Le conseguenze politiche della seconda guerra mondiale 1- Il nuovo contesto internazionale Franklin RooseveltNel periodo 1943-45, quando cioè il conflitto era ancora in corso, ebbero luogo due incontri dei leader degli Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione Sovietica: Roosevelt,Churchill e Stalin. Il primo nel novembre 1943 a Teheran, il secondo nel febbraio 1945 a Yalta, in Crimea. Nel luglio-agosto 1945 un convegno tenutosi a Potsdam (in Germania) definì infine le condizioni della pace. La questione cruciale discussa dai «tre grandi» riguardava l'assetto dell'Europa postbellica, a cominciare dalla sorte dei paesi sconfitti. Il caso dell'Italia era stato affrontato e risolto per primo e la soluzione prescelta su proposta degli anglo-americani - affidare il controllo del paese agli eserciti delle nazioni che lo avessero sconfitto - divenne poi la regola per risolvere casi analoghi. In prima istanza, cioè, le sfere di influenza delle potenze vincitrici furono dettate dalla situazione militare. L'Urss si vide così riconoscere non solo le frontiere del 1941, ma anche una cintura di sicurezza di «governi amici», ossia soggetti alla sua influenza determinante: l'esatto opposto del «cordone sanitario» che le maggiori nazioni europee avevano costruito in funzione antisovietica nel primo dopoguerra. Nel contempo, però, il potere globale della Gran Bretagna si trovò a perdere terreno: emblematica fu la perdita nel 1947 della «perla» dell'impero coloniale britannico, l'India, che divenne indipendente grazie alla guida del Mahatma (in lingua hindu »grande anima») Gandhi. Protagonisti restarono gli Stati Uniti e l'Unione sovietica. Per la prima volta il baricentro del potere mondiale si spostava fuori dal vecchio continente europeo. Nel contempo, per la prima volta, il mondo intero si trovò diviso a metà, in zone di influenza riconducibili a Stati Uniti e Unione Sovietica, depositarie di sempre più numerose e sempre più potenti armi nucleari. Queste due potenze dettero drammatico corpo a una «guerra fredda» (definizione del noto giornalista americano Walter Lippman) sempre sul punto di riscaldarsi in conflitto armato vero e proprio. Per ogni paese del mondo i termini stessi del rapporto tra politica estera e politica si trasformarono. L'egemonia delle due superpotenze, infatti, non si limitava - come era sempre accaduto in passato al loro predominio militare, bensì si traduceva in un modello politicoistituzionale e di crescita economica al quale rifarsi: scegliere la protezione e l'alleanza diplomatica di una delle due significava necessariamente anche scegliere un'idea precisa di società. L'Unione Sovietica era stata il paese che durante la guerra aveva subito il maggior numero di perdite umane e le distruzioni più gravi. Per i suoi dirigenti la divisione dell'Europa in zone d'influenza doveva offrire le «garanzie di sicurezza» necessarie perché non si verificassero nuove aggressioni. Il 9 febbraio 1946, parlando al teatro Bolscioj di Mosca, Stalin adombrò l'inevitabilità di un conflitto tra mondo socialista e mondo capitalista. Pochi giorni dopo un esperto del Dipartimento di stato americano, George Kennan, espresse il timore di una virata espansionistica della politica sovietica e suggerì di «contenerla» con ogni mezzo. Un mese più tardi Churchill, parlando nel Missouri, alla presenza del nuovo presidente americano Truman, mise in guardia gli occidentali dalla «cortina di ferro» con cui i sovietici avevano circondato l'Europa centro-orientale. All'inizio del 1947 la Gran Bretagna annunciò di non poter più fornire aiuti finanziari e militari alla Turchia e alla Grecia, dove era in atto una guerra civile tra i comunisti e il governo monarchico tornato al potere nel 1944 con l'appoggio inglese. Chiedendo al Congresso degli Stati Uniti di autorizzare un intervento finanziario in quei paesi, il 12 marzo 1947, il presidente americano enunciò infine quella che divenne nota come «dottrina Truman», considerata come la dichiarazione formale della guerra fredda: gli