Capitolo quindicesimo I CRITERI DI VALUTAZIONE DELLE PRINCIPALI POSTE DI BILANCIO 15.1 Le immobilizzazioni materiali: aspetti civilistici ed economici Aspetti generali Si è visto che l’art. 2424 bis, 1° comma, così dispone: «Gli elementi patrimoniali destinati ad essere utilizzati durevolmente devono essere iscritti tra le immobilizzazioni». Per converso, risulta chiaro che gli elementi patrimoniali destinati ad un utilizzo non durevole devono essere indicati tra le poste dell’attivo circolante. In particolare, le immobilizzazioni materiali rappresentano beni di uso durevole caratterizzati dalla tangibilità e destinati in via normale alla partecipazione ai processi produttivi aziendali 1. Secondo il principio contabile nazionale OIC 16, le immobilizzazioni materiali presentano una serie di caratteristiche, che qui sinteticamente si riportano 2: a) sono costi pluriennali che parteciperanno alla formazione dei redditi e del capitale in più periodi amministrativi; b) sono costituite da beni materiali o da anticipi a fornitori per il loro acquisto; 1 Il principio contabile nazionale OIC 16 fornisce la seguente definizione: «Le immobilizzazioni materiali sono beni di uso durevole costituenti parte dell’organizzazione permanente delle società. Il riferirsi a fattori e condizioni durature non è caratteristica intrinseca ai beni come tali, bensì alla loro destinazione. Esse sono normalmente impiegate come strumenti di produzione del reddito della gestione caratteristica e non sono, quindi, destinate alla vendita, né alla trasformazione per l’ottenimento dei prodotti della società.» (OIC 16, Immobilizzazioni materiali, 2014, par. 4). 2 Cfr. Ibidem, par. 5. 486 Capitolo XV c) rappresentano fattori e condizioni produttive che incorporano potenzialità di servizi la cui utilità si estende per più esercizi lungo la loro vita utile. Gli investimenti rappresentati da immobilizzazioni materiali sono normalmente trovano un realizzo indiretto, non essendo destinate alla vendita ma all’utilizzo nei processi produttivi aziendali. Più precisamente, il realizzo indiretto può avvenire attraverso la reintegrazione economica delle quote di ammortamento, cioè quando i ricavi di vendita ottenuti con il concorso delle immobilizzazioni materiali lungo il periodo di utilizzo delle stesse risultano sufficienti a coprire tutti i costi, ivi incluse le quote di ammortamento. In questo caso si dice che il valore risulta recuperabile tramite l’uso. Peraltro occorre notare che in via residuale le immobilizzazioni materiali possono trovare realizzo diretto attraverso la cessione a stralcio. Valore di iscrizione in bilancio Il punto n. 1 dell’art. 2426 cod. civ. stabilisce che le immobilizzazioni sono iscritte in bilancio al costo di acquisto o di produzione. Il costo di acquisto comprende eventuali oneri accessori (ad esempio spese di trasporto, di installazione e collaudo, ecc.), mentre il costo di produzione comprende i costi diretti (tipicamente materie prime e manodopera diretta) più l’eventuale quota di costi indiretti ragionevolmente imputabile (ammortamenti di cespiti utilizzati per la costruzione in economia, manodopera indiretta, ecc.). Il costo delle immobilizzazioni il cui utilizzo è limitato nel tempo deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio tenendo conto della residua possibilità di utilizzazione. In caso di modificazioni dei criteri di ammortamento occorre fornire la motivazione nella nota integrativa. Se alla chiusura dell’esercizio, il valore dell’immobilizzazione risulta durevolmente inferiore al valore di bilancio occorre effettuare una svalutazione. Tale svalutazione non può essere mantenuta se sono venute meno le ragioni della sua attuazione. Il principio contabile nazionale OIC 16 ribadisce che le immobilizzazioni materiali sono iscritte in bilancio al loro costo originario ridotto dal fondo di ammortamento. Il costo originario è rappresentato dal costo di acquisto per i beni acquistati da terze economie, mentre si deve I criteri di valutazione 487 fare riferimento al costo di produzione per i beni realizzati internamente (costruzioni in economia). Viene specificato che il costo di acquisto comprende il costo del bene oggetto di acquisizione al quale vanno aggiunti gli oneri accessori (ad esempio spese legali per il passaggio di proprietà di beni immobili, imballaggi, trasporti, installazione, collaudi, dazi doganali sui beni importati, ecc.) 3. Per le immobilizzazioni costruite in economia, il costo di produzione comprende i costi diretti imputabili al bene e una quota di costi generali di produzione, ragionevolmente imputabile al cespite. Il tema delle costruzioni in economia verrà ripreso e approfondito nel sottoparagrafo successivo. Costruzioni in economia Come si è visto, nel sottoparagrafo precedente, per le costruzioni in economia si devono considerare i costi sostenuti per la realizzazione del bene. Il costo di produzione tiene conto dei costi direttamente imputabili alla costruzione in economia (tipicamente materie prime e manodopera diretta), nonché una quota di costi generali di produzione, ragionevolmente imputabile al cespite, da computarsi per il periodo di fabbricazione fino al momento in cui lo stesso cespite è disponibile per l’uso4. Il riferimento ad una quota ragionevolmente imputabile di costi generali di produzione va inteso nel senso di escludere dalla capitalizzazione componenti di costo relative ad eventi particolari quali scioperi o eventi dannosi (ad esempio, incendi, alluvioni, ecc.)5. Di norma le costruzioni in economia rappresentano beni specifici per i quali non esiste un mercato di riferimento. Peraltro, se i cespiti realizzati internamente sono sostanzialmente identici a quelli disponibili sul mercato, si ritiene che l’iscrizione in bilancio dovrebbe essere effettuata ad un valore non superiore al prezzo di mercato del bene. In questo modo, si eviterebbe che in presenza di cespiti analoghi disponibili sul mercato l’impresa possa capitalizzare, per effetto di costruzioni in economia, costi per un importo superiore a quello che si sarebbe pagato 3 Cfr. OIC 16,16, Immobilizzazioni materiali, 2014, parr. 26-30. Si veda: OIC 16,16, Immobilizzazioni materiali, 2014, par. 31. 5 Cfr. Ibidem, par. 32. 4 488 Capitolo XV acquisendo il bene da terze economie. L’eccedenza dei costi sostenuti rispetto al valore di mercato rappresenterebbe, infatti, un’inefficienza aziendale e un valore non giustificabile sul piano economico in presenza di beni analoghi disponibili sul mercato ad un prezzo minore6. Naturalmente la valutazione va condotta tenendo presente il principio di rilevanza. Eccedenze di valore di ammontare relativamente modesto possono trovare giustificazione nelle differenze comunque riscontrabili tra i cespiti realizzati internamente e quelli disponibili sul mercato, anche se si tratta di beni sostanzialmente analoghi. Eccedenze di ammontare rilevante per beni sostanzialmente analoghi non appaiono, invece, giustificabili sotto il profilo economico e, prudenzialmente, sarebbe opportuno evitare la loro capitalizzazione. Se una costruzione in economia viene iniziata in un esercizio, ma non viene ultimata, i costi sostenuti per la produzione realizzata nel periodo devono essere capitalizzati e iscritti nell’apposita voce inserita tra le immobilizzazioni materiali, Immobilizzazioni in corso e acconti. Capitalizzazione degli oneri finanziari Per quanto riguarda la capitalizzazione degli oneri finanziari il principio contabile nazionale OIC 16 prevede delle condizioni restrittive, in quanto gli interessi passivi si riferiscono alle scelte di finanziamento effettuate dall’impresa e rappresentano di norma costi da imputare a Conto Economico. Le condizioni previste per la capitalizzazione degli oneri finanziari sono le seguenti7: - gli oneri finanziari sono stati effettivamente sostenuti, sono determinabili in modo oggettivo e risultano recuperabili; - gli oneri finanziari capitalizzabili possono riferirsi a finanziamenti specificamente ottenuti per la realizzazione in economia di 6 Tale trattamento, che appare fondato su considerazioni razionali, era previsto dalla precedente versione del principio contabile nazionale OIC 16. Nella nuova versione non si fa alcun riferimento al prezzo di mercato. Probabilmente tale scelta è dovuta ad una logica di semplificazione e snellimento del principio, dato che, come evidenziato nel testo, normalmente le costruzioni in economia si riferiscono a beni con caratteristiche uniche, per i quali non si trovano cespiti identici disponibili sul mercato. 7 Cfr. OIC 16,16, Immobilizzazioni materiali, 2014, par. 35. I criteri di valutazione 489 - cespiti (cosiddetti “finanziamenti di scopo”) oppure a finanziamenti generici. In quest’ultimo caso gli interessi capitalizzabili si determinano applicando ai costi sostenuti il tasso medio ponderato dei finanziamenti in essere nell’esercizio ; il bene richiede un periodo di costruzione significativo (che va dall'esborso ai fornitori al momento in cui il cespite è pronto per l'uso). Acquisto di un complesso patrimoniale Quando viene acquistato un complesso di beni o un’unità economico-tecnica con la pattuizione di un prezzo unitario, si pone il problema di attribuire il valore di bilancio ai singoli cespiti oggetto di acquisizione. In primo luogo si attribuirà a ciascun cespite acquisito un valore pari a quello di mercato, opportunamente rettificato per tener conto dello stato in cu si trovano i beni. Peraltro, solo in casi assai rari la somma dei singoli valori di mercato dei beni coincide con il prezzo pagato per la loro acquisizione, in quanto quest’ultimo viene fissato con riferimento all’intero complesso dei cespiti acquisiti. Se la somma dei valori di mercato attribuiti ai singoli beni risulta superiore al prezzo pagato, occorrerà ridurre il valore dei cespiti in modo proporzionale, in quanto il valore di iscrizione in bilancio dei cespiti non può eccedere il costo sostenuto per la loro acquisizione. Così, ad esempio, supponendo per semplicità l’acquisto congiunto di due soli beni, A e B, aventi rispettivamente un valore di mercato di 60 e di 40, per il quale viene pattuito un prezzo di 90, occorrerà ripartire quest’ultimo prezzo tra i due cespiti in proporzione al loro valore di mercato. Pertanto al cespite A, il cui valore di mercato rappresenta il 60% del totale (60/100), verrà attribuito un valore pari a 54 (60% di 90), mentre il cespite B, il cui valore di mercato risulta pari al 40% del totale (40/100), verrà iscritto in bilancio ad un valore pari a 36 (40% di 90). Se, invece, la somma dei valori di mercato attribuiti ai singoli beni risulta inferiore al prezzo pagato, occorrerà aumentare in modo proporzionale, con modalità analoghe a quelle viste nel caso precedente, il va- 490 Capitolo XV lore di bilancio di ciascun cespite, a condizione che i valori delle immobilizzazioni materiali acquisite risultino recuperabili tramite l’uso 8. Si ricorda che il valore di un’immobilizzazione può essere recuperato tramite l’uso quando il flusso dei ricavi ottenuto nel periodo di utilizzo del cespite permette la reintegrazione di tutti i costi sostenuti nello stesso periodo, comprese le quote di ammortamento (la cui somma rappresenta il valore del bene). Acquisizioni a titolo gratuito In caso di acquisizioni di immobilizzazioni materiali a titolo gratuito il valore da iscrivere in bilancio sarà dato dal presumibile valore di mercato attribuibile al cespite, aumentato per tenere conto di eventuali oneri sostenuti dall’impresa per consentire il loro durevole inserimento nei processi produttivi. La contropartita del valore del cespite iscritto nell’attivo dello stato patrimoniale sarà rappresentata da una sopravvenienza attiva, da indicare nella voce A.5 del Conto Economico (Altri ricavi e proventi)9.. Manutenzioni, riparazioni e ampliamenti Il valore di bilancio delle immobilizzazioni materiali può essere aumentato anche per effetto di interventi particolari che portano ad un incremento di funzionalità del cespite. In particolare, i costi sostenuti per ampliamenti, ammodernamenti e migliorie possono essere capitalizzati se apportano significativi aumenti alla capacità produttiva, sicurezza e vita utile del cespite10. 8 Il trattamento relativo all’acquisizione di un complesso produttivo costituito da più cespiti è disciplinato dall’OIC 16 ai paragrafi 37 e 38. 9 L’OIC 16, al paragrafo 39, indica come contropartita del valore del cespite iscritto all’attivo di Stato Patrimoniale un componente di reddito di natura straordinaria. Con l’eliminazione dell’area straordinaria del Conto Economico, per effetto dell’introduzione del D.Lgs. 139/2015, la sopravvenienza attiva, come indicato nel testo, troverà collocazione nella voce residuale del valore della produzione (voce A.5). 10 Cfr. Ibidem, par. 41. I criteri di valutazione 491 Si pensi, ad esempio, a radicali trasformazioni per ammodernare una struttura alberghiera che conducono ad un sensibile incremento delle qualità funzionali del fabbricato in cui si svolge l’attività. Il nuovo valore del cespite dovrà essere ripartito lungo la sua vita utile residua. Pur nel silenzio del principio OIC 16, in accordo con i principi generali e con le indicazioni contenute in altre parti dello stesso principio, il valore di bilancio delle immobilizzazioni (costo storico + capitalizzazioni - fondo ammortamento) non deve superare il valore recuperabile tramite l'uso. Le normali manutenzioni, tese a mantenere in buona efficienza il funzionamento dei cespiti, e le riparazioni, finalizzate a ripristinare le condizioni di utilizzo delle immobilizzazioni materiali, poiché non apportano significativi miglioramenti alle qualità funzionali dei beni troveranno collocazione nel Conto Economico tra i componenti negativi di reddito di competenza dell’esercizio. Rivalutazioni da leggi speciali Un altro caso di incremento del valore di bilancio delle immobilizzazioni materiali si può riscontrare in seguito all’attuazione di rivalutazioni derivanti dall’applicazione di leggi speciali. Si tratta di provvedimenti legislativi che consentono, sussistendo determinate condizioni e seguendo particolari metodologie, di incrementare il valore di determinati beni per adeguarlo al mutato potere d’acquisto della moneta o per renderlo economicamente più significativo (ad esempio in passato si sono calcolate quote di ammortamento troppo elevate e il valore residuo del cespite risulta troppo basso in relazione alle sue potenzialità). Di norma il provvedimento legislativo stabilisce i criteri e le modalità per effettuare la rivalutazione, ma in ogni caso il valore rivalutato di ciascun cespite non può superare il valore recuperabile tramite l’uso. La contropartita dell’incremento di valore dei cespiti non è rappresentata da un componente positivo di reddito, ma da una riserva, da indicare nella voce A.III. del patrimonio netto (Riserve di rivalutazione), le cui modalità di utilizzo sono regolate dalla legge. 