetto all’economia reale.
Nel sistema economico attuale risulta sempre più difficile
valutare a priori il risultato di una manovra di politica
monetaria, poiché la risposta sarà differente per ogni singola
banca e funzione delle caratteristiche specifiche di ognuna:
alcune
assorbiranno
un
possibile
shock
mentre
altre
lo
propagheranno, facendo da riduttori o amplificatori nei confronti
dell’economia. Inoltre nel periodo successivo alla crisi del 2008
la stessa politica monetaria non ha prodotto alcuno shock nei
confronti del sistema e molto probabilmente non ne produrrà
nemmeno nei prossimi periodi, viste le dichiarazioni delle banche
centrali che si impegneranno a tenere un livello basso di tassi
d’interesse fino al ritorno della crescita economica.
Detto ciò, sorge spontaneo chiedersi dove risiede l’importanza
dello studio del credit channel nel contesto attuale.
La risposta è fortemente correlata al ruolo della politica
monetaria nel contesto attuale. Infatti dal 1980 ad oggi la maggior
parte delle banche centrali, agendo attraverso la modifica dei
tassi d’interesse, hanno mantenuto l’inflazione ad un livello
accettabile e hanno permesso di estendere l’orizzonte temporale
di pianificazione favorendo lo sviluppo economico. La stessa
inflazione, principale nemico da combattere negli anni ’70 di cui
molti economisti avevano predetto il ritorno come conseguenza
della globalizzazione degli anni 2000, appare stabile e fino ad
ora non ha mostrato incrementi notevoli se non causati dalle
oscillazioni temporanee del prezzo del petrolio. Lo stesso capo
del Fondo Monetario Internazionale Olivier Blanchard nel 2010 ha
proposto un target d’inflazione vicino al 4% per le banche
tutti questi momenti di difficoltà il settore bancario è riuscito a riprendersi abbastanza rapidamente,
mentre l’unica crisi che si è propagata all’economia reale nel 2008 ha ridotto i ritmi di crescita globali
e non appare ancora terminata.
36
2.LA RIVISITAZIONE DEL CREDIT CHANNEL
centrali24, livello che secondo l’economista appare più adatto a
favorire lo sviluppo economico nel contesto attuale. Anche dagli
USA arrivano proposte sulla stessa linea da parte di Bernanke, che
nel 2013 ha annunciato un aumento
del target d’inflazione
perseguito dalla Fed al 2,5%, dopo che in un lavoro del 1999 aveva
consigliato un target compreso tra il 3% e il 4% affinché
l’economia giapponese si riprendesse dalla recessione25. Oggi
l’inflazione non rappresenta più il problema principale da
combattere e le banche centrali si trovano a ricercare nuovi
meccanismi che possano incentivare la ripresa economica. Ne sono
esempio le politiche monetarie non convenzionali messe in atto
sotto forma di quantitative easing dalla Bank of Japan, dalla
Federal Reserve e dalla Bank of England e attraverso la LTRO per
la Banca Centrale Europea. Queste operazioni non fanno altro che
aumentare la liquidità presente nel sistema con lo scopo che questo
denaro venga convogliato verso l’economia reale e stimoli così
nuovi investimenti, consumi e quindi la ripresa economica.
E il “tassello mancante” è rappresentato proprio dal credito,
ed è qui che risiede la sua importanza strategica. Infatti è
proprio il credito bancario il mezzo attraverso il quale la
liquidità immessa dalle banche centrali giunge alle famiglie ed
alle imprese. E’ per mezzo del credito che vengono finanziati gli
investimenti e l’innovazione, che vengono creati nuovi posti di
lavoro e raggiunta la piena occupazione. Come abbiamo visto negli
ultimi anni, la mancanza di credito può minare pesantemente il
recupero da una crisi di una nazione ed è collegata ad un basso
livello di attività economica. Per questo motivo una delle sfide
maggiori che le banche centrali devono oggi affrontare è ideare
delle modalità che possano permettere e incentivare il fluire del
credito verso l’economia.
24
Blanchard, Dell’Ariccia e Mauro (2010) “Rethinking Macroeconomic Policy”, FMI
Bernanke (1999) “Japanese Monetary Policy: A Case of Self-Induced Paralysis?”, Princeton
University
25
37
3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY”
Capitolo 3
LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK
LENDING SURVEY”
15 Settembre 2008. Lehman Brothers, uno tra i primi 5 colossi
globali
dell’investment
banking
annuncia
l’intenzione
di
avvalersi del Chapter 11, una procedura USA che guida le imprese
che ne fanno ricorso attraverso una bancarotta “pilotata”.
A questa data possiamo far risalire l’esplosione della crisi
finanziaria del 2008, che rapidamente ha coinvolto il mercato
azionario e l’economia americana per diffondersi, in brevissimo
tempo, alle istituzioni estere esposte verso la banca fallita e
raggiungere quindi dimensioni globali.
Dopo quasi un decennio di prosperità e crescita economica gli
intermediari finanziari riuscivano a risolvere in autonomia i
propri problemi di liquidità, legati al regolamento giornaliero
delle proprie posizioni, ricorrendo al mercato interbancario dove
eccessi e carenze di fondi si compensavano in modo efficiente
attraverso la ricerca e l’incontro di una controparte. Tutto ciò
era reso possibile da una fiducia che aveva invaso pervasivamente
i mercati, che aveva portato con sé aspetti positivi come la
facilità nell’ottenere credito e negativi come la sottostima dei
rischi finanziari.
Improvvisamente una doccia fredda si riversò sui mercati,
congelandoli. Ogni intermediario rimase paralizzato nelle sue
attività quotidiane, perché le controparti con le quali aveva
sempre operato improvvisamente diventarono pericolose e avvolte
dall’incertezza. I volumi di scambio precipitarono a livelli
38
3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY”
associati al ventennio precedente, quando i mercati erano molto
meno sviluppati, e per calmare la situazione fu necessario
l’intervento
delle
banche
centrali
che
si
sostituirono
momentaneamente ai mercati stessi.
Infatti a causa della mancanza di fiducia le banche erano
riluttanti nel prestarsi fondi l’un l’altra. La Deposit Facility
della BCE, dove la liquidità in eccesso viene depositata e
remunerata ad un tasso minimo, quadruplicò alla fine del 2008.
I tassi del mercato interbancario oltrepassarono la soglia massima
posta dalla BCE con il tasso di rifinanziamento marginale,
applicato
ai
prestiti
richiesti
dalle
controparti
che
si
rivolgono, per propria volontà, direttamente alla banca centrale
per
rifinanziarsi.
In
pratica
sia
lenders
che
borrowers
accettavano condizioni più svantaggiose per entrambi pur di avere
la banca centrale come intermediario per lo scambio, originando
inefficienza.
Se per misurare le tensioni e lo stress del mercato interbancario
si possono utilizzare vari indicatori, nel periodo successivo alla
crisi tra i più gettonati troviamo lo spread fra l’Euribor e il
tasso Overnight Indexed Swap (d’ora in poi OIS) 26. Mentre il primo
è relativo ad un’operazione di prestito, e quindi coinvolge una
parte debitrice e una creditrice che si accolla il rischio di
insolvenza, il secondo è considerato risk-free poiché coinvolge
solo uno scambio di flussi di cassa per un periodo temporale
ridotto, senza rischio di default. Per questo l’incremento della
rischiosità associata alle controparti provoca un’impennata
dell’Euribor, mentre l’OIS resta costante e si amplia lo spread
introdotto in precedenza.
26
L’Euribor è un tasso di mercato calcolato dall’EBF ed è una media dei tassi praticati nel mercato
interbancario per prestiti non garantiti con scadenze omogenee da 1 settimana a 12 mesi.
L’EONIA (Euro OverNight Index Average) è invece il tasso medio rilevato nel mercato
interbancario per operazioni overnight, quindi a brevissimo termine.
L’OIS è un’operazione in cui due intermediari scambiano l’uno con l’altro il pagamento di un tasso
fisso contro uno variabile ancorato ad un indice, che nella maggior parte dei casi è l’EONIA.
39
3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY”
Figura 3.1 Spread Euribor 6m - Eonia OIS 6m (in grigio)
[Fonte: Bloomberg]
Come possiamo vedere dalla Figura 3.1, i momenti di maggior
tensione negli ultimi 5 anni sono stati quelli successivi al crollo
di Lehman e l’esplosione della crisi del debito sovrano alla fine
del 2011. Lo spread, che in tempi di “quiete” si aggira intorno
ai 25/30 punti base, diviene ben più consistente per gran parte
degli ultimi 4 anni, con picchi di 100 e 200 punti base. Per
scongiurare una crisi di liquidità sia in Europa che oltreoceano
enormi masse monetarie sono state immesse nel sistema.
L’utilizzo dell’Euribor come tasso ufficiale di riferimento per
la maggior parte delle obbligazioni e dei prestiti indicizzati a
tasso variabile trasmette direttamente uno shock finanziario
all’economia reale e alle scelte di investimento dei singoli, ma
le conseguenze peggiori giungono attraverso un canale indiretto.
Infatti con politiche di easy money le banche centrali sono
riuscite a riportare l’Euribor a livelli accettabili, ma i
meccanismi
di
funzionamento
del
mercato
dei
capitali,
danneggiati, non sembrano “aggiustarsi” così rapidamente.
40
già
3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY”
I volumi di scambio dell’interbancario, a cavallo tra il 2010
e il 2011, appaiono in ripresa ma ancora lontani dai valori precrisi. Pochi mesi più tardi, lo scoppio della crisi del debito
sovrano con il caso greco alimenta nuovamente le tensioni nel
mercato del funding per gli intermediari, che si ritrovano più o
meno esposti al rischio default di alcuni paesi della zona euro
fino a pochi mesi prima considerati “AAA” dalle agenzie di rating,
ovvero investimenti più che sicuri.
Sono passati più di 4 anni dallo scoppio della crisi, ma quella
fiducia che pareva tanto banale quanto semplice da ristabilire non
è ancora tornata a permeare completamente i mercati. Una crisi
iniziata dal sistema finanziario si è trasmessa all’economia
reale, i volumi dell’attività creditizia si sono ridotti e con essi
i ritmi di sviluppo dell’attività economica.
Per avere un quadro che definisca meglio le condizioni attuali,
nel prossimo paragrafo proveremo a comprendere meglio le dinamiche
della domanda e dell’offerta di credito nel periodo successivo
alla crisi, basandoci sulle risposte di un questionario che
l’Unione Europea sottopone alle principali banche del continente.
3.1 The Euro Bank Lending Survey
I dati sul credito sono elaborati e diffusi periodicamente dalle
rispettive autorità e da numerosi centri di ricerca statistica ma
per capire i fattori che determinano l’andamento del credito
nell’area euro sono di fondamentale importanza due survey condotte
in primis dalla BCE.
Dal 2003, trimestralmente, viene pubblicata la Bank Lending
Survey (BLS), costituita da un set di domande specifiche su domanda
e offerta di credito rivolte a 124 grandi banche europee (tra le
quali figurano 8 gruppi bancari italiani). Nel 2008 la BCE e la
41
3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY”
Commissione Europea, consce del fatto che la risposta del credito
non è omogenea rispetto ai meccanismi di trasmissione della
politica monetaria, decidono di istituire il SAFE (Survey on
Access to Finance of SMEs in the Euro Area), questionario con
frequenza semestrale rivolto alle piccole e medie imprese.
Attraverso l’analisi di queste survey è possibile comprendere se
le variazioni dei volumi creditizi siano causate dalla domanda o
dall’offerta,
oltre
ad
indentificarne
i
principali
fattori
responsabili.
Figura 3.2 Stretta creditizia in Europa (dati trimestrali, indice di diffusione)
L’indice di diffusione è costruito assegnando valori numerici a risposte qualitative. I valori vengono poi pesati
sulla frequenza osservata per ogni possibile risposta. Riguardo all’offerta di credito, i valori assegnati sono:
1 = ristretta considerevolmente, 0.5 = ristretta parzialmente, 0 = invariata,-0.5 = aumentata parzialmente,
-1 = aumentata considerevolmente. L’indice può così variare da -1 a +1.
[Fonte: European Bank Lending Survey]
Come emerge dalla Figura 3.2, costruita analizzando le BLS degli
anni successivi alla crisi,
l’offerta di credito ha subito una
stretta vigorosa tra il 2008 e il 2009, probabilmente per la
necessità degli intermediari con leverage eccessivo di dismettere
attività troppo rischiose e ridurre gli attivi
di bilancio.
All’apice della crisi la quasi totalità degli istituti di credito
42
3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY”
intervistati ha dichiarato di aver ridotto la quantità di prestiti
erogata o reso più selettivi gli standard per accedere al credito,
rendendo necessario l’intervento della BCE per tagliare i tassi
d’interesse e favorire il flusso di denaro verso l’economia reale.
Nonostante le grandi imprese appaiano come i soggetti che hanno
subito in proporzione superiore tagli ai finanziamenti, bisogna
ricordare che spesso esse si sono rivolte direttamente al mercato
dei capitali per mezzo di emissioni obbligazionarie, bypassando
così le difficoltà che il sistema bancario stava vivendo27.
Dall’altra parte le piccole e medie imprese (d’ora in poi PMI),
senza forme alternative di finanziamento, sono quelle che hanno
sofferto di più per la cattiva salute delle banche. Solo le PMI
che potevano sfruttare una relazione duratura con i finanziatori
sono riuscite a rinnovare le linee di credito, mentre molte imprese
in temporanea difficoltà si sono viste rifiutare richieste di
nuovi prestiti.
