APPARATO IMMUNOEMOPOIETICO

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APPARATO IMMUNOEMOPOIETICO
Midollo osseo
Tessuto con funzione emopoietica, deputato alla produzione delle cellule del sangue (granulociti, monociti, e
globuli rossi; i linfociti vengono invece differenziati all'interno di altri organi linfoidi).
Il midollo osseo presenta 2 momenti funzionali:
1.
Midollo rosso: attività emopoietica.
2. Midollo giallo: midollo involuto ricco di adipociti.
Nell'animale giovane tutto il midollo osseo ha funzione emopoietica, ma con l'evoluzione l'attività viene
mantenuta nelle epifisi delle ossa lunghe, nelle ossa corte e nelle ossa piatte. Questo si verifica per una fisiologica
involuzione che trasforma il midollo osseo da rosso a giallo e che avviene in modo centripeto.
Tuttavia, in caso di necessità (in seguito a anemie emolitiche o emorragie), il midollo osseo conserva la capacità di
intensificare la produzione di cellule tramite un meccanismo di iperplasia che permette la ritrasformazione da
midollo giallo a rosso. Ad ogni modo nel midollo c'è sempre una riserva cellulare per cui l'iperplasia si verifica solo
in condizioni croniche o per perdite massive.
Emopoiesi
extramidollare
Quando per vari motivi si realizzano insufficienze del midollo osseo, si sviluppano sedi di emopoiesi a livello di:
fegato (dove è concentrata l'emopoiesi durante la vita embrionale), milza e linfonodi.
Aplasia midollare
Sarebbe meglio parlare di ipoplasia perché l'aplasia è congenita.
È la ridotta capacità di produrre cellule ematiche per cause acquisite.

Cause:
o
Tossici esogeni o endogeni (uremia).
o
Immunologiche: possono portare a distruzione degli elementi immaturi del midollo osseo.
o
Infettive: Parvovirosi, soprattutto del gatto.
o
Nutrizionali: l'emopoiesi necessita di Fe, Cu, vit. B, acido folico.
o
Endocrine: ipofunzionalità di ipofisi, tiroide, corticale del surrene.
o
Fisiche: le radiazioni possono colpire proteine, lipidi, dna, inducendo mutazioni e anche danni
talmente gravi da provocare morte della cellula.
o
Infiltrative: sostituzione della matrice del midollo osseo con granulomi, neoplasie (mielofisiche) o
tessuto fibroso (mielofibrosi).

Conseguenze:
o
Insufficienza midollare

Totale: pancitopenia.

Parziale: diminuzione della produzione solo di alcune linee cellulari (trombocitopenia,
panleucopenia, anemia).
N.B.: L'aplasia midollare può essere associata ad atrofia; tuttavia esiste anche la mielodisplasia, cioè insufficienza
midollare con midollo iperplastico; le cellule prodotte non sono però efficienti. Anemie aplastiche in cui l'aplasia è
associata a iperplasia midollare sono l'anemia mieloftisica e le anemie immunologiche.
Atrofia gelatinosa
Può essere una conseguenza terminale dell'aplasia oppure può essere indipendente dall'aplasia.
Si verifica edema per accumulo di mucopolisaccaridi che accumulano acqua.

Cause: aplasia non mieloftisica, modificazione senile, stati cachettici gravi (parassitosi, neoplasie).
Emosiderosi
In seguito ad anemie emolitiche c'è accumulo di emosiderina (si forma all'interno dei macrofagi quando si ha
eccesso di ferro) nel midollo.
Necrosi
Frequente nella mieloftisi quando la neoplasia comprime i seni venosi che nutrono l'osso spugnoso e il midollo
osseo; è una necrosi su base ischemica. Per danno diretto sulle cellule (es.: parvovirosi, dove c'è anche un danno
ischemico sulle cellule oltre che un danno diretto).
Linfonodi
Organi linfatici secondari, inseriti nel circolo linfatico (invece la milza è inserita nel circolo ematico). Esistono
anche gli emolinfonodi, ma sono poco evidenti.
Ipoplasia
Congenita e legata a immunodeficienze primitive, per anomalie timiche o degli organi bursa-simili; in questi organi
dovrebbero differenziarsi linfociti T e B che poi vanno a popolare i linfonodi. Se questo non avviene il linfonodo
sarà ipoplastico.
Atrofia
Acquisita. Si osserva diminuzione di volume e colore brunastro della midollare (per le lipofuscine).

