POLITECNICO DI MILANO Scuola di Ingegneria dei Sistemi Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Gestionale Il settore bancario tra crisi e credit crunch Un’analisi dell’offerta di credito RELATRICE: Prof.ssa Florio Anna Paola Tesi di Laurea Magistrale di Gianbattista Aresi Matricola 765849 Anno Accademico 2011/2012 ii RINGRAZIAMENTI Ringraziamenti Ed eccoci qui. Le ultime parole che sto scrivendo sono anche quelle con cui inizierà la mia tesi. Si, sono le ultime, ma non di certo le meno importanti, perché se sono arrivato fino a questo punto devo solo ringraziare davvero molte persone. Ringrazio innanzitutto la mia famiglia, perché mi ha sostenuto in questi cinque anni durante i quali ho frequentato il Politecnico di Milano. Grazie per avermi permesso di proseguire gli studi e non avermi mai ostacolato in quello che ho volute fare. Un sentito ringraziamento va alla mia relatrice, la professoressa Anna Florio. La ringrazio perché, oltre a seguirmi ed essere sempre disponibile a rispondere alle mie mail, ha saputo consigliarmi anche nel prendere decisioni in un contesto diverso da quello della tesi. Non nascondo che il suo parere positivo ha avuto un peso non indifferente nella scelta di iscrivermi al master che sto tuttora frequentando. Un ringraziamento speciale va ad Eleonora, la mia ragazza, perché è riuscita a starmi vicino in questi mesi difficili tra paure, incertezze e poco tempo per fare qualsiasi cosa. Grazie per avermi sopportato, davvero. Ringrazio anche tutti i miei amici, Francesco per primo, che hanno condiviso con me il percorso universitario e non solo: grazie perché sono stati veramente degli anni fantastici, e non me li dimenticherò mai. Un ringraziamento specifico va ad Alessandro Gobbi per la sua disponibilità, per avermi aiutato nella ricerca dei dati e nell’utilizzo del software Eviews. iii INDICE Indice Ringraziamenti ............................................................................................................. iii Indice ............................................................................................................................ iv Elenco delle Figure ....................................................................................................... vi Elenco delle Tabelle .................................................................................................... viii Riassunto ...................................................................................................................... ix Abstract ......................................................................................................................... x Sommario ..................................................................................................................... xi Executive Summary .................................................................................................... xiii INTRODUZIONE ........................................................................................................... xv IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL .............................................................. 1 1.1 Il Modello di Bernanke e Blinder .................................................................... 2 1.2 La Verifica con la Metodologia VAR ............................................................ 12 1.3 Gli Sviluppi della Credit View ....................................................................... 19 1.4 La “Credit View” e l’Italia ............................................................................. 26 LA RIVISITAZIONE DEL CREDIT CHANNEL ................................................................... 29 2.1 L’importanza del Credito nel Contesto Attuale ........................................... 35 LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY” .................................................... 38 3.1 The Euro Bank Lending Survey..................................................................... 41 3.2 I Risultati BLS per l’Italia .............................................................................. 50 IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO ....................................... 56 4.1 Il Punto di Vista delle Banche ...................................................................... 69 UNA POSSIBILE SOLUZIONE ....................................................................................... 74 5.1 Il Funding For Lending Scheme .................................................................... 74 CONCLUSIONE ............................................................................................................ 83 APPENDICE ................................................................................................................. 86 iv INDICE Appendice A: I moltiplicatori del reddito in Bernanke-Blinder .......................... 86 Appendice B: La Metodologia VAR .................................................................... 90 Appendice C: Dati .............................................................................................. 93 Appendice D: Tabelle Funding for Lending Scheme .......................................... 98 BIBLIOGRAFIA ........................................................................................................... 100 v ELENCO DELLE FIGURE Elenco delle Figure Figura 0.1 Tassi di crescita del credito totale .......................................................................................xvii Figura 0.2 Andamento della domanda e dell'offerta di credito in Europa ........................................... xxi Figura 0.3 Andamento della domanda e dell'offerta di credito in Germania .......................................xxii Figura 0.4 Andamento della domanda e dell'offerta di credito in Spagna..........................................xxiii Figura 0.5 Andamento della domanda e dell'offerta di credito in Italia ............................................. xxiv Figura 0.6 Percentuale di imprese che hanno subito un razionamento del credito ............................ xxvi Figura 0.7 Prestiti Totali concessi in Italia verso tutte le controparti ................................................. xxvii Figura 0.8 Prestiti bancari verso imprese non finanziarie ................................................................. xxviii Figura 0.9 Prestiti ad imprese italiane: domanda, offerta e principali fattori responsabili ................. xxix Figura 1.1 Curve CC-LM ........................................................................................................................... 5 Figura 1.2 Effetto di un aumento delle riserve bancarie ......................................................................... 6 Figura 1.3 Shock Espansionario IS ........................................................................................................... 8 Figura 1.4 Aumento della Domanda di Moneta ...................................................................................... 8 Figura 1.5 Aumento della Domanda di Credito ....................................................................................... 9 Figura 1.6 Risposte di tasso di disoccupazione, depositi, titoli detenuti e prestiti bancari ad uno shock al Federal Funds Rate valutate su un orizzonte di 24 mesi (gennaio 1959 - dicembre 1978)............... 14 Figura 1.7 Risposte di tasso di disoccupazione, depositi, titoli detenuti e prestiti bancari ad uno shock al Federal Funds Rate valutate su un orizzonte di 24 mesi (gennaio 1959 - dicembre 1978)............... 15 Figura 1.8 Risposte di tasso di disoccupazione, depositi, titoli detenuti e prestiti bancari ad uno shock al Federal Funds Rate valutate su un orizzonte di 24 mesi (gennaio 1984 - dicembre 2012)............... 17 Figura 3.1 Spread Euribor 6m - Eonia OIS 6m ....................................................................................... 40 Figura 3.2 Stretta creditizia in Europa ................................................................................................... 42 Figura 3.3 Percentuale di PMI che individuano il finanziamento come problema principale ............... 43 vi ELENCO DELLE FIGURE Figura 3.4 Confronto fra andamento rendimenti Buoni del Tesoro decennali e indice FTSE Italian AllShare Banks Index ................................................................................................................................. 45 Figura 3.5 Fattori che influenzano la domanda di credito in Europa .................................................... 46 Figura 3.6 Banche europee che hanno incrementato il margine applicato sui prestiti ......................... 47 Figura 3.7 Fattori che determinano variazioni nell'offerta di credito in Europa.................................... 49 Figura 3.8 Stretta creditizia in Italia ...................................................................................................... 50 Figura 3.9 Incremento dei margini applicati sui prestiti concessi in Italia ............................................ 52 Figura 3.10 Fattori che determinano variazioni dell’offerta di credito in Italia..................................... 54 Figura 4.1 Evoluzione settore bancario Europeo [Fonte: ECB Statistical Data Warehouse] ................. 58 Figura 4.2 Evoluzione Attivo Medio Bancario Europeo ......................................................................... 59 Figura 4.3 Evoluzione di prossimità operativa e distanza funzionale dal 1990 al 2007 ........................ 63 Figura 4.4 Evoluzione Cost-Income Ratio bancario in Europa ............................................................... 65 Figura 5.1 Credito da parte di banche e building societies verso famiglie e imprese non finanziarie in UK.......................................................................................................................................................... 75 Figura 5.2 Andamento Cash ISA e Depositi Vincolati con scadenza annuale in UK ............................... 80 Figura 5.3 Tasso medio fisso e variabile per un mutuo ipotecario biennale ......................................... 81 Figura 7.1 Federal Funds Rate ............................................................................................................... 93 Figura 7.2 Tasso di disoccupazione ....................................................................................................... 94 Figura 7.3 Inflazione ............................................................................................................................. 95 Figura 7.4 Depositi ................................................................................................................................ 96 Figura 7.5 Prestiti .................................................................................................................................. 97 Figura 7.6 Titoli detenuti ....................................................................................................................... 97 vii ELENCO DELLE TABELLE Elenco delle Tabelle Tabella 0.1 Eurozona: Prestiti all'economia, valori assoluti e variazioni annuali ................................. xix Tabella 1.1 Effetto di diversi shock sulle variabili osservabili .................................................................. 5 Tabella 3.1 Emissioni nette obbligazionarie in Italia e Europa, periodo 2010-2012 .............................. 51 Tabella 5.1 Dati aggregati utilizzo Funding For Lending Scheme .......................................................... 78 Tabella 7.1 Ammontare iniziale di crediti detenuti e variazioni trimestrali di ogni intermediario partecipante .......................................................................................................................................... 98 Tabella 7.2 Utilizzo del Collateral Swap da parte dei partecipanti ........................................................ 99 viii RIASSUNTO Riassunto In questo lavoro di tesi vogliamo analizzare l’offerta di credito bancaria per favorire una miglior comprensione dello scenario economico attuale. Per raggiungere il nostro obiettivo sarà presentato il filone della letteratura noto come credit view e la sua evoluzione dagli anni ’90 ad oggi. Utilizzando un modello VAR mostriamo che il meccanismo di trasmissione della politica monetaria è cambiato rispetto al passato, ma il credito resta comunque un elemento importante per lo sviluppo economico. Analizzando le Bank Lending Survey identifichiamo fattori responsabili per variazioni di domanda e offerta di credito nel periodo successivo alla crisi del 2008. Per lo specifico caso italiano individuiamo tra le possibili cause del blocco del credito il consolidamento che ha interessato il settore bancario negli ultimi venti anni e le modifiche strutturali che ha introdotto. Infine presentiamo un’analisi del Funding For Lending, una soluzione proposta dalla Banca d’Inghilterra per favorire il flusso del credito verso l’economia. ix ABSTRACT Abstract In this work we want to describe banks’ credit supply current situation, with the purpose to achieve a better understanding of the present economic conditions. To reach our goal, we exhibit the academic literature developed in the ’90 globally known as credit view and the major theoretical contributions of the last twenty years. Using a VAR model we show that today the credit channel in its original formulation is inactive, but we underline the importance of credit as a driver for economic development. We show the trend that affected credit markets after 2008 crisis, trying to identify with Bank Lending Survey data some underlying factors responsible for low levels of credit demand and supply. For the specific Italian case, we study the consolidation that interested banking sector from 1990 to 2007 and the structural changes introduced. Then we analyse the Funding for Lending Scheme, a solution proposed by Bank of England to promote credit flow from banks to real economy. x SOMMARIO Sommario In questo lavoro di tesi si vuole analizzare l’offerta di credito bancaria con lo scopo di favorire una maggiore comprensione della situazione economica attuale. Per raggiungere questo obiettivo verrà presentato il filone della letteratura sviluppatosi all’inizio degli anni ’90 noto come credit view, il quale afferma l’esistenza di meccanismi alternativi rispetto al classico canale del tasso d’interesse per la trasmissione della politica monetaria all’economia reale. Verranno ripercorse le tappe fondamentali che hanno caratterizzato l’evoluzione di questa corrente accademica. Per prima cosa presenteremo la disputa iniziale tra monetaristi e Keynesiani riguardo al grado di sostituibilità delle fonti di finanziamento per banche e imprese; successivamente illustreremo l’applicazione Bernanke dell’acceleratore [1995] al canale finanziario del credito descritto e da l’impatto dell’introduzione della regolamentazione del capitale bancario sull’attività creditizia; infine termineremo con le ultime teorie che individuano nel rischio e nei cambiamenti della sua percezione il fattore chiave che lega indirettamente la politica monetaria al comportamento delle banche. Attraverso l’utilizzo di un modello VAR, mostreremo le differenze tra l’effetto di uno shock monetario sulla composizione dell’attivo bancario in passato ed oggi. Nonostante la scomparsa di un effetto diretto di ribilanciamento del portafoglio di attività detenuto dalle banche, verrà sottolineata l’importanza attribuita al credito come determinante principale dello sviluppo economico attraverso il finanziamento degli investimenti delle imprese. Verrà presentato un quadro delle variazioni nel mercato del credito nel periodo successivo alla crisi del 2008, costruito confrontando i dati relativi alla domanda e offerta di prestiti in Europa e in Italia. Analizzando xi SOMMARIO le risposte fornite dagli istituti di credito partecipanti alla Bank Lending Survey identificheremo i principali fattori che possono essere considerati responsabili di variazioni delle curve di domanda e offerta di credito, per cercare di capire se c’è stato realmente un credit crunch o la riduzione dei volumi del credito è il risultato di una domanda indebolita dalla recessione. Per spiegare ciò che sta accadendo nel nostro paese ci ricondurremo alla letteratura caratteristiche che ha strutturali studiato del settore l’evoluzione bancario delle italiano nell’ultimo ventennio e la tipologia di relazione che si instaura tra banca e impresa, oggetto di studio del filone economico del relationship lending. Dopo aver presentato alcune considerazioni provenienti dal mondo delle banche riguardo alla relazione fra regolamentazione, nuovi modelli di business bancari e il trend che ha interessato i volumi del credito negli ultimi anni, verrà analizzato il Funding for Lending Scheme proposto dalla Banca d’Inghilterra come una possibile soluzione per incentivare il flusso del credito bancario verso le imprese e favorire la ripresa economica. xii EXECUTIVE SUMMARY Executive Summary In this work we want to describe banks’ credit supply current situation, with the purpose to achieve a better understanding of the present economic conditions. To reach our goal, we exhibit the academic literature developed in the ’90 globally known as credit view, which support the existence of a mechanism for the transmission of monetary policy to real economy alternative to the classic interest rate channel. We review the major steps that contribute to create and evolve this academic line of thinking. Initially we start from the initial battles between monetarists and Keynesians on the degree of relative substitutability of instruments used by banks and firms to finance themselves. Then we display Bernanke’s financial accelerator application to the credit channel and the impact of bank capital regulation on credit activity. We conclude with the last theory that identifies the main drivers that affect banks’ behaviour with risk and its perception among financial sector. Using a VAR model, we show the different effect of a monetary shock on banks’ balance sheet before 1980 and today. Even if any direct effect of banks’ activity (portfolio rebalancing) disappeared, we highlight the importance of credit as a key factor for economic development through firms’ investments financing. Moreover, we display some changes that affected European and Italian credit market after 2008 crisis building a picture with data on credit demand and supply. We look at the answers given to the Bank Lending Survey by banks to identify the main factors responsible of low demand and supply levels, with the aim to understand if we can talk of Credit Crunch for the current situation or if it is only the result of demand weakened by recession. Then we analyse the structural changes that affected Italian banking sector in the last twenty years to explain the xiii EXECUTIVE SUMMARY evolution of bank-firm relationship, studied by economic literature referred to relationship lending. After reporting some observations adduced by banks’ managers to explain the link between regulation, new bank business models and movements that affected credit volumes in the last years, we present an analysis of Funding for Lending Scheme proposed by Bank of England as a possible solution to promote credit flow from banking system to firms and help economic recovering. xiv INTRODUZIONE “It is important for the functioning of the system that the banker should know, and be able to judge what his credit is used for and that he should be an independent agent.[…] One of the bigger errors of classical investment theory is to have made banking a mechanical function which might just as well be filled by some government department” Joseph Schumpeter, Business Cycles (1939) INTRODUZIONE Il presente lavoro di tesi è volto ad analizzare l’offerta di credito bancario. La tematica è stata largamente trattata dalla letteratura accademica, principalmente nel filone sviluppatosi come credit view agli inizi degli anni ’90, con l’avvento del quale è stata sottolineata l’importanza del credito rispetto alla moneta come elemento attraverso cui uno shock di politica monetaria viene trasmesso all’economia reale. La rilevanza accademica e l’attualità dell’argomento sono dimostrate dal fatto che una delle principali sfide odierne nella modellazione macroeconomica consiste proprio nell’inserimento del settore bancario come agente dinamico nei modelli DSGE (Dynamic Stochastic General Equilibrium), i modelli di equilibrio generale con fondamenti microeconomici che rappresentano il benchmark attuale per valutare l’impatto di scelte politiche e shock esogeni su un sistema economico. xv INTRODUZIONE L’importanza del credito come determinante dello sviluppo economico è ampiamente riconosciuta anche dai policy maker. Ne sono esempio gli ultimi discorsi tenuti dal governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco1 e del presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi2, i quali negli ultimi interventi hanno ribadito come l’incentivazione del flusso di credito verso le imprese sia un aspetto fondamentale per la ripresa economica. Appare altrettanto naturale associare l’attuale recessione che sta interessando la zona euro (ed in particolare l’Italia) al credit crunch di cui la stessa regione è stata oggetto negli ultimi anni con livelli di intensità differenti tra diverse nazioni. ο· Innanzitutto, cosa si intende per credit crunch? Una tra le prime definizioni è stata proposta nel 1991 dal Council of Economic Advisers (CEA), l’organo a supporto del presidente degli Stati Uniti per questioni di politica economica, che definisce un credit crunch come “una situazione in cui l’offerta di credito viene ristretta al di sotto del livello solitamente associato ai tassi di interesse di mercato prevalenti e al livello corrente di profittabilità dei progetti di investimento”3. In pratica con questo termine si identifica una contrazione dell’offerta di credito indotta da una caduta della patrimonializzazione delle banche (“capital crunch”), da riduzioni nella liquidità del sistema bancario, o talvolta da un accentuarsi dell’avversione al rischio delle banche nella loro attività di concessione di prestiti. 1 Due tra i numerosi possibili esempi si possono trovare nel primo discorso pubblico dell’attuale Governatore della Banca d’Italia all’Assiom Forex 2012 di Parma, dove esortava le banche a concedere più prestiti alle imprese, e nel discorso tenuto per l’edizione 2013 dello stesso convegno, dove ribadisce l’importanza della funzione delle banche nell’allocazione del credito. 2 Lo stesso presidente della Bce ha ribadito l’importanza del credito negli ultimi discorsi tenuti in pubblico; a titolo esemplificativo possiamo citare la conferenza presso la BCE del 7-2-2013, l’intervento presso l’Accademia Cattolica della Baviera a Francoforte del 27-2-2013 e il discorso tenuto il 15-3-2013 di fronte ai leader politici del Consiglio Europeo, nel quale ha sottolineato come i problemi di Spagna e Italia provengano in buona parte dal blocco del credito. 