Figura 3.3 Percentuale di PMI che individuano il finanziamento come problema principale
[Fonte: Survey on the Access to Finance of SMEs in the Euro Area (SAFE)]
27
Si veda ad esempio “L’anno record dei corporate bond: analisi del 2012 e prospettive per il
2013” di Luca Bagato (Inside Markets Magazine Borsa Italiana), dove si parla di un incremento del
15% delle emissioni corporate globali (da 3100 a 3500 miliardi) e del 57% delle emissioni
obbligazionarie societarie italiane nel 2012 rispetto al 2011.
43
3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY”
Come mostrato nella Figura 3.3, la media europea delle PMI che
considerano l’ottenimento di finanziamenti come il problema
principale da affrontare si aggira intorno al 20%, con picchi
compresi tra il 30% e il 35% per le imprese spagnole e inglesi e
del 25% per quelle italiane. Tuttavia possiamo notare che l’ultimo
anno è stato caratterizzato da un incremento generale di questa
percentuale,
evidenziato
soprattutto
in
Italia,
Spagna,
Portogallo e Olanda; la situazione appare invece migliore in
Francia e Germania che registrano percentuali intorno al 10%.
Nel 2010 la situazione sta tornando a normalizzarsi quando a
maggio esplode la crisi greca, sollevando numerosi e nuovi dubbi
sulla rischiosità dei debiti sovrani. Nel corso di un anno vengono
contagiati anche altre piccoli paesi periferici dell’area euro
attraverso l’aumento dei tassi alle nuove emissioni di debito
pubblico, per poi passare a due grandi economie come quella
spagnola e quella italiana28. La situazione peggiora e il futuro
dell’Unione Monetaria Europea viene messo in dubbio dopo l’ipotesi
che qualche stato membro possa abbandonare la moneta unica per
tornare alla vecchia moneta nazionale e recuperare competitività
per mezzo di una svalutazione monetaria.
Il settore bancario europeo si trova esposto in modo eterogeneo
verso i paesi in difficoltà ed alcune banche subiscono ingenti
perdite e richiedono l’aiuto statale. I bond sovrani si svalutano
tanto rapidamente quanto aumentano i relativi rendimenti e le
banche incorrono in ulteriori perdite poiché il loro portafoglio
è valutato a valori di mercato. La redditività di molte banche
europee viene così compressa, ed alla stessa pressione vengono
sottoposte le relative quotazioni di mercato, come possiamo vedere
esaminando il caso italiano nella figura seguente.
28
I cosiddetti PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna) sono i paesi dell’Europa
meridionale che sono stati oggetto di forti tensioni sugli interessi pagati per il debito pubblico. Tra
questi solo l’Italia non ha ricevuto aiuti monetari da istituzioni internazionali come la BCE o l’FMI per
superare la crisi.
44
3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY”
Figura 3.4 Confronto fra andamento rendimenti Buoni del Tesoro decennali (in ROSSO) e indice FTSE Italian
All-Share Banks Index (in VERDE), livello di partenza: quotazioni 1 gennaio 2010
[Fonte: Bloomberg]
Come si può notare dalla Figura 3.4, è presente una netta
correlazione negativa tra le serie storiche dell’indice FTSE
Italian All-Share Banks e i rendimenti dei titoli di stato italiani
decennali. Questa è determinata dall’esposizione delle banche
italiane verso i bond emessi dalla stessa Italia: con lo scoppio
della crisi del debito sovrano si alzano i rendimenti dei bond
governativi e contemporaneamente si riducono i loro prezzi, che
causano a loro volta una riduzione del patrimonio detenuto dalle
banche e quindi del loro valore di mercato. Quest’esempio valido
per le banche italiane è applicabile a qualsiasi istituto di
credito europeo esposto in maniera importante verso uno o più paesi
coinvolti nella crisi del debito sovrano. Solo l’attenuarsi di
quest’ultima verso la fine del 2012 ha ridato respiro alle
capitalizzazioni di mercato delle banche, che in generale sono
tutt’ora inferiori ai valori di libro iscritti a bilancio.
45
3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY”
Dalla metà del 2011, contemporaneamente al riacutizzarsi della
crisi del debito sovrano, il mercato del credito torna ad
inaridirsi proprio nel momento in cui pareva avesse imboccato la
strada della ripresa.
Figura 3.5 Fattori che influenzano la domanda di credito in Europa
[Fonte: European Bank Lending Survey]
Come rappresentato in Figura 3.5, dal lato domanda si assiste
a una netta diminuzione delle richieste di finanziamento per
investimenti in capitale fisso (-20% per l’ultimo trimestre 2011
per restare su livelli simili per tutto il 2012), causata
dall’incertezza
riguardo
alla
futura
ripresa
economica.
Le
imprese non investono in capacità produttiva perché spesso
considerano
già
eccessiva
quella
installata,
né
in
nuove
tecnologie poiché non sono sicure che l’esborso attuale sarà
ripagato con profitti futuri. L’unico fattore trainante la domanda
di credito è rappresentato dalle imprese che approfittano di un
ambiente caratterizzato da tassi d’interesse prossimi allo zero
per ristrutturare debiti contratti in passato quando i tassi erano
superiori di 3-4 punti percentuali rispetto ai valori attuali.
46
3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY”
Sul lato offerta le banche presentano forti problemi di
liquidità nel secondo semestre del 2011, che le portano a ridurre
le concessioni di prestiti e aumentare i margini d’interesse in
modo generalizzato (vedi Figura 3.6). Con le due LTRO promosse
dalla BCE l’Europa riesce ad evitare una crisi di liquidità che
avrebbe interessato le banche esposte verso i paesi periferici ma
l’offerta di credito resta debole, a causa delle preoccupazioni
del settore bancario riguardo ad una ripresa economica che stenta
ad arrivare e a un orizzonte di breve periodo fortemente incerto.
Dando quindi voce alla banche nell’ultimo biennio si delinea una
situazione in cui l’offerta di credito rimane sempre debole
rispetto agli anni precedenti la crisi. Inizialmente a causa di
problemi di liquidità interni al settore bancario, mentre in
seguito per il peggioramento delle condizioni economiche esterne
al settore che ne modificano la percezione del rischio connesso
all’attività creditizia.
Figura 3.6 Banche europee che hanno incrementato il margine applicato sui prestiti
[Fonte: European Bank Lending Survey]
47
3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY”
Osservando la Figura 3.6 notiamo come l’acuirsi della crisi
rende più rischiosa l’attività di concessione del credito e
modifica la stessa percezione della rischiosità da parte degli
intermediari.
Questi
ultimi
in
risposta
aumentano
i
tassi
richiesti proprio sui prestiti considerati a maggior rischio. Come
si può notare la situazione attuale è differente da quella che si
delineava a cavallo tra il 2010 e il 2011, quando a causa delle
proprie difficoltà nel finanziarsi sul mercato le banche avevano
incrementato i margini richiesti verso tutte le controparti. Oggi
la situazione appare più rilassata dal lato offerta, mentre il
perdurare della recessione ha incrementato le probabilità di
default delle imprese più rischiose che di conseguenza si vedono
richiedere tassi d’interesse maggiori.
Analizzando i fattori che più hanno inciso sull’andamento
dell’offerta
credito
condizionare
maggiormente
peggioramento
a
livello
dell’attività
gli
europeo
scopriamo
intermediari
economica
sono
generale
e
che
stati
i
a
il
rischi
derivanti dall’esposizione verso settori industriali specifici
entrati in crisi.
Se nel 2008 era stato il settore finanziario
a passare momenti difficili, richiedendo il salvataggio di alcuni
istituti da parte delle autorità statali attraverso generosi
aiuti, nel 2012 il settore che soffre maggiormente è quello edileimmobiliare, protagonista di veri e propri crolli con fallimenti
a catena. Ne è un chiaro esempio la situazione spagnola, dove a
fine 2012 le banche iberiche risultavano esposte per 951 miliardi
di euro nei confronti del mattone e avevano già registrato a
bilancio 137 miliardi tra rettifiche e perdite causate dall’ondata
di pignoramenti.
48
3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY”
Figura 3.7 Fattori che determinano variazioni nell'offerta di credito in Europa
[Fonte: European Bank Lending Survey]
Dalla Figura 3.7 possiamo anche vedere come le preoccupazioni
riguardanti il finanziamento tramite il mercato e il rischio
liquidità si stessero normalizzando nel 2010 per poi tornare a
farsi sentire con lo scoppio della crisi dei debiti sovrani ed il
contagio dei paesi periferici nel 2011/2012. Tra i fattori citati
dalle banche come condizionanti ci sono anche vincoli derivanti
dalla
situazione
patrimoniale.
Infatti
il
downgrade
e
la
svalutazione di cui sono stati oggetto numerosi bond sovrani hanno
ridotto le garanzie e il valore della porzione dei portafogli
considerata in precedenza tra le più stabili. Per questo sono le
stesse banche che vedono il raggiungimento dei requisiti di
capitale, che entreranno in vigore con Basilea 3, come un modo per
riconquistare l’interesse e una valutazione più equa da parte del
mercato.
Attualmente
sembra
che
la
situazione
nel
mercato
interbancario stia tornando verso condizioni che consentano un
accesso agevole alla maggior parte degli intermediari, ma ciò che
li preoccupa maggiormente è la ripresa economica che stenta ad
arrivare e il perdurare di questa recessione da ben più di 4 anni,
senza una chiara via d’uscita.
49
3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY”
3.2 I Risultati BLS per l’Italia
Alla Bank Lending Survey partecipano anche otto tra i maggiori
gruppi bancari italiani, ai quali sono attribuibili più di due
terzi del totale del credito concesso in Italia.
Figura 3.8 Stretta creditizia in Italia
[Fonte: European Bank Lending Survey]
Confrontando la Figura 3.8 con la Figura 3.2 (i dati italiani
con quelli europei) vediamo che nei mesi successivi alla crisi del
2008
i
volumi
dei
prestiti
hanno
subito
una
contrazione
comparabile a quella media continentale. Ad un anno di distanza
l’Italia si stava riprendendo ad un ritmo abbastanza sostenuto
quando lo scoppio della crisi del debito sovrano ha causato
un’inversione di rotta che si è concretizzata nel 2012 in una nuova
contrazione del credito di intensità superiore alla media europea.
Ciò è dovuto al fatto che la crisi del 2008 ha interessato in
maniera omogenea l’area Euro, mentre la crisi del debito sovrano
si è riversata in maniera asimmetrica sul continente e ha colpito
in modo più intenso i paesi periferici.
50
3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY”
Per quanto riguarda le imprese, anche se le grandi aziende
appaiono come quelle maggiormente razionate dobbiamo ricordarci
che il prestito bancario per esse è un’alternativa tra le fonti
di finanziamento. A causa del momento di difficoltà del settore
bancario molte corporation si sono infatti rivolte al mercato dei
capitali per finanziarsi con emissioni obbligazionarie che hanno
registrato tassi favorevoli, a volte addirittura inferiori a
quelle dello stato italiano29.
Tabella 3.1 Emissioni nette obbligazionarie in Italia e Europa, periodo 2010-2012
[Fonte: Bolletino Economico No.67, Banca d’Italia]
29
Per esempio il bond di durata settennale a tasso fisso collocato da Eni il 20-6-2012 ha una
cedola del 3,75% annuo. L’obbligazione con uguale durata (scadenza 2019) collocata dallo stato
italiano il 14-6-2012 ha una cedola del 6,10%, all’incirca 235 punti base superiore a quella del gruppo
petrolifero italiano.
51
3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY”
In Tabella 3.1 sono riportate le emissioni obbligazionarie nette
(ovvero all’importo delle nuove emissioni è sottratto l’ammontare
dei bond in scadenza) relative all’Italia e all’Europa tra il 2010
e il 2012. Per quanto riguarda il nostro paese possiamo notare che
nel 2010 il ricorso al mercato obbligazionario si era ridotto a
causa del contributo negativo apportato da imprese finanziarie
diverse
da
banche,
categoria
nella
quale
sono
incluse
le
assicurazioni; se durante il 2011 il finanziamento tramite bond
è incrementato, il primo trimestre del 2012 ha registrato sia per
l’Italia che per l’Europa un record di emissioni con un ammontare
maggiore rispetto al totale dell’anno precedente. Questo fatto può
essere spiegato attraverso l’abbondanza di liquidità disponibile
nel sistema dopo le due LTRO promosse dalla BCE proprio a cavallo
tra il 2011 e 2012 e dai tassi d’interesse estremamente bassi
rispetto alla media storica. A subire maggiormente le conseguenze
delle difficoltà dei gruppi bancari italiani sono state le PMI che,
anche
a
causa
del
prolungarsi
della
recessione
che
ne
ha
“imbruttito” i bilanci, hanno visto ridursi le quantità di credito
concesse ed aumentare i premi per il rischio.