Cause:
o
Invecchiamento: ridotta risposta dei linfociti Th.
o
Cachessia.
o
Flogosi croniche: associate a fibrosi.
o
Iatrogena (causa importante!): per cortisonici che danno diminuzione delle prostaglandine e
depressione dell'attività dei linfociti, oppure per radiazioni o chemioterapici che bloccano le cellule
in attiva replicazione per cui hanno azione negativa su cellule del bulbo pilifero, cellule intestinali,
midollo osseo, tubuli seminiferi.
Pigmentazioni

Pigmenti endogeni

Lipofuscinosi: pigmenti brunastri che possono depositarsi nei linfonodi (ad esempio durante la
distomatosi epatica); in questo spesso si deposita anche emosiderina (= liposiderina).

Emosiderosi: per accumuli massivi di emosiderina il linfonodo assume colore bruno rugginoso.

Localizzate: dipendono soprattutto da disturbo locale di circolo (stasi cronica, emorragie
del tessuto tributario); i globuli rossi fuoriescono e vengono fagocitati.

Sistemiche: soprattutto per emolisi; con la distruzione intravascolare di globuli rossi c'è
accumulo di emosiderina; ai linfonodi arriva per via linfatica.

Emocromatosi: per elevata somministrazione di ferro.

Melanosi:

Melanosi maculosa: per eterotopia congenita di cellule pigmentate.

Melanoma: la melanina può arrivare per via linfatica.

Dermatiti / dermatosi croniche: in caso di incontinenza pigmentaria la melanina passa nel
derma e da qui può raggiungere il circolo.

Carotenosi: raro, per eccessivo assortimento di carotenoidi a livello intestinale.

Trigliceridi: linfonodi con colore bianco latescente-opaco; si sviluppa nei linfonodi sopramammari
di vacca oppure nei linfonodi mesenterici di suino, per riassorbimento rispettivamente di latte e di
grassi alimentari.

Pigmenti esogeni

Antracosi: punteggiatura nerastra per macrofagi polmonari veicolati ai linfonodi.

Coloranti dei tatuaggi: per tatuaggio sul piatto interno della coscia dei cani e a livello auricolare in
bovini e suini.
Degenerazioni

Tesaurosi lisosomiali: si accumulano, all'interno dei macrofagi, sostanze che non riescono ad essere
eliminate; i macrofagi si gonfiano, assumendo aspetto vacuolizzato, spugnoso-xantomatoso.

Ialinosi: nei processi flogistici cronici.

Fibrinoidosi: compare in genere nelle arteriole in varie malattie caratterizzate da arteriopatie a sfondo
immunopatologico (malattia degli edemi del suino, febbre catarrale maligna, peste bovina).

Amiloidosi: sempre secondaria a processi flogistici cronici e si localizza all'interno dei follicoli.
Necrosi
Associata a linfadeniti.
Disturbi
o
di circolo
Linfonodo emorragico: le emorragie possono essere corticali, midollari o diffuse.

o
Cause: avvelenamenti, tossiemie, setticemie (PSA acuta), diatesi emorragiche.
Stasi linfatica: adenolinfocele per compressioni sui vasi efferenti che possono portare ad accumulo di linfa;
il linfonodo assume un aspetto spugnoso.
Pneumatosi
o
cistica
Linfonodi mediastinici: nel bovino; per enfisema polmonare interstiziale si può accumulare aria che giunge
tramite il circolo linfatico.
o
Linfonodi mesenteriali: nel suino; per enfisema del mesentere, quando si accumula gas per fermentazione
microbica di materiale glucidico.
Iperplasia
reattiva
È l'evidenza della funzione del linfonodo e può essere connessa ad una stimolazione antigenica del territorio
tributario oppure ad una flogosi del territorio tributario. Questo avviene in quanto il linfonodo riceve la linfa e con
essa tutto ciò che è presente nell'interstizio.
Il linfonodo garantisce così la prima difesa: qui c'è la massima probabilità che il contatto tra l'agente eziologico e le
cellule del sistema immunitario sia efficiente.

