LA FILOSOFIA DEL GRIDO DI JOHN HOLLOWAY: UNA SUBLIME SCIOCCHEZZA! A partire dal settembre 1876 Engels dovette occuparsi della “nuova teoria del socialismo” del signor Duhring, e individuò in essa una di quelle “sublimi sciocchezze con la pretesa ad una superiorità ed una profondità di pensiero che le distingue dalle sciocchezze semplici”. 1 A distanza di oltre un secolo, la malapianta delle “sublimi sciocchezze” continua a proliferare e a produrre i suoi frutti malsani. Quest’epoca ci propone la teoria Holloway, sintetizzabile nel titolo di un suo volume Cambiare il mondo senza prendere il potere che rappresenta l’ennesimo tentativo di “superare” il patrimonio teorico e storico del marxismo e del leninismo. L’asse portante del pensiero di Holloway è l’idea che la lotta dell’umanità per la sua liberazione, per la sua emancipazione dal potere su (che è il capitalismo) è e sarà una lotta che, nelle forme, non riproduce (non riprodurrà) “le strutture e le pratiche contro cui si lotta”2 perché essa, nel corso della sua lotta, crea un sistema di relazioni di fratellanza, di solidarietà, di amore “che prefigurano il tipo di società per cui stiamo lottando”.3 Tale lotta è una lotta per la dignità che è “l’unità del grido contro e del poter fare”4 e tale concetto “è stato inalberato dall’insurrezione zapatista”.5 La lotta contro il capitalismo, secondo le teorizzazioni di Holloway, non passa per la “presa del potere, intendendo con questo la conquista del controllo dell’apparato dello Stato” perché: 1) “lo Stato [...] è una delle forme delle relazioni sociali capitalistiche cioè uno dei processi intrecciati e mescolati di formazione delle relazioni sociali, di riproduzione del potere di fare nella forma del potere su”; 6 2) “lo Stato è un processo di statalizzazione del conflitto sociale”;7 3) la sua conquista non rompe “la circolarità del potere”;8 4) ”Non si può costruire una società di relazioni di non potere, attraverso la 1 F. Engels, Antiduhring, Editori Riuniti, Roma, 1950, pp. 10-11. 2 J. Holloway, Cambiare il mondo senza prendere il potere, Cantieri Carta/Edizioni Intra moenia, Roma, 2004, p. 206. 3 Ivi. 4 Ivi. 5 Ivi. 6 Ibid., p.133. 7 Ibid., p. 131. 8 Ibid., p. 17. conquista del potere, la lotta contro il potere è persa”.9 Alla luce di queste considerazioni la fine dell’URSS è salutata come un evento liberatorio perché essa costituisce la “liberazione del pensiero rivoluzionario, la liberazione dell’identificazione tra rivoluzione e conquista del potere”. 10 Come si può cambiare il mondo senza conquistare il potere, cioè costruire nella società capitalistica una società di relazioni di non potere che, senza un mezzo di mediazione, immediatamente strutturi la situazione storica? Holloway risponde “non lo so”:11 “E allora come cambiamo il mondo senza prendere il potere? Alla fine del libro, come all’inizio, non lo sappiamo. I leninisti lo sanno o erano soliti saperlo. Noi no. Il cambiamento rivoluzionario è più disperatamente urgente che mai, ma adesso non sappiamo più cosa significa “rivoluzione”. Quando ce lo domandano tendiamo a tossire, a farfugliare e cerchiamo di cambiare argomento”. 12 L’agnosticismo è il piano d’evasione del pensiero negativo di Holloway dalla responsabilità di prendere posizione nei confronti della crisi storica di civiltà prodotta dalla struttura capitalistica. Il pensiero negativo, che si determina in funzione di una generica categoria valutativa (il potere su), impone dogmaticamente i suoi schemi alla realtà storica che in essi trova non la propria mediazione – e questo mediarsi è la ragione – ma l’annullamento della propria tensione e complessità. Ne consegue la riduzione della lotta di classe a lotta “per classificare contro l’essere classificato”13 o l’enfatizzazione in termini positivi di alcuni elementi marginali, considerati, invece, come componenti di un soggetto rivoluzionario di una rivoluzione utopica perché intende realizzarsi senza la mediazione del potere, definita l’area dell’antipotere: «Il malcontento sociale oggi si esprime non attraverso i partiti tradizionali, ma attraverso la partecipazione alle “organizzazioni non governative”, in campagne attorno a temi specifici, con gli sforzi individuali e collettivi di professori, medici e di altri lavoratrici e lavoratori [...] oppure attraverso lo sviluppo di ogni tipo di progetti comunitari, autonomi, incluse 9 Ibid., Ibid., 11 Ibid., 12 Ibid., 13 Ibid., 10 p. 27. p. 39. p. 35 p.289. p. 193. le ribellioni prolungate e di massa, come per esempio quella in corso nel Chapas».14 La questione dello Stato e del potere: le mistificazioni di Halloway e il rigore scientifico marxista Holloway nella sua critica alla rivoluzione comunista argomenta che essa si “identifica con il controllo dello stato [...] feticizza lo Stato: lo astrae dalla rete di relazioni di potere in cui è immerso [...]