492 Capitolo XV Il processo di ammortamento Una volta individuato il valore dell’immobilizzazione da iscrivere in bilancio occorre considerare le modalità di ripartizione del costo pluriennale lungo gli esercizi in cui il cespite viene utilizzato. L’ammortamento rappresenta il processo contabile di ripartizione di un costo pluriennale anticipato durante la sua vita utile. Tale processo riguarda soltanto le immobilizzazioni la cui utilizzazione è limitata nel tempo, non interessando, invece, i cespiti che non esauriscono la loro utilità nel tempo, come ad esempio avviene di norma per i terreni11. Secondo l’OIC 16, anche i fabbricati civili, cioè quelli non destinati all’uso strumentale nell’esercizio dell’attività dell’impresa, ma che rappresentano una forma di investimento effettuata per libera scelta degli organi aziendali o per disposizioni statutarie o di legge, possono essere esclusi dal processo di ammortamento12. La ratio della disposizione è che si tratta di investimenti accessori, non utilizzati nei processi produttivi aziendali, che generalmente tendono a non perdere valore e il cui utilizzo riguarda un arco temporale potenzialmente molto lungo. Quando si acquista un fabbricato da assoggettare ad ammortamento il cui valore incorpora anche quello del terreno in cui insiste, è necessario scorporare tale ultimo valore, anche in base a stime, per poter iscrivere in bilancio distintamente il valore dei terreni e quello dei fabbricati. Generalmente il valore del terreno viene determinato in via residuale, dopo aver determinato il valore attribuibile al fabbricato. Quest’ultimo sarà sottoposto al processo di ammortamento, a differenza del valore del terreno che verrà mantenuto inalterato nell’attivo dello Stato Patrimoniale, a meno che non sia rivalutato in applicazione di una legge speciale o si verifichino particolari situazioni che determinano la necessità di eseguire una svalutazione. Le quote di ammortamento non vanno determinate esercizio per esercizio in relazione alla situazione congiunturale e alla convenienza del momento, ma in seguito all’acquisizione dell’immobilizzazione occorre stabilire la ripartizione del costo per tutti gli esercizi che caratterizzano la durata di utilizzo del cespite. 11 Il paragrafo 52 dell’OIC 16 dispone che «i terreni non sono oggetto di ammortamento salvo che nei casi in cui essi abbiano un’utilità destinata ad esaurirsi nel tempo come nel caso delle cave e dei siti utilizzati per le discariche». 12 Si veda: OIC 16,16, Immobilizzazioni materiali, 2014, par. 52. I criteri di valutazione 493 Tale ripartizione avviene attraverso la redazione di un piano di ammortamento, per la predisposizione del quale è necessario considerare tre elementi: - il valore da ammortizzare; - la residua possibilità di utilizzazione (vita utile del cespite); - i criteri di ripartizione del valore da ammortizzare lungo la vita utile del cespite. Il valore da ammortizzare è dato dal costo originario, eventualmente maggiorato per tenere conto di oneri finanziari capitalizzabili secondo le modalità indicate in precedenza, da cui va dedotto il valore di realizzo diretto (prezzo di cessione del bene al momento della sua dismissione), al netto degli oneri di rimozione. La deduzione del valore di realizzo diretto, al netto degli oneri di rimozione, si giustifica con il fatto che attraverso la cessione del cespite si ha la reintegrazione diretta del bene per un valore pari al prezzo di vendita. Pertanto, in via teorica, il valore da recuperare indirettamente attraverso la reintegrazione economica delle quote di ammortamento risulta diminuito dal valore recuperabile direttamente attraverso la dismissione del cespite. Peraltro, si deve considerare che il valore di realizzo del cespite si presenta di norma aleatorio, essendo riferito ad un periodo futuro, a volte anche piuttosto lontano, ed è in molti casi esiguo e non significativo rispetto al valore da ammortizzare (anche per la presenza dei costi di rimozione). Per questi motivi, generalmente, il valore da ammortizzare viene fatto coincidere con il costo originario (eventualmente incrementato per la capitalizzazione degli oneri finanziari). Per quanto riguarda la residua possibilità di utilizzazione del cespite, occorre fare riferimento alla sua durata economica e non a quella fisica. La durata fisica è collegata alle condizioni tecniche di utilizzo del bene (logorio o senescenza), mentre la durata economica fa riferimento ai programmi aziendali, alle condizioni economiche d'impiego nonché a quelle ambientali e tiene conto del fenomeno dell’obsolescenza (superamento tecnologico del bene). Di norma la durata economica risulta inferiore a quella fisica e di fatto rappresenta il riferimento per determinare il periodo di tempo in cui l’impresa prevede di utilizzare il cespite, e che pertanto dovrà essere considerato per la ripartizione del costo pluriennale (cosiddetta vita utile). 494 Capitolo XV Così, ad esempio, un computer potrà avere una durata fisica di molti anni (ovviamente ciò dipende anche dalle condizioni di utilizzo), mentre la sua durata economica potrà risultare piuttosto breve, in quanto il progresso tecnologico rende tali tipi di beni superati in un arco temporale molto limitato. È evidente che se in seguito ad eventi particolari (ad esempio una revisione delle condizioni di utilizzo) viene a modificarsi la residua possibilità di utilizzazione del cespite (vita utile), si renderà necessario modificare il piano di ammortamento originario per allungare o accorciare, a seconda dei casi, il periodo in cui ripartire il costo pluriennale. Per quanto riguarda il criterio per il calcolo delle quote, si tratta di individuare le modalità di ripartizione del valore da ammortizzare lungo gli anni di durata del cespite rappresentati dalla sua vita utile. Il codice civile dispone che la ripartizione debba essere eseguita in modo sistematico, senza fornire ulteriori indicazioni. Tuttavia, nella relazione di accompagnamento al D.Lgs. 127/1991, che ha recepito la IV direttiva CEE, modificando le disposizioni civilistiche, si legge: «L’avverbio “sistematicamente” mira ad evitare che gli ammortamenti vengano accelerati o rallentati nei vari esercizi a seconda della convenienza, anziché essere effettuati in conformità ai piani. L’avverbio sta però appunto ad indicare che l’ammortamento deve essere operato in conformità di un piano prestabilito, ma anche che il piano debba essere impostato in modo che l’ammortamento sia effettuato per importi costanti. Essendo inoltre possibile che i piani di ammortamento mutino per il mutare dei piani aziendali di utilizzazione dei cespiti, si è consentita la modificazione dei criteri e dei coefficienti applicati per la strutturazione originaria del piano, imponendone però la motivazione nella nota integrativa». Si può notare come la rigidità dell’espressione “importi costanti” venga successivamente attenuata dalla possibilità di modificare criteri e aliquote in caso di giustificate variazioni nelle condizioni di utilizzo. Pare chiara, peraltro, la preferenza del legislatore per ammortamenti determinati a quote costanti. I principi contabili nazionali sono meno rigidi e, dopo aver ribadito la necessità di redigere un piano di ammortamento, considerano diversi I criteri di valutazione 495 criteri per il calcolo delle quote, pur riconoscendo che la metodologia che prevede la determinazione di quote costanti rimane la preferibile13. Il criterio di ammortamento a quote costanti prevede che le quote da attribuire a ciascun esercizio vengano determinate dividendo il valore da ammortizzare per il numero di anni relativi alla vita utile del cespite. Tale criterio si basa sull’ipotesi semplificatrice che il deperimento e l’utilità dei cespiti ammortizzabili siano costanti lungo l’intera vita utile degli stessi. Oltre alla metodologia a quote costanti, il principio contabile nazionale prevede anche criteri di ripartizione a quote decrescenti. Tali metodi si basano sull’ipotesi che nei primi anni di utilizzo i cespiti siano più efficienti e quindi siano in grado di attribuire una maggiore utilità per l’impresa. Inoltre, con il procedere degli anni e del deperimento dei beni tendono ad aumentare i costi di riparazione e manutenzione che sarebbero in tal modo controbilanciati da un minor carico per quote di ammortamento. Tra le metodologie per la determinazione di quote di ammortamento decrescenti si ricorda il procedimento denominato metodo “aritmetico” o “americano”. Tale metodo prevede che le quote di ammortamento siano calcolate in ciascun anno applicando al valore da ammortizzare un’aliquota decrescente determinata in base al seguente calcolo: Aliquota = numero anni residui vita utile ∑ numeri anni intera vita utile Così, ad esempio, ipotizzando che un cespite abbia una vita utile prevista di 3 anni, il numeratore della formula, per ciascun anno, sarebbe individuato sulla base del numero degli anni di vita utile residua all’inizio dell’esercizio (3 per il 1° anno, 2 per il 2° anno e 1 per il 3° anno), mentre il denominatore sarebbe determinato dalla somma dei numeri che rappresentano la vita utile residua all’inizio di ciascun esercizio (3 + 2 + 1). Pertanto, nell’esempio proposto, le aliquote da applicare al valore da ammortizzare per i tre esercizi sarebbero: 13 OIC 16, Immobilizzazioni materiali, 2014, par. 62. 496 Capitolo XV 1° esercizio 3/(3 + 2 +1) = 50% 2° esercizio 2/(3 + 2 +1) = 33,33% 3° esercizio 1/(3 + 2 +1) = 16,67% L’OIC 16 non consente l’applicazione di metodi di ammortamento a quote crescenti, in quanto non compatibili con il principio della prudenza. Non sono ammessi neanche metodi di ammortamento in base ai quali le quote sono parametrite in funzione dei risultati economici dell’impresa (ad esempio, maggiori quote di ammortamento negli anni favorevoli e minori quote negli anni sfavorevoli). Il principio contabile nazionale considera invece la possibilità per alcune tipologie di cespiti (ad esempio quelli utilizzati nelle industrie estrattiva e petrolifera) di determinare quote di ammortamento variabili in funzione dei volumi di produzione realizzati. In questo caso l’aliquota da applicare in ciascun esercizio potrebbe essere determinata nel modo seguente: Aliquota = quantità prodotta nell’esercizio quantità di produzione prevista nell’intera vita utile È inoltre prevista la possibilità di eseguire il cosiddetto ammortamento per componenti, che consiste nel redigere un piano di ammortamento separato per componenti, pertinenze o accessori di un’immobilizzazione materiale quando la loro vita utile risulti significativamente diversa da quella de cespite principale (ad esempio ammortamento separato per un fabbricato e l’ascensore montato al suo interno). Immobilizzazioni da cedere e alienazioni I cespiti destinate ad essere cedute perdono la loro qualità di immobilizzazioni per assumere quella di elementi dell’attivo circolante. I criteri di valutazione 497 Per tale motivo l’OIC 16 richiede la loro riclassificazione nelle poste dell’attivo circolante e la loro iscrizione al minore tra il valore netto contabile (costo originario diminuito del fondo ammortamento) e il valore netto di realizzo (valore presumile di vendita al netto dei costi di dismissione). Viene inoltre previsto che i cespiti destinati alla vendita non siano più assoggettati al processo di ammortamento. Per quanto riguarda, invece, i cespiti ceduti durante l’esercizio, il principio contabile nazionale prevede di considerare e rilevare l’ammortamento relativo alla frazione dell’esercizio in cui avviene la cessione. In pratica, prima di stornare il fondo di ammortamento in contropartita del valore del cespite, si dovrà provvedere ad integrare lo stesso fondo per tenere conto della quota di ammortamento calcolata a partire dall’inizio dell’esercizio fino alla data in cui avviene la cessione del cespite. Reintegrazione economica delle quote di ammortamento e svalutazioni per perdite durevoli di valore L’acquisto di un’immobilizzazione materiale rappresenta un investimento effettuato dall’impresa che, come tutti gli investimenti aziendali, dovrebbe essere adeguatamente recuperato. Il recupero di un investimento può avvenire mediante realizzo diretto, quando si provvede alla vendita del cespite, mentre si ha un realizzo indiretto quando il bene viene utilizzato per la realizzazione della produzione aziendale. Nel caso delle immobilizzazioni materiali, in via prioritaria, il valore dei cespiti deve essere recuperato tramite l’uso, attraverso la futura capacità di reintegrazione economica delle quote di ammortamento. Come si è già avuto modo di accennare, tale reintegrazione può avvenire quando i ricavi di vendita delle produzioni allestite con il concorso delle immobilizzazioni coprono tutti i costi (compresi gli ammortamenti, la cui somma coincide con il costo del cespite) nel periodo di utilizzo del bene. Nei casi in cui si evidenzi l’incapacità dell’impresa di recuperare il valore dell’investimento, si renderà necessario eseguire una svalutazione per perdite durevoli di valore. Il tema della recuperabilità del valore degli investimenti strumentali a carattere pluriennale sarà ripreso e approfondito nel paragrafo relativo alla svalutazione delle immobilizzazioni materiali e immateriali. 498 Capitolo XV 15.2. Le immobilizzazioni materiali: aspetti fiscali L’ammortamento deducibile La disciplina fiscale degli ammortamenti è contenuta nell’art. 102, che al 1° comma stabilisce che le quote sono deducibili a partire dall’esercizio di entrata in funzione del bene. Si può riscontrare una differenza con le disposizioni civilistiche, che stabiliscono che l’ammortamento abbia inizio quando il bene è pronto per l’utilizzo a prescindere, quindi, dalla sua effettiva entrata in funzione. La norma fiscale è volta a riconoscere la deducibilità del costo per ammortamento solo quando il bene è entrato in funzione, e pertanto ha contribuito all’ottenimento di ricavi imponibili. Mentre ai fini civilistici è lasciata ampia discrezionalità all’estensore del bilancio, che deve redigere, in base agli elementi visti in precedenza, un piano di ammortamento, il 2° comma dell’art. 102 del TUIR stabilisce che in ogni esercizio sia deducibile una quota di ammortamento non superiore a quella risultante dall’applicazione al costo dei beni dei coefficienti stabiliti con decreto del ministro dell’economia e delle finanze. In pratica, con decreto ministeriale vengono indicati, in apposite tabelle, i coefficienti di ammortamento (cosiddette aliquote tabellari) da applicare ai diversi settori economici e alle diverse tipologie di beni. Viene inoltre previsto che per l’anno di entrata in funzione del bene (1° anno di utilizzo) l’aliquota tabellare massima applicabile è ridotta alla metà. È da notare che i coefficienti previsti dal decreto ministeriale (ridotti alla metà per il 1° anno) costituiscono il limite massimo per la deduzione delle quote di ammortamento; ciò significa che ai fini fiscali non è possibile dedurre ammortamenti superiori a quelli calcolati con i coefficienti stabiliti, ma il contribuente è libero di applicare un’aliquota di ammortamento inferiore, senza alcun limite minimo. Così, ad esempio, se per un determinato bene è prevista un’aliquota tabellare di ammortamento del 20%, per il primo esercizio l’impresa potrà dedurre una quota di ammortamento non superiore al 10%, mentre a partire dal secondo anno si potranno dedurre ammortamenti non superiori al 20%. I criteri di valutazione 499 È importante considerare il rapporto tra ammortamento determinato ai fini civilistici e ammortamento fiscalmente deducibile. Occorre chiarire, innanzi tutto, che nel bilancio di esercizio si deve indicare l’ammortamento civilistico, cioè quello determinato sulla base del piano di ammortamento predisposto tenendo conto dei tre elementi visti in precedenza (valore da ammortizzare, vita utile e criterio di ammortamento). In sede di dichiarazione dei redditi, occorre verificare se gli ammortamenti civilistici indicati in bilancio risultano deducibili per la determinazione della base imponibile. In