STORIA DELLA CHIMICA Dai volumi dei gas alle particelle John Dalton, dopo avere enunciato la teoria atomica, si era dedicato a calcolare le masse atomiche degli elementi; ben presto, l’elettrolisi iniziò a fornire nuove informazioni sulla composizione dei composti e, nel 1808, Joseph Louis Gay-Lussac (1778-1850) enunciò la legge dei volumi di combinazione secondo la quale, in una reazione, i volumi di un gas stanno tra loro in rapporti espressi da numeri piccoli e interi. Per esempio, i volumi di idrogeno e ossigeno gassosi che reagiscono tra loro per formare l’acqua sono sempre in rapporto di 2:1. Cadeva così la convinzione di Dalton secondo cui la molecola di acqua era costituita da un atomo di ossigeno e da un atomo di idrogeno. Fu proprio studiando la legge di Gay-Lussac che Avogadro si accorse che quando un volume di idrogeno gassoso reagiva con un volume di cloro gassoso si formavano due volumi di cloruro di idrogeno HCl, non uno come ci si poteva aspettare se una particella di idrogeno reagiva con una di cloro. Per spiegare questo comportamento, Avogadro ipotizzò l’esistenza delle entità che oggi chiamiamo molecole: idrogeno e cloro gassosi erano costituiti da «atomi doppi» (secondo il linguaggio moderno molecole biatomiche) e la reazione di formazione del cloruro di idrogeno si poteva scrivere come H2 ⫹ Cl2 → HCl. Sia gli «atomi doppi» H2 e Cl2 sia la singola unità HCl sono esempi di molecole. Avogadro aveva capito che il volume occupato dai gas era in relazione con il numero di particelle che costituivano il gas e aveva intuito che la struttura di molte sostanze gassose presenti in natura era costituita da due atomi uguali legati tra loro: i gas ossigeno, idrogeno, azoto e cloro avevano infatti molecole biatomiche O2, H2, N2 e Cl2. Era la prima volta che si tentava di distinguere nettamente tra loro i concetti di atomo e di molecola. Nacque così il principio di Avogadro, secondo cui volumi uguali di gas diversi nelle stesse condizioni di pressione e temperatura contengono lo stesso numero di particelle. In realtà anche Avogadro non parlava esplicitamente di atomi e di molecole: influenzato probabilmente dalla filosofia di Leibniz, tendeva a considerare le molecole come punti elementari e distingueva pertanto tra «molecole integranti» (le molecole propriamente dette) e «molecole elementari» (gli atomi). Questa mancata consapevolezza della natura delle molecole si rifletteva anche sulla determinazione delle masse atomiche. Utilizzando correttamente l’ipotesi di Avogadro, infatti, era possibile determinare le masse atomiche e le masse molecolari in modo indiretto: pesando volumi uguali di gas diversi che contenevano lo stesso numero di molecole si otteneva il rapporto tra le masse molecolari corrispondenti; era sufficiente scegliere un gas come riferimento. Avogadro, però, non seppe trarre le giuste conclusioni dalle sue osservazioni: invece di prendere come riferimento la «molecola elementare» (l’atomo) di idrogeno, egli si basò sulla massa della «molecola integrante», con il risultato che i valori delle masse atomiche relative ottenuti erano sbagliati: per la maggior parte corrispondevano alla metà dei valori reali. L’utilizzo dell’ipotesi di Avogadro: verso il Congresso di Karlsruhe L’importanza pratica dell’ipotesi di Avogadro verrà compresa da un altro italiano, Stanislao Cannizzaro (1826-1910), che nel 1858 pubblicò il testo Sunto di un corso di filosofia chimica, in cui cercava un metodo univoco per il calcolo delle masse atomiche da utilizzare nel campo sia della chimica organica sia di quella inorganica. Nel frattempo, infatti, Pierre-Louis Dulong (17851838) e Alexis-Thérèse Petit (1791-1820) avevano proposto nel 1818 di determinare le masse atomiche degli elementi utilizzando la legge del calore atomico (che si basava sul calore specifico degli elementi, in relazione con la massa atomica), mentre Eilhardt Mitscherlich nel 1819 aveva enunciato la legge dell’isomorfismo, che permetteva di determinare le masse dei composti che cristallizzavano insieme. Utilizzando