. Fondare la rivoluzione sul fatto di impadronirsi del potere - conclude Holloway statale implica, così, l’astrazione dello Stato rispetto alle relazioni sociali di cui è parte. Concettualmente si separa lo Stato dal cumulo di relazioni sociali che lo circondano e lo si innalza rendendolo un attore autonomo”. 15 Il potere è intrinsecamente potere su, ma tale intrinsecità non è un’essenza metafisica bensì storica, avente la sua radice nella società di classe. Esso, perciò, nella fase rivoluzionaria, diventa la forma del processo di universalizzazione della classe liberatrice (il proletariato) cioè un potere per la libertà che si autodissolverà nella fase di universalizzazione rappresentata dalla realizzazione dell’idea–limite di società senza classi o superamento storico dello stato. La fase rivoluzionaria come processo di universalizzazione di classe è un concetto espresso da Marx nel 1844 nei Manoscritti economico-filosofici: “l’emancipazione della società dalla proprietà privata [...] dalla servitù, si esprime, nella forma politica dell’emancipazione operaia, non come se si trattasse soltanto dell’emancipazione dell’operaio, bensì, poiché nell’emancipazione di questo è implicita la generale emancipazione umana, anche questa vi è contenuta in quanto l’intera servitù umana è coinvolta nel rapporto dell’operaio alla produzione e tutti i rapporti di servitù sono soltanto modificazioni e conseguenze di questo rapporto”.16 La conquista del potere è il punto d’inizio del processo rivoluzionario, non il suo “in sè”; al riguardo sono estremamente chiarificatrici le parole di Marx: “La classe lavoratrice sostituirà nel corso del suo sviluppo, all’antica società civile un’associazione che escluderà le classi e il loro antagonismo e non vi sarà più potere politico propriamente detto, poiché il potere politico è 14 Ibid., p.33. Ibid., pp. 20-24. 16 K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, in Opere filosofiche giovanili, Editori Riuniti, Roma, 1969, pp. 203-204. 15 precisamente il riassunto ufficiale dell’antagonismo nella società civile”.17 In realtà il ragionamento di Holloway, impregnato di pregiudizi ideologici, riprende i vecchi schemi anarchici. A tal proposito invitiamo i nostri lettori a valutare la piena coincidenza tra le argomentazioni di Holloway e quelle di Bakunin che scriveva: “I rivoluzionari dottrinari [...] non sono stati e non saranno mai i nemici ma, al contrario, sono sempre stati i più ardenti difensori dello Stato. Sono i nemici dei poteri attuali perché vogliono impadronirsene; nemici delle istituzioni politiche attuali solo perché escludono la possibilità della loro dittatura; ma sono tuttavia i più ardenti amici del potere dello stato che dev’essere mantenuto”.18 Marx, in una lettera a Weydemeyer, del 5 marzo 1852, scriveva: “Per quel che mi riguarda, a me non appartiene il merito di aver scoperto l’esistenza delle classi nella società moderna, nè quello di aver scoperto la lotta tra di esse. [...] Quel che io ho fatto di nuovo è stato di dimostrare: 1) che l’esistenza delle classi è soltanto legata a determinate fasi di sviluppo storico della produzione; 2) che la lotta di classe necessariamente19 conduce alla dittatura del proletariato; 3) che questa dittatura stessa costituisce soltanto il passaggio alla soppressione di tutte le classi e a una società senza classi”.20 La conquista del potere politico non costituisce, quindi, l’alfa e l’omega della rivoluzione comunista. La dittatura del proletariato è una tappa del processo di emancipazione dell’intera umanità, ma, contrariamente all’Hollowaypensiero, non esiste “identificazione tra 17 K. Marx, Miseria della filosofia, Editori Riuniti, Roma, 1969, p. 146. 