L'arte di due celebri migranti: Bartok e Rachmaninov
“C’è il pericolo imminente che anche l’Ungheria debba arrendersi a questo sistema di rapina e di
assassinio. Come poter continuare a vivere o – il che è la stessa cosa- a lavorare in un Paese così
ridotto è assolutamente inconcepibile”, disse Bartók, scrivendo ad un amico dopo l'annessione
dell'Austria alla Germania nazista. Così sostenuto e armato della sua sola forte integrità d'animo, di
lì a poco lasciò il suo Paese per emigrare alla volta degli Stati Uniti.
La cittadina in cui nacque era un crocevia multiculturale dell'impero austro-ungarico in cui
convivevano numerose etnie. Questo influenzò profondamente le sue idee artistiche e le sue
ricerche, portate avanti insieme al suo amico Kodály. Da questa incessante ricerca non scaturirono
solo volumi di etnomusicologia, ma anche un nuovo stile musicale, ottenuto rompendo le
consolidate formule accademiche, attraverso un uso nuovo ed audace di sonorità percussive e ritmi
tipici del folklore.
Nel Concerto per viola e orchestra questi elementi ci vengono restituiti come reminiscenze, in
grado di sussurrarci la struggente nostalgia dell'esule per la terra natale. L'opera appartiene agli
ultimi mesi di vita del compositore che, purtroppo, non riuscirà a ultimarne l'orchestrazione di suo
pugno. Furono anni amari e difficili, segnati dall'incalzare della malattia che lo portò alla morte,
lontano dall'amata patria, vittima delle dittature.
Quando venne eseguita per la prima volta a San Pietroburgo e poi a Mosca, nel 1908, la Seconda
Sinfonia di Rachmaninov venne benevolmente accolta dal pubblico e dalla stampa, indicandolo
come uno dei personaggi musicali più significativi del suo tempo, degno successore di Cajkovskij,
ma dotato di un suo personalissimo stile. Dopo la profonda delusione derivata dall'insuccesso della
sua Prima sinfonia, seguirono alcuni anni di stasi creativa e, solo dopo il conforto dato dal trionfo
del suo Secondo Concerto, decise di cimentarsi ancora con la sinfonia, lasciando passare, tra le due,
ben dieci anni.
Scritta durante il suo soggiorno a Dresda, Rachmaninov costruì la Seconda Sinfonia facendo ricorso
alla forma ciclica ed al tema gregoriano del Dies Irae, dimostrando, tuttavia, nell'orchestrazione le
suggestioni derivate da ciò che stava accadendo sullo scenario musicale europeo.
Al giorno d'oggi, la fama di questa sinfonia è ancora intatta: la ritroviamo in numerosi lavori
contemporanei come nel film Birdman, in cui una sezione del secondo movimento viene più volte
affiancata dalla batteria jazz di Antonio Sánchez ed il tema del terzo movimento che ritroviamo
anche nella canzone Never gonna fall in love again di Eric Carmen.
Amico di Tolstoj, Stanislavskij e Böcklin, Rachmaninov fu protagonista della vita culturale a lui
contemporanea, ma con l'avvento della rivoluzione bolscevica decise tristemente di lasciare la sua
amata Russia e di trasferirsi negli Stati Uniti. Ebbe sempre molta nostalgia della sua patria e fino
alla morte ne sentì il lacerante distacco: “Mi sento come un fantasma che vaga in un mondo
divenutogli estraneo...e perdendo il mio Paese ho perduto me stesso".
Angela D’Oronzo