tutte le leggi a disposizione, escluso il principio di Avogadro che secondo lui necessitava di alcune modifiche, nel 1828 anche il chimico Jöns Jakob Berzelius (1779-1848) aveva pubblicato una tavola delle masse atomiche, con valori abbastanza vicini a quelli reali. La novità della tavola di Berzelius era che le masse atomiche non erano numeri interi come nei calcoli effettuati da Dalton, ma numeri decimali. Se si usava come riferimento la massa atomica dell’idrogeno posta uguale a 1, la massa atomica dell’ossigeno aveva lo scomodo valore di 15,9: si scelse allora di usare come riferimento la massa atomica dell’ossigeno posta uguale a 16 (la massa dell’idrogeno così risultava pari a 1,008). Brady, Senese CHIMICA © Zanichelli 2008 Storia della chimica Amedeo Avogadro (1776-1856) nacque e morì a Torino, dove insegnò all’Università matematica e fisica. Conte di Quaregna e Cerreto, fu obbligato a studiare legge dai genitori: si specializzò in diritto canonico ma presto scelse di dedicarsi alla sua vera passione, la scienza, e in particolare la fisica; insegnò anche a Vercelli. Tra le sue opere più importanti, il Saggio sul metodo per determinare le masse relative delle molecole elementari dei corpi e le proporzioni secondo le quali esse entrano in quelle combinazioni e Memorie sulle masse relative delle molecole dei corpi semplici. In onore dello scienziato italiano, la costante che indica il numero di particelle (6,022 ⫻ 1023) contenute in una mole di sostanza è oggi detta numero di Avogadro. Il principio sui volumi dei gas noto come principio di Avogadro invece porta il suo nome perché fu egli stesso a enunciarlo nel 1811. AVOGADRO Amedeo Avogadro Un contributo molto vario Sicuramente dobbiamo ad Avogadro molti dei concetti fondamentali su cui oggi si basa la chimica; egli però non riuscì a vedere il successo delle sue teorie sui volumi dei gas quando, nel corso del Congresso di Karlsruhe, Cannizzaro convinse gli altri studiosi a uti- lizzare il principio di Avogadro per determinare le masse atomiche degli elementi. Anche altre intuizioni dello scienziato torinese non furono pienamente comprese e accettate subito dalla comunità chimica e furono per un po’ dimenticate: per esempio Avogadro aveva capito che non tutti gli acidi contenevano atomi di ossigeno e che una sostanza ha proprietà acide o basiche in base al solvente in cui si trova, proprio come sarebbe stato poi teorizzato da Brønsted e Lowry; aveva inoltre ipotizzato che il modello molecolare non fosse adatto a descrivere lo stato metallico poiché secondo lui gli atomi dei metalli erano tenuti insieme da una «nube di corpi imponderabili», molto simile alla descrizione attuale dello stato metallico, con i nuclei degli atomi immersi in una nube di elettroni. Lo scienziato si dedicò anche al campo dell’elettricità, approfondendo in particolare la natura elettrica degli isolanti e il concetto di polarizzazione: i suoi scritti sull’argomento meritarono anche l’attenzione di Michael Faraday. Avogadro costruì inoltre una tavola con la serie elettrochimica degli elementi più completa per l’epoca. La lettera di Avogadro sulla rappresentazione delle molecole biatomiche. Brady, Senese CHIMICA © Zanichelli 2008 Storia della chimica Nel 1860 al primo Congresso Internazionale della chimica tenutosi a Karlsruhe, in Germania, Stanislao Cannizzaro rese nota a tutta la comunità chimica l’importanza pratica dell’ipotesi di Avogadro, che permetteva di confermare e precisare i valori delle masse atomiche relative calcolate da Berzelius e la necessità di distinguere tra atomi e molecole come già aveva provato a fare Avogadro. Nel 1930, dopo la scoperta degli isotopi, i fisici proposero di usare come unità di riferimento (posta uguale a 16) la massa atomica dell’isotopo dell’ossigeno con numero di massa pari a 16; i chimici continuarono invece a usare la miscela isotopica dell’ossigeno come riferimento. Nel 1961 si stabilì invece di utilizzare come riferimento la massa atomica del carbonio 12, posta uguale a 12 u. AVOGADRO STORIA DELLA CHIMICA