18 M. Bakunin, Stato e anarchia ed altri scritti, Feltrinelli Editore, Milano, 1968, p. 148. 19 “Necessariamente” sta ad indicare non che si tratta dello sbocco di un processo storico ineluttabile, bensì della condizione logica per superare storicamente la lotta di classe la cui conseguenza è la libertà o il superamento storico dello Stato e perciò non l’instaurazione, per l’ennesima volta, di un potere su ma di un potere per. 20 In K. Marx - F. Engels, Sul materialismo storico, Edizioni Rinascita, Roma, 1949, pp. 72-73. Questo concetto viene ribadito nella Critica al programma di Gotha, dove Marx ha scritto: “Tra la società capitalistica e la società comunista vi è il periodo di trasformazione rivoluzionaria dell’una nell’altra. Ad esso corrisponde anche un periodo politico transitorio, il cui stato non può essere altro che la dittatura rivoluzionaria del proletariato”.(K. Marx, Critica al programma di Gotha, Edizioni in lingue estere, Mosca, 1947, p. 37). rivoluzione e conquista del potere”.21 Ancora Marx, in una lettera a Kugelmann del 12 aprile 1871, precisava con estrema chiarezza: “il prossimo tentativo della rivoluzione francese non consisterà nel trasferire da una mano ad un’altra la macchina militare e burocratica, come è avvenuto fino ad ora, ma nello spezzarla”.22 Soffermiamoci ora su un’altra questione. Per Holloway la rivoluzione emancipatrice ad opera della classe lavoratrice è un concetto intrinsecamente assurdo, impossibile, a meno che non si ricorra all’intervento esterno di un deus ex machina. Si tratta di un altro degli idola di Holloway, di un altro dogma teoreticamente erroneo. L’esperienza storica, la situazione storicamente strutturata è una forma dell’esperienza umana, è l’interazione continua di un soggetto e di un oggetto e nessuno dei due termini ha un significato autonomo al di fuori dalla relazione; essi sono la polarità di una struttura unitaria. Proprio il carattere umano di ogni esperienza, di ogni situazione storica, offre ad essa la possibilità di non rimanere bloccata entro una struttura rigida. Ogni situazione, essendo storica, ha la possibilità di ampliarsi, approfondirsi, trascendersi ed entrare in nuove connessioni e in nuovi rapporti. Il mondo storico non ha dunque caratteri perenni, indelebili, definitivi, ma è continuamente modificabile, rivedibile per effetto del lavoro umano; il destino storico dell’uomo è vivere in situazioni trascendibili, mai in una situazione-non situazione. Ecco perché per superare il sistema capitalistico non occorre nessun deus ex machina. Il vero deus ex machina, un pò confuso, è proprio l’area dell’antipotere, capitalistico23 e anticapitalistico al tempo stesso di Holloway. Torniamo a Marx. Ne La guerra civile in Francia, a proposito della Comune, Marx scriveva che essa “fu una forma politica fondamentale espansiva, mentre tutte le precedenti forme di governo erano state unilateralmente repressive. Il suo vero segreto fu questo: che essa fu essenzialmente un governo della classe operaia, il 21 J. Holloway, Cambiare il mondo senza prendere il potere, cit., p.33. 22 K. Marx, Lettera a Kugelmann, Editori Riuniti, Roma, p. 139. 23 A proposito dell’area dell’antipotere, da lui teorizzata, Holloway scrive che essa. “A volte, ma non sempre, è apertamente ostile al capitalismo” (J. Holloway, Cambiare il mondo senza prendere il potere, cit., p. 34). L’anticapitalismo non è, quindi, un tratto distintivo degli ambienti sponsorizzati da Holloway. prodotto della lotta della classe dei produttori contro la classe espropriatrice, la forma politica finalmente scoperta, nella quale si poteva compiere l’emancipazione economica del lavoro. [..] La Comune doveva dunque servire da leva per svellere le basi economiche su cui riposa l’esistenza delle classi, e quindi del dominio di classe. Con l’emancipazione del lavoro tutti diventano operai, e il lavoro produttivo cessa di essere un attributo di classe”. 