Titolo: “Medicina occidentale e medicine tradizionali: integrazione o

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Titolo: “Medicina occidentale e medicine tradizionali: integrazione o omologazione”
Docente: Prof. Emilio Minelli
La Medicina Tradizionale costituisce secondo l’OMS:
 un prezioso patrimonio di conoscenze, accumulate dalle diverse comunità etniche nei secoli;
 una fonte inesauribile di conoscenze teoriche e pratiche;
 un contributo alla promozione e alla tutela della salute dell’umanità, a costi inferiori rispetto a
quelli del sistema medico occidentale;
 un insieme di pratiche terapeutiche, spesso più facilmente accettate da molte comunità
etniche, per il riferimento a credenze e opinioni omogenee alle differenti culture tradizionali.
[WHO-TRM Strategy 2002-2005]
Le Medicine Tradizionali possono essere considerate il più diffuso presidio terapeutico che, da
sempre, l’umanità ha avuto a disposizione per rispondere al suo bisogno di salute. Negli ultimi
decenni, tuttavia, queste medicine si sono andate sempre più diffondendo anche nei paesi più
industrializzati, dove il modello di riferimento per la gestione della salute è costituito quasi
esclusivamente dal modello medico occidentale.
Sono le culture industriali post-moderne, occidentali, il luogo ove si pone per prima la necessità di
un confronto tra due differenti modelli. Modelli che, sebbene non opposti, tuttavia hanno delle loro
connotazioni caratteristiche, che li differenziano profondamente tra loro.
Infatti, il modello epistemologico, che è alla radice delle Medicine Tradizionali, è basato su una
visione olistica dell’uomo e si sviluppa attraverso strumenti di discorso fortemente connotati da
aspetti analogici e simbolici. A partire da queste premesse, si fonda un sapere sull’uomo che è
innazitutto un sapere di relazione, in cui si sottolineano vigorosamente tanto la soggetività del
medico quanto quella del paziente e in cui l’incidenza di visuale dell’osservatore acquisisce un
valore primario per lo sviluppo di un sapere sull’uomo e di una medicina per l’uomo. Da queste
premesse deriva la necessità di una interpretazione della realtà che, però, non si sottomette al
riduzionismo di una visione statistica del risultato. E lo stesso risultato è, per lo più, da rintracciare
in una riattribuzione di senso, che il disordine della malattia ha tolto o profondamente modificato.
La medicina biologica si struttura, invece, a partire da un pensiero oggettivante, riduzionista e
meccanicista, che, nel presupposto di una realtà prima, soggiacente all’espressione dell’essere,
implica, in una operazione di “reductio ad unum”, la perdita della soggettività e la svalutazione
della relazione interpersonale. Nella sopravvalutazione del risultato finale diventa così dimentica
della modalità con cui esso è ottenuto e del senso che ogni cambiamento di posizione produce.
Molto efficace per lo studio di relazioni causa/effetto lineari e univoche, trova così una sua
costituzionale incapacità nello studio di fenomeni multifattoriali, cui l’uomo nella salute come nella
malattia appartiene, così come nella considerazione di elementi complessi, quali ad esempio la
qualità della vita.
Se questi due modelli epistemologici sembrano assolutamente inconciliabili, in realtà, ad una
osservazione non pregiudiziale, racchiudono elementi che rispondono ad esigenze di una pratica
medica che, se si ispira a modelli scientifici, sappia, però, essere esercitata come un’arte, in grado
di cogliere e valorizzare tutte le peculiarità, che sono proprie della complessità umana nella sua
generalità e nelle sue singole specificità.
A partire da queste considerazioni, è possibile ipotizzare delle modalità di integrazione tra
Medicina Tradizionale e Medicina Occidentale, che non implichino un misconoscimento delle
specificità di queste due modalità di sapere, ma un recupero, da un lato, degli aspetti di
interconnessione sistemica e di olismo della medicina tradizionale e, dall’altro, degli aspetti
analitico statistici della medicina occidentale. Senza questa operazione di integrazione, la Medicina
Tradizionale è destinata ad essere accolta all’interno del patrimonio scientifico occidentale solo
con operazioni di omologazione, che possono determinare un impoverimento del sapere globale
del fare medicina.
Ma l’integrazione è, innanzitutto, una operazione di traduzione di codici e linguaggi, per cui non si
può pensare ad essa se non all’interno di esperienze di contaminazione, che rendano possibile
alle due realtà il parlarsi e all’operatore il cominciare ad utilizzare i due linguaggi specifici dei
differenti modelli, avendone la chiave di traduzione.
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