3 Council of Economic Advisers (1992): Economic Report to the President xvi INTRODUZIONE Come vedremo nelle prossime pagine, in Europa negli ultimi anni è stata rilevata una riduzione generale della crescita dei volumi di credito. Per poter parlare di credit crunch è necessario però che questa diminuzione non sia il risultato di un indebolimento della domanda di credito causato dalla recessione economica, ma deve presentarsi una situazione in cui l’eccesso di domanda non viene soddisfatto a causa di un livello troppo basso dell’offerta da parte delle banche. Figura 0.1 Tassi di crescita del credito totale (variazioni trimestrali annualizzate, percentuali) [Fonte: ECB Statistical Data Warehouse] xvii INTRODUZIONE La Figura 0.1 mostra i tassi di crescita del totale di prestiti rilevati nelle quattro maggiori economie dell’area euro nell’ultimo decennio. Osservando il grafico si può vedere come la Spagna, considerato in passato il “leone europeo” per aver mantenuto tassi di crescita del PIL tra il 3% e il 4% negli anni precedenti la crisi, sia stato negli stessi anni oggetto di un forte boom creditizio con variazioni trimestrali annualizzate che proprio prima dell’esplosione della crisi si avvicinavano al 30%; la stessa nazione è anche quella che segna le performance peggiori nel periodo post crisi, con il credito in contrazione da metà 2009 e percentuali negative in doppia cifra per gli ultimi dati disponibili un’imminente (-11%), ripresa che non fanno economica. presagire L’andamento del l’arrivo di credito in Francia e Italia ha un’evoluzione simile fino a metà 2011, quando lo scoppio della crisi del debito sovrano colpisce duramente le banche italiane e segna l’inizio del trend di contrazione dei prestiti ancora oggi in atto (-2.6%). La Germania appare invece come la nazione “relativamente” più stabile, visto che prima del 2008 non è oggetto di boom eccessivi e presenta una contrazione del credito tra il 2009 e il 2010 (il picco si attesta intorno al +10% nel corso del 2008 contro tassi di crescita negativi nel biennio successivo). Nelle ultime rilevazioni le variazioni registrate sono positive ma deboli, attestandosi intorno ad una crescita dell’1%. Pur non avendo subito direttamente gli effetti della crisi del debito sovrano attraverso l’innalzamento del costo di finanziamento all’emissione di titoli di stato, bisogna ricordare che i tedeschi ne subiscono comunque le conseguenze essendo un paese esportatore situato nel centro dell’Eurozona che commercia molto con i paesi limitrofi. Per questo riduzioni dei consumi nei partner commerciali europei si traducono per la Germania in diminuzioni della domanda di beni estera ed un conseguente rallentamento dell’attività economica. xviii INTRODUZIONE Belgio Germania Spagna Francia Italia Olanda Media EU Tasso crescita PIL 2012 (%) -0.2 0.7 -1,4 0.0 -2,4 -0,9 -0,6 Totale prestiti (Miliardi di euro) 490 4660 2096 4418 2470 1375 17993 Tasso crescita totale prestiti (%) -10,4 -0,5 -4,5 0,0 1,4 0,6 -1,8 Totale prestiti verso imprese non finanziare (Miliardi di euro) 112 909 728 876 875 379 4542 Tasso crescita prestiti verso imprese non finanziarie (%) -1,5 1,4 -11,1 0,8 -2,6 3,8 -2,3 Totale prestiti verso famiglie (Miliardi di euro) 113 1452 824 1091 610 435 5253 Tasso crescita prestiti verso famiglie (%) 4,3 1,4 -3,5 2,3 -1,0 3,3 0,5 Credito al consumo (%) -1,9 0,2 -7,9 -1,0 -6,0 -2,8 -2,8 Mutui ipotecari (%) 6,0 1,9 -3,3 2,8 -0,2 4,2 1,3 Tabella 0.1 Eurozona: Prestiti all'economia, valori assoluti e variazioni annuali (dicembre 2012) [Fonte: ECB Statistical Data Warehouse] La Tabella 0.1 mostra un quadro generale aggiornato al 31 dicembre 2012 della situazione europea. Sono riportati valori assoluti e variazioni percentuali annue del credito totale concesso da sei diversi paesi alle rispettive economie; sono inoltre riportati i volumi totali ed i tassi di crescita per i prestiti concessi verso imprese non finanziarie e famiglie, oltre alla crescita del PIL per l’anno 2012. Per poter confrontare paesi xix INTRODUZIONE dimensionalmente simili non consideriamo Belgio e Olanda, le cui economie sono rispettivamente all’incirca il 25% e il 40% rispetto a quella italiana. Osservando la tabella in cerca di conferme riguardo alla relazione tra credito e crescita illustrata inizialmente, notiamo che in Europa le uniche nazioni non in recessione (con variazioni del Prodotto Interno Lordo non negative) per il 2012 sono Germania (+0.7%) e Francia (+0%), che registrano incrementi anche nel credito concesso alle imprese (+1.4% e +0.8% rispettivamente). Parallelamente le nazioni più colpite dalla recessione, come Spagna (-2.4%) e Italia (-1.4%), sono quelle che registrano la riduzione maggiore di prestiti verso le imprese (-11.1% e -2.6%). Per quest’ultima categoria di prestiti possiamo notare che in Germania, Francia e Italia il credito bancario ha dimensioni aggregate comparabili, mentre la Spagna registra un ammontare tra il 20% e il 25% inferiore. Invece per quanto riguarda i prestiti verso le famiglie, il nostro paese registra un totale che è all’incirca il 40% rispetto ai tedeschi (600 miliardi contro 1500), la metà rispetto ai francesi e circa 200 miliardi di euro in meno rispetto al paese iberico, a conferma del ridotto indebitamento complessivo delle famiglie italiane rispetto alla media europea. Ricordando che l’ammontare totale di prestiti rilevati è dato dall’incontro tra domanda e offerta di credito, risulta complesso determinare con precisione in quale misura ognuna delle due grandezze possa essere considerata responsabile della variazione registrata rispetto al periodo precedente. In generale, escludendo situazioni particolari che impediscono alle banche di incrementare i prestiti concessi, è la domanda che influisce sul livello del credito, con il settore bancario che si adegua fornendo all’economia il denaro richiesto. I grafici che verranno in seguito presentati hanno proprio lo scopo di rendere possibile un confronto tra domanda e offerta di xx INTRODUZIONE credito. Sono stati elaborati cercando di quantificare4 le risposte qualitative fornite dalle banche dei rispettivi stati ad un questionario promosso dalla BCE, la European Bank Lending Survey, che analizzeremo dettagliatamente in seguito. Figura 0.2 Andamento della domanda e dell'offerta di credito in Europa (indice di diffusione) [Fonte: European Bank Lending Survey] Nella Figura 0.2 possiamo vedere l’evoluzione delle condizioni di domanda e offerta di credito relative alla regione europea nel suo complesso, secondo le risposte di più di cento banche operanti in tutto il continente. Possiamo innanzitutto notare che il triennio precedente alla crisi del 2008, considerato un periodo di relativo boom economico per alcuni paesi (ad esempio la Spagna), è caratterizzato da un permanente eccesso di domanda. Questo può essere spiegato ipotizzando che l’aggiustamento dell’offerta di credito da parte delle banche si realizzi solo in seguito ad un 4 Per rendere possibile un confronto è stato preso l’indice di diffusione relativo alle due domande generali del questionario sull’andamento di domanda e offerta di credito. I valori dell’indice relativi all’offerta sono stati in seguito moltiplicati per -1, in modo che ad una restrizione delle condizioni di accesso al credito corrisponda uno spostamento verso il basso della curva. xxi INTRODUZIONE effettivo aumento delle richieste di prestiti. In un’economia in crescita dove la domanda continua ad aumentare, l’offerta si adegua con un periodo di ritardo dando origine ad un eccesso di domanda permanente che viene eliminato quando la stessa domanda smette di crescere. Negli anni successivi alla crisi possiamo invece individuare due periodi caratterizzati da dinamiche differenti: il primo, da metà 2009 a fine 2011, dove la domanda torna a crescere e l’offerta presenta dei problemi, poiché le banche hanno delle difficoltà a reperire fondi da prestare sul mercato a causa delle tensioni causate dallo scoppio della crisi del debito sovrano; il secondo, da inizio 2012 fino ad oggi, in cui i problemi di liquidità del settore bancario vengono risolti dalle due LTRO promosse dalla Banca Centrale Europea ma il prolungamento della recessione indebolisce la domanda delle imprese. Figura 0.3 Andamento della domanda e dell'offerta di credito in Germania (indice di diffusione) [Fonte: European Bank Lending Survey] Nella Figura 0.3 possiamo vedere il caso specifico della Germania, adottando sempre il punto di vista delle banche che hanno risposto al questionario. Osservando xxii l’offerta di credito, INTRODUZIONE possiamo evidenziare come le banche tedesche abbiano ristretto le condizioni di accesso al credito abbastanza pesantemente nel biennio successivo alla crisi del 2008, a fronte di una diminuzione della domanda più moderata. Per questo periodo si può parlare anche per la Germania di credit crunch poiché nel grafico è rappresentato un eccesso di domanda causato principalmente da una brusca riduzione dell’offerta. Anche per il biennio 2010-2012 la figura presenta un eccesso di domanda, anche se più contenuto perché le banche tedesche hanno subito l’impatto della crisi greca e degli sviluppi successivi in misura minore rispetto a quelle italiane e spagnole. La domanda tedesca, che sembrava essersi completamente ripresa a metà 2011, subisce poi l’impatto della crisi che ha investito l’Europea e resta debole per tutto il 2012 fornendo segnali ambigui nelle ultime rilevazioni. Figura 0.4 Andamento della domanda e dell'offerta di credito in Spagna (indice di diffusione) [Fonte: European Bank Lending Survey] In Figura 0.4 è rappresentato l’evolversi del panorama creditizio spagnolo secondo le banche iberiche partecipanti al questionario promosso dalla BCE. La prima cosa che si nota dal grafico è il crollo che ha visto protagoniste sia domanda che xxiii INTRODUZIONE offerta di credito a cavallo tra il 2007 e il 2008: le tempistiche corrispondono al momento dell’esplosione della bolla cresciuta nel settore immobiliare iberico negli anni precedenti. Il settore bancario spagnolo, formato da grandi banche internazionali ben patrimonializzate come Santander e BBVA e piccole cajas regionali in media sottocapitalizzate, rischia il tracollo per la forte esposizione verso il mercato immobiliare ma viene salvato dall’intervento statale. Numerose cajas5 vengono così fuse in un’unica banca (Bankia) che nel 2012 riceve all’incirca 20 miliardi di euro dal governo per essere ricapitalizzata. Nonostante le difficoltà delle banche spagnole per la penisola iberica non si può parlare di credit crunch per la debolezza che caratterizza la domanda in tutto il periodo successivo alla crisi. Gli ultimi dati pervenuti mostrano un settore bancario che sembra aver superato i momenti di maggiore difficoltà e una domanda di credito ancora in diminuzione a causa della recessione che il paese sta vivendo. Figura 0.5 Andamento della domanda e dell'offerta di credito in Italia (indice di diffusione) [Fonte: European Bank Lending Survey] 55 Le cajas spagnole altro non sono che l’equivalente delle casse di risparmio italiane. xxiv INTRODUZIONE In Figura 0.5 è rappresentata invece la situazione italiana. Secondo le risposte fornite dagli otto gruppi bancari partecipanti alla Bank Lending Survey già dall’inizio del 2007 la domanda di credito inizia a mostrare una flessione che si amplifica verso la fine del 2008 in seguito al fallimento della banca d’affari statunitense Lehman Brothers. Nonostante la ridotta esposizione nei confronti dei titoli tossici commercializzati dalle investment bank americane, nello stesso periodo la totalità delle banche italiane intervistate afferma di aver ristretto le condizioni di accesso al credito. Sul finire del 2009 l’Italia sembra aver sorpassato la crisi senza necessità di alcun salvataggio bancario e gli stessi istituti credito riportano miglioramenti nella domanda di prestiti da parte delle imprese. Per il biennio 2010-2012 il grafico presenta un eccesso di domanda, probabilmente non effetto della crescita delle richieste di prestiti ma dalla restrizione dell’offerta di credito bancario. Questo spostamento della curva di offerta è provocato dalle difficoltà che le banche italiane hanno nel finanziarsi sul mercato dopo lo scoppio della crisi del debito sovrano. Riguardo a questo periodo gli intermediari intervistati imputano la diminuzione del credito a una debolezza della domanda, descrivendo un quadro dove le imprese migliori cercano modalità alternative di finanziamento e quelle più rischiose si rivolgono alle banche e vengono respinte; dall’altra lato abbiamo spesso sentito parlare di credit crunch da parte delle imprese, le quali riportano una maggiore probabilità che la richiesta di concessione di un mutuo venga respinta nel periodo successivo alla crisi (come mostrato nella figura seguente). xxv INTRODUZIONE Figura 0.6 Percentuale di imprese che hanno subito un razionamento del credito [Fonte: Indagine sulle imprese industriali e dei servizi, Banca d’Italia] La Figura 0.6, riportata dall’indagine sulle imprese industriali e dei servizi condotta annualmente dalla Banca d’Italia, mostra in un orizzonte pluriennale la percentuale di imprese intervistate che dichiarano di essere state razionate, ovvero che non hanno ricevuto l’intero ammontare di prestiti richiesto nell’anno considerato dal questionario. Come possiamo vedere questa percentuale, che si attestava intorno al 3% nel triennio 2005-2007, è notevolmente aumentata nel periodo successivo alla crisi registrando un picco dell’11,7% per il 2011, ultimo anno per il quale sono disponibili i dati. Oltre al fatto che una generica impresa italiana ha maggiori probabilità di subire un razionamento dopo la crisi, la figura mostra un’asimmetria persistente tra le percentuali relative a CentroNord e Sud Italia per tutto l’orizzonte temporale di riferimento. Una possibile spiegazione per la maggiore probabilità di razionamento delle imprese del meridione sarà illustrata nel capitolo 4 analizzando alcune caratteristiche strutturali del sistema bancario italiano. xxvi INTRODUZIONE Ma cerchiamo di comprendere meglio la situazione italiana, osservando l’andamento dell’ammontare di prestiti totali, del credito concesso alle imprese non finanziarie e delle motivazioni che secondo le banche intervistate hanno provocato una riduzione della domanda e dell’offerta di credito in Italia. Figura 0.7 Prestiti Totali concessi in Italia verso tutte le controparti (miliardi di euro) [Fonte: ECB Statistical Data Warehouse] Come mostrato nella Figura 0.7, i volumi del credito in Italia sono praticamente congelati dal 2008, dopo un decennio di prospera crescita. Tuttavia bisogna evidenziare delle differenze tra la situazione italiana e quella di altri paesi in difficoltà della zona euro: l’ammontare totale di prestiti è rimasto pressoché invariato, senza subire contrazioni intorno al 10% su base annua come nel caso spagnolo; ciò che preoccupa maggiormente è invece xxvii INTRODUZIONE la durata temporale estesa di questa situazione. Il perdurare del blocco del credito nel quinto anno successivo al 2008 e la mancanza di segnali di ripresa fanno temere il ripetersi di una recessione prolungata come la Grande Depressione che ha interessato gli USA negli anni ’30 o il più recente “decennio perduto” giapponese. Figura 0.8 Prestiti bancari verso imprese non finanziarie (variazioni annue e variazioni trimestrali annualizzate) [Fonte: Bollettino economico No.67, Banca d'Italia] Osservando nella Figura 0.8 l’andamento specifico delle variazioni dei prestiti verso imprese non finanziare italiane, notiamo che nonostante la brusca frenata nei tassi di crescita causata dalla crisi (da +12% a fine 2007 a 0% nel 2009) il nostro paese non ha subito contrazioni nel credito fino alla fine del xxviii INTRODUZIONE 2011. A metà dello stesso anno sembra che nel nostro paese il credito si stia riprendendo mostrando tassi di crescita di poco inferiori al 5% quando l’inasprirsi della crisi del debito sovrano causa una inversione di tendenza che porta all’attuale trend negativo, confermato dagli ultimi dati che riportano una netta contrazione (-2,4%). Con l’ausilio di un altro grafico, sempre elaborato sui dati della Bank Lending Survey, andiamo a vedere come domanda e offerta di credito possono essere considerate responsabili dei movimenti espansivi o contrattivi del credito a detta delle banche italiane. Figura 0.9 Prestiti ad imprese italiane: domanda, offerta e principali fattori responsabili [Fonte: European Bank Lending Survey] xxix INTRODUZIONE Nella Figura 0.9 sono contenuti i grafici relativi alla stretta creditizia (sopra) e alla domanda di credito (sotto), con i relativi fattori considerati come principali responsabili delle variazioni. Da una rapida disamina possiamo identificare per il lato offerta i due momenti più critici nel periodo finale del 2008 e in dicembre 2011 (dove metà delle banche intervistate dichiara di aver ridotto il credito elargito), che corrispondono anche ai momenti in cui gli istituti di credito hanno dichiarato di aver aumentato in maggior misura i margini verso le imprese più rischiose. Dal lato domanda vediamo che il momento peggiore è costituito dal 2012, dove oltre il 50% dei partecipanti al questionario segnala un crollo della domanda di credito per finanziamento di investimenti, mentre le uniche richieste di prestiti giungono dalle imprese che vogliono ristrutturare il debito acceso in passato a tassi di mercato superiori. Nel capitolo 1 andremo a ripercorrere l’evoluzione della letteratura accademica partendo dal modello di Bernanke e Blinder, che nel 1988 ha segnato l’inizio del filone della credit view. Ad un’analisi dettagliata di tale modello e delle sue implicazioni seguirà una nostra estensione della verifica empirica proposta dagli stessi autori qualche anno dopo con la metodologia VAR. A seguire mostreremo gli sviluppi della letteratura nel decennio successivo (passando ad esempio per i lavori di Kashyap e Stein [1993;1995;1997] e Van Der Heuvel [2002;2005]). Infine verrà illustrata l’applicazione della teoria classica all’Italia, Paese considerato appropriato per testare empiricamente le conclusioni della lending view. Nel capitolo 2 presenteremo la rivisitazione della credit view formulata da parte del governatore della Federal Reserve Ben Bernanke in un celebre discorso tenuto ad Atlanta nel 2007, e i punti principali della successiva riformulazione analitica operata da Piti Disyatat [2010]. Sarà presentata anche la teoria attraverso la quale si è cercato di dare spiegazioni allo scoppio xxx INTRODUZIONE della crisi del 2008 cercando un legame tra politica monetaria e comportamento del settore bancario, ovvero il risk taking channel di Claudio Borio e Haibin Zhu [2010]. Sarà infine trattata l’importanza della lending view nel contesto attuale, dove la politica monetaria non è più responsabile di shock che si riversano sull’economia reale ma cerca affannosamente di stimolare una ripresa che al giorno d’oggi non si è ancora verificata. Nel capitolo 3, dopo aver illustrato alcuni effetti che la crisi del 2008 ha avuto sul settore bancario, analizzeremo le risposte fornite dalle banche europee alla Bank Lending Survey per comprendere meglio le motivazioni che hanno causato questo credit crunch nel periodo successivo alla crisi, per poi studiare nello specifico le risposte delle banche italiane. Questo ci aiuterà a fornire una descrizione più dettagliata della situazione europea e del nostro paese. Nel capitolo 4 verrà invece analizzato un altro filone della letteratura sviluppata sul caso italiano, il quale cerca un legame tra le caratteristiche strutturali di un sistema bancario e i rapporti che si instaurano tra banche e imprese. Ripercorrendo brevemente le principali distinzioni esistenti tra sistemi “bancocentrici” e “mercatocentrici”, andremo a vedere come il consolidamento del settore bancario di cui è stata oggetto l’Italia nell’ultimo ventennio abbia modificato alcune caratteristiche strutturali del sistema che hanno portato ad una parziale distruzione delle relazioni tra banche e imprese create in precedenza ed al razionamento di imprese situate in particolari zone geografiche. Nella seconda parte del capitolo andremo ad illustrare invece il punto di vista delle banche, come vedono e cercano di spiegare l’evoluzione della situazione attuale e la contestuale riduzione del credito rilevata; verrà presentata anche la posizione del settore bancario nei confronti delle nuove normative introdotte dai regulator e dei nuovi modelli di business bancari basati sui derivati nati con l’innovazione finanziaria. xxxi INTRODUZIONE Nel capitolo 5 presenteremo una possibile soluzione sperimentata dalla Banca d’Inghilterra per uscire dal credit crunch, riportando i risultati parziali ad oggi disponibili. La banca centrale inglese attraverso il Funding For Lending Scheme crea un piano razionale che incentivi le banche inglesi ad incrementare il credito concesso all’economia. Il capitolo 6 conclude. xxxii 1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL Capitolo 1 IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL Negli ultimi tempi, vista la gravità della situazione italiana, questa espressione americana è diventata molto utilizzata e familiare per chi segue le vicende economiche europee e non solo. Per comprendere meglio cosa sta accadendo e i possibili fattori responsabili delle condizioni economiche attuali presentiamo una rassegna della letteratura per tracciarne l’evoluzione dei contenuti e scoprire le origini della terminologia. L’importanza e gli effetti dell’attività creditizia sull’economia vengono inizialmente sottolineati nel lavoro di Bernanke e Blinder [1988], i quali richiedono che venga attribuita maggiore attenzione al ruolo del credito come elemento fondamentale nella trasmissione della politica monetaria. Per far ciò gli autori utilizzano un modello a tre asset: moneta, bonds e loans (che si ipotizzano forme di finanziamento non perfettamente sostituibili per le imprese6). Secondo quanto descritto dal modello, per mezzo di una manovra di politica monetaria la banca centrale può influenzare il comportamento delle banche e la loro offerta di credito, e quindi avere effetti sulle scelte di investimento delle imprese e sull’economia reale. Di seguito verrà descritto il modello di Bernanke e Blinder e 6 Riguardo alla imperfetta sostituibilità di bonds e loans, gli autori prendono spunto dai lavori di Tobin “A General Equilibrium Approach to Monetary Theory” [1969] e Brunner-Meltzer “Money, Debt and Economic Activity” [1972]. Per risalire alle origini dell’idea che esista un lending channel, ovvero un meccanismo di trasmissione della politica monetaria alternativo al classico interest rate channel che funzioni per mezzo del credito bancario, bisogna risalire ai lavori di Tobin e Brainard [1963] e Brainard [1964]. 1 1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL successivamente verrà presentata un’estensione della verifica empirica proposta dagli stessi autori nel 1992, utilizzando un campione di dati americani aggiornati fino al 31 dicembre 2012. 1.1 Il Modello di Bernanke e Blinder Il punto di partenza è l’analisi delle criticità di un classico modello IS-LM, che rappresenta sullo stesso piano le curve di equilibrio tra domanda e offerta del mercato dei beni e della moneta. Questo modello è costruito sull’ipotesi che prestiti e debiti obbligazionari siano forme di finanziamento perfettamente sostituibili e perciò condensate in un unico mercato, quello obbligazionario, il cui equilibrio non viene discusso per la legge di Walras7. Ipotesi non verificata totalmente nella realtà: infatti mentre le imprese più grandi possono scegliere quale modalità di finanziamento adottare, le PMI spesso (e soprattutto nel contesto europeo) dipendono unicamente dai prestiti bancari. Criticando la profonda asimmetria di trattamento introdotta tra offerta di credito e di moneta i due autori introducono un modello a tre asset (moneta, obbligazioni e prestiti) che si può risolvere imponendo l’equilibrio tra domanda e offerta nei tre mercati, ottenendo come risultato i tassi d’equilibrio su prestiti (ρ) e obbligazioni (i). Chi cerca un finanziamento si trova così a scegliere in base alla relazione che intercorre tra i due tassi. Andiamo quindi a vedere attraverso quali equazioni specifiche si determina l’equilibrio nei vari mercati. 7 Il corollario della legge di Walras qui citato afferma che in un sistema economico composto da n mercati se (n-1) mercati sono in equilibrio allora sarà in equilibrio anche l’n-esimo. Per questo nella risoluzione dell’IS-LM è sufficiente imporre l’equilibrio simultaneo nel mercato dei beni e della moneta, disinteressandosi di quello dei titoli obbligazionari. 2 1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL Nel mercato del credito la domanda di prestiti avrà la seguente forma πΏπ = πΏ(π, π, π) πππ ππΏπ ππΏπ ππΏπ < 0, >0 π >0 ππ ππ ππ dove la dipendenza positiva dal PIL (Y) modella la domanda di credito a scopo transazionale, che è determinata dalla necessità di finanziare un livello maggiore di scorte o da un bisogno di liquidità emerso per stare al passo con lo sviluppo economico. Naturalmente la domanda di credito subirà variazioni positive in caso di aumento dei tassi obbligazionari e negative in caso di incremento dei tassi praticati sui prestiti. L’offerta di credito ha origine invece dal bilancio degli istituti bancari, dove le attività (riserve R, obbligazioni B e prestiti concessi Ls) devono eguagliare le passività (depositi D) affinché sia rispettato il vincolo di bilancio π + π΅ + πΏπ = π· πππ π = ππ· + πΈ dove le riserve R sono composte da riserve obbligatorie (rD) e libere (E). Attraverso alcuni semplici passaggi è possibile ricavare l’equazione dell’offerta di credito πΏπ = π(π, π)π·(1 − π) πππ ππ ππ >0π <0 ππ ππ dove f modellizza la scelta di portafoglio delle banche, che devono scegliere come allocare la liquidità tra finanziari e prestiti a seconda del profitto che ne strumenti possono ottenere. L’equilibrio nel mercato del credito sarà quindi garantito dall’equazione πΏπ = πΏπ πΏ(π, π, π) = π(π, π)π·(1 − π) (1) 3 1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL Il mercato dei beni è modellizzato attraverso la classica relazione tra investimento e risparmio (IS) πΌπ: ππ = π π π = π(π, π) πππ ππ ππ , <0 ππ ππ (2) Nel mercato della moneta l’offerta di depositi da parte delle banche è generata dalle riserve detenute per il moltiplicatore della moneta π· π = π(π)π πππ π(π) = 1 [π(π)(1 − π) + π] ππ(π) <0 ππ π(π) ∈ [0,1], dove ε(i) rappresenta l’elasticità delle riserve libere rispetto al tasso i. Questo coefficiente è positivo ma decrescente rispetto a incrementi di i, poichè modellizza il comportamento delle banche che spostano la propria liquidità in investimenti maggiormente remunerativi rispetto alle riserve in eccesso (che non sono remunerate) quando i tassi di mercato crescono. La domanda di depositi è originata dalla motivazione transazionale e assume la forma π· π = π· π (π, π) πππ ππ· ππ· <0π >0 ππ ππ (3) Eguagliando domanda e offerta di depositi ottengo la classica LM, che rappresenta il luogo dei punti d’equilibrio del mercato della moneta πΏπ: π·π = π· π π·(π, π¦) = π(π)π 4 1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL L’equilibrio del mercato del credito e dei beni vengono condensati in un’unica equazione chiamata CC (Commodities & Credit)8, la quale mantiene le principali proprietà di una IS ma si muove anche in seguito a variazioni di politica monetaria (R) o shock relativi al mercato del credito. Se prestiti e obbligazioni sono strumenti di finanziamento perfettamente sostituibili (per chi presta o chi chiede un prestito), o se la domanda di beni è insensibile a ρ, la CC collassa in una classica IS poiché non c’è più dipendenza dal mercato del credito. Se moneta e credito sono perfetti sostituti la LM diventa orizzontale (trappola della liquidità). La politica monetaria resta comunque influente perché muove la CC. Figura 1.1 Curve CC-LM [Fonte: Bernanke-Blinder 1988] Analizzando la risposta del modello a shock esogeni sulle principali variabili d’interesse, otteniamo i seguenti risultati. Tabella 1.1 Effetto di diversi shock sulle variabili osservabili [Fonte: Bernanke-Blinder 1988] 8 L’equazione esplicita della CC si ottiene sostituendo (3) in (1), e successivamente il risultato in (2). L’idea originale di rappresentare gli equilibri nel mercato dei beni e del credito con una sola curva risale al lavoro “Money, Interest and Prices: an integration of monetary and value theory” (1956) dell’economista israelo-americano Don Patinkin. Per il dettaglio della derivazione dei moltiplicatori di impatto sulle varie grandezze presentati in seguito rimandiamo all’Appendice A. 5 1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL Come mostrato in Tabella 1.1, la risposta di credito e moneta ai diversi shock appare molto simile. Le uniche differenze di comportamento si verificano in seguito a shock relativi alle rispettive domande. Per questo motivo Bernanke e Blinder criticano la storica importanza asimmetrica data ai due aggregati, invocando maggiore attenzione nei confronti del credito. Gli autori sollevano anche questioni importanti sull’operato di una banca centrale che, agendo in ottica stabilizzante9, deve scegliere se avere come grandezza obiettivo il credito o la moneta. Al tempo della pubblicazione del modello la politica monetaria non aveva a disposizione tutte le “armi” che si ritrova oggi in mano, per cui l’unica variabile di policy che poteva essere utilizzata era l’ammontare di riserve detenute dagli intermediari finanziari. Modificando questa grandezza nel modello si provocano spostamenti sia della curva di offerta di credito che di moneta. (a) (c) (b) Figura 1.2 Effetto di un aumento delle riserve bancarie (politica espansiva) 9 Partendo da una situazione iniziale di equilibrio, in seguito a uno shock esogeno che perturba il sistema economico la banca centrale cerca di ristabilire l’equilibrio iniziale. 