24 Marx ha critto scoperta e non inventata; scoperta “per mezzo del cervello nei fatti materiali”, come ha precisato Engels nell’Antiduhring.25 Scoperta nel movimento dialettico della sovrastruttura, con lo stesso rigore scientifico con il quale Marx aveva scoperto il plusvalore nel movimento dialettico della struttura. Al contrario di quanto sostiene Holloway il marxismo non inventa forme politiche nè deus ex machina ma è in grado di vedere come un nuovo movimento sociale, rivoluzionario ed emancipatore, si differenzia dalle precedenti forme politiche, siano esse assolutiste o democratiche, unilaterali perché reprimono. La rivoluzione proletaria per potersi compiere ha bisogno di una nuova forma politica, espansiva perché libera ed espande tutte le potenzialità della moderna classe dei produttori. La “emancipazione economica del lavoro” è il contenuto della rivoluzione e ne è la determinazione; significa l’unificazione delle forze produttive, lavoro salariato e mezzi di produzione, nel processo rivoluzionario di abolizione del capitale che le domina e le separa e della classe sociale che le detiene. Alla ricerca della confusione ideologica: il concetto di classe in funzione antimarxista Un altro limite storico-teorico del pensiero politico di Holloway è l’uso del concetto di classe in funzione antimarxista. Scrive il nostro: «Sulla base di quest’approccio definitorio della classe sorgono problemi di tutti i tipi. In primo luogo c’è la questione dell’ ”appartenenza”. Noi che lavoriamo nell’università “apparteniamo” alla classe lavoratrice? Marx e Lenin “appartenevano” a questa classe? I ribelli del Chapas sono parte della classe lavoratrice? E le femministe? Appartengono a questa classe gli attivisti del movimento omosessuale? E la polizia?»26 ed aggiunge: “ad esempio, la definizione della classe 24 K. Marx, La guerra civile in Francia, Edizioni Rinascita, Roma, 1950, pp. 76-77. 25 Cfr. F. Engels, Antiduhring, cit., p. 291. 26 J. Holloway, Cambiare il mondo senza prendere il potere, cit., p. 190. lavoratrice di fabbrica, come proletariato urbano direttamente sfruttato nelle fabbriche, combinata con l’evidenza della crescente diminuzione della proporzione di popolazione che rientra sotto questa definizione, ha condotto alcuni alla conclusione che la lotta di classe non è più rilevante per comprendere i mutamenti sociali. In altri casi, la definizione della classe lavoratrice, e quindi della sua lotta, ha condotto in qualche modo a un’incapacità di mettersi in relazione con l’emergere di nuove forme di lotta (il movimento studentesco, il femminismo, l’ecologismo, etc)”. 27 Quando Holloway pone queste obiezioni contro il marxismo dimentica di aver scritto sul concetto di classe in Marx quanto segue: “E’ molto chiaro, a partire dal capitolo incompiuto sulla classe (il capitolo 52 del volume III del Capitale) – e pure nel Capitale nel suo assieme – che Marx rifiuta l’idea di classe come un insieme definibile di persone”28 e aggiunge: “Così, per Marx, i capitalisti sono la personificazione del capitale, come segnala ripetutamente nel Capitale. Nel suo lavoro anche il proletariato appare per la prima volta non come un gruppo definibile ma come il polo di una relazione antagonistica”. 29 Marx opera una netta cesura tra il concetto empirico, classificatorio, descrittivo, di classe e il concetto di classe inteso come categorialità, categoria storica dell’esigenza razionale, della coscienza storica di ricondurre il molteplice (la realtà nella sua immediatezza) all’unità non metafisica (come sarebbe una struttura obbiettiva definitiva dell’esperienza), ma come legge ipotetica di struttura in cui ogni aspetto di esso sia negato come assoluto ed integrato, relazionato con gli altri: proprio in ciò risiede la criticità antimetafisica di Marx. Marx, infatti, ha scritto: “Che cosa costituisce una classe? E la risposta risulterà automaticamente da quella data ad un’altra domanda: Che cosa fa sì che gli operai salariati, i capitalisti e i proprietari fondiari formano le tre grandi classi sociali? A prima vista può sembrare che ciò sia dovuto all’identità dei loro redditi e delle loro fonti di reddito. Sono tre grandi gruppi sociali i cui componenti, gli individui che li formano, vivono rispettivamente di salario, di profitto e di rendita fondiaria, della valorizzazione della loro forzalavoro, del loro capitale e della proprietà fondiaria. tuttavia, da questo punto di vista, anche i medici, ad es. e gli impiegati verrebbero a formare due classi poiché essi appartengono a due distinti gruppi sociali, e i redditi dei membri di ognuno di questi gruppi affluiscono dalla stessa fonte. Lo stesso varrebbe per 27 Ibid., p.191. Ibid., p. 207, nota 6. 