Figura 3.9 Incremento dei margini applicati sui prestiti concessi in Italia
[Fonte: European Bank Lending Survey]
52
3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY”
Nella Figura 3.9 possiamo osservare l’andamento del “prezzo” del
credito secondo gli intermediari italiani, ovvero la quota di
banche che hanno dichiarato di aver incrementato i margini
d’interesse praticati. Riguardo ai tassi richiesti sui prestiti
dobbiamo distinguere fra la situazione attuale e quella precedente
all’inizio del 2012: se un anno fa abbiamo assistito ad un aumento
generalizzato dei margini dovuto ai problemi di funding delle
banche, oggi vediamo crescere soprattutto i tassi praticati verso
le imprese considerate maggiormente rischiose. Questo può essere
considerato un segnale del fatto che le banche non stanno
“scaricando” genericamente i propri problemi di liquidità su tutti
i clienti, ma scelgono di non concedere credito a quelle imprese
al cui ripagamento del debito è associato un maggior grado di
incertezza.
La maggior parte di queste aziende sono le piccole e medie
imprese che danno lavoro all’80% degli occupati italiani, ai quali
è attribuibile il 70% del valore aggiunto prodotto nel nostro paese
e che sono per natura caratterizzate da scarsa trasparenza e
informazioni sul proprio stato di salute e sulle prospettive di
crescita difficilmente trasmissibili senza un contatto diretto;
queste caratteristiche derivano dalla mancanza di documenti di
bilancio standardizzati e certificati attraverso i quali un
analista possa comprendere e valutare rapidamente la situazione
aziendale e di conseguenza il relativo merito creditizio. Alcune
di queste imprese hanno iscritto a bilancio perdite consistenti
negli anni successivi al 2008 e, se sottoposte a un’analisi
formale, vengono considerate troppo rischiose e quindi non adatte
a ricevere un prestito bancario. Il problema risiede nel fatto che,
non avendo accesso al mercato dei capitali, il credito bancario
rappresenta per la grande maggioranza delle PMI italiane l’unica
fonte possibile di finanziamento; di conseguenza la mancanza di
credito può causare gravi danni a questa categoria di imprese, che
senza i prestiti da parte delle banche non possono sopravvivere.
53
3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY”
Figura 3.10 Fattori che determinano variazioni dell’offerta di credito in Italia
[Fonte: European Bank Lending Survey]
Nella Figura 3.10 è mostrata l’evoluzione negli ultimi cinque
anni dell’importanza dei fattori che condizionano l’offerta di
credito secondo il punto di vista delle banche. Per prima cosa
bisogna ricordare che i requisiti minimi di capitale che dovranno
essere rispettati con l’entrata in vigore di Basilea III non sono
mai stati considerati un elemento di forte disturbo per le banche
italiane, dati i valori medi di patrimonializzazione e il leverage
contenuto che caratterizzano il nostro settore bancario. Nel vivo
della crisi del 2008 le risposte alla BLS fornite dagli istituti
di
credito
italiani
non
differivano
eccessivamente
dalle
rilevazioni europee, mentre nel 2011 il rischio liquidità e i
problemi
nel
finanziamento
tramite
il
mercato
incidono
sull’erogazione del credito in misura superiore rispetto alla
media UE e mostrano valori in linea con gli altri paesi periferici.
Per quanto riguarda la situazione che si delinea dagli ultimi dati
disponibili le maggiori preoccupazioni derivano dalla mancata
ripresa economica e dall’esposizione di alcuni gruppi bancari nei
confronti del settore edilizio/immobiliare. Le banche italiane
riportano a fine 2012 un’esposizione verso il settore immobiliare
54
3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY”
nazionale
pari
a
662
miliardi
e
la
società
di
consulenza
AlixPartners stima che dovranno essere effettuate svalutazioni
comprese fra i 10 e 65 miliardi di euro nel 2013, cifra molto
superiore ai 23 miliardi di crediti deteriorati iscritti a
bilancio dagli istituti di credito italiani in seguito alla crisi
del 2008 ed ai 15,4 miliardi di capitalizzazione aggiuntiva
richiesti a fine 2011 dall’European Banking Authority (EBA) per
ricapitalizzare il settore bancario italiano.
55
4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO
Capitolo 4
IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE
BANCARIO ITALIANO
Come illustrato nel capitolo 1, i pilastri fondamentali della
credit view sono stati abbondantemente studiati empiricamente
negli anni passati. Al giorno d’oggi nessun economista nega
l’importanza
del
credito
per
lo
sviluppo
dell’economia
e
l’esistenza di un canale, differente dal classico interest rate
channel, attraverso il quale la politica monetaria influisca sulla
crescita
economica
per
mezzo
del
credito
concesso
dagli
intermediari finanziari. Alcune verifiche empiriche hanno però
fornito
risultati
contrastanti
a
seconda
del
contesto
di
applicazione: ne sono esempio gli studi di Kashyap-Stein [1995],
i quali riscontrano utilizzando dati USA che il canale creditizio
dovrebbe risultare maggiormente attivo in banche di piccole
dimensioni. La stessa tipologia di verifica ha fornito risultati
opposti quando applicata al caso italiano o tedesco, mostrando
come in queste nazioni le piccole banche appaiano meno esposte agli
effetti della politica monetaria.
Il risultato può essere solo parzialmente giustificato dal fatto
che in media le BCC (Banche di Credito Cooperativo) italiane
detengano capitali in misura superiore alla media europea. Per
comprendere meglio le motivazioni di queste anomalie bisogna
rifarsi
ad
un
altro
filone
della
letteratura,
quello
del
relationship banking30. Stilizzando i fatti esposti da questa
teoria si possono dividere i sistemi economici delle varie nazioni
30
Per una trattazione più approfondita rimandiamo ai lavori di Thakor-Boot [1997;2000] o ai più
recenti lavori di Berger e Udell [2002;2005;2007].
56
4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO
in due gruppi: nel primo possiamo inserire gli USA, la Gran
Bretagna e altre nazioni in cui i mercati sono molto sviluppati
e permettono l’incontro diretto tra risparmio e investimento,
ovvero tra domanda e offerta di finanziamenti; al secondo
appartengono Italia, Germania ed altre nazioni europee nelle quali
l’accesso ai mercati è garantito solo alle imprese di dimensioni
maggiori e gli intermediari finanziari giocano un ruolo molto
importante nel soddisfare i bisogni di finanziamento delle
imprese.
Nel sistema dominato da mercati dei capitali sviluppati il
rapporto che si determina tra chi chiede un prestito e chi lo
concede può essere descritto attraverso il transaction lending,
sistema in cui la concessione di un credito è vista come una
transazione: la banca decide di volta in volta se concedere o meno
credito ad un’impresa basandosi sui dati oggettivi provenienti dal
bilancio di quest’ultima, valutandone garanzie e capacità di
ripagare il debito in futuro. Qualora le condizioni economiche
peggiorassero, anche un’impresa cliente di lunga data si vedrebbe
negare la concessione di nuovi prestiti. Il sistema risulta perciò
orientato verso la singola transazione e le imprese che ne traggono
più vantaggi sono quelle più trasparenti e di dimensioni maggiori,
per le quali risulta più semplice fornire informazioni codificate
e certificate sullo stato di salute finanziaria che fungono da
garanzie.
Al contrario nelle economie dominate dall’intermediazione
bancaria è maggiormente diffuso il relationship lending: la banca
concede
il
prestito
all’impresa
anche
se
momentaneamente
quest’ultima non avrebbe le carte in regola per ottenerlo, a causa
di
difficoltà
temporanee
che
sta
vivendo
o
della
scarsa
trasparenza che non ne permette una valutazione oggettiva. Tra le
due cose la seconda è una caratteristica comune a molte PMI, le
quali a causa della dimensione ridotta spesso non possiedono una
struttura funzionale sviluppata e non producono informazione
57
4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO
codificata elaborabile dai modelli di valutazione del credito
posseduti dalle banche di dimensioni maggiori. Questa tipologia
di rapporto si instaura principalmente fra banche nazionali ben
radicate sul territorio locale e imprese di dimensioni ridotte.
In questo caso è la relazione esistente tra banca e impresa a
costituire la garanzia per il prestito, grazie alla quale
l’intermediario accetta di esporsi a dei rischi oggi in ragione
dei profitti futuri che otterrà dal protrarsi della relazione.
Andiamo ora a vedere come i cambiamenti strutturali di cui è
stato oggetto il sistema bancario italiano in tempi recenti
possano aver influenzato il rapporto tra banche e imprese,
tradizionalmente basato proprio sulla relazione. In realtà un
processo simile ha interessato il settore bancario europeo nel suo
complesso, del quale presenteremo alcuni dati per comprendere
meglio la dimensione del fenomeno. Come mostrato in Figura 4.1,
il numero di banche presenti si è ridotto del 25% mentre sono più
che duplicati gli asset gestiti.
Figura 4.1 Evoluzione settore bancario Europeo
[Fonte: ECB Statistical Data Warehouse]
58
4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO
Figura 4.2 Evoluzione Attivo Medio Bancario Europeo
[Fonte: ECB Statistical Data Warehouse]
Nella Figura 4.2 possiamo osservare l’evoluzione dell’attivo
medio di una banca europea, quasi triplicato nell’ultimo decennio.
Come possiamo intuire questo processo di concentrazione ha portato
alla formazione di banche di dimensione media molto maggiori, in
grado di competere meglio con gli intermediari internazionali,
soprattutto con quelli inglesi ed americani.
Durante lo stesso periodo si è sviluppata una ricca letteratura
riguardante gli effetti di fusioni e acquisizioni sulle banche
coinvolte nelle operazioni e sul loro rapporto con le imprese
clienti prima e dopo le modifiche organizzative, come si può
verificare
in
Berger-Saunders-Scalise-Udell
[1998]
o
più
recentemente in Montoriol e Garriga [2008]. Tra le principali
caratteristiche
risultanti
dal
processo
di
consolidamento
possiamo riassumere rapidamente:
ο‚·
Fusioni e acquisizioni (d’ora in poi M&A) tra piccole banche
con comunanze a livello di business o di clienti\territori serviti
migliorano l’efficienza, in quanto limitano la replicazione di
strutture
preposte
alla
stessa
funzione;
questo
facilita
l’allentamento degli standard creditizi e l’accesso al credito per
le PMI.
59
4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO
ο‚·
M&A tra banche di grandi dimensioni che si fondono per creare
gruppi bancari ancora maggiori concentrano potere di mercato in
un unico intermediario; il gruppo risultante dall’operazione
potrà godere di ampi spazi di manovra che si traducono in maggiore
profittabilità accompagnata da minore concorrenza, e solitamente
peggiori condizioni di credito per le PMI31.
ο‚·
In generale M&A distruggono il rapporto relazionale che
esisteva tra PMI e banca target dell’operazione, mentre i rapporti
relazionali della banca acquirente hanno una probabilità molto
maggiore di non essere troncati.
I risultati di una fusione\acquisizione e gli effetti che può
avere sui rapporti appartenenti alla storia passata delle due
banche dipendono fortemente da una scelta strategica, il grado di
autonomia concesso alle filiali del nuovo gruppo. Un elevato grado
di
autonomia
può
essere
mantenuto
attraverso
la
decentralizzazione, che non stravolge completamente le pratiche
precedentemente in uso imponendo nuove procedure ma permette di
essere vicino ai bisogni dell’azienda e sfruttare a pieno tutta
la “soft information” disponibile. Quest’ultima consiste in
quella
parte
di
informazione
difficilmente
codificabile
e
trasmissibile perché di natura non standardizzata, che riesce ad
offrire
maggiori
relationship
funziona
benefici
lending.
meglio
in
un
Al
se
elaborata
contrario
sistema
il
in
un
contesto
transaction
centralizzato
che
di
lending
utilizza
principalmente una tipologia diversa di informazione: l’“hard
information”. Questa viene prodotta a partire dall’analisi di
bilancio e dal rating di credito, trasmessa al top management lungo
la linea gerarchica e utilizzata nel decidere se approvare o meno
la concessione di un prestito.
31
E’ stato empiricamente verificato che grandi banche fanno credito a imprese grandi e
trasparenti più facilmente , mentre sono le BCC disperse sul territorio a finanziare le PMI per la
maggiore (Stein, Berger, Rajan, Petersen 2005)
60
4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO
Nell’ultimo ventennio il settore bancario italiano è stato
oggetto
di
un
forte
processo
di
consolidamento,
motivato
dall’aumento della competizione internazionale e dall’esigenza di
confrontarsi con gruppi più grandi e maggiormente diversificati
sia sul territorio nazionale che all’estero. Questo processo
iniziò all’inizio degli anni ’90 per finire intorno al 2007 con
la creazione di 5 grandi gruppi bancari, che passarono indenni la
crisi senza bisogno di aiuti pubblici o salvataggi da parte di
istituzioni internazionali32. Per analizzare l’evoluzione di
questo processo e comprendere meglio i cambiamenti strutturali di
cui è stato oggetto introduciamo ora due semplici indicatori,
presentati in Alessandrini e Presbitero [2009], che ci permettono
di confrontare sistemi bancari diversi o lo stesso sistema in
istanti temporali differenti:

PROSSIMITA’
OPERATIVA
(PO):
è
la
distanza
fisica
tra
filiali\sportelli e il cliente finale, misurata come numero medio
di sportelli per cliente.
𝑃𝑂 =
∑ π‘ π‘π‘œπ‘Ÿπ‘‘π‘’π‘™π‘™π‘–
∗ 10000
π‘π‘œπ‘π‘œπ‘™π‘Žπ‘§π‘–π‘œπ‘›π‘’
Negli ultimi venti anni il valore di questo indicatore è
praticamente raddoppiato, incrementando da un lato i costi
operativi associati alla vicinanza sul territorio e riducendo
dall’altro i costi associati alle transazioni per i clienti
finali. Inoltre una forte presenza nel mercato in cui si opera
aiuta a ridurre le asimmetrie informative generate dalla non
osservabilità dei comportamenti delle imprese a cui una banca
presta denaro.