Linfonodo non reattivo: follicoli primari e ipotrofia della paracorticale, cordoni midollari con scarse
plasmacellule e scarse cellule istiocitarie sinusali.

Linfonodo reattivo acuto: assenti follicoli primari e nella corticale compaiono follicoli secondari, possibile
iperplasia della paracorticale (espressione della risposta cellulo-mediata), aumento del numero delle venule
ad endotelio alto (HEV)per cercare di aumentare l'apporto di linfociti, attivazione delle cellule istiocitarie
sinusali; la corticale si espande e toglie spazio alla midollare.

Linfonodo reattivo cronico: aumenta la midollare perché aumentano le plamsacellule che producono gli
anticorpi (plasmocitosi midollare); aumentano i macrofagi nei seni preposti a captare l'antigene (istiocitosi
sinusale); sono modificazioni indipendenti l'una dall'altra.

Particolarità del linfonodo di suino

Tessuto linfoide con follicoli e tessuto interfollicolare ma senza una vera e propria organizzazione
in cordoni e seni: tessuto simil-midollare.

L'iperplasia reattiva si verifica a discapito del tessuto simil-midollare:

Iperplasia follicolare.

Iperplasia del tessuto interfollicolare.

Riduzione percentuale del tessuto simil-midollare.

Aumento del numero delle HEV (venule ad endotelio alto).

Praticamente assente sia la plasmocitosi che l'istiocitosi (i seni sono poco sviluppati e le
plasmacellule sono fisiologicamente poche in questa specie).
Linfadeniti
Classificazione anatomopatologica:

Linfadenite acuta semplice

Linfadenite cronica semplice

Linfadenite cronica fibrosa

Linfadenite cronica atrofica

Linfadenite purulenta

Linfadenite granulomatosa e piogranulomatosa

Linfadenite emorragica necrotizzante

Linfadenite gangrenosa
Linfadenite
acuta semplice
Flogosi aspecifica abbinata alla flogosi contestuale del territorio tributario. C'è iperemia ed edema, con aspetto
succoso della superficie di sezione, abbinate ad aumento di volume.

Istologicamente:
o
Iperplasia follicolare o della paracorticale.
o
Iperemia e talvolta emorragie (sia sinusali che parenchimali).
o
Si ha il cosiddetto "catarro" dei seni: termine improprio che identifica un essudato di macrofagi,
neutrofili (normalmente qui assenti) e anche fibrina; ma manca ad esempio la mucina.
o
Altre lesioni: carioressi dei linfociti (frammenti di nuclei; da virus), cellule giganti sinciziali (da
fusione degli istiociti a livello dei seni).
Linfadenite
cronica semplice
Sinonimo di iperplasia reattiva cronica del linfonodo. La stimolazione antigenica protratta può portare a iperplasia
delle cellule dei seni che devono captare continuamente l'antigene; inoltre c'è plasmocitosi con accumulo di
plasmacellule nella midollare. una volta che la flogosi recede, rimane solo l'iperplasia cronicizzata.
Aspetto istologico simile all'iperplasia reattiva cronica.
Linfadenite
cronica fibrosa
Flogosi sempre aspecifica. La fibrosi nel linfonodo si manifesta con l'aumento di spessore di capsula e trabecole,
quindi per apposizione di collagene a strutture connettivali già presenti; questo causa una diminuzione dello spazio
per le cellule.
Il linfonodo appare più consistente.
Linfadenite
cronica atrofica
Il tessuto linfoide diventa atrofico: atrofia dei follicoli, della paracorticale e dei cordoni midollari.
Ci può essere istiocitosi come conseguenza di iperplasia reattiva cronica (spesso nei linfonodi mammari).
Linfadenite
purulenta
Inizia come flogosi acuta semplice e poi i piogeni richiamano neutrofili che formano inizialmente dei nidi nel
parenchima e poi possono evolvere in formazione di ascessi.
Si possono formare:

Focolai multipli apostematosi

Focolai singoli o condizione purulenta totale per aumento di una sola raccolta purulenta oppure per
fusione di più focolai.
Gli ascessi linfonodali possono poi fistolizzare.
Tipica lesione in caso di adenite equina (Streptococcus equi; colpiti soprattutto i mediastinici), Streptococchi βemolitici del gruppo E nel suino (colpiti i mandibolari o i cervicali) e Arcanobacterium pyogenes nel bovino.
Linfadeniti
granulomatose
e piogranulomatose
Sostituzione delle normali strutture linfonodali con lesioni nodulari o diffuse specifiche contenenti macrofagi,
linfociti, cellule epiteliodi e/o giganti, neutrofili (nelle forme piogranulomatose).

Tubercolosi: lesioni ai linfonodi presenti, ma non in tutti i momenti della malattia.
o
Tubercolosi primaria: durante la formazione del complesso primario le lesioni lesioni linfonodali si
possono manifestare con 3 modalità.
1.
Miliare.
2. Nodulare-nodosa.
3.
Raggiata: soprattutto nel bovino; possibile l'estensione della lesione con scarsa tendenza
alla delimitazione, perlopiù a livello di tessuto linfoide perché le trabecole sono più
resistenti al processo.
o
Tubercolosi post-primaria: in questa fase non si sviluppano lesioni linfonodali, ma possono
permanere quelle avute nella fase primaria.
o
Collasso: necrosi caseosa che si espande al linfonodo in 4 modi.
1.
Apposizionale: si riattiva il processo flogistico attorno al focolaio iniziale.
2. Totale: si produce caseificazione senza focolaio iniziale (i micobatteri arrivano per via
linfoematogena).
3.
Colliquante: forma totale dove le lesioni invece di essere consistenti sono più molli.
4. Concentrica: estensione pericentrica della lesione.

N.B.: Lesioni più frequentemente produttive si hanno in suino, cavallo e carnivori; nel bovino
(M.bovis) si presentano spesso lesioni sclero-caseo-calcifiche.

Altre linfadeniti granulomatose


Paratubercolosi dei ruminanti: da M. paratubercolosis, nei linfonodi mesenterici.
PMWS del suino: da PCV2; flogosi linfoistiocitaria o granulomatosa, a seconda dell'ipersensibilità
dei soggetti.

Morva del cavallo: da Burkholderia mallei; noduli produttivi anche nel linfonodo.

Alcune micosi.

Granulomi parassitari: attorno ai parassiti (strongili broncopolmonari o gastrointestinali; più rari
Demodex, cisti idatidee o cisticercosi) si formano noduli granulomatosi, ricchi di eosinofili.
Emolinfonodi
Sono organi linfatici intercalati nel circolo ematico. Sono di colore rosso per la preponderanza della componente
ematica. Presenti in tutte le specie, ma evidenti solo in bovino e suino; non misurano più di 0.5-1.5 cm (i linfonodi
arrivano anche a 5 cm) e non vanno confusi con linfonodi emorragici.
Condividono gli stessi processi patologici dei linfonodi:

Emolinfadenite: semplice, cronica fibrosa, granulomatosa tubercolare.

Amiloidosi.
Milza
Organo linfatico inserito nel circolo ematico.
Filtra e trattiene il materiale corpuscolato presente in circolo.
Alterazioni
congenite

Agenesia: rara.

Dislocazione: rara; per mancato sviluppo del diaframma.

Incisure: si formano delle specie di lobi.

Milze accessorie: da non confondere con lesione traumatica a carico dell'organo principale che può portare
al distacco di frammenti splenici (se l'animale non muore questi frammenti possono rimanere vitali).

Ernie sottosierose: si possono verificare nel momento in cui si assottiglia la capsula (che contiene cellule
lisce per la spremitura).
Paratopie

Torsione: l'organo si torce lungo l'asse maggiore; nel cane è associata spesso a torsione gastrica, nel suino
la sua conformazione e i legamenti lassi possono favorire la sua sola torsione.
o
Importante iperemia passiva: necrosi se la compressione sui vasi è grave; è possibile che non ci sia
nessuna conseguenza dopo la necrosi perché viene sequestrata dall'omento.