29 Ibid., p. 207, nota 7. 28 l’infinito frazionamento di interessi e di posizioni, creato dalla divisione sociale del lavoro fra gli operai, i capitalisti e i proprietari fondiari. Questi ultimi, ad. es., divisi in possessori di vigneti, possessori di terreni arativi, di foreste, di miniere, di riserve di pesca”.30 Se la dialettica di classe fosse una struttura obiettivamente definita del reale, cioè una struttura definitiva dell’esperienza storica, la rivoluzione sarebbe impossibile. Questo lavoro è una prova significativa del fatto che in Holloway la polemica antimarxista prevale sullo scienziato, il che è stupefacente per chi si era proposto d’inverare Marx nel quadro categoriale del pensiero negativo. La categoria del grido e l’utopia di cambiare il mondo senza prendere il potere Il progetto di Holloway non aiuta a comprendere la problematica storica che è dialettica ed ha in sè le potenzialità per la propria soluzione, anzi la oscura, rendendola inintellegibile e condannando l’azione all’insuccesso. L’unica certezza che ci lascia la lettura del libro di Holloway è il suo convinto anticomunismo. 31 Holloway, a tal riguardo, non trascura di scagliarsi, con rancorosa ironia contro il partito comunista, paragonato 30 K. Marx, Il Capitale, Edizioni Rinascita, Roma, 1956, vol. 3, p. 309, 31 Holloway arriva ad attribuire al comunismo “l’idea che il capitalismo è un mondo che è”, ne consegue che “se la cornice è quella di un mondo identitario, quella di un mondo che è, allora non c’è possibilità per una prospettiva che trascenda questo mondo”(J. Holloway, Cambiare il mondo senza prendere il potere, cit., pp. 191-192). L’identità di cui parla Marx, non è il principio d’identità della logica formale aristotelica AA (logica dogmatica-metafisica) bensì è l’identità come unità dialettica dove capitale e salario sono le polarità di una struttura unitaria, il lavoro alienato. [A maggior chiarimento ricordiamo le parole di Marx: “Salario e proprietà privata sono identici: ché il salario in quanto retribuisce il prodotto, l’oggetto del lavoro, il lavoro stesso, è solo la necessaria conseguenza dell’alienazione del lavoro, così come nel salario il lavoro non si palesa come fine unico bensì come mezzo che serve al salario”, in Manoscritti economicofilosofici del 1844, cit., p. 203]. Marx, risponde agli antesignani di Holloway che “credono di combattere la prassi borghese ma sono più borghesi degli altri”, affermando che solo la scienza rivoluzionaria, al contrario di coloro che “nella miseria non vedono che la miseria”, in essa scorge “il lato rivoluzionario, sovvertitore, che rovescerà la vecchia società” (K. Marx, Miseria della filosofia, Editori Riuniti, Roma, 1969, pp. 106-107). caricaturalmente ad un “principe-Partito-azzurro”32 che salva “una bella addormentata”;33 ampiamente citato, in questo senso, è un passo del Che fare di Lenin che riportiamo in nota.34 In realtà l’insegnamento di Lenin è importantissimo perché risponde efficacemente alla concezione volontaristica ed empiristica di Holloway che, rifiutando la scienza rivoluzionaria, relega le classi oppresse nel cieco recinto della “lotta per allentare il guinzaglio”.35 La teoria di Lenin va ben oltre la mera osservazione dei fatti, ed in essa si concretizza il processo che porta all’astrazione determinata costruita non su un solo aspetto della lotta economica (il rapporto sociale tra operai e padroni) che è il solo aspetto che la classe operaia conosce, deformato e mistificato; soltanto nel campo dei rapporti di tutte le classi con lo Stato, nel campo dei suoi rapporti politici, la classe può “attingere” la sua coscienza. Oggi la necessità scientifica di portare la coscienza dall’esterno, individuata da Lenin, si è moltiplicata per dieci, per cento, per mille perché si sono moltiplicate le pressioni delle diverse frazioni capitalistiche non solo per controllare ma anche per utilizzare a propri fini la spontaneità delle lotte della classe lavoratrice. La storia delle infinite edizioni dell’opportunismo, di cui Holloway costituisce una riproposizione, ha insegnato che al di fuori della direzione marxista-leninista le stesse lotte operaie vengono indirizzate verso gli interessi della borghesia e del capitalismo. Il leninismo non è, quindi, la teoria “separata”36 dalla politica, ma è l’unica garanzia dell’autonomia della classe operaia e la forma più avanzata di coscienza. Al filosofo irlandese resta, malinconicamente, la filosofia del grido, che esprime “il nostro rifiuto di accettare [che] non ci dice nulla sul nostro 32 J. Holloway, Cambiare il mondo senza prendere il potere, cit., p.125. 