32
UniCredit, Intesa SanPaolo, Monte dei Paschi di Siena, Banco Popolare e UbiBanca. Tra queste
solamente MPS ha richiesto prestiti allo Stato per raggiungere i requisiti patrimoniali target imposti
dall’EBA, a differenza di altre banche europee che sono state protagoniste di salvataggi finanziati con
denaro pubblico.
61
4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO

DISTANZA FUNZIONALE (DF): è la distanza organizzativa media
tra i centri di decisione strategica e il mercato locale di
riferimento.
Si
calcola
attraverso
una
media
dei
livelli
gerarchici delle banche appartenenti al sistema economico che si
sta analizzando, pesata per il numero di sportelli di ogni
intermediario.
𝐷𝐹 =
∑(π‘ π‘π‘œπ‘Ÿπ‘‘π‘’π‘™π‘™π‘– ∗ π‘›π‘’π‘šπ‘’π‘Ÿπ‘œ 𝑙𝑖𝑣𝑒𝑙𝑙𝑖 π‘”π‘’π‘Ÿπ‘Žπ‘Ÿπ‘β„Žπ‘–π‘π‘–)
∑ π‘ π‘π‘œπ‘Ÿπ‘‘π‘’π‘™π‘™π‘–
Per la difficoltà nel venire a conoscenza del numero di livelli
gerarchici, spesso viene utilizzata una formula alternativa come
approssimazione, come mostrato in Alessandrini, Presbitero e
Zazzaro [2006]
𝐷𝐹 =
∑(π‘ π‘π‘œπ‘Ÿπ‘‘π‘’π‘™π‘™π‘– ∗ ln( 1 + 𝐾𝑀))
∑ π‘ π‘π‘œπ‘Ÿπ‘‘π‘’π‘™π‘™π‘–
dove KM rappresenta distanza chilometrica tra il sistema economico
per cui sto calcolando l’indicatore e la provincia o la città in
cui è situata la sede centrale della banca in questione. Anche
questo indicatore è cresciuto stabilmente e parallelamente alla
dimensione media bancaria negli ultimi anni. Come conseguenza del
consolidamento
gerarchizzazione,
e
della
le
banche
successiva
hanno
concentrazione
cercato
di
guadagnare
efficienza nei processi decisionali centralizzandoli.
62
e
4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO
Figura 4.3 Evoluzione di prossimità operativa e distanza funzionale dal 1990 al 2007
[Fonte:"Il consolidamento del Settore Bancario Italiano" di A. Presbitero]
Come possiamo vedere dalla Figura 4.3 sia prossimità operativa
che distanza funzionale sono in generale aumentate su tutto il
territorio italiano con il consolidamento. Se da un lato le banche
si sono avvicinate fisicamente al cliente finale aprendo nuovi
sportelli
o
filiali,
dall’altro
se
ne
sono
allontanate
raggruppando le attività di direzione strategica e decisionale e
spostandole dal territorio locale dove prima erano dislocate.
Il processo non è stato uniforme su tutto il territorio italiano,
in realtà abbiamo prevalentemente assistito ad acquisizioni dove
il target dell’operazione era una banca del Mezzogiorno. Questa
asimmetria ha portato ad un progressivo spostamento dei centri
decisionali delle banche acquisite dal Sud verso il Centro-Nord
Italia.
63
4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO
Come spiegato da Bini Smaghi [2007], numerose banche italiane
erano riuscite a ottenere risultati significativi e costruire
differenziali competitivi sfruttando a pieno la conoscenza del
mercato locale originale in cui operavano. Attraverso politiche
di espansione tramite acquisizioni o fusioni erano convinte di
poter replicare le performance ottenute anche in nuovi territori
semplicemente aprendo nuove filiali e posizionandosi cosi in
prossimità del cliente finale per godere dei benefici informativi
associati alla vicinanza. Purtroppo la storia non andò come
avevano previsto, e si dovettero scontrare con asimmetrie nella
distribuzione informativa a favore di banche che già operavano nel
territorio di riferimento da tempo, ed ottennero risultati
inferiori alle proprie aspettative. Ciò che appare chiaro è che,
per sfruttare a pieno la soft information di cui si parlava in
precedenza, non è sufficiente posizionarsi vicino al cliente che
la genera ma è necessario costruire una relazione duratura che
permette di estrarre maggiori benefici solo con il passare del
tempo.
Un’altra motivazione di grande importanza che ha incentivato gli
intermediari bancari ad intraprendere operazioni straordinarie è
lo sfruttamento di sinergie e la presenza di overlap di mercato
che
avrebbero
portato
alla
riduzione
dei
costi
operativi.
Soprattutto per i gruppi maggiori, che hanno intenzione di
competere internazionalmente, questo diventa un punto cruciale di
scontro,
poiché
il
modello
relazionale
europeo
basato
sull’intermediazione e sul credito dal punto di vista storico ha
registrato un livello medio dei costi quasi sempre superiore
rispetto
al
modello
anglosassone.
Infatti
se
i
profitti
commissionali delle merchant banks inglesi sono legati alla
singola operazione e temporalmente concentrati, quelli delle
banche tedesche e italiane, basati sul margine d’intermediazione,
risultano dilazionati nel tempo come il pagamento degli interessi
e
richiedono
la
supervisione
della
controparte
e
l’esistenza di una struttura di monitoraggio permanente.
64
quindi
4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO
Figura 4.4 Evoluzione Cost-Income Ratio bancario in Europa
[Fonte: RolandBerger Banking Cost Reduction]
Come illustrato in Figura 4.4, dal 1996 ad oggi abbiamo già
riscontrato una diminuzione intorno al 10% del Cost-Income Ratio,
un indicatore che rapporta i costi operativi sostenuti da
un’impresa al suo profitto, e le stime fornite da una nota società
di consulenza mostrano una riduzione attesa ancora più accentuata
per il prossimo quadriennio. In seguito all’abolizione delle
distinzioni fra banche d’affari e banche commerciali all’inizio
degli anni ‘90 stiamo assistendo ad una parziale convergenza che
ha dato origine a modelli di business ibridi per la “banca
universale” che permettano la competizione su più fronti, dove
quello dei costi ricopre un ruolo principale.
Anche le banche italiane hanno seguito questo trend, con
tempistiche ritardate rispetto all’Europa. Infatti solo dopo la
crisi il numero di sportelli ha iniziato a decrescere lentamente
in Italia, dove unicamente i maggiori gruppi bancari hanno
registrato riduzioni dei costi operativi tutte riconducibili ad
operazioni intraprese nel 2009 per incrementare l’efficienza.
65
4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO
Nel 2011 scoppia la crisi del debito sovrano e le nostre banche,
con indici di redditività piuttosto bassi, hanno dovuto guardare
in faccia alla realtà e iscrivere a bilancio perdite miliardarie,
causate dalle svalutazioni a bilancio degli avviamenti. Questi non
sono altro che i residui delle acquisizioni effettuate negli anni
passati a valori gonfiati rispetto a quelli di mercato, che
contenevano aspettative di miglioramento delle performance che in
realtà non si sono ancora verificate. In questo caso si può parlare
di una vera e propria bolla speculativa sviluppatasi in un periodo
di relativo boom economico: i multipli con cui venivano valutate
le banche protagoniste di operazioni M&A pre-crisi non hanno nulla
a che vedere con quelli attuali33.
Il modello di business che lega banca e cliente è in continua
evoluzione la vicinanza fisica al cliente non è più necessaria come
un tempo, come dimostra la crescita e la diffusione dei servizi
di
online&smartphone
banking
negli
ultimi
anni.
Ha
invece
acquistato sempre maggiore importanza relativa un altro tipo di
distanza, quella funzionale.
Tra i primi in Italia a porre il focus su questo argomento
possiamo citare Alessandrini, Zazzaro e Croci [2005], i quali
osservano che con il consolidamento sono aumentate sia prossimità
operativa che distanza funzionale; tuttavia i benefici di una
maggiore vicinanza fisica sono stati più che controbilanciati
dall’allontanamento dei centri decisionali. Nella loro ricerca
gli autori costruiscono un confronto fra varie regioni italiane,
verificando
come
valori
differenti
di
questi
indicatori
strutturali possano influire sulla probabilità che un’impresa
venga razionata. I risultati emersi dipendono fortemente dalla
33
Nonostante possibili illeciti sui quali la magistratura sta tutt’oggi indagando, le vicende di
Antonveneta sono un esempio di acquisizione nel bel mezzo di una bolla speculativa. La banca veneta
viene acquistata tra il 2005 e il 2006 da ABN Amro per una cifra compresa tra i 5 e i 6 miliardi di euro.
La banca olandese viene acquisita nel 2007 dal consorzio Santander-RBS, con la banca spagnola che
nella spartizione si aggiudica proprio Antonveneta valutandola al massimo 6,6 miliardi. La banca
italiana viene poi rivenduta a MPS pochi mesi dopo per 9 miliardi di euro.
66
4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO
localizzazione
della
banca,
della
sua
sede
principale
e
dell’impresa che richiede il prestito. Infatti nella maggioranza
delle M&A l’acquirente è stata una banca del settentrione e il
target una del meridione; a causa di questo squilibrio i centri
decisionali si sono spostati progressivamente verso il CentroNord, e i territori del Sud Italia hanno sperimentato una riduzione
dell’offerta di credito e un parziale razionamento del credito.
Sono state le numerose BCC sparse su tutto il territorio italiano
a fare da complemento a questo sviluppo del settore bancario “a
macchia di leopardo”, finanziando cioè i piccoli progetti proposti
da PMI che erano state già respinte dalle altre grandi banche.
Nello stesso filone teorico s’inserisce lo studio di Presbitero,
Udell e Zazzaro [2012], i quali cercano di dare una motivazione
strutturale al credit crunch che sta interessando l’Italia negli
anni
successivi
alla
crisi.
Per
risolvere
il
problema
di
identificazione (che non permette di distinguere se la diminuzione
del credito sia imputabile ad un effetto di domanda o offerta) gli
autori individuano i casi di razionamento analizzando sondaggi
trimestrali condotti intervistando le imprese nel periodo 20082009. Questi questionari, contenendo le richieste di prestiti da
parte
delle
imprese
e
le
risposte
delle
relative
banche
contattate, rappresentano una buona proxy per la domanda e
permettono
di
valutare
variazioni
dell’offerta
di
credito.
L’obiettivo è scoprire chi sono i soggetti che hanno subito
maggiormente la riduzione del credito per verificare se nel per
l’Italia si tratti di flight to quality o home bias: nel primo caso
le banche prestano solo alle imprese più sicure e in salute,
respingendo le richieste delle più opache e rischiose; nel secondo
risultano invece più razionate le imprese situate in territori
dove sono principalmente presenti banche funzionalmente distanti.
Da una prima analisi dei dati gli autori trovano conferma che ci
sia stato credit crunch, osservando che nel periodo susseguente
la crisi del 2008 in generale le imprese hanno una probabilità di
vedere le proprie richieste di finanziamento respinte superiore
67
4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO
del 10% rispetto al periodo pre-crisi. Andando a vedere quali
caratteristiche specifiche possano aver causato il razionamento,
emerge come molte imprese apparentemente in salute ma residenti
in territori privi di banche locali siano state respinte. Gli
autori spiegano questo fatto, visto come sostegno per l’ipotesi
di home bias, attraverso un meccanismo di segmentazione: le grandi
banche con headquarters distanti servono principalmente i clienti
di dimensioni maggiori, più trasparenti e che producono hard
information, lasciando le PMI alle banche locali. La presenza sul
territorio
di
quest’ultime
e
l’abilità
nell’elaborare
l’informazione soft determinano la probabilità di razionamento
per le piccole e medie imprese che costituiscono la maggioranza
del settore industriale italiano.
Studi empirici svolti nel 2012 dall’Associazione Prometeia,
importante centro di ricerca economica e finanziaria milanese
milanese, hanno verificato questi risultati con un campione di
dati proveniente dal database di AIDA che contiene dati specifici
su più di 13000 imprese tra il 2000 e il 2007. I risultati emersi
mostrano che gli investimenti delle imprese sono correlati
positivamente con la prossimità operativa e negativamente con la
distanza funzionale, con il primo fattore che domina nettamente
il secondo in presenza di distretti industriali. E’ interessante
il metodo con cui viene stimata la distanza funzionale, che negli
studi precedenti era approssimata spesso con la distanza fisica
tra filiale e centro direzionale a causa della mancanza di
informazioni sulla struttura interna delle singole banche, mentre
qui si vanno ad analizzare i livelli decisionali specifici di ogni
struttura organizzativa. Si scopre così che una richiesta di
prestito, per essere approvata, deve compiere quattro passaggi in
una BCC e più di dieci negli istituti di credito di dimensione
maggiore; attraverso questa lunga catena gerarchica è molto
difficile trasmettere informazioni raccolte dalla filiale se non
sono codificate, che si traduce in una maggiore probabilità che
la richiesta venga respinta.
68
4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO
4.1 Il Punto di Vista delle Banche
Fino ad ora abbiamo parlato di caratteristiche “strutturali” del
mercato del credito, che hanno origine dal consolidamento e dalle
scelte strategiche dei player del settore avvenute negli anni.