concreto si possono verificare due casi: - l’ammortamento civilistico risulta uguale o inferiore a quello massimo fiscale; - l’ammortamento civilistico risulta maggiore di quello massimo fiscale. Nel primo caso non si evidenzia alcun problema, in quanto l’ammortamento civilistico, non superando il limite massimo di deducibilità, viene riconosciuto anche dal punto di vista fiscale. In questa ipotesi si verifica la coincidenza tra ammortamento civilistico e ammortamento fiscale. Così, ad esempio, supponendo che un determinato bene debba essere ammortizzato dal punto di vista civilistico in 10 anni a quote costanti (aliquota civilistica 10%), mentre l’aliquota fiscale prevista dalle tabelle ministeriali sia pari al 20%, il relativo piano di ammortamento civilistico si presenterebbe come segue: 1° anno: 10% 2° anno: 10% 3° anno: 10% 4° anno: 10% 5° anno: 10% 6° anno: 10% 7° anno: 10% 8° anno: 10% 9° anno: 10% 10° anno: 10% 500 Capitolo XV In questo caso, viene riconosciuta la deducibilità fiscale degli ammortamenti sopraindicati, in quanto gli stessi non superano i limiti massimi indicati nella tabella ministeriale. In particolare, nel primo anno l’aliquota civilistica è pari al 10% e risulta uguale al limite massimo fiscalmente deducibile (50% dell’aliquota tabellare del 20% = 10%), mentre nei restanti nove anni (dal 2° al 10°) l’ammortamento determinato in bilancio ai fini civilistici (10%) risulta inferiore al limite massimo fiscale (20%) e pertanto risulta pienamente deducibile. Nel caso in cui l’ammortamento civilistico risulti maggiore di quello massimo fiscale, invece, si crea una differenza trai due valori, con la conseguente necessità di dover operare delle variazioni in sede di dichiarazioni dei redditi per tenere conto delle diverse regole previste dal codice civile e dal TUIR. Se, ad esempio, un bene presenta una vita utile di 4 anni e viene ammortizzato dal punto di vista civilistico a quote costanti (aliquota civilistica 25%), mentre l’aliquota fiscale prevista nelle tabelle ministeriali è del 20%, gli ammortamenti civilistici e fiscali avrebbero il seguente sviluppo: Ammortamenti civilistici 1° anno: 25% 2° anno: 25% 3° anno: 25% 4° anno: 25% Ammortamenti fiscali 1° anno: 10% 2° anno: 20% 3° anno: 20% 4° anno: 20% 5° anno: 20% 6° anno: 10% Si può notare come lo sviluppo del piano di ammortamento civilistico e di quello fiscale sia differente. Nel primo anno l’ammortamento iscritto in bilancio è pari al 25% e risulta superiore rispetto al limite massimo ammesso in deduzione (10%). Ne consegue che in sede di dichiarazione dei redditi una parte dell’ammortamento civilistico (25% 10% = 15%) non verrà ammessa in deduzione, generando un incremento della base imponibile (variazione in aumento). Anche per gli anni dal 2° al 4° si riscontra un ammortamento civilistico (25%) superiore a quello fiscale (20%), con la conseguenza di dover operare una variazione in aumento della base imponibile per la parte non ammessa in deduzione (25% - 20% = 5%). I criteri di valutazione 501 Alla fine del 4° anno, l’ammortamento civilistico risulta completato, mentre l’ammortamento fiscale è stato dedotto solo per il 70% del valore del bene (10% + 20% + 20% + 20% = 70%). Ciò significa che se l’impresa continua ad utilizzare il bene, non dovrà rilevare in bilancio alcuna quota di ammortamento (ai fini civilistici il bene è stato interamente ammortizzato), mentre in sede di dichiarazione dei redditi occorrerà tenere conto della deduzione fiscale degli ammortamenti, riducendo la base imponibile con un’opportuna variazione in diminuzione (20% per il 5° anno e 10% per il 6° anno). In pratica, i minori ammortamenti dedotti nei primi quattro anni danno luogo, negli stessi anni, a variazioni in aumento in sede di dichiarazione dei redditi che vengono recuperate (riassorbite) nel 5° e nel 6° anno da variazioni in diminuzione. Pertanto, le diverse regole che stanno alla base della determinazione degli ammortamenti civilistici e di quelli fiscali possono determinare degli sfasamenti temporanei tra valori contabili e tributari, destinati ad essere riassorbiti in futuro (cosiddetto effetto reversal). Una regola particolare è prevista dal comma 5 dell’art. 102 del TUIR per le immobilizzazioni materiali di importo limitato. La norma prevede, infatti, che i beni di costo unitario non superiore a 516,46 euro possano essere dedotti integralmente nell’esercizio in cui avviene l’acquisto, in alternativa alla normale deduzione di quote di ammortamento calcolate sulla base delle aliquote tabellari. Il comma 4 dell’art. 102 del TUIR stabilisce che in caso di eliminazione del cespite, il costo residuo non ancora ammortizzato è ammesso in deduzione. Se, ad esempio, viene ceduto al prezzo di 30 un cespite avente un costo storico di 100 e ammortizzato fiscalmente per 80, soltanto 10 concorrerà a tassazione come plusvalenza; infatti dal ricavo di vendita di 30 viene dedotto il costo non ancora ammortizzato di 20. È chiaro che se il prezzo di vendita risulta inferiore al valore residuo, la differenza esprime una minusvalenza deducibile. Tornando all’esempio precedente, se il bene fosse venduto al prezzo di 15, la parte del valore residuo non coperta dal ricavo di eliminazione (20 – 15 = 5) sarebbe dedotta come minusvalenza. Per quanto riguarda il valore delle immobilizzazioni da considerare ai fini fiscali, si riscontra una sostanziale coincidenza con le norme civilistiche. Infatti, l’art. 110, comma 1, lett.a) del TUIR stabilisce che il costo è assunto al lordo delle quote di ammortamento, mentre la successiva 502 Capitolo XV lett. b) stabilisce che nel costo sono compresi gli oneri accessori mentre sono esclusi gli interessi passivi e le spese generali. Peraltro, la stessa lett. b) del 1° comma dell’art. 110 ammette la possibilità di considerare nel costo gli interessi passivi capitalizzati in bilancio relativi ai beni materiali e immateriali strumentali per l’esercizio dell’impresa. La disciplina fiscale delle spese di manutenzione Il comma 6 dell’art. 102 del TUIR disciplina il trattamento fiscale delle spese di manutenzione. Per quanto riguarda le manutenzioni capitalizzate non ci sono particolari problemi: il costo, così come incrementato dagli interventi migliorativi, viene riconosciuto anche ai fini fiscali. Ciò significa che gli ammortamenti fiscalmente deducibili saranno calcolati sul costo storico del bene maggiorato dalle spese di manutenzione capitalizzate. Per quanto riguarda, invece, le spese di manutenzione e riparazione sostenute per ripristinare e/o mantenere la funzionalità dei beni, occorre fare la distinzione tra costi sostenuti su beni di proprietà di terzi (ad esempio locali in affitto) e costi sostenuti su beni aziendali. Nel primo caso le spese di manutenzione sostenute nell’esercizio e imputate nel Conto Economico risultano interamente deducibili senza alcuna limitazione. Per quanto riguarda, invece, le spese di manutenzione sostenute nell’esercizio su beni di proprietà dell’impresa, il comma 6 dell’art. 102 TUIR stabilisce un limite massimo di deduzione, pari al 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili iscritti nel libro cespiti all’inizio dell’esercizio. Per le imprese di nuova costituzione il riferimento per il primo anno sarà dato dal costo complessivo dei beni materiali iscritti nel libro cespiti alla fine dell’esercizio. L'eventuale eccedenza rispetto al limite del 5% del costo complessivo dei beni ammortizzabili iscritti nel libro cespiti è deducibile nella dichiarazione dei redditi in quote costanti nei successivi 5 anni. Un semplice esempio chiarirà meglio il meccanismo di deduzione previsto dal TUIR. Si supponga che il costo complessivo dei beni ammortizzabili iscritti nel libro cespiti di un’impresa all’inizio dell’esercizio sia pari a 1.000. Il limite massimo (plafond di deducibilità) delle spese di manutenzione deducibili sarà pari a 50 (1.000 ×5% = 50). I criteri di valutazione 503 Se le spese di manutenzione su beni di proprietà iscritte nel Conto Economico non risultano superiori a 50 (ad esempio 30), l’intero importo sarà deducibile nell’esercizio: si verifica la perfetta coincidenza tra le spese di manutenzione di competenza dell’esercizio e quelle che risultano deducibili. Se, invece, le spese di manutenzione risultano superiori al limite massimo previsto dalla normativa fiscale, ad esempio ammontano a 60, solo una parte risulta deducibile nell’esercizio (50), mentre l’eccedenza (10) non verrà ammessa in deduzione, generando un incremento della base imponibile (variazione in aumento) in sede di dichiarazione dei redditi. Peraltro, tale eccedenza verrà recuperata deducendo quote costanti nei successivi 5 anni. In particolare, nei 5 anni successivi si provvederà a ridurre la base imponibile, attraverso una variazione in diminuzione, per un importo pari a 2 (10/5 = 2). Si può notare che il differente trattamento previsto dalla normativa fiscale rispetto a quella civilistica comporta una divergenza temporanea tra valori contabili e valori deducibili: tale divergenza, che si determina il primo anno attraverso una variazione in aumento della base imponibile, viene riassorbita progressivamente nei 5 anni successivi attraverso variazioni in diminuzione (effetto reversal). L’ultima parte del 6° comma dell’art. 102 TUIR specifica che risultano interamente deducibili i canoni periodici corrisposti contrattualmente a terzi per la manutenzione di determinati beni di proprietà dell’impresa. In questo caso, il costo dei beni oggetto dei contratti di manutenzione specifica non va computato per il calcolo del plafond di deducibilità. Il trattamento fiscale delle plusvalenze L’art. 86 TUIR disciplina il trattamento fiscale delle plusvalenze patrimoniali. Le plusvalenze dei beni relativi all’impresa concorrono alla determinazione della base imponibile se sono realizzate mediante cessione a titolo oneroso, risarcimento assicurativo nonché assegnazione ai soci o destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa degli stessi beni. 504 Capitolo XV La plusvalenza è data dalla differenza tra il corrispettivo o il risarcimento ottenuto, al netto di oneri accessori diretti, e il costo non ammortizzato del bene. Il comma 4 dell’art. 86 TUIR stabilisce che le plusvalenze concorrono alla determinazione della base imponibile nell’esercizio in cui vengono realizzate; tuttavia se si riferiscono a beni che l’impresa ha posseduto per un periodo non inferiore a tre anni, le plusvalenze possono essere tassate, a scelta del contribuente, in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi, ma non oltre il quarto. Pertanto, in quest’ultimo caso il contribuente ha la facoltà di scegliere la modalità di tassazione che ritiene preferibile, potendo optare per la tassazione integrale nell’esercizio o per la tassazione frazionata da 2 fino ad un massimo di 5 anni, compreso l’esercizio in cui avviene il realizzo. Se la tassazione avviene integralmente nell’esercizio, si verifica perfetta coincidenza tra il trattamento contabile e il trattamento fiscale, in quanto la plusvalenza concorre alla determinazione della base imponibile nello stesso esercizio in cui viene imputata per competenza economica. Se, invece, si opta per la tassazione frazionata, ricorrendone i presupposti, si crea una divaricazione tra valori contabili (la plusvalenza imputata per competenza economica nell’esercizio del conseguimento) e valori che concorrono a tassazione (la quota di plusvalenza che partecipa alla determinazione della base imponibile). Si consideri il seguente esempio. Nell’esercizio n si realizza una plusvalenza di 100 relativa alla dismissione di un cespite posseduto dall’impresa per più di tre anni e si opta per la tassazione a quote costanti in 5 anni. Dal punto di vista contabile, la plusvalenza rappresenta un componente positivo di reddito di competenza dell’esercizio n, mentre partecipa alla formazione della base imponibile per un periodo di 5 anni (dall’anno n all’anno n+4). In particolare, nel primo anno soltanto 1/5 della plusvalenza, per una quota pari a 20 (100/5 = 20), viene tassato: pertanto in sede di dichiarazione dei redditi occorre ridurre la base imponibile di 80, cioè l’importo che concorrerà a tassazione negli esercizi successivi, attraverso una variazione in diminuzione. Nei quattro esercizi successivi, avverrà la tassazione di una quota della plusvalenza pari a 20: si rende necessario eseguire una variazione in aumento di pari importo in sede di dichiarazione dei redditi. I criteri di valutazione 505 Anche in questo caso, come già segnalato per gli ammortamenti e le spese di manutenzione eccedenti il limite di deducibilità fiscale, il differente trattamento previsto dalla normativa fiscale rispetto a quella civilistica comporta una divergenza temporanea tra valori contabili e valori fiscalmente rilevanti. Nella fattispecie ora esaminata, la divergenza, che si determina il primo anno attraverso una variazione in diminuzione della base imponibile, viene riassorbita progressivamente nei 4 anni successivi attraverso variazioni in aumento (effetto reversal). 506 Capitolo XV 15.3. Le immobilizzazioni economici immateriali: aspetti civilistici ed Definizione e classificazione Le immobilizzazioni immateriali rappresentano costi ad utilità pluriennale, cioè, per usare l’espressione del codice civile, «elementi patrimoniali destinati ad essere durevolmente utilizzati» e caratterizzati dalla mancanza di tangibilità. Tali immobilizzazioni possono essere suddivise in tre differenti categorie: - oneri pluriennali; - beni immateriali; - avviamento. Ogni categoria indicata raggruppa immobilizzazioni immateriali aventi caratteristiche economiche similari che determinano, conseguentemente, un trattamento contabile omogeneo. In estrema sintesi, gli oneri pluriennali rappresentano costi che non si estrinsecano nell’acquisto di beni o diritti cedibili a terze economie, ma che, in determinate condizioni, possono essere considerati di utilità per l’impresa per più esercizi. Si tratta dei costi di impianto e ampliamento e dei costi di sviluppo14. I beni immateriali si concretizzano in veri e propri beni economici o diritti aventi utilità pluriennale che possono essere anche oggetto di negoziazione in transazioni con terze economie. Lo schema di Stato Patrimoniale previsto dall’art. 2424 del codice civile indica le seguenti voci relative ai beni immateriali: diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno, concessioni, licenze, marchi e diritti simili. L’avviamento, infine, scaturisce dal maggior prezzo pagato per l’acquisizione di un’azienda rispetto al valore del suo patrimonio netto espresso a valori correnti. Per il contenuto analitico delle singole poste contabili relative alle immobilizzazioni immateriali, s rinvia al capitolo sugli schemi di bilancio. 