LE TANTE FACCE DEL DO MAGGIORE Marina Vaccarini 154 «All’inizio era il Verbo» C’è un aspetto unificante nel programma di questo concerto: fatta eccezione per l’Idillio di Sigfrido di Wagner, tutti i brani sono in do maggiore; coincidenza significativa per un primo orientamento all’ascolto. Do maggiore è la tonalità con tutti i tasti bianchi, la prima base per lo studio della musica, il modello su cui costruire le successive trasposizioni. Nel 1784, tra le inquietudini dello Sturm und Drang e due anni prima che Mozart componesse il suo Concerto per pianoforte K 503, il poeta e compositore tedesco Christian Friedrich Daniel Schubart nel suo saggio Ideen zu einer Ästhetik der Tonkunst (Idee per un’estetica della musica, pubblicato postumo, Vienna 1806) associava al do maggiore sentimenti di «innocenza, semplicità, naturalezza, voce di fanciullo». E se Schumann sceglie questa tonalità per imprimere un senso di sicurezza e di solidità alla sua Sinfonia op. 61, Charles Gounod, in pieno Ottocento, sosteneva che «solo Dio compone in do maggiore». Sulle estreme propaggini di questa concezione ultraterrena si inquadra la grande visione panteistica in do maggiore dell’ultima sinfonia di Sibelius, quanto mai ‘inattuale’ in tempi in cui si riteneva che la fonte della tonalità fosse ormai inaridita e che non avesse più nulla da offrire («la fine dell’era classica» è l’accordo di do che chiude la Sinfonia secondo il direttore d’orchestra Sir Colin Davis). A prima vista l’immagine di autorevolezza divina sembrerebbe antitetica a quella disarmante del linguaggio infantile. Tuttavia, entrambe le posizioni potrebbero sottintendere un’idea di ‘inizio’ – in do maggiore, appunto – che si traduce in purezza originaria in Mozart, in rinascita fisica e psichica in Schumann, in richiamo alla vita di forze spirituali in Sibelius. In ogni caso da questa tonalità resta escluso l’‘uomo’: o lo precede o lo oltrepassa. Può comunicare l’innocenza, l’infanzia, la preghiera; può supportare la grandezza e l’apoteosi; ma solo raramente può narrare l’emozione di intime confessioni. Può elevarsi fino alla trascendenza ma solo raramente scende a patti con le umane passioni dell’anima.