Dobbiamo però ricordare che l’operato delle principali banche
italiane
è
stato
fortemente
influenzato
da
caratteristiche
“congiunturali”, che hanno cambiato lo scenario di riferimento
dopo la crisi34 e di conseguenza il comportamento degli istituti
di credito.
Andiamo
a
riassumere
e
vedere
più
dettagliatamente
le
principali tendenze emerse successivamente al 2008 che hanno
condizionato il settore bancario:
ο‚·
Il peggioramento delle condizioni economiche, con l’aumento
delle sofferenze e degli incagli, ha reso più difficoltosa e
rischiosa l’attività di fornitura del credito, soprattutto quello
di
lungo
periodo.
Quest’ultimo
è
la
principale
fonte
di
finanziamento delle imprese per investimenti, che sono diminuiti
per l’aumento dell’incertezza economica riguardante il futuro
prossimo della zona euro.
ο‚·
L’attività
di
securitization
ha
avuto
una
brusca
interruzione e ancora oggi ci troviamo lontani dai livelli
precedenti crisi. La possibilità di cedere i crediti iscritti nei
bilanci bancari ad altre istituzioni finanziare che li trasformano
in prodotti finanziari aveva dato la possibilità alle banche di
“smobilizzare” i propri attivi e renderli più flessibili, oltre
a permettere la distribuzione del rischio di credito tra più
investitori e quindi una maggiore diversificazione. Ora queste
attività avvengono in misura ridotta, per la difficoltà nel
definire la qualità del credito sottostante (che può anche
deteriorarsi nel corso del tempo e deve essere sottoposto a
34
“Le banche e la ‘grande’ crisi: risultati e nuove priorità”, KPMG Advisory (2012)
69
4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO
monitoraggio continuo) e per la poca fiducia diffusa nel mercato
interbancario in seguito al fallimento del modello Originate To
Distribute35.
ο‚·
La politica di easy money adottata dalle BCE e dalle banche
centrali principali, con tassi d’interesse storicamente bassi e
poco lontani dallo zero, ha compresso il margine d’interesse che
in
passato
rappresentava
la
fonte
principale
di
profitto
dell’attività bancaria. Questo margine non è altro che lo spread
fra il tasso che la banca richiede al cliente finale e il tasso
al quale si finanzia sul mercato o dalla banca centrale. Mentre
gli interessi dei prestiti (spesso legati al tasso variabile di
riferimento Euribor) in generale sono diminuiti, nel mercato del
funding la competizione è aumentata e alcune banche hanno visto
crescere il costo e ridursi i volumi della raccolta fondi.
A questo punto risulta necessario ricordare che anche le banche,
come la maggior parte delle imprese esistenti, sono delle
organizzazioni a scopo di lucro e come tali sono gestite da manager
che devono rendere conto del proprio operato a degli azionisti;
e proprio ora che sono sotto i riflettori del mercato, con
capitalizzazioni dimezzate rispetto ai book value, necessitano di
incrementare
la
loro
profittabilità
per
soddisfare
gli
investitori e mantenere al sicuro la propria posizione lavorativa.
Dobbiamo riconoscere che l’attività di concessione del credito
risulta oggi sempre più rischiosa e meno redditizia confrontata
con alternative di breve periodo. Se la BCE concede prestiti non
vincolati in quantità illimitate al sistema bancario al tasso
agevolato dell’1% e i titoli di stato italiani (fino a un paio di
anni fa considerati praticamente privi di rischio) rendono più del
35
Per OTD (Originate To Distribute) si descrive la procedura di cartolarizzazione spinta messa in
atto dalle principali banche d’affari americane nel biennio precedente al 2008. Le caratteristiche di
questo modello di business, ai tempi molto redditizio, sono la concessione di prestiti “facili” anche a
chi non detiene le opportune garanzie e la successiva creazione di ABS (Asset Backed Securities),
attraverso la cartolarizzazione degli stessi mutui concessi, da distribuire al mercato attraverso la
vendita.
70
4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO
5% su scadenze annuali, la scelta degli impieghi delle banche sarà
tanto ovvia quanto razionale. Perché rinunciare a un profitto
(quasi)
sicuro
prospettive
di
per
riversare
crescita
a
fondi
breve
in
non
un
economia
sono
le
cui
incoraggianti?
Ed ecco che nei bilanci 2012, a far tornare provvisoriamente in
utili i grandi gruppi bancari italiani non ci pensa il margine
d’intermediazione (a picco con una riduzione del 5%) ma i ricavi
da negoziazione, in media più che raddoppiati36.
ο‚·
E le banche cosa rispondono di fronte alla critica basata
sul fatto che “hanno smesso di fare le banche”37?
Dopo aver sostenuto alcuni colloqui con dei responsabili
provenienti da due tra le maggiori banche italiane, ciò che emerge
è che “alle banche non conviene più fare le banche”. Infatti i
manager bancari sostengono che i requisiti di capitale sempre più
stringenti, introdotti in passato con Basilea II e nel futuro con
Basilea III, non fanno altro che sbilanciare le scelte operative
delle banche in favore di modelli di business orientati al mercato.
Negli ultimi 20 anni abbiamo assistito ad un enorme sviluppo della
modellistica dei tassi d’interesse e non solo e l’ingegneria
finanziaria ha creato una miriade di nuovi strumenti reperibili
sul mercato per fare hedging, ovvero per coprirsi dai rischi a cui
si esposti vendendo un prodotto finanziario ad un cliente. In
maniera paradossale una banca è costretta ad accantonare riserve
molto superiori nel caso in cui conceda un prestito ad un’azienda
rispetto al caso in cui sottoscriva un derivato Interest Rate Swap
con un nozionale dieci volte superiore alla quantità di denaro
erogata attraverso il mutuo. Come è possibile?
Questo avviene perché, una volta venduto il derivato al cliente,
per la banca è possibile acquistare degli strumenti finanziari più
36
“Per Intesa i guadagni da trading sono saliti da 747 milioni del settembre 2011 a 1,5 miliardi del
settembre scorso. UniCredit li ha visti balzare da 864 milioni a 2 miliardi. La Popolare di Milano da 7
milioni a 114 milioni”, da IlSole24Ore (14-11-2012).
37
Si veda “Il Circolo Vizioso” di Luca Pavesi, da IlSole24Ore (24-3-2013).
71
4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO
o meno complessi che permettano di eliminare quasi totalmente i
rischi connessi al contratto venduto38.
Al contrario quando una banca concede un prestito resta
intrinsecamente esposta al rischio di credito della controparte
per tutta la durata del mutuo e per questo deve accantonare del
capitale per provvedere alle possibili perdite future. I rischi
associati
al
credito
possono
essere
ridotti
attraverso
la
collateralizzazione, attraverso la richiesta di covenant da
rispettare
e
principalmente
utilizzando
il
monitoraggio.
Quest’ultima però è un’attività che richiede delle strutture
fisiche preposte a questa funzione, presenza sul territorio e
quindi maggiori costi operativi, con un conseguente svantaggio in
termini di efficienza rispetto ad una banca con modello di business
differente.
In sostanza la voce proveniente dalle banche ci dice che i
regulators stanno spingendo verso un modello di business market
oriented, di stampo americano o anglosassone, dove nel finanziarsi
un’impresa si rivolge direttamente al mercato dei capitali
attraverso un’emissione obbligazionaria organizzata dalla banca
stessa,
che
in
cambio
riceve
una
commissione
una
tantum.
Il rischio di credito viene così distribuito tra numerosi
investitori,
che
possono
coprirsi
dell’impresa
sottoscrivendo
dei
CDS
dal
rischio
(Credit
di
Default
default
Swap),
strumenti finanziari che funzionano come un’assicurazione contro
il fallimento di una controparte.
Tutto ciò che abbiamo detto può andare bene in un ambiente dove
i mercati sono estremamente sviluppati, come potrebbe essere
quello americano. Ma in un contesto europeo? O peggio ancora
italiano?
38
NOTA BENE: qui non ci riferiamo al caso in cui una banca che acquista un derivato con fine
speculativo, situazione in cui non elimina i rischi a cui è esposta proprio perché attraverso questi
rischi che si assume spera di ottenere dei rendimenti elevati in futuro.
72
4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO
Il nostro mercato dei capitali è molto meno sviluppato, ed
infatti nemmeno tutte le società quotate in Borsa ne hanno accesso.
Inoltre l’80% della produzione italiana proviene da PMI che hanno
accesso a questi mercati e hanno come unica fonte di finanziamento
il credito bancario. Non si sa se sia stata l’intermediazione
prevalentemente bancaria a dare origine alla microstruttura
produttiva italiana o quest’ultima ad avvantaggiare un modello di
business bancario storicamente fondato sul credito.
Qual è la soluzione quindi?
Non esiste una soluzione univoca, ma di fronte a noi si formano
possibili scenari differenti per il futuro:
ο‚·
le imprese italiane più piccole si evolvono, crescono, si
razionalizzano e dopo aver raggiunto dimensioni adeguate si
finanziano
emettendo
bond;
questo
scenario
implica
un’evoluzione strutturale del sistema produttivo italiano
che richiede un orizzonte temporale di medio-lungo periodo
perché si realizzi.
ο‚·
il mercato dei capitali cresce e si sviluppa permettendo
l’accesso anche ad aziende di dimensioni ridotte, magari
attraverso emissioni di imprese che accorpano le loro
necessità di finanziamento; ne sono esempio i mini-bond
introdotti dal governo Monti, che fino ad ora hanno però
riscosso scarsa attenzione.
Nessuna delle due alternative può essere messa in atto da un
giorno all’altro, ma richiedono tempo e sforzi importanti per
modificare situazioni che sono state cementate dalla storia…
73
5.UNA POSSIBILE SOLUZIONE
Capitolo 5
UNA POSSIBILE SOLUZIONE
In questo capitolo presenteremo l’iniziativa promossa dalla
banca centrale inglese nell’estate 2012 per favorire la ripresa
del flusso di credito verso le imprese e i cittadini britannici.
Questo schema viene lanciato in un momento in cui i tassi
d’interesse sono stati tagliati fino ai minimi storici e ulteriori
riduzioni risulterebbero inefficaci; per questo motivo gli organi
preposti
alla
conduzione
della
politica
monetaria
stanno
esplorando il terreno delle politiche “non convenzionali” con le
quali sperano di riuscire ad influire sul comportamento degli
istituti di credito incentivando la concessione del credito verso
imprese e cittadini.
5.1 Il Funding For Lending Scheme
Il Funding for Lending Scheme (abbreviato FLS) è un programma
proposto dalla Bank of England nell’estate 2012 con l’obiettivo
di facilitare l’accesso al credito da parte delle imprese e dei
cittadini che richiedono un mutuo. Il piano differisce dagli
interventi condotti dalla BCE a dicembre 2011 e marzo 2012 (LTRO),
i quali hanno scongiurato il rischio di una imminente crisi di
liquidità all’interno del settore bancario senza però trasmettere
fondi all’economia reale sotto forma di prestiti.
Il mandato della Bank of England differisce da quello della BCE
e appare più simile a quello della Fed: mantenere l’inflazione
intorno al 2% e facilitare il raggiungimento degli obiettivi
economici definiti dal governo. Grazie a questa relativa libertà
74
5.UNA POSSIBILE SOLUZIONE
d’azione, nel 2009 la banca centrale inglese abbassa il tasso
ufficiale di rifinanziamento allo 0.50% e promuove un primo round
di quantitative easing di 200 miliardi di sterline per facilitare
la ripresa economica; a questo primo round ne seguono altri tre
di entità minore nel biennio 2011-2011 per un totale di 375
miliardi di sterline, con l’obiettivo di evitare un andamento
economico
del
tipo
double
dip39.
Nonostante
l’utilizzo
di
politiche monetarie non convenzionali nel 2012 l’economia si
conferma debole e per uscire dalla recessione viene promosso il
FLS.
Figura 5.1 Credito da parte di banche e building societies verso famiglie e imprese non finanziarie in UK
[Fonte: Bank of England]
Come si può vedere dalla Figura 5.1, anche la Gran Bretagna è
stata protagonista di un blocco del credito nel periodo successivo
alla crisi, visto che i tassi di crescita dei prestiti concessi
39
In una recessione double dip (a “doppio tuffo” o a W) all’iniziale riduzione dell’attività
economica segue un accenno di ripresa e una seconda riduzione, spesso di maggiore entità. Ne sono
esempio la recessione che investì gli USA tra il 1980 e il 1982.
75
5.UNA POSSIBILE SOLUZIONE
all’economia sono stati oggetto di una brusca frenata passando da
incrementi in doppia cifra nel primo decennio del nuovo millennio
a tassi attualmente vicini allo zero. Poiché le banche sono delle
libere imprese, non è possibile obbligarle a elargire credito ad
altre imprese, tantomeno in un sistema basato sul libero mercato
come
quello
britannico.
Questo
schema
si
propone
come
un’alternativa razionale che crei condizioni che incentivino
fortemente le banche40 nella scelta di fare credito, senza però
costringerle. Il Funding For Lending garantisce infatti nuova
liquidità a tasso agevolato agli intermediari che scelgono di
aumentare la quantità di prestiti erogata nel tempo. Ma andiamo
a vedere più in dettaglio il funzionamento di questo schema.
Il punto principale è la possibilità di migliorare le condizioni
di finanziamento per le banche sottoscrivendo un collateral swap
con la Bank of England (d’ora in poi BoE): attraverso questa
operazione cedono prestiti concessi a famiglie e imprese iscritti
a bilancio alla banca centrale ricevendo in cambio dei Gilts, buoni
del tesoro inglesi, che possono utilizzare come garanzie per
finanziarsi presso la stessa banca centrale al tasso ufficiale di
riferimento
(oggi
0.5%).