Usa si sarebbero sentiti minacciati da qualunque»aggressione Truman contro la pace e la libertà ed avrebbero aiutato in ogni modo i popoli liberi a difendersi dai «tentativi di asservimento da minoranze o di pressioni esterne». Gli avvenimenti dell'Europa centro-orientale non lasciavano dubbi su chi fosse il destinatario di tale dottrina. Tra il 1946 e il 1947 in Bulgaria, Romania, Polonia e Ungheria le coalizioni guidate dai comunisti avevano stravinto le elezioni ed esteso la loro presenza nelle istituzioni e in ogni luogo di potere. Tra il 1947 e il 1948 in quegli stessi paesi e in Cecoslovacchia (oltre che in Jugoslavia e in Albania, dove i comunisti avevano guidato la resistenza antitedesca prendendo il potere senza l'aiuto dell'Armata Rossa) i partiti comunisti erano ormai divenuti gli unici titolari del potere dopo aver estromesso e bandito le formazioni politiche nemiche e concorrenti. Gli alleati europei degli Stati Uniti,che dipendevano dall'«ombrello» nucleare americano, rimanevano i più esposti a un'eventuale attacco o rappresaglia da parte sovietica. Nel 1952 Italia, Gran Bretagna, Francia, Olanda, Lussemburgo, Belgio e Germania occidentale firmarono un'alleanza militare denominata Comunità europea di difesa, dopo la Comunità del carbone e dell'acciaio formata nel 1951 da Francia, Germania, Italia e Benelux. La Comunità europea di difesa rappresentò l'ambizioso tentativo di dotare il vecchio continente di un apparato difensivo autonomo, anche se integrato nella Nato (North Atlantic Treaty Organization): l'unione militare con gli Stati Uniti. Il 1955 fu quindi l'anno in cui si cristallizzò la divisione dell'Europa. Nello stesso mese in cui la Germania occidentale entrò nella Nato, i paesi dell'Est europeo (Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, Romania, Bulgaria, Germania Orientale) stipularono infatti il Patto di Varsavia: un trattato di cooperazione e mutua assistenza che stabilì un comando militare unificato sotto la guida dell'Unione Sovietica. In funzione della nuova situazione internazionale e con l'obiettivo di elaborare nuove regole di diritto internazionale, nel 1945 fu costituita l'Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu).L'obiettivo dichiarato è di "salvare le generazioni future dal flagello della guerra" e di impiegare "strumenti internazionali per promuovere il progresso economico e sociale di tutti i popoli". L'Onu si articola nella Assemblea generale degli Stati membri e nel Consiglio di sicurezza composto da 15 stati. Il Consiglio di sicurezza, in caso di crisi internazionale, ha il potere di prendere decisioni vincolanti per gli stati e di adottare misure che possono giungere fino all'intervento armato. Il Consiglio di sicurezza è composto da 15 stati di cui 5 permanenti: Usa, Urss, Gran Bretagna, Francia,Cina. Ciascuno dei membri permanenti gode di un diritto di veto con il quale può bloccare le decisioni del Consiglio. L'Onu è stato lo specchio della conflittualità internazionale, ma anche un centro di contatti e consultazioni nonchè una tribuna mondiale dove ogni Stato ha fatto sentire la sua voce . 2- I decenni del grande sviluppo in Occidente Il quarto di secolo successivo alla seconda guerra mondiale è stato considerato da storici ed economisti come una golden age, una «età dell'oro» contraddistinta da uno sviluppo economico impetuoso che, com'era accaduto soltanto nel periodo che va dal 1870 alla prima guerra mondiale, non fu interrotto da alcun momento di stasi o di crisi congiunturale. Tuttavia, se dal 1870 al 1913 il reddito pro capite del mondo era cresciuto dell'1,3% all'anno, questo ciclo espansivo lo incrementò in media del 2,9%. Uno sviluppo senza precedenti, dunque, che però non fu esteso in ugual misura a tutto il globo ma interessò soprattutto i paesi a capitalismo sviluppato e, in quest'ambito, particolarmente il Giappone e l'Occidente europeo. Mentre negli Stati Uniti il reddito pro capite crebbe del 2,5% all'anno, tra il 1950 e il 1973 il Giappone fece registrare un eccezionale 8,1%. L'Europa