6 1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL Nella Figura 1.2 viene mostrato come nel modello un aumento delle riserve provoca uno spostamento verso destra di entrambe le curve. Se l’effetto sul reddito è sicuramente espansivo per la somma dei contributi di LM e CC, la variazione indotta sul tasso d’interesse dipende dagli spostamenti relativi delle due curve, che a loro volta dipendono dalle elasticità delle domande di credito e moneta rispetto a variazioni del reddito Y. Lo spostamento della LM dipende anche dall’elasticità del moltiplicatore della moneta rispetto al tasso d’interesse, responsabile di variazioni dell’offerta di depositi da parte delle banche. Se nel caso (a) è illustrata una situazione dove le elasticità delle domande sono simili, nel caso (b) lo spostamento della CC prevale e nel caso (c) quello della LM. Da un punto di vista economico il caso (b) è quello che vorremmo evitare, ovvero una politica monetaria espansiva che provoca aumenti del tasso d’interesse d’equilibrio. Questa situazione può essere esclusa imponendo le condizioni: ππΏπ ππ· π ≅ ππ¦ ππ¦ π(π) = ππ(π) πππ π‘πππππ ππππ£ππ‘π ππ Intuitivamente questa situazione è quella che più si avvicina alla realtà, dove l’effetto principale della politica monetaria è dato dall’interest rate channel (spostamento della LM) che viene amplificato o contrastato dagli effetti di minore entità del credit channel (spostamento della CC). 7 1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL Andiamo ora a vedere, con l’ausilio di alcuni grafici, come reagirebbe una banca centrale “monetarista” o “creditista” in risposta ad alcuni shock. Figura 1.3 Shock Espansionario IS In seguito ad uno shock espansionario (Figura 1.3) che faccia traslare la CC verso destra, sia credito che moneta tendono ad aumentare. La risposta corretta stabilizzante sarà identica in questo caso qualunque sia la grandezza da stabilizzare e quindi entrambe le banche centrali ridurranno le riserve. Figura 1.4 Aumento della Domanda di Moneta 8 1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL In seguito ad un aumento della domanda di moneta (Figura 1.4) la situazione appare differente. Infatti l’eccesso di domanda provocherebbe un aumento del tasso d’interesse, stimolando l’offerta di depositi a scapito dell’offerta di credito. Una banca centrale monetarista cercherebbe di contenere l’espansione della moneta indotta dalla domanda contraendo le riserve (quindi spostando la LM a sinistra) e provocando una riduzione del PIL. Al contrario una banca centrale “creditista” noterebbe che l’aumento della domanda di moneta ha avuto un effetto depressivo sul credito e espanderebbe le riserve, stabilizzando così l’economia. Figura 1.5 Aumento della Domanda di Credito In seguito ad un aumento della domanda di credito (Figura 1.5) ci troveremmo in una situazione simmetricamente opposta. Per l’eccesso di domanda si alzerebbero i tassi sui prestiti e le banche sarebbero incentivate ad aumentare l’offerta di credito e ridurre quella “creditista” di depositi. ridurrebbe destabilizzazione del Quindi le PIL, una riserve mentre una banca centrale provocando banca centrale “monetarista” le espanderebbe stabilizzando l’economia. 9 una 1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL Tornando alla letteratura accademica, la questione della sostituibilità delle fonti di finanziamento viene applicata anche al sistema bancario. La tesi di imperfetta sostituibilità viene rifiutata da Romer e Romer [1990], i quali sostengono che il processo di deregulation e innovazione finanziaria avvenuto nel decennio precedente ha permesso alle banche di scegliere la modalità di funding a loro più conveniente. In risposta a una manovra restrittiva di politica monetaria gli istituti di credito possono cioè utilizzare strumenti finanziari senza requisiti di riserva obbligatoria, e quindi l’offerta di credito non dovrebbe essere influenzata dalla politica monetaria ed evolversi in maniera indipendente da essa. Negli USA questi non sono anni ruggenti, e dopo il Black Monday del 1987 e il collasso di numerose Savings&Loans10 (d’ora in poi S&L) sul finire degli anni ottanta giunge la recessione. Nonostante il mercato finanziario abbia reagito rapidamente recuperando le perdite di Wall Street, l’economia stenta a riprendersi e il biennio successivo è caratterizzato da un basso livello di attività economica e contrazione del credito. Nel 1991, con la pubblicazione di “The Credit Crunch” ad opera di Bernanke-Lown, il termine entra a far parte della letteratura accademica e inizia a essere utilizzato in essa. La ricerca contiene un’analisi dei fattori che possono aver portato alla contrazione del credito ed apre la strada a un filone di studi che verrà inglobato successivamente nella cosiddetta credit view. Osservando l’andamento del credito gli autori ipotizzano una diminuzione causata in parte dalla debolezza della domanda, tesi supportata dal fatto che anche le forme di finanziamento alternative al credito bancario hanno registrato nello stesso 10 Queste erano istituzioni che raccoglievano depositi e fornivano mutui e credito al consumo a cittadini americani. Furono duramente colpite dalla stretta monetaria attuata da Volcker all’inizio degli anni ’80 e collassarono alla fine del decennio a causa dello squilibrio tra attività (costituite da investimenti e prestiti di lungo periodo) e passività (basate sulla raccolta di depositi a vista e strumenti di risparmio di breve periodo). 10 1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL periodo una diminuzione nei volumi. La causa principale viene identificata nel peggioramento dei bilanci delle imprese, alla quale segue una riduzione del relativo merito di credito. Spostando il focus dell’analisi sull’offerta di credito, vengono identificati tra i possibili fattori determinanti la scarsa disponibilità di fondi prestabili, l’eccessiva severità dei regulator alla fine degli anni ‘80 e il rallentamento della crescita delle cartolarizzazioni, ma nessuno dei tre sembra assumere un ruolo determinante. Infatti riguardo al primo non si notano incrementi di competizione tra le banche nel mercato del funding11, mentre il secondo ed il terzo non appaiono di per se come vincoli così influenti da poter “bloccare” il credito. I movimenti di quest’ultimo appaiono invece fortemente dipendenti da un’altra grandezza, il capitale bancario, che è direttamente connessa con l’attività di supervisione dei regolatori e con la possibilità di offrire prestiti da parte delle banche. Parlando di capital crunch si descrivono quindi le perdite iscritte a bilancio dagli istituti di credito in seguito al collasso delle S&L e il successivo ribilanciamento obbligatorio dell’attivo, che in ultima istanza ha causato una riduzione dell’offerta di credito. Dopo aver verificato empiricamente su un campione ridotto relativo alle banche del New Jersey che movimenti di capitale e credito sono positivamente correlati, viene sottolineata l’importanza del credito nel determinare l’andamento economico e richiesta una maggiore attenzione ai suoi aggregati, storicamente considerati di minore importanza rispetto alla moneta. 11 Se così fosse, si rileverebbe una maggiore remunerazione delle possibili fonti di finanziamento, ad esempio attraverso l’offerta di tassi più elevati sui depositi. 11 1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL 1.2 La Verifica con la Metodologia VAR Negli anni successivi alla pubblicazione del modello precedentemente presentato sono stati effettuati innumerevoli tentativi per giustificare empiricamente l’esistenza del canale del credito. Molte di queste analisi sono state effettuate utilizzando la metodologia VAR, come la prima verifica empirica operata dagli stessi autori nel 1992 per gli Stati Uniti, che qui riproporremo rimandando all’appendice B per una breve spiegazione riguardante la metodologia dei vettori autoregressivi. Nelle sezioni iniziali del paper i due economisti presentano un’analisi dettagliata del Federal Funds Rate12 (d’ora in poi FFR). Questo tasso di mercato americano viene individuato come un miglior predittore dell’attività economica futura rispetto agli indicatori relativi agli aggregati monetari (M1 e M2) e, come sostenuto dagli autori, rappresenta una buona proxy per identificare la politica monetaria attuata dalla Federal Reserve nel corso della storia. Per provare quest’ultima affermazione occorre dimostrare che l’evoluzione dell’FFR, fissato come tasso di equilibrio tra domanda e offerta di riserve bancarie, dipenda principalmente dall’offerta di denaro gestita dalla banca centrale e non sia eccessivamente influenzato dalla domanda; in realtà questo è vero, poiché la Fed è disposta a concedere liquidità in misura illimitata al tasso FFR target stabilito, eliminando ogni eventuale eccesso di domanda per quel tasso prefissato. Di conseguenza l’FFR è determinato dall’offerta di riserve sul mercato interbancario e una manovra restrittiva si configura come una riduzione di questa offerta ed un conseguente aumento del tasso effettivo rilevato sul mercato. Ad una riduzione delle riserve disponibili, attraverso 12 il meccanismo del Il Federal Funds Rate è il tasso d’interesse di mercato con il quale le banche americano si prestano liquidità con scadenza overnight. In realtà esistono due FFR: il Federal Funds Rate Target, che rappresenta il tasso obiettivo per raggiungere il quale la Federal Reserve interviene sul mercato interbancario fornendo liquidità o ritirandola, e l’Effective Federal Funds Rate, media dei tassi realmente praticati sul mercato pesati per i volumi delle rispettive transazioni. 12 1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL moltiplicatore monetario, segue una diminuzione dell’offerta di depositi verso il pubblico da parte delle banche. Estendendo infine l’ipotesi di imperfetta sostituibilità delle fonti di finanziamento anche al settore bancario, il calo dei depositi non può essere compensato con l’utilizzo di altri strumenti di funding senza requisiti di riserva, come i certificati di deposito o i money market funds. Di conseguenza si traduce in una diminuzione del passivo e specularmente dell’attivo bancario, visto che le due grandezze contabili devono essere uguali. Tuttavia la riduzione dell’attivo di bilancio non avviene in maniera omogenea attraverso la diminuzione proporzionale di tutte le categorie che lo compongono, ma appare più come un ribilanciamento di portafoglio nel quale il peso relativo delle diverse componenti varia. E’ così che nel lending channel descritto da Bernanke e Blinder uno shock di politica monetaria si traduce una riduzione permanente dell’ammontare di prestiti concessi dalle banche. Lo scopo della nostra analisi è l’estensione della verifica proposta dagli autori ad un arco temporale successivo, ovvero valutare se questa ricomposizione dell’attivo bancario è riscontrabile anche utilizzando dati più recenti rispetto a quelli utilizzati nel paper originale. Per riprodurre operativamente questo effetto, abbiamo stimato un VAR inserendo un campione di dati statunitensi dal 1 gennaio 1959 al 31 dicembre 1978. Questa operazione di replica è stata effettuata con l’obiettivo di confrontare i nostri risultati con quelli ottenuti nel lavoro originale, verificando così che le variabili che abbiamo scelto sono comparabili con quelle utilizzate in passato. Tra le variabili inserite (ciascuna ritardata di sei periodi per permettere effetti cross-temporali) figurano un indicatore di politica monetaria rappresentato dall’FFR [FEDFUNDS], il tasso di disoccupazione [UNRATE], il logaritmo dell’inflazione e dei 13 1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL valori assoluti deflazionati delle variabili provenienti dai bilanci bancari (depositi [L_RDEP], titoli detenuti [L_RSEC] e prestiti [L_RLOA])13. Per avere maggiori informazioni sui dati e sulle serie storiche utilizzate, rimandiamo il lettore all’appendice C. Una volta stimati i coefficienti del nostro modello abbiamo valutato gli effetti di uno shock di politica monetaria sull’economia reale utilizzando la risposta all’impulso rispetto ad uno shock all’FFR, che ci ha permesso di osservare qualitativamente gli effetti e le dinamiche provocate sulle altre variabili. Figura 1.6 Risposte di tasso di disoccupazione, depositi, titoli detenuti e prestiti bancari ad uno shock al Federal Funds Rate valutate su un orizzonte di 24 mesi (Campione: gennaio 1959 - dicembre 1978) 13 Tra parentesi quadre sono riportate le sigle associate alle relative variabili presenti nelle figure successive, elaborate con l’utilizzo del software Eviews. 14 1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL Figura 1.7 Risposte di tasso di disoccupazione, depositi, titoli detenuti e prestiti bancari ad uno shock al Federal Funds Rate valutate su un orizzonte di 24 mesi (Campione: gennaio 1959 - dicembre 1978) [Fonte: “The Federal Funds Rate and The Channels of Monetary Transmission”, Bernanke e Blinder (1992)] Confrontando la Figura 1.6 con la Figura 1.7 (le nostre risposte con quelle originali) possiamo verificare che i risultati sono coerenti con ciò che ci aspettavamo, a meno di un’unica differenza riscontrata: nella nostra analisi in seguito ad un aumento dell’FFR la riduzione che interessa i depositi inizia al momento dello shock e raggiunge l’apice intorno al nono mese per poi svanire intorno al ventiduesimo mese, mentre nel lavoro originale la diminuzione si configura come permanente al termine dell’orizzonte temporale di osservazione. Per quanto riguarda le variabili dell’attivo bancario notiamo che la dinamica dei titoli detenuti è qualitativamente simile a quella dei depositi: diminuzione iniziale, picco intorno ai nove mesi e progressiva ricostituzione del livello iniziale. Al contrario la riduzione dei prestiti inizia con qualche periodo di ritardo (quarto/quinto mese) ma risulta permanente. Per avere un feedback degli effetti 15 1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL sull’economia reale osserviamo anche l’andamento del tasso di disoccupazione: inizia a crescere stabilmente dopo circa 5 mesi dallo shock e si stabilizza ad un livello superiore rispetto a quello iniziale, mostrando una dinamica speculare rispetto ai prestiti. Osservando le risposte ottenute, possiamo interpretare economicamente il ritardo con cui inizia la diminuzione dei prestiti ricordando la loro natura contrattuale, poiché al contrario dei titoli detenuti non è permessa una vendita immediata ma esiste l’obbligo di rispettare le scadenze temporali specificate nel contratto. Possiamo anche osservare che se obbligazioni e prestiti fossero perfetti sostituti per le imprese non assisteremmo a un ribilanciamento di portafoglio (asset management), ma ad una riduzione proporzionale delle due voci di bilancio. La cosa più importante da notare è che l’unica variabile proveniente dai bilanci bancari la cui dinamica appare correlata con gli effetti sull’economia reale è proprio il totale dei crediti: infatti il tasso di disoccupazione inizia ad aumentare proprio in corrispondenza dei periodi in cui i prestiti iniziano a diminuire e la variazione per le due variabili non è temporanea ma permanente al termine dei 24 mesi. Questo dimostra e giustifica l’importanza attribuita al credito bancario come determinante dello sviluppo economico in quegli anni. Come ribadiremo anche nei capitoli successivi, il meccanismo di trasmissione della politica monetaria è un processo evolutivo che al giorno d’oggi non è ancora terminato ed stato oggetto di numerosi cambiamenti nel corso dell’ultimo ventennio, soprattutto causati dalla deregulation e dallo sviluppo dei mercati finanziari. Andiamo quindi a valutare se esistono differenze rispetto al passato nelle possibili risposte del sistema economico attuale ad uno shock monetario. Per questo proposito utilizziamo un VAR stimato con le stesse variabili sopra citate, il cui campione questa volta si estende dal 1 gennaio 1984 al 31 dicembre 2012. 16 1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL Figura 1.8 Risposte di tasso di disoccupazione, depositi, titoli detenuti e prestiti bancari ad uno shock al Federal Funds Rate valutate su un orizzonte di 24 mesi (Campione: gennaio 1984 - dicembre 2012) Come possiamo vedere dalla Figura 1.8, stimando lo stesso VAR su due periodi temporali diversi otteniamo coefficienti e risposte all’impulso differenti, poiché si sono modificati i meccanismi di interazione tra le diverse variabili. Osservando i depositi, notiamo che da punto di vista qualitativo la reazione ad uno shock all’FFR non cambia: diminuzione iniziale, picco intorno ai nove mesi e progressivo ritorno verso il livello originale; l’unica differenza consiste nell’entità della riduzione, leggermente superiore rispetto al primo VAR stimato. Le variabili appartenenti all’attivo bancario presentano invece una dinamica differente rispetto a quella descritta in precedenza: questa volta sono i titoli detenuti a essere oggetto di una diminuzione che parte sin dall’inizio, mentre i prestiti iniziano ad aumentare con qualche periodo di ritardo sempre a causa della loro natura contrattuale; 17 1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL entrambe le variazioni si caratterizzano però come permanenti. L’unica variabile reale, ovvero il tasso di disoccupazione, presenta invece una riduzione temporanea che sfuma progressivamente spostandoci verso la fine dei 24 mesi di osservazione. E’ interessante notare che il canale del credito non appare attivo in questo periodo temporale, visto che i prestiti verso l’economia non si riducono ma aumentano in seguito ad uno shock derivante da una manovra restrittiva. Riassumendo i risultati della seconda stima VAR fino ad ora presentati, in seguito ad uno shock di politica monetaria il settore bancario reagisce con un ribilanciamento permanente del proprio portafoglio di attività in favore dei prestiti, riducendo la quota di titoli detenuti. Anche se il lending channel non è attivo secondo le modalità descritte nella formulazione originale, variazioni del credito sono accompagnate da movimenti opposti nel tasso di disoccupazione, come nel primo VAR stimato; anche se è cambiato il meccanismo di trasmissione della politica monetaria, l’importante legame positivo esistente tra l’aumento dei prestiti concessi e l’incremento dell’occupazione è ancora attivo. Anche se sono cambiate le modalità di propagazione di shock di politica monetaria, non è cambiata l’importanza del credito come determinante dello sviluppo economico. Ma come spiegare il cambiamento rilevato nelle risposte allo shock di prestiti e titoli detenuti? Per dare una risposta a questa domanda dobbiamo considerare gli sviluppi più recenti della letteratura sul canale del credito, secondo i quali la politica monetaria attuata influisce sul comportamento e sulle scelte di business delle banche. Secondo Florio e Nardozzi [2012], gli istituti di credito sono più incentivati a prestare denaro all’economia in un ambiente caratterizzato da tassi d’interesse relativamente elevati, mentre quando questi ultimi sono prossimi allo zero alle banche conviene di più investire in titoli finanziari. Questo accade perché tassi 18 1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL d’interesse elevati, solitamente associati ad un periodo di boom economico, permettono di ottenere profitti maggiori per quanto riguarda il margine d’interesse14. Al contrario in periodi caratterizzati da una politica monetaria molto espansiva e tassi bassi, solitamente associati a momenti di difficoltà economica, le banche preferiscono investire in titoli finanziari e generare profitti da trading invece che prestare denaro alle imprese. Infatti con il peggiorare delle condizioni economiche aumenta l’incertezza e con essa la probabilità di incorrere nel default di una o più controparti o in un aumento delle sofferenze rilevate. Questo rende molto più rischiosa e meno redditizia l’attività di concessione del credito, incentivando le banche a ricercare alternative dove il profitto possa essere monetizzato in tempi più ridotti e dove il calcolo del rischio verso cui si è esposti non debba comportare un monitoraggio continuo della controparte, come è necessario fare quando si concede un prestito. 1.3 Gli Sviluppi della Credit View Dopo il lavoro iniziale di Bernanke e Blinder, durante gli anni ’90 si sviluppa una florida letteratura, soprattutto di natura empirica ma non solo, volta ad confermare ed ampliare il framework di riferimento che verrà successivamente identificato come credit view. Nel prossimo paragrafo verrà presentata una panoramica dei principali lavori pubblicati a riguardo. 1414 Ipotizziamo che il tasso d’interesse fissato dalla BCE sia il 6%, che rappresenta anche il costo di finanziamento per la nostra banca. Ad una generica impresa che richiede un prestito viene caricato un margine ulteriore, ad esempio del 30% rispetto al costo di raccolta; tale impresa si troverà a pagare un tasso vicino all’8%, con il margine d’interesse della banca intoro al 2%. In una situazione dove i tassi d’interesse della BCE sono all’1%, caricando un margine proporzionalmente identico all’impresa verrà richiesto un tasso dell’1,30%, con un margine d’interesse per la banca dello 0.3%. Anche se la situazione è estremizzata, in un’ambiente dove i tassi di riferimento sono alti c’è maggiore spazio di manovra nella fissazione del margine d’interesse da parte delle banche. 19 1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL Kashyap-Stein-Wilcox [1993] offrono un importante contributo definendo due condizioni necessarie affinché sia attivo il credit channel: devono esistere frizioni nel funding sia per le banche che per le imprese, dovute alla non perfetta sostituibilità delle forme di finanziamento. Queste imperfezioni vengono rilevate osservando che in seguito a manovre di politica monetaria restrittiva si assiste a variazioni nel mix di finanziamento delle imprese, che cercano strumenti alternativi ai prestiti bancari. Esiste perciò un meccanismo diverso rispetto al classico interest rate channel, attraverso il quale le decisioni prese dalla banca centrale vengono trasmesse all’economia reale attraverso gli intermediari finanziari. Un ulteriore punto importante è il tentativo di risoluzione del problema d’identificazione già presentato da Bernanke e Blinder. Infatti attraverso l’utilizzo di modelli econometrici è possibile stimare la relazione fra diverse variabili ma risulta più complicato determinare la direzione causale della stessa relazione. Nel caso specifico risultava difficile capire se fosse il ciclo economico negativo a deprimere la domanda di credito o la riduzione dell’offerta di credito a peggiorare l’andamento dell’economia. KSW argomentano che se la diminuzione del credito fosse imputabile alla recessione economica che colpisce le imprese, ovvero a un problema di domanda, anche le forme di finanziamento alternative dovrebbero registrare un andamento simile. Invece utilizzando dati USA tra il 1964 e il 1989 provenienti dalla banca dati della Federal Reserve viene mostrato come in seguito a restrizioni monetarie si verifichi un aumento delle emissioni di commercial paper da parte delle imprese. In dell’offerta pratica di queste credito ultime bancaria reagiscono cercando a altre riduzioni fonti di finanziamento, ma un mix differente porta con se una modifica degli investimenti e quindi effetti sull’economia reale. 