Competenze e processo formativo

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Competenze e processo formativo
Ogni processo formativo ha la caratteristica dell’intenzionalità che si manifesta attraverso
l’esplicitazione dei “fini e dei traguardi” da raggiungere che rappresentano i “bisogni formativi” dei
soggetti in formazione.
Tali bisogni sono:
“universali” se appartengono alla “paideia storica” di un popolo;
“particolari”, se appartengono al “contesto” di una comunità.
Intenzionalità educativa e competenze
L’intenzionalità educativa si esplica:
attraverso i “curricoli”, sia nazionali che di contesto;
attraverso “progettazione didattica” operata dagli insegnati.
Il “Memorandum europeo” sull’istruzione e la formazione afferma:
“Ciò che conta maggiormente è la capacità di “creare e usare conoscenze in maniera efficace e
intelligente”, su basi in costante evoluzione”.
J. Delors afferma che “occorre passare dal concetto di abilità a quello di competenza”
La immaterialità del lavoro richiede all’individuo:
l’applicazione nei sistemi produttivi di risorse cognitive ed informative –
Il superamento dell’“abilità personale” che diventa prerequisito essenziale per il possesso di
competenza personale.
La dematerializzazione del lavoro richiede alla persona non solo abilità ma tante altre qualità, quali:
un comportamento sociale maturo, un’abitudine a lavorare insieme;
uno spirito di intraprendenza e creatività che sono componenti della competenza individuale;
Il “Libro Bianco” di E. Cresson che delinea la natura e la fisionomia dell’istruzione nella società
della conoscenza, si sofferma su:
L’obsolescenza della conoscenza che determina un costante ripensamento dei saperi acquisiti e la
richiesta di nuovi, per potere dare risposte adeguate alla gestione della propria soggettività sia nei
contesti di lavoro che in quelli relazionali, sociali e civili;
Sviluppo del potenziale conoscitivo come capacità di “intelligere” la realtà, di ricercare, investigare,
di costruire “condotte cognitive” finalizzate all’arricchimento della conoscenza, sempre instabile e
vacillante
Crescita di nuovi saperi e di nuovi alfabeti
I “saperi” hanno una produttività applicativa nei contesti di utilizzazione della produzione
intellettuale di cinque anni.
Agli inizi del XX° secolo diventavano “vecchi” dopo un secolo.
La Scuola deve preoccuparsi, oltre che della trasmissione delle conoscenze e dell’acquisizione delle
abilità, della crescita del potenziale cognitivo, come capacità di ricercare e creare nuove
conoscenze.
La Scuola ha avuto sempre la finalità di perseguire l’uguaglianza sociale attraverso alcune sue
specifiche finalità che, nel XXI° secolo non bastano più:
Riduzione dell’analfabetismo strumentale: saper leggere, scrivere e fare di conto;
Riduzione dell’analfabetismo funzionale: saper comprendere ciò che si legge, si scrive e si calcola
La scuola, nel XXI° secolo
E' chiamata a sconfiggere l'analfabetismo cognitivo”: la dispersione delle persone nel “mare
magnum” della molteplicità cambiante dei saperi, perché incapaci di selezionarli, di scegliere, di
decidere, di utilizzarli in contesti molteplici. Il possesso di questa capacità determina il possesso
della “competenza”. L’analfabetismo cognitivo determina “uomini dimezzati”, senza tempo e senza
storia, sottoposti a decisori palesi ed occulti, in quanto privi degli strumenti cognitivi idonei a
decidere e ad esercitare le individuali libere scelte in una società multiculturale e complessa
La società del XXI secolo: democrazia cognitiva
Una didattica per competenze è strumento di “democrazia cognitiva”.
La Scuola deve formare la persona perché possa “agire nel e sul mondo” dell’oggi, per costruire
quello del domani ( Ph: Perrenoud).
La società della conoscenza richiede per l’individuo in formazione:
Un comportamento adattivo”: capacità di applicare conoscenze ed abilità in contesti differenziati;
Un comportamento creativo: capacità di sapere ricercare, inverare, selezionare, superare l’apparente
esaustività dei saperi consolidati e metterli in discussione.
