Close this window to return to IVIS www.ivis.org International Congress of the Italian Association of Companion Animal Veterinarians May 19 – 21 2006 Rimini, Italy Next Congress : 62nd SCIVAC International Congress & 25th Anniversary of the SCIVAC Foundation May 29-31, 2009 - Rimini, Italy Reprinted in IVIS with the permission of the Congress Organizers 53° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC 223 Le più comuni alterazioni ematologiche del gatto: i disordini linfomieloproliferativi Saverio Paltrinieri DVM, PhD, Dipl ECVCP, Milano Introduzione Come in tutte le specie animali, anche nel gatto sono rilevabili sia linfomi che leucemie, le quali possono riguardare sia la linea linfoide che quella mieloide. Tali forme sono spesso associate ad infezioni da virus della leucemia felina (FeLV), e sono caratterizzate da anemia normocitica normocromica non rigenerativa e, frequentemente, da notevole aumento del numero di una delle classi leucocitarie circolanti. Sia le leucemie mieloidi che quelle linfoidi, vengono definite acute quando le cellule circolanti presentano spiccate caratteristiche di atipia, e croniche quando le cellule neoplastiche riescono a completare il loro processo maturativo, per cui in circolo si rinvengono numeri molto elevati di cellule morfologicamente normali. Le forme croniche hanno un decorso più lento, anche se poi tendono a sfociare in “crisi blastiche” indistinguibili dalle forme acute sia dal punto di vista cito-morfologico che clinico. I linfomi sono invece associati solo raramente a linfocitosi periferica o alla presenza di cellule linfoidi atipiche in circolo. Ciò avviene solo quando il tumore è particolarmente esteso, e viene ad interessare, oltre agli organi linfoidi secondari, anche il midollo (linfoma stadio V). Un’altra alterazione linfomieloproliferativa frequente è rappresentata dalle mielodisplasie o dismielopoiesi, che possono essere secondarie a processi periferici (infiammazione, fenomeni immuno-mediati, ecc..) oppure essere primarie (MyeloDysplastic Syndrome o MDS). Quest’ultimo fenomeno è particolarmente frequente nel gatto, ed è spesso associato a positività a FeLV. La morfologia delle cellule circolanti è quindi uno degli elementi chiave per classificare le neoplasie come linfoidi o mieloidi e come acute o croniche. Nelle forme acute, però, le atipie morfologiche sono spesso tali per cui la semplice morfologia non permette di risalire al tipo cellulare coinvolto, per cui è necessario a ricorrere ad ulteriori approfondimenti diagnostici quali le colorazioni citochimiche, immunocitochimiche o la citofluorimetria. Le colorazioni citochimiche, particolarmente utili nelle forme mieloidi, evidenziano la presenza nelle cellule di particolari enzimi: le diverse linee cellulari vengono quindi identificate in base al tipo di enzima presente. Un potenziale limite all’applicazione delle tecniche citochimiche deriva dal fatto che le informazioni circa le caratteristiche citochimiche delle cellule feline sono scarse, soprattutto in corso di neoplasia, situazione nella quale, anche in altre specie animali, il pattern citochimico può risultare differente da quello rilevabile nelle corrispondenti linee cellulari non neoplastiche. L’immunocitochimica su vetrino o la citofluorimetria su sangue intero sono invece particolarmente utili in corso di neoplasie linfoidi, nelle quali le cellule vengono identificate come appartenenti ad uno specifico sottotipo linfoide sulla base degli antigeni che esprimono sulla loro membrana (es: CD5 o CD3 per i linfociti T, CD21 o CD79a per i linfociti B, CD4 o CD8 per le diverse sottopopolazioni dei linfociti T, ecc…). Tali antigeni vengono riconosciuti grazie ad anticorpi specifici e grazie un sistema di rilevazione colorimetrico o basato sulla fluorescenza. Nel gatto, però, l’applicazione di tali tecniche è fortemente limitata dalla scarsa disponibilità di anticorpi specifici per gli antigeni felini, per cui è spesso difficile andare al di là di una classificazione in forme B, T e T4 o T8. Nel caso i rilievi periferici ottenuti con un esame emocromocitometrico non permettano di classificare la patologia in atto, è importante ricorrere all’esame citologico del midollo osseo ed eventualmente degli organi linfoidi secondari, soprattutto nel caso questi appaiano interessati dal processo patologico (es: linfoadenomegalia, splenomegalia). In linea generale, l’esame del midollo osseo in corso di neoplasie ematopoietiche permette di rilevare una popolazione relativamente monomorfa di elementi neoplastici che tendono a sostituire le altre linee maturative midollari. La diagnosi di leucemia, nelle forme acuta, viene emessa quando il numero di blasti a livello midollare supera il 30% e spesso anche a livello midollare si rilevano atipie morfologiche come asincronie di maturazione nucleo-citoplasmatiche ed evidenti caratteri citologici di malignità. Le MDS, invece, presentano una percentuale di blasti midollare inferiore a quella delle leucemie (tra il 5 ed il 30%) e possono essere caratterizzate anche dalla presenza di blasti circolanti (anche in questo caso in percentuale inferiore al 5%). Anche sul midollo osseo o sul sangue midollare è poi possibile applicare le colorazioni citochimiche/immunocitochimiche o la citofluorimetria per perfezionare la diagnosi e la classificazione delle forme leucemiche o mielodisplastiche. Classificazione dei linfomi e delle leucemie linfoidi Le forme leucemiche, come in altre specie animali, vengono