20 sulla domanda aggregata e 1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL Sempre Kashyap e Stein [1994], dopo aver pubblicato una review sulla letteratura sviluppatasi ed essersi interrogati sulle ipotesi microfondanti del modello di Bernanke-Blinder, seguono le indicazioni proposte da Oliner-Rudebusch [1993] e abbandonano la dimensione aggregata per cercare differenze nel comportamento delle banche attraverso un’analisi cross-sectional che le suddivide in gruppi a seconda della dimensione. Per testare le proprie idee gli autori elaborano un modello analitico di equilibrio parziale15 a due periodi che descrive il comportamento delle banche attraverso la massimizzazione del profitto nella gestione del portafoglio di attività e passività. Il modello viene risolto per backward induction e vengono ricavate due proposizioni testabili empiricamente: in seguito ad uno shock che riduca l’ammontare dei depositi, rispetto alle grandi banche le piccole banche mostrano una riduzione più rapida dei prestiti totali concessi e più lenta dei titoli finanziari detenuti. La logica sottostante ci dice che per le piccole banche è più difficile trovare fonti di finanziamento alternative ai depositi, perciò in seguito a uno shock che riduca il passivo sono costrette a controbilanciare diminuendo l’attivo e quindi i prestiti concessi. La difficoltà nel reperire finanziamenti esterni fa sì che le piccole banche non vogliano ridurre i titoli detenuti, poiché grazie alla loro relativa liquidità rispetto ai prestiti possono essere utilizzati per cautelarsi di fronte a shock o necessità future. I risultati ottenuti utilizzando i Call Reports16 dal 1976 al 1992 confermano l’idea che il credit channel sia più influente ad attivo nel caso di piccole banche, meno abili o impossibilitate nel diversificare le proprie fonti di finanziamento. 15 Viene cioè posto il focus solo sul settore bancario e grandezze di mercato (come potrebbe essere il tasso sui buoni del tesoro americano) sono considerate input esogeni. 16 I Call Reports sono documenti che ogni banca americana assicurata dalla FDIC doveva consegnare trimestralmente, con informazioni sullo stato del proprio bilancio a scopo di regolamentazione. 21 1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL Il contributo successivo di maggiore importanza giunge da Bernanke e Gertler [1995], i quali espongono l’applicazione al canale creditizio del financial accelerator. Quest’ultimo è un meccanismo per mezzo del quale lo stato finanziario attuale di un’impresa condiziona le sue scelte d’investimento, le quali impattano sulle performance future. Infatti è attraverso la situazione finanziaria attuale che si determina l’external finance premium, ovvero il premio per il rischio che sommato al tasso risk-free forma il tasso d’interesse che un’impresa deve sostenere per finanziarsi con capitale di debito. Gli autori giungono a queste conclusioni osservando che in realtà gli effetti della politica monetaria non svaniscono nel lungo periodo come previsto dalla visione neoclassica a causa dell’aggiustamento dei prezzi, ma provocano variazioni permanenti sul livello dei prezzi e soprattutto sul PIL. Utilizzando un VAR viene mostrato come a una manovra restrittiva seguono numerose fluttuazioni di variabili reali non direttamente collegate al tasso d’interesse di breve periodo ma che appaiono influenzate dagli andamenti dell’external finance premium (d’ora in poi EFP). Per le imprese l’EFP è determinato dalla rischiosità a loro attribuita dal mercato e dai collaterali che possono offrire a garanzie del prestito che richiedono. La politica monetaria può avere effetti diretti e indiretti proprio su queste garanzie appartenenti alle imprese attraverso il balance sheet channel. Nel caso delle banche questi collaterali sono costituiti quasi unicamente da obbligazioni, il cui valore è sensibile alla variazione dei tassi di mercato. Nel caso delle imprese tassi d’interesse maggiori possono incrementare gli interessi passivi relativi a prestiti a tasso variabile accesi in passato, e quindi provocare un peggioramento del conto economico e della redditività. A questo effetto si va a sommare quello del bank lending channel già descritto dalla letteratura degli anni precedenti, ovvero attraverso la riduzione dell’offerta di credito disponibile per le imprese. La grande importanza di questo 22 1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL lavoro risiede soprattutto nel focus posto sulle implicazioni che si vengono a formare tra scelte di politica monetaria e variabili appartenenti all’economia reale, che spingono verso un’analisi più esaustiva degli effetti con cui una decisione attuale si ripercuote sui periodi futuri. Prove successive dell’esistenza e dell’eterogeneità del bank lending channel, intesa come differenza delle risposte dei singoli istituti al medesimo shock di politica monetaria, vengono fornite da uno studio empirico di Kashyap-Stein [1997]. Gli autori abbandonano la dimensione aggregata per valutare se alcune caratteristiche specifiche del singolo istituto di credito possono condizionarne la risposta a shock di politica monetaria. Costruendo una regressione a due stadi su un dataset contenente più di un milione di osservazioni trimestrali sulle banche commerciali americane statisticamente gli significativi autori e trovano robusti. risultati Interpretando i coefficienti ottenuti si spiega come il canale del credito sia più influente in banche di dimensioni ridotte e dotate di attivi poco liquidi17. Intorno agli anni 2000 la conduzione della politica monetaria mondiale cambia approccio e si diffonde l’inflation targeting: le banche centrali hanno un obiettivo principale costituito da un tasso target per l’inflazione (solitamente attorno al 2%) e fissano il tasso d’interesse di breve periodo a seconda dello scostamento dell’inflazione rilevata rispetto al livello obiettivo18. Questo tipo di gestione della politica monetaria fu introdotto inizialmente nel 1990 dalla banca centrale neozelandese, alla quale fecero seguito nel 1991 quelle cilena e 17 Per comprendere meglio l’importanza di questo effetto sul PIL bisogna ricordare che la categoria “piccole banche” a cui gli autori fanno riferimento è costituita dal 95% inferiore della distribuzione del totale delle banche americane che detiene all’incirca il 25% dell’attivo totale del settore bancario. 18 Se l’inflazione rilevata è superiore all’obiettivo si procederà con un innalzamento dei tassi d’interesse di breve periodo, viceversa altrimenti; a questo approccio “lean against the wind” sono state attribuite proprietà stabilizzanti per l’economia. 23 1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL canadese. Tra i principali vantaggi attribuiti a questo approccio possiamo citare la trasparenza e la prevedibilità delle mosse della banca centrale, visto che ogni investitore può prevedere le variazioni che saranno applicate nel prossimo futuro al tasso di breve periodo confrontando il livello attuale dell’inflazione con l’obiettivo dichiarato dalla stessa banca centrale; tra gli svantaggi citiamo una ridotta flessibilità nella possibilità di stimolare l’attività economica, motivazione principale per cui alcune banche centrali hanno abbandonato regole di inflation targeting puro nel periodo successivo alla crisi del 200819. Con la diffusione di questo nuovo approccio la modifica del coefficiente di riserva obbligatorio diventa obsoleta come manovra di politica monetaria. Lo scopo originale di questo tipo di operazioni era il controllo della crescita degli aggregati monetari, che in passato era direttamente connessa alla crescita economica. Dagli anni ‘80 in avanti a causa dell’innovazione finanziaria questo legame s’indebolisce e diventa sempre più difficile riuscire a controllare l’evoluzione di ciò che viene considerato come moneta. Nel nuovo millennio le banche centrali scelgono come principale strumento d’azione la fissazione del tasso d’interesse di breve periodo, attraverso la modifica del quale riescono a ottenere gli effetti di una politica monetaria espansiva o restrittiva pur senza avere il controllo reale della quantità di moneta presente nel sistema. Il settore finanziario è protagonista in poco tempo di rapidi e numerosi cambiamenti. Le distinzioni tra banche commerciali e banche d’affari, presenti da ben più di mezzo secolo, vengono abolite in quasi tutto il mondo. Il mercato del funding si è notevolmente ampliato e offre varie tipologie di passività che non 19 Ad esempio la Federal Reserve all’inizio del 2012 per la prima volta annuncia di avere come obiettivo un tasso d’inflazione del 2%, pur non avendo mai esplicitamente dichiarato di seguire un approccio di inflation targeting. Ed infatti a dicembre dello stesso anno annuncia anche che i tassi d’interesse verranno mantenuti agli attuali minimi storici fino all’arrivo della ripresa economica e ad una riduzione del tasso di disoccupazione fino al 6.5%. 24 1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL richiedono requisiti di riserva e per concedere un nuovo prestito le banche non devono far altro che riuscire a reperire nuovi capitali nel mercato interbancario. Il legame individuato originalmente, attraverso il quale la politica monetaria aveva effetti diretti sull’offerta di credito delle banche, va lentamente dissolvendosi, mentre l’attenzione viene posta su nuovi meccanismi di trasmissione all’economia reale. Un nuovo contributo è offerto da Van den Heuvel [2002;2005], prima con un articolo e successivamente con un paper contenente un modello formalizzato. Secondo l’economista del Federal Reserve Board, il “vecchio” bank lending channel deve essere sostituito nelle nuove analisi dal bank capital channel, meccanismo di trasmissione derivante da imperfezioni nel mercato dell’equity bancaria. Infatti se ormai è relativamente semplice trovare capitali sul mercato per finanziare un nuovo prestito, non lo è ugualmente effettuare un aumento di capitale soprattutto se ci si trova in una fase recessiva del ciclo economico. Il focus è posto sul capitale bancario detenuto dagli istituti, che funziona sia da requisito da rispettare imposto dai regolatori che da garanzia per ottenere nuovi finanziamenti nel mercato interbancario. Banche con livelli differenti di capitale subiranno in maniera diversa gli effetti di uno shock esterno; di conseguenza le loro risposte e quindi gli effetti sul sistema con cui interagiscono saranno eterogenei. Introducendo un modello rigoroso l’economista mostra come gli effetti del canale creditizio dipendano più dalla distribuzione dell’equity nel sistema di riferimento che dalla capitalizzazione della singola banca, ovvero più da una dimensione “relativa” che assoluta. Il lending channel è quindi presente e influente su banche poco capitalizzate e con un valore di mercato del patrimonio netto piuttosto basso rispetto ai valori di libro, inserite in un settore bancario generalmente ben capitalizzato. In un contesto del genere per gli intermediari rispettare i requisiti imposti dal regolatore diventa una priorità per ridurre il premio per il rischio pagato 25 1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL per finanziarsi. Così vengono ridotti i prestiti concessi e gli sforzi sono concentrati sul rafforzamento della situazione patrimoniale, con un conseguente danno per le imprese che necessitano fondi per finanziare i propri investimenti. 1.4 La “Credit View” e l’Italia L’Italia è una nazione in cui tradizionalmente le imprese si sono finanziate attraverso il credito bancario, dove solo poche grandi imprese hanno avuto accesso al mercato dei capitali. Appare cioè come un ottimo target per testare le prime elaborazioni della credit view, come confermato da Kashyap-Stein [1997] e Cecchetti [1999] che reputano l’Italia come la nazione più esposta tra quelle europee ai possibili effetti del canale creditizio. I primi tentativi di verifica empirica della teoria applicata al caso italiano Buttiglione-Ferri con dati [1994] e aggregati sono Bagliano-Favero pubblicati [1995], i da quali riprendendo Kashyap-Stein-Wilcox [1993] mostrano come in seguito a una restrizione monetaria si verifichi un aumento dello spread tra tassi sui prestiti e interessi sui titoli governativi, con conseguente riduzione del credito. Questo è dovuto alla dipendenza dal credito bancario delle imprese italiane, le quali in seguito ad una riduzione dell’offerta sono costrette a pagare tassi superiori pur di ottenere il finanziamento. Conigliani, Ferri e Generale [1997] riescono ad attribuire riduzioni del credito totale a restrizioni dell’offerta analizzando le modalità di concessione delle linee di credito. Infatti in Italia il mancato utilizzo di una linea di credito in precedenza accordata non comporta alcun costo; per questo il debitore sarà sempre incentivato a chiedere credito in misura maggiore e mai inferiore rispetto a quanto è disposta a concedere la banca. Di conseguenza eventuali diminuzioni dell’ammontare di 26 1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL prestiti concesso sono riconducibili solamente a decisioni degli istituti di credito e identificano univocamente una restrizione dell’offerta di credito. Gambacorta e Chiades [2000] propongono invece un’analisi approfondita del funzionamento dei meccanismi di trasmissione della politica monetaria in Italia nel periodo 1984-1998. Per far ciò viene proposta un’estensione del modello originale di Bernanke e Blinder al caso di un’economia aperta in regime di cambi fissi. Infatti se gli USA possono essere considerati un’economia chiusa essendo il sistema economico più grande al mondo, per una nazione come l’Italia, caratterizzata da dimensioni ridotte e commerciante con paesi limitrofi di dimensioni comparabili, appare più sensato effettuare uno studio considerando anche le interazioni con l’estero. Nella prima parte della pubblicazione gli autori, introducendo il canale del credito in un’economia aperta, riescono ad ottenere risultati differenti dall’inefficacia della politica monetaria in un regime di cambi fissi dimostrata da Mundell. Viene infatti mostrato come la maggiore entità degli effetti del canale creditizio comporti la possibilità di sfruttare margini di manovra più ampi per raggiungere gli obiettivi di reddito e livello dei prezzi fissati dalla politica interna. Nella seconda parte della pubblicazione gli autori testano il modello formulato sui dati italiani attraverso l’utilizzo di un VAR strutturale. I risultati confermano la neutralità della politica monetaria nel lungo periodo, visto che gli effetti sull’output scompaiono a tre anni dallo shock iniziale che provoca in ultima istanza solo una variazione dei prezzi. Per concludere gli autori giustificano la relativa efficacia delle politica monetaria italiana nel cercare di raggiungere obiettivi interni in un regime di cambi semi-fissi sottolineando la dipendenza finanziaria delle imprese italiane dal credito bancario e l’elevata elasticità dell’offerta di prestiti rispetto ai depositi, 27 situazione illustrata in 1.IL CREDIT CRUNCH ED IL LENDING CHANNEL precedenze durante l’esposizione del modello di Bernanke e Blinder. Tra i primi a testare la teoria utilizzando dati specifici provenienti dai bilanci bancari e sfruttando tecniche econometriche basate sui VAR c’è Gambacorta [2001], il quale mostra che nel nostro paese è attivo il canale creditizio. I risultati ottenuti dai dati empirici rifiutano l’ipotesi iniziale di Kashyap-Stein secondo la quale in seguito a un aumento dei tassi da parte della BCE dovrebbero soffrire di più le piccole banche, poiché in Italia le BCC appaiono mediamente sovracapitalizzate e dotate di un buon buffer di liquidità, e per questo “insulate” da possibili shock derivanti dalla politica monetaria. Infatti, grazie anche alla rapporto relazionale che spesso si instaura tra banche e imprese (che descriveremo successivamente), ai prestiti viene attribuita un’importanza strategica rispetto ad altre attività e in caso di difficoltà vengono dismessi prima altri asset dotati di maggiore liquidità e più facilmente ricostituibili in futuro come i titoli finanziari. Sempre Gambacorta, questa volta insieme a Mistrulli, seguendo gli spunti di Van den Heuvel e applicandoli al caso italiano, nel 2003 analizza più specificatamente il ruolo del capitale bancario nel determinare il comportamento delle banche nell’attività creditizia. Utilizzando un modello econometrico e un dataset con dati quadrimestrali dal 1992 al 2001 sulla totalità degli istituti di credito italiani e trova la conferma che banche ben capitalizzate sono meno esposte agli influssi della politica monetaria e possono assorbire meglio shock esogeni al PIL. Inoltre il “bank capital channel” appare più attivo nel caso delle BCC, che spesso si trovano con dei mismatch di duration fra attività e passività, poiché raccolgono a breve e prestano a medio/lungo termine. 28 2.LA RIVISITAZIONE DEL CREDIT CHANNEL Capitolo 2 LA RIVISITAZIONE DEL CREDIT CHANNEL Il meccanismo di funzionamento del credit channel viene riformulato da Ben Bernanke [2007], in un discorso che tiene ad Atlanta in veste di Presidente della Federal Reserve. Il ruolo sempre più pervasivo dei mercati ed il loro enorme sviluppo vengono introdotti nella teoria attraverso una generalizzazione dell’acceleratore finanziario introdotto ben più di dieci anni prima dallo stesso Bernanke. Nella testimonianza viene ribadito che shock temporanei all’economia reale possono avere effetti in periodi successivi, in quanto agiscono sui cash flow e sui bilanci delle imprese modificando il premio per il rischio che pagano per finanziarsi. In questo nuovo contesto il problema di generare credito per le banche può essere paragonato all’effettuare un investimento da parte un’impresa, visto che entrambe hanno la necessità di reperire finanziamenti sul mercato. Di conseguenza proprio come accade ad un’impresa, se una banca subisce uno shock esterno che riduce il suo merito di credito sarà costretta quindi a pagare un premio per il rischio maggiore per trovare nuovi fondi, così elevato che potrebbe rendere poco profittevole e inappetibile l’attività del credito. Ma la caratteristica specifica delle banche risiede proprio nell’attività di concessione del credito, elemento che permette siano considerate imprese “speciali”; la chiave della loro diversità risiede nel fatto che i loro investimenti finanziari (i prestiti) permettono la realizzazione della maggior parte degli investimenti reali dell’economia. Per questo Bernanke sottolinea l’importanza di avere un sistema finanziario in buona salute, perché 29 difficoltà relative a 2.LA RIVISITAZIONE DEL CREDIT CHANNEL quest’ultimo possono condizionare lo sviluppo dell’intera economia reale. Come è stato dimostrato dalla crisi del 2008, i problemi del settore finanziario possono facilmente diffondersi nel resto del sistema economico e causare recessioni molto più estese e pericolose perché impattano sull’occupazione e sul benessere delle nazioni. Tra i contributi più interessanti degli ultimi anni figura certamente la teoria proposta da Borio e Zhu [2008], dove viene proposto un nuovo framework di riferimento per l’analisi della trasmissione della politica monetaria. Per far ciò gli autori utilizzano un approccio eclettico costruito con elementi provenienti dall’economia monetaria, dal risk management e dalla finanza comportamentale. Dopo aver brevemente ripercorso l’evoluzione del credit channel (partendo dalla disputa iniziale sulla sostituibilità delle fonti di finanziamento, passando per il balance sheet channel di Bernanke [1995] e arrivando alla teoria del bank capital channel proposta nei primi anni 2000) gli autori si soffermano sulle conseguenza che possono insorgere in seguito alla modifica dei requisiti minimi di capitale sul comportamento delle banche. Vengono individuati due effetti distinti: ο· il capital threshold effect è rappresentato dai costi che una banca deve sopportare quando si trova vicino o non rispetta la soglia dei requisiti minimi di capitale imposti dalle autorità; l’entità di questo effetto non è costante ma varia a seconda della turbolenza del mercato e del capitale detenuto dalle banche al di sopra del livello minimo richiesto20. 20 Gli autori paragonano il variare di questi costi al valore di un’opzione call che cambia a seconda della differenza tra lo strike price e il prezzo del sottostante e della volatilità del mercato. L’opzione costa poco quando è out of the money, ma il suo valore cresce con la volatilità e all’avvicinarsi del prezzo di mercato al prezzo di esercizio (paragonabile alla riduzione del capitale in eccesso detenuto dalle banche). 30 2.LA RIVISITAZIONE DEL CREDIT CHANNEL ο· il capital framework effect è riferito all’influenza del contesto regolamentare in cui le banche operano sulla percezione e gestione dei rischi che assumono; questo effetto opera attraverso la modifica dei modelli interni utilizzati per la valutazione del rischio. Entrambi gli effetti appaiono caratterizzati da una forte prociclicità, visto che i rischi tendono ad essere sottostimati in momenti di boom e sovrastimati in momenti di recessione. Se il primo effetto è in sostanza una riformulazione del bank capital channel, il secondo sfrutta concetti provenienti dalla behavioural finance per identificare la connessione fra politica monetaria e comportamento degli intermediari. Ed è proprio in questo legame che viene identificato il risk-taking channel, inteso come l’impatto che la variazione dei tassi ufficiali può avere sulla tolleranza al rischio delle banche e sulla loro percezione della rischiosità connessa con l’attività creditizia. La teoria proposta trova un’immediata opportunità di applicazione proprio nella crisi del 2008: il boom economico degli anni precedenti unito ad una politica monetaria indulgente nei confronti della bolla che andava formandosi tra il 2004 e il 2007 ha portato le banche ad indebitarsi facendo leverage e ad assumere rischi eccessivi; l’esplosione della stessa bolla tra il 2007 e il 2008 e il crollo dei prezzi di molte attività finanziarie hanno causato il fallimento di numerose istituzioni che non erano preparate a gestire uno scenario caratterizzato da perdite così ingenti. Proprio riferendosi agli avvenimenti degli ultimi anni, gli autori spiegano la compressione dei premi per il rischio e l’allentamento degli standard creditizi nei momenti precedenti al picco della bolla per mezzo di due limitazioni riscontrabili nell’essere umano: la prima risiede negli incentivi all’assunzione di nuovi rischi e deriva dal fatto che una scelta individualmente razionale non necessariamente porta a conseguenze aggregate benefiche e risultati positivi; la seconda limitazione 31 2.LA RIVISITAZIONE DEL CREDIT CHANNEL risiede nella scarsa capacità di monitorare l’evoluzione della percezione del rischio lungo la dimensione temporale, per la quale è già troppo tardi quando ci si accorge di aver assunto rischi eccessivi. Sono proprio queste limitazioni a dare origine a cicli caratterizzati da una rapida crescita dei prezzi e da un successivo crollo (boom/bust cycles), che si verificano spesso nella realtà ma che risultano difficilmente prevedibili. Proprio per modellizzare e gestire queste situazioni le banche centrali dovrebbero considerare maggiormente il fattore rischio e inserirlo nelle funzioni di reazione in base alle quali vengono stabiliti i tassi d’interesse relativi alla politica monetaria. La riformulazione ufficiale analitica della teoria del credit channel viene pubblicata da Disyatat [2010] in un paper dove sono sintetizzate tutte le principali modifiche e innovazioni: ο· La politica monetaria non influisce più direttamente sull’offerta di credito, ma sulla salute e sul comportamento degli intermediari finanziari, oltre che sul loro premio per il rischio. ο· Sono assenti vincoli quantitativi all’offerta di credito, se sono soddisfatti i requisiti di capitale; ciò significa che una banca può concedere un nuovo prestito ogni volta che riesce a reperire sul mercato dei nuovi capitali. ο· Se il finanziamento avviene principalmente attraverso il mercato, l’effetto del bank lending channel è superiore poiché gli intermediari sono più esposti al rischio di peggioramento delle condizioni del mercato stesso. Utilizzando un modello a tre attori (imprese, famiglie e banche) l’autore formalizza il legame fra banche e imprese facendo dipendere il costo dei finanziamenti di quest’ultime dallo stato di salute del sistema finanziario, che può subire variazioni causate dall’impatto della politica monetaria. Seguendo questo 32 2.LA RIVISITAZIONE DEL CREDIT CHANNEL schema, quando le banche centrali effettuano manovre restrittive aumenta il tasso richiesto alle imprese sui prestiti, e di conseguenza si riduce la domanda di credito di queste ultime. Risulta di centrale importanza il ruolo del capitale bancario, che qui viene interpretato come un “salvagente” che permette di attutire le perdite per i depositanti in caso di mancata restituzione dei prestiti concessi alle imprese. Il legame fra politica monetaria e banche viene specificato in due situazioni già descritte dalla letteratura degli anni precedenti: la prima è relativa al balance sheet channel descritto da Bernanke, ovvero all’impatto che possono provocare variazioni del capitale bancario sulle condizioni di finanziamento delle stesse banche, mentre la seconda riproduce il risk-taking channel precedentemente descritto e quindi l’effetto della politica monetaria sulla percezione del rischio delle banche. In questo nuovo contesto il comportamento degli intermediari in caso di uno shock esogeno non è omogeneo, una banca può attutire o amplificare la trasmissione dello shock all’economia a seconda del proprio stato di “salute” e del livello di capitale che detiene. Questi concetti vengono ripresi in un contributo più recente da Gambacorta e Ibañez [2011], i quali ribadiscono come il meccanismo di trasmissione della politica monetaria sia in continua evoluzione e come la crisi del 2008 abbia accelerato questi cambiamenti. Oltre a sottolineare l’importanza del capitale bancario nel determinare l’influenza del canale creditizio, gli autori analizzano elementi specifici del singolo intermediario (non considerati dalla teoria tradizionale) per spiegare questa evoluzione. Ad esempio il raddoppio della ricchezza gestita da investitori istituzionali nel decennio precedente la crisi ha favorito le banche nel ricorso sempre più frequente al mercato obbligazionario per finanziarsi. Se da un lato questo le ha rese più indipendenti rispetto alla politica monetaria, dall’altro le ha esposte in maniera molto maggiore agli andamenti del mercato 33 2.LA RIVISITAZIONE DEL CREDIT CHANNEL dei bond21. Un altro fattore molto importante è l’attività di cartolarizzazione del credito, che permette di alleggerire gli attivi e smobilizzare prestiti illiquidi liberando risorse a bilancio impiegabili in nuove attività. Gli intermediari che ne facevano largo uso hanno subito un duro contraccolpo con la riduzione dei volumi relativi a questo segmento nel periodo successivo al 2008. Un’altra caratteristica influente è il modello di business adottato da una banca: durante la crisi gli intermediari dipendenti da fonti di profitto più volatili22 hanno ridotto maggiormente l’offerta di credito rispetto a business basati sul margine d’intermediazione. Riprendendo la formulazione del risk-taking channel si delineano canali attraverso i quali la politica monetaria può indurre gli intermediari ad assumersi maggiori rischi. Un ambiente caratterizzato da bassi tassi d’interesse può favorire lo sviluppo del “search for yield”, atteggiamento che spinge i manager ad investire in attività a rischio e rendimento atteso maggiore per ottenere i bonus concordati in passato e legati alle performance; un altro effetto è l’incremento artificiale del valore dei bond utilizzati come garanzie dalle banche, permettendo di accendere prestiti a tassi inferiori e causando una generale sottostima dei rischi. A causa della grande finanziario interdipendenza e politica che si monetaria, è gli creata autori fra sistema concludono raccomandano ai regulator una maggiore attenzione agli effetti che le loro decisioni possono avere sui comportamenti degli intermediari. Auspicano inoltre una supervisione più estensiva, con controlli più approfonditi soprattutto sulle caratteristiche specifiche degli intermediari che appaiono più importanti nel determinare la singola offerta di credito. 