occidentale si attestò sul 4,1. Una delle condizioni che facilitarono tale crescita fu la stabilità del sistema monetario internazionale, rigidamente ancorato al dollaro come moneta base, che venne decisa nel 1944 da una conferenza internazionale svoltasi a Bretton Woods, negli Stati Uniti. Facendosi carico di una stabile conversione del dollaro in oro, gli Stati Uniti assumevano compiutamente il ruolo di superpotenza economica. Queste misure favorirono un eccezionale sviluppo degli scambi commerciali: il tasso di crescita globale delle esportazioni, che nel 1913-50 era stato dello 0,9% annuo, balzò nel 1950-73 al 7,9%. La politica di cooperazione impostata a Bretton Woods ebbe un primo fondamentale momento di attuazione nel piano Marshall (dal nome dell'allora segretario di stato statunitense), un piano di massicci aiuti economici ai paesi dell'Europa occidentale, ma venne perseguita anche attraverso una serie di organismi che scandirono le tappe dell'integrazione europea: nel 1947 il General Agreement of Tariffs and Trade (Gatt); nel 1948 l'Organizzazione per la cooperazione economica europea, trasformatasi nel 1961 nell'Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo (Ocse) che raggruppava (e raggruppa) tutti i paesi più sviluppati del mondo; nel 1950 l'Unione europea dei pagamenti; nel 1951 la Comunità europea del carbone e dell'acciaio (Ceca); nel 1957 la Comunità economica europea (Cee). Lo stato dopo il 1945,si fece imprenditore,banchiere, regolatore e pianificatore. L'intento era di sostituire l'iniziativa privata, dove era carente ,di combattere monopoli e rendite, di affermare l'interesse collettivo su quello privato, di potenziare i servizi pubblici, di combattere la disoccupazione. A sostenere questo interventismo statale , combattuto dai liberal-liberisti, fu la sinistra nelle sue varie espressioni: liberale,cattolica,laburista, socialdemocratica,comunista. Questo ebbe luogo, pur con modalità specifiche, in tutti i paesi dell'Europa occidentale, in Canada, in Giappone. Un secondo aspetto, che caratterizzò in questo periodo i paesi sviluppati, fu il consolidamento dello stato del benessere,il Welfare state:estensione dell'istruzione obbligatoria,assegni familiari, leggi sugli infortuni del lavoro, servizio sanitario nazionale, misure a sostegno degli anziani, dei disoccupati e degli ammalati, costruzione di case popolari, allargamento del sistema pensionistico. Il Welfare, finalizzato a ridistribuire le risorse a favore dei ceti più deboli, comportò un progressivo appesantimento del prelievo fiscale. Si consideri che all'inizio degli anni novanta la spesa sociale,calcolata in percentuale del PIL, oscillava tra il 12,4 del Giappone e il 15,6 degli USA e il 38,0 della Svezia. L'Italia aveva una posizione intermedia con il 25,0 Dopo il 1945 l'Europa occidentale ha vissuto un lungo periodo di stabilità politica ed istituzionale. La sola eccezione è costituita dalla Grecia dove i "colonnelli" per 7 anni - dal 1967 al 1974- stabilirono un regime autoritario di destra che costituì anche punto di riferimento dei settori estremisti della destra europea. Successivamente, a metà degli anni '70, caddero i regimi autoritari della destra in Spagna e Portogallo. La presenza di forti partiti comunisti in Francia ed in Italia non superò mai le frontiere della legalità. Il movimento giovanile del 1968 investì sostanzialmente tutta l'Europa occidentale e gli Usa coinvolti nella guerra del Vietnam. In Germania ed in Italia il movimento si espresse più pesantemente. Alcune sue frange,in questi due paesi, svilupparono anche attività terroristiche. Nel nostro paese il terrorismo fu più intenso. Il sistema democratico fu però difeso con successo sia dai partiti di maggioranza al governo,sia dall'opposizione comunista e dai sindacati. In sostanza la storia dell'Europa occidentale,nel trentennio seguito alla fine della seconda guerra mondiale, è stata caratterizzata dallo sviluppo produttivo,dalla diffusione del Welfare,dalla solidità delle istituzioni democratiche.