Ptosi: abbassamento della milza per rilassamento del legamento gastrolienale; nel cavallo.
o
Iperemia passiva, ma non importante.
Rottura

Traumatica: in piccoli animali; dato l'elevato contenuto di sangue si può verificare una diminuzione tale
della volemia da portare a morte.

Patologica: legata a patologie che rendono più fragile la milza.
o
Amiloidosi
o
Splenite congestizio-emorragica
o
Linfomi
danno splenomegalia che aumenta la tensione della capsula
Le conseguenze della rottura della milza sono emoperitoneo e innesto di frammenti nell'omento.
Disturbi

di circolo
Anemia: poco frequente; per cachessia o patologie arteriose (arteriopatie stenosanti che dimnuiscono la
portata ematica).

N.B.: la milza viene spremuta e rimpicciolita nelle anemie post-emorragiche, mentre nelle anemie
emolitiche è lievemente aumentata di volume e con polpa rossa procidente per l'emocateresi.

Iperemia: frequente; è abbinata a esaltazione dell'emocateresi nelle malattie emolitiche non infettive
(isoeritrolisi neonatale, intossicazione da rame) e a iperplasia reattiva linfoistiocitaria per reattività della
componente stromale istiocitaria della polpa rossa (tipica dello stress da trasporto la milza da strapazzo).

Attiva: nelle spleniti.

Passiva: mancano i follicoli linfatici e trovo iperplasia reattiva cronica.
o
Cause: cirrosi epatica, torsione e trombosi della milza con blocco del suo sistema venoso,
barbiturici, soppressione con tanax.

Macro:

Iperemia acuta: aumento di volume, margini arrotondati, colore scuro, colio di sangue
dalla sezione.

Iperemia cronica: indurimento diffuso, superficie di taglio rosso-nerastra con striature
biancastre.

Ematomi: raccolte ematiche in cavità neoformata che si presentano come formazioni simil-nodulari.

Diagnosi differenziale: emangiomi o emangiosarcomi (abbastanza frequenti), iperplasia nodulare
o noduli fibroistiocitari (a carattere ematico, frequenti nel cane).

Infarti: necrosi su base ischemica.

Marginali: per arteriopatie (arteria ienale), emboli settici (da endocarditi) e agenti infettivi.

Totali: per torsioni spleniche, trombosi dell'arteria splenica.
Degenerazioni

Atrofia: per stasi, flogosi croniche, cachessia e senilità.

Ialinosi: a livello delle arteriole spleniche; nel cane.

Emosiderosi: aree rugginose con pigmento giallo oro diffuso nell'organo.
o

In seguito a: stasi ematiche croniche e malattie emolitiche, quando l'emocateresi è esaltata.
Amiloidosi:

Follicolare: si ha in un contesto di amiloidosi secondaria reattiva; quando l'accumulo nel follicolo
diventa elevato si mima macroscopicamente un'iperplasia follicolare perché aumenta di volume.

Diffusa: tipica dei cavalli sieroproduttori; accumulo follicolare, parafollicolare e nella polpa rossa;
vistosa splenomegalia (maggiore rispetto all'amiloidosi follicolare).

Focolai sclerosiderotici: impregnazione con sali di calcio su base distrofica attorno a lesioni con accumulo
di ferro; appaiono giallo-biancastri, duri e stridenti al taglio.

Necrosi (vedi infarti)

Cause infettive: necrobacillosi e malattia di Aujeszky.
Spleniti
Non sempre sono flogosi in senso classico ma potrebbero derivare da esaltazione delle funzioni spleniche che porta
a iperplasia.
Iperemico-emorragica
Sono le spleniti che danno maggiore splenomegalia, associata a un rammollimento della polpa rossa (edema); nei
casi più gravi la polpa rossa può essere colliquata e fuoriesce come un liquido dalla superficie di taglio. Non c'è
invece evidenza della polpa bianca (più evidente invece nella splenite iperplastica).
È grave, ma meno frequente rispetto alla splenite iperplastica.
È tipica di malattie acute setticemiche: un'enorme quantità di batteri in circolo vengono trattenuti dalla milza e
come conseguenza vengono richiamati neutrofili, che liberano enzimi e danno una colliquazione più o meno
evidente. A questo effetto si somma quello per la liberazione di enzimi dallo scoppio respiratorio degli istiociti.
Le malattie che si manifestano con splenite iperemico-emorragica sono:

Anemia infettiva e adenite equina

Mal Rosso setticemico

Carbonchio ematico (Bacillus anthracis): l'interessamento della milza avviene durante la fase setticemica,
ma questa si sviluppa diversamente a seconda della reattività di specie.
o
Topo, ovino: nessuna resistenza; no flogosi nel punto d'entrata; antrace setticemico.
o
Bovino, cavallo: più resistenti; inizialmente lesiono locale (tonsille, intestino), ma poi si incorre
comunque in antrace setticemico.
o
Suino: molto resistente; reazione flogistica locale nel punto d'entrata (tonsille, intestino) senza
poi riuscire a dare setticemia; l'invasione batterica può interessare altri organi (per via ematica
senza replicazione in circolo) dove si hanno lesioni necrotizzanti; antrace metastatico.
Iperplastica
Frequente e sempre espressione di un fenomeno cronico della milza, ma non è detto che sia infiammazione.
Si realizza quando la milza subisce una stimolazione antigenica cronica e questo può avvenire quando antigeni
microbici entrano ogni tanto nel torrente ematico a partire da altri distretti dell'organismo. Questi agenti eziologici
non sono così abbondanti da provocare elevato richiamo di neutrofili, ma avviene il fisiologico aumento della
polpa bianca. C'è quindi iperplasia del tessuto linfatico, polpa procidente e più chiara ed evidenza dei follicoli.
Tipiche malattie infettive croniche sono:

Mal Rosso cronico.

Salmonellosi.

Brucellosi.

Leishmaniosi.

Ascessi epatici.
Purulenta

Traumatica: perisplenite, flemmonosa, diffusa (da corpo estraneo, frequente nel bovino).

Ematogena: da endocarditi, metriti, onfaliti (soprattutto apostematose).

Da estensione (rara).
Necrotizzante
Soprattutto nella necrobacillosi, dove il batterio da focolai di necrosi coagulativa.
Cronica diffusa
Ciò che prevale è la fibrosi.
Può essere evoluzione terminale di altre spleniti oppure derivare da iperemia passiva.
Granulomatosa

Tubercolosi: soprattutto per lesioni da tubercolosi primaria; lesioni più lardacee nel suino.

FIP: soprattutto nelle forme secche che danno lesioni piogranulomatose.
Neoplasie del sistema immunoemopoietico
[N.B.: dal midollo osseo si producono cellule staminali multipotenti; negli organi linfatici primari (timo e strutture
bursa-equivalenti) avviene la differenziazione delle cellule linfatiche, mentre negli organi linfatici secondari le
cellule differenziate si vanno a localizzare e svolgono le loro funzioni.]
Le neoplasie del sistema immunoemopoietico comprenderebbero anche le neoplasie derivate da altre cellule del
sangue, ma le più frequenti sono quelle che derivano dai linfociti: linfomi e leucemie.
Il linfoma è il più frequente ed è il tumore in assoluto più frequente nel gatto.

Linfoma: origina da linfociti in organi linfatici secondari; l'aggravamento ne comporta l'estensione ad altre
sedi linfonodali (linfoma aleucemico) fino ad interessare anche il midollo osseo (linfoma leucemico)
provocando l'immissione in circolo di cellule neoplastiche.

Leucemia linfatica: origina dai linfociti del midollo osseo; possibile fase iniziale aleucemica.
È più facile avere un linfoma leucemico che non leucemia aleucemica. Spesso non sono così facilmente
differenziabili per cui si parla di complesso linfoma - leucemia linfatica.
Linfoma è una diagnosi molto aspecifica perché può comprendere tumori molto diversi tra loro che possono avere
cellule differenziate (più vicine a T o B) o cellule meno differenziate. Quello che chiamiamo linfoma è un insieme
di molte entità patologiche che hanno in comune il solo fatto di originare da un contesto linfoide.
Classificazione

Macroscopica o anatomica: si basa sulla distribuzione del linfoma nell'organismo.