21 L’impatto di un determinato tasso d’interesse di riferimento stabilito dalla banca centrale può essere differente nel tempo a seconda delle condizioni in cui si trova il mercato finanziario al momento dell’annuncio. 22 Trading, commissioni e tutte le attività il cui profitto non dipende dal margine d’interesse. 34 2.LA RIVISITAZIONE DEL CREDIT CHANNEL 2.1 L’importanza del Credito nel Contesto Attuale Come abbiamo già sottolineato, la trasmissione della politica monetaria è stata protagonista nell’ultimo ventennio di una profonda evoluzione che ha portato alla successione di interpretazioni differenti sulle modalità di azione del credit channel. Il meccanismo originale derivante dall’imperfetta sostituibilità delle fonti di finanziamento per il settore bancario è gradualmente scomparso con lo sviluppo dei mercati finanziari: la possibilità di utilizzare fonti di finanziamento alternative ai depositi e senza requisiti di riserva ha reso impossibile il controllo “meccanico” dell’offerta di moneta attraverso variazioni del coefficiente di riserva obbligatoria da parte delle banche centrali. Se da un lato è scomparso il legame diretto tra politica monetaria e credito, dall’altro si sono sviluppati una serie di effetti indiretti causati dalla sempre maggiore interazione e dipendenza tra banche e mercati. E’ vero che al giorno d’oggi per concedere un nuovo prestito è sufficiente riuscire a reperire i fondi necessari sul mercato, ma è anche vero che in una contesto caratterizzato da tensione e mercati turbolenti come quello successivo al 2008 per un intermediario può risultare impossibile raccogliere denaro da prestare alle imprese, anche se queste ultime avrebbero tutte le caratteristiche necessarie per ricevere un prestito. In questo modo problemi inizialmente confinati al settore finanziario possono diffondersi all’economia reale, attraverso il mancato finanziamento degli investimenti che a loro volta possono essere considerati tra gli elementi che determinano in maggior misura la crescita economica. Ricordiamo inoltre che, come dimostra la situazione attuale e la storia recente, il settore finanziario è frequentemente protagonista di crisi23 ma allo 23 Negli ultimi quindici anni possiamo ad esempio citare per il settore finanziario la Crisi Asiatica del 1997, la bolla Internet del 2001, la crisi del 2008 e la crisi del debito sovrano esplosa nel 2011. In 35 2.LA RIVISITAZIONE DEL CREDIT CHANNEL stesso tempo presenta tempi di recupero molto più ridotti e maggiori capacità di ripresa rispetto all’economia reale. Nel sistema economico attuale risulta sempre più difficile valutare a priori il risultato di una manovra di politica monetaria, poiché la risposta sarà differente per ogni singola banca e funzione delle caratteristiche specifiche di ognuna: alcune assorbiranno un possibile shock mentre altre lo propagheranno, facendo da riduttori o amplificatori nei confronti dell’economia. Inoltre nel periodo successivo alla crisi del 2008 la stessa politica monetaria non ha prodotto alcuno shock nei confronti del sistema e molto probabilmente non ne produrrà nemmeno nei prossimi periodi, viste le dichiarazioni delle banche centrali che si impegneranno a tenere un livello basso di tassi d’interesse fino al ritorno della crescita economica. Detto ciò, sorge spontaneo chiedersi dove risiede l’importanza dello studio del credit channel nel contesto attuale. La risposta è fortemente correlata al ruolo della politica monetaria nel contesto attuale. Infatti dal 1980 ad oggi la maggior parte delle banche centrali, agendo attraverso la modifica dei tassi d’interesse, hanno mantenuto l’inflazione ad un livello accettabile e hanno permesso di estendere l’orizzonte temporale di pianificazione favorendo lo sviluppo economico. La stessa inflazione, principale nemico da combattere negli anni ’70 di cui molti economisti avevano predetto il ritorno come conseguenza della globalizzazione degli anni 2000, appare stabile e fino ad ora non ha mostrato incrementi notevoli se non causati dalle oscillazioni temporanee del prezzo del petrolio. Lo stesso capo del Fondo Monetario Internazionale Olivier Blanchard nel 2010 ha proposto un target d’inflazione vicino al 4% per le banche tutti questi momenti di difficoltà il settore bancario è riuscito a riprendersi abbastanza rapidamente, mentre l’unica crisi che si è propagata all’economia reale nel 2008 ha ridotto i ritmi di crescita globali e non appare ancora terminata. 36 2.LA RIVISITAZIONE DEL CREDIT CHANNEL centrali24, livello che secondo l’economista appare più adatto a favorire lo sviluppo economico nel contesto attuale. Anche dagli USA arrivano proposte sulla stessa linea da parte di Bernanke, che nel 2013 ha annunciato un aumento del target d’inflazione perseguito dalla Fed al 2,5%, dopo che in un lavoro del 1999 aveva consigliato un target compreso tra il 3% e il 4% affinché l’economia giapponese si riprendesse dalla recessione25. Oggi l’inflazione non rappresenta più il problema principale da combattere e le banche centrali si trovano a ricercare nuovi meccanismi che possano incentivare la ripresa economica. Ne sono esempio le politiche monetarie non convenzionali messe in atto sotto forma di quantitative easing dalla Bank of Japan, dalla Federal Reserve e dalla Bank of England e attraverso la LTRO per la Banca Centrale Europea. Queste operazioni non fanno altro che aumentare la liquidità presente nel sistema con lo scopo che questo denaro venga convogliato verso l’economia reale e stimoli così nuovi investimenti, consumi e quindi la ripresa economica. E il “tassello mancante” è rappresentato proprio dal credito, ed è qui che risiede la sua importanza strategica. Infatti è proprio il credito bancario il mezzo attraverso il quale la liquidità immessa dalle banche centrali giunge alle famiglie ed alle imprese. E’ per mezzo del credito che vengono finanziati gli investimenti e l’innovazione, che vengono creati nuovi posti di lavoro e raggiunta la piena occupazione. Come abbiamo visto negli ultimi anni, la mancanza di credito può minare pesantemente il recupero da una crisi di una nazione ed è collegata ad un basso livello di attività economica. Per questo motivo una delle sfide maggiori che le banche centrali devono oggi affrontare è ideare delle modalità che possano permettere e incentivare il fluire del credito verso l’economia. 24 Blanchard, Dell’Ariccia e Mauro (2010) “Rethinking Macroeconomic Policy”, FMI Bernanke (1999) “Japanese Monetary Policy: A Case of Self-Induced Paralysis?”, Princeton University 25 37 3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY” Capitolo 3 LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY” 15 Settembre 2008. Lehman Brothers, uno tra i primi 5 colossi globali dell’investment banking annuncia l’intenzione di avvalersi del Chapter 11, una procedura USA che guida le imprese che ne fanno ricorso attraverso una bancarotta “pilotata”. A questa data possiamo far risalire l’esplosione della crisi finanziaria del 2008, che rapidamente ha coinvolto il mercato azionario e l’economia americana per diffondersi, in brevissimo tempo, alle istituzioni estere esposte verso la banca fallita e raggiungere quindi dimensioni globali. Dopo quasi un decennio di prosperità e crescita economica gli intermediari finanziari riuscivano a risolvere in autonomia i propri problemi di liquidità, legati al regolamento giornaliero delle proprie posizioni, ricorrendo al mercato interbancario dove eccessi e carenze di fondi si compensavano in modo efficiente attraverso la ricerca e l’incontro di una controparte. Tutto ciò era reso possibile da una fiducia che aveva invaso pervasivamente i mercati, che aveva portato con sé aspetti positivi come la facilità nell’ottenere credito e negativi come la sottostima dei rischi finanziari. Improvvisamente una doccia fredda si riversò sui mercati, congelandoli. Ogni intermediario rimase paralizzato nelle sue attività quotidiane, perché le controparti con le quali aveva sempre operato improvvisamente diventarono pericolose e avvolte dall’incertezza. I volumi di scambio precipitarono a livelli 38 3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY” associati al ventennio precedente, quando i mercati erano molto meno sviluppati, e per calmare la situazione fu necessario l’intervento delle banche centrali che si sostituirono momentaneamente ai mercati stessi. Infatti a causa della mancanza di fiducia le banche erano riluttanti nel prestarsi fondi l’un l’altra. La Deposit Facility della BCE, dove la liquidità in eccesso viene depositata e remunerata ad un tasso minimo, quadruplicò alla fine del 2008. I tassi del mercato interbancario oltrepassarono la soglia massima posta dalla BCE con il tasso di rifinanziamento marginale, applicato ai prestiti richiesti dalle controparti che si rivolgono, per propria volontà, direttamente alla banca centrale per rifinanziarsi. In pratica sia lenders che borrowers accettavano condizioni più svantaggiose per entrambi pur di avere la banca centrale come intermediario per lo scambio, originando inefficienza. Se per misurare le tensioni e lo stress del mercato interbancario si possono utilizzare vari indicatori, nel periodo successivo alla crisi tra i più gettonati troviamo lo spread fra l’Euribor e il tasso Overnight Indexed Swap (d’ora in poi OIS) 26. Mentre il primo è relativo ad un’operazione di prestito, e quindi coinvolge una parte debitrice e una creditrice che si accolla il rischio di insolvenza, il secondo è considerato risk-free poiché coinvolge solo uno scambio di flussi di cassa per un periodo temporale ridotto, senza rischio di default. Per questo l’incremento della rischiosità associata alle controparti provoca un’impennata dell’Euribor, mentre l’OIS resta costante e si amplia lo spread introdotto in precedenza. 26 L’Euribor è un tasso di mercato calcolato dall’EBF ed è una media dei tassi praticati nel mercato interbancario per prestiti non garantiti con scadenze omogenee da 1 settimana a 12 mesi. L’EONIA (Euro OverNight Index Average) è invece il tasso medio rilevato nel mercato interbancario per operazioni overnight, quindi a brevissimo termine. L’OIS è un’operazione in cui due intermediari scambiano l’uno con l’altro il pagamento di un tasso fisso contro uno variabile ancorato ad un indice, che nella maggior parte dei casi è l’EONIA. 39 3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY” Figura 3.1 Spread Euribor 6m - Eonia OIS 6m (in grigio) [Fonte: Bloomberg] Come possiamo vedere dalla Figura 3.1, i momenti di maggior tensione negli ultimi 5 anni sono stati quelli successivi al crollo di Lehman e l’esplosione della crisi del debito sovrano alla fine del 2011. Lo spread, che in tempi di “quiete” si aggira intorno ai 25/30 punti base, diviene ben più consistente per gran parte degli ultimi 4 anni, con picchi di 100 e 200 punti base. Per scongiurare una crisi di liquidità sia in Europa che oltreoceano enormi masse monetarie sono state immesse nel sistema. L’utilizzo dell’Euribor come tasso ufficiale di riferimento per la maggior parte delle obbligazioni e dei prestiti indicizzati a tasso variabile trasmette direttamente uno shock finanziario all’economia reale e alle scelte di investimento dei singoli, ma le conseguenze peggiori giungono attraverso un canale indiretto. Infatti con politiche di easy money le banche centrali sono riuscite a riportare l’Euribor a livelli accettabili, ma i meccanismi di funzionamento del mercato dei capitali, danneggiati, non sembrano “aggiustarsi” così rapidamente. 40 già 3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY” I volumi di scambio dell’interbancario, a cavallo tra il 2010 e il 2011, appaiono in ripresa ma ancora lontani dai valori precrisi. Pochi mesi più tardi, lo scoppio della crisi del debito sovrano con il caso greco alimenta nuovamente le tensioni nel mercato del funding per gli intermediari, che si ritrovano più o meno esposti al rischio default di alcuni paesi della zona euro fino a pochi mesi prima considerati “AAA” dalle agenzie di rating, ovvero investimenti più che sicuri. Sono passati più di 4 anni dallo scoppio della crisi, ma quella fiducia che pareva tanto banale quanto semplice da ristabilire non è ancora tornata a permeare completamente i mercati. Una crisi iniziata dal sistema finanziario si è trasmessa all’economia reale, i volumi dell’attività creditizia si sono ridotti e con essi i ritmi di sviluppo dell’attività economica. Per avere un quadro che definisca meglio le condizioni attuali, nel prossimo paragrafo proveremo a comprendere meglio le dinamiche della domanda e dell’offerta di credito nel periodo successivo alla crisi, basandoci sulle risposte di un questionario che l’Unione Europea sottopone alle principali banche del continente. 3.1 The Euro Bank Lending Survey I dati sul credito sono elaborati e diffusi periodicamente dalle rispettive autorità e da numerosi centri di ricerca statistica ma per capire i fattori che determinano l’andamento del credito nell’area euro sono di fondamentale importanza due survey condotte in primis dalla BCE. Dal 2003, trimestralmente, viene pubblicata la Bank Lending Survey (BLS), costituita da un set di domande specifiche su domanda e offerta di credito rivolte a 124 grandi banche europee (tra le quali figurano 8 gruppi bancari italiani). Nel 2008 la BCE e la 41 3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY” Commissione Europea, consce del fatto che la risposta del credito non è omogenea rispetto ai meccanismi di trasmissione della politica monetaria, decidono di istituire il SAFE (Survey on Access to Finance of SMEs in the Euro Area), questionario con frequenza semestrale rivolto alle piccole e medie imprese. Attraverso l’analisi di queste survey è possibile comprendere se le variazioni dei volumi creditizi siano causate dalla domanda o dall’offerta, oltre ad indentificarne i principali fattori responsabili. Figura 3.2 Stretta creditizia in Europa (dati trimestrali, indice di diffusione) L’indice di diffusione è costruito assegnando valori numerici a risposte qualitative. I valori vengono poi pesati sulla frequenza osservata per ogni possibile risposta. Riguardo all’offerta di credito, i valori assegnati sono: 1 = ristretta considerevolmente, 0.5 = ristretta parzialmente, 0 = invariata,-0.5 = aumentata parzialmente, -1 = aumentata considerevolmente. L’indice può così variare da -1 a +1. [Fonte: European Bank Lending Survey] Come emerge dalla Figura 3.2, costruita analizzando le BLS degli anni successivi alla crisi, l’offerta di credito ha subito una stretta vigorosa tra il 2008 e il 2009, probabilmente per la necessità degli intermediari con leverage eccessivo di dismettere attività troppo rischiose e ridurre gli attivi di bilancio. All’apice della crisi la quasi totalità degli istituti di credito 42 3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY” intervistati ha dichiarato di aver ridotto la quantità di prestiti erogata o reso più selettivi gli standard per accedere al credito, rendendo necessario l’intervento della BCE per tagliare i tassi d’interesse e favorire il flusso di denaro verso l’economia reale. Nonostante le grandi imprese appaiano come i soggetti che hanno subito in proporzione superiore tagli ai finanziamenti, bisogna ricordare che spesso esse si sono rivolte direttamente al mercato dei capitali per mezzo di emissioni obbligazionarie, bypassando così le difficoltà che il sistema bancario stava vivendo27. Dall’altra parte le piccole e medie imprese (d’ora in poi PMI), senza forme alternative di finanziamento, sono quelle che hanno sofferto di più per la cattiva salute delle banche. Solo le PMI che potevano sfruttare una relazione duratura con i finanziatori sono riuscite a rinnovare le linee di credito, mentre molte imprese in temporanea difficoltà si sono viste rifiutare richieste di nuovi prestiti. Figura 3.3 Percentuale di PMI che individuano il finanziamento come problema principale [Fonte: Survey on the Access to Finance of SMEs in the Euro Area (SAFE)] 27 Si veda ad esempio “L’anno record dei corporate bond: analisi del 2012 e prospettive per il 2013” di Luca Bagato (Inside Markets Magazine Borsa Italiana), dove si parla di un incremento del 15% delle emissioni corporate globali (da 3100 a 3500 miliardi) e del 57% delle emissioni obbligazionarie societarie italiane nel 2012 rispetto al 2011. 43 3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY” Come mostrato nella Figura 3.3, la media europea delle PMI che considerano l’ottenimento di finanziamenti come il problema principale da affrontare si aggira intorno al 20%, con picchi compresi tra il 30% e il 35% per le imprese spagnole e inglesi e del 25% per quelle italiane. Tuttavia possiamo notare che l’ultimo anno è stato caratterizzato da un incremento generale di questa percentuale, evidenziato soprattutto in Italia, Spagna, Portogallo e Olanda; la situazione appare invece migliore in Francia e Germania che registrano percentuali intorno al 10%. Nel 2010 la situazione sta tornando a normalizzarsi quando a maggio esplode la crisi greca, sollevando numerosi e nuovi dubbi sulla rischiosità dei debiti sovrani. Nel corso di un anno vengono contagiati anche altre piccoli paesi periferici dell’area euro attraverso l’aumento dei tassi alle nuove emissioni di debito pubblico, per poi passare a due grandi economie come quella spagnola e quella italiana28. La situazione peggiora e il futuro dell’Unione Monetaria Europea viene messo in dubbio dopo l’ipotesi che qualche stato membro possa abbandonare la moneta unica per tornare alla vecchia moneta nazionale e recuperare competitività per mezzo di una svalutazione monetaria. Il settore bancario europeo si trova esposto in modo eterogeneo verso i paesi in difficoltà ed alcune banche subiscono ingenti perdite e richiedono l’aiuto statale. I bond sovrani si svalutano tanto rapidamente quanto aumentano i relativi rendimenti e le banche incorrono in ulteriori perdite poiché il loro portafoglio è valutato a valori di mercato. La redditività di molte banche europee viene così compressa, ed alla stessa pressione vengono sottoposte le relative quotazioni di mercato, come possiamo vedere esaminando il caso italiano nella figura seguente. 28 I cosiddetti PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna) sono i paesi dell’Europa meridionale che sono stati oggetto di forti tensioni sugli interessi pagati per il debito pubblico. Tra questi solo l’Italia non ha ricevuto aiuti monetari da istituzioni internazionali come la BCE o l’FMI per superare la crisi. 44 3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY” Figura 3.4 Confronto fra andamento rendimenti Buoni del Tesoro decennali (in ROSSO) e indice FTSE Italian All-Share Banks Index (in VERDE), livello di partenza: quotazioni 1 gennaio 2010 [Fonte: Bloomberg] Come si può notare dalla Figura 3.4, è presente una netta correlazione negativa tra le serie storiche dell’indice FTSE Italian All-Share Banks e i rendimenti dei titoli di stato italiani decennali. Questa è determinata dall’esposizione delle banche italiane verso i bond emessi dalla stessa Italia: con lo scoppio della crisi del debito sovrano si alzano i rendimenti dei bond governativi e contemporaneamente si riducono i loro prezzi, che causano a loro volta una riduzione del patrimonio detenuto dalle banche e quindi del loro valore di mercato. Quest’esempio valido per le banche italiane è applicabile a qualsiasi istituto di credito europeo esposto in maniera importante verso uno o più paesi coinvolti nella crisi del debito sovrano. Solo l’attenuarsi di quest’ultima verso la fine del 2012 ha ridato respiro alle capitalizzazioni di mercato delle banche, che in generale sono tutt’ora inferiori ai valori di libro iscritti a bilancio. 45 3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY” Dalla metà del 2011, contemporaneamente al riacutizzarsi della crisi del debito sovrano, il mercato del credito torna ad inaridirsi proprio nel momento in cui pareva avesse imboccato la strada della ripresa. Figura 3.5 Fattori che influenzano la domanda di credito in Europa [Fonte: European Bank Lending Survey] Come rappresentato in Figura 3.5, dal lato domanda si assiste a una netta diminuzione delle richieste di finanziamento per investimenti in capitale fisso (-20% per l’ultimo trimestre 2011 per restare su livelli simili per tutto il 2012), causata dall’incertezza riguardo alla futura ripresa economica. Le imprese non investono in capacità produttiva perché spesso considerano già eccessiva quella installata, né in nuove tecnologie poiché non sono sicure che l’esborso attuale sarà ripagato con profitti futuri. L’unico fattore trainante la domanda di credito è rappresentato dalle imprese che approfittano di un ambiente caratterizzato da tassi d’interesse prossimi allo zero per ristrutturare debiti contratti in passato quando i tassi erano superiori di 3-4 punti percentuali rispetto ai valori attuali. 