Alla
scadenza
del
contratto
le
controparti riscambiano gli asset, in modo che il rischio di
credito torni nelle tasche di chi ha realmente concesso il
prestito.
Lo swap può avere durata massima quadriennale e per
accedere all’operazioni è necessario pagare alla BoE una fee
annuale fissa dello 0.25% del nozionale più una variabile che
dipende dal comportamento degli istituti di credito. In questo
modo si agisce per facilitare il finanziamento per le banche, in
modo che le tensioni nel mercato del funding non possano essere
utilizzate come scusanti per i mancati prestiti concessi.
40
Nella presente sezione parleremo genericamente di banche, includendo in questa categoria
anche le buiding societies inglesi, che sono intermediari specializzati nella concessione di mutui
ipotecari attraverso i quali la maggioranza dei cittadini inglesi si finanzia per acquistare una casa.
76
5.UNA POSSIBILE SOLUZIONE
Per quanto riguarda le quantità di prestiti scambiabili con
buoni del tesoro, la banca centrale permette un ammontare massimo
per ogni singola banca partecipante pari al 5% dello stock di
prestiti esistenti più eventuali nuove espansioni, calcolate in
ottica differenziale sottraendo i rimborsi ai nuovi prestiti
erogati. Per quanto riguarda invece il prezzo del collateral swap,
abbiamo già accennato in precedenza come sia composto da una quota
fissa dello 0.25% più una parte variabile. Quest’ultima viene
calcolata in base al comportamento della banca in questione
durante il drawdown period41: se avrà incrementato prestiti
all’economia l’interesse pagato annualmente sarà costituito dalla
sola quota fissa; in caso contrario sarà aggiunta una parte
variabile dello 0.25% per ogni punto percentuale di riduzione
rispetto allo stock iniziale di credito, fino ad un interesse
massimo dell’1.50% che sarà pagato in presenza di un calo dei
prestiti
del
5%
o
superiore.
In
questo
modo
il
costo
di
finanziamento che una banca deve sopportare viene stimato tra l’
1.70% e il 2%, notevolmente inferiore ai tassi con i quali si
finanzierebbe attraverso un’emissione obbligazionaria a medio
termine, oscillanti tra il 4% e il 5% a seconda della rischiosità
relativa dell’emittente bancaria.
L’obiettivo del Funding For Lending è ottenere un coinvolgimento
del settore bancario inglese il più ampio possibile, essendo uno
schema progettato per incentivare intermediari con modelli di
business e interessi eterogenei:
ο‚·
banche che hanno intenzione di ridurre l’ammontare di
prestiti detenuti sono incentivate a non farlo, in quanto
limitando le riduzioni possono beneficiare di condizioni
più vantaggiose nel finanziarsi;
41
Il drawdown period è un intervallo temporale di 18 mesi compresi tra il 30 giugno 2012 e il 1
gennaio 2014, durante il quale banche e building societies inglesi possono decidere di iniziare
l’operazione di collateral swap con la Bank of England come controparte.
77
5.UNA POSSIBILE SOLUZIONE
ο‚·
banche che al contrario vogliono espandere il credito
erogato sono incentivate a partecipare in quanto possono
finanziarsi a tassi agevolati rispetto a quelli correnti
del mercato interbancario.
Attualmente sono stati pubblicati i dati disponibili riguardo
all’utilizzo del collateral swap e l’evoluzione dei prestiti
concessi all’economia nei primi due trimestri, come mostrano le
tabelle inserite in appendice. Allo schema hanno aderito in 39 tra
banche e building societes, compresi i maggiori gruppi bancari
della City ad esclusione di HSBC che ha deciso di non partecipare
all’iniziativa.
Totale al
30/06/2012
CREDITO
1 364 340
FUNDING
Variazioni Trimestrali
Lug-Set
Ott-Dic
2012
2012
923
Variazioni Cumulate
Totale
Variazione
Percentuale
- 2 425
- 1 502
-0,1%
Massimo
prelevabile
Lug-Set
2012
Ott-Dic
2012
Effettivamente
Prelevato
Percentuale
68 217
4 360
9 472
13 832
20,28%
Tabella 5.1 Dati aggregati utilizzo Funding For Lending Scheme (in miliardi di sterline, fino al 31/12/2012)
[Fonte: Bank of England]
Come mostrato in Tabella 5.1, i risultati parziali non hanno
entusiasmato, visto che a livello aggregato l’incremento dei
prestiti
registrato
nel
terzo
trimestre
è
stato
più
che
controbilanciato dal calo del quarto trimestre del 2012, con una
diminuzione complessiva dello 0.1% su un totale di circa 1365
miliardi di sterline. Ad un semestre dal lancio dello schema anche
l’utilizzo
del
collateral
swap
appare
piuttosto
limitato
attestandosi a 14 miliardi di sterline, circa il 20% di un massimo
di 70 miliardi, possibile segnale che l’avversione al rischio è
78
5.UNA POSSIBILE SOLUZIONE
ancora diffusa tra le banche e che quest’ultime hanno intenzione
di sfruttare solo parzialmente gli incentivi messi a disposizione
dal piano.
Analizzando i dati più dettagliatamente, attraverso le tabelle
in appendice il breakdown con i dati riguardanti ogni singola banca
partecipante, scopriamo che circa un terzo dell’utilizzo del
collateral swap è attribuibile a tre dei cinque maggiori gruppi
bancari42, terzetto che dall’altro lato è responsabile di una
riduzione totale di 14,4 miliardi di prestiti verso l’economia.
I gruppi in questione stanno vivendo dei momenti difficili e stanno
attuando un processo di forte deleveraging attraverso una parziale
dismissione dell’attivo: Royal Bank of Scotland e Lloyds Banking
Group segnano una riduzione percentuale intorno all’1% sul totale
dei prestiti all’attivo e, dopo essere state salvate dal governo
britannico, sono nel pieno di una ristrutturazione che dovrebbe
riportarle verso modelli di business più tradizionale che evitino
pesanti perdite come quelle che hanno subito durante la crisi a
causa dell’esposizione verso derivati; Santander UK registra una
riduzione
superiore al 3% dei prestiti concessi, probabilmente
a causa della difficile situazione del mercato immobiliare
spagnolo e dell’esposizione del gruppo bancario verso di esso. I
restanti
due
grandi
gruppi
hanno
invece
confermato
le
dichiarazioni di impegno ad immettere più denaro nell’economia
sotto
forma
di
credito:
Barclays
e
Nationwide
segnano
rispettivamente un +3% e un +2,4%, per un totale di 9,3 miliardi
di sterline di nuovi prestiti. Delle restanti 34 tra banche di
dimensioni inferiori e building societies oltre due terzi hanno
registrato un incremento dei prestiti verso l’economia, il che fa
pensare che lo schema stia iniziando a funzionare.
42
Le cinque big banks di cui stiamo parlando sono gli istituti con più di 100 miliardii sterline di
prestiti verso l’economia inglese iscritti a bilancio, ovvero Lloyds Banking Group, Royal Bank of
Scotland, Santander, Barclays e Nationwide Building Society (ordinati per dimensione decrescente).
79
5.UNA POSSIBILE SOLUZIONE
Se da un lato giungono segnali positivi, dall’altro lato resta
comunque ampia la platea degli scettici, che invocano una modifica
della struttura del piano o ne sottolineano gli aspetti negativi.
Tra questi viene citato il danno che hanno indirettamente subito
i consumatori: il miglioramento delle condizioni di finanziamento
per le banche si è riflesso in una minor competizione nella
raccolta fondi; questo ha portato ad una diminuzione delle
remunerazioni offerte per depositi in conto corrente ed altri
strumenti per la raccolta fondi retail.
Figura 5.2 Andamento Cash ISA e Depositi Vincolati con scadenza annuale in UK (in rosso data di partenza FLS)
[Fonte: Bank of England]
Come possiamo vedere nella Figura 5.2, i tassi medi offerti sui
depositi vincolati con scadenza annuale e sui Cash Individual
Savings Account (l'equivalente del nostro conto corrente, esente
da tassazione) hanno registrato una netta diminuzione dalla data
di partenza del FLS, passando dal 2,6% di giugno 2012 all’1,8%
attuale per i conti correnti e dal 2,7% al 2,2% per i depositi
vincolati. In sostanza i correntisti hanno perso circa mezzo punto
percentuale di remunerazione grazie agli aiuti forniti dalla BoE
80
5.UNA POSSIBILE SOLUZIONE
al sistema bancario. Ma andiamo a vedere invece quali categorie
hanno beneficiato di una riduzione dei tassi d’interesse da pagare
alle banche.
Prima di tutto ricordiamo che lo schema era stato progettato per
migliorare l’accesso al credito di due importanti attori del
sistema economico: le famiglie, attraverso una riduzione dei tassi
sui mutui ipotecari, e le piccole e medie imprese, attraverso una
riduzione dei tassi sui prestiti. Nonostante la valutazione del
credito
fornito
effettuata
senza
all’economia
da
differenziare
ogni
le
singola
due
banca
categorie,
venga
esistono
importanti differenze nella loro dinamica.
Figura 5.3 Tasso medio fisso e variabile per un mutuo ipotecario biennale (in rosso data inizio FLS)
[Fonte: Bank of England)
Come possiamo vedere nella Figura 5.3, i tassi sui mutui
ipotecari
hanno
registrato
una
notevole
riduzione
dall’introduzione dello schema, sostenuta da un incremento dei
volumi che hanno registrato un +10% su base annua nel mese di
gennaio 2013. Al contrario il credito verso le piccole e medie
81
5.UNA POSSIBILE SOLUZIONE
imprese appare ancora congelato, con tassi di crescita vicino allo
zero e pochi miglioramenti rispetto alle condizioni di un anno fa.
Sebbene la British Bankers’ Association (BBA) affermi che ben 8
su 10 richieste di prestiti da parte di PMI vengano approvate, la
Federation of Small Businesses la contraddice affermando che
almeno la metà delle richieste vengono respinte43.
Per questo motivo uno dei principali cambiamenti proposti per
il Funding for Lending è la valutazione separata del credito
concesso a famiglie per l’acquisto di una casa e del finanziamento
delle imprese di dimensioni ridotte. In questo modo una banca che
stia riducendo la sua esposizione verso i mutui ipotecari e volesse
incrementare i prestiti verso le piccole imprese potrebbe comunque
godere di condizioni agevolate per il finanziamento.
Molti nomi importanti del panorama britannico44 invocano una
soluzione piuttosto inusuale per un sistema fortemente orientato
ai mercati come quello britannico, ovvero l’istituzione di una
Business Bank controllata e supportata dallo stato come sono la
Small Business Administration negli USA o la Kreditanstalt für
Wiederaufbau (KfW) tedesca.
43
Fonte: Financial Times, “Small business still face battle to borrow”, 8-3-2012;
“Funding for lending to be ‘put on steroids’” e “Funding for lending scheme dismays BoE”, 11-3-2012;
44
Tra i quali possiamo citare Vincent Cable (membro del Parlamento e attuale Secretary of
Businesses, Innovation and Skills), Mike Cherry (policy chairman alla Federation of Small Businesses) e
Adam Marshall (dirigente per le politiche alla Camera di Commercio Britannica).
82
CONCLUSIONE
CONCLUSIONE
Il presente lavoro di tesi ha voluto analizzare la condizione
dell’offerta di credito bancario nel contesto europeo ed italiano
successivo alla crisi del 2008. Per comprendere i fattori che
possono essere considerati responsabili del blocco del credito che
in generale l’intero continente europeo sta vivendo, è stato
presentato il filone accademico della credit view, che lega
variazioni dei prestiti concessi dalle banche a shock provenienti
da manovre restrittive di politica monetaria. Dopo aver verificato
che il lending channel non è più attivo nella modalità con cui era
stato
formulato
originalmente
e
introdotto
l’applicazione
dell’acceleratore finanziario di Bernanke al canale del credito,
abbiamo presentato la teoria del
bank capital channel che
individua nel capitale bancario uno tra i fattori più importanti
nella differenziazione delle risposte di banche diverse allo
stesso stimolo o shock monetario. Per ultima (ma non certo di
minore importanza) abbiamo presentato la teoria del risk-taking
channel, con la quale si è cercato di spiegare la modifica del
comportamento delle banche nel periodo precedente alla crisi del
2008. Questa teoria permette di motivare attraverso la percezione
del rischio le differenze riscontrate nella reazione degli
intermediari ad una manovra di politica monetaria di uguale entità
ma effettuata in periodi temporali diversi: le banche tendono ad
allentare gli standard di concessione del credito e sottovalutare
il rischio nei periodi di boom economico, mentre riducono i
prestiti e mostrano un’accentuata avversione allo stesso rischio
nei periodi di recessione. Pur avendo verificato che il canale del
credito non è più attivo nelle modalità con le quali era stato
inizialmente formulato, abbiamo sottolineato l’importanza dei
prestiti bancari come elemento determinante per lo sviluppo
83
CONCLUSIONE
economico soprattutto in un contesto come quello italiano, dove
la maggior parte delle imprese dipendono dal credito bancario per
il finanziamento degli investimenti.