classificate modulando il sistema di classificazione French-American-British (FAB) messo a punto nella specie umana. Tale classificazione suddivide ulteriormente le forme linfoidi acute in tre sottoclassi in base alle caratteristiche morfologiche, mentre le forme linfoidi croniche formano un unico gruppo omogeneo, caratterizzato dalla presenza di linfocitosi estrema (fino a 100,000/µl) in assenza di alterazioni 224 53° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC morfologiche nelle cellule circolanti. Gli esami citofluorimetrici solitamente evidenziano un immunofenotipo T, soprattutto nelle forme croniche, ed in particolare T8, mentre nel caso di linfomi si riscontrano sia immunofenotipi T, soprattutto nelle forme FeLV correlate, sia immunofenotipi B, soprattutto nelle forme a partenza dall’apparato digerente. Per quanto riguarda i sistemi di classificazione dei linfomi, sono state nel tempo proposti diversi sistemi classificativi, anche in questo caso derivati dai sistemi di classificazione dei linfomi non Hodgkin dell’uomo. I sistemi più usati in questo senso sono quelli basati sulle caratteristiche morfologiche delle cellule e sul tipo di criteri di malignità presenti negli aspirati di organi linfoidi o neoformazioni interessate dalla patologia. A questo sistema di classificazione se ne affianca un altro, più decisamente clinico, che suddivide i linfomi in cinque stadi in funzione dell’estensione della patologia nell’organismo, dallo stadio I, in cui la patologia è confinata ad un unico linfonodo, allo stadio V, che interessa più organi linfoidi ed il midollo, con conseguente invasione ematica da parte delle cellule neoplastiche. Quest’ultimo stadio è clinicamente ed ematologicamente indistinguibile dalle leucemie linfoidi acute e in particolare dalla loro variante linfoblastica, nella quale i linfociti atipici si rilevano in sangue ed organi linfoidi ma la localizzazione primaria della neoplasia è a livello midollare. Un’ultima forma di linfoma e/o leucemia rilevabile con una certa frequenza nel gatto è la Large Granular Leukemia (LGL), nella quale si possono rilevare in circolo o in aspirati di neoformazioni intestinali o spleniche, linfociti che appaiono, per l’appunto, caratterizzati da grossi granuli basofili citoplasmatici. Tali cellule sono spesso linfociti nonT non-B normalmente coinvolte in meccanismi di difesa cellulo-mediata e possono aumentare in circolo anche in presenza di stimoli antigenici cronici di diversa natura, per cui il loro riscontro non è sempre indicativo di leucemia, anche se, nel gatto, le vere e proprie leucemie LGL presentano di solito alterazioni morfologiche tali da non lasciare dubbi circa l’origine neoplastica. Classificazione dei linfomi e delle leucemie mieloidi Anche le leucemie mieloidi vengono classificate secondo la classificazione FAB: sia le forme acute che quelle croniche vengono sottoclassificate in base alla linea cellulare di appartenenza: dato che alla linea “mieloide” vengono ascritti tutti gli elementi cellulari tranne quelli linfoidi, è possibi- le sottoclassificare le forme mieloidi acute in leucemie indifferenziate, granulocitiche (mielocitiche), monocitiche, mielomonocitiche, megacariocitiche ed eritroleucemie. Tra le forme croniche vengono invece riconosciute le leucemie granulocitiche neutrofiliche, eosinofiliche, basofiliche (particolarmente rare), le leucemie monocitiche, la policitemia vera e la trombocitemia essenziale (le ultime due a carico di eritrociti e piastrine, rispettivamente). Come accennato in precedenza, mentre può non essere difficile classificare le leucemie mieloidi come acute o croniche, la semplice valutazione morfologica può non essere sufficiente a differenziare tra loro le diverse leucemie mieloidi acute e dev’essere accompagnata da analisi citochimiche. Allo stesso modo, non è sempre facile differenziare le forme mieloidi croniche da forme reattive (es: leucemia granulocitica cronica e leucocitosi neutrofiliche estreme; leucemia eosinofilica cronica e sindromi ipereosinofiliche). In questo caso sia la forma leucemica che quella reattiva sono spesso caratterizzate dalla presenza in circolo di un elevato numero di cellule morfologicamente normali ed anche a livello midollare si riscontrerà un iperplasia dei precursori della linea celullare interessata. La diagnosi differenziale in questo caso deve essere basata più sull’evidenziazione (o sull’esclusione) di un eventuale fenomeno primario che può giustificare la presenza di una forma reattiva. Classificazione delle sindromi mielodisplastiche Le sindromi mielodisplastiche vengono considerate forme preleucemiche che interessano solitamente una o più linee cellulari, per cui il sangue periferico presenta di solito una bi- o tricitopenia con presenza di elementi atipici (fino al 5% di blasti), mentre il midollo appare ipercellulare. Sulla base sia dei riscontri ematologici che dell’andamento clinico, si riconoscono quattro forme di MDS: la forma “con eccesso di blasti” (MDS-EB), la forma “con citopenia refrattaria” (MDS-RC), la forma “con predominanza di cellule eritroidi (MDS-Er) e la leucemia mielomonocitica cronica (CMMol), un tempo classificata come leucemia, oggi più propriamente ritenuta una forma mielodisplastica. Indirizzo per la corrispondenza: Dipartimento di Patologia animale, Igiene e Sanità Pubblica Veterinaria, Via Celoria 10, Milano This manuscript is reproduced in the IVIS website with the permission of the Congress Organizing Committee