Didattica per competenze
La costruzione di competenze è inseparabile dalla costruzione di “schemi logici” di mobilitazione
intenzionale di conoscenze in tempo reale, messe al servizio di un’azione efficace ( allenamento di
esperienze rinnovate, strutturanti, riflessive, problematizzanti).
F. Cambi, Saperi e competenze, Laterza, Bari, pag.24: “intorno alle competenze si gioca la
condizione avanzata della società odierna e la possibilità di rispondere ai bisogni globali dell’
“homo sapiens” attuale”
Dalle competenze dipende il destino della civiltà e dell’umanità, entrate in una fase bio-storica
complessa, entropica che ha bisogno di un esercizio sociale dei saperi, sempre più diffuso ed
integrato nella noosfera e nella società.
Quali competenze?
Competenze di base: sono quelle ritenute essenziali per il cittadino e costituiscono i requisiti
irrinunciabili per la prosecuzione della formazione e per una maggiore occupazione e per lo
sviluppo della propria professionalità:
Esse riguardano il consolidamento e l’approfondimento delle competenze linguistiche, logico –
matematiche-scientifiche e storico – sociali che includono “elementi di economia, del diritto
legislativo, dell’organizzazione politica, sociale, del lavoro, della sicurezza”.
Competenze tecnico – professionali sono i saperi acquisiti (conoscenze dichiarative e
procedurali) e le tecniche tipiche delle attività e dei processi lavorativi da svolgere in laboratorio
secondo progetti predefiniti.
Competenze trasversali sono l’insieme delle abilità di ampio respiro, a sfondo prevalentemente
sociale e motivazionale, connesse soprattutto con le varie tipologie di compiti professionali che
permettano all’individuo di fare fronte a situazioni nuove ed imprevedibili dell’ambiente
organizzativo (diagnosi, problem solving, decisione, comunicazione, lavoro di gruppo, in rete e per
progetti).
Alcune domande sulle competenze
E’ possibile una classificazione delle competenze riferite agli apprendimenti scolastici?
E’ possibile e opportuna l’individuazione degli standard?
Quali sono i soggetti abilitati ad effettuare tali operazioni (Miur – istituzioni scolastiche autonome –
gli insegnanti).
Il Decreto Legislativo n° 59/2004
attribuisce ai docenti il dovere di prevedere attività didattiche idonee a trasformare le conoscenze e
le abilità prevista per ciascuna disciplina in competenze. Da ciò si desume che le competenze attese
potrebbero essere diverse da scuola a scuola, anche per la stessa disciplina.
E’ possibile stabilire standard minimi comuni cui fare riferimento?
E’ possibile pervenire alla certificazione delle competenze attraverso modelli nazionali forniti dal
Miur?
A tutte queste domande si potrebbe dare una risposta certa se per ogni disciplina fossero indicate
non solo conoscenze ed abilità, ma anche le competenze e se i docenti fossero chiamati a
contestualizzare e, attraverso la mediazione didattica, fare acquisire ai singoli alunni un “quantum”
ed un “modum” predefiniti.
La classificazione, il più possibile omogenea, delle competenze potrebbe anche contribuire ad
eliminare una grande confusione generatesi nelle scuole.
Si è diffusa la progettazione che preveder solo competenze trasversali che discendono da Unità di
apprendimento – UDA – inter/pluridisciplinari: sapere diagnosticare, sapere affrontare problemi,
sapersi relazionare; si sta rischiando, così, di ritornare “ai vecchi centri di interesse o nuclei
tematici” e di asserire, implicitamente, che non esiste una competenza disciplinare. L’approccio alle
competenze non nega le discipline, anzi le organizza per la risoluzione di problemi complessi.
Una possibile classificazione delle competenze
Competenza di base di natura disciplinare:
1. Leggere per comprendere e interpretare;
2. Produrre testi di differenti formati, tipologie e complessità;
3. Utilizzare una o più lingue straniere per i principali scopi comunicativi ed operativi;
4. Utilizzare strumenti tecnologici ed informatici per consultare e gestire informazioni,
analizzare dati,
5. Comprendere le procedure che consentono di esprimere e risolvere situazioni problematiche
attraverso linguaggi formalizzati;
6. Cogliere il cambiamento e la diversità, in una dimensione diacronica, attraverso il confronto
tra epoche e, in una dimensione sincronica, attraverso il confronto tra aree geografiche e
culturali.
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