Istologia: indica come si organizza il tessuto neoplastico e la classificazione cito-morfologica.
Classificazione
anatomica
Su base anatomica distinguiamo linfomi regionali o multicentrici.

Linfoma multicentrico: coinvolgimento contemporaneo multiplo di più stazioni linfonodali, quindi fin
dagli esordi ha un'elevata distribuzione nell'organismo; più frequente nel cane; spesso si manifesta
coinvolgimento contemporaneo dei linfonodi esplorabili e si ha anche interessamento sistemico di altre
stazioni linfatiche e di molti organi come fegato, rene, cuore.
o
Macroscopia: perdita dei caratteri distintivi di corticale e midollare; aspetto lardaceo e emorragia.
o
Vi si può associare splenomegalia, che mima un'iperplasia follicolare, con noduli singoli o multipli
e aspetto emorragico e linfomatoso.

Linfoma regionale: inizialmente confinato ad un organo linfatico (milza) o non (cute, rene, intestino);
quando l'interessamento è a carico di organi non linfatici di parla di linfomi extranodali in quanto nella
fase iniziale non c'è nemmeno coinvolgimento del linfonodo regionale.

Linfoma regionale intestinale: origina dalle placche del Peyer (a livello ileo-ciecale) e vengono poi
coinvolti i linfonodi mesenterici, evolve molto velocemente interessando diversi organi (fegato,
rene, milza, cuore); frequente nel gatto.

Linfoma regionale extranodale:

Renale nel gatto.

Splenico nel cavallo.

Cutaneo nel cane.
o
epiteliotropo: forma di coinvolgimento regionale (interessata l'epidermide).
o
non epiteliotropo: coinvolgimento cutaneo in caso di linfoma multicentrico
(per metastasi di questo).
Classificazione
istologica
N.B.: un linfonodo è popolato da linfociti e il linfoma è dato da linfociti; quando osservo una linfomegalia devo
poter differenziare iperplasia da linfoma; per questo ci sono dei criteri istologici per farlo.

Neoplasie primarie o linfomi
o
Perdita della struttura istologica fondamentale:

Linfomi follicolari: i follicoli non sono strutturati come quelli normali (invertiti: linfociti
al centro e cellule blastiche alla periferia).

o
Linfomi diffusi: invasione della trabecola e del tessuto adiposo che circonda il linfonodo.
Monomorfismo cellulare: lo sviluppo delle cellule linfatiche si ferma per tutte allo stesso stadio di
differenziazione e quindi appare omogeneità dell'aspetto cellulare.
o
Infiltrazione di capsula e trabecole: i linfomi sono tumori maligni e danno invasività locale.
o
In diagnosi differenziale vanno distinti dalle infiammazioni, che presentano comunque come
carattere principale il polimorfismo cellulare.

Neoplasie secondarie
o
Perdita della struttura istologica fondamentale.
o
Presenza di cellule neoplastiche nei seni.
o
Presenza di cellule normalmente non presenti nel linfonodo: carattere che permette una maggiore
facilità di riconoscimento.
Classificazione
isto-citologica
del linfoma
Esistono 3 diversi criteri classificativi:
1.
Classificazione di Kiel
2. Classificazione IWF (International Working Formulation)
3.
Classificazione REAL (dalla medicina umana).
Elementi tenuti in considerazione in tutte e tre le classificazioni:


Dimensione delle cellule: il parametro di riferimento è il globulo rosso; più grandi, meno differenziati.
o
Fino a 2 volte un globulo rosso = piccolo linfocita.
o
Fino a 3 volte un globulo rosso = grande linfocita.
Particolarità del citoplasma: quantità, cromofilia, granulazioni (caratteristica dai linfomi che derivano da
cellule NK).

Aspetto del nucleo: caratteristica che permette di differenziare linfocita maturo da linfoblasto e
immunoblasto (nucleo vescicoloso, ricco di eucromatina, nucleolo voluminoso).