33 Ivi. 34 Questo è il passo citato: “Abbiamo detto che gli operai non potevano ancora avere una coscienza socialdemocratica. Essa poteva essere loro apportata soltanto dall’esterno. La storia di tutti i paesi attesta che con le sue sole forze la classe operaia è in grado di elaborare soltanto una coscienza tradunionista, cioè la convinzione della necessità di unirsi in sindacati, di condurre la lotta contro i padroni, di cercare di ottenere dal governo determinate leggi necessarie per gli operai, etc. La dottrina del socialismo, invece, è cresciuta dalle teorie filosofiche, storiche, economiche che furono elaborate dai rappresentanti colti delle classi possidenti, gli intellettuali. Per la loro posizione sociale gli stessi fondatori del socialismo scientifico contemporaneo, Marx ed Engels, appartenevano all’intellettualità borghese. Anche in Russia la dottrina teorica della socialdemocrazia sorse del tutto indipendentemente dalla crescita spontanea” (Ibid., pp.173-174). 35 Ibid., p.253. 36 Ibid., p. 174. futuro”,37 che non ci spiega come “cambiare il mondo senza prendere il potere”, che non individua le tecniche di liberazione per liberarci dall’oppressione capitalista. L’illusione utopistico-conservatrice della filosofia del grido ha la sua premessa teoretica in una concezione metafisico-pessimistica dell’uomo e della storia (storicismo conservatore). Il riconoscimento storicistico dell’uomo “unico soggetto”38 della storia e degli uomini “unici creatori”39 ha un carattere metafisico pessimistico perché è accompagnato dalla tesi che i creatori creano “la [loro] stessa distruzione”. Holloway aggiunge: “Creiamo la negazione della nostra stessa creazione. Il fare nega se stesso [...] l’alienazione è indice tanto della nostra disumanizzazione quanto del fatto che siamo noi che la produciamo”, 40 discorso che possiamo riassumere nel concetto che l’alienazione è connaturata, immanente all’oggettivazione dell’uomo. Questa posizione metafisico-pessimistica è una posizione unilaterale (il fare nega se stesso) così come le metafisiche ottimistiche o filosofie della libertà gratuita, che ignorano la durezza delle situazioni e le possibilità d’insuccesso, trovano la loro confutazione nella filosofia marxiana dell’oggettivazione che rende intellegibile la storia, evitando l’unilateralismo delle due metafisiche. Ad Holloway, a differenza di Marx, sfugge il senso etico dell’attività creativa dell’uomo, della sua azione volta a modificare le proprie condizioni di vita, a costruire con la propria attività le condizioni per la liberazione dal dispotismo dello sfruttamento capitalista. La teorizzazione di Holloway è un’utopia destinata a realizzarsi per miracolo, alla stessa stregua di quella con cui, oltre un secolo addietro, Bakunin vagheggiava di abolire lo Stato “per decreto”. 41 Se all’epoca di Bakunin “due compagnie di guardie nazionali borghesi bastarono, [...] per distruggere questo sogno brillante e rimettere Bakunin in tutta fretta sulla via di Ginevra col decreto [...] in saccoccia”, 42 oggi ancor meno occorre per sgretolare il castello di sabbia prospettato dal filosofo irlandese. Ieri come oggi, al vuoto propositivo del pensiero negativo ed utopisticheggiante si contrappone la 37 Ibid., p. 12. Ibid., p. 68. 39 Ivi. 40 Ivi. 41 C. Marx, L’alleanza della Democrazia Socialista e l’Associazione Internazionale dei Lavoratori, Mongini, Roma, 1901, p.13. 42 Ivi. 38 ricchezza scientifica del materialismo storico cioè di una coscienza storica che, penetrando nella dialettica storica, nella concreta esperienza dei suoi conflitti, indica in essa la concreta direzione di lotta, le tecniche di liberazione (rivoluzione e dittatura del proletariato) che allargano la sfera delle possibilità dell’uomo rendendolo sempre più padrone del suo destino e creatore di un mondo in cui la persona e la società siano sempre meglio armonizzati. Teoria & Prassi n. 16, sett. ‘06