14 Con le modifiche apportate alle norme del codice civile dal D.Lgs. 139/2015 non è più possibile capitalizzare i costi di ricerca e i costi di pubblicità. Pertanto, tutti i costi sostenuti dall’impresa aventi tale natura devono essere obbligatoriamente imputati a Conto Economico. I criteri di valutazione 507 Valore di iscrizione in bilancio e rilevazione Anche per le immobilizzazioni immateriali occorre fare riferimento al punto n. 1 dell’art. 2426 cod. civ., che stabilisce che le immobilizzazioni sono iscritte in bilancio al costo di acquisto, se acquisite esternamente da terze economie, o al costo di produzione, se realizzate internamente, al netto del relativo fondo di ammortamento. Come si è già visto per le immobilizzazioni materiali, il costo di acquisto comprende eventuali oneri accessori, mentre il costo di produzione comprende i costi diretti più l’eventuale quota di costi indiretti ragionevolmente imputabile alla realizzazione del cespite. Le immobilizzazioni immateriali, inoltre, possono essere acquisite a titolo di godimento (ad esempio attraverso il pagamento di un canone), mentre il principio contabile OIC 24 non ammette, a differenza di quanto previsto per le immobilizzazioni materiali, la rilevazione di immobilizzazioni immateriali acquisite a titolo gratuito. La ratio della disposizione va ricercata nel fatto che non si è sostenuto alcun costo di acquisto e risulta difficile individuare parametri attendibili per attribuire un valore alle immobilizzazioni ottenute gratuitamente 15. Non è possibile capitalizzare costi che in precedenti esercizi, per la mancanza dei requisiti necessari per la loro iscrizione tra le immobilizzazioni immateriali, sono stati imputati al Conto Economico. Ciò significa che nel caso di sostenimento continuativo di costi dello stesso tipo (ad esempio costi relativi ad un progetto di sviluppo), la capitalizzazione è consentita soltanto dal momento in cui si verifica la sussistenza di tutte le condizioni richieste per l’esistenza di un’immobilizzazione immateriale. La rilevazione tra le immobilizzazioni dei beni immateriali è subordinata alla possibilità di identificarli individualmente e di determinare il loro costo con sufficiente attendibilità. Per quanto riguarda l’avviamento e, in modo particolare, gli oneri pluriennali, le condizioni previste per la capitalizzazione sono più stringenti rispetto a quelle indicate per i beni immateriali. 15 Cfr. ORGANISMO ITALIANO DI CONTABILITÀ, Principi contabili, OIC 24, Immobilizzazioni immateriali, 2014, par.49. 508 Capitolo XV Infatti, l’aleatorietà che caratterizza spesso tali oneri suggerisce, in applicazione del principio di prudenza, un’attenta valutazione sulla loro effettiva utilità pluriennali e sulla loro recuperabilità futura. Il costo delle immobilizzazioni immateriali deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio tenendo conto della residua possibilità di utilizzazione. La norma civilistica prevede la necessità di ridurre il valore di un’immobilizzazione attraverso una svalutazione se alla chiusura dell’esercizio il suo valore risulta durevolmente inferiore al valore di bilancio. Peraltro, come già visto per le immobilizzazioni materiali, tale svalutazione non può essere mantenuta se sono venute meno le ragioni della sua attuazione. Capitalizzazione oneri finanziari Come regola generale, gli oneri finanziari rappresentano costi da imputare al Conto Economico, in quanto costi legati alla modalità di finanziamento dell’impresa nel suo complesso. Tuttavia, in limitati casi, è ammessa la capitalizzazione degli oneri finanziari purché si rispettino alcune condizioni. In particolare, il principio contabile nazionale OIC 24, con riferimento alle immobilizzazioni immateriali, prevede che il limite della capitalizzazione degli oneri finanziari sia rappresentato dal valore recuperabile del cespite, rinviando alle indicazioni previste dall’OIC 16 per le immobilizzazioni materiali per quanto riguarda la misura e i requisiti per la capitalizzazione16. 16 Si ricorda che le condizioni stabilite dall’OIC 16 per la capitalizzazione degli oneri finanziari sono le seguenti: - gli oneri finanziari sono stati effettivamente sostenuti, sono determinabili in modo oggettivo e risultano recuperabili; - gli oneri finanziari capitalizzabili possono riferirsi a finanziamenti specificamente ottenuti per la realizzazione in economia di cespiti (cosiddetti “finanziamenti di scopo”) oppure a finanziamenti generici. In quest’ultimo caso gli interessi capitalizzabili si determinano applicando ai costi sostenuti il tasso medio ponderato dei finanziamenti in essere nell’esercizio ; - il bene richiede un periodo di costruzione significativo (che va dall'esborso ai fornitori al momento in cui il cespite è pronto per l'uso). I criteri di valutazione 509 In ogni caso, i principi contabili affermano che la scelta di capitalizzare gli oneri finanziari deve essere applicata in modo costante nel tempo 17. L’ammortamento Come già visto per le immobilizzazioni materiali, l’ammortamento rappresenta il processo contabile mediante il quale un costo pluriennale viene ripartito tra gli esercizi che esprimono la sua vita utile. Anche l’ammortamento delle immobilizzazioni immateriali deve essere determinato in modo sistematico, utilizzando piani di ammortamento a quote costanti o, in taluni casi, quando lo si ritenga più coerente con il contributo fornito dal cespite in termini di benefici economici, a quote decrescenti o con altri metodi basati su altri parametri quantitativi18. In ogni caso non è possibile utilizzare metodi a quote crescenti, né contabilizzare gli ammortamenti in relazione ai risultati economici conseguiti nei vari esercizi19. Il processo di ammortamento, le cui caratteristiche sono già state evidenziate nel paragrafo relativo alle immobilizzazioni materiali, ha inizio quando l’immobilizzazione immateriale è, a seconda dei casi, disponibile per l’utilizzo ovvero è in grado di generare benefici per l’impresa. Ai fini della determinazione delle quote di ammortamento, si assume che il valore residuo di un onere pluriennale sia sempre nullo, mentre per i beni immateriali si presume che il valore residuo sia pari a zero a meno che non si verifichino alcune condizioni20. 17 Cfr. ORGANISMO ITALIANO DI CONTABILITÀ, Principi contabili, OIC 24, Immobilizzazioni immateriali, 2014, par. 34. 18 Si veda: ORGANISMO ITALIANO DI CONTABILITÀ, Principi contabili, OIC 24, Immobilizzazioni immateriali, 2014, par. 82. 19 Ibidem, par. 83. 20 Ibidem, par. 84. In particolare, le condizioni per poter attribuire ad un bene immateriale un valore residuo diverso da zero sono le seguenti: esiste un impegno da parte di terzi ad acquistare il bene al termine della sua vita utile; è probabile che al termine della vita utile del bene continuerà ad esistere un mercato, presente al momento della stima, dal quale trarre una valutazione at- 510 Capitolo XV È solo il caso di ricordare che per gli oneri pluriennali e l’avviamento, il cui periodo di utilità ritraibile dall’impresa è difficilmente valutabile, sono previsti dalle norme del codice civile dei parametri di riferimento per individuare il periodo di ammortamento. Per l’ammortamento dei beni immateriali, invece, si deve considerare la vita utile stimata, tenendo conto, in alcuni casi, anche dei periodi di sfruttamento economico o di tutela giuridica previsti dalle norme di legge o contrattuali (si pensi, ad esempio, ad un brevetto o ad una concessione). Il tema delle regole per il calcolo degli ammortamenti sarà approfondito successivamente in sede di esame delle diverse tipologie di immobilizzazioni immateriali. Reintegrazione economica delle quote di ammortamento e svalutazioni per perdite durevoli di valore La logica del recupero del valore degli investimenti rappresentati dalle immobilizzazioni immateriali è del tutto analoga a quella già indicate per le immobilizzazioni materiali. In questa sede si ricorda soltanto che la svalutazione di un’immobilizzazione immateriale si rende necessaria quando il suo valore non risulta recuperabile secondo le modalità che saranno analizzate successivamente. Rivalutazioni da leggi speciali In alcuni casi le leggi speciali possono consentire la rivalutazione di talune tipologie di immobilizzazioni immateriali, tipicamente quelle rappresentate dai beni immateriali. Valgono in proposito le considerazioni già svolte con riferimento alle immobilizzazioni materiali. tendibile del valore realizzabile dall’alienazione del bene al termine della sua vita utile. I criteri di valutazione 511 Gli oneri pluriennali Gli oneri pluriennali rappresentano una particolare categoria di immobilizzazioni immateriali relative a costi giudicati di utilità pluriennale che non si concretizzano nell’acquisto o produzione interna di beni o diritti. Si tratta dei costi di impianto e ampliamento e dei costi di sviluppo. Tali oneri hanno la caratteristica di non essere separabili dall’impresa che li ha sostenuti: pertanto non possono essere oggetto di alienazione a terze economie 21. Per questa loro caratteristica, unitamente ad una elevata difficoltà nel valutare concretamente la loro utilità, il legislatore nazionale ha previsto, per la capitalizzazione ed iscrizione tra le immobilizzazioni immateriali di tali oneri, condizioni piuttosto restrittive. In primo luogo, va attentamente verificata la possibilità di tali oneri di attribuire all’impresa un’utilità per più esercizi. Pertanto, in base alle disposizioni civilistiche l’iscrizione di tali oneri tra le immobilizzazioni immateriali rappresenta una facoltà e non un obbligo. In particolare, l’iscrizione tra le immobilizzazioni immateriali è subordinata ad un’attendibile valutazione dell’utilità pluriennale, mentre 21 La mancanza del controllo da parte dell’impresa, nonché dell’identificabilità e della separabilità degli oneri, che risultano inscindibilmente legati all’impresa che li ha sostenuti, stanno alla base del divieto di capitalizzare tali costi in base alle indicazioni dei principi contabili internazionali (IAS 38). Come regola generale, pertanto, i costi di impianto e di ampliamento e i costi di sviluppo vengono immediatamente iscritti, per il loro intero ammontare, nel Conto Economico. Un’eccezione a questa regola è prevista dagli IAS/IFRS per i costi di sviluppo, che possono essere capitalizzati se si dimostra la fattibilità tecnica della realizzazione dell’attività immateriale, la capacità di ottenere benefici economici futuri attraverso l’utilizzo o l’alienazione a terzi, la disponibilità di risorse adeguate per completare lo sviluppo e la capacità di determinare in modo attendibile il costo attribuibile all’attività. È opportuno segnalare che l’introduzione del D.Lgs. 139/2015 ha ristretto il novero dei costi che possono essere capitalizzati come oneri pluriennali, avvicinando le norme previste dal codice civile alle disposizioni previste dai principi contabili internazionali IAS/IFRS. Infatti, secondo le disposizioni civilistiche possono essere capitalizzati, come oneri pluriennali, soltanto i costi di impianto e ampliamento e i costi di sviluppo, mentre non possono essere più capitalizzati i costi di ricerca e quelli di pubblicità, che devono essere imputati al Conto Economico. 512 Capitolo XV in assenza di tale condizione gli oneri dovranno essere imputati interamente al Conto Economico. In pratica, il legislatore italiano lascia una discrezionalità tecnica al redattore del bilancio nel valutare la sussistenza o meno dell’utilità pluriennale Per quanto riguarda le indicazioni previste dai principi contabili nazionali, l’OIC 24 prevede la possibilità di capitalizzare le tipologie di costo sopraindicate al verificarsi delle seguenti condizioni22: - è dimostrata la loro utilità futura; - è possibile individuare una correlazione oggettiva tra gli oneri sostenuti e i benefici di cui potrà godere l’impresa; - è possibile stimare con ragionevole certezza la loro recuperabilità, facendo prevalere, vista l’aleatorietà che spesso caratterizza questa valutazione, il principio di prudenza. Altra condizione richiesta dalla normativa civilistica per la capitalizzazione è rappresentata dal consenso del collegio sindacale, ove esistente. Tale norma ha lo scopo di evitare che gli amministratori, utilizzando la discrezionalità tecnica, possano effettuare capitalizzazioni “di comodo”, per migliorare il risultato economico, provvedendo ad iscrivere tra le immobilizzazioni immateriali costi sprovvisti di utilità pluriennale per l’impresa. Inoltre, date le caratteristiche di aleatorietà che riguardano tali tipologie di costi, il legislatore ha previsto un periodo di ammortamento convenzionale e sufficientemente breve. Più specificamente, per i costi di impianto e ampliamento è previsto che l’ammortamento debba essere completato e in un periodo non superiore ai 5 anni. Per i costi di sviluppo, invece, è previsto l’ammortamento secondo la loro vita utile o, se questa non risulta stimabile in modo attendibile, in un periodo non superiore a 5 anni. Infine, la norma civilistica stabilisce che fino a quando l’ammortamento degli oneri pluriennali non è terminato non si possono distribuire utili, a meno che non vi siano riserve disponibili di ammontare almeno pari al costo residuo degli stessi oneri. Tale limite è posto dal codice civile a salvaguardia dell’integrità del capitale, per evitare la possibile distribuzione di utili sui quali grava un Cfr. ORGANISMO ITALIANO DI CONTABILITÀ, Principi contabili, OIC 24, Immobilizzazioni immateriali, 2014, par. 35. 22 I criteri di valutazione 513 notevole livello di incertezza con riferimento alla loro effettiva realizzazione. Infatti, l’effetto della capitalizzazione di un costo è quello di migliorare il risultato economico di esercizio; pertanto, vista la già più volte ricordata aleatorietà insita nella valutazione dell’utilità degli oneri pluriennali, la norma in esame ha lo scopo di evitare la distribuzione di una quota di utile pari a quella determinata per effetto della capitalizzazione. Un esempio chiarirà meglio la finalità e la portata della norma. Si consideri un’impresa che per l’esercizio n presenti i seguenti dati: ricavi di competenza 10.000; costi di competenza 9.000; costi di sviluppo 100. Se i costi di sviluppo vengono considerate costi di periodo, non sussistendo i requisiti per la loro capitalizzazione, il risultato economico dell’impresa per l’esercizio n sarà pari a 900 (10.000 – 9.000 – 100). Se, invece, rispettando le condizioni riportate precedentemente, i costi di sviluppo vengono considerati oneri pluriennali, e quindi capitalizzati, sul Conto Economico dell’esercizio n non graverà l’intero costo (100), ma soltanto la quota di ammortamento (100/5 = 20, ipotizzando un ammortamento in 5 esercizi). In questo caso il risultato economico dell’impresa per l’anno n sarebbe pari a 980 (10.000 – 9.000 – 20). In pratica, la capitalizzazione comporta un incremento del risultato economico pari al costo capitalizzato al netto dell’ammortamento (costo residuo non ancora ammortizzato). Tale incremento, in assenza di riserve disponibili almeno di pari importo, non può essere distribuito per le motivazioni menzionate in precedenza e dovrà essere accantonato, in sede di riparto dell’utile di esercizio, ad un’apposita riserva. Per quanto riguarda la descrizione delle singole voci inserite nelle poste degli oneri pluriennali, si rimanda a quanto indicato nella parte relativa al contenuto dello Stato Patrimoniale. Di seguito ci si limiterà ad evidenziare i principali aspetti relativi al processo di valutazione di tali tipologie di immobilizzazioni immateriali. I costi di impianto si riferiscono alla costituzione della società (ad esempio parcella notarile, consulenze, tributi vari legati alla costituzione), nonché alla costituzione dell’azienda, intesa come organizzazione di beni e persone (ad esempio costi per organizzare e rendere operativa 514 Capitolo XV la struttura aziendale, spese per le ricerche di mercato, spese relative all’addestramento iniziale del personale). I costi di ampliamento si riferiscono ad oneri non sostenuti in maniera ricorrente e che si riferiscono ad un allargamento dell’attività dell’impresa (ampliamento della società e dell’azienda). A rigore, i costi di impianto (e, per certi versi, anche quelli di ampliamento) si riferiscono all’intera vita dell’impresa, in quanto sostenuti per costituire (o ampliare) l’attività di un istituto economico destinato a perdurare nel tempo. Data l’indeterminatezza della durata dell’impresa, il legislatore ha stabilito un limite convenzionale per l’ammortamento di tali oneri pluriennali che, prudenzialmente, non deve superare i cinque anni. Per quanto riguarda i costi di sviluppo, occorre fare una distinzione, non sempre agevole nella pratica, con i costi di ricerca. I costi di ricerca, sia di base sia applicata, non possono essere capitalizzati e indicati tra gli oneri pluriennali. I costi relativi alla ricerca di base sono finalizzati alla pura conoscenza senza un orientamento ben definito a specifici progetti e hanno un’utilità generica per l’impresa, mentre i costi relativi alla ricerca applicata hanno una finalizzazione ad uno specifico progetto (prodotto o processo produttivo). In entrambi i casi rappresentano costi di periodo da imputare per competenza economica nell’esercizio del loro sostenimento. I costi di sviluppo, infine, si riferiscono alla fase di applicazione dei risultati della ricerca prima dell’avvio della produzione commerciale. I costi di sviluppo sono capitalizzabili se rispettano le seguenti condizioni23: - i costi risultino identificabili e misurabili, nonché riferiti ad uno specifico progetto o prodotto; - i progetti ai quali i costi si riferiscono abbiano il requisito della fattibilità tecnica e l’impresa possieda le risorse per attuarli; - i costi sostenuti siano recuperabili attraverso i ricavi che l’impresa potrà ottenere dall’applicazione dei progetti specifici. Esempi di costi capitalizzabili come oneri pluriennali relativi allo sviluppo possono essere24: - spese per il personale impegnato nei progetti; Cfr. ORGANISMO ITALIANO DI CONTABILITÀ, Principi contabili, OIC 24, Immobilizzazioni immateriali, 2014, par. 45. 