Attraverso l’analisi delle Euro Bank Lending Survey abbiamo
cercato di comprendere meglio le dinamiche più recenti di cui sono
state protagoniste domanda e offerta di credito europea e italiana
nel periodo successivo al 2008. Studiando le risposte fornite
dalle banche partecipanti al questionario siamo riusciti a
delineare i principali fattori che hanno influito sui movimenti
di domanda e offerta di prestiti, riscontrando delle differenze
tra il periodo precedente e successivo alle due LTRO promosse a
cavallo tra il 2011 e il 2012 dalla Banca Centrale Europea. Prima
di queste operazioni i problemi del credito sembrano essere
attribuibili alle difficoltà delle banche nel reperire liquidità
sul mercato interbancario e quindi alla debolezza dell’offerta,
mentre nel periodo successivo è la domanda da parte delle imprese
che
appare
condizionata
dall’incertezza
dal
riguardante
perdurare
la
ripresa
della
recessione
economica.
Per
e
la
specifica situazione italiana abbiamo ricercato delle cause
plausibili per la scarsità di credito disponibile degli ultimi
anni
nella
modifica
di
alcune
caratteristiche
strutturali
avvenuta nel periodo 1990-2007 durante il consolidamento del
settore bancario italiano. A questo proposito abbiamo valutato
l’impatto di fusioni e acquisizioni sui rapporti esistenti tra le
banche coinvolte nelle operazioni e le imprese clienti prima e dopo
il cambiamento degli assetti societari. In seguito abbiamo
attribuito importanza a variabili come distanza funzionale e
prossimità operativa nella determinazione della disponibilità di
credito per le imprese italiane. Al consolidamento viene associato
uno sviluppo del settore bancario “a macchia di leopardo” che
introduce una disparità di trattamento e una diversa probabilità
di subire un razionamento del credito causate dall’appartenenza
ad una determinata area geografica.
84
CONCLUSIONE
Nella parte finale del capitolo 4 abbiamo illustrato i problemi
che
una
banca
caratterizzata
da
un
modello
di
business
tradizionale si trova ad affrontare in un contesto competitivo
globale; riprendendo ciò che dichiarano le banche, l’impatto della
regolamentazione introdotta dai regulator e delle novità prodotte
dall’ingegneria finanziaria hanno reso meno profittevole la
concessione del credito alle imprese rispetto ad un business
basato sulla creazione e vendita di derivati finanziari. Per
cercare di risolvere il disallineamento esistente tra l’obiettivo
di generare profitto da parte delle banche e la necessità del
credito per finanziare investimenti reali, nell’ultimo capitolo
abbiamo analizzato il Funding For Lending Scheme proposto dalla
Banca
d’Inghilterra.
Questo
piano
cerca
di
incentivare
razionalmente l’attività di concessione del credito fornendo
benefici nel finanziamento alle banche che incrementano il totale
dei
prestiti
concessi
all’economia.
Al
momento
è
solo
un
tentativo, ma apre la strada a nuove tipologie di interventi
alternativi rispetto alle manovre classiche che possono essere
implementati dai policy-maker nella conduzione della politica
monetaria.
Uno spunto per il futuro potrebbe consistere in un’analisi
approfondita dei vantaggi derivanti dall’esistenza di una banca
partecipata dallo Stato e istituita con l’obiettivo di finanziare
le piccole e medie imprese che non godono dell’accesso al mercato
dei capitali, costruita sul modello della KfW tedesca o della US
Small Business Administration. Al giorno d’oggi la creazione di
un’istituzione simile è invocata da esponenti del governo inglese
(ma non solo) che considerano inefficace lo schema proposto dalla
Banca d’Inghilterra. Attraverso un’analisi appropriata sarebbe
possibile valutare l’efficacia di una soluzione del genere nel
garantire il flusso del credito verso il settore dell’economia
costituito dalle PMI.
85
APPENDICE
APPENDICE
Appendice A: I moltiplicatori del reddito in
Bernanke-Blinder
In
questa
sezione
saranno
derivati
analiticamente
i
moltiplicatori del reddito per il modello di Bernanke-Blinder, dei
quali è riportato il segno in Tabella 1.1. Per ricavare la
formulazione analitica della CC è necessario dare una forma
funzionale esplicita alla domanda ed offerta di credito. Per
semplicità
ipotizziamo
che
le
relazioni
fra
le
variabili
utilizzate siano lineari ed espresse attraverso il segno dei
relativi coefficienti.
𝐿𝑠 = 𝑓(𝜌, 𝑖)𝐷(1 − π‘Ÿ) = (𝛼0 + 𝛼1 𝜌 − 𝛼2 𝑖)𝐷(1 − π‘Ÿ)
𝐿𝑑 = 𝐿𝑑 (𝜌, 𝑖, π‘Œ) = 𝛽0 − 𝛽1 𝜌 + 𝛽2 𝑖 + 𝛽3 π‘Œ
𝐷 𝑑 = 𝐷 𝑑 (𝑖, π‘Œ) = πœ‡ + π‘˜π‘Œ − β„Žπ‘–
𝐷 𝑠 = π‘š(𝑖)𝑅 = π‘šπ‘…
Sostituendo
l’offerta
di
depositi
(Ds)
nell’equazione
dell’offerta di prestiti (Ls), eguagliando domanda e offerta di
credito e risolvendo in funzione di ρ otteniamo l’espressione del
tasso sui prestiti in funzione delle altre variabili
(𝛼0 + 𝛼1 𝜌 − 𝛼2 𝑖)π‘šπ‘…(1 − π‘Ÿ) = 𝛽0 − 𝛽1 𝜌 + 𝛽2 𝑖 + 𝛽3 π‘Œ
𝜌=
𝛽0 − 𝛼0 π‘šπ‘…(1 − π‘Ÿ) + 𝑖[𝛽2 + 𝛼2 π‘šπ‘…(1 − π‘Ÿ)] + 𝛽3 π‘Œ
𝛽1 + 𝛼1 π‘šπ‘…(1 − π‘Ÿ)
86
APPENDICE
che possiamo riscrivere con nuovi coefficienti ipotizzando
sempre che le relazioni siano lineari
𝜌 = πœƒ0 + πœƒ1 𝑖 + πœƒ2 π‘Œ − πœƒ3 [π‘šπ‘…(1 − π‘Ÿ)]
π‘π‘œπ‘›
Come
ci
Δπœƒ0
π‘šπ‘…(1 − π‘Ÿ)
Δπœƒ0
1
= −
<0 𝑒
=
>0
Δ𝛼0
𝛼1 + 𝛽1
Δ𝛽0
𝛼1 + 𝛽1
aspettavamo,
il
tasso
sui
prestiti
risponde
negativamente ad un aumento dell’offerta e positivamente ad
incrementi della domanda di credito. Possiamo definire una forma
esplicita anche per la IS, che in precedenza era stata definita
implicitamente come Y=Y(i,ρ)
π‘Œ = 𝛾̅ (𝐴0 − 𝛿𝑖 − πœ—πœŒ) π‘‘π‘œπ‘£π‘’ 𝛾̅ è 𝑖𝑙 π‘šπ‘œπ‘™π‘‘π‘–π‘π‘™π‘–π‘π‘Žπ‘‘π‘œπ‘Ÿπ‘’ π‘“π‘–π‘ π‘π‘Žπ‘™π‘’
e sostituire l’espressione di ρ in quest’ultima, ottenendo
finalmente la CC
π‘Œ = 𝛾̅ (𝐴0 − 𝛿𝑖 − πœ—(πœƒ0 + πœƒ1 𝑖 + πœƒ2 π‘Œ − πœƒ3 [π‘šπ‘…(1 − π‘Ÿ)]))
π‘Œ=
𝛾̅ (𝐴0 − πœ—πœƒ0 − 𝑖(𝛿 + πœ—πœƒ1 ) + πœ—πœƒ3 [π‘šπ‘…(1 − π‘Ÿ)])
1 + 𝛾̅ πœ—πœƒ2
Nel piano (Y,i) questa curva rappresenta il luogo dei punti
di equilibrio del mercato del credito e dei beni; appare
inclinata negativamente come la IS ma si sposta in seguito
a manovre di politica monetaria che modificano R o r.
87
APPENDICE
Per quanto riguarda il mercato della moneta, posso ricavare
la LM eguagliando domanda e offerta di depositi e risolvendo
in funzione di i
𝐷𝑑 = 𝐷 𝑠
𝑖=
πœ‡ + π‘˜π‘Œ − β„Žπ‘– = π‘šπ‘…
πœ‡ + π‘˜π‘Œ − π‘šπ‘…
β„Ž
Per ricavare i moltiplicatori del reddito è necessario
risolvere il sistema di equazioni formato da LM e CC in
funzione del reddito di equilibrio e verificare come varia
in quest’ultimo in funzione di incrementi di domanda e
offerta di credito o moneta. Per ricavare il reddito di
equilibrio è sufficiente sostituire la LM all’interno della
CC e risolvere in funzione di Y
π‘Œ(
π‘Œ(
Μ… πœ—πœƒ2
1+𝛾
πœ‡ + π‘˜π‘Œ − π‘šπ‘…
) = (𝐴0 − πœ—πœƒ0 − (
) (𝛿 + πœ—πœƒ1 ) + πœ—πœƒ3 [π‘šπ‘…(1 − π‘Ÿ)])
𝛾̅
β„Ž
Μ… πœ—πœƒ2
(𝛿 + πœ—πœƒ1 )
1+𝛾
π‘˜(𝛿 + πœ—πœƒ1 )
πœ‡(𝛿 + πœ—πœƒ1 )
) = (𝐴0 − π‘Œ (
) + π‘šπ‘… [
+ πœ—πœƒ3 (1 − π‘Ÿ)] − (πœ—πœƒ0 +
))
𝛾̅
β„Ž
β„Ž
β„Ž
π‘Œ(
Μ… πœ—πœƒ2 π‘˜
(𝛿 + πœ—πœƒ1 )
1+𝛾
πœ‡(𝛿 + πœ—πœƒ1 )
+ (𝛿 + πœ—πœƒ1 )) = (𝐴0 + π‘šπ‘… [
+ πœ—πœƒ3 (1 − π‘Ÿ)] − (πœ—πœƒ0 +
))
𝛾̅
β„Ž
β„Ž
β„Ž
88
APPENDICE
La formula trovata può essere riscritta sostituendo le espressioni
positive
tra
parentesi,
in
π‘Œ=
modo
da
semplificare
la
notazione
1
(𝐴 + π‘šπ‘…π‘© − π‘ͺ)
𝝐 0
𝝐=
Μ… πœ—πœƒ2 π‘˜
1+𝛾
+ (𝛿 + πœ—πœƒ1 ) > 0
𝛾̅
β„Ž
𝑩=
(𝛿 + πœ—πœƒ1 )
+ πœ—πœƒ3 (1 − π‘Ÿ) > 0
β„Ž
π‘ͺ = πœ—πœƒ0 +
πœ‡(𝛿 + πœ—πœƒ1 )
>0
β„Ž
A questo punto otteniamo i moltiplicatori (dei quali Bernanke e Blinder
riportano il segno nella tabella riportata nel paragrafo 1.2) derivando
il reddito di equilibrio rispetto ad incrementi di:
RISERVE BANCARIE:
DOMANDA DI MONETA:
OFFERTA DI CREDITO:
DOMANDA DI CREDITO:
Δπ‘Œ π‘šπ‘©
=
>0
Δ𝑅
𝝐
(
Δπ‘Œ Δπ‘ͺ
=
= −
Δπœ‡
Δπœ‡
𝛿 + πœ—πœƒ1
)
β„Ž
<0
𝝐
Δπ‘Œ
Δπ‘Œ
Δπœƒ0
πœ—
π‘šπ‘…(1 − π‘Ÿ)
=(
)∗(
) = (− ) ∗ (−
)>0
Δ𝛼0
Δπœƒ0
Δ𝛼0
𝝐
𝛼1 + 𝛽1
Δπ‘Œ
Δπ‘Œ
Δπœƒ0
πœ—
1
=(
)∗(
) = (− ) ∗ (
)<0
Δ𝛽0
Δπœƒ0
Δ𝛽0
𝝐
𝛼1 + 𝛽1
DOMANDA DI 𝐢𝑂𝑀𝑀𝑂𝐷𝐼𝑇𝐼𝐸𝑆:
Δπœƒ0
1
= >0
Δ𝐷𝑂𝑀
𝝐
89
APPENDICE
Appendice B: La Metodologia VAR
I
modelli
VAR
generalizzazione
(Vector
AutoRegressive
vettoriale
di
un
models)
modello
sono
la
autoregressivo
monodimensionale e permettono di studiare l’evoluzione dinamica
di un sistema formato da più variabili che interagiscono fra di
loro. Rispetto a una classica regressione univariata questi
modelli introducono la dimensione intertemporale, permettendo di
modellizzare la propagazione di shock tra diverse variabili in
diversi istanti di tempo.