Rapporto nucleo / citoplasma.

Numero e posizione dei nucleoli (assente, unico, multiplo, centrali, periferici, ...)

Numero di mitosi: maggiori sono le mitosi e più alta è la malignità.
Questi parametri ci permettono di differenziare il linfoma:
o
Linfocitico
o
Linfoblastico / Immunoblastico
o
Centrocitico / Centroblastico: con nucleoli rispettivamente al centro e alla periferia del follicolo.
o
Plasmocitico / Plasmoblastico
Classificazione di Kiel: permette la distinzione di

Linfoma linfocitico.

Linfoma linfoblastico.

Linfoma immunoblastico.

Linfoma a cellule di centro germinativo.

Linfoma a cellule immunoglobulinopoietiche.
Classificazione IWF: da una descrizione soprattutto morfologica.
Classificazione REAL: contempla 35 tipi differenti di linfoma; è basata sulla suddivisione iniziale di linfomi a cellule
B e T, quindi se non si dispone dell'immunofenotipo non posso classificare il linfoma.

Immunofenotipo del linfoma: i linfociti, a seconda di dove si differenziano, sono B o T, istologicamente
uguali ma differenziabili tramite l'immunoistochimica.

Per i linfociti T si usano anticorpi contro CD2, struttura che permette ai linfociti di agglutinare i
globuli rossi di ovino, e CD3, molecola che trasduce il segnale all'interno della cellula dopo che il
TCR ha legato l'antigene.

Per i linfociti B il cell receptor è una IgM, per questo si usano anticorpi contro IgM oppure sono
utilizzati anticorpi contro CD79α, molecola che trasduce il segnale.


In base all'immunofenotipo i linfomi vengono classificati:
o
a cellule B
o
a cellule T
o
a cellule nulle (quelli originati, ad esempio, da cellule NK)
Immunofenotipizzando si è scoperto che:

negli animali sono più frequenti i linfomi a cellule B

nei cani i linfomi a cellule T sono i più infausti dei linfomi a cellule B
 In alcune specie il linfoma ha eziologia virale: sono virus a RNA, cioè retrotrascrivono DNA e poi
integrano all'interno del genoma cellulare.

Leucosi bovina (BLV): il virus possiede nel suo genoma un oncogene che determina
trasformazione neoplastica nella cellula.

Leucosi-leucemia felina (FeLV): il virus sfrutta oncogeni cellulari (obbligo di inserirsi
vicino a questi per sfruttarli) per indurre la trasformazione neoplastica.

FIV: il virus è coinvolto indirettamente perché si ha una diminuzione della risposta
cellulo-mediata mentre rimane attiva quella umorale.
Frequenza
nelle specie
Bovino

Leucosi bovina enzootica (BoLV): a seguito dell'infezione solo una certa percentuale di animali sviluppa
linfocitosi persistente e di questi solo una percentuale sviluppa il linfoma; è un linfoma multicentrico,
prevalentemente a cellule B e raramente leucemico.

Linfomi sporadici (non BoLV) (MTC):
o
Linfoma multicentrico del vitello: frequentemente leucemico e a cellule nulle.
o
Linfoma timico: la distinzione dal timoma è che origina dai linfociti del timo mentre il timoma
origina dalle cellule di sostegno dell'organo.
o
Linfoma cutaneo: poco frequente.
Cavallo (IMC)

Linfoma intestinale.

Linfoma multicentrico.

Linfoma cutaneo.

Forma splenica extranodale.
Suino (MIT)

Linfoma multicentrico.

Linfoma intestinale.

Linfoma timico.
Cane (IMC)

Linfoma intestinale.

Linfoma multicentrico.

Linfoma cutaneo: forma epiteliotropa e non epiteliotropa (metastasi cutanea di linfoma multicentrico).
Gatto (IMRB)

Linfoma intestinale: più frequente; si sviluppa una massa a livello intestinale, soprattutto a livello della
valvola ileo-ciecale; da ostruzione e metastasi ai linfonodi mesenterici.

Linfoma multicentrico.

Linfoma renale del gatto.

Linfoma a cellule B nei gatti FIV +.
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