24 Cfr. Ibidem, par. 44. 23 I criteri di valutazione 515 - oneri relativi a materiali e servizi utilizzati per i progetti; ammortamenti di beni strumentali materiali (ad esempio immobili, impianti e macchinari) e immateriali (ad esempio brevetti e licenze) impiegati nell’attività di ricerca e sviluppo. I beni immateriali A differenza degli oneri pluriennali, per i quali la normativa civilistica prevede regole sintetiche ma precise (consenso del collegio sindacale per la capitalizzazione, ammortamento in un periodo massimo di 5 anni per i costi di impianto e ampliamento e per i costi di sviluppo aventi vita utile non stimabile in modo attendibile, limiti alla distribuzione degli utili), per i beni immateriali non è stabilito uno specifico trattamento. Pertanto, per questa tipologia di attività immateriali vale la disposizione generale secondo cui le immobilizzazioni devono essere iscritte al costo di acquisto o di produzione e, se di durata limitata nel tempo, devono essere sistematicamente ammortizzate in base alla residua possibilità di utilizzazione. Il differente trattamento si spiega con il fatto che i beni immateriali non hanno le caratteristiche di aleatorietà tipiche degli oneri pluriennali; rappresentano, infatti, veri e propri beni, tutelati giuridicamente, separabili e controllabili dall’impresa che può anche decidere di cederli a terze economie. Per quanto riguarda le caratteristiche delle singole poste ricomprese nella categoria dei beni immateriali, si rimanda alla parte relativa al contenuto dello Stato Patrimoniale. Di seguito verranno esaminati gli aspetti principali che sono legati alla valutazione dei beni immateriali. Il principio contabile nazionale OIC 24 richiede per l’iscrizione dei beni immateriali tra le attività dello Stato Patrimoniale le seguenti condizioni25: - i beni devono essere identificabili individualmente; - il loro costo è stimabile con sufficiente attendibilità. 25 Si veda: ORGANISMO ITALIANO DI CONTABILITÀ, Principi contabili, OIC 24, Immobilizzazioni immateriali, 2014, par. 48. 516 Capitolo XV Per quanto riguarda le singole poste contabili riferite ai beni immateriali, i diritti di brevetto industriale sono tutelati giuridicamente in quanto attribuiscono all’impresa il diritto esclusivo di sfruttamento entro i limiti di tempo stabiliti dalla legge. Peraltro, occorre precisare che l’ottenimento della tutela giuridica di un brevetto non è sufficiente per l’iscrizione del costo sostenuto tra le immobilizzazioni immateriali, in quanto occorre verificare l’effettiva possibilità di utilizzo e di economico sfruttamento dello stesso. Un brevetto può essere acquisito a titolo originario, cioè realizzato internamente, oppure può essere acquistato da terze economie . Nel primo caso, si provvede alla capitalizzazione del costo di produzione e dei costi relativi alla domanda e all’ottenimento del brevetto, a patto che risultino recuperabili.. Peri brevetti acquistati da terze economie a titolo oneroso si provvederà ad iscrivere in bilancio il costo di acquisto comprensivo di eventuali oneri accessori. Se a fronte del’acquisizione del brevetto è previsto il pagamento di somme annuali durante il periodo di utilizzo, queste rappresentano costi di competenza economica di ciascun esercizio, da imputare nel Conto Economico, e soltanto l’eventuale importo pagato una tantum al momento del trasferimento può essere capitalizzato e iscritto tra le immobilizzazioni immateriali. La dottrina prevalente ritiene che possano essere inseriti nella posta contabile in oggetto anche i brevetti trasferiti attraverso licenza d’uso, purché, ovviamente, sia previsto il pagamento di una somma riferita all’intero periodo di utilizzo e non la corresponsione di canoni annuali (che devono essere imputati a Conto Economico). Il costo (di acquisto o di produzione) dei brevetti, come già evidenziato, deve essere sistematicamente ammortizzato tenendo conto della residua possibilità di utilizzazione. Il periodo da considerare per l’ammortamento del costo deve tenere in considerazione la durata della tutela giuridica del brevetto, nonché il suo grado di obsolescenza che incide sulla capacità dello stesso di garantire utilità economica all’impresa titolare del diritto. In altri termini, se, ad esempio, un brevetto risulta tutelato giuridicamente per un periodo di 20 anni, ma l’impresa, in base ai programmi e all’esperienza relativa al grado di obsolescenza che caratterizza il settore in cui opera, ritiene di poter sfruttare economicamente il bene im- I criteri di valutazione 517 materiale per un periodo inferiore (ad esempio 15 anni), l’ammortamento dovrà essere completato entro quest’ultimo periodo. Si può pertanto sintetizzare il ragionamento esposto, affermando che l’ammortamento deve essere effettuato nel minor periodo tra quello relativo alla tutela giuridica e quello di effettiva e concreta utilità economica per l’impresa. Poiché l’ammortamento deve essere determinato in modo sistematico, si dovrà impostare un piano di ripartizione del costo pluriennale lungo la vita utile economica dell’immobilizzazione immateriale (piano di ammortamento). Si potrà, pertanto, adottare un criterio di ammortamento a quote costanti, oppure, in taluni casi, a quote decrescenti o facendo riferimento ad altri parametri quantitativi, se si ritiene che queste metodologie possano determinare una migliore correlazione tra il costo imputato in ciascun periodo e i benefici derivanti dall’utilizzo dei brevetti. I diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno sono tutelati giuridicamente nella misura in cui la rappresentazione intellettuale si estrinsechi in una comunicazione che può avvenire in varie forme (ad esempio, libro, opera cinematografica, ecc.). L’autore acquisisce il diritto a pubblicare e a utilizzare l’opera nei limiti previsti dalla legge al momento della creazione della stessa. La tutela giuridica ha effetto per tutta la vita dell’autore e si estende fino al settantesimo anno solare successivo alla sua morte, indipendentemente dal fatto che vi sia un’effettiva utilizzazione dell’opera. Peraltro, appare evidente che l’iscrizione tra le attività immateriali dei diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno possa avvenire soltanto nel caso in cui l’opera venga economicamente utilizzata e sia pertanto in grado di generare utilità per l’impresa. Per quanto riguarda i criteri di rilevazione in bilancio dei diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno, si deve fare riferimento al costo di produzione; in caso di realizzazione interna, e al costo di acquisto, in caso di acquisizione da terze economie, determinati con le modalità indicate in precedenza. Anche per la determinazione delle quote di ammortamento si rinvia a quanto scritto con riferimento ai brevetti. Le concessioni rappresentano provvedimenti della pubblica amministrazione con i quali si trasferiscono a terzi: - diritti su beni pubblici (ad esempio lo sfruttamento di beni demaniali); 518 Capitolo XV diritti relativi all’esercizio di attività proprie degli enti concedenti (ad esempio gestione di autostrade, servizi di trasporto, ecc.). Se per la concessione è previsto il pagamento di canoni annuali, gli stessi devono essere imputati al Conto Economico, mentre eventuali pagamenti una tantum, effettuati alla stipula della concessione, sono capitalizzati e iscritti tra le immobilizzazioni immateriali. L’ammortamento del costo capitalizzato sarà effettuato sulla base della durata prevista dalla concessione e della residua possibilità di utilizzazione. Le licenze costituiscono autorizzazioni da parte della pubblica amministrazione all’esercizio di specifiche attività regolamentate. Per la capitalizzazione dei costi sostenuti e per la determinazione delle quote di ammortamento valgono le considerazioni svolte per le concessioni. Il marchio rappresenta uno dei segni distintivi dell’impresa e può essere registrato o non registrato. Il marchio che possiede i requisiti di novità, originalità e liceità può essere registrato secondo le indicazioni previste dalla legge, ottenendo una particolare tutela giuridica. Anche il marchio non registrato, in presenza di particolari condizioni (preuso e sussistenza di un effettivo ruolo distintivo), può essere oggetto di una specifica tutela. Il marchio può essere prodotto internamente, oppure, più frequentemente, può essere acquistato da terze economie. Nel primo caso i costi capitalizzabili sono quelli sostenuti per la sua produzione secondo le modalità illustrate in precedenza. In caso di acquisto del marchio unitamente all’acquisizione dell’azienda, lo stesso dovrà essere iscritto in bilancio separatamente, nell’apposita posta delle immobilizzazioni immateriali, sulla base del suo valore corrente. Per quanto riguarda il periodo di ammortamento, i principi contabili nazionali prevedono che la ripartizione del costo pluriennale avvenga tenendo conto del periodo di produzione dei prodotti ai quali il marchio si riferisce. Se tale periodo non risulta prevedibile in modo attendibile, si dovrà procedere in ogni caso all’ammortamento entro il limite temporale di 20 anni26. - 26 Cfr. ORGANISMO ITALIANO DI CONTABILITÀ, Principi contabili, OIC 24, Immobilizzazioni immateriali, 2014, par. 90. I criteri di valutazione 519 L’avviamento Secondo la dottrina economico-aziendale l’avviamento si estrinseca nella capacità dell’impresa, in virtù della organizzazione dei fattori a sua disposizione, di realizzare utili in misura superiore a quella giudicata normale. In pratica, l’avviamento è determinato da un insieme di condizioni vantaggiose di carattere immateriale che portano ad un valore dell’impresa superiore rispetto a quello dei beni presenti nel suo capitale di funzionamento (attività), diminuito del valore dei debiti e degli altri valori passivi (passivi), cioè al valore rappresentato dal suo capitale netto. In sostanza, in presenza di condizioni di avviamento, il sistema aziendale vale più dell’insieme delle singole parti. Possibili fattori di avviamento sono: - localizzazione vantaggiosa; - presenza di un consolidato parco clienti; - notorietà dell’impresa sul mercato; - relazioni con i fornitori; - buona struttura organizzativa; - presenza di personale competente; - ecc. È opportuno chiarire la distinzione tra avviamento originario, o generato internamente, e avviamento derivativo o acquisito a titolo oneroso. Il primo si riferisce al complesso delle favorevoli condizioni immateriali che sono state generate nel tempo attraverso un’oculata ed efficiente organizzazione aziendale e non può essere iscritto in bilancio in quanto: - non risulta quantificabile e definibile in termini di oneri ad utilità differita; - rappresenta il valore attuale di utili potenziali, esprimendo la capacità futura dell’impresa di realizzare utili superiori a quelli giudicati normali. Soltanto l’avviamento acquisito a titolo oneroso (avviamento derivativo) può essere iscritto tra le immobilizzazioni immateriali. Tale tipologia di avviamento si manifesta in sede di acquisizione di un’azienda (ad esempio in seguito ad operazioni di cessione, conferimento, fusione, ecc.), quando il prezzo riconosciuto per trasferire l’impresa risulta 520 Capitolo XV superiore rispetto al patrimonio netto riespresso tenendo conto del valore corrente delle attività e delle passività aziendali. In realtà, il maggior prezzo pagato per il trasferimento dell’azienda rispetto all’entità del suo patrimonio netto espresso a valori correnti, deve essere attentamente valutato per verificare l’effettiva presenza di un avviamento. Infatti, la differenza in oggetto potrebbe anche essere dovuta ad un acquisto malaccorto (cattivo affare), rappresentando, in questo caso, un onere da imputare nel Conto Economico. Il principio contabile nazionale OIC 24 indica le seguenti condizioni per la capitalizzazione dell’avviamento27: - è stato acquisito a titolo oneroso (avviamento derivativo); - il suo valore è quantificabile, in quanto incluso nel corrispettivo pagato; - è costituito da oneri ad utilità differita in grado di generare benefici futuri per l’impresa; - il suo valore risulta recuperabile. La difficoltà e l’aleatorietà insita nella valutazione della sussistenza di un valore di avviamento, in seguito all’acquisizione a titolo oneroso di un’impresa, hanno indotto il legislatore civilistico a permettere l’iscrizione di tale posta tra le immobilizzazioni immateriali soltanto previo consenso del collegio sindacale, ove esistente. Dopo l’iscrizione in bilancio tra le poste dell’attivo, il codice civile prevede che l’avviamento deve essere sistematicamente ammortizzato in base alla sua vita utile o, se questa non è determinabile in modo attendibile, in un periodo non superiore a 10 anni. In ogni caso, in Nota integrativa occorre fornire una spiegazione del periodo di ammortamento prescelto. Altre immobilizzazioni immateriali Nella voce Altre immobilizzazioni immateriali trovano collocazione alcune tipologie di costi pluriennali che non possono essere ricomprese nelle poste contabili specificamente previste dallo schema di Stato PaCfr. ORGANISMO ITALIANO DI CONTABILITÀ, Principi contabili, OIC 24, Immobilizzazioni immateriali, 2014, par. 69. 