Dal
punto
di
vista
storico
l’applicazione
al
contesto
macroeconomico di questa metodologia è stata introdotta da Sims
(1980)
e
in
seguito
largamente
utilizzata
nell’analisi
macroeconomica, poiché l’evoluzione di variabili macro come i
consumi, gli investimenti, il PIL presentano cross-correlazioni
oltre che auto-correlazioni. Nella pratica il modello VAR si
ottiene regredendo ogni variabile su se stessa e su tutte le altre,
ritardate per un numero di ritardi pari a p. Il modello in forma
esplicita avrà quindi la seguente forma:
π‘₯𝑑 = πœ—0 + πœ—1 π‘₯𝑑−1 + πœ—2 π‘₯𝑑−2 + β‹― + πœ—π‘ π‘₯𝑑−𝑝 + πœ€π‘‘
dove
π‘₯𝑑 : π‘£π‘’π‘‘π‘‘π‘œπ‘Ÿπ‘’ [𝑁π‘₯1]π‘£π‘Žπ‘Ÿπ‘–π‘Žπ‘π‘–π‘™π‘–,
πœ—0 : π‘£π‘’π‘‘π‘‘π‘œπ‘Ÿπ‘’ π‘–π‘›π‘‘π‘’π‘Ÿπ‘π‘’π‘‘π‘‘π‘’ [𝑁π‘₯1]
πœ—π‘– : π‘šπ‘Žπ‘‘π‘Ÿπ‘–π‘π‘– [𝑁π‘₯𝑁]𝑑𝑖 π‘π‘œπ‘’π‘“π‘“π‘–π‘π‘–π‘’π‘›π‘‘π‘– π‘π‘œπ‘› 𝑖 = 1,2,3 … 𝑝
πœ€π‘‘ : 𝑒𝑛 π‘£π‘’π‘‘π‘‘π‘œπ‘Ÿπ‘’ [𝑁π‘₯1]𝑑𝑖 π‘‘π‘–π‘ π‘‘π‘’π‘Ÿπ‘π‘–, πœ€π‘‘ ~π‘Šπ‘(0, 𝜎)
Utilizzando la forma matriciale e l’operatore ritardo L,
il nostro modello può essere scritto come
πœ—(𝐿)π‘₯𝑑 = πœ—0 + πœ€π‘‘
𝑝
π‘‘π‘œπ‘£π‘’ πœ—(𝐿) = 𝐼𝑛 − πœ—1 𝐿 − πœ—2 𝐿2 − β‹― − πœ—π‘ 𝐿𝑝 = 𝐼𝑛 − ∑ πœ—π‘–
𝑖=1
90
APPENDICE
Se per il corrispondente polinomio caratteristico ϑ(z) si
verifica la condizione di stazionarietà
|𝑧| > 1 per |I𝑛 − πœ—1 𝑧 − πœ—2 𝑧 2 − β‹― − πœ—π‘ 𝑧 𝑝 | = 0
(ovvero tutti gli autovalori λ della matrice ϑ che
risolvono il sistema β”‚ϑ − λIβ”‚ = 0 sono contenuti nel cerchio
di raggio unitario), è possibile riscrivere il modello VAR
utilizzando una rappresentazione a media mobile infinita.
Per
fare
questo
è
necessario
introdurre
il
polinomio
nell’operatore ritardo ψ(L) tale che
∞
πœ“(𝐿) = πœ“0 + πœ“1 𝐿 + πœ“2 𝐿 + β‹― = ∑ πœ“π‘– 𝐿𝑖
2
𝑖=1
πœ“(𝐿)πœ—(𝐿) = 𝐼𝑛
π‘œπ‘£π‘£π‘’π‘Ÿπ‘œ
πœ“(𝐿) = πœ—(𝐿)−1
E’ possibile ricavare i singoli elementi che costituiscono ψ(L)
(le matrici ψi) in modo ricorsivo sfruttando la relazione che lega
ψ(L) a ϑ(L)
πœ“π‘– = πœ—1 πœ“π‘–−1 + πœ—2 πœ“π‘–−2 + β‹― + πœ—π‘ πœ“π‘–−𝑝
π‘π‘œπ‘›
πœ“0 = 𝐼𝑛
𝑒
πœ“π‘– = 0 π‘π‘’π‘Ÿ 𝑖 < 0
πœ“1 = πœ—1 πœ“0
πœ“2 = πœ—1 πœ“1 + πœ—2 πœ“0
πœ“3 = πœ—1 πœ“2 + πœ—2 πœ“1 + πœ—3 πœ“0
πœ“3 =...
91
APPENDICE
A questo punto è possibile riscrivere l’equazione in forma
matriciale illustrata a pagina 90 come una media mobile
composta da infiniti termini, moltiplicando entrambi i
membri dell’equazione per ψ(L)
πœ“(𝐿)πœ—(𝐿)π‘₯𝑑 = πœ“(𝐿)(πœ—0 + πœ€π‘‘ )
∞
∞
π‘₯𝑑 = (∑ πœ“π‘– ) πœ—0 + ∑ πœ“π‘– πœ€π‘‘−𝑖
𝑖=1
𝑖=1
∞
π‘‘π‘œπ‘£π‘’ ∑β€–πœ“π‘– β€– < ∞
𝑖=1
La stazionarietà del VAR è una condizione necessaria se si
vogliono utilizzare le più comuni metodologie d’analisi sul
modello, tra le quali possiamo citare l’analisi di causalità,
la scomposizione della varianza dell’errore di previsione e
l’osservazione
delle
risposte
utilizzata.
92
all’
impulso
da
noi
APPENDICE
Appendice C: Dati
I dati utilizzati nella verifica empirica presentata nel
paragrafo 1.2 hanno frequenza mensile e sono tutti reperibili dal
sito web della Federal Reserve Economic Data of St. Louis (FRED).
Per chi volesse riprodurre la verifica empirica, presentiamo i
grafici delle serie storiche utilizzate con i rispettivi codici.
ο‚·
Indicatore di politica monetaria: Federal Funds Rate [FEDFUNDS]
Per le analisi effettuate sono stati utilizzati due campioni
di dati mensili, il primo dal 1959 al 1978 e il secondo dal 1984
al 2012, provenienti dalla serie storica della Figura 7.1. E’
stato escluso dall’analisi il periodo compreso tra il 1979 e
il 1983 perché è stato riscontrato dalla letteratura un break
strutturale proprio nei primi anni del mandato di Paul Volcker
come governatore della Federal Reserve, quando per combattere
l’elevata inflazione l’FFR ha raggiunto livelli vicino al 20%,
massimi storici che in seguito non si sono più verificati.
Includendo questo periodo “anomalo” nelle stime delle risposte
all’impulso abbiamo riscontrato dei disturbi nei grafici non
motivabili con una spiegazione economica.
Figura 7.1 Federal Funds Rate
[Fonte: Federal Reserve Economic Data (FRED)]
93
APPENDICE
ο‚·
Tasso di disoccupazione: Unemployment Rate [UNRATE]
Figura 7.2 Tasso di disoccupazione
[Fonte: Federal Reserve Economic Data (FRED)]
Il grafico del tasso di disoccupazione che si può vedere in
Figura 7.2 presenta un andamento ciclico, dato che l’impiego della
forza lavoro segue le fluttuazioni imposte dal ciclo economico.
Come si può notare anche qui il massimo storico della serie viene
raggiunto nel periodo Volcker dove la disoccupazione supera il
10%, fatto che giustifica la nostra scelta di escludere il periodo
dall’analisi in quanto i dati presentano valori anomali.
94
APPENDICE
ο‚·
Inflazione: Consumer Price Index [CPIAUCSL]
Per l’inflazione è stato utilizzato il prezzo del paniere
di beni su cui viene calcolata l’inflazione. La serie
storica originale contiene i livelli dei prezzi di questo
paniere ed è caratterizzata da un trend crescente, perciò è
stato applicato l’operatore logaritmo in modo da rendere
stabile la variabilità della serie (che cresce insieme al
trend).
Figura 7.3 Inflazione
[Fonte: Federal Reserve Economic Data (FRED)]
95
APPENDICE
ο‚·
Variabili
aggregate
provenienti
dai
bilanci
bancari
Queste variabili sono grandezze monetarie, quindi per prima
cosa sono state deflazionate per eliminare il trend crescente
provocato dall’aumento dei prezzi nel tempo. In seguito è stato
applicato
l’operatore
logaritmo
per
stabilizzare
la
variabilità della serie, come è stato fatto per l’inflazione.
Depositi (Saving Deposits) [SVGCBSL]
Figura 7.4 Depositi
[Fonte: Federal Reserve Economic Data (FRED)]
96
APPENDICE
Prestiti (Loans)[LOANS]
Figura 7.5 Prestiti
[Fonte: Federal Reserve Economic Data (FRED)]
Titoli Detenuti (Securities) [INVEST]
Figura 7.6 Titoli detenuti
[Fonte: Federal Reserve Economic Data (FRED)]
97
APPENDICE
Appendice D: Tabelle Funding for Lending Scheme
FLS Group
TOTAL
Aldermore
Arbuthnot Latham
Barclays
Certified Base Stock
of loans as at
30/06/12 (£mn)
Quarterly certified net lending flows to UK households and PNFCs, £mn
Q3 2012
Q4 2012
Q1 2013
Q2 2013
Q3 2013
Q4 2013
Cumulative net lending to UK
households and PNFCs since 30/06/12
Percentage change
relative to Base
Stock of loans (%)
Amount (£mn)
1 364 340
923
- 2 425
- 1 502
-0,1%
1 567
228
251
479
30,6%
507
22
23
45
8,9%
188 453
3 803
1 898
5 701
3,0%
Bath Investment & Building Society
193
2
-
2
0,9%
Buckinghamshire Building Society
126
12
8
20
15,7%
Cambridge Building Society
851
20
22
42
5,0%
Clydesdale
33 172
- 23
- 394
- 417
-1,3%
Co-operative
31 768
-5
- 294
- 299
-0,9%
Coventry Building Society
21 002
541
437
978
4,7%
1 190
17
26
43
3,6%
Furness Building Society
626
2
2
4
0,6%
Hinckley & Rugby Building Society
433
2
-1
1
0,3%
Ipswich Building Society
412
10
8
18
4,4%
Julian Hodge Bank
372
13
12
25
6,7%
Kleinwort Benson
8
2
1
3
38,3%
7 569
212
166
379
5,0%
606
1
12
13
2,1%
443 255
- 2 518
- 3 118
- 5 636
-1,3%
Manchester Building Society
569
- 10
- 12
- 22
-3,8%
Mansfield Building Society
213
-1
-
-1
-0,6%
Market Harborough Building Society
322
1
-7
-6
-1,8%
Marsden Building Society
236
-2
2
-
-0,2%
Melton Mowbray Building Society
282
3
5
8
2,7%
Cumberland Building Society
Leeds Building Society
Leek United Building Society
Lloyds Banking Group
Metro Bank
78
39
53
93
118,8%
629
15
23
37
6,0%
152 155
1 834
1 766
3 600
2,4%
554
5
4
10
1,7%
Newcastle Building Society
2 705
- 73
- 37
- 110
-4,1%
Nottingham Building Society
2 123
2
- 18
- 17
-0,8%
Principality Building Society
5 408
53
121
175
3,2%
Progressive Building Society
1 301
9
9
18
1,4%
-1,1%
Monmouthshire Building Society
Nationwide Building Society
Newbury Building Society
RBS Group
214 793
- 677
- 1 681
- 2 358
Santander
189 339
- 3 473
- 2 835
- 6 308
-3,3%
453
84
87
171
37,7%
9 494
21
185
206
2,2%
11,8%
Shawbrook Bank
Skipton Building Society
Tesco Bank
Virgin Money
West Bromwich Building Society
Yorkshire Building Society
4 826
112
456
568
15 093
598
491
1 089
7,2%
4 148
- 73
- 63
- 137
-3,3%
27 509
113
- 33
81
0,3%
Tabella 7.1 Ammontare iniziale di crediti detenuti e variazioni trimestrali di ogni intermediario partecipante
[Fonte: Bank of England]
98
APPENDICE
Quarterly net FLS T-Bill drawings (drawings less repayments), £mn
FLS Group
Q3 2012
TOTAL
Q4 2012
Q1 2013
Q2 2013
Q3 2013
Q4 2013
Aggregate outstanding
FLS drawings as at
31/12/2012 (£mn)
4 360
9 472
13 832
Aldermore
-
205
205
Arbuthnot Latham
-
-
-
Barclays
1 000
5 000
6 000
Bath Investment & Building Society
-
-
-
Buckinghamshire Building Society
-
-
-
Cambridge Building Society
-
-
-
Clydesdale
-
-
-
Co-operative
-
-
-
Coventry Building Society
-
100
100
Cumberland Building Society
-
5
5
Furness Building Society
-
-
-
Hinckley & Rugby Building Society
-
-
-
Ipswich Building Society
-
-
-
Julian Hodge Bank
-
18
18
Kleinwort Benson
Leeds Building Society
Leek United Building Society
Lloyds Banking Group
-
-
-
100
100
200
-
-
-
1 000
2 000
3 000
Manchester Building Society
-
-
-
Mansfield Building Society
-
-
-
Market Harborough Building Society
-
-
-
Marsden Building Society
-
-
-
Melton Mowbray Building Society
-
-
-
Metro Bank
-
29
29
Monmouthshire Building Society
-
5
5
Nationwide Building Society
510
1 500
2 010
Newbury Building Society
-
-
-
Newcastle Building Society
-
-
-
Nottingham Building Society
-
-
-
Principality Building Society
-
-
-
Progressive Building Society
-
-
-
RBS Group
750
-
750
Santander
1 000
-
1 000
Shawbrook Bank
-
-
-
Skipton Building Society
-
-
-
Tesco Bank
-
-
-
Virgin Money
-
510
510
West Bromwich Building Society
-
-
-
Yorkshire Building Society
-
-
-
Tabella 7.2 Utilizzo del Collateral Swap da parte dei partecipanti
[Fonte: Bank of England]
99
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