46 3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY” Sul lato offerta le banche presentano forti problemi di liquidità nel secondo semestre del 2011, che le portano a ridurre le concessioni di prestiti e aumentare i margini d’interesse in modo generalizzato (vedi Figura 3.6). Con le due LTRO promosse dalla BCE l’Europa riesce ad evitare una crisi di liquidità che avrebbe interessato le banche esposte verso i paesi periferici ma l’offerta di credito resta debole, a causa delle preoccupazioni del settore bancario riguardo ad una ripresa economica che stenta ad arrivare e a un orizzonte di breve periodo fortemente incerto. Dando quindi voce alla banche nell’ultimo biennio si delinea una situazione in cui l’offerta di credito rimane sempre debole rispetto agli anni precedenti la crisi. Inizialmente a causa di problemi di liquidità interni al settore bancario, mentre in seguito per il peggioramento delle condizioni economiche esterne al settore che ne modificano la percezione del rischio connesso all’attività creditizia. Figura 3.6 Banche europee che hanno incrementato il margine applicato sui prestiti [Fonte: European Bank Lending Survey] 47 3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY” Osservando la Figura 3.6 notiamo come l’acuirsi della crisi rende più rischiosa l’attività di concessione del credito e modifica la stessa percezione della rischiosità da parte degli intermediari. Questi ultimi in risposta aumentano i tassi richiesti proprio sui prestiti considerati a maggior rischio. Come si può notare la situazione attuale è differente da quella che si delineava a cavallo tra il 2010 e il 2011, quando a causa delle proprie difficoltà nel finanziarsi sul mercato le banche avevano incrementato i margini richiesti verso tutte le controparti. Oggi la situazione appare più rilassata dal lato offerta, mentre il perdurare della recessione ha incrementato le probabilità di default delle imprese più rischiose che di conseguenza si vedono richiedere tassi d’interesse maggiori. Analizzando i fattori che più hanno inciso sull’andamento dell’offerta credito condizionare maggiormente peggioramento a livello dell’attività gli europeo scopriamo intermediari economica sono generale e che stati i a il rischi derivanti dall’esposizione verso settori industriali specifici entrati in crisi. Se nel 2008 era stato il settore finanziario a passare momenti difficili, richiedendo il salvataggio di alcuni istituti da parte delle autorità statali attraverso generosi aiuti, nel 2012 il settore che soffre maggiormente è quello edileimmobiliare, protagonista di veri e propri crolli con fallimenti a catena. Ne è un chiaro esempio la situazione spagnola, dove a fine 2012 le banche iberiche risultavano esposte per 951 miliardi di euro nei confronti del mattone e avevano già registrato a bilancio 137 miliardi tra rettifiche e perdite causate dall’ondata di pignoramenti. 48 3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY” Figura 3.7 Fattori che determinano variazioni nell'offerta di credito in Europa [Fonte: European Bank Lending Survey] Dalla Figura 3.7 possiamo anche vedere come le preoccupazioni riguardanti il finanziamento tramite il mercato e il rischio liquidità si stessero normalizzando nel 2010 per poi tornare a farsi sentire con lo scoppio della crisi dei debiti sovrani ed il contagio dei paesi periferici nel 2011/2012. Tra i fattori citati dalle banche come condizionanti ci sono anche vincoli derivanti dalla situazione patrimoniale. Infatti il downgrade e la svalutazione di cui sono stati oggetto numerosi bond sovrani hanno ridotto le garanzie e il valore della porzione dei portafogli considerata in precedenza tra le più stabili. Per questo sono le stesse banche che vedono il raggiungimento dei requisiti di capitale, che entreranno in vigore con Basilea 3, come un modo per riconquistare l’interesse e una valutazione più equa da parte del mercato. Attualmente sembra che la situazione nel mercato interbancario stia tornando verso condizioni che consentano un accesso agevole alla maggior parte degli intermediari, ma ciò che li preoccupa maggiormente è la ripresa economica che stenta ad arrivare e il perdurare di questa recessione da ben più di 4 anni, senza una chiara via d’uscita. 49 3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY” 3.2 I Risultati BLS per l’Italia Alla Bank Lending Survey partecipano anche otto tra i maggiori gruppi bancari italiani, ai quali sono attribuibili più di due terzi del totale del credito concesso in Italia. Figura 3.8 Stretta creditizia in Italia [Fonte: European Bank Lending Survey] Confrontando la Figura 3.8 con la Figura 3.2 (i dati italiani con quelli europei) vediamo che nei mesi successivi alla crisi del 2008 i volumi dei prestiti hanno subito una contrazione comparabile a quella media continentale. Ad un anno di distanza l’Italia si stava riprendendo ad un ritmo abbastanza sostenuto quando lo scoppio della crisi del debito sovrano ha causato un’inversione di rotta che si è concretizzata nel 2012 in una nuova contrazione del credito di intensità superiore alla media europea. Ciò è dovuto al fatto che la crisi del 2008 ha interessato in maniera omogenea l’area Euro, mentre la crisi del debito sovrano si è riversata in maniera asimmetrica sul continente e ha colpito in modo più intenso i paesi periferici. 50 3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY” Per quanto riguarda le imprese, anche se le grandi aziende appaiono come quelle maggiormente razionate dobbiamo ricordarci che il prestito bancario per esse è un’alternativa tra le fonti di finanziamento. A causa del momento di difficoltà del settore bancario molte corporation si sono infatti rivolte al mercato dei capitali per finanziarsi con emissioni obbligazionarie che hanno registrato tassi favorevoli, a volte addirittura inferiori a quelle dello stato italiano29. Tabella 3.1 Emissioni nette obbligazionarie in Italia e Europa, periodo 2010-2012 [Fonte: Bolletino Economico No.67, Banca d’Italia] 29 Per esempio il bond di durata settennale a tasso fisso collocato da Eni il 20-6-2012 ha una cedola del 3,75% annuo. L’obbligazione con uguale durata (scadenza 2019) collocata dallo stato italiano il 14-6-2012 ha una cedola del 6,10%, all’incirca 235 punti base superiore a quella del gruppo petrolifero italiano. 51 3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY” In Tabella 3.1 sono riportate le emissioni obbligazionarie nette (ovvero all’importo delle nuove emissioni è sottratto l’ammontare dei bond in scadenza) relative all’Italia e all’Europa tra il 2010 e il 2012. Per quanto riguarda il nostro paese possiamo notare che nel 2010 il ricorso al mercato obbligazionario si era ridotto a causa del contributo negativo apportato da imprese finanziarie diverse da banche, categoria nella quale sono incluse le assicurazioni; se durante il 2011 il finanziamento tramite bond è incrementato, il primo trimestre del 2012 ha registrato sia per l’Italia che per l’Europa un record di emissioni con un ammontare maggiore rispetto al totale dell’anno precedente. Questo fatto può essere spiegato attraverso l’abbondanza di liquidità disponibile nel sistema dopo le due LTRO promosse dalla BCE proprio a cavallo tra il 2011 e 2012 e dai tassi d’interesse estremamente bassi rispetto alla media storica. A subire maggiormente le conseguenze delle difficoltà dei gruppi bancari italiani sono state le PMI che, anche a causa del prolungarsi della recessione che ne ha “imbruttito” i bilanci, hanno visto ridursi le quantità di credito concesse ed aumentare i premi per il rischio. Figura 3.9 Incremento dei margini applicati sui prestiti concessi in Italia [Fonte: European Bank Lending Survey] 52 3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY” Nella Figura 3.9 possiamo osservare l’andamento del “prezzo” del credito secondo gli intermediari italiani, ovvero la quota di banche che hanno dichiarato di aver incrementato i margini d’interesse praticati. Riguardo ai tassi richiesti sui prestiti dobbiamo distinguere fra la situazione attuale e quella precedente all’inizio del 2012: se un anno fa abbiamo assistito ad un aumento generalizzato dei margini dovuto ai problemi di funding delle banche, oggi vediamo crescere soprattutto i tassi praticati verso le imprese considerate maggiormente rischiose. Questo può essere considerato un segnale del fatto che le banche non stanno “scaricando” genericamente i propri problemi di liquidità su tutti i clienti, ma scelgono di non concedere credito a quelle imprese al cui ripagamento del debito è associato un maggior grado di incertezza. La maggior parte di queste aziende sono le piccole e medie imprese che danno lavoro all’80% degli occupati italiani, ai quali è attribuibile il 70% del valore aggiunto prodotto nel nostro paese e che sono per natura caratterizzate da scarsa trasparenza e informazioni sul proprio stato di salute e sulle prospettive di crescita difficilmente trasmissibili senza un contatto diretto; queste caratteristiche derivano dalla mancanza di documenti di bilancio standardizzati e certificati attraverso i quali un analista possa comprendere e valutare rapidamente la situazione aziendale e di conseguenza il relativo merito creditizio. Alcune di queste imprese hanno iscritto a bilancio perdite consistenti negli anni successivi al 2008 e, se sottoposte a un’analisi formale, vengono considerate troppo rischiose e quindi non adatte a ricevere un prestito bancario. Il problema risiede nel fatto che, non avendo accesso al mercato dei capitali, il credito bancario rappresenta per la grande maggioranza delle PMI italiane l’unica fonte possibile di finanziamento; di conseguenza la mancanza di credito può causare gravi danni a questa categoria di imprese, che senza i prestiti da parte delle banche non possono sopravvivere. 53 3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY” Figura 3.10 Fattori che determinano variazioni dell’offerta di credito in Italia [Fonte: European Bank Lending Survey] Nella Figura 3.10 è mostrata l’evoluzione negli ultimi cinque anni dell’importanza dei fattori che condizionano l’offerta di credito secondo il punto di vista delle banche. Per prima cosa bisogna ricordare che i requisiti minimi di capitale che dovranno essere rispettati con l’entrata in vigore di Basilea III non sono mai stati considerati un elemento di forte disturbo per le banche italiane, dati i valori medi di patrimonializzazione e il leverage contenuto che caratterizzano il nostro settore bancario. Nel vivo della crisi del 2008 le risposte alla BLS fornite dagli istituti di credito italiani non differivano eccessivamente dalle rilevazioni europee, mentre nel 2011 il rischio liquidità e i problemi nel finanziamento tramite il mercato incidono sull’erogazione del credito in misura superiore rispetto alla media UE e mostrano valori in linea con gli altri paesi periferici. Per quanto riguarda la situazione che si delinea dagli ultimi dati disponibili le maggiori preoccupazioni derivano dalla mancata ripresa economica e dall’esposizione di alcuni gruppi bancari nei confronti del settore edilizio/immobiliare. Le banche italiane riportano a fine 2012 un’esposizione verso il settore immobiliare 54 3.LA CRISI DEL 2008 E LA “BANK LENDING SURVEY” nazionale pari a 662 miliardi e la società di consulenza AlixPartners stima che dovranno essere effettuate svalutazioni comprese fra i 10 e 65 miliardi di euro nel 2013, cifra molto superiore ai 23 miliardi di crediti deteriorati iscritti a bilancio dagli istituti di credito italiani in seguito alla crisi del 2008 ed ai 15,4 miliardi di capitalizzazione aggiuntiva richiesti a fine 2011 dall’European Banking Authority (EBA) per ricapitalizzare il settore bancario italiano. 55 4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO Capitolo 4 IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO Come illustrato nel capitolo 1, i pilastri fondamentali della credit view sono stati abbondantemente studiati empiricamente negli anni passati. Al giorno d’oggi nessun economista nega l’importanza del credito per lo sviluppo dell’economia e l’esistenza di un canale, differente dal classico interest rate channel, attraverso il quale la politica monetaria influisca sulla crescita economica per mezzo del credito concesso dagli intermediari finanziari. Alcune verifiche empiriche hanno però fornito risultati contrastanti a seconda del contesto di applicazione: ne sono esempio gli studi di Kashyap-Stein [1995], i quali riscontrano utilizzando dati USA che il canale creditizio dovrebbe risultare maggiormente attivo in banche di piccole dimensioni. La stessa tipologia di verifica ha fornito risultati opposti quando applicata al caso italiano o tedesco, mostrando come in queste nazioni le piccole banche appaiano meno esposte agli effetti della politica monetaria. Il risultato può essere solo parzialmente giustificato dal fatto che in media le BCC (Banche di Credito Cooperativo) italiane detengano capitali in misura superiore alla media europea. Per comprendere meglio le motivazioni di queste anomalie bisogna rifarsi ad un altro filone della letteratura, quello del relationship banking30. Stilizzando i fatti esposti da questa teoria si possono dividere i sistemi economici delle varie nazioni 30 Per una trattazione più approfondita rimandiamo ai lavori di Thakor-Boot [1997;2000] o ai più recenti lavori di Berger e Udell [2002;2005;2007]. 56 4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO in due gruppi: nel primo possiamo inserire gli USA, la Gran Bretagna e altre nazioni in cui i mercati sono molto sviluppati e permettono l’incontro diretto tra risparmio e investimento, ovvero tra domanda e offerta di finanziamenti; al secondo appartengono Italia, Germania ed altre nazioni europee nelle quali l’accesso ai mercati è garantito solo alle imprese di dimensioni maggiori e gli intermediari finanziari giocano un ruolo molto importante nel soddisfare i bisogni di finanziamento delle imprese. Nel sistema dominato da mercati dei capitali sviluppati il rapporto che si determina tra chi chiede un prestito e chi lo concede può essere descritto attraverso il transaction lending, sistema in cui la concessione di un credito è vista come una transazione: la banca decide di volta in volta se concedere o meno credito ad un’impresa basandosi sui dati oggettivi provenienti dal bilancio di quest’ultima, valutandone garanzie e capacità di ripagare il debito in futuro. Qualora le condizioni economiche peggiorassero, anche un’impresa cliente di lunga data si vedrebbe negare la concessione di nuovi prestiti. Il sistema risulta perciò orientato verso la singola transazione e le imprese che ne traggono più vantaggi sono quelle più trasparenti e di dimensioni maggiori, per le quali risulta più semplice fornire informazioni codificate e certificate sullo stato di salute finanziaria che fungono da garanzie. Al contrario nelle economie dominate dall’intermediazione bancaria è maggiormente diffuso il relationship lending: la banca concede il prestito all’impresa anche se momentaneamente quest’ultima non avrebbe le carte in regola per ottenerlo, a causa di difficoltà temporanee che sta vivendo o della scarsa trasparenza che non ne permette una valutazione oggettiva. Tra le due cose la seconda è una caratteristica comune a molte PMI, le quali a causa della dimensione ridotta spesso non possiedono una struttura funzionale sviluppata e non producono informazione 57 4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO codificata elaborabile dai modelli di valutazione del credito posseduti dalle banche di dimensioni maggiori. Questa tipologia di rapporto si instaura principalmente fra banche nazionali ben radicate sul territorio locale e imprese di dimensioni ridotte. In questo caso è la relazione esistente tra banca e impresa a costituire la garanzia per il prestito, grazie alla quale l’intermediario accetta di esporsi a dei rischi oggi in ragione dei profitti futuri che otterrà dal protrarsi della relazione. Andiamo ora a vedere come i cambiamenti strutturali di cui è stato oggetto il sistema bancario italiano in tempi recenti possano aver influenzato il rapporto tra banche e imprese, tradizionalmente basato proprio sulla relazione. In realtà un processo simile ha interessato il settore bancario europeo nel suo complesso, del quale presenteremo alcuni dati per comprendere meglio la dimensione del fenomeno. Come mostrato in Figura 4.1, il numero di banche presenti si è ridotto del 25% mentre sono più che duplicati gli asset gestiti. Figura 4.1 Evoluzione settore bancario Europeo [Fonte: ECB Statistical Data Warehouse] 58 4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO Figura 4.2 Evoluzione Attivo Medio Bancario Europeo [Fonte: ECB Statistical Data Warehouse] Nella Figura 4.2 possiamo osservare l’evoluzione dell’attivo medio di una banca europea, quasi triplicato nell’ultimo decennio. Come possiamo intuire questo processo di concentrazione ha portato alla formazione di banche di dimensione media molto maggiori, in grado di competere meglio con gli intermediari internazionali, soprattutto con quelli inglesi ed americani. Durante lo stesso periodo si è sviluppata una ricca letteratura riguardante gli effetti di fusioni e acquisizioni sulle banche coinvolte nelle operazioni e sul loro rapporto con le imprese clienti prima e dopo le modifiche organizzative, come si può verificare in Berger-Saunders-Scalise-Udell [1998] o più recentemente in Montoriol e Garriga [2008]. Tra le principali caratteristiche risultanti dal processo di consolidamento possiamo riassumere rapidamente: ο· Fusioni e acquisizioni (d’ora in poi M&A) tra piccole banche con comunanze a livello di business o di clienti\territori serviti migliorano l’efficienza, in quanto limitano la replicazione di strutture preposte alla stessa funzione; questo facilita l’allentamento degli standard creditizi e l’accesso al credito per le PMI. 59 4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO ο· M&A tra banche di grandi dimensioni che si fondono per creare gruppi bancari ancora maggiori concentrano potere di mercato in un unico intermediario; il gruppo risultante dall’operazione potrà godere di ampi spazi di manovra che si traducono in maggiore profittabilità accompagnata da minore concorrenza, e solitamente peggiori condizioni di credito per le PMI31. ο· In generale M&A distruggono il rapporto relazionale che esisteva tra PMI e banca target dell’operazione, mentre i rapporti relazionali della banca acquirente hanno una probabilità molto maggiore di non essere troncati. I risultati di una fusione\acquisizione e gli effetti che può avere sui rapporti appartenenti alla storia passata delle due banche dipendono fortemente da una scelta strategica, il grado di autonomia concesso alle filiali del nuovo gruppo. Un elevato grado di autonomia può essere mantenuto attraverso la decentralizzazione, che non stravolge completamente le pratiche precedentemente in uso imponendo nuove procedure ma permette di essere vicino ai bisogni dell’azienda e sfruttare a pieno tutta la “soft information” disponibile. Quest’ultima consiste in quella parte di informazione difficilmente codificabile e trasmissibile perché di natura non standardizzata, che riesce ad offrire maggiori relationship funziona benefici lending. meglio in un Al se elaborata contrario sistema il in un contesto transaction centralizzato che di lending utilizza principalmente una tipologia diversa di informazione: l’“hard information”. Questa viene prodotta a partire dall’analisi di bilancio e dal rating di credito, trasmessa al top management lungo la linea gerarchica e utilizzata nel decidere se approvare o meno la concessione di un prestito. 31 E’ stato empiricamente verificato che grandi banche fanno credito a imprese grandi e trasparenti più facilmente , mentre sono le BCC disperse sul territorio a finanziare le PMI per la maggiore (Stein, Berger, Rajan, Petersen 2005) 60 4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO Nell’ultimo ventennio il settore bancario italiano è stato oggetto di un forte processo di consolidamento, motivato dall’aumento della competizione internazionale e dall’esigenza di confrontarsi con gruppi più grandi e maggiormente diversificati sia sul territorio nazionale che all’estero. Questo processo iniziò all’inizio degli anni ’90 per finire intorno al 2007 con la creazione di 5 grandi gruppi bancari, che passarono indenni la crisi senza bisogno di aiuti pubblici o salvataggi da parte di istituzioni internazionali32. Per analizzare l’evoluzione di questo processo e comprendere meglio i cambiamenti strutturali di cui è stato oggetto introduciamo ora due semplici indicatori, presentati in Alessandrini e Presbitero [2009], che ci permettono di confrontare sistemi bancari diversi o lo stesso sistema in istanti temporali differenti: ο§ PROSSIMITA’ OPERATIVA (PO): è la distanza fisica tra filiali\sportelli e il cliente finale, misurata come numero medio di sportelli per cliente. ππ = ∑ π ππππ‘ππππ ∗ 10000 πππππππ§ππππ Negli ultimi venti anni il valore di questo indicatore è praticamente raddoppiato, incrementando da un lato i costi operativi associati alla vicinanza sul territorio e riducendo dall’altro i costi associati alle transazioni per i clienti finali. Inoltre una forte presenza nel mercato in cui si opera aiuta a ridurre le asimmetrie informative generate dalla non osservabilità dei comportamenti delle imprese a cui una banca presta denaro. 32 UniCredit, Intesa SanPaolo, Monte dei Paschi di Siena, Banco Popolare e UbiBanca. Tra queste solamente MPS ha richiesto prestiti allo Stato per raggiungere i requisiti patrimoniali target imposti dall’EBA, a differenza di altre banche europee che sono state protagoniste di salvataggi finanziati con denaro pubblico. 61 4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO ο§ DISTANZA FUNZIONALE (DF): è la distanza organizzativa media tra i centri di decisione strategica e il mercato locale di riferimento. Si calcola attraverso una media dei livelli gerarchici delle banche appartenenti al sistema economico che si sta analizzando, pesata per il numero di sportelli di ogni intermediario. π·πΉ = ∑(π ππππ‘ππππ ∗ ππ’ππππ πππ£ππππ ππππππβπππ) ∑ π ππππ‘ππππ Per la difficoltà nel venire a conoscenza del numero di livelli gerarchici, spesso viene utilizzata una formula alternativa come approssimazione, come mostrato in Alessandrini, Presbitero e Zazzaro [2006] π·πΉ = ∑(π ππππ‘ππππ ∗ ln( 1 + πΎπ)) ∑ π ππππ‘ππππ dove KM rappresenta distanza chilometrica tra il sistema economico per cui sto calcolando l’indicatore e la provincia o la città in cui è situata la sede centrale della banca in questione. Anche questo indicatore è cresciuto stabilmente e parallelamente alla dimensione media bancaria negli ultimi anni. Come conseguenza del consolidamento gerarchizzazione, e della le banche successiva hanno concentrazione cercato di guadagnare efficienza nei processi decisionali centralizzandoli. 62 e 4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO Figura 4.3 Evoluzione di prossimità operativa e distanza funzionale dal 1990 al 2007 [Fonte:"Il consolidamento del Settore Bancario Italiano" di A. Presbitero] Come possiamo vedere dalla Figura 4.3 sia prossimità operativa che distanza funzionale sono in generale aumentate su tutto il territorio italiano con il consolidamento. Se da un lato le banche si sono avvicinate fisicamente al cliente finale aprendo nuovi sportelli o filiali, dall’altro se ne sono allontanate raggruppando le attività di direzione strategica e decisionale e spostandole dal territorio locale dove prima erano dislocate. Il processo non è stato uniforme su tutto il territorio italiano, in realtà abbiamo prevalentemente assistito ad acquisizioni dove il target dell’operazione era una banca del Mezzogiorno. Questa asimmetria ha portato ad un progressivo spostamento dei centri decisionali delle banche acquisite dal Sud verso il Centro-Nord Italia. 63 4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO Come spiegato da Bini Smaghi [2007], numerose banche italiane erano riuscite a ottenere risultati significativi e costruire differenziali competitivi sfruttando a pieno la conoscenza del mercato locale originale in cui operavano. Attraverso politiche di espansione tramite acquisizioni o fusioni erano convinte di poter replicare le performance ottenute anche in nuovi territori semplicemente aprendo nuove filiali e posizionandosi cosi in prossimità del cliente finale per godere dei benefici informativi associati alla vicinanza. Purtroppo la storia non andò come avevano previsto, e si dovettero scontrare con asimmetrie nella distribuzione informativa a favore di banche che già operavano nel territorio di riferimento da tempo, ed ottennero risultati inferiori alle proprie aspettative. Ciò che appare chiaro è che, per sfruttare a pieno la soft information di cui si parlava in precedenza, non è sufficiente posizionarsi vicino al cliente che la genera ma è necessario costruire una relazione duratura che permette di estrarre maggiori benefici solo con il passare del tempo. Un’altra motivazione di grande importanza che ha incentivato gli intermediari bancari ad intraprendere operazioni straordinarie è lo sfruttamento di sinergie e la presenza di overlap di mercato che avrebbero portato alla riduzione dei costi operativi. Soprattutto per i gruppi maggiori, che hanno intenzione di competere internazionalmente, questo diventa un punto cruciale di scontro, poiché il modello relazionale europeo basato sull’intermediazione e sul credito dal punto di vista storico ha registrato un livello medio dei costi quasi sempre superiore rispetto al modello anglosassone. Infatti se i profitti commissionali delle merchant banks inglesi sono legati alla singola operazione e temporalmente concentrati, quelli delle banche tedesche e italiane, basati sul margine d’intermediazione, risultano dilazionati nel tempo come il pagamento degli interessi e richiedono la supervisione della controparte e l’esistenza di una struttura di monitoraggio permanente. 64 quindi 4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO Figura 4.4 Evoluzione Cost-Income Ratio bancario in Europa [Fonte: RolandBerger Banking Cost Reduction] Come illustrato in Figura 4.4, dal 1996 ad oggi abbiamo già riscontrato una diminuzione intorno al 10% del Cost-Income Ratio, un indicatore che rapporta i costi operativi sostenuti da un’impresa al suo profitto, e le stime fornite da una nota società di consulenza mostrano una riduzione attesa ancora più accentuata per il prossimo quadriennio. In seguito all’abolizione delle distinzioni fra banche d’affari e banche commerciali all’inizio degli anni ‘90 stiamo assistendo ad una parziale convergenza che ha dato origine a modelli di business ibridi per la “banca universale” che permettano la competizione su più fronti, dove quello dei costi ricopre un ruolo principale. Anche le banche italiane hanno seguito questo trend, con tempistiche ritardate rispetto all’Europa. Infatti solo dopo la crisi il numero di sportelli ha iniziato a decrescere lentamente in Italia, dove unicamente i maggiori gruppi bancari hanno registrato riduzioni dei costi operativi tutte riconducibili ad operazioni intraprese nel 2009 per incrementare l’efficienza. 65 4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO Nel 2011 scoppia la crisi del debito sovrano e le nostre banche, con indici di redditività piuttosto bassi, hanno dovuto guardare in faccia alla realtà e iscrivere a bilancio perdite miliardarie, causate dalle svalutazioni a bilancio degli avviamenti. Questi non sono altro che i residui delle acquisizioni effettuate negli anni passati a valori gonfiati rispetto a quelli di mercato, che contenevano aspettative di miglioramento delle performance che in realtà non si sono ancora verificate. In questo caso si può parlare di una vera e propria bolla speculativa sviluppatasi in un periodo di relativo boom economico: i multipli con cui venivano valutate le banche protagoniste di operazioni M&A pre-crisi non hanno nulla a che vedere con quelli attuali33. Il modello di business che lega banca e cliente è in continua evoluzione la vicinanza fisica al cliente non è più necessaria come un tempo, come dimostra la crescita e la diffusione dei servizi di online&smartphone banking negli ultimi anni. Ha invece acquistato sempre maggiore importanza relativa un altro tipo di distanza, quella funzionale. Tra i primi in Italia a porre il focus su questo argomento possiamo citare Alessandrini, Zazzaro e Croci [2005], i quali osservano che con il consolidamento sono aumentate sia prossimità operativa che distanza funzionale; tuttavia i benefici di una maggiore vicinanza fisica sono stati più che controbilanciati dall’allontanamento dei centri decisionali. Nella loro ricerca gli autori costruiscono un confronto fra varie regioni italiane, verificando come valori differenti di questi indicatori strutturali possano influire sulla probabilità che un’impresa venga razionata. I risultati emersi dipendono fortemente dalla 33 Nonostante possibili illeciti sui quali la magistratura sta tutt’oggi indagando, le vicende di Antonveneta sono un esempio di acquisizione nel bel mezzo di una bolla speculativa. La banca veneta viene acquistata tra il 2005 e il 2006 da ABN Amro per una cifra compresa tra i 5 e i 6 miliardi di euro. La banca olandese viene acquisita nel 2007 dal consorzio Santander-RBS, con la banca spagnola che nella spartizione si aggiudica proprio Antonveneta valutandola al massimo 6,6 miliardi. La banca italiana viene poi rivenduta a MPS pochi mesi dopo per 9 miliardi di euro. 66 4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO localizzazione della banca, della sua sede principale e dell’impresa che richiede il prestito. Infatti nella maggioranza delle M&A l’acquirente è stata una banca del settentrione e il target una del meridione; a causa di questo squilibrio i centri decisionali si sono spostati progressivamente verso il CentroNord, e i territori del Sud Italia hanno sperimentato una riduzione dell’offerta di credito e un parziale razionamento del credito. Sono state le numerose BCC sparse su tutto il territorio italiano a fare da complemento a questo sviluppo del settore bancario “a macchia di leopardo”, finanziando cioè i piccoli progetti proposti da PMI che erano state già respinte dalle altre grandi banche. Nello stesso filone teorico s’inserisce lo studio di Presbitero, Udell e Zazzaro [2012], i quali cercano di dare una motivazione strutturale al credit crunch che sta interessando l’Italia negli anni successivi alla crisi. Per risolvere il problema di identificazione (che non permette di distinguere se la diminuzione del credito sia imputabile ad un effetto di domanda o offerta) gli autori individuano i casi di razionamento analizzando sondaggi trimestrali condotti intervistando le imprese nel periodo 20082009. Questi questionari, contenendo le richieste di prestiti da parte delle imprese e le risposte delle relative banche contattate, rappresentano una buona proxy per la domanda e permettono di valutare variazioni dell’offerta di credito. L’obiettivo è scoprire chi sono i soggetti che hanno subito maggiormente la riduzione del credito per verificare se nel per l’Italia si tratti di flight to quality o home bias: nel primo caso le banche prestano solo alle imprese più sicure e in salute, respingendo le richieste delle più opache e rischiose; nel secondo risultano invece più razionate le imprese situate in territori dove sono principalmente presenti banche funzionalmente distanti. Da una prima analisi dei dati gli autori trovano conferma che ci sia stato credit crunch, osservando che nel periodo susseguente la crisi del 2008 in generale le imprese hanno una probabilità di vedere le proprie richieste di finanziamento respinte superiore 67 4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO del 10% rispetto al periodo pre-crisi. Andando a vedere quali caratteristiche specifiche possano aver causato il razionamento, emerge come molte imprese apparentemente in salute ma residenti in territori privi di banche locali siano state respinte. Gli autori spiegano questo fatto, visto come sostegno per l’ipotesi di home bias, attraverso un meccanismo di segmentazione: le grandi banche con headquarters distanti servono principalmente i clienti di dimensioni maggiori, più trasparenti e che producono hard information, lasciando le PMI alle banche locali. La presenza sul territorio di quest’ultime e l’abilità nell’elaborare l’informazione soft determinano la probabilità di razionamento per le piccole e medie imprese che costituiscono la maggioranza del settore industriale italiano. Studi empirici svolti nel 2012 dall’Associazione Prometeia, importante centro di ricerca economica e finanziaria milanese milanese, hanno verificato questi risultati con un campione di dati proveniente dal database di AIDA che contiene dati specifici su più di 13000 imprese tra il 2000 e il 2007. I risultati emersi mostrano che gli investimenti delle imprese sono correlati positivamente con la prossimità operativa e negativamente con la distanza funzionale, con il primo fattore che domina nettamente il secondo in presenza di distretti industriali. E’ interessante il metodo con cui viene stimata la distanza funzionale, che negli studi precedenti era approssimata spesso con la distanza fisica tra filiale e centro direzionale a causa della mancanza di informazioni sulla struttura interna delle singole banche, mentre qui si vanno ad analizzare i livelli decisionali specifici di ogni struttura organizzativa. Si scopre così che una richiesta di prestito, per essere approvata, deve compiere quattro passaggi in una BCC e più di dieci negli istituti di credito di dimensione maggiore; attraverso questa lunga catena gerarchica è molto difficile trasmettere informazioni raccolte dalla filiale se non sono codificate, che si traduce in una maggiore probabilità che la richiesta venga respinta. 68 4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO 4.1 Il Punto di Vista delle Banche Fino ad ora abbiamo parlato di caratteristiche “strutturali” del mercato del credito, che hanno origine dal consolidamento e dalle scelte strategiche dei player del settore avvenute negli anni. Dobbiamo però ricordare che l’operato delle principali banche italiane è stato fortemente influenzato da caratteristiche “congiunturali”, che hanno cambiato lo scenario di riferimento dopo la crisi34 e di conseguenza il comportamento degli istituti di credito. Andiamo a riassumere e vedere più dettagliatamente le principali tendenze emerse successivamente al 2008 che hanno condizionato il settore bancario: ο· Il peggioramento delle condizioni economiche, con l’aumento delle sofferenze e degli incagli, ha reso più difficoltosa e rischiosa l’attività di fornitura del credito, soprattutto quello di lungo periodo. Quest’ultimo è la principale fonte di finanziamento delle imprese per investimenti, che sono diminuiti per l’aumento dell’incertezza economica riguardante il futuro prossimo della zona euro. ο· L’attività di securitization ha avuto una brusca interruzione e ancora oggi ci troviamo lontani dai livelli precedenti crisi. La possibilità di cedere i crediti iscritti nei bilanci bancari ad altre istituzioni finanziare che li trasformano in prodotti finanziari aveva dato la possibilità alle banche di “smobilizzare” i propri attivi e renderli più flessibili, oltre a permettere la distribuzione del rischio di credito tra più investitori e quindi una maggiore diversificazione. Ora queste attività avvengono in misura ridotta, per la difficoltà nel definire la qualità del credito sottostante (che può anche deteriorarsi nel corso del tempo e deve essere sottoposto a 34 “Le banche e la ‘grande’ crisi: risultati e nuove priorità”, KPMG Advisory (2012) 69 4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO monitoraggio continuo) e per la poca fiducia diffusa nel mercato interbancario in seguito al fallimento del modello Originate To Distribute35. ο· La politica di easy money adottata dalle BCE e dalle banche centrali principali, con tassi d’interesse storicamente bassi e poco lontani dallo zero, ha compresso il margine d’interesse che in passato rappresentava la fonte principale di profitto dell’attività bancaria. Questo margine non è altro che lo spread fra il tasso che la banca richiede al cliente finale e il tasso al quale si finanzia sul mercato o dalla banca centrale. Mentre gli interessi dei prestiti (spesso legati al tasso variabile di riferimento Euribor) in generale sono diminuiti, nel mercato del funding la competizione è aumentata e alcune banche hanno visto crescere il costo e ridursi i volumi della raccolta fondi. A questo punto risulta necessario ricordare che anche le banche, come la maggior parte delle imprese esistenti, sono delle organizzazioni a scopo di lucro e come tali sono gestite da manager che devono rendere conto del proprio operato a degli azionisti; e proprio ora che sono sotto i riflettori del mercato, con capitalizzazioni dimezzate rispetto ai book value, necessitano di incrementare la loro profittabilità per soddisfare gli investitori e mantenere al sicuro la propria posizione lavorativa. Dobbiamo riconoscere che l’attività di concessione del credito risulta oggi sempre più rischiosa e meno redditizia confrontata con alternative di breve periodo. Se la BCE concede prestiti non vincolati in quantità illimitate al sistema bancario al tasso agevolato dell’1% e i titoli di stato italiani (fino a un paio di anni fa considerati praticamente privi di rischio) rendono più del 35 Per OTD (Originate To Distribute) si descrive la procedura di cartolarizzazione spinta messa in atto dalle principali banche d’affari americane nel biennio precedente al 2008. Le caratteristiche di questo modello di business, ai tempi molto redditizio, sono la concessione di prestiti “facili” anche a chi non detiene le opportune garanzie e la successiva creazione di ABS (Asset Backed Securities), attraverso la cartolarizzazione degli stessi mutui concessi, da distribuire al mercato attraverso la vendita. 70 4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO 5% su scadenze annuali, la scelta degli impieghi delle banche sarà tanto ovvia quanto razionale. Perché rinunciare a un profitto (quasi) sicuro prospettive di per riversare crescita a fondi breve in non un economia sono le cui incoraggianti? Ed ecco che nei bilanci 2012, a far tornare provvisoriamente in utili i grandi gruppi bancari italiani non ci pensa il margine d’intermediazione (a picco con una riduzione del 5%) ma i ricavi da negoziazione, in media più che raddoppiati36. ο· E le banche cosa rispondono di fronte alla critica basata sul fatto che “hanno smesso di fare le banche”37? Dopo aver sostenuto alcuni colloqui con dei responsabili provenienti da due tra le maggiori banche italiane, ciò che emerge è che “alle banche non conviene più fare le banche”. Infatti i manager bancari sostengono che i requisiti di capitale sempre più stringenti, introdotti in passato con Basilea II e nel futuro con Basilea III, non fanno altro che sbilanciare le scelte operative delle banche in favore di modelli di business orientati al mercato. Negli ultimi 20 anni abbiamo assistito ad un enorme sviluppo della modellistica dei tassi d’interesse e non solo e l’ingegneria finanziaria ha creato una miriade di nuovi strumenti reperibili sul mercato per fare hedging, ovvero per coprirsi dai rischi a cui si esposti vendendo un prodotto finanziario ad un cliente. In maniera paradossale una banca è costretta ad accantonare riserve molto superiori nel caso in cui conceda un prestito ad un’azienda rispetto al caso in cui sottoscriva un derivato Interest Rate Swap con un nozionale dieci volte superiore alla quantità di denaro erogata attraverso il mutuo. Come è possibile? Questo avviene perché, una volta venduto il derivato al cliente, per la banca è possibile acquistare degli strumenti finanziari più 36 “Per Intesa i guadagni da trading sono saliti da 747 milioni del settembre 2011 a 1,5 miliardi del settembre scorso. UniCredit li ha visti balzare da 864 milioni a 2 miliardi. La Popolare di Milano da 7 milioni a 114 milioni”, da IlSole24Ore (14-11-2012). 37 Si veda “Il Circolo Vizioso” di Luca Pavesi, da IlSole24Ore (24-3-2013). 71 4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO o meno complessi che permettano di eliminare quasi totalmente i rischi connessi al contratto venduto38. Al contrario quando una banca concede un prestito resta intrinsecamente esposta al rischio di credito della controparte per tutta la durata del mutuo e per questo deve accantonare del capitale per provvedere alle possibili perdite future. I rischi associati al credito possono essere ridotti attraverso la collateralizzazione, attraverso la richiesta di covenant da rispettare e principalmente utilizzando il monitoraggio. Quest’ultima però è un’attività che richiede delle strutture fisiche preposte a questa funzione, presenza sul territorio e quindi maggiori costi operativi, con un conseguente svantaggio in termini di efficienza rispetto ad una banca con modello di business differente. In sostanza la voce proveniente dalle banche ci dice che i regulators stanno spingendo verso un modello di business market oriented, di stampo americano o anglosassone, dove nel finanziarsi un’impresa si rivolge direttamente al mercato dei capitali attraverso un’emissione obbligazionaria organizzata dalla banca stessa, che in cambio riceve una commissione una tantum. Il rischio di credito viene così distribuito tra numerosi investitori, che possono coprirsi dell’impresa sottoscrivendo dei CDS dal rischio (Credit di Default default Swap), strumenti finanziari che funzionano come un’assicurazione contro il fallimento di una controparte. Tutto ciò che abbiamo detto può andare bene in un ambiente dove i mercati sono estremamente sviluppati, come potrebbe essere quello americano. Ma in un contesto europeo? O peggio ancora italiano? 38 NOTA BENE: qui non ci riferiamo al caso in cui una banca che acquista un derivato con fine speculativo, situazione in cui non elimina i rischi a cui è esposta proprio perché attraverso questi rischi che si assume spera di ottenere dei rendimenti elevati in futuro. 72 4.IL CONSOLIDAMENTO DEL SETTORE BANCARIO ITALIANO Il nostro mercato dei capitali è molto meno sviluppato, ed infatti nemmeno tutte le società quotate in Borsa ne hanno accesso. Inoltre l’80% della produzione italiana proviene da PMI che hanno accesso a questi mercati e hanno come unica fonte di finanziamento il credito bancario. Non si sa se sia stata l’intermediazione prevalentemente bancaria a dare origine alla microstruttura produttiva italiana o quest’ultima ad avvantaggiare un modello di business bancario storicamente fondato sul credito. Qual è la soluzione quindi? Non esiste una soluzione univoca, ma di fronte a noi si formano possibili scenari differenti per il futuro: ο· le imprese italiane più piccole si evolvono, crescono, si razionalizzano e dopo aver raggiunto dimensioni adeguate si finanziano emettendo bond; questo scenario implica un’evoluzione strutturale del sistema produttivo italiano che richiede un orizzonte temporale di medio-lungo periodo perché si realizzi. ο· il mercato dei capitali cresce e si sviluppa permettendo l’accesso anche ad aziende di dimensioni ridotte, magari attraverso emissioni di imprese che accorpano le loro necessità di finanziamento; ne sono esempio i mini-bond introdotti dal governo Monti, che fino ad ora hanno però riscosso scarsa attenzione. Nessuna delle due alternative può essere messa in atto da un giorno all’altro, ma richiedono tempo e sforzi importanti per modificare situazioni che sono state cementate dalla storia… 73 5.UNA POSSIBILE SOLUZIONE Capitolo 5 UNA POSSIBILE SOLUZIONE In questo capitolo presenteremo l’iniziativa promossa dalla banca centrale inglese nell’estate 2012 per favorire la ripresa del flusso di credito verso le imprese e i cittadini britannici. Questo schema viene lanciato in un momento in cui i tassi d’interesse sono stati tagliati fino ai minimi storici e ulteriori riduzioni risulterebbero inefficaci; per questo motivo gli organi preposti alla conduzione della politica monetaria stanno esplorando il terreno delle politiche “non convenzionali” con le quali sperano di riuscire ad influire sul comportamento degli istituti di credito incentivando la concessione del credito verso imprese e cittadini. 5.1 Il Funding For Lending Scheme Il Funding for Lending Scheme (abbreviato FLS) è un programma proposto dalla Bank of England nell’estate 2012 con l’obiettivo di facilitare l’accesso al credito da parte delle imprese e dei cittadini che richiedono un mutuo. Il piano differisce dagli interventi condotti dalla BCE a dicembre 2011 e marzo 2012 (LTRO), i quali hanno scongiurato il rischio di una imminente crisi di liquidità all’interno del settore bancario senza però trasmettere fondi all’economia reale sotto forma di prestiti. Il mandato della Bank of England differisce da quello della BCE e appare più simile a quello della Fed: mantenere l’inflazione intorno al 2% e facilitare il raggiungimento degli obiettivi economici definiti dal governo. Grazie a questa relativa libertà 74 5.UNA POSSIBILE SOLUZIONE d’azione, nel 2009 la banca centrale inglese abbassa il tasso ufficiale di rifinanziamento allo 0.50% e promuove un primo round di quantitative easing di 200 miliardi di sterline per facilitare la ripresa economica; a questo primo round ne seguono altri tre di entità minore nel biennio 2011-2011 per un totale di 375 miliardi di sterline, con l’obiettivo di evitare un andamento economico del tipo double dip39. Nonostante l’utilizzo di politiche monetarie non convenzionali nel 2012 l’economia si conferma debole e per uscire dalla recessione viene promosso il FLS. Figura 5.1 Credito da parte di banche e building societies verso famiglie e imprese non finanziarie in UK [Fonte: Bank of England] Come si può vedere dalla Figura 5.1, anche la Gran Bretagna è stata protagonista di un blocco del credito nel periodo successivo alla crisi, visto che i tassi di crescita dei prestiti concessi 39 In una recessione double dip (a “doppio tuffo” o a W) all’iniziale riduzione dell’attività economica segue un accenno di ripresa e una seconda riduzione, spesso di maggiore entità. Ne sono esempio la recessione che investì gli USA tra il 1980 e il 1982. 75 5.UNA POSSIBILE SOLUZIONE all’economia sono stati oggetto di una brusca frenata passando da incrementi in doppia cifra nel primo decennio del nuovo millennio a tassi attualmente vicini allo zero. Poiché le banche sono delle libere imprese, non è possibile obbligarle a elargire credito ad altre imprese, tantomeno in un sistema basato sul libero mercato come quello britannico. Questo schema si propone come un’alternativa razionale che crei condizioni che incentivino fortemente le banche40 nella scelta di fare credito, senza però costringerle. Il Funding For Lending garantisce infatti nuova liquidità a tasso agevolato agli intermediari che scelgono di aumentare la quantità di prestiti erogata nel tempo. Ma andiamo a vedere più in dettaglio il funzionamento di questo schema. Il punto principale è la possibilità di migliorare le condizioni di finanziamento per le banche sottoscrivendo un collateral swap con la Bank of England (d’ora in poi BoE): attraverso questa operazione cedono prestiti concessi a famiglie e imprese iscritti a bilancio alla banca centrale ricevendo in cambio dei Gilts, buoni del tesoro inglesi, che possono utilizzare come garanzie per finanziarsi presso la stessa banca centrale al tasso ufficiale di riferimento (oggi 0.5%). Alla scadenza del contratto le controparti riscambiano gli asset, in modo che il rischio di credito torni nelle tasche di chi ha realmente concesso il prestito. Lo swap può avere durata massima quadriennale e per accedere all’operazioni è necessario pagare alla BoE una fee annuale fissa dello 0.25% del nozionale più una variabile che dipende dal comportamento degli istituti di credito. In questo modo si agisce per facilitare il finanziamento per le banche, in modo che le tensioni nel mercato del funding non possano essere utilizzate come scusanti per i mancati prestiti concessi. 40 Nella presente sezione parleremo genericamente di banche, includendo in questa categoria anche le buiding societies inglesi, che sono intermediari specializzati nella concessione di mutui ipotecari attraverso i quali la maggioranza dei cittadini inglesi si finanzia per acquistare una casa. 76 5.UNA POSSIBILE SOLUZIONE Per quanto riguarda le quantità di prestiti scambiabili con buoni del tesoro, la banca centrale permette un ammontare massimo per ogni singola banca partecipante pari al 5% dello stock di prestiti esistenti più eventuali nuove espansioni, calcolate in ottica differenziale sottraendo i rimborsi ai nuovi prestiti erogati. Per quanto riguarda invece il prezzo del collateral swap, abbiamo già accennato in precedenza come sia composto da una quota fissa dello 0.25% più una parte variabile. Quest’ultima viene calcolata in base al comportamento della banca in questione durante il drawdown period41: se avrà incrementato prestiti all’economia l’interesse pagato annualmente sarà costituito dalla sola quota fissa; in caso contrario sarà aggiunta una parte variabile dello 0.25% per ogni punto percentuale di riduzione rispetto allo stock iniziale di credito, fino ad un interesse massimo dell’1.50% che sarà pagato in presenza di un calo dei prestiti del 5% o superiore. In questo modo il costo di finanziamento che una banca deve sopportare viene stimato tra l’ 1.70% e il 2%, notevolmente inferiore ai tassi con i quali si finanzierebbe attraverso un’emissione obbligazionaria a medio termine, oscillanti tra il 4% e il 5% a seconda della rischiosità relativa dell’emittente bancaria. L’obiettivo del Funding For Lending è ottenere un coinvolgimento del settore bancario inglese il più ampio possibile, essendo uno schema progettato per incentivare intermediari con modelli di business e interessi eterogenei: ο· banche che hanno intenzione di ridurre l’ammontare di prestiti detenuti sono incentivate a non farlo, in quanto limitando le riduzioni possono beneficiare di condizioni più vantaggiose nel finanziarsi; 41 Il drawdown period è un intervallo temporale di 18 mesi compresi tra il 30 giugno 2012 e il 1 gennaio 2014, durante il quale banche e building societies inglesi possono decidere di iniziare l’operazione di collateral swap con la Bank of England come controparte. 77 5.UNA POSSIBILE SOLUZIONE ο· banche che al contrario vogliono espandere il credito erogato sono incentivate a partecipare in quanto possono finanziarsi a tassi agevolati rispetto a quelli correnti del mercato interbancario. Attualmente sono stati pubblicati i dati disponibili riguardo all’utilizzo del collateral swap e l’evoluzione dei prestiti concessi all’economia nei primi due trimestri, come mostrano le tabelle inserite in appendice. Allo schema hanno aderito in 39 tra banche e building societes, compresi i maggiori gruppi bancari della City ad esclusione di HSBC che ha deciso di non partecipare all’iniziativa. Totale al 30/06/2012 CREDITO 1 364 340 FUNDING Variazioni Trimestrali Lug-Set Ott-Dic 2012 2012 923 Variazioni Cumulate Totale Variazione Percentuale - 2 425 - 1 502 -0,1% Massimo prelevabile Lug-Set 2012 Ott-Dic 2012 Effettivamente Prelevato Percentuale 68 217 4 360 9 472 13 832 20,28% Tabella 5.1 Dati aggregati utilizzo Funding For Lending Scheme (in miliardi di sterline, fino al 31/12/2012) [Fonte: Bank of England] Come mostrato in Tabella 5.1, i risultati parziali non hanno entusiasmato, visto che a livello aggregato l’incremento dei prestiti registrato nel terzo trimestre è stato più che controbilanciato dal calo del quarto trimestre del 2012, con una diminuzione complessiva dello 0.1% su un totale di circa 1365 miliardi di sterline. Ad un semestre dal lancio dello schema anche l’utilizzo del collateral swap appare piuttosto limitato attestandosi a 14 miliardi di sterline, circa il 20% di un massimo di 70 miliardi, possibile segnale che l’avversione al rischio è 78 5.UNA POSSIBILE SOLUZIONE ancora diffusa tra le banche e che quest’ultime hanno intenzione di sfruttare solo parzialmente gli incentivi messi a disposizione dal piano. Analizzando i dati più dettagliatamente, attraverso le tabelle in appendice il breakdown con i dati riguardanti ogni singola banca partecipante, scopriamo che circa un terzo dell’utilizzo del collateral swap è attribuibile a tre dei cinque maggiori gruppi bancari42, terzetto che dall’altro lato è responsabile di una riduzione totale di 14,4 miliardi di prestiti verso l’economia. I gruppi in questione stanno vivendo dei momenti difficili e stanno attuando un processo di forte deleveraging attraverso una parziale dismissione dell’attivo: Royal Bank of Scotland e Lloyds Banking Group segnano una riduzione percentuale intorno all’1% sul totale dei prestiti all’attivo e, dopo essere state salvate dal governo britannico, sono nel pieno di una ristrutturazione che dovrebbe riportarle verso modelli di business più tradizionale che evitino pesanti perdite come quelle che hanno subito durante la crisi a causa dell’esposizione verso derivati; Santander UK registra una riduzione superiore al 3% dei prestiti concessi, probabilmente a causa della difficile situazione del mercato immobiliare spagnolo e dell’esposizione del gruppo bancario verso di esso. I restanti due grandi gruppi hanno invece confermato le dichiarazioni di impegno ad immettere più denaro nell’economia sotto forma di credito: Barclays e Nationwide segnano rispettivamente un +3% e un +2,4%, per un totale di 9,3 miliardi di sterline di nuovi prestiti. Delle restanti 34 tra banche di dimensioni inferiori e building societies oltre due terzi hanno registrato un incremento dei prestiti verso l’economia, il che fa pensare che lo schema stia iniziando a funzionare. 42 Le cinque big banks di cui stiamo parlando sono gli istituti con più di 100 miliardii sterline di prestiti verso l’economia inglese iscritti a bilancio, ovvero Lloyds Banking Group, Royal Bank of Scotland, Santander, Barclays e Nationwide Building Society (ordinati per dimensione decrescente). 79 5.UNA POSSIBILE SOLUZIONE Se da un lato giungono segnali positivi, dall’altro lato resta comunque ampia la platea degli scettici, che invocano una modifica della struttura del piano o ne sottolineano gli aspetti negativi. Tra questi viene citato il danno che hanno indirettamente subito i consumatori: il miglioramento delle condizioni di finanziamento per le banche si è riflesso in una minor competizione nella raccolta fondi; questo ha portato ad una diminuzione delle remunerazioni offerte per depositi in conto corrente ed altri strumenti per la raccolta fondi retail. Figura 5.2 Andamento Cash ISA e Depositi Vincolati con scadenza annuale in UK (in rosso data di partenza FLS) [Fonte: Bank of England] Come possiamo vedere nella Figura 5.2, i tassi medi offerti sui depositi vincolati con scadenza annuale e sui Cash Individual Savings Account (l'equivalente del nostro conto corrente, esente da tassazione) hanno registrato una netta diminuzione dalla data di partenza del FLS, passando dal 2,6% di giugno 2012 all’1,8% attuale per i conti correnti e dal 2,7% al 2,2% per i depositi vincolati. In sostanza i correntisti hanno perso circa mezzo punto percentuale di remunerazione grazie agli aiuti forniti dalla BoE 80 5.UNA POSSIBILE SOLUZIONE al sistema bancario. Ma andiamo a vedere invece quali categorie hanno beneficiato di una riduzione dei tassi d’interesse da pagare alle banche. Prima di tutto ricordiamo che lo schema era stato progettato per migliorare l’accesso al credito di due importanti attori del sistema economico: le famiglie, attraverso una riduzione dei tassi sui mutui ipotecari, e le piccole e medie imprese, attraverso una riduzione dei tassi sui prestiti. Nonostante la valutazione del credito fornito effettuata senza all’economia da differenziare ogni le singola due banca categorie, venga esistono importanti differenze nella loro dinamica. Figura 5.3 Tasso medio fisso e variabile per un mutuo ipotecario biennale (in rosso data inizio FLS) [Fonte: Bank of England) Come possiamo vedere nella Figura 5.3, i tassi sui mutui ipotecari hanno registrato una notevole riduzione dall’introduzione dello schema, sostenuta da un incremento dei volumi che hanno registrato un +10% su base annua nel mese di gennaio 2013. Al contrario il credito verso le piccole e medie 81 5.UNA POSSIBILE SOLUZIONE imprese appare ancora congelato, con tassi di crescita vicino allo zero e pochi miglioramenti rispetto alle condizioni di un anno fa. Sebbene la British Bankers’ Association (BBA) affermi che ben 8 su 10 richieste di prestiti da parte di PMI vengano approvate, la Federation of Small Businesses la contraddice affermando che almeno la metà delle richieste vengono respinte43. Per questo motivo uno dei principali cambiamenti proposti per il Funding for Lending è la valutazione separata del credito concesso a famiglie per l’acquisto di una casa e del finanziamento delle imprese di dimensioni ridotte. In questo modo una banca che stia riducendo la sua esposizione verso i mutui ipotecari e volesse incrementare i prestiti verso le piccole imprese potrebbe comunque godere di condizioni agevolate per il finanziamento. Molti nomi importanti del panorama britannico44 invocano una soluzione piuttosto inusuale per un sistema fortemente orientato ai mercati come quello britannico, ovvero l’istituzione di una Business Bank controllata e supportata dallo stato come sono la Small Business Administration negli USA o la Kreditanstalt für Wiederaufbau (KfW) tedesca. 43 Fonte: Financial Times, “Small business still face battle to borrow”, 8-3-2012; “Funding for lending to be ‘put on steroids’” e “Funding for lending scheme dismays BoE”, 11-3-2012; 44 Tra i quali possiamo citare Vincent Cable (membro del Parlamento e attuale Secretary of Businesses, Innovation and Skills), Mike Cherry (policy chairman alla Federation of Small Businesses) e Adam Marshall (dirigente per le politiche alla Camera di Commercio Britannica). 82 CONCLUSIONE CONCLUSIONE Il presente lavoro di tesi ha voluto analizzare la condizione dell’offerta di credito bancario nel contesto europeo ed italiano successivo alla crisi del 2008. Per comprendere i fattori che possono essere considerati responsabili del blocco del credito che in generale l’intero continente europeo sta vivendo, è stato presentato il filone accademico della credit view, che lega variazioni dei prestiti concessi dalle banche a shock provenienti da manovre restrittive di politica monetaria. Dopo aver verificato che il lending channel non è più attivo nella modalità con cui era stato formulato originalmente e introdotto l’applicazione dell’acceleratore finanziario di Bernanke al canale del credito, abbiamo presentato la teoria del bank capital channel che individua nel capitale bancario uno tra i fattori più importanti nella differenziazione delle risposte di banche diverse allo stesso stimolo o shock monetario. Per ultima (ma non certo di minore importanza) abbiamo presentato la teoria del risk-taking channel, con la quale si è cercato di spiegare la modifica del comportamento delle banche nel periodo precedente alla crisi del 2008. Questa teoria permette di motivare attraverso la percezione del rischio le differenze riscontrate nella reazione degli intermediari ad una manovra di politica monetaria di uguale entità ma effettuata in periodi temporali diversi: le banche tendono ad allentare gli standard di concessione del credito e sottovalutare il rischio nei periodi di boom economico, mentre riducono i prestiti e mostrano un’accentuata avversione allo stesso rischio nei periodi di recessione. Pur avendo verificato che il canale del credito non è più attivo nelle modalità con le quali era stato inizialmente formulato, abbiamo sottolineato l’importanza dei prestiti bancari come elemento determinante per lo sviluppo 83 CONCLUSIONE economico soprattutto in un contesto come quello italiano, dove la maggior parte delle imprese dipendono dal credito bancario per il finanziamento degli investimenti. Attraverso l’analisi delle Euro Bank Lending Survey abbiamo cercato di comprendere meglio le dinamiche più recenti di cui sono state protagoniste domanda e offerta di credito europea e italiana nel periodo successivo al 2008. Studiando le risposte fornite dalle banche partecipanti al questionario siamo riusciti a delineare i principali fattori che hanno influito sui movimenti di domanda e offerta di prestiti, riscontrando delle differenze tra il periodo precedente e successivo alle due LTRO promosse a cavallo tra il 2011 e il 2012 dalla Banca Centrale Europea. Prima di queste operazioni i problemi del credito sembrano essere attribuibili alle difficoltà delle banche nel reperire liquidità sul mercato interbancario e quindi alla debolezza dell’offerta, mentre nel periodo successivo è la domanda da parte delle imprese che appare condizionata dall’incertezza dal riguardante perdurare la ripresa della recessione economica. Per e la specifica situazione italiana abbiamo ricercato delle cause plausibili per la scarsità di credito disponibile degli ultimi anni nella modifica di alcune caratteristiche strutturali avvenuta nel periodo 1990-2007 durante il consolidamento del settore bancario italiano. A questo proposito abbiamo valutato l’impatto di fusioni e acquisizioni sui rapporti esistenti tra le banche coinvolte nelle operazioni e le imprese clienti prima e dopo il cambiamento degli assetti societari. In seguito abbiamo attribuito importanza a variabili come distanza funzionale e prossimità operativa nella determinazione della disponibilità di credito per le imprese italiane. Al consolidamento viene associato uno sviluppo del settore bancario “a macchia di leopardo” che introduce una disparità di trattamento e una diversa probabilità di subire un razionamento del credito causate dall’appartenenza ad una determinata area geografica. 84 CONCLUSIONE Nella parte finale del capitolo 4 abbiamo illustrato i problemi che una banca caratterizzata da un modello di business tradizionale si trova ad affrontare in un contesto competitivo globale; riprendendo ciò che dichiarano le banche, l’impatto della regolamentazione introdotta dai regulator e delle novità prodotte dall’ingegneria finanziaria hanno reso meno profittevole la concessione del credito alle imprese rispetto ad un business basato sulla creazione e vendita di derivati finanziari. Per cercare di risolvere il disallineamento esistente tra l’obiettivo di generare profitto da parte delle banche e la necessità del credito per finanziare investimenti reali, nell’ultimo capitolo abbiamo analizzato il Funding For Lending Scheme proposto dalla Banca d’Inghilterra. Questo piano cerca di incentivare razionalmente l’attività di concessione del credito fornendo benefici nel finanziamento alle banche che incrementano il totale dei prestiti concessi all’economia. Al momento è solo un tentativo, ma apre la strada a nuove tipologie di interventi alternativi rispetto alle manovre classiche che possono essere implementati dai policy-maker nella conduzione della politica monetaria. Uno spunto per il futuro potrebbe consistere in un’analisi approfondita dei vantaggi derivanti dall’esistenza di una banca partecipata dallo Stato e istituita con l’obiettivo di finanziare le piccole e medie imprese che non godono dell’accesso al mercato dei capitali, costruita sul modello della KfW tedesca o della US Small Business Administration. Al giorno d’oggi la creazione di un’istituzione simile è invocata da esponenti del governo inglese (ma non solo) che considerano inefficace lo schema proposto dalla Banca d’Inghilterra. Attraverso un’analisi appropriata sarebbe possibile valutare l’efficacia di una soluzione del genere nel garantire il flusso del credito verso il settore dell’economia costituito dalle PMI. 85 APPENDICE APPENDICE Appendice A: I moltiplicatori del reddito in Bernanke-Blinder In questa sezione saranno derivati analiticamente i moltiplicatori del reddito per il modello di Bernanke-Blinder, dei quali è riportato il segno in Tabella 1.1. Per ricavare la formulazione analitica della CC è necessario dare una forma funzionale esplicita alla domanda ed offerta di credito. Per semplicità ipotizziamo che le relazioni fra le variabili utilizzate siano lineari ed espresse attraverso il segno dei relativi coefficienti. πΏπ = π(π, π)π·(1 − π) = (πΌ0 + πΌ1 π − πΌ2 π)π·(1 − π) πΏπ = πΏπ (π, π, π) = π½0 − π½1 π + π½2 π + π½3 π π· π = π· π (π, π) = π + ππ − βπ π· π = π(π)π = ππ Sostituendo l’offerta di depositi (Ds) nell’equazione dell’offerta di prestiti (Ls), eguagliando domanda e offerta di credito e risolvendo in funzione di ρ otteniamo l’espressione del tasso sui prestiti in funzione delle altre variabili (πΌ0 + πΌ1 π − πΌ2 π)ππ (1 − π) = π½0 − π½1 π + π½2 π + π½3 π π= π½0 − πΌ0 ππ (1 − π) + π[π½2 + πΌ2 ππ (1 − π)] + π½3 π π½1 + πΌ1 ππ (1 − π) 86 APPENDICE che possiamo riscrivere con nuovi coefficienti ipotizzando sempre che le relazioni siano lineari π = π0 + π1 π + π2 π − π3 [ππ (1 − π)] πππ Come ci Δπ0 ππ (1 − π) Δπ0 1 = − <0 π = >0 ΔπΌ0 πΌ1 + π½1 Δπ½0 πΌ1 + π½1 aspettavamo, il tasso sui prestiti risponde negativamente ad un aumento dell’offerta e positivamente ad incrementi della domanda di credito. Possiamo definire una forma esplicita anche per la IS, che in precedenza era stata definita implicitamente come Y=Y(i,ρ) π = πΎΜ (π΄0 − πΏπ − ππ) πππ£π πΎΜ è ππ ππππ‘πππππππ‘πππ πππ ππππ e sostituire l’espressione di ρ in quest’ultima, ottenendo finalmente la CC π = πΎΜ (π΄0 − πΏπ − π(π0 + π1 π + π2 π − π3 [ππ (1 − π)])) π= πΎΜ (π΄0 − ππ0 − π(πΏ + ππ1 ) + ππ3 [ππ (1 − π)]) 1 + πΎΜ ππ2 Nel piano (Y,i) questa curva rappresenta il luogo dei punti di equilibrio del mercato del credito e dei beni; appare inclinata negativamente come la IS ma si sposta in seguito a manovre di politica monetaria che modificano R o r. 87 APPENDICE Per quanto riguarda il mercato della moneta, posso ricavare la LM eguagliando domanda e offerta di depositi e risolvendo in funzione di i π·π = π· π π= π + ππ − βπ = ππ π + ππ − ππ β Per ricavare i moltiplicatori del reddito è necessario risolvere il sistema di equazioni formato da LM e CC in funzione del reddito di equilibrio e verificare come varia in quest’ultimo in funzione di incrementi di domanda e offerta di credito o moneta. Per ricavare il reddito di equilibrio è sufficiente sostituire la LM all’interno della CC e risolvere in funzione di Y π( π( Μ ππ2 1+πΎ π + ππ − ππ ) = (π΄0 − ππ0 − ( ) (πΏ + ππ1 ) + ππ3 [ππ (1 − π)]) πΎΜ β Μ ππ2 (πΏ + ππ1 ) 1+πΎ π(πΏ + ππ1 ) π(πΏ + ππ1 ) ) = (π΄0 − π ( ) + ππ [ + ππ3 (1 − π)] − (ππ0 + )) πΎΜ β β β π( Μ ππ2 π (πΏ + ππ1 ) 1+πΎ π(πΏ + ππ1 ) + (πΏ + ππ1 )) = (π΄0 + ππ [ + ππ3 (1 − π)] − (ππ0 + )) πΎΜ β β β 88 APPENDICE La formula trovata può essere riscritta sostituendo le espressioni positive tra parentesi, in π= modo da semplificare la notazione 1 (π΄ + ππ π© − πͺ) π 0 π= Μ ππ2 π 1+πΎ + (πΏ + ππ1 ) > 0 πΎΜ β π©= (πΏ + ππ1 ) + ππ3 (1 − π) > 0 β πͺ = ππ0 + π(πΏ + ππ1 ) >0 β A questo punto otteniamo i moltiplicatori (dei quali Bernanke e Blinder riportano il segno nella tabella riportata nel paragrafo 1.2) derivando il reddito di equilibrio rispetto ad incrementi di: RISERVE BANCARIE: DOMANDA DI MONETA: OFFERTA DI CREDITO: DOMANDA DI CREDITO: Δπ ππ© = >0 Δπ π ( Δπ Δπͺ = = − Δπ Δπ πΏ + ππ1 ) β <0 π Δπ Δπ Δπ0 π ππ (1 − π) =( )∗( ) = (− ) ∗ (− )>0 ΔπΌ0 Δπ0 ΔπΌ0 π πΌ1 + π½1 Δπ Δπ Δπ0 π 1 =( )∗( ) = (− ) ∗ ( )<0 Δπ½0 Δπ0 Δπ½0 π πΌ1 + π½1 DOMANDA DI πΆπππππ·πΌππΌπΈπ: Δπ0 1 = >0 Δπ·ππ π 89 APPENDICE Appendice B: La Metodologia VAR I modelli VAR generalizzazione (Vector AutoRegressive vettoriale di un models) modello sono la autoregressivo monodimensionale e permettono di studiare l’evoluzione dinamica di un sistema formato da più variabili che interagiscono fra di loro. Rispetto a una classica regressione univariata questi modelli introducono la dimensione intertemporale, permettendo di modellizzare la propagazione di shock tra diverse variabili in diversi istanti di tempo. Dal punto di vista storico l’applicazione al contesto macroeconomico di questa metodologia è stata introdotta da Sims (1980) e in seguito largamente utilizzata nell’analisi macroeconomica, poiché l’evoluzione di variabili macro come i consumi, gli investimenti, il PIL presentano cross-correlazioni oltre che auto-correlazioni. Nella pratica il modello VAR si ottiene regredendo ogni variabile su se stessa e su tutte le altre, ritardate per un numero di ritardi pari a p. Il modello in forma esplicita avrà quindi la seguente forma: π₯π‘ = π0 + π1 π₯π‘−1 + π2 π₯π‘−2 + β― + ππ π₯π‘−π + ππ‘ dove π₯π‘ : π£ππ‘π‘πππ [ππ₯1]π£ππππππππ, π0 : π£ππ‘π‘πππ πππ‘πππππ‘π‘π [ππ₯1] ππ : πππ‘ππππ [ππ₯π]ππ πππππππππππ‘π πππ π = 1,2,3 … π ππ‘ : π’π π£ππ‘π‘πππ [ππ₯1]ππ πππ π‘π’πππ, ππ‘ ~ππ(0, π) Utilizzando la forma matriciale e l’operatore ritardo L, il nostro modello può essere scritto come π(πΏ)π₯π‘ = π0 + ππ‘ π πππ£π π(πΏ) = πΌπ − π1 πΏ − π2 πΏ2 − β― − ππ πΏπ = πΌπ − ∑ ππ π=1 90 APPENDICE Se per il corrispondente polinomio caratteristico ϑ(z) si verifica la condizione di stazionarietà |π§| > 1 per |Iπ − π1 π§ − π2 π§ 2 − β― − ππ π§ π | = 0 (ovvero tutti gli autovalori λ della matrice ϑ che risolvono il sistema βϑ − λIβ = 0 sono contenuti nel cerchio di raggio unitario), è possibile riscrivere il modello VAR utilizzando una rappresentazione a media mobile infinita. Per fare questo è necessario introdurre il polinomio nell’operatore ritardo ψ(L) tale che ∞ π(πΏ) = π0 + π1 πΏ + π2 πΏ + β― = ∑ ππ πΏπ 2 π=1 π(πΏ)π(πΏ) = πΌπ ππ£π£πππ π(πΏ) = π(πΏ)−1 E’ possibile ricavare i singoli elementi che costituiscono ψ(L) (le matrici ψi) in modo ricorsivo sfruttando la relazione che lega ψ(L) a ϑ(L) ππ = π1 ππ−1 + π2 ππ−2 + β― + ππ ππ−π πππ π0 = πΌπ π ππ = 0 πππ π < 0 π1 = π1 π0 π2 = π1 π1 + π2 π0 π3 = π1 π2 + π2 π1 + π3 π0 π3 =... 91 APPENDICE A questo punto è possibile riscrivere l’equazione in forma matriciale illustrata a pagina 90 come una media mobile composta da infiniti termini, moltiplicando entrambi i membri dell’equazione per ψ(L) π(πΏ)π(πΏ)π₯π‘ = π(πΏ)(π0 + ππ‘ ) ∞ ∞ π₯π‘ = (∑ ππ ) π0 + ∑ ππ ππ‘−π π=1 π=1 ∞ πππ£π ∑βππ β < ∞ π=1 La stazionarietà del VAR è una condizione necessaria se si vogliono utilizzare le più comuni metodologie d’analisi sul modello, tra le quali possiamo citare l’analisi di causalità, la scomposizione della varianza dell’errore di previsione e l’osservazione delle risposte utilizzata. 92 all’ impulso da noi APPENDICE Appendice C: Dati I dati utilizzati nella verifica empirica presentata nel paragrafo 1.2 hanno frequenza mensile e sono tutti reperibili dal sito web della Federal Reserve Economic Data of St. Louis (FRED). Per chi volesse riprodurre la verifica empirica, presentiamo i grafici delle serie storiche utilizzate con i rispettivi codici. ο· Indicatore di politica monetaria: Federal Funds Rate [FEDFUNDS] Per le analisi effettuate sono stati utilizzati due campioni di dati mensili, il primo dal 1959 al 1978 e il secondo dal 1984 al 2012, provenienti dalla serie storica della Figura 7.1. E’ stato escluso dall’analisi il periodo compreso tra il 1979 e il 1983 perché è stato riscontrato dalla letteratura un break strutturale proprio nei primi anni del mandato di Paul Volcker come governatore della Federal Reserve, quando per combattere l’elevata inflazione l’FFR ha raggiunto livelli vicino al 20%, massimi storici che in seguito non si sono più verificati. Includendo questo periodo “anomalo” nelle stime delle risposte all’impulso abbiamo riscontrato dei disturbi nei grafici non motivabili con una spiegazione economica. Figura 7.1 Federal Funds Rate [Fonte: Federal Reserve Economic Data (FRED)] 93 APPENDICE ο· Tasso di disoccupazione: Unemployment Rate [UNRATE] Figura 7.2 Tasso di disoccupazione [Fonte: Federal Reserve Economic Data (FRED)] Il grafico del tasso di disoccupazione che si può vedere in Figura 7.2 presenta un andamento ciclico, dato che l’impiego della forza lavoro segue le fluttuazioni imposte dal ciclo economico. Come si può notare anche qui il massimo storico della serie viene raggiunto nel periodo Volcker dove la disoccupazione supera il 10%, fatto che giustifica la nostra scelta di escludere il periodo dall’analisi in quanto i dati presentano valori anomali. 94 APPENDICE ο· Inflazione: Consumer Price Index [CPIAUCSL] Per l’inflazione è stato utilizzato il prezzo del paniere di beni su cui viene calcolata l’inflazione. La serie storica originale contiene i livelli dei prezzi di questo paniere ed è caratterizzata da un trend crescente, perciò è stato applicato l’operatore logaritmo in modo da rendere stabile la variabilità della serie (che cresce insieme al trend). Figura 7.3 Inflazione [Fonte: Federal Reserve Economic Data (FRED)] 95 APPENDICE ο· Variabili aggregate provenienti dai bilanci bancari Queste variabili sono grandezze monetarie, quindi per prima cosa sono state deflazionate per eliminare il trend crescente provocato dall’aumento dei prezzi nel tempo. In seguito è stato applicato l’operatore logaritmo per stabilizzare la variabilità della serie, come è stato fatto per l’inflazione. Depositi (Saving Deposits) [SVGCBSL] Figura 7.4 Depositi [Fonte: Federal Reserve Economic Data (FRED)] 96 APPENDICE Prestiti (Loans)[LOANS] Figura 7.5 Prestiti [Fonte: Federal Reserve Economic Data (FRED)] Titoli Detenuti (Securities) [INVEST] Figura 7.6 Titoli detenuti [Fonte: Federal Reserve Economic Data (FRED)] 97 APPENDICE Appendice D: Tabelle Funding for Lending Scheme FLS Group TOTAL Aldermore Arbuthnot Latham Barclays Certified Base Stock of loans as at 30/06/12 (£mn) Quarterly certified net lending flows to UK households and PNFCs, £mn Q3 2012 Q4 2012 Q1 2013 Q2 2013 Q3 2013 Q4 2013 Cumulative net lending to UK households and PNFCs since 30/06/12 Percentage change relative to Base Stock of loans (%) Amount (£mn) 1 364 340 923 - 2 425 - 1 502 -0,1% 1 567 228 251 479 30,6% 507 22 23 45 8,9% 188 453 3 803 1 898 5 701 3,0% Bath Investment & Building Society 193 2 - 2 0,9% Buckinghamshire Building Society 126 12 8 20 15,7% Cambridge Building Society 851 20 22 42 5,0% Clydesdale 33 172 - 23 - 394 - 417 -1,3% Co-operative 31 768 -5 - 294 - 299 -0,9% Coventry Building Society 21 002 541 437 978 4,7% 1 190 17 26 43 3,6% Furness Building Society 626 2 2 4 0,6% Hinckley & Rugby Building Society 433 2 -1 1 0,3% Ipswich Building Society 412 10 8 18 4,4% Julian Hodge Bank 372 13 12 25 6,7% Kleinwort Benson 8 2 1 3 38,3% 7 569 212 166 379 5,0% 606 1 12 13 2,1% 443 255 - 2 518 - 3 118 - 5 636 -1,3% Manchester Building Society 569 - 10 - 12 - 22 -3,8% Mansfield Building Society 213 -1 - -1 -0,6% Market Harborough Building Society 322 1 -7 -6 -1,8% Marsden Building Society 236 -2 2 - -0,2% Melton Mowbray Building Society 282 3 5 8 2,7% Cumberland Building Society Leeds Building Society Leek United Building Society Lloyds Banking Group Metro Bank 78 39 53 93 118,8% 629 15 23 37 6,0% 152 155 1 834 1 766 3 600 2,4% 554 5 4 10 1,7% Newcastle Building Society 2 705 - 73 - 37 - 110 -4,1% Nottingham Building Society 2 123 2 - 18 - 17 -0,8% Principality Building Society 5 408 53 121 175 3,2% Progressive Building Society 1 301 9 9 18 1,4% -1,1% Monmouthshire Building Society Nationwide Building Society Newbury Building Society RBS Group 214 793 - 677 - 1 681 - 2 358 Santander 189 339 - 3 473 - 2 835 - 6 308 -3,3% 453 84 87 171 37,7% 9 494 21 185 206 2,2% 11,8% Shawbrook Bank Skipton Building Society Tesco Bank Virgin Money West Bromwich Building Society Yorkshire Building Society 4 826 112 456 568 15 093 598 491 1 089 7,2% 4 148 - 73 - 63 - 137 -3,3% 27 509 113 - 33 81 0,3% Tabella 7.1 Ammontare iniziale di crediti detenuti e variazioni trimestrali di ogni intermediario partecipante [Fonte: Bank of England] 98 APPENDICE Quarterly net FLS T-Bill drawings (drawings less repayments), £mn FLS Group Q3 2012 TOTAL Q4 2012 Q1 2013 Q2 2013 Q3 2013 Q4 2013 Aggregate outstanding FLS drawings as at 31/12/2012 (£mn) 4 360 9 472 13 832 Aldermore - 205 205 Arbuthnot Latham - - - Barclays 1 000 5 000 6 000 Bath Investment & Building Society - - - Buckinghamshire Building Society - - - Cambridge Building Society - - - Clydesdale - - - Co-operative - - - Coventry Building Society - 100 100 Cumberland Building Society - 5 5 Furness Building Society - - - Hinckley & Rugby Building Society - - - Ipswich Building Society - - - Julian Hodge Bank - 18 18 Kleinwort Benson Leeds Building Society Leek United Building Society Lloyds Banking Group - - - 100 100 200 - - - 1 000 2 000 3 000 Manchester Building Society - - - Mansfield Building Society - - - Market Harborough Building Society - - - Marsden Building Society - - - Melton Mowbray Building Society - - - Metro Bank - 29 29 Monmouthshire Building Society - 5 5 Nationwide Building Society 510 1 500 2 010 Newbury Building Society - - - Newcastle Building Society - - - Nottingham Building Society - - - Principality Building Society - - - Progressive Building Society - - - RBS Group 750 - 750 Santander 1 000 - 1 000 Shawbrook Bank - - - Skipton Building Society - - - Tesco Bank - - - Virgin Money - 510 510 West Bromwich Building Society - - - Yorkshire Building Society - - - Tabella 7.2 Utilizzo del Collateral Swap da parte dei partecipanti [Fonte: Bank of England] 99 BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAFIA ο· Alessandrini P, Zazzaro A. e Croci M. 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