27 I criteri di valutazione 521 trimoniale (ad esempio, diritti di usufrutto su azioni, costi di software applicativi prodotti internamente e non tutelati, costi accessori su finanziamenti, ecc.). In questa sede si vuole fare brevemente riferimento ai costi per migliorie e spese incrementative su beni di terzi e ai costi relativi ai software. I costi per migliorie su beni di terzi (ad esempio beni posseduti in locazione) si sostanziano in interventi in grado di aumentare la funzionalità dei cespiti ai quali si riferiscono (ad esempio aumento della capacità produttiva, della vita utile, della sicurezza, ecc.). Tali interventi possono avere una loro autonomia funzionale rispetto al cespite di proprietà di terzi. Si pensi, a titolo di esempio, a dei condizionatori che vengono installati all’interno di un fabbricato detenuto a titolo di locazione. I condizionatori rappresentano beni materiali dotati di autonomia funzionale, che possono essere successivamente smontati e posizionati in un altro stabile. In questo caso, i costi sostenuti per attuare la miglioria rappresentano beni strumentali, da iscrivere tra le immobilizzazioni materiali, che dovranno essere ammortizzati sulla base della loro vita utile. Se, invece, l’intervento non ha autonomia funzionale, in quanto diventa parte integrante del cespite al quale si riferisce, i costi sostenuti saranno capitalizzati come immobilizzazioni immateriali e ammortizzati nel periodo più breve tra quello di utilità futura delle spese e quello residuo della locazione. Per quanto riguarda i software occorre considerare le diverse tipologie e le diverse modalità con cui lo stesso può esser acquisito. I costi relativi al software di base sono capitalizzati unitamente al cespite cui si riferiscono, e sono ammortizzati tenendo conto della più breve tra la vita utile dello stesso software e quella del bene materiale. I costi relativi al software applicativo trovano normalmente collocazione nelle voci specifiche dei beni immateriali precedentemente esaminate. In particolare, i software acquistati a titolo di proprietà, a titolo di licenza d’uso a tempo indeterminato e quello tutelato prodotto per uso interno vengono iscritti nella voce B.I.3 dell’attivo dello Stato Patrimoniale, Diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno. Tali costi devono essere ammortizzati sulla base delle indicazioni fornite in precedenza per i diritti di brevetto e di utilizzazione delle opere dell’ingegno. 522 Capitolo XV I costi pagati una tantum per tutta la durata dei software acquistati a titolo di licenza d’uso a tempo determinato sono iscritti nella voce dell’attivo patrimoniale B.I.4, Concessioni, licenze, marchi e diritti simili e ammortizzati per la durata della licenza; gli eventuali canoni annuali sono imputati a Conto Economico. Infine, i costi relativi al software non tutelato prodotto per uso interno, se di utilità pluriennale, possono essere capitalizzati e iscritti nella voce B.I.7 dell’attivo di Stato Patrimoniale, Altre immobilizzazioni immateriali. Sono ammortizzati sulla base del prevedibile periodo della loro utilizzazione. 15.4. Le immobilizzazioni immateriali: aspetti fiscali Ammortamento dei beni immateriali L’art. 103 del TUIR stabilisce le regole per la deducibilità delle quote di ammortamento dei beni immateriali, tra i quali il legislatore fiscale inserisce anche l’avviamento. Per quanto riguarda i diritti di utilizzazione delle opere dell'ingegno, i diritti di brevetto industriale, i software e il know-how, il TUIR stabilisce la deducibilità di quote di ammortamento non superiori al 50% del costo. In pratica, è previsto un periodo minimo di ammortamento di due esercizi. È chiaro che l’impresa dovrà procedere in bilancio a rilevare l’ammortamento sulla base di valutazioni economiche, tenendo conto del periodo di concreto utilizzo dei beni immateriali in oggetto. Se il periodo di ammortamento civilistico è uguale o superiore ai due anni, le quote di ammortamento rilevate in bilancio saranno interamente deducibili; solo nell’ipotesi, peraltro poco probabile, che tali costi vengano considerati interamente di competenza dell’esercizio in chiusura, occorrerà effettuare una variazione in aumento a carattere temporaneo, con la conseguente contabilizzazione dell’IRES anticipata se ne ricorrono i presupposti. Il trattamento fiscale dei costi relativi ai diritti di concessione e degli altri diritti iscritti tra le immobilizzazioni immateriali (licenze, autorizzazioni, ecc.) segue sostanzialmente l’impostazione civilistica. Infatti, per tale tipologia di costi il TUIR prevede la deducibilità di quote di ammortamento determinate in base alla durata prevista dal contratto o dalle norme di legge. I criteri di valutazione 523 Infine, per i marchi e l’avviamento il legislatore fiscale prevede la possibilità di dedurre quote di ammortamento in misura non superiore a un diciottesimo del valore di tali immobilizzazioni immateriali. In pratica, si stabilisce un periodo minimo di ammortamento fiscale di 18 anni. È da notare che, contrariamente alla regola generale, secondo cui i valori civilistici iscritti nel bilancio di esercizio vengono riconosciuti ai fini della determinazione della base imponibile IRAP, la disciplina fiscale dell’ammortamento dei marchi e dell’avviamento trova applicazione anche con riferimento all’imposta regionale sulle attività produttive. Pertanto, la norma in oggetto può causare disallineamenti tra la norma civilistica e quella fiscale, sia ai fini IRES sia ai fini IRAP, soprattutto con riferimento all’avviamento. Per quest’ultimo, come si è visto, il codice civile stabilisce un periodo di ammortamento determinato in base alla vita utile o, se questa non è determinabile in modo attendibile, in un periodo non superiore a 10 anni. Pertanto, se l’ammortamento civilistico dell’avviamento si sviluppa secondo un periodo inferiore a quello minimo previsto dalla normativa fiscale, appare con evidenza la discrasia con le regole previste dal TUIR. Infatti, considerando a titolo esemplificativo un avviamento di € 36.000, da ripartire nella sua vita utile stimata in 5 esercizi, in sede di redazione del bilancio, i piani di ammortamento civilistico e fiscale si svilupperebbero nel seguente modo: Anni 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 Amm.to civilistico 7.200 7.200 7.200 7.200 7.200 ===== ===== ===== ===== ===== ===== ===== ===== Amm.to fiscale 2.000 2.000 2.000 2.000 2.000 2.000 2.000 2.000 2.000 2.000 2.000 2.000 2.000 Variazioni fiscali + 5.200 + 5.200 + 5.200 + 5.200 + 5.200 - 2.000 - 2.000 - 2.000 - 2.000 - 2.000 - 2.000 - 2.000 - 2.000 524 Capitolo XV 14 15 16 17 18 ===== ===== ===== ===== ===== 2.000 2.000 2.000 2.000 2.000 - 2.000 - 2.000 - 2.000 - 2.000 - 2.000 Come è facile verificare, per i primi 5 esercizi le quote di ammortamento civilistico (7.200) risultano superiori rispetto al limite massimo deducibile ai fini IRES e IRAP (2.000), dando luogo, in sede di dichiarazione dei redditi, ad una variazione in aumento (5.200) avente carattere temporaneo. Pertanto, se ricorrono i presupposti per la contabilizzazione delle imposte anticipate si avrà: IRES anticipata 5.200 × 27,5% = 1.430 IRAP anticipata 5.200 × 3,9% = 202,80 Dal 6° al 18° anno non ci saranno in bilancio quote di ammortamento civilistico, in quanto l’avviamento è stato interamente ammortizzato in 5 esercizi. Proseguirà, invece, l’ammortamento fiscale, che dovrà essere operato attraverso variazioni in diminuzione (2.000) che rappresentano i progressivi reversal delle variazioni in aumento effettuate nei primi 5 esercizi. Se si è proceduto alla contabilizzazione delle imposte anticipate negli esercizi precedenti, occorrerà procedere progressivamente al loro storno. In particolare si avrà. reversal IRES anticipata 2.000 × 27,5% = 550 reversal IRAP anticipata 2.000 × 3,9% = 78 Spese relative a più esercizi L’art. 108 del TUIR disciplina il trattamento fiscale delle spese relative a più esercizi, cioè, in pratica, delle immobilizzazioni immateriali rappresentate dagli oneri pluriennali. Le spese relative a studi e ricerche sono deducibili interamente nell’esercizio del loro sostenimento, oppure in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi ma non oltre il quarto. I criteri di valutazione 525 Con riferimento a questa tipologia di costi il contribuente ha un’ampia possibilità di scelta: dedurre integralmente le spese, oppure dedurre quote di ammortamento costanti in un periodo compreso tra due e cinque anni. La flessibilità della norma tributaria determina, di fatto, una sostanziale convergenza tra il trattamento civilistico e quello fiscale delle spese di ricerca e sviluppo. Infatti, se le spese per studi e ricerca non hanno utilità pluriennale, le stesse saranno imputate nel Conto Economico e saranno interamente deducibili nell’esercizio. Ciò avviene, in via generale, per i costi relativi alla ricerca di base ed applicata, che ai fini civilistici non possono essere capitalizzati e vanno considerati come componenti negativi di reddito di competenza dell’esercizio di sostenimento. Per i costi di sviluppo, invece, nei casi in cui si riscontri un’utilità pluriennale, tali oneri vengono capitalizzati e dovranno essere ammortizzati sul piano civilistico in base alla loro vita utile o, nel caso questa non sia determinabile in modo attendibile, in un periodo compreso tra i 2 e i 5 esercizi, così come stabilito anche dal legislatore fiscale. Per le spese di pubblicità l’art. 108 del TUIR prevede la possibilità di dedurre interamente tali oneri nell’esercizio in cui vengono sostenuti, o in quote costanti nell’esercizio stesso e nei quattro successivi. In questo caso, la normativa tributaria concede soltanto due opzioni al contribuente: deduzione integrale nell’esercizio o ripartizione in 5 quote costanti. Peraltro, occorre segnalare che la seconda opzione prevista dal TUIR è destinata a non trovare più applicazione, in quanto le modifiche apportate alle norme del codice civile dal D.Lgs. 139/2015 non consentono più la capitalizzazione delle spese di pubblicità. Pertanto, le stesse troveranno collocazione tra i componenti negativi di reddito del Conto Economico e risulteranno interamente deducibili sul piano fiscale. L’art. 108 del TUIR disciplina anche il trattamento fiscale delle spese di rappresentanza, pur non avendo mai tali costi la natura di spese relative a più esercizi. La norma si limita a stabilire la deducibilità nell’esercizio di sostenimento per le spese di rappresentanza che abbiano i requisiti di inerenza e congruità stabiliti con apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze. 526 Capitolo XV Il D.M. del 19 novembre 2008 indica i requisiti per poter qualificare un costo come spesa di rappresentanza 28, riporta alcuni esempi di tale tipologia di oneri 29 e stabilisce dei limiti di deducibilità commisurati all’importo dei ricavi conseguiti dall’impresa. Non rientrano in tali limitazioni, e sono pertanto interamente deducibili, le spese relative a beni distribuiti gratuitamente il cui valore unitario non sia superiore a € 50,00. Esempi di tali spese possono essere quelle sostenute per la distribuzione gratuita di agende, calendari, penne, magliette ed altri oggetti contrassegnati dal logo dell’impresa. Per quanto riguarda le altre spese relative a più esercizi non menzionate esplicitamente nella norma (ad esempio i costi di impianto e ampliamento), il legislatore fiscale prevede la loro deducibilità nei limiti della quota imputabile a ciascun esercizio. In sostanza, si riconosce come deducibile il costo imputato nel Conto Economico in base alle valutazioni eseguite per la redazione del bilancio di esercizio. Infine, l’ultimo comma dell’art. 108 del TUIR stabilisce che per le imprese di nuova costituzione le spese relative a più esercizi sono deducibili a partire dall’esercizio in cui si conseguono i primi ricavi. 15.5. La svalutazione delle immobilizzazioni materiali e immateriali Come si è avuto modo di accennare nei paragrafi precedenti, gli investimenti in immobilizzazioni materiali e immateriali vengono recuperata, di norma, in modo indiretto, attraverso la reintegrazione delle quote di ammortamento. Quando ciò non avviene, il valore delle immobilizzazioni deve essere ridotto mediante la rilevazione di una svalutazione. 28 In estrema sintesi, tali requisiti riguardano la gratuità per il soggetto destinatario del bene o servizio cui la spesa si riferisce, la finalità promozionale per l’impresa, la ragionevolezza, cioè la potenzialità di generare benefici economici per l’impresa e la coerenza con le pratiche del settore cui appartiene l’impresa. Quest’ultimo requisito è alternativo a quello della ragionevolezza. 29 Si tratta di spese per viaggi in occasione dei quali si svolgono significative attività promozionali di beni e servizi prodotti o commercializzati dall’impresa, spese per feste, ricevimenti e altre iniziative simili sostenute in occasioni particolari (ricorrenze aziendali, inaugurazione di nuove sedi o filiali, mostre e fiere in cui vengono esposti prodotti dell’impresa, ecc.), altre spese per beni e servizi distribuiti gratuitamente, compresi i contributi erogati in occasione di convegni, seminari e manifestazioni simili. I criteri di valutazione 527 Il codice civile, all’art. 2426, comma 1, n. 3, si limita a disporre che «l'immobilizzazione che, alla data della chiusura dell'esercizio, risulti durevolmente di valore inferiore a quello determinato secondo i numeri 1) e 2) deve essere iscritta a tale minore valore; questo non può essere mantenuto nei successivi bilanci se sono venuti meno i motivi della rettifica effettuata». In pratica, viene prescritto l’obbligo di svalutare un’immobilizzazione quando il valore di bilancio risulta superiore al suo valore “effettivo”, nonché l’obbligo di ripristinare il valore se le condizioni che avevano portato alla svalutazione vengono meno in esercizi successivi. La dottrina economico-aziendale ha ampiamente trattato il tema delle svalutazioni delle immobilizzazioni, indicando come limite invalicabile per l’iscrizione in bilancio delle stesse, il valore recuperabile tramite l’uso. Quest’ultimo esprime il valore che può essere recuperato attraverso la futura capacità di reintegrazione economica delle quote di ammortamento. Tale reintegrazione si ottiene quando i ricavi di vendita delle produzioni allestite con il concorso delle immobilizzazioni coprono tutti i costi (compresi gli ammortamenti, la cui somma coincide con il costo del cespite) nel periodo di utilizzo del bene. Il tema delle svalutazioni e degli eventuali ripristini di valore è trattato dal principio contabile nazionale OIC 9. Il principio in oggetto ribadisce che le immobilizzazioni materiali e immateriali devono essere svalutate quando si verificano perdite durevoli di valore. Le svalutazioni operate trovano collocazione nella voce B.10.c. del Conto Economico, Altre svalutazioni delle immobilizzazioni. L’eventuale ripristino di valore, nel caso in cui, in successivi esercizi, vengano meno le cause della svalutazione, è indicato nella voce A.5. del Conto Economico, Altri ricavi e proventi. L’OIC 9 dispone che la svalutazione di un’immobilizzazione materiale o immateriale si rende necessaria quando il valore di bilancio dei cespiti risulta superiore al valore recuperabile. Lo stesso principio afferma che il valore recuperabile è il maggiore tra valore d’uso e valore equo (fair value). Il valore recuperabile può riferirsi ad un singolo cespite o a un gruppo di cespiti che è in grado di generare flussi di cassa in entrata ampia- 528 Capitolo XV mente indipendenti da quelli generati da altri cespiti o gruppi di cespiti (Unità generatrice di flussi di cassa – UGC). Il valore d’uso è definito come il valore attuale dei flussi di cassa attesi attraverso l’uso di un’attività o di un gruppo di attività (UGC). Il valore equo (fair value) è invece definito come l’ammontare ottenibile dalla vendita di un’attività in una transazione ordinaria, in cui le parti sono rappresentate da operatori di mercato, avente come data di riferimento quella della valutazione. Il riferimento ad una transazione ordinaria presuppone una cessione non forzata, mentre il riferimento ad operatori di mercato presuppone che le parti coinvolte nell’operazione siano consapevoli ed informate. Il principio contabile nazionale elenca, in modo non esaustivo, alcuni indicatori che potrebbero segnalare l’esistenza di perdite di valore delle immobilizzazioni. Esempi di tali indicatori possono essere: valore di mercato del cespite significativamente diminuito nell’esercizio; effetti negativi nell’ambiente tecnologico, di mercato, economico e normativo in cui opera l’impresa; aumento dei tassi di interesse con riflesso sul tasso di attualizzazione dei flussi di cassa attesi; valore contabile delle attività nette maggiore del loro valore equo (fair value); obsolescenza o deterioramento fisico evidente delle immobilizzazioni; significativi cambiamenti con impatto negativo sulla gestione dell’impresa (ad esempio attività inutilizzata, piani di ristrutturazione, modifica vita utile dei cespiti, ecc.). Per poter stabilire quale sia il valore recuperabile, così come definito dall’OIC 9, occorre determinare i due parametri di riferimento indicati precedentemente: valore equo (fair value) e valore d’uso. Peraltro, l’OIC 9 afferma che non è sempre necessario determinare sia il valore equo sia il valore d’uso. Infatti, se già il primo parametro determinato (che può essere, a seconda dei casi e in base alla facilità con cui l’impresa può acquisire le informazioni per determinarli, il valore equo o il valore d’uso) risulta superiore al valore di bilancio dell’attività (o del gruppo di attività, UGC), significa che la stessa non ha subito perdite di valore. I criteri di valutazione 529 Per la determinazione del valore equo (fai value) di un’attività (o gruppo di attività), la migliore stima è rappresentata dal prezzo pattuito in un accordo vincolante di vendita in una libera transazione o dal prezzo disponibile in un mercato attivo, cioè caratterizzato da transazioni aventi ad oggetto beni omogenei, per le quali sono sempre disponibili acquirenti e venditori nonché quotazioni ufficiali. In assenza di tali elementi, il valore equo deve essere determinato utilizzando le migliori informazioni disponibili. Il valore d’uso viene determinato calcolando il valore attuale dei flussi finanziari futuri in entrata e in uscita originati da un’attività (o da una UGC). I flussi finanziari da utilizzare per il calcolo sono indicati in piani e previsioni aggiornati, approvati dall’organo amministrativo. Il tasso di sconto (attualizzazione) utilizzato deve tener conto: del valore temporale del denaro; dei rischi specifici che non sono stati già considerati nella determinazione dei flussi finanziari. La perdita di valore (svalutazione) è quantificata facendo la differenza tra il valore di bilancio dell’attività (o del gruppo di attività comprese nella UGC) e il valore recuperabile (maggiore tra valore d’uso e valore equo), ovviamente nell’ipotesi che quest’ultimo risulti inferiore. Se, invece, il valore recuperabile risulta uguale o superiore al valore di bilancio dell’attività (o della UGC), non si è verificata alcuna perdita di valore. In caso di perdita di valore riferita a una UGC, l’OIC 9 stabilisce che la svalutazione debba essere imputata prioritariamente all’avviamento eventualmente compreso tra le attività della stessa UGC e, dopo aver azzerato l’avviamento, alle altre attività comprese nell’unità generatrice dei flussi di cassa, in proporzione al loro valore contabile. La rilevazione contabile relativa ad una svalutazione di un’attività (o un gruppo di attività) va eseguita dopo aver contabilizzato gli ammortamenti dell’esercizio in base al costo originario dei cespiti. Il ripristino di valore di un’attività, o di un gruppo di attività costituenti una UGC, dovrebbe rappresentare una procedura abbastanza rara, in quanto la svalutazione, per sua natura, deve possedere il requisito della durevolezza. Tuttavia, l’OIC 9, tenendo conto delle indicazioni contenute nell’art. 2426 del codice civile, prevede il ripristino di valore di immobilizza- 530 Capitolo XV zioni quando vengono meno i motivi che avevano condotto ad operare una svalutazione. Il ripristino può essere parziale o totale, e consiste nella ricostruzione contabile del valore che l’attività avrebbe avuto in assenza della svalutazione. Pertanto, occorrerà ricalcolare gli ammortamenti sulla base del costo che l’immobilizzazione aveva ante svalutazione ed integrare opportunamente il fondo ammortamento. Secondo il principio contabile nazionale OIC 9 non è possibile ripristinare svalutazioni relative ad avviamento e ad oneri pluriennali. Le norme del codice civile, invece, contengono un esplicito divieto di ripristino soltanto per l’avviamento. L’approccio analizzato, previsto dall’OIC 9, segue l’impostazione indicata dal principio contabile internazionale IAS 36. Tale principio, infatti, prevede una verifica, (impairment test), basata sul valore attuale dei flussi di cassa, per accertare se un’attività abbia o meno perso valore. Tale impostazione presenta non poche complessità, basandosi sulle previsioni dei flussi di cassa e sulla determinazione di un tasso di attualizzazione che deve tener conto di diverse variabili (valore temporale del denaro, rischi specifici aziendali) non sempre determinabili in modo agevole. Per questi motivi, l’OIC 9 ha previsto un approccio semplificato per le imprese che non superano alcune soglie dimensionali. In particolare, l’approccio semplificato si applica alle società che per 2 esercizi consecutivi non superano 2 dei 3 seguenti limiti: numero medio dei dipendenti 250; totale attivo 20 milioni di euro; ricavi di vendita 40 milioni di euro. L’approccio semplificato si basa sulla capacità di ammortamento dell’impresa in luogo del valore attuale dei flussi di cassa. La capacita di ammortamento è definita dall’OIC 9 come il «margine economico che la gestione mette a disposizione per la copertura degli ammortamenti»30. In pratica, tale capacità viene determinata in via residuale, sottraendo dai ricavi di vendita i costi di gestione, esclusi gli 30 ORGANISMO ITALIANO DI CONTABILITÀ, Principi contabili, OIC 9, Svalutazioni per perdite durevoli di valore delle immobilizzazioni materiali e immateriali, 2014, par. 8.. I criteri di valutazione 531 ammortamenti: il margine così ottenuto segnala l’ammontare degli ammortamenti che possono trovare copertura economica. Le semplificazioni rispetto all’approccio normale precedentemente esaminato consistono nel considerare, in luogo dei flussi finanziari attualizzati in entrata e in uscita, i flussi reddituali non attualizzati relativi ai ricavi e ai costi, che risultano di più agevole determinazione. Anche nell’approccio semplificato le eventuali svalutazioni si imputano prioritariamente all’avviamento e successivamente alle altre immobilizzazioni in proporzione ai loro valori contabili; per i ripristini di valore valgono le considerazioni già svolte in precedenza. Di seguito si presenta un semplice esempio relativo alla procedura di svalutazione delle immobilizzazioni secondo l’approccio semplificato. Al 31/12/n , dopo aver contabilizzato gli ammortamenti di competenza, tra le immobilizzazioni materiali della società Gamma figura un impianto avente un costo originario di 1.000 e un ; fondo di ammortamento di 400 (pari a due quote costanti di 200). La vita utile residua dell’impianto è di 3 anni. I budget economici relativi ai tre esercizi successivi (anni n+1, n+2 e n+3) sono sintetizzabili come segue: BUDGET ECONOMICI Ricavi - materie prime - costi personale - costi per servizi - altri costi Tot. costi (esclusi ammortamenti) n+1 900 300 400 70 30 800 n+2 700 210 320 15 5 550 n+3 800 230 370 35 15 650 Si provveda a verificare la recuperabilità del valore dell’impianto, applicando lì approccio semplificato basato sulla capacità di ammortamento previsto dall’OIC 9. Il valore residuo dell’impianto è pari a 600 (1.000 – 400) e dovrà partecipare, attraverso le quote di ammortamento, alla formazione del reddito degli esercizi n+1, n+2 e n+3. Occorre pertanto verificare la capacità di ammortamento della società Gamma per i 3 esercizi di vita utile residua del cespite. In pratica, occorre verificare se i ricavi complessivamente previsti per i 3 esercizi successivi consentono di reintegrare il valore residuo del cespite (am- 532 Capitolo XV mortamenti ancora da imputare nei successivi esercizi), dopo aver coperto gli altri costi di gestione. Come si è visto, si tratta di una logica residuale che consente di determinare i ricavi che restano disponibili per coprire gli ammortamenti. Nel caso in oggetto, la capacità di ammortamento della società Gamma sarà determinata sottraendo dai ricavi complessivi degli esercizi n+1, n+2 e n+3 i costi complessivi (esclusi gli ammortamenti) relativi agli stessi esercizi. Pertanto, si avrà: Totale ricavi: 900 + 700 +800 = 2.400 Totale costi: 800 + 550 + 650 = 2.000 Capacità di ammortamento (valore recuperabile): 2.400 – 2.000 = 400 Poiché i ricavi residui per la copertura delle quote di ammortamento ammontano a 400, mentre il valore residuo (da recuperare) dell’impianto è pari a 600, risulta evidente che una parte del costo del cespite non potrà essere reintegrata. Occorrerà, pertanto, contabilizzare una svalutazione per ridurre il costo dell’impianto al valore recuperabile dello stesso. L’importo relativo al valore non recuperabile (svalutazione) sarà determinato nel seguente modo: valore residuo del cespite (valore da recuperare): 600 valore recuperabile: 400 valore non recuperabile (svalutazione): 600 – 400 = 200 La rilevazione contabile relativa alla svalutazione sarà: 31/12/n Impianti Fondo svalutazione impianti 200,00 200,00 Rilevata svalutazione impianti Il fondo svalutazione dovrà essere portato, al pari del fondo di ammortamento, a diretta detrazione del valore del cespite. In questo modo, al 31/12/n gli impianti figureranno nel bilancio della società Gamma per un valore pari a 400 (costo originario di 1.000 – fondo di ammortamento di 400 – fondo svalutazione di 200). I criteri di valutazione 533 15.6 La valutazione delle immobilizzazioni materiali e immateriali: il caso Seaside Spa Nel presente paragrafo è proposto un caso applicativo per illustrare operativamente gli aspetti di rilevazione, valutazione e rappresentazione in bilancio delle immobilizzazioni materiali e immateriali delineati in questa sezione del lavoro. Il 1/01/n il libro dei beni ammortizzabili della Seaside Spa, azienda operante nel settore alberghiero, presenta le seguenti risultanze: Quote ammortamento Tipologia Anno Costo storico Terreno n-6 180.000 % Am.to - n-5 n-4 n-3 n-2 F.do amm.to n-1 - - - - - - 40.500 81.000 81.000 81.000 81.000 364.500 Fabbricati n-5 2.700.000 3% Mobili e arredi n-4 1.200.000 10% 60.000 120.000 120.000 120.000 420.000 n-4 27.000 25% 3.375 6.750 6.750 6.750 23.625 3.250 3.250 8.125 18.400 18.400 46.000 12.000 24.000 36.000 12.250 12.250 Attrezzature n-3 13.000 25% 1.625 Impianti gener. n-3 230.000 8% 9.200 Biancheria n-2 60.000 40% Software n-1 24.500 50% Marchi Costi di ampliamento n-3 39.000 10% n-4 137.000 20% 27.400 3.900 3.900 3.900 11.700 27.400 27.400 27.400 109.600 Nel corso dell’esercizio si procede a rilevare contabilmente i seguenti fatti gestionali: - Il 2/03/n viene ceduta, per € 6.375,00 + IVA 22%, a parziale permuta, l’attrezzatura da cucina acquistata nell’anno x-3 (costo storico € 13.000,00, fondo ammortamento € 8.125,00). Il prezzo della nuova attrezzatura è di € 15.000,00 + € 1.500,00 di oneri accessori per trasporto e installazione + IVA 22%. La società provvede a regolare il saldo il giorno successivo a mezzo bonifico bancario. - Il 5/07/n vengono acquistati n. 5 sofà da giardino in rattan di legno, valore unitario dei sofà € 1.200,00 + IVA 22%. Il regolamento avverrà mediante assegno bancario non trasferibile con una dilazione di pagamento di 15 giorni. Al 31/12/n, dopo un’attenta analisi dei fatti gestionali che durante l’esercizio hanno interessato gli investimenti materiali e immateriali del- 534 Capitolo XV la società, e raccolte ulteriori informazioni sulla situazione interna all’azienda, prende avvio il processo di valutazione delle immobilizzazioni materiali e immateriali della Seaside Spa tenendo conto delle seguenti informazioni aggiuntive: - il responsabile dell’area manutenzione comunica che nel corso dell’esercizio n è stata realizzata internamente e messa in funzione l’area giochi del baby parking (costruzioni leggere) sostenendo i seguenti costi: mano d’opera diretta € 7.000,00, materie prime € 3.500,00, quota spese generali industriali € 1.500,00. La vita utile del nuovo cespite è stimata in 10 anni (l’aliquota d’ammortamento fiscale ordinaria è del 20%); - nel corso dell’anno sono state sostenute esternamente spese di manutenzione incrementative del valore dei Fabbricati di proprietà dell’azienda per € 18.000,00; - in applicazione della Legge n. 147-n, l’impresa decide di operare una rivalutazione straordinaria del Terreno iscritto in bilancio nell’anno n-6 ad un costo storico di € 180.000,00. A tal fine dalla perizia di stima redatta dal professionista abilitato emerge un maggior valore del terreno di € 50.000,00. La rivalutazione è soggetta al pagamento dell’imposta sostitutiva nella misura del 12%. - per gli anni n-5, n-4, n-3, n-2 e n-1 gli ammortamenti indicati nel libro cespiti hanno avuto valenza anche dal punto di vista civilistico. Analogamente per l’esercizio n l’azienda ha deciso di mantenere l’impostazione dei piani di ammortamento civilistici sulla base delle aliquote di ammortamento fiscale ordinario, ritenute valide anche dal punto di vista economico-aziendale. Fa eccezione l’arredo da giardino acquisito nell’anno n, la cui vita utile stimata è di 5 anni. Con riferimento a quest’ultimo, peraltro, esistendo un mercato dell’usato particolarmente attivo, è previsto un valore di realizzo diretto sufficientemente certo di € 200,00 per ciascun sofà; - con riferimento alle immobilizzazioni immateriali, sono presenti nella situazione contabile Software la cui vita utile è stimata in due anni, Marchi, la cui vita utile è stata stimata in 10 anni e Costi di ampliamento capitalizzati con il consenso del Collegio Sindacale nell’esercizio n-4, per i quali si è optato per il periodo massimo di ammortamento ammesso dal codice civile. Sviluppo. Durante l’esercizio si procede con la rilevazione in P.D dei fatti amministrativi che hanno interessato i cespiti aziendali. I criteri di valutazione 535 Il 2/03/n viene ceduta, per € 6.375,00 + IVA 22%, a parziale permuta, attrezzatura da cucina acquistata nell’anno n-3 (costo storico € 13.000,00, fondo ammortamento € 8.125,00). Il prezzo della nuova attrezzatura è di € 15.000,00 + € 1.500,00 di oneri accessori per trasporto + IVA 22%. La società provvede a regolare il saldo il giorno successivo a mezzo bonifico bancario. Si procede in primis a ridurre il valore di iscrizione del cespite ceduto, mediante chiusura del relativo fondo ammortamento. In questo modo il conto del cespite interessato dalla cessione accoglierà il suo valore netto contabile di € 4.875,00. 2/03/n Fondo amm.to attrezzature Attrezzature 8.125,00 8.125,00 Stornato fondo ammortamento attrezzatura ceduta L’emissione della fattura verrà così rilevata: 2/03/n Clienti Attrezzature Iva a debito 7.777,50 6.375,00 1.402,50 Emessa fattura n… per cessione attrezzatura A seguito di queste due rilevazioni contabili si nota che, mentre il fondo ammortamento relativo all’attrezzatura ceduta risulta totalmente chiuso, il conto Attrezzature presenta un saldo Avere di € 1.500,00 pari alla differenza positiva tra il valore del bene riconosciuto dal mercato (€ 6.375,00) e il valore netto contabile (4.875,00). Tale saldo rappresenta il maggior valore recuperato del cespite e deve essere rilevato contabilmente sotto forma di plusvalenza31. 31 In sede di dichiarazione dei redditi si ha la possibilità di differire la tassazione della plusvalenza per un periodo massimo di 5 anni, compreso l’anno in cui la plusvalenza è realizzata. In tale circostanza si dovrà operare una rettifica in diminuzione al risultato ante imposte per pervenire alla determinazione del reddito imponibile fiscale. Come sarà chiarito nel capitolo successivo, tale differenza temporanea tra il risultato civilistico ante imposte ed il reddito fiscale genera un fenomeno di differimento di imposta in questo esercizio. 536 Capitolo XV La scrittura contabile sarà: 2/03/n Attrezzature Plusvalenza 1.500,00 1.500,00 Rilevata plusvalenza da alienazione attrezzature Poiché l’attrezzatura è stata ceduta in permuta, il passaggio successivo sarà rilevare contabilmente l’acquisto della nuova attrezzatura. Sarà necessario capitalizzare nel conto Attrezzature anche gli oneri accessori relativi al trasporto e installazione dei cespiti (€ 1.500,00) necessari per rendere l’immobilizzazione idonea all’uso. 2/03/n Attrezzature Iva a credito Fornitori 16.500,00 3.630,00 20.130,00 Ricevuta fattura n… per acquisto attrezzatura Con riferimento al regolamento rispettivamente del credito derivante dalla cessione dell’attrezzatura e del debito relativo all’acquisto di quella nuova, trattandosi di due operazioni intrattenute con la stessa controparte, le due posizioni vengono portate a compensazione. Considerato che il debito nei confronti del fornitore della nuova attrezzatura è superiore al credito vantato nei suoi confronti per la dimissione del cespite dato in permuta, la Seaside Spa provvederà a saldare esclusivamente la differenza tra l’importo a debito e quello a credito (20.130,00 – 7.777,50 = € 12.352,50). 3/03/n Fornitori Banca c/c Clienti Regolata la fattura n… a mezzo bonifico bancario 20.130,00 12.352,50 7.777,50 I criteri di valutazione 537 Il 5/07/n vengono acquistati n. 5 sofà da giardino in rattan di legno, valore unitario dei sofà € 1.200,00 + IVA 22%. Il regolamento avverrà mediante assegno bancario non trasferibile con una dilazione di pagamento di 15 giorni. Contabilmente si ha: 5/07/n Mobili e arredi Iva a credito Fornitori 6.000,00 1.320,00 7.320,00 Ricevuta fattura n… per acquisto mobili e arredi Al momento del regolamento la scrittura in P.D. sarà: 20/07/n Fornitori Banca c/c 7.320,00 7.320,00 Regolata la fattura n… a mezzo assegno bancario Al 31/12/n prende avvio il processo di valutazione delle immobilizzazioni materiali e immateriali della Seaside Spa. Il responsabile dell’area manutenzione comunica che nel corso dell’esercizio n è stata realizzata internamente l’area giochi del baby parking (costruzioni leggere) sostenendo i seguenti costi: mano d’opera diretta € 7.000,00, materie prime € 3.500,00, quota spese generali industriali € 1.500,00. La vita utile del nuovo cespite è stimata in 10 anni (l’aliquota d’ammortamento fiscale ordinaria è del 20%) . La realizzazione attraverso mezzi propri delle costruzioni leggere dell’area giochi richiede che i relativi costi sostenuti (mano d’opera diretta € 7.000,00, materie prime € 3.500,00, quota spese generali industriali € 1.500,00), contabilizzati in conti accesi ai costi d’esercizio, siano capitalizzati in quanto ritenuti di utilità pluriennale. Il conto utilizzato per operare la capitalizzazione è Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni, che confluirà nella voce n. 4 del Conto Economico. Il conto rappresenta un componente positivo di reddito che rettifica in- 538 Capitolo XV direttamente i conti accesi ai costi d’esercizio sostenuti per realizzare l’opera. La scrittura contabile è la seguente: 31/12/n Costruzioni leggere Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni 12.000,00 12.000,00 Capitalizzati costi per costruzioni leggere realizzate internamente Nel corso dell’anno sono state sostenute esternamente spese di manutenzione ritenute incrementative del valore dei Fabbricati di proprietà dell’azienda per € 18.000,00. La presenza di manutenzioni che hanno comportato migliorie nei cespiti su cui sono state realizzate comporta la capitalizzazione dei relativi costi: ciò richiede l’aumento del valore del cespite cui si riferiscono per pari importo e lo storno diretto del collegato costo d’esercizio Spese per manutenzione: 31/12/n Fabbricati Spese per manutenzione 18.000,00 18.000,00 Capitalizzate spese di manutenzione incrementative del valore dei fabbricati In applicazione della Legge n. 147-n, l’impresa decide di operare una rivalutazione straordinaria del Terreno iscritto in bilancio nell’anno x-6 ad un costo storico di € 180.000,00. A tal fine dalla perizia di stima redatta dal professionista abilitato emerge un maggior valore del terreno di € 50.000,00. La rivalutazione è soggetta al pagamento dell’imposta sostitutiva nella misura del 12%. Il possesso di una perizia di stima redatta da un professionista abilitato è la condizione necessaria per poter procedere alla rivalutazione del terreno per € 50.000,00. La contropartita della rivalutazione è una Riserva di rivalutazione che epiloga a Stato Patrimoniale tra i componenti del Patrimonio Netto, al netto dell’imposta sostitutiva del 12% gravante sull’operazione. La scrittura in P.D. sarà la seguente: I criteri di valutazione 539 31/12/n Terreno Riserva di rivalutazione ex L. 147-n Debiti per imposta di rivalutazione ex L.147-n 50.000,00 44.000,00 6.000,00 Rilevato saldo di rivalutazione straordinaria ex L. 147-n Per gli anni n-5, n-4, n-3, n-2 e n-1 gli ammortamenti indicati nel libro cespiti hanno avuto valenza anche dal punto di vista civilistico. Analogamente, per l’esercizio n l’azienda ha deciso di mantenere l’impostazione dei piani di ammortamento civilistici sulla base delle aliquote di ammortamento fiscale ordinario, ritenute valide anche dal punto di vista economico-aziendale. Fa eccezione l’arredo da giardino acquisito nell’anno n, la cui vita utile stimata è cinque anni. Con riferimento a quest’ultimo, peraltro, esistendo un mercato dell’usato particolarmente attivo, è previsto un valore di realizzo diretto sufficientemente certo di € 200,00 per sofà. L’applicazione delle aliquote di ammortamento sui beni ammortizzabili della Seaside Spa produce le seguenti risultanze: (2.700.000,00 + 18.000,0032) x 3% = € 81.540,00 (1.200.000,00) x 10% = € 120.000,00 Mobili e arredi (anno n) [(1.200,00 – 200,00) x 5 x 20%] = € 1.000,00 Attrezzatura (anno n-4) (27.000,00) x 25% = € 6.750,00 Fabbricati Mobili e arredi (anno n-4) Attrezzatura (anno n-3) nessun ammortamento perché cedute nell’anno - (16.500,00 x 25%) / 2 = € 2.062,50 Impianti generici (anno n-3) (230.000,00) x 8% = € 18.400,00 Biancheria (anno n-2) (60.000,00) x 40% = € 24.000,00 (12.000,00 x 20%) / 2 = € 1.200,00 Attrezzatura (anno n) Costruzioni leggere (anno n) Si noti che, con riferimento al nuovo arredo da giardino, la previsione di poterlo rivendere al termine della vita utile ad un valore di cessione di complessivi € 1.000,00 (200,00 × 5), comporta la necessità di dedurre tale valore dal costo storico. È inoltre necessario verificare la congruità della quota di ammortamento calcolata per l’attrezzatura acquistata nell’anno n-4. Il cespite in oggetto presenta infatti un fondo ammortamento di € 23.625,00 a fronte di un costo storico di € 27.000,00. Se si rilevasse contabilmente la quo32 Tale maggior valore deriva dalla capitalizzazione delle spese di manutenzione di natura incrementativa. 540 Capitolo XV ta di ammortamento determinata sopra (€ 6.750,00), il fondo ammortamento del cespite risulterebbe di importo superiore rispetto al costo storico da ammortizzare. Per ovviare a ciò sarà necessario rilevare in P.D. solo quanto residua per coprire il costo storico residuo dell’attrezzatura (ossia metà quota di ammortamento, € 3.375,00). Le rilevazioni contabili sono le seguenti: 31/12/n Amm.to Fabbricati Fondo Amm.to Fabbricati 81.540,00 81.540,00 Rilevata la quota di ammortamento di competenza dell’anno n 31/12/n Amm.to Mobili e arredi Fondo Amm.to Mobili e arredi 121.000,00 121.000,00 Rilevata la quota di ammortamento di competenza dell’anno n 31/12/n Amm.to Attrezzature Fondo amm.to Attrezzature 5.437,50 5.437,50 Rilevata la quota di ammortamento di competenza dell’anno n 31/12/n Amm.to Impianti generici Fondo amm.to Impianti generici 18.400,00 18.400,00 Rilevata la quota di ammortamento di competenza dell’anno n 31/12/n Amm.to Biancheria Fondo amm.to Biancheria 24.000,00 24.000,00 Rilevata la quota di ammortamento di competenza dell’anno n 31/12/n Amm.to Costruzioni leggere Fondo amm.to Costruzioni leggere 1.200,00 1.200,00 Rilevata la quota di ammortamento di competenza dell’anno n Gli ammortamenti sopra rilevati sono tutti giustificati dal punto di vista fiscale, fatta eccezione per l’ammortamento della nuova mobilia da giardino. In questo caso, l’ammortamento fiscalmente deducibile I criteri di valutazione 541 non solo presenta un’aliquota differente da quella civilistica (10% contro il 20% civilistico), ma deve essere ridotto alla metà del coefficiente tabellare, dato che si tratta di un cespite al primo anno di utilizzo. Si rileva inoltre che l’ammortamento fiscale deve essere calcolato sull’intero costo storico dei beni in quanto il futuro valore di realizzo non viene riconosciuto fiscalmente. AMMORTAMENTO CIVILISTICO Costo storico 1.200,00 x 5 = 6.000,00 Valore di cessione diretto 200,00 x 5 = 1.000,00 Aliquota 20% Amm.to civilistico (6.000,00 – 1.000,00) x 20% = € 1.000,00 AMMORTAMENTO FISCALE Costo storico 1.200,00 x 5 = 6.000,00 Aliquota tabellare 10% Amm.to deducibile [(6.000,00) x 10%] / 2 = € 300,00 VARIAZIONE (€1.000,00 – € 300,00) = € 700,00 In questo caso non vi è coincidenza tra ammortamento civilistico e fiscale. L’ammortamento fiscale risulta più basso di quello imputato al Conto Economico. Da ciò conseguirà la necessità di dover operare, in sede di dichiarazione dei redditi, una variazione in aumento del reddito imponibile per la differenza tra ammortamento imputato al Conto Economico e ammortamento fiscalmente deducibile (1.000,00 - 300,00 = € 700,00). Tale variazione in aumento genera il fenomeno dell’anticipazione di imposta, con la conseguente esigenza di determinare la misura dei relativi crediti per imposte anticipate33. Diversamente, non si presenta alcun disallineamento tra impostazione civilistica e fiscale per le costruzione leggere entrate in funzione nell’anno; la vita utile di 10 anni implica un’aliquota civilistica del 10% coincidente con la metà dell’aliquota ordinaria fiscale (20% / 2 = 10%). Con riferimento alle immobilizzazioni immateriali, sono presenti nella situazione contabile Software la cui vita utile è stimata in due anni, Marchi, la cui vita utile è stata stimata in 10 anni e Costi di ampliamento capitalizzati con il consenso del Collegio Sindacale nell’esercizio n-4, per i quali si è optato per il periodo massimo di am33 Con riferimento alle problematiche fiscali legate al disallineamento che può crearsi tra ammortamento civilistico e fiscale, si rimanda al capitolo successivo che affronta la problematica della determinazione dell’imponibile fiscale. 542 Capitolo XV mortamento ammesso dal codice civile. L’applicazione dell’aliquota di ammortamento civilistica al costo storico di queste immobilizzazioni determina le seguenti risultanze: Software Marchi Costi di impianto e ampliamento 24.500,00 x 50% = € 12.250,00 39.000,00 x 10% = € 3.900,00 137.000,00 x 20% = € 27.400,00 31/12/n Amm.to Software Fondo Amm.to Software 12.250,00 12.250,00 Rilevata la quota di ammortamento di competenza dell’anno n 31/12/n Amm.to Marchi Fondo Amm.to Marchi 3.900,00 3.900,00 Rilevata la quota di ammortamento di competenza dell’anno n 31/12/n Amm.to Costi di ampliamento Fondo Amm.to Costi di ampliamento 27.400,00 27.400,00 Rilevata la quota di ammortamento di competenza dell’anno n L’ammortamento civilistico dei Software risulta perfettamente giustificato fiscalmente. Il legislatore fiscale prevede la deducibilità dei Costi di ampliamento nei limiti della quota imputabile a ciascun esercizio. Pertanto, anche in questo caso, l’ammortamento civilistico e fiscale coincidono senza necessità di variazioni in sede di dichiarazione dei redditi. Per i Marchi, il legislatore fiscale prevede la possibilità di dedurre quote d’ammortamento non superiori a un diciottesimo. I criteri di valutazione 543 AMMORTAMENTO CIVILISTICO Costo storico 39.000,00 Aliquota 10% Amm.to civilistico 39.000,00 x 10% = € 3.900,00 AMMORTAMENTO FISCALE Costo storico 39.000,00 Aliquota tabellare 1/18 Amm.to fiscalmente deducibile 39.000,00 x 1/18 = € 2.166,67 VARIAZIONE (€ 3.900,00 - € 2.166,67) = € 1.733,33 Poiché l’azienda ha stimato la vita utile del marchio in 10 anni, la differenza tra ammortamento civilistico e ammortamento fiscalmente deducibile da luogo ad una variazione in aumento dell’imponibile fiscale (€ 1.733,33) e comporterà un fenomeno di anticipazione di imposta. Nota Integrativa Ai sensi dell' art. 2427, n. 2), per ciascuna voce delle immobilizzazioni nella nota integrativa si deve indicare: a) per i movimenti precedenti all' inizio dell' esercizio: il costo, le rivalutazioni, gli ammortamenti, le svalutazioni; b) per i movimenti dell' esercizio: le acquisizioni, gli spostamenti da una ad altra voce, le alienazioni, le rivalutazioni, gli ammortamenti, le svalutazioni. Il punto 2 della Nota Integrativa si presenta come segue: Variazioni dell’esercizio Esercizi precedent1 MOVIMENTI DELLE IMMOBILIZZAZIONI IMMATERIALI (B I) Descrizione Software Marchi Costi di ampliamento Costo storico 24.500 39.000 137.000 Rivalutazioni Svalutazioni Amm.ti esercizi prec. 12.250 11.700 109.600 Valore al 1/01/n 12.250 27.300 27.400 Acquisizioni Rivalutazioni Svalutazioni Cessioni dell’esercizio Amm.ti dell’esercizio 12.250 3.900 27.400 Saldo al 31/12/n 23.400 - Variazioni dell’esercizio Esercizi precedent1 MOVIMENTI DELLE IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI (B II) Descrizione Terreni Fabbricati Mobili e arredi Costo storico 180.000 2.700.000 1.200.000 Rivalutazioni Svalutazioni Amm.ti esercizi prec. 364.500 420.000 Valore al 1/01/n 180.000 2.335.500 780.000 Acquisizioni 18.000(2) 6.000 Rivalutazioni 50.000(1) Svalutazioni Cessioni dell’esercizio Amm.to dell’esercizio 81.540 121.000 Saldo al 31/12/n 230.000 2.271.960 665.000 Attrezzature 40.000 31.750 8.250 16.500 4.875(3) 5.438 14.437 Impianti generici 230.000 Biancheria Costruzioni leggere 60.000 - 46.000 184.000 36.000 24.000 12.000(4) 18.400 165.600 24.000 - 1.200 10.800 (1) Rivalutazione operata n applicazione della Legge n. 147-n. (2) Trattasi della capitalizzazione delle spese di manutenzione di natura incrementativa. (3) Costo storico delle Attrezzature cedute € 13.000,00, fondo ammortamento € 8.125,00, valore di realizzo € 6.375,00. (4) Trattasi di una costruzione realizzata internamente sostenendo i seguenti costi: mano d’opera diretta € 7.000,00, materie prime € 